Dipendenti Targetti in corteo contro i 160 licenziamenti

FOTO I DIPENDENTI TARGETTI IN CORTEO: LE IMMAGINI
Manifestazione dei lavoratori a Ponte Vecchio con lo striscione: “No ai licenziamenti! La Targetti è Firenze”. Il governatore Rossi: “Necessario trovare altre strade”

Dipendenti Targetti in corteo contro i 160 licenziamenti
Firenze, 12 settembre 2013 – E’ scontro sui 160 licenziamenti annunciati dalla direzione aziendale della Targetti Sankey. I i 245 lavoratori dello stabilimento fiorentino e i sindacati si oppongono con forza e stamattina hanno protestato in centro con uno striscione appeso sul Ponte Vecchio che recita: ‘No ai licenziamenti! La Targetti è Firenze’. E’ l’iniziativa dei lavoratori della storica azienda fiorentina di illuminazione architettonica, che stamani hanno sfilato in corteo per le vie del centro storico, partendo da via Martelli per raggiungere piazza dei Giudici.
Secondo il segretario della Fiom di Firenze Daniele Calosi ”non ci sono novità al momento, nei giorni scorsi abbiamo formalmente chiesto all’azienda di ritirare le procedure di licenziamento. Come sindacato siamo disposti a dialogare con l’impresa su tutto ma senza questa spada di Damocle”.
Per Calosi ”il piano che l’azienda ci ha presentato è solo per la ristrutturazione del debito finanziario che ammonta a circa 180 milioni, e non c’è un rilancio industriale. Siamo al paradosso che noi abbiamo presentato un piano industriale degno di questo nome all’azienda, che ha tutte le potenzialità per potersi rilanciare, ma la nostra proposta non è stata accettata”.
La prossima settimana sono previsti incontri istituzionali con Comune e Provincia di Firenze e poi con la Regione, mentre i sindacati intendono attivare le procedure per l’attivazione del tavolo di crisi.
 
IL COMMENTO DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE ENRICO ROSSI
“Non ci possiamo permettere, in un momento come questo, di perdere altro lavoro e per di più in una realtà di eccellenza e con forti legami col territorio come la Targetti-Sankey. E’ assolutamente necessario trovare strade diverse da quella dei licenziamenti per affrontare la crisi dell’azienda. E la manifestazione dei lavoratori ha mandato oggi un segnale forte che deve essere ascoltato. L’impegno di tutti – ha aggiunto Rossi – deve essere quello di garantire una prospettiva industriale che rilanci il ruolo della Targetti Sankey sul mercato italiano e internazionale. E questo non lo si può certo fare disperdendo il know-how acquisito in anni di esperienze e di cui soprattutto i lavoratori sono depositari. Per questo – ha concluso – la strada scelta finora dall’azienda è incomprensibile, oltre che socialmente insostenibile. Se l’unica proposta è quella di 160 licenziamenti tutto diventa più difficile, anche per le istituzioni e per i sindacati. E’ il momento della saggezza e del coraggio e mi auguro che i vertici della società sappiano metterli in campo.”
http://www.lanazione.it/firenze/cronaca/2013/09/12/948872-targetti-protesta-corteo-licenziamenti.shtml


 

