Gli effetti del cantiere: moria di pesci nel Clarea

http://www.notav.info/post/gli-effetti-del-cantiere-moria-di-pesci-nel-clarea/

BWYo5aiIMAAqaOJ.jpg_largeCon la coda di paglia, Ltf fa sapere che durante i controlli periodici dell’Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale), per monitorare le condizioni del torrente Clarea, i tecnici incaricati hanno constatato una evidente moria di pesci e hanno riscontrato alghe verdi a valle di una tubazione fuori dall’area del cantiere.

In seguito a tale riscontro L’Arpa  ha richiesto la documentazione per verificare gli elementi progettuali e di gestione della vasca di tenuta.

Anche da parte del movimento è in corso una verifica dei prevelievi che abbiamo fatto nelle acque del Clarea e vedremo i risultati a confronto. Sta di fatto che l’uscita a mezzo stampa di Ltf denota un mettere le mani avanti sull’ennesimo probabile danno ad un territorio già pesantemente violentato dal cantiere e dall’aparato di sucurezza.

Non è mai stata fatta luce sull’impatto del continuo e massiccio uso dei gas al cianuro (lacrimogeni cs) sulla flora e sulla fauna dei boschi della Maddalena, e in ogni caso è da tempo che gli insetti scarseggiano e gli animali che un tempo frequentavano la zona ora non ci sono più.

Sono oltre 5000 gli alberi abbattuti per far spazio al cantiere(Il disboscamento della Val Clarea: ecco l’opera compatibile con il territorio), ora tocca agli animali?

I nuovi poveri a Genova sono trentamila, la testimonianza di chi ha perso tutto

tre righe ed un video di un minuto e poco più. I poveri di casa nostra ecco la “solidarietà” che ottengono. PROFUGHI in casa

17 ottobre 2013 · 15:14

 I nuovi poveri a Genova sono trentamila, la testimonianza di chi ha perso tutto     (30 MILA PERSONE) – LA CRISI CHE NON C’è

 Cosa si prova quando si perde tutto? il lavoro, la casa, la famiglia. E’ la toccante testimonianza di chi prova a ripartire in un momento in cui invece tutto sembra schiacciarti, quando si tocca il fondo e ancora non è abbastanza.

http://telenord.it/2013/10/17/i-nuovi-poveri-a-genova-sono-trentamila-la-testimonianza-di-chi-ha-perso-tutto/

Non se ne perdono uno: bloccano 50 clandestini e li portano in hotel
17-10-2013
Torino – Sono ospitati in un hotel di Moncalieri (Torino) i 50 sedicenti siriani intercettati due giorni fa dalla polizia su un bus vicino Ivrea, nel torinese. I clandestini, istantaneamente ‘elevati’ a profughi dopo avere detto di essere siriani, erano stati portati in Questura a Torino per essere identificati e gli agenti, con l’aiuto della protezione civile, ma con i soldi nostri, li avevano rifocillati.

Tutti hanno fatto richiesta di asilo politico. La Prefettura insieme alla Croce Rossa li ha per ora sistemati in un hotel a Moncalieri. La polizia ha fermato alcuni ‘accompagnatori’ che si trovavano sul bus con il gruppo di profughi e la loro posizione è al vaglio degli agenti che stanno indagando sul ‘viaggio’ che pare dovesse concludersi in Francia. Ma i nostri ‘eroi’ sono riusciti a non perdersi nemmeno questi cinquanta. Un plauso alle autorità che invece di controllare che non entrino, si preoccupa che non escano.

E’ l’operazione ‘terra nostra’. I clandestini sono tutti nostri.
http://voxnews.info/2013/10/17/non-se-ne-perdono-uno-bloccano-50-clandestini-e-li-portano-in-hotel/

