La cena segreta: Draghi da Scalfari con Letta e Napolitano

di Giorgio Cattaneo – 08/10/2013
Fonte: libreidee
 
«Mancava soltanto Francesco, il Papa. Lo aspettavano per il caffè ma poi ha dato buca. Tutti gli altri erano lì», racconta Paolo Guzzanti sul “Giornale”. Metti una sera a cena: con Napolitano, Letta e nientemeno che sua maestà Mario Draghi. Dove? A casa di Eugenio Scalfari, il fondatore di “Repubblica”. Che, tra un colloquio e l’altro col Pontefice, trova anche il tempo di occuparsi del destino della nazione. Non in qualità di giornalista, come forse ci si aspetterebbe, e neppure di “consigliere del principe”. Anche perché in questo caso i principi sono addirittura tre. E il consigliato è lui, che riceve precise istruzioni da trasmettere alla plebe dei lettori. Loro, gli italiani incorreggibili che dimostrano «l’incapacità della massa di fare progressi» e cedono di fronte all’altro grande male che affligge il paese, «la caparbietà diBerlusconinel privilegiare se stesso». Un racconto lunare, quello che offre “Dapospia” attingendo al “Fatto Quotidiano”, sulla famosa cena (ovviamente informale, dunque top secret) del 20 settembre: la folla di agenti in borghese e l’inattesa processione di auto blu in piazza della Minerva, nel cuore di Roma, alla vigilia del tremebondo ricatto berlusconiano contro il governo Letta.«Non sapremo mai cosa si sono detti», ma possiamo desumerlo dall’articolo in cui Scalfari, due giorni dopo, “spiega” che il governo Letta, così come l’esecutivo Monti, non è stato una scelta, ma solo «il prodotto necessario d’una situazione priva di alternative». Napolitano, Letta e Draghi? Sono «lo scudo Italia-Europa». Cioè «i nostri tre punti di forza, che hanno l’Europa come obiettivo preminente per l’avvenire di tutti». Ben più drastica, e di segno diametralmente opposto, l’interpretazione di “Movisol”, il movimento internazionale per idiritticivili presieduto da Liliana Gorini: «L’Ue trama un altro golpe in Italia per prorogare lo “stato di necessità”». Enrico Letta, sostiene “Movisol” nel suo sito, ha superato il voto di fiducia alle Camere anche grazie ai meccanismi di “stabilizzazione” politica messi in atto da Bruxelles per «assicurare che saranno prese decisioni conformi allo “stato di necessità”» decretato dall’Unione Europea. Traduzione: «Le elezioni vanno evitate a tutti i costi e il golpe avviato con la nomina di Mario Monti deve proseguire, per assicurare che gli italiani si immolino per salvare l’euro».“Movisol”, che si richiama all’economista statunitense Lyndon LaRouche, più volte candidato alla presidenzaUsae autore di una proposta per la ristrutturazione democratica del sistema finanziario mondiale, attribuisce grande importanza al vertice informale del 20 settembre, nel quale include anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, eletta in Parlamento dal partito di Vendola. Scalfari e i suoi commensali? «Tutti membri della corrente spinelliana del “partito britannico”». Chiari i riferimenti al padre nobile del federalismo europeo, l’intellettuale antifascista Altiero Spinelli, e ad un’altra famosa cena, tristemente nota: quella del ’92 in cui, a bordo del panfilo Britannia ormeggiato a Civitavecchia, l’allora direttore del Tesoro, Mario Draghi, fu messo a parte del primo grande piano di privatizzazioni selvagge ai danni del patrimonio pubblico italiano. Sul vascello dei reali inglesi, insieme a Draghi, il gotha dellafinanzaanglosassone: è lo stesso super-clan planetario – oggi Gruppo dei Trenta, Bilderberg, Goldman Sachs – di cui allora l’opinione pubblica non aveva praticamente mai sentito parlare.«Ciò che il partito britannico teme – scrive “Movisol” – è che il sentimento anti-austerità nella popolazione italiana (cheBerlusconisicuramente sfrutta per salvarsi, ma questo è solo una complicazione per gli smarriti) possa sfociare in un definitivo voto anti-euro in caso di nuove elezioni». Attenzione: il fronte anti-euro si sta finalmente organizzando su scala pan-europea. Il 23 settembre a Roma si è tenuto il primo incontro degli euroscettici del nord e del sud del continente. Presenze importanti: da Hans-Olaf Henkel dell’università di Mannheim, già capo della Confindustria tedesca, a Brigitte Granville, economista della Queen Mary University di Londra. Fra gli italiani, oltre a Carlo Borghi e Alberto Bagnai, anche l’ex ministro Giuseppe Guarino, secondo cui la politica “zero deficit” dell’Ue non solo è sbagliata, ingiusta e suicida, ma è pure illegale persino per la stessa normativa comunitaria.«Per giustificare l’illegalità – sostiene “Movisol” – l’Ue ha costantemente usato l’argomentazione dello “stato di necessità”, che secondo Karl Schmitt autorizza a sospendere la Costituzione». In realtà, «lo stato di necessità è dettato dall’imperativo di salvare il sistema oligarchico», e nell’estate 2011 Bruxelles lo ha imposto all’Italia «manipolando il valore dei suoi titoli di Stato: la Bce ha prima lasciato cadere i titoli, ed è intervenuta successivamente ad acquistarli per sostenere il governo Monti». Si ripeterà il giochetto con Letta? Altra domanda: è questo che Draghi ha discusso nella “cena delle trame”? E il suo annuncio al Parlamento Europeo che la Bce è pronta ad un’altra mega-iniezione di liquidità per le banche (Ltro) ha a che fare con questo? Ma soprattutto: Draghi cosa avrebbe chiesto, in cambio, ai suoi illustri commensali? «Il Financial Stability Assessment del Fmi per l’Italia, rilasciato il 27 settembre – conclude “Movisol” – raccomanda l’applicazione del bail-in (prelievo forzoso) per soccorrere le banche italiane. È quanto ha chiesto Draghi? O si è limitato a sollecitare le privatizzazioni, in consueto “stile Britannia”?». Magari lo si potrebbe chiedere a Scalfari, se solo facesse ancora il giornalista.
«Mancava soltanto Francesco, il Papa. Lo aspettavano per il caffè ma poi ha dato buca. Tutti gli altri erano lì», racconta Paolo Guzzanti sul “Giornale”. Metti una sera a cena: con Napolitano, Letta e nientemeno che sua maestà Mario Draghi. Dove? A casa di Eugenio Scalfari, il fondatore di “Repubblica”. Che, tra un colloquio e l’altro col Pontefice, trova anche il tempo di occuparsi del destino della nazione. Non in qualità di giornalista, come forse ci si aspetterebbe, e neppure di “consigliere del principe”. Anche perché in questo caso i principi sono addirittura tre. E il consigliato è lui, che riceve precise istruzioni da trasmettere alla plebe dei lettori. Loro, gli italiani incorreggibili che dimostrano «l’incapacità della massa di fare progressi» e cedono di fronte all’altro grande male che affligge il paese, «la caparbietà di Berlusconi nel privilegiare se stesso». Un racconto lunare, quello che offre “Dapospia” attingendo al “Fatto Quotidiano”, sulla famosa cena (ovviamente informale, dunque top secret) del 20 settembre: la folla di agenti in borghese e l’inattesa processione di auto blu in piazza della Minerva, nel cuore di Roma, alla vigilia del tremebondo ricatto berlusconiano contro il governo Letta.