Africa. Kofi Annan: fuori nero, dentro bianco

di: Roberta Mura
Kofi Annan ha tagliato da tempo il cordone ombelicale con mamma Africa. Ma il dolore che una madre prova per la “perdita” di un figlio non passa. E l’Africa piange Kofi Annan, un africano che dimentica le sue origini. Ghanese di nascita, occidentale d’identità. Schiavo della sua ex carica istituzionale, Kofi Annan ha chiesto ai capi di Stato africani di porre fine alla rivolta contro la Corte penale internazionale. In occasione del compleanno dell’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, Annan ha monito che la decisione di alcuni dirigenti di ritirarsi dalla Cpi sarà “un segno di vergogna per ciascun di loro e per i propri Paesi” oltre ad essere la prova che prevale “la cultura dell’impunità” e la “legge del più forte che confonde i propri interessi con quelli di un intero paese”.
Parla di vergogna lui che non ha mai fatto nulla per alleviare le sofferenze del continente nero. Lui che ha camminato a braccetto con gli Stati Uniti (che lo hanno scelto) per tutto il suo mandato (rinnovato due volte). L’Africa intera aveva proposto come segretario delle Nazioni Unite Hadmed Salim Salim, diplomatico della Tanzania. Lui che ha ricevuto un premio nobel per la pace senza aver fatto nulla per meritarselo. Un po’ come Obama o l’Unione Europea. “In un continente che ha sperimentato conflitti, violazioni dei diritti umani su vasta scala e genocidi, sono sorpreso di sentire critiche che vedono nella giustizia un ostacolo alla ricerca della pace” ha continuato Kofi Annan, che si è detto in disaccordo con le critiche lanciate contro la Corte penale internazionale. Un organismo internazionale che per ora ha emesso mandati di cattura e avviato processi solo nei confronti di personaggi africani.
L’Unione Africana ha più volte condannato la “caccia razziale” della Cpi e ha indetto un vertice straordinario per discutere della proposta del Kenya, sostenuta da Etiopia e Uganda, di ritirare l’adesione dal Trattato di Roma. Il governo di Nairobi ha inoltre proposto di creare una corte penale in seno all’Unione africana per lavare i panni sporchi a casa propria e porre fine alle interferenze della Cpi in questioni africane. Come fanno gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, Israele… che non hanno mai firmato lo Statuto di Roma.

 
Articolo letto: 1 volte (08 Ottobre 2013)
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Il vicecomandante delle forze nucleari statunitensi sospeso per indagini

AFP 9 ottobre 2013

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Il vicecomandante delle forze nucleari degli Stati Uniti è stato licenziato dal suo incarico per essere finito sotto inchiesta per presunto utilizzo di chip contraffatti in un casinò, hanno detto dei funzionari. Un’azione assai insolita contro un simile alto ufficiale dell’US Strategic Command, che supervisiona i missili, i sottomarini e i bombardieri nucleari del Paese. Secondo la decisione, il viceammiraglio Tim Giardina, ufficiale sommergibilista, è stato sollevato dalla sua posizione di ufficiale in seconda dello Stratcom e riassegnato alla Marina in attesa dell’esito di un’indagine del Naval Criminal Investigative Service, hanno detto degli ufficiali. Il generale Robert Kehler, il capo del Comando Strategico degli Stati Uniti, aveva raccomandato il mese scorso che Giardina fosse riassegnato e la decisione ufficiale di sollevarlo dall’incarico è arrivata questa settimana. La mossa è stata approvata dal segretario alla Difesa Chuck Hagel e dal presidente Barack Obama, hanno detto i funzionari.

Il 3 settembre, il generale Kehler, comandante del Comando Strategico USA, ha sospeso l’ammiraglio Giardina“, ha detto il portavoce del comando della Marina, capitano Pamela Kunze. La raccomandazione non è stata annunciata pubblicamente e la sospensione è stata riferita dall’Omaha World-Herald. Giardina aveva ottenuto il suo incarico nel dicembre 2011, secondo il portavoce del comandante della Marina, ammiraglio John Kirby. L’inchiesta penale era iniziata come indagine delle autorità civili dell’Iowa, prima che il militare finisse sotto inchiesta dell’NCIS.

La sospensione dell’ufficiale della marina rappresenta un’altra battuta d’arresto per le forze armate nucleari degli USA, oggetto di severe critiche negli ultimi anni, dopo una serie di disavventure. L’unità missilistica nucleare della Minot Air Force Base in North Dakota, all’inizio di quest’anno, aveva punito 17 ufficiali addetti al controllo lancio, dopo un sopralluogo che aveva scoperto problemi e sollevato un ufficiale che supervisionava la formazione. Ad agosto, una unità missilistica del Montana non aveva superato l’ispezione sulla sicurezza nucleare. Nel 2008, l’allora segretario alla Difesa Robert Gates aveva licenziato il segretario e il capo di stato maggiore dell’US Air Force, rimproverandoli di ciò che ha definito erosione delle norme, che aveva causato due errori grossolani con delle armi nucleari.

 Traduzione di Alessandro Lattanzio

http://www.statopotenza.eu/8993/vicecomandante-delle-forze-nucleari-statunitense-sospeso-per-indagini

Zeidan arrete a Tripoli

ELAC & ALAC Committees / QUAND LES MILICES ISLAMISTES FONT LA LOI A TRIPOLI ET ARRETENT LE PREMIER MINISTRE FANTOCHE !