La truffa dello spread. E nelle isole Cayman sono depositati 30 mila miliardi di dollari

giovedì, ottobre 17, 2013

di Matteo Rigamonti –  Ma se l’Italia va a rotoli peggio che mai, perché lo spread scende? Spiegazione di un mistero Il differenziale tra titoli di Stato dice poco sull’economia reale dei paesi, serve solo a capire le intenzioni di quei «pochi potenti che detengono la ricchezza del mondo». E comandano i mercati. Intervista a Fabrizio Pezzani (Bocconi) Se veramente lo spread fosse un’indicatore dell’”economia reale”, allora, in Italia, il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato decennali (Btp) e il Bund tedesco non dovrebbe attestarsi a meno di duecentocinquanta punti base, com’è attualmente, ma «come minimo a mille punti base». Ne è convinto Fabrizio Pezzani, docente dell’Università Bocconi di Milano, secondo il quale, dal novembre del 2011, quando lo spread aveva superato i cinquecento punti base e le tensioni sui mercati portarono alle dimissioni di Berlusconi aprendo la strada alla “salita” in politica di Monti, «da quel momento a oggi sono peggiorati i conti pubblici, il debito, il rapporto debito/Pil, la disoccupazione, il numero dei fallimenti, la povertà, il disagio sociale, l’instabilità politica e anche il giudizio guidato strumentalmente delle agenzie di rating sui nostri conti». Tutto questo, prosegue Pezzani, mentre «inspiegabilmente il nostro spread migliora continuamente e oggi è simile a quello di agosto 2011, tra i 220 e i 240 punti base».

IL TERMOMETRO DEI POTENTI. Come mai, dunque, lo spread non peggiora, anzi addirittura migliora? Hanno ragione coloro i quali sostengono che non conti nulla e sia solo una variabile economica impazzita? Niente affatto. Lo spread è un indicatore prezioso secondo Pezzani, ma lungi dal fotografare lo stato di salute di un’economia nazionale, rappresenta le intenzioni e le manovre della finanza globale, ossia di quei pochi attori che «detengono la ricchezza» del mondo.

DOVE SONO TUTTI I SOLDI. Se, infatti, un tempo «la ricchezza era facilmente individuabile negli Stati nazione che materialmente la possedevano», oggi, spiega il professore, «ci troviamo di fronte a una situazione assolutamente nuova nella storia dell’uomo». Per farsene un’idea basta guardare a un dato: «Nelle isole Cayman sono depositati 30 mila miliardi di dollari, che insieme eguagliano il Pil degli Stati Uniti, della Cina e di un pezzo del Giappone messi insieme». Oppure, continua Pezzani, si pensi ai derivati, che «nel 1989, l’anno in cui cadde il Muro di Berlino, rappresentavano un ventesimo del Pil mondiale, nel 1999 erano già il doppio di esso e nel 2009 ammontavano addirittura a venti volte il Pil della Terra».

Ebbene, di tutti questi derivati, alla vigilia della crisi finanziaria, il 95 per cento era posseduto da sole «cinque banche: Goldman Sachs, J.P. Morgan, Morgan Stanley, Bank of America e Citi Bank». Che si riempivano di titoli tossici, secondo l’economista, al solo scopo di «tenere bassa la volatilità del dollaro».
LA RICCHEZZA FINE A SE STESSA. In un mercato che si muove secondo regole diverse da quelle dell’economia reale, dunque, «il nostro spread – prosegue Pezzani – rimarrà ancora basso contro ogni ragionevolezza razionale, perché il rischio di un ulteriore attacco al paese, dopo quello del 2011, potrebbe far saltare, con effetto domino, un banco finanziario globale in cui il valore del dollaro è sempre più lontano dal valore dell’economia reale che dovrebbe rappresentare». Peccato che in questo modo «una terribile bolla finanziaria continua a gonfiarsi». L’Italia, insomma, come testimonia proprio l’andamento del suo spread, è solo una piccola pedina di un immenso scacchiere «interamente gestito da un oligopolio di potenti». Sul mercato, secondo Pezzani, «la concorrenza è ormai impossibile», o è forse solo «un miraggio», visto che le dinamiche economiche dipendono dalle decisioni di pochi uomini. Uomini che per di più vedono l’economia, nella fattispecie la finanza, come «fine a se stessa, strumento per la creazione della ricchezza».

DUECENTO ANNI DI PURGATORIO. Tutta questa “astrazione”, però, ha un prezzo, dice Pezzani: «Si è perso per strada l’uomo». «C’è poco da fare – conclude il bocconiano – per uscire dalla crisi, si deve tornare a mettere al centro l’uomo, i poveri, come suggerisce Papa Francesco e come avviene in una qualsiasi famiglia dove, quando qualcuno sta male, tutti cercano di aiutarlo, come possono». È chiaro che sarà facile né il recupero del ruolo centrale della persona: il momento attuale, avverte Pezzani, è «analogo alla fine dell’impero romano, l’epoca dei barbari»; anche allora l’umanità «prima di conoscere lo splendore del Medioevo dovette attendere circa duecento anni di travaglio».