«Non sapremo mai cosa si sono detti», ma possiamo desumerlo dall’articolo in cui Scalfari, due giorni dopo, “spiega” che il governo Letta, così come Scalfari e Napolitanol’esecutivo Monti, non è stato una scelta, ma solo «il prodotto necessario d’una situazione priva di alternative». Napolitano, Letta e Draghi? Sono «lo scudo Italia-Europa». Cioè «i nostri tre punti di forza, che hanno l’Europa come obiettivo preminente per l’avvenire di tutti». Ben più drastica, e di segno diametralmente opposto, l’interpretazione di “Movisol”, il movimento internazionale per i diritti civili presieduto da Liliana Gorini: «L’Ue trama un altro golpe in Italia per prorogare lo “stato di necessità”». Enrico Letta, sostiene “Movisol” nel suo sito, ha superato il voto di fiducia alle Camere anche grazie ai meccanismi di “stabilizzazione” politica messi in atto da Bruxelles per «assicurare che saranno prese decisioni conformi allo “stato di necessità”» decretato dall’Unione Europea. Traduzione: «Le elezioni vanno evitate a tutti i costi e il golpe avviato con la nomina di Mario Monti deve proseguire, per assicurare che gli italiani si immolino per salvare l’euro».

“Movisol”, che si richiama all’economista statunitense Lyndon LaRouche, più volte candidato alla presidenza Usa e autore di una proposta per la ristrutturazione democratica del sistema finanziario mondiale, attribuisce grande importanza al vertice informale del 20 settembre, nel quale include anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, eletta in Parlamento dal partito di Vendola. Scalfari e i suoi commensali? «Tutti membri della corrente spinelliana del “partito britannico”». Chiari i riferimenti al padre nobile del federalismo europeo, l’intellettuale antifascista Altiero Spinelli, e ad un’altra famosa cena, tristemente nota: quella del ’92 in cui, a bordo del panfilo Britannia ormeggiato a Civitavecchia, l’allora direttore del Tesoro, Mario Draghi, fu messo a parte del primo grande piano di privatizzazioni selvagge ai danni del patrimonio pubblico italiano. Sul vascello dei reali inglesi, insieme a Draghi, il gotha della finanza anglosassone:  lo stesso super-clan planetario – oggi Gruppo dei Trenta, Bilderberg, Goldman Sachs – di cui allora l’opinione pubblica non aveva praticamente mai sentito parlare.