 Luc MICHEL pour ELAC & ALAC Committees/

Avec AFP – PCN-SPO – ELAC Website / 2013 10 11 /

http://www.elac-committees.org/

https://www.facebook.com/elac.committees

 La Libye post Khafi ‘made in NATO’ bascule définitivement dans le chaos importé.

Le Premier ministre fantoche libéré après avoir été enlevé quelques heures par des ex-rebelles ce mercredi, suite au raid US à Tripoli …

 QUI EST ALI ZEIDAN ?

 

Ali Zeidan est un opposant de longue date à Moammar Kadhafi et le choix de Washington lors de son « élection » comme premier ministre par l’assemblée fantoche dite « Congrès général national ». Qui usurpe le nom du « Congrès populaire général », l’assemblée principale de la Démocratie Directe libyenne sous la Jamahiriya. Ancien diplomate, Zeidan avait fait défection en 1980 depuis l’Inde où il travaillait à l’ambassade libyenne. Il avait passé trois décennies en exil, au service de la CIA. Il a été l’un des dirigeants du « Font National pour le Salut de la Libye », organisation terroriste créée par la CIA contre Kadhafi, créée en 1981. Il fut ensuite avocat à Genève. Réapparaissant en février 2011 à Genève au nom d’une fantomatique et inconnue « Ligue libyenne des droits de l’Homme » dénonçant au bon moment les « crimes du régime ».

 “En Europe il fut une vitrines (poster-boy) de la révolution libyenne » précise à RT le journaliste Manuel Ocksenreiter. Chargé de vendre – avec BHL – la cause de Benghazi à Sarkozy. Et faisant oublier dans les médias de l’OTAN les djihadistes et les forces d’al-Qaida qui constituent en fait les « katibas du CNT ».

 Avec deux autres agents de la CIA, tous trois dirigeants du FNSL made in USA de 1981, le « général » Khalifa Hifter – officier félon libyen défecteur en 1989, parachuté commandant des katibas du CNT dès février 2011 – devenu le chef de la nouvelle « armée libyenne » coloniale -, et Ali Megaryef, le patron des forces libérales en Libye, Zeidan est le choix de Washington pour contrôller, autant que possible, la Libye post Kadhafi.

 QUE SE PASSE-T-IL A TRIPOLI ?

 Le Premier ministre libyen Ali Zeidan a donc été enlevé ce jeudi pendant quelques heures par un groupe d’ex-rebelles affirmant « agir sur ordre du parquet général libyen » (sic), dans un pays en proie à une insécurité et une instabilité croissantes depuis le renversement de Mouammar Kadhafi.

 Les autorités de transition « peinent à contrôler » – dixit l’AFP qui aime les euphémismes – les groupes d’ex-rebelles ayant combattu Kadhafi, auxquels elles ont pourtant confié de nombreuses tâches sécuritaires après la destruction de la Jamahiriya en octobre 2011. Aguerries par leurs combats contre les forces loyalistes, lourdement armées et « empreintes d’un sentiment de légitimité et d’impunité selon les observateurs », elles sont montées en puissance, refusant obstinément de déposer les armes.

 Peu après sa libération, Zeidan a pourtant appelé à l’apaisement. “J’espère que ce problème (mon enlèvement, ndlr) sera réglé avec raison et sagesse”, en évitant “l’escalade” (sic), a-t-il déclaré dans une allocution retransmise à la télévision. Les autorités libyennes avaient annoncé dans la matinée son enlèvement, expliquant qu’il avait “été conduit vers une destination inconnue pour des raisons inconnues par un groupe” d’hommes qui seraient des ex-rebelles.

 La « Cellule des opérations des révolutionnaires de Libye » (sic), dépendant officieusement des ministères de l’Intérieur et de la Défense, a revendiqué cet enlèvement, affirmant avoir “arrêté” le Premier ministre “sur ordre du parquet général”. Zeidan aurait « été arrêté conformément aux articles relatifs aux “crimes et délits préjudiciables à l’Etat” et aux “crimes et délits préjudiciables à la sûreté” de l’Etat », a précisé cette cellule.

 Le chef du gouvernement de transition a été enlevé à l’hôtel Corinthia où il réside pour des raisons de sécurité. Et surtout parce que les centres du pouvoir ont été détruit lors de la prise sanglante de Tripoli par les forces spéciales de l’OTAN et leurs alliés djihadistes en août 2011. “Un grand nombre d’hommes armés sont entrés dans les lieux très tôt jeudi. Mais nous n’avons rien compris à ce qui se passait”, a déclaré à l’AFP un employé de l’hôtel.