Fonte: Tempi –
http://cogitoergo.it/?p=23795

Disoccupato scomparso a Mazzè, trovato un biglietto: “Voglio farla finita”

E’ stata ritrovata stamattina vicino alla Dora Baltea, in frazione Casale di Mazzè, l’auto di Massimo Reda, 44 anni, il disoccupato residente a Mazzè di cui non si hanno più notizie da lunedì scorso. L’uomo versa in gravi problemi finanziari

Redazione – 17 Ottobre 2013  
 
Da lunedì non si hanno più notizie di Massimo Reda, un uomo di 44 anni residente a Mazzè. Di lui si è occupato anche la trasmissione di Rai 3 “Chi l’ha visto?”, mentre le ricerche in questi giorni non hanno dato alcun esito.

Questa mattina i Carabinieri della Compagnia di Chivasso hanno ritrovato l’auto del quarantenne. Era vicino la Dora Baltea, in frazione Casale di Mazzè. Sul sedile della vettura sono stati trovati alcuni foglietti in cui l’uomo ha scritto di volerla fare finita per i grossi problemi economici con cui convive da quando ha perso il lavoro.

Le ricerche continuano senza sosta. Sulle tracce di Massimo Reda ci sono Carabinieri, Protezione Civile e Polizia con cani a seguito. Non è la prima volta che l’uomo fa perdere le sue tracce, già in passato si era allontanato da casa per alcuni giorni.
http://www.torinotoday.it/cronaca/scomparso-massimo-reda-mazze-ritrovata-auto.html

Costituzione, il Senato brucia i tempi: oggi l’assalto all’articolo 138

 

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/15/riforma-della-costituzione-senato-brucia-tempi-del-disegno-di-legge/744065/

 

Nel giro di due giorni, con poche ore per gli interventi, palazzo Madama approverà in seconda lettura il ddl costituzionale che affida al comitato dei “saggi” il compito di riscrivere quattro titoli della Carta modificando i tempi stessi di approvazione. Entro dicembre l’iter parlamentare sarà completato. I costituzionalisti di Via Maestra fanno un appello: “Lasciate aperta almeno la possibilità del referendum”

 

Costituzione, il Senato brucia i tempi: oggi l’assalto all’articolo 138

 

A nulla sono valse le proteste di tanti cittadini e molti costituzionalisti. La maggioranza, assieme agli alleati di complemento Lega Nord e Fratelli d’Italia, è pronta a chiudere la terza delle quattro letture. Gran cerimoniere, il ministro per le Riforme costituzionali Gaetano Quagliarello, che oggi alla Camera e a Palazzo Madama informerà i parlamentari sulla relazione finale della Commissione dei cosiddetti saggi. Un documento di 34 pagine, in cui gli esperti nominati da Letta (su ispirazione del Colle) auspicano una riforma nel segno del semipresidenzialismo alla francese, o comunque una soluzione “che conduca al governo parlamentare del primo ministro”. Ieri a Radio 24 Quagliariello ha ribadito la linea: “Prevedo di poter fare le riforme entro la fine del 2014. Spero che il patto di rinnovamento istituzionale possa essere completato, anche perché così il Pdl avrebbe il tempo di nominare una nuova leadership in grado di sfidare la sinistra”.

Traduzione semplice: si va avanti come previsto, ossia di corsa. Perché conviene, soprattutto al centrodestra. Quagliariello parlerà in Senato alle 16. Poi in aula comincerà la discussione sul ddl. Probabilmente con tempi contingentati, ossia con appena poche ore per gli interventi. L’obiettivo della maggioranza è votare tra stasera e domani mattina, chiudendo la seconda lettura a tre mesi esatti dalla prima (avvenuta l’11 luglio). L’ennesima conferma della fretta di Pd, Pdl e sodali vari. Chiusa la partita in Senato, per far diventare legge il ddl rimarrà solo l’ultima lettura alla Camera, attorno a metà dicembre. Poi l’assalto alla Carta diventerà realtà. I numeri a Palazzo Madama non sembrano lasciare spazio a sorprese. Ma c’è chi non si rassegna. Come i firmatari e i sostenitori della Via Maestra, il manifesto che ha dato il nome alla manifestazione di sabato scorso a Roma in difesa della Carta. Lorenza Carlassare, don Luigi Ciotti, Maurizio Landini, Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky parlano tramite un appello: “Chiediamo a tutti i senatori della maggioranza di evitare che la 813-b venga approvata con la maggioranza dei due terzi. Tale maggioranza preclude la possibilità di ricorrere al referendum (sul testo, ndr). Sarebbe sufficiente che un limitato numero di senatori (non più di 23) non partecipasse alla votazione finale di domani (oggi, ndr), consentendo ai cittadini di esprimersi su un provvedimento che crea un pericoloso precedente”.