«Ciò che il partito britannico teme – scrive “Movisol” – è che il sentimento anti-austerità nella popolazione italiana (che Berlusconi sicuramente sfrutta per salvarsi, ma questa è solo una complicazione per gli smarriti) possa sfociare in un definitivo voto anti-euro in caso di nuove elezioni». Attenzione: il fronte anti-euro si sta finalmente organizzando su scala pan-europea. Il 23 settembre a Roma si è tenuto il primo incontro degli euroscettici del nord e del sud del continente. Presenze importanti: da Hans-Olaf Henkel dell’università di Mannheim, già capo della Confindustria tedesca, a Brigitte Granville, economista della Queen Mary University di Londra. Fra gli italiani, oltre a Carlo Borghi e Alberto Bagnai, anche l’ex Draghi e Lettaministro Giuseppe Guarino, secondo cui la politica “zero deficit” dell’Ue non solo è sbagliata, ingiusta e suicida, ma è pure illegale persino per la stessa normativa comunitaria.

«Per giustificare l’illegalità – sostiene “Movisol” – l’Ue ha costantemente usato l’argomentazione dello “stato di necessità”, che secondo Karl Schmitt autorizza a sospendere la Costituzione». In realtà, «lo stato di necessità è dettato dall’imperativo di salvare il sistema oligarchico», e nell’estate 2011 Bruxelles lo ha imposto all’Italia «manipolando il valore dei suoi titoli di Stato: la Bce ha prima lasciato cadere i titoli, ed è intervenuta successivamente ad acquistarli per sostenere il governo Monti». Si ripeterà il giochetto con Letta? Altra domanda: è questo che Draghi ha discusso nella “cena delle trame”? E il suo annuncio al Parlamento Europeo che la Bce è pronta ad un’altra mega-iniezione di liquidità per le banche (Ltro) ha a che fare con questo? Ma soprattutto: Draghi cosa avrebbe chiesto, in cambio, ai suoi illustri commensali? «Il Financial Stability Assessment del Fmi per l’Italia, rilasciato il 27 settembre – conclude “Movisol” – raccomanda l’applicazione del bail-in (prelievo forzoso) per soccorrere le banche italiane. È quanto ha chiesto Draghi? O si è limitato a sollecitare le privatizzazioni, in consueto “stile Britannia”?». Magari lo si potrebbe chiedere a Scalfari, se solo facesse ancora il giornalista.
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=46381


 

“Che tempo che fa”. Si tocca la TAV, e il PD scatena il finimondo.

20 settembre 2011 alle ore 0.28
 

Si fa tanto parlare di censura televisiva, di spazi democratici che si riducono sempre più sul piccolo schermo, di conduttori cacciati perché “di sinistra”. Fabio Fazio, col suo “Che tempo che fa” pare sopravvivere a tutte le bufere, continuando a rappresentare bene l’elettorato piddino e i suoi leader.

 

Ma anche il programma del weekend ha la sua variabile impazzita, imprevedibile, nei panni del meteorologo Luca Mercalli. Il quale, domenica sera, non ha avuto paura di sedersi su quella poltrona e pronunciare un’appassionata arringa contro la TAV (comprensibile: Luca è vasusino) e in difesa delle due attiviste ancora agli arresti (ne avevamo parlato qui).

 

Apriti cielo! Oggi si sono scatenate le cateratte piddine, che imperversano su ogni gazzetta ad invocare a gran voce, in sintesi, la censura. “Ha fatto propaganda contro la TAV coi soldi pubblici”, “non c’era contraddittorio”, “uso improprio del servizio pubblico” (questa mi ricorda tanto qualcuno), e si arriva persino a dare del “fazioso” a Fazio a mò di avvertimento. La prossima settimana si chiede anche al conduttore di “invitare gli agenti feriti”, e anche ciò mi ricorda qualcuno.

 

(Mode ingenua fanciulla: ON)

 

Ma come mai il PD attacca così ferocemente uno dei suoi ultimi baluardi televisivi, Fabio Fazio?

 

Ma come mai è il PD a difendere in modo così spasmodico una Grande Opera? O non era il Berlusca quello che si è inventato le Grandi Opere, coi disegnini da Bruno Vespa?

 

Ma come mai è il PD a invocare la censura, a chiedere la par condicio, a dar del terrorista a madri di famiglia che protestano?

 

Ma non sarà che il PD è coinvolto mani e piedi coi cementificatori della TAV, e non fa altro che difendere ciecamente gli interessi di tali soggetti invece di dar ascolto ai cittadini?

 

Ma non sarà che il PD mi ricorda tanto qualcuno?