 Le gouvernement installé par les USA et l’OTAN a qualifié d'”acte criminel” cet enlèvement et affirmé qu’il ne cèderait pas au chantage. Le chef de la diplomatie Mohamed Abdelaziz, qui a annoncé la libération de M. Zeidan, n’a pas donné de détails sur les circonstances l’ayant permise. Cité par l’agence libyenne du gouvernement fantoche Lana, le porte-parole du gouvernement, Mohamed Kaabar, a indiqué de son côté que M. Zeidan avait “été libéré, et non pas relâché” par ses ravisseurs, laissant supposer une action extérieure.

 Selon des témoins, le Premier ministre était détenu dans un commissariat du quartier al-Fernaj, dans le sud de la capitale. D’après ces sources, des habitants armés du quartier ont encerclé le commissariat et fait pression sur les ravisseurs jusqu’à sa libération.

 LES SEQUELLES DU RAID DES ‘NAVY SEALS’ US A TRIPOLI

 Le bref kidnapping du Premier ministre est intervenu cinq jours après la capture à Tripoli d’Abou Anas al-Libi, un chef d’Al-Qaïda, par un commando américain. Cette opération a provoqué la colère de groupes d’ex-rebelles et de partis politiques islamistes et mis dans l’embarras le gouvernement libyen ‘made in USA’ qui l’a qualifiée d'”enlèvement” et affirmé ne pas en avoir été informé. Les autorités libyennes ont enjoint mardi – fort platoniquement, les USA sont chez eux à Tripoli – les Etats-Unis de « leur remettre immédiatement Abou Anas al-Libi » (sic).

 Au lendemain de l’opération, la « Cellule des opérations des révolutionnaires de Libye » (sic) avait annoncé un “état d’alerte maximum face (…) aux atteintes à la souveraineté du pays de la part des renseignements étrangers”. Il faut savoir que cette cellule est « asociée » au ministère fantoche de l’intérieur libyen pour « assurer la sécurité à Tripoli » …

 LA FICTION DU PSEUDO “ÉTAT LIBYEN” FANTOCHE

 La fiction du pseudo “état libyen” fantoche, installé à Tripoli par l’OTAN en 2011, se lézarde un peu plus chaque jour !

 « L’enlèvement jeudi du Premier ministre libyen par des ex-rebelles met en évidence l’impuissance de l’Etat face à de multiples groupes armés, pourtant censés opérer sous les ordres des autorités libyennes » commente l’AFP. Ali Zeidan a été enlevé dans son hôtel à Tripoli, où il résidait depuis plusieurs mois justement pour des raisons de sécurité. « Ses gardes du corps, qui semblent avoir été surpris par l’assaut, sont à l’image des forces de sécurité libyennes: indisciplinés et mal formés ». 

 L’armée nationale étant toujours en cours de construction » (sic), ce sont les milices, aguerries par leurs combats en 2011, qui sont montées en puissance, profitant du vide sécuritaire et étatique après la chute de la Jamahiriya. « Après l’effondrement de l’ancien régime, qui a entraîné dans sa chute toutes les institutions » reconnaît l’AFP – ces institutions dont on nous disait en 2011 qu’elles n’existaient pas ! -, « les autorités de transition ont confié aux ex-rebelles le contrôle des frontières, des prisons et des installations stratégiques du pays, donnant à ces milices une légitimité et un sentiment d’impunité ».

 Les autorités ont distribué par ailleurs à tour de bras différents avantages et primes à ces groupes de combattants qui ont hérité d’un important arsenal militaire à l’issue du conflit de 2011. « Les milices profitent également de leurs positions pour contrôler la contrebande et se livrer à du racket » avoue encore l’AFP. « Ces groupes aux idéologies et motivations diverses refusent obstinément de déposer les armes, malgré les différents plans d’intégration dans les institutions de l’Etat, notamment les organes de sécurité, proposés par le gouvernement ». Leur argument est que “la révolution n’est pas finie” (sic) et qu’ils garderont leurs armes jusqu’à la réalisation de ses objectifs (resic).

 En mars dernier, le Congrès général national (CGN), la plus haute autorité politique installée par l’OTAN, avait ordonné l’évacuation des groupes armées en dehors de Tripoli. Mais cet ordre n’a jamais été mis à exécution. Encouragées par l’incapacité des autorités à reconstruire une armée et une police professionnelles, ces milices imposent leurs volontés par les armes. « Elles ont par exemple assiégé trois ministères en avril pour faire adopter une loi excluant du pouvoir les anciens collaborateurs du régime de Kadhafi » rappelle l’AFP.

 Les autorités sont tiraillées par des choix difficiles: recourir à la force au risque d’envenimer une situation instable, ou négocier, ce qui pourrait donner des signes de faiblesse de l’Etat. Après avoir tenu des propos fermes et matamoresques envers ces groupes incontrôlables, le Premier ministre Ali Zeidan a été contraint récemment de tempérer son discours après avoir été rappelé à l’ordre par ces groupes, et d’affirmer qu'”il n’y a pas de milices en Libye” mais seulement des thowars (révolutionnaires). On ne sait si il faut en rire ou en pleurer. Les Libyens eux payent le prix du sang et de la misère.

 Le gouvernement évoque à ce sujet « sa volonté d’épargner les vies ». Mais en réalité c’est un aveu d’impuissance de l’avis de l’ex-ministre de l’Intérieur fantoche démissionnaire Achour Chawayel, qui a déclaré récemment à une télévision locale qu'”aucune force ne voulait s’engager pour combattre” les milices. Selon plusieurs observateurs libyens cités par l’AFP, « ces milices s’attaquent au pouvoir à chaque fois qu’elles estiment que leurs intérêts sont menacés par les nouvelles autorités ». “L’enlèvement de Zeidan prouve la déliquescence de l’Etat libyen (…) et ce sont ceux qui détiennent les armes au nom de certaines idéologies qui gouvernent réellement le pays”, a indiqué à l’AFP un analyste libyen sous couvert de l’anonymat.

 Pour Khaled al-Fadhli l’enlèvement de Zeidan, cinq jours après la capture à Tripoli d’un chef présumé d’Al-Qaïda par un commando américain, “illustre le risque d’un possible glissement du pays dans un tunnel obscur”. Selon lui “il se pourrait que le pays soit entraîné dans la spirale de la guerre civile et des actes de vengeances terroristes perpétrés par al-Qaïda”, alors que “seul un dialogue inclusif sérieux et transparent est à même de permettre à la Libye de réussir sa transition démocratique”.

 Mes lecteurs connaissent depuis fort longtemps tout ceci.

Voir mon édito du 18 août 2012 :

OU VA LA LIBYE ? DE LA COMEDIE DE LA PSEUDO DEMOCRATIE A LA SOMALISATION …

sur http://www.elac-committees.org/2012/08/18/elac-alac-luc-michel-ou-va-la-libye-de-la-comedie-de-la-pseudo-democratie-a-la-somalisation-%e2%80%a6/

 Luc MICHEL

Pour PCN-SPO / ELAC Website

 http://www.lucmichel.net/2013/10/11/elac-alac-committees-quand-les-milices-islamistes-font-la-loi-a-tripoli-et-arretent-le-premier-ministre-fantoche/

__________________________

j’ai publié en Anglais ce jour une analyse beaucoup plus longue et plus complète de cette affaire :

WHEN ISLAMISTS MILITIAS MAKE THE LAW IN TRIPOLI AND ARREST THE PUPPET PRIME MINISTER!

http://www.lucmichel.net/2013/10/11/elac-alac-committees-when-islamists-militias-make-the-law-in-tripoli-and-arrest-the-puppet-prime-minister/

 

In Francia e Spagna non se magna..