Parole accolte dal silenzio, rivolte soprattutto al Pd. La speranza, è che qualche democratico decida davvero di marcare visita, sfogando mal di pancia sinora silenziosi. La certezza è che a opporsi al ddl rimangono Sel e Cinque Stelle. Loredana De Petris, capogruppo di Sel: “Nella conferenza dei capigruppo delle 13 ci opporremo al contingentamento dei tempi. Già non è possibile presentare emendamenti o pregiudiziali, almeno lasciamo un po’ di spazio al dibattito. Ma la maggioranza va veloce, e a spingere è soprattutto il Pd”. Nicola Morra (M5S): “Il contingentamento dei tempi è nelle cose, ma in aula faremo comunque capire che stiamo vivendo un altro passaggio molto grave. Chi è vuole aggirare l’articolo 138 è ipocrita e senza memoria”.

“NON VOGLIAMO LA RIFORMA DELLA P2″: FIRMA L’APPELLO DEL FATTO QUOTIDIANO

da Il Fatto Quotidiano del 15 ottobre 201

LEGGE DI STABILITA’: LA MORTE DELLA DEMOCRAZIA

di Paolo Cardenà – Come noto, appena due giorni fa, il Governo ha varato la legge di stabilità. Nei giornali si leggono fiumi di inchiostro che tendono ad analizzare le novità introdotte: i vantaggi e gli svantaggi, a favore di chi o meno.

Stessa cosa avviene nei programmi di (dis)informazione televisiva. Tutti parlano, analizzano, chiacchierano, ragliano, ma pochi conoscono. Ciò che sfugge alla massa è che la manovra appena licenziata dal governo è la prima  Legge di Stabilità determinata “sotto l’egida” della Commissione Europea, per via dell’entrata in vigore del Two Pack, di cui in questo sito si è già discusso molto.

 

Tramite il Two Pack, in buona sostanza, si obbligano i  singoli governi nazionali a presentare alla Commissione Europea, entro il 15 ottobre  di ciascun anno e prima dell’approvazione da parte dei singoli parlamenti nazionali, le rispettive manovre di finanza pubblica al fine di consentire di verificare il rispetto degli impegni presi con le autorità europee nei primi sei mesi dell’anno (il così detto semestre europeo). In caso di mancato o carente rispetto degli accordi sottoscritti, la commissione europea potrà chiederne la modifica, seppur in assenza  di diritto di veto. Nel caso in cui il paese dovesse disattendere le raccomandazioni, oltre a subire azioni legali, potrà incorrere in  procedure per deficit eccessivo e nel caso anche in sanzioni economiche.

 

Quindi, la manovra, sorvolando del tutto il Parlamento -ormai ridotto a mero organo di ratifica passiva delle decisioni adottate dal Governo, prono ai voleri della Commissioni Europea e dei tecnocrati europei- è tutt’ora al vaglio degli esperti della “Commissione Europea”, e non è affatto detto che torni in Italia -per poi essere vagliata dal parlamento- nella forma esatta e nei contenuti licenziati dal governo.

 

Proprio ieri sera, stavo guardando una trasmissione di approfondimento politico e ospite della trasmissione era proprio l’Onorevole Rosy Bindi.

L’Onorevole, incalzata dal conduttore proprio a proposito della legge di stabilità, dovendo esprimere un parere, ha affermato  che: “….gli elementi salienti (della manovra, n.d.r.) sono stati appresi dalla stampa”.

Ecco, questa dichiarazione alla quale non è stato attribuito il giusto risalto dal conduttore, né dagli altri ospiti presenti in studio, racchiude in se tutto il dramma di questa povera nazione.