 

(mode ingenua fanciulla: OFF)

http://petrolio.blogosfere.it/2011/09/che-tempo-che-fa-si-tocca-la-tav-e-il-pd-scatena-il-finimondo.html

LA RICETTA DELLA TROIKA PER L’ITALIA: SVALUTARE TUTTO DEL 10% (TAGLIO PENSIONI, STIPENDI, SERVIZI, SANITA’ E SCUOLA)

martedì 8 ottobre 2013 – Milano –

Svalutazione interna del 10%, vale a dire: l’Italia deve “costare” meno. Meno soldi per salari, pensioni e servizi, mettendo mano alle “riforme strutturali” neoliberiste invocate da Mario Monti e ora sul tavolo di Letta, Alfano e Saccomanni, cioè la “squadra” messa insieme da Napolitano. E’ la drammatica “ricetta” avanzata dall’élite finanziaria mondiale per tramite del famigerato Fmi, che nella settimana della crisi-burla ha recapitato a Roma un dossier di 300 pagine in cui il braccio armato della Troika disegna
l’imminente fallimento del nostro paese, prenotandone la resa: cessione dello Stato a prezzi di realizzo, smantellamento di quel che resta del welfare, ulteriore compressione degli stipendi.

Il rapporto rivela che il saldo della nostra bilancia dei pagamenti è migliorato solo “per disgrazia ricevuta”: spendiamo meno per le importazioni perché stanno franando i consumi sotto la scure dell’austerità, mentre le aziende chiudono e il 25% dei giovanissimi vive in famiglie che non sanno più come arrivare alla fine del mese.

I tecnici del Fondo Monetario, una delle istituzioni che hanno pilotato la crisi dell’Eurozona nella quale stiamo sprofondando, dal momento in cui gli Stati non hanno più alcuna sovranità finanziaria, avverte che senza una “svalutazione interna” di almeno il 10% il nostro paese non tornerà competitivo.

A pezzi anche il nostro sistema bancario: sta ancora in piedi solo grazie ai finanziamenti della Bce di Draghi, che però non dureranno all’infinito. Sempre il Fmi spiega che i bilanci delle banche stanno diventando insostenibili per via del crollo del valore degli immobili detenuti come garanzia, mentre i crediti non esigibili da aziende e privati sono arrivati a 140 miliardi di euro, cifra che rappresenta il 10% del Pil.

Un buco che si allargherà (nessuno sa di quanto) almeno fino al 2015. Il Fmi paventa il rischio di ulteriore declassamento dell’Italia, a cura delle solite agenzie di rating, e parla apertamente della necessità di ricorrere a «sostegni europei per evitare il collasso». E’ l’obiettivo finale di chi ha progettato l’euro-crisi: denaro vincolato, con cui Bruxelles imporrebbe in modo definitivo, come in Grecia, le sue condizioni-capestro.

A recitare una parte importante nella commedia provvedono le agenzie di rating, istituzioni screditate perché in realtà complici del sistema speculativo: il nostro rating – e di conseguenza l’interesse che paghiamo sui titoli di Stato – è a rischio se non si approverà la “legge di stabilità”, cioè la finanziaria da approntare sotto dettatura europea, non importa se scritta a Roma per salvare l’apparenza o vergata direttamente a Bruxelles.

Secondo “Fitch”, se l’Italia non eseguirà gli ordini «il paracadute del sostegno europeo di Draghi potrebbe non aprirsi». E senza quel paracadute, osserva il blog di Grillo, nessuno all’estero scommetterebbe un euro sui nostri Btp. «Prova ne è che gli investitori, dopo il nostro collasso politico, mentre compravano i Btp si coprivano dal rischio-default dell’Italia facendo schizzare del 15% in un solo giorno i Credit Default Swap (Cds), l’assicurazione sulla insolvenza dei titoli». Risultato: i Cds per l’Italia sono arrivati a 310 contro 270 per quelli spagnoli. «Significa che gli operatori sono disposti a pagare 310.000 euro pur di assicurarsi sul rischio-fallimento di 10 milioni di euro di Btp, dieci volte quello che si paga per la stessa assicurazione sui titoli americani».

Gli stranieri, avverte Grillo, hanno iniziato a mettere le mani avanti da settimane. La Lch di Londra, la stanza di compensazione che fornisce liquidità a breve alle banche in cambio di garanzie, ha detto che non coprirà più il 100% del valore dei Btp dati in garanzia dalle banche italiane come ha fatto finora: non si fida.

Jens Weidmann, il governatore della Bundesbank, ha lanciato un messaggio di allarme all’Italia dal “Financial Times” invitando le nostre banche a ridurre i titoli pubblici nei bilanci e a coprirsi dal loro rischio con nuovi capitali, oggi pari a zero. «Draghi dovrà tranquillizzare il mercato su un terzo round di liquidità in arrivo alle banche in cambio di titoli di debito pubblico dati in garanzia (il famoso Ltro) senza il quale le nostre banche non avrebbero più ossigeno».