Spagna: 3 milioni di persone vivono in povertà estrema
Pubblicato da ImolaOggiEUROPA UE, NEWSott 10, 2013
poverta10 OTT – Tre milioni di spagnoli vivono in situazione di povertà estrema – vale a dire con meno di 307 euro al mese – una cifra doppia rispetto all’inizio della crisi, nel 2008. Il dato allarmante è contenuto nel rapporto della Caritas spagnola del 2012, anno in cui la organizzazione cattolica ha accolto e assistito in Spagna 1.300.914 persone.
Il rapporto dell’Osservatorio sulla realtà sociale, presentato oggi a Madrid dal segretario generale della Caritas, Sebastian Mora.
http://www.imolaoggi.it/2013/10/10/spagna-3-milioni-di-persone-vivono-in-poverta-estrema/

Francia, rapporto choc: un contadino suicida ogni due giorni
Pubblicato da ImolaOggiEUROPA UE, NEWSott 10, 2013
europa10 ott – Ogni due giorni vi è un suicidio fra gli agricoltori francesi. Il dato scioccante è contenuto in un rapporto pubblicato oggi dall’Istituto Nazionale per il controllo sanitario, che ha preso in esame il periodo 2007-2009, registrando 500 suicidi nelle campagne. Si tratta della terza causa di morte, dopo tumori e malattie cardiovascolari.
http://www.imolaoggi.it/2013/10/10/francia-rapporto-choc-un-contadino-suicida-ogni-due-giorni/

Brasile sospende acquisto di 36 F-18 – Il costo dello spionaggio USA

Gazprom e Petrobras si associano

 TP – La conseguenza negativa dello spionaggio ai danni della presidente brasiliana Dilma Rousseff, difficilmente si limiterà all’annullamento della sua visita negli Stati Uniti. Il rifiuto a fornire spiegazioni e garanzie comporterà la perdita per la fornitura di 36 caccia F-18, vale a dire un contratto di 5 miliardi di dollari per la Boeing.
Il Brasile è sul punto di concludere un accordo con la Russia, in cui oltre alle forniture militari, è prevista la creazione di imprese-miste specializzate nella fabbricazione di grandi turbine per l’estrazione del petrolio e gas. La
multinazione russa Gazprom si assocerebbe con la brasiliana Petrobras per lo sfruttamento del giacimento gasifero di Santo Basin.

 Attualmente l’holding Gazprom è già operativa in Venezuela, associata alla statale PDVSA nell’imponente riserva della Fascia petrolifera dell’Orinoco, nella fase preliminare del Gasodotto Trans-Americano Venezuela-Brasile. E’ il progetto concepito da Hugo Chàvez per soddisfare la domanda latino-americana. Si tratta di un investimento dell’ordine di 20 miliardi di dollari, pronto in sette anni, a cui entrerebbe anche la compagnia statale boliviana YPFB e la francese Total.
 
 Novità di rilievo strategico, quindi, nell’ex “cortile” degli Stati Uniti, in cui il Brasile e il Venezuela dispongono di varie carte da giocare, tutte orientate a rafforzare l’autonomia nazionale e la coesione del blocco regionale. Risalta la difficoltà del regime di Washington, insidiato direttamente da concorrenti come la Russia (idrocarburi, armamento) e la Cina sul terreno commerciale, finanziario, produttivo e scambio delle tecnologie.
 
Decisamente, agli Stati Uniti non basterà offrire al Brasile un posto permanente nel consiglio di sicurezza dell’ONU a cambio della subalternità tecnologica, sottomissione militare e passività geopolitica. L’improvvisata Alleanza del Pacifico (Messico, Colombia, Perù e Cile) allo stato non passa il livello di un coordinamento tra Paesi non confinanti che hanno da tempo sottoscritto un trattato di libero commercio con gli USA.

Rappresenta qualcosa ancora distante da un soggetto plurale incisivo, capace di scardinare il Mercosur o paralizzare Unasur. Tra l’altro, perchè non ha da offrire vantaggiose soluzioni globali alternative per i prossimi tre decenni, vista l’acutizzazione dell’involuzione -in primo luogo economica- degli Stati Uniti.
http://selvasorg.blogspot.it/2013/10/brasile-sospende-acquisto-di-36-f-18-il.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+selvas/blog+(Selvas+Blog)

BRICSnet: Internet indipendente dei BRICS contro Internet degli USA

Greenpeace et Arctique

LUCMICHEL. NET / WHAT IS GREENPEACE DOING IN THE RUSSIAN ARCTIC ?

 Luc MICHEL / In Brief /

with Ria Novosti – PCN -SPO / 2013 10 09 /

 

The Russian authorities announced on,e week ago the opening of an investigation for “piracy”, a crime punishable by severe penalties, against Greenpeace activists who reached a platform of Russian gas giant Gazprom in the Arctic, in the area of the Barents Sea belonging to Russia.

 This announcement comes while the Greenpeace ship, ‘Arctic Sunrise’, was boarded and towed to the harbor of Murmansk (northwest) by the Russian authorities . The investigation has been open for “piracy in organized group”, a crime punishable in Russia with 15 years in prison . “All those who participated in the attack on the platform must answer for their actions, regardless of their nationality ,” said Tuesday morning the Investigation Committee in a statement .

 But what is the inside information in this case ?

Beyond sympathy usurped for several years by Greenpeace …

 Those who know me – and know my true biography , not that of the NATO medias – know that radical ecology has always been part of my fighting since the early 70s . At first glance , the Greenpeace fighting joins my preoccupations. And the NGO activist style was mine in the first twenty-five years of my political action.

 Just today Greenpeace has become a Western sham.

And the history of some of its founders, particularly in Belgium , has led them to join the US- Western system (like environmentalists politicians passed in 30 years from the pacifist left to the green-khaki and liberal conservatism) …

 Greenpeace is an international non-governmental organization of environmental protection present in more than forty countries around the world. Founded in Canada and headquartered in Amsterdam. Greenpeace presents itself as “a group of propaganda and action fighting against what it considers to be the greatest threats to the environment and biodiversity on the planet.” Greenpeace claims to ” focus attention on global problems that threaten the wider environment and which are global issues : climate change , energy , nuclear proliferation, loss of biodiversity , genetic pollution, release of toxic products ” …

 

WHO USES GREENPEACE AND FOR WHAT INTERESTS ?

 But there is also the dark side of the organization.

In his book QUI A TUE L’ECOLOGIE ? (Éditions Les Liens qui Libèrent, Paris) (WHO KILLED ECOLOGY ?) , Fabrice Nicolino denounces Greenpeace evolution towards a capitalist organization led mainly by professionals and not by militants . He gives the example of the former executive director of Greenpeace France , Pascal Husting , who has long worked in the world of finance. The ” recruiters of members ” are not all volunteers nor necessarily members of Greenpeace , but employees trained and paid directly by Greenpeace. Critics that point out the arguments of neo- Machiavellian sociologist Robert Michels on the ” oligarchic tendency” of developed organizations…

 But there is more .

In its action Greenpeace confronts the states and multinationals, disrupts  interests and projects. We know the commitment of the NGO against the French government at the time when it was part of the Gaullist policy of national independence and refusal of blocks . A policy that precisely met hostility from Washington …

 In the Arctic , the Greenpeace action against Russia comes as the Continental area became a source of tension between the West – U.S. and NATO – and Russia. The Arctic is with Africa one of the fundamental issues of the twenty-first century. And the Westerners contest there the rights of Russia. The Greenpeace action is timely ( and was conducted at the risk of an environmental disaster) and it is probably not a coincidence …

 Luc MICHEL

 Version française sur :

http://www.lucmichel.net/2013/09/24/lucmichel-net-que-fait-greenpeace-dans-lartique-russe/

 Pics :

Greenpeace activists scaled an oil platform owned by state energy giant Gazprom in the Russian Arctic.

Document of Greenpeace showing its action in Arctic. Only Russian stations are targeted …

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 Luc MICHEL /

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 Greenpeace versus Russia’s Big Oil

 Twenty eight Greenpeace activists and a freelance video journalist and a photographer were formally charged with piracy under Article 227 of the Russian Criminal Code on October 2nd and 3rd, 2013. The maximum sentence, if convicted, is 15 years in a Russian jail.

 The 28 Greenpeace activists and the two journalists, now known as the Arctic 30, protested against oil drilling in the Arctic on September 18, 2013 in Russia’s Pechora Sea. Two Greenpeace International activists attempted to climb the side of an oil platform operated by Russian state-owned energy giant Gazprom to hang a banner, when they were stopped at gunpoint by the Russian Coast Guard. The activists were protesting against Gazprom becoming the first company to produce oil from the fragile Arctic region. Subsequently, all 28 activists and the two journalists were arrested by the Russian authorities and they have all now been charged with piracy.

 Condemning the arrest of the activists, Greenpeace Executive Director Kumi Naidoo said, “I call on people across the world to stand with us against Gazprom and all oil companies who want to drill in the Arctic, join us in this fight against bullies of the very worst kind.”

 The photographs in this slideshow show the sequence of events leading to peaceful activists being charged with piracy by the Russian authorities.

 Courtesy of Greenpeace India