 

E ciò,  per due motivi sostanziali:

Il primo: come dicevamo, ormai, il nostro parlamento è ridotto ad un organo di mera ratifica di decisioni che vengono prese altrove, derubato della sua naturale funzione di rappresentatività delle volontà popolari.  Il Parlamento ha perso e continuerà a perdere la propria sovranità, con conseguente sepoltura  dei caratteri democratici della nazione, costituzionalmente previsti. La storia degli ultimi 3 anni, e le modalità con le quali sono venuti alla luce governi gli ultimi due governi (cioè governo Monti e poi Letta),  lo confermano.

Il secondo: un parlamentare che apprende dai giornali quanto si svolge nei palazzi che egli  stesso occupa, peraltro anche con incarichi di responsabilità di rilievo all’interno del maggiore partito che sostiene il governo, racconta perfettamente quanto sia spacciato questo paese, e quanto siano misere le forze politiche che lo stanno conducendo alla distruzione.

http://www.vincitorievinti.com/2013/10/legge-di-stabilita-la-morte-della.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+vincitorievinti%2FhYpR+%28VINCITORI+E+VINTI%29

 

London School of Economics: dell’Italia non rimarrà nulla, in 10 anni si dissolverà

ma se la leadership tecnica è infallibile….abbiamo un radioso futuro davanti e “le risorse” lo sanno per questo desiderano venire qui
Scalfari e Cacciari inneggiano all’oligarchia perché è colta e competente....

London School of Economics: dell’Italia non rimarrà nulla, in 10 anni si dissolverà
Pubblicato da ImolaOggiIn risalto, POLITICAott 16, 2013

16 ott – “Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampate terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale. Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%. Peggiorerà.
Il governo sa perfettamente che la situazione è insostenibile, ma per il momento è in grado soltanto di ricorrere ad un aumento estremamente miope dell’IVA (un incredibile 22%!), che deprime ulteriormente i consumi, e a vacui proclami circa la necessità di spostare il carico fiscale dal lavoro e dalle imprese alle rendite finanziarie. Le probabilità che questo accada sono essenzialmente trascurabili. Per tutta l’estate, i leader politici italiani e la stampa mainstream hanno martellato la popolazione con messaggi di una ripresa imminente. In effetti, non è impossibile per un’economia che ha perso circa l’8 % del suo PIL avere uno o più trimestri in territorio positivo. Chiamare un (forse) +0,3% di aumento annuo “ripresa” è una distorsione semantica, considerando il disastro economico degli ultimi cinque anni. Più corretto sarebbe parlare di una transizione da una grave recessione a una sorta di stagnazione.
Il 15% del settore manifatturiero in Italia, prima della crisi il più grande in Europa dopo la Germania, è stato distrutto e circa 32.000 aziende sono scomparse. Questo dato da solo dimostra l’immensa quantità di danni irreparabili che il Paese subisce. Questa situazione ha le sue radici nella cultura politica enormemente degradata dell’élite del Paese, che, negli ultimi decenni, ha negoziato e firmato numerosi accordi e trattati internazionali, senza mai considerare il reale interesse economico del Paese e senza alcuna pianificazione significativa del futuro della nazione. L’Italia non avrebbe potuto affrontare l’ultima ondata di globalizzazione in condizioni peggiori.
La leadership del Paese non ha mai riconosciuto che l’apertura indiscriminata di prodotti industriali a basso costo dell’Asia avrebbe distrutto industrie una volta leader in Italia negli stessi settori. Ha firmato i trattati sull’Euro promettendo ai partner europei riforme mai attuate, ma impegnandosi in politiche di austerità. Ha firmato il regolamento di Dublino sui confini dell’UE sapendo perfettamente che l’Italia non è neanche lontanamente in grado (come dimostra il continuo afflusso di immigrati clandestini a Lampedusa e gli inevitabili incidenti mortali) di pattugliare e proteggere i suoi confini. Di conseguenza , l’Italia si è rinchiusa in una rete di strutture giuridiche che rendono la scomparsa completa della nazione certa.
L’Italia ha attualmente il livello di tassazione sulle imprese più alto dell’UE e uno dei più alti al mondo. Questo insieme a un mix fatale di terribile gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione onnipresente, burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento e inaffidabile d’Europa, sta spingendo tutti gli imprenditori fuori dal Paese . Non solo verso destinazioni che offrono lavoratori a basso costo, come in Oriente o in Asia meridionale: un grande flusso di aziende italiane si riversa nella vicina Svizzera e in Austria dove, nonostante i costi relativamente elevati di lavoro, le aziende troveranno un vero e proprio Stato a collaborare con loro, anziché a sabotarli. A un recente evento organizzato dalla città svizzera di Chiasso per illustrare le opportunità di investimento nel Canton Ticino hanno partecipato ben 250 imprenditori italiani.
La scomparsa dell’Italia in quanto nazione industriale si riflette anche nel livello senza precedenti di fuga di cervelli con decine di migliaia di giovani ricercatori, scienziati, tecnici che emigrano in Germania, Francia, Gran Bretagna, Scandinavia, così come in Nord America e Asia orientale. Coloro che producono valore, insieme alla maggior parte delle persone istruite è in partenza, pensa di andar via, o vorrebbe emigrare. L’Italia è diventato un luogo di saccheggio demografico per gli altri Paesi più organizzati che hanno l’opportunità di attrarre facilmente lavoratori altamente, addestrati a spese dello Stato italiano, offrendo loro prospettive economiche ragionevoli che non potranno mai avere in Italia.