Dopo tanti segnali di allarme, scrive il blog 5 Stelle, «ci si aspetterebbe che il nostro paese alzasse finalmente la testa». Invece, si defenestra Paolo Cucchiani – capo della prima banca italiana, Intesa SanPaolo – «perché si è opposto all’acquisto-fusione del Monte dei Paschi». In un paese normale «dovrebbe essere lo Stato a salvare le banche, nazionalizzandole», mentre «nel nostro si prova a metterne insieme due che hanno un totale di 150 miliardi di euro di Btp in pancia per salvare lo Stato».

L’unica via d’uscita da questo tunnel è contenuta in due parole semplicissime: sovranità monetaria.

E’ indispensabile, per consentire allo Stato di disporre del denaro necessario a far fronte alla spesa pubblica, senza la quale crolla – come si vede – anche l’economia privata.

Il dramma? Dagli anni ’80, con lo storico divorzio dal Tesoro organizzato da Ciampi e Andreatta, Bankitalia ha cessato di essere il “bancomat” del governo: da quel momento, per finanziarsi, lo Stato ha dovuto ricorrere alla finanza speculativa con la vendita dei propri titoli, da rimborsare poi con gli interessi.

Retromarcia impossibile, poi, dopo il Trattato di Maastricht: oggi la Banca d’Italia non potrebbe emettere euro neppure se lo volesse. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: lo Stato è costretto a elemosinare denaro, la Bce può rifornire solo le banche private, le tasse sono diventate – per la prima volta nella storia – una fonte finanziaria per far funzionare i servizi, fino a ieri coperti invece dal ricorso strategico al deficit, cioè lo strumento Vendolanaturale con cui lo Stato sovrano costruisce scuole, ospedali e infrastrutture, “anticipando” denaro.

La crisi europea – un conto alla rovescia sempre più drammatico, data l’insostenibilità del sistema – è ormai al centro delle attenzioni degli economisti indipendenti di tutto il mondo, ma non c’è pericolo che il tema venga affrontato in modo serio dai nostri media. Non ne parla nessuno: né Confindustria, né i sindacati. Buio pesto dalla politica: Letta e Alfano, Cicchitto e Quagliariello, Epifani e Renzi. Nessuno di loro ha mai osato neppure porre ufficialmente il problema, cristallizzato in forma di totem dal dogma su cui vigila Napolitano: agli ordini di Bruxelles e Francoforte si deve semplicemente obbedire, così come a quelli di Washington se si tratta di fare la guerra in Afghanistan e acquistare gli F-35.

In cambio, la piccola casta italiana si consola con appaltucci alla sua portata, come l’inutile Tav Torino-Lione. Intavolare un vero dibattito su come salvare il paese? Impossibile. «In un momento come questo è impensabile provare a riformare la politica europea», ha detto a “La7” Nichi Vendola, uno che in teoria dovrebbe fare il politico, non il turista televisivo dello studio di Lilli Gruber.
http://www.ilnord.it/c-1550_LA_RICETTA_DELLA_TROIKA_PER_LITALIA_SVALUTARE_TUTTO_DEL_10_TAGLIO_PENSIONI_STIPENDI_SERVIZI_SANITA_E_SCUOLA

La tragedia del Vajont vista attraverso le fotografie di Edoardo Semenza

http://www.libreriamo.it/a/5247/la-tragedia-del-vajont-vista-attraverso-le-fotografie-di-edoardo-semenza.aspx

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“La Storia del Vajont: la conoscenza della frana attraverso le foto di Edoardo Semenza” è la mostra organizzata in occasione del cinquantenario del disastro

MILANO – In occasione del cinquantenario dal disastro del Vajont, l’Associazione Italiana di Geologia Applicata ed Ambientale (AIGA) ed il Consiglio Nazionale dei Geologi (CNG) hanno organizzato una mostra itinerante dal titolo “La Storia del Vajont: la conoscenza della frana attraverso le foto di Edoardo Semenza”. Da oggi la mostra è anche visitabile al sito www.k-flash.it/mostra_vajont. Sino a domani, l’esposizione sarà visitabile a Padova, in occasione  di un congresso internazionale in cui si approfondiranno i temi della previsione e della prevenzione dei fenomeni franosi.

GLI SCATTI DI EDOARDO SEMENZA A TESTIMONIANZA DELLA TRAGEDIA – Curata da Monica Ghirotti, Francesco M. Guadagno, Giovanni Masè, Pietro, Paolo e Michele Semenza, la mostra illustra, attraverso le immagini scattate da Edoardo Semenza, le fasi della scoperta dell’antica massa di frana sul versante sinistro della Valle del Vajont, poco a monte della diga allora in costruzione. Le principali evidenze geologiche e geomorfologiche che lo condussero a scoprire l’antica frana nel 1959 e a definirne la forma ed i limiti sono illustrate attraverso alcune delle fotografie scattate tra gli anni 1959 e 1961. Da queste immagini traspaiono le sofferenze, le intuizioni e il progredire della consapevolezza dell’uomo, che per primo riconobbe l’esistenza dell’antica frana. In esse si rivela il suo approccio “mente et malleo”, che gli consentì di elaborarne un modello e di definirne i conseguenti scenari di rischio.

UNA TRAGEDIA PREVEDIBILE – La sua scoperta fu subito presa in considerazione dai responsabili dell’opera, almeno come ipotesi da verificare con altre ricerche ed indagini. Purtroppo la sua consulenza, durata fino al 1961, non impedì che si consumasse la tragedia. Comprendere la natura e i suoi meccanismi evolutivi è l’obiettivo preminente di coloro che operano nell’ambito delle scienze geologiche applicate all’ambiente ed al territorio. Ammirare le fotografie di Semenza significa perciò accedere alla sua dimensione personale e professionale più intima.


DIBATTITI E RIFLESSIONI SULLE CAUSE DEL DISASTRO
 – La frana è ancora oggi oggetto di dibattito e riflessione scientifica, anche per la straordinaria mole di dati disponibili, siano essi strumentali o tratti da rilevamenti. “Nella sua opera di geologo al servizio del Paese, Edoardo Semenza è sempre stato guidato dall’idea, maturata tragicamente proprio al Vajont, che per la prevenzione dei disastri naturali sia fondamentale lo studio approfondito della geologia prima della progettazione di qualsiasi lavoro di ingegneria civile”.


L’INTENTO DIDASCALICO DELLA MOSTRA 
– L’auspicio è che, anche attraverso questa esposizione, l’opera di Edoardo Semenza possa servire a sensibilizzare le coscienze sulla necessità della conoscenza della geologia per il rispetto e la protezione dell’ambiente. Questa mostra vuole perciò essere anche un invito al lettore a proseguire nelle ricerche a partire da quelle di Edoardo Semenza e di altri studiosi, che da allora hanno dedicato tanto del loro impegno allo studio della frana del Vajont.

9 ottobre 2013  wbresize1.jpg

 Il versante settentrionale del monte Toc visto dal fianco destro della Valle del Vajont con la diga in costruzione © Edoardo Semenza, 1 settembre 1959 da Le foto della frana del Vajontwbresize2.jpg

La depressione morfologica del Pian della Pozza vista da Est © Edoardo Semenza, 1 settembre 1959 da Le foto della frana del Vajont 

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 Il fondo e il fianco sinistro della Valle del Vajont: il margine orientale della parete Nord e la parete Est © Edoardo Semenza, settembre 1959 da Le foto della frana del Vajont

 

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Il fianco destro della Valle del Vajont immediatamente a monte del Ponte del Colombèr © Edoardo Semenza, 26 agosto 1959 da Le foto della frana del Vajont

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Panorama del Monte Toc con la zona di distacco della frana del 4 novembre 1960 © Edoardo Semenza, 15 o 16 novembre 1960 da Le foto della frana del Vajont

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La Valle del Vajont dopo l’abbassamento del lago © Edoardo Semenza, 10 aprile 1961 da Le foto della frana del Vajont

In Uruguay Pc o biciclette in cambio di armi. La nuova campagna di Mujica

http://www.greenme.it/approfondire/buone-pratiche-a-case-history/11528-armas-para-la-vida-uruguay
IO HO DUE BICICLETTE, MA TEMO CHE PRIMA O POI POTREBBE TORNARE UTILE AVERE IN CAMBIO DUE KALASHNIKOV …
Scritto Da Francesca Mancuso
 Creato 08 Ottobre 2013

Mujica bici armi

Meno armi, più bici e computer. Suona più o meno così il monito lanciato all’inizio del 2013 dal presidente ‘povero’ dell’Uruguay, José Mujica, che in occasione dell’Assemblea dell’Onu del 24 settembre scorso ha lanciato l’iniziativa Armas para la vida.

 

Partita all’inizio del 2013 nel suo paese, l’iniziativa del ministero dell’Interno uruguaiano è volta al vero e proprio disarmo della popolazione. Solo lo scorso anno, infatti, sarebbero stati 267 gli omicidi contro i 193 del 2011 e 500 mila i pezzi illegali.

Anche in assenza di dati precisi, è stato stimato che circolano nel paese mezzo milione di armi illegali tra i civili e 450mila registrate. In sostanza, un cittadino su tre possiede un arma e uno su sei ne ha una illegale.

Da qui l’iniziativa del presidente Mujica, famoso per aver rinunciato al 90% del suo stipendio per darlo ai poveri, e del suo governo, Armas para la vida, che propone uno scambio: il cittadino porta un’arma e riceve in cambio un’altra “arma per la vita”. Un’arma di conoscenza, ad esempio un computer portatile, o un’arma per il divertimento, per spostarsi e per fare attività fisica, la bicicletta.

Secondo quanto previsto da Armas para la vida, per i prossimi sei mesi chi consegnerà la propria arma potrà ricevere in cambio bici o pc, una sorta di periodo di condono, se così può essere definito, al termine del quale subentrerà la legge che prevede la condanna da 1 a 12 anni per il possesso illegale di armi.

Entrambe le campagne sono state portate avanti sviluppati dalla Unità di Comunicazione del Ministero dell’Interno che da tempo è impegnata nel disarmo del paese, insieme a due partner strategici: il Ministero del Turismo, per i suoi stretti legami con i produttori e gli importatori di biciclette attraverso il programma di piste ciclabili e del turismo domestico e il Laboratorio Tecnologico dell’Uruguay (LATU), a capo del piano Ceibal, un progetto socio-educativo istituito dal presidente Vázquez per far sì che tutti gli studenti delle scuole pubbliche abbiano un computer.

 

E in occasione della sessione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, lo scorso 24 settembre, col suo forte discorso Mujica ha ribadito la necessità di puntare ad un mondo migliore: “Con il talento e il lavoro di squadra l’uomo può rendere verdi i deserti, coltivare il mare e mettere a punto metodi per usare l’acqua salata per l’agricoltura. Un mondo con una migliore umanità è possibile, ma forse oggi la prima priorità è salvare vite umane”, ha sottolineato Mujica.

Via le armi, avanti le bici.

Francesca Mancuso

 

Foto: Onu

Elections news MALDIVES

EODE / International Elections Monitoring / MALDIVES: LA COUR SUPREME ANNULE LE PREMIER TOUR DE L’ELECTION PRESIDENTIELLE

 EODE Press Office /

avec Belga / 2013 10 08 /

http://www.facebook.com/EODE.monitoring

http://www.eode.org/category/eode-international-elections-monitoring/international-elections-survey/ 

La Cour suprême a annulé ce lundi le premier tour, organisé le mois dernier, de l’élection présidentielle aux Maldives remporté par l’ex-chef de l’Etat Mohamed Nasheed, enjoignant qu’il ait à nouveau lieu le 20 octobre.

 “La Cour, dans une décision prise à la majorité de quatre contre trois (de ses membres), a annulé l’élection (du 7 septembre) et ordonné une nouvelle élection le 20 octobre”, a déclaré un responsable de la Cour suprême. Elle a ajouté que le deuxième tour devait se dérouler avant le 4 novembre afin que le nouveau président puisse prendre ses fonctions d’ici au 11 novembre, la date-limite fixée par la Constitution, a ajouté ce responsable.

 Les groupes locaux et internationaux d’observateurs avaient considéré que le premier tour s’était déroulé « librement et de manière impartiale ». Mais, le 23 septembre, la Cour suprême avait reporté le second tour, à l’origine prévu pour le 28 septembre, à la suite d’un recours d’un des candidats malheureux au premier tour, l’homme d’affaires Qasim Ibrahim, qui réclamait l’annulation du scrutin du 7 septembre, allégations de fraudes à l’appui.

 Le favori de l’élection, Mohamed Nasheed, 46 ans, premier président démocratiquement élu, en 2008, avant d’être renversé en février 2012, est arrivé largement en tête au premier tour, mais avec un score insuffisant (45,45%) pour l’emporter. Il devait affronter dans un second tour Abdullah Yameen (25,35% des suffrages le 7 septembre), un demi-frère de Maumoon Abdul Gayoom, un autocrate qui a régné sur les Maldives pendant 30 ans avant les premières élections libres de 2008. 

 

RETOUR SUR UNE LONGUE CRISE POLITIQUE

 Mohamed Nasheed avait qualifié de “coup d’Etat” son renversement il y a plus d’un an et demi, qui a ouvert une période troublée dans cet archipel connu pour ses plages paradisiaques et ses eaux turquoises.

 La crise de février 2012 avait été un coup de tonnerre dans l’archipel paradisiaque des Maldives, au coeur de l’océan Indien. Mohamed Nasheed, premier président élu démocratiquement, en 2008, avait du annoncer sa démission, après une mutinerie de policiers rebelles. Depuis trois semaines, des manifestants réclamaient son départ. Le vice-président Mohamed Waheed a été investi chef de l’Etat jusqu’à la fin du mandat du président démissionnaire, en novembre 2013.  « Ce sera mieux pour le pays dans la situation actuelle si je démissionne. Je ne veux pas diriger le pays d’une main de fer. Je démissionne », avait alors simplement déclaré Mohamed Nasheed lors d’une conférence de presse.

 La pression était montée lorsque des policiers rebelles s’étant joints aux manifestations d’opposants qui agitaient la capitale, Malé, depuis trois semaines. Le porte-parole de l’armée, le colonel Addul Raheem Adbul Latheef, avait déclaré que des troupes avaient utilisé des gaz lacrymogènes et des balles de caoutchouc lors de heurts avec les manifestants rassemblés devant le siège de l’armée. Des policiers rebelles avaient aussi pris le contrôle de la télévision d’Etat et commencé à diffuser une chaîne d’opposition. L’armée avait démenti qu’un coup d’Etat se soit produit dans l’archipel mais disait avoir conseillé au président de démissionner.

  Hassan Saeed, à la tête du parti d’opposition Dhivehi Quamee Party, indiquait alors avoir « demandé à l’armée de maintenir (Nasheed) en détention provisoire pour qu’il réponde de corruption et de mauvais usage du pouvoir». «Son mandat a été entaché de népotisme et de corruption et il a souvent violé la Constitution», avait-il affirmé.

 L’opposition réclamait la tête du chef de l’Etat au motif qu’il avait ordonné l’arrestation le mois dernier du président de la Cour d’assises, accusé par le pouvoir de mauvaise conduite et d’avoir favorisé des figures de l’opposition. La cour suprême et le procureur général avait demandé sa libération, en vain.

 Une délégation du département des Affaires politiques des Nations unies, menée par son sous-secrétaire général, Oscar Fernandez-Taranco, s’était rendue dans l’archipel pour négocier une sortie de crise.

 UNE SITUATION SOCIALE TENDUE

 Mohammed Nasheed, plusieurs fois emprisonné lorsqu’il était dans l’opposition, était arrivé au pouvoir en 2008 pour un mandat de cinq ans. Il était le premier président élu démocratiquement dans cet archipel de 1.200 îles de l’océan Indien plébiscité par les touristes fortunés en quête d’exotisme. Il créa en exil son parti, le Parti démocratique des Maldives, avant de revenir sur l’île en héros et de remporter 54% des voix en 2008. Son gouvernement a été régulièrement accusé de corruption et de mauvaise gestion financière et des manifestations réprimées avaient déjà éclaté au printemps 2011.

 Un fort taux de chômage parmi les jeunes, une hausse de l’extrémisme islamiste et un ralentissement de l’activité touristique en raison d’une situation économique mondiale délicate ont alimenté le mécontentement à l’égard de l’administration du président Nasheed.

 EODE Press Office

Ferrania, si alla cassa integrazione per 73 lavoratori

Il provvedimento scatterà il 18 novembre

Raggiunto stamane l’accordo tra azienda e sindacati all’Unione Industriali di Savona per la cassa integrazione alla Ferrania Solis di Cairo Montenotte. Il provvedimento scatterà il 18 novembre e durerà per tredici settimane cioè fino alla fine di febbraio e riguarderà 73 lavoratori del sito valbormidese e sarà a rotazione considerando turni di riposo e ferie. Il tavolo odierno si è svolto una settimana dopo l’ultimo incontro che in questo caso si era tenuto nella sede della Regione. Incontro che avrebbe dovuto risolvere il nodo della retribuzione flessibile, ma alla fine, nonostante la mediazione della Regione, azienda e sindacati sono rimasti sulle loro posizioni di partenza. Un nuovo vertice è in programma il prossimo 29 ottobre.
La Redazione Radio Savona Sound News Rsvn.it
http://www.rsvn.it/ferrania-si-alla-cassa-integrazione-per-73-lavoratori.lits5c33786.htm

siamo tanto ricchi e con lavoro per tutti….

THE RUSSIAN FLEET IN ARCTIC

EODE-TV/ GEOPOLITICAL CHALLENGE: THE RUSSIAN FLEET IN ARCTIC

 Luc MICHEL for EODE-TV/

with RT – RIA Novosti / 2013 10 07 /

https://www.facebook.com/EODE.TV

https://vimeo.com/eodetv

http://www.eode.org/ 

Northern Russian Fleet carries out military exercise in the Barents sea …

In a climate of tension, including the anti-Russian campaign of the NGO Greenpeace to serve Western interests. The Arctic is a major geopolitical challenges of the twenty-first century and the West are challenging the rights of Russia ... 

Video of RT on:

https://www.facebook.com/photo.php?v=1419031534981675

 Missile launches were carried out in the Barents Sea by the Northern Fleet to test the readiness of shipboard and shore-based missile systems on Friday, said the Russian Defense Ministry. According to the exercise plan, targets located at a distance of 60 to 400 kilometers were successfully hit by rockets “Granite”, “Mosquito” and “Malachite”.

 EODE-TV / EODE Press Office

 

Lampedusa et Kadhafi

LUCMICHEL. NET/ LAMPEDUSA : LES FRUITS EMPOISONNES DE LA DESTRUCTION DE LA JAMAHIRIYA LIBYENNE DE KADHAFI

 Luc MICHEL / En Bref /

avec ELAC Website – PCN-SPO / 2013 10 07 /

Lampedusa : l’UE et l’Afrique payent la trahison de Kadhafi – allié de l’UE, soutien de l’Euro, initiateur de l’Union africaine ce grand partisan des unités africaine et européenne – et la destruction de la Jamahirya libyenne par l’OTAN et ses alliés djihadistes en Février-octobre 2011.

 La prophétie de Kadhafi au début du coup d’état insurrectionnel de février 2011 en Libye se concrétise. Hélