Napoli. Il ladro «pentito»: tremila euro in una notte con l’oro rosso

di Marco Di Caterino
«No! Il rame non più. Troppo pericolo per salute. Trovato lavoro. Scasso di auto». Ahmed, è un rom dasikhanè – etnia serba – che decisamente non va d’accordo con gli articoli della lingua italiana, nonostante sia nel nostro paese – campo di Scampia – da oltre venti anni. Molti dei quali li ha trascorsi, come racconta, a rubare cavi di rame dalle ferrovie, dagli impianti della pubblica illuminazione e dalle fabbriche. Una notte, dentro una cabina di derivazione della corrente elettrica per i lampioni dell’Asse Mediano, poggiò la mano nel posto sbagliato.

Una scarica elettrica gli bruciò tutto il braccio destro, che ancora oggi è al trenta per cento della funzionalità. Cosa che lo ha messo definitivamente fuori gioco dal rame, come dice lui, ridendo amaramente. E di cose ne sa. Forse per fare un dispetto a quella scarica che lo reso invalida non si fa pregare. Spiega e svela tutta la filiera clandestina dell’affare dell’oro rosso. Dice che nella zona dell’hinterland, tra rom che abitano nei campi autorizzati, Ponte Riccio a Giugliano, Trivio delle Janare a Caivano, quello della circumvallazione esterna a Scampia, i «bipiani» a Ponticelli e quelli abusivi, tra dasikhanè e korakhanè vivono più o meno tremila anime rom, e un centinaio di «camminanti», che poi sono i veri nomadi. Tutti, afferma, «fanno il rame», ma anche tutto ciò che è di metallo.

Continua a svelare come parte la filiera. Donne e ragazzini esplorano il territorio. Individuano gli obiettivi: linee ferroviarie, fabbriche chiuse, impianti di illuminazione delle zone industriali, ma anche i tetti di chiese ed edifici coperti dalle lastre di rame. La fattibilità del furto viene decisa dai capo famiglia, dopo una ricognizione e la necessaria e successiva osservazione del posto, che può durare anche diversi giorni. Il furto avviene di notte. Un anziano e tre o quattro ragazzi e ragazze, che hanno le dita più sottili e possono arrivare a smontare i cavi anche nello stretto. E per rispettare una sorta di regola, quelli di Giugliano vanno a colpire l’Alta Velocità di Afragola; quelli di Caivano agiscono sulla linea Napoli–Caserta via Cancello, quelli di Scampia anche fuori regione. Così in caso di controllo delle forze dell’ordine, i rischi di essere scoperti sono ridotti a zero.

Fino a qualche anno fa, continua Ahmed, la cosa più difficile era il furto. Oggi, invece, è quella di liberare il metallo dalla guaina di plastica. Per anni, dice questa sorta di Cicerone del rogo tossico, hanno bruciato qualche migliaio di tonnellate di cavi di rame. Anche dieci roghi per notte. A Ponte Riccio e nelle campagne tra Caivano, Afragola e Acerra, ma anche nei campi incolti che costeggiano l’asse mediano e quello Nola–Villa Literno, nei pressi di Orta di Atella, Sant’Arpino, Gricignano. Insomma dove ci sono gli accampamenti abusivi. E nessuno protestava. E nessuno veniva a vedere quello stava succedendo.

Appena spento il rogo e prelevato il rame nudo, ancora caldo, tempo nemmeno un’ora ed era già consegnato a chi commercia nel settore dei rottami metallici, sia a Napoli, che in altre regioni. Una buona nottata vale ancora tra i cinquecento e i tremila euro, e anche di più. Da quando la richiesta di rame è aumentata del cento per cento.

Chi ha fatto tanti soldi, ammette Ahmed, sono quelli di Caivano. Per un anno hanno tenuto acceso giorno e notte un’enorme fornace nella villa confiscata ai Moccia. Li finiva anche quello che veniva rubato dagli altri campi. E ora che è quasi impossibile accendere i roghi, i ladri di rame si sono attrezzati. Qualche mese fa, in una cascina abbandonata di Villa Literno, gli agenti della polizia ferroviaria, sequestrarono un macchinario «spella cavi», capace di lavorare un centinaio di quintali al giorno di cavi di rame. In un altro locale, furono sorpresi alcuni rumeni che, armati di grossi taglierini, «spogliano» a mano i cavi per venti euro al giorno.

Così venduto, il prezzo dell’oro rosso, passa dai sei euro agli otto euro al chilo. Senza la guaina, sulla quale è stampigliato il nome dell’azienda produttrice e soprattutto quello del cliente che lo ha acquistato, il rischio di una denuncia penale per ricettazione è davvero inesistente. Con i controlli più assidui, i ladri di rame che non accendono più i roghi tossici, che utilizzano i macchinari «spella cavi», ora piazzano i cavi di rame addirittura ridotti in anonimi «fiocchi», perché in questo stato il metallo rosso dagli otto euro passa ai dieci–dodici euro. E il «fiocco» dal ricettatore passa direttamente nel forno per essere fuso, trafilato e rivenduto. Magari alle stesse vittime che hanno subito il furto. In attesa del prossimo.
domenica 13 ottobre 2013  
http://www.ilmattino.it/NAPOLI/CRONACA/ladro-rame-pentito-napoli/notizie/339129.shtml

Napoli. Il ladro «pentito»: tremila euro in una notte con l’oro rossoultima modifica: 2013-10-23T23:26:57+02:00da davi-luciano
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