L’Italia è entrata in un periodo di anomalia costituzionale. Perché i politici di partito hanno portato il Paese ad un quasi – collasso nel 2011, un evento che avrebbe avuto gravi conseguenze a livello globale. Il Paese è stato essenzialmente governato da tecnocrati provenienti dall’ufficio del Presidente Repubblica, i burocrati di diversi ministeri chiave e la Banca d’Italia. Il loro compito è quello di garantire la stabilità in Italia nei confronti dell’UE e dei mercati finanziari a qualsiasi costo. Questo è stato finora raggiunto emarginando sia i partiti politici sia il Parlamento a livelli senza precedenti, e con un interventismo onnipresente e costituzionalmente discutibile del Presidente della Repubblica , che ha esteso i suoi poteri ben oltre i confini dell’ordine repubblicano. L’interventismo del Presidente è particolarmente evidente nella creazione del governo Monti e del governo Letta, che sono entrambi espressione diretta del Quirinale.
L’illusione ormai diffusa, che molti italiani coltivano, è credere che il Presidente, la Banca d’Italia e la burocrazia sappiano come salvare il Paese. Saranno amaramente delusi. L’attuale leadership non ha la capacità, e forse neppure l’intenzione, di salvare il Paese dalla rovina. Sarebbe facile sostenere che Monti ha aggravato la già grave recessione. Letta sta seguendo esattamente lo stesso percorso: tutto deve essere sacrificato in nome della stabilità. I tecnocrati condividono le stesse origini culturali dei partiti politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi alle loro posizioni attuali: è quindi inutile pensare che otterranno risultati migliori, dal momento che non sono neppure in grado di avere una visione a lungo termine per il Paese. Sono in realtà i garanti della scomparsa dell’Italia.
In conclusione, la rapidità del declino è davvero mozzafiato. Continuando su questa strada, in meno di una generazione non rimarrà nulla dell’Italia nazione industriale moderna. Entro un altro decennio, o giù di lì, intere regioni, come la Sardegna o Liguria, saranno così demograficamente compromesse che non potranno mai più recuperare.
I fondatori dello Stato italiano 152 anni fa avevano combattuto, addirittura fino alla morte, per portare l’Italia a quella posizione centrale di potenza culturale ed economica all’interno del mondo occidentale, che il Paese aveva occupato solo nel tardo Medio Evo e nel Rinascimento. Quel progetto ora è fallito, insieme con l’idea di avere una qualche ambizione politica significativa e il messianico (inutile) intento universalista di salvare il mondo, anche a spese della propria comunità. A meno di un miracolo, possono volerci secoli per ricostruire l’Italia.”
Autore: Dr. Roberto Orsi

– London School of Economics (Fonte il nord)
http://www.imolaoggi.it/2013/10/16/london-school-of-economics-dellitalia-non-rimarra-nulla-in-10-anni-si-dissolvera/


 

A Milano la crisi arriva a scuola: i bambini mangiano solo in mensa

siam tanto ricchi

17 ottobre 2013
A Milano la crisi arriva a scuola: i bambini mangiano solo in mensa
L’assessore all’Educazione: “Divorano tutto quello che è nel piatto, perché la sera non avranno nulla per cena”

18:44 – Colazione, pranzo e cena. Tre pasti completi che per molte famiglie, a causa della crisi, è solo un’utopia. Purtroppo è questa la realtà che colpisce il nostro Paese e, in questo caso, Milano. Il servizio mensa delle scuole evidenzia come molti bambini chiedono bis o addirittura tris perché a digiuno dalla sera prima. Un fenomeno che interessa circa 3mila studenti ma che sembra crescere giorno dopo giorno.

I figli della crisi – Notizie che fanno rabbrividire ma che sono lo specchio di quello che succede in Italia. Durante la conferenza stampa sulla lotta agli sprechi della mensa, l’assessore all’Educazione Francesco Cappelli fa luce su una realtà non nota a tutti. La conferma arriva anche dalla Presidente di Milano Ristorazione, Gabriella Iacono: “Bambini che nelle mense delle scuole divorano tutto quello che c’è nel piatto, perché la sera non avranno nulla per cena”.
Non ci sono ancora né statistiche precise, né un monitoraggio scientifico ma se sono vere le rivelazioni dell’assessore Cappelli i numeri sembrano aumentare giorno dopo giorno. Su 80mila studenti che pranzano nelle mense scolastiche, almeno 3mila risultano a digiuno dalla sera prima e spazzolano letteralmente il piatto perché, molto probabilmente, sarà anche l’ultimo della giornata. Alcune scuole confermano e cercano di fare il possibile per i propri alunni dandogli quello che avanza anche se non si potrebbe. Non è un pasto, ma è comunque un aiuto perché è difficile rimanere impassibili davanti a queste scene. Non si parla di pasta o carne ma più semplicemente di pane e frutta: alimenti che non deperiscono e durano almeno fino a sera.
Fenomeno da non sottovalutare che pian piano viene evidenziato in tutto il Paese e del quale sicuramente si continuerà a parlare.
http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/lombardia/2013/notizia/a-milano-la-crisi-arriva-a-scuola-i-bambini-mangiano-solo-in-mensa_2003923.shtml


 

L’attuale segretario del PD, Guglielmo Epifani, viene interrogato dalla iena Filippo Roma sui suoi aumenti di re tribuzione. Sarà vero che essi sono stati disposti dalla Segreteria, come lui sostiene?

Le Iene –ROMA: Lo stipendio di Epifani – puntata del 15 Ottobre 2013

 L’attuale segretario del PD, Guglielmo Epifani, viene interrogato dalla iena Filippo Roma sui suoi aumenti di retribuzione. Sarà vero che essi sono stati disposti dalla Segreteria, come lui sostiene?

 17 OTTOBRE, 2013 by PASQUALE AMATO in LE IENE

 Guglielmo Epifani, segretario del Partito Democratico è stato protagonista di un servizio delleIene, nel quale si è parlato del suo stipendio.

 Come spiegato da Roma, in un articolo del Fatto Quotidiano pubblicato la scorsa estate veniva riportato che, nel 2004, e dunque quando era ancora Segretario Generale della CGIL, lo stipendio di Epifani sarebbe lievitato del 18%, passando dai 4.399 euro al mese a 5.183 euro. La redazione del programma, inoltre, facendo ulteriori indagini, hanno scoperto un ulteriore aumento del 5%, nel 2006.

L’incremento non poteva non suscitare qualche perplessità, perché, come ha fatto notare Roma, arrivato nello stesso momento in cui le retribuzioni degli operai rimanevano allo stesso livello degli anni precedenti. Perciò, “il Moralizzatore” è andato a chiedere spiegazioni direttamente a Epifani, con la scusa di volersi congratulare con l’ex Sindacalista per il successo raggiunto rispetto allo stipendio del lavoratore in questione, cioè lo stesso Epifani.

L’attuale segretario del PD, inizialmente, pare non avere alcuna voglia di commentare. Poi,prova a difendersi, sostenendo che l’aumento della retribuzione, all’epoca, fu deciso dalla segreteria, come previsto dal regolamento della CGIL.

 Ma Roma smentisce la tesi dell’ex sindacalista: infatti, regolamento alla mano, mostra come sia il direttivo nazionale a dover deliberare sugli aumenti di stipendio del segretario generale, regola confermata anche da due componenti della Segreteria del 2004 e da Massimo Gibelli, portavoce di Susanna Camusso, attuale segretario generale CGIL.

 Per vedere il video vai al link: http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/414112/roma-lo-stipendio-di-epifani.html

 http://tv.befan.it/le-iene-roma-lo-stipendio-di-epifani-puntata-del-15-ottobre-2013/


 

Alitalia a picco, guadagni per gli azionisti di peso

Nonostante l’aumento di capitale, lo scenario futuro è già disegnato. Sarà Air France-Klm ad assorbire la nostra ex compagnia di bandiera

di: Giuliano Augusto
British Airways ha annunziato che presenterà ricorso alla Commissione Europea contro le modalità dell’aumento di capitale da 300 milioni di euro, deciso dal consiglio di amministrazione di Alitalia. Un aumento al quale parteciperà con 75 milioni anche Poste Italiane che non è azionista della società aerea e che ha la prerogativa di essere controllata interamente dal Tesoro. E’ un aiuto occulto di Stato, hanno sentenziato gli inglesi. E’ una misura illegale e protezionista che mina la libera concorrenza e “favorisce quelle compagnie aeree in fallimento che non sono al passo con la realtà economica”. Da Londra, come al solito, si guarda apparentemente ai principi del liberismo puro e duro con un non poche pennellate di interesse nazionale, British Airways è pur sempre una concorrente di litalia, ma non si riesce ad andare al di là della facciata. La sostanza è invece prettamente italiana ed ha a che fare con i rapporti interni al capitalismo italiano che è sempre più un capitalismo senza capitali. In puro stile Mediobanca. Questo perché i soldi che entreranno in Alitalia serviranno soltanto per guadagnare un po’ di tempo visto che le casse erano desolatamente vuote, i dipendenti rischiavano di non prendere lo stipendio e gli aerei di rimanere a terra perché l’Eni minacciava di interrompere le forniture di carburante se non gli fossero stati saldati crediti per 50 milioni di euro. Del, resto con un gruppo che perde 1,6 milioni di euro al giorno, una deriva del genere è del tutto fisiologica. Con quei 300 milioni in cassa si potranno così sistemare i rapporti interni tra i soci e lasciare che sia Air France-Klm, che già detiene un 25% della società, a fare propria l’intera posta ed assorbire Alitalia che verrà ridotta a compagnia regionale. Non toccheremo i voli internazionali di Alitalia, anzi, avevano assicurato da Parigi. Poi, ieri l’ulteriore, precisazione. In ogni caso, hanno aggiunto i francesi, non ne verranno creati di nuovi. Della serie, se non è zuppa, è pan bagnato.
Al di là delle strategie aziendali, che pure hanno la loro importanza, siamo di fronte all’ennesima operazione all’insegna dell’ingegneria finanziaria per permettere ai soci italiani di peso di recuperare i soldi investiti al momento della creazione di Cai (l’attuale Alitalia) nell’autunno del 2008 sotto la spinta di Berlusconi che aveva dichiarato di non voler trasformare Alitalia in una consociata di Air France (che già allora deteneva un 12,5%). I soci del “nocciolo duro” che gestisce attualmente Cai sono ad esempio Colaninno e Benetton, la cui presenza nefasta si era già fatta vedere nella scellerata scalata di Telecom (il primo) e nella altrettanto scellerata gestione successiva (il primo e il secondo). Sono banche come Intesa-San Paolo che detiene un consistente pacchetto azionario di Cai. E altre banche che hanno prestato una montagna di quattrini alla ex compagnia di bandiera. Una società che è stata massacrata dai dirigenti del passato e da quelli attuali incapaci di capire le dinamiche del mercato aereo. Una società che un tempo era sana e che nelle sue scelte è stata condizionata dalle pressioni di questo o quel cialtrone politico che voleva che fosse privilegiato lo scalo aereo vicino a casa.
Non è un caso che il governo a guida PD, legato a filo doppio a tutte le principali banche italiane, negli incontri indetti per “salvare” Cai avesse invitato anche i vertici delle banche creditrici. Anche se Mediobanca non è azionista di Alitalia, lo “stile” della banca milanese è ben presente nella gestione della vicenda. A finire fregati infatti, saranno come al solito i piccoli azionisti che in nome del patriottismo erano stati invitati da Berlusconi a partecipare a Cai-Alitalia. Il solito copione del “parco buoi” avviato al macello, a fronte dell’indifferenza del mondo politico, preoccupato soltanto di salvaguardare i soliti “amici”, che sono capacissimi di fare i pirati della finanza perché nessuno li blocca, ma sono del tutto incapaci di gestire una società.15 Ottobre 2013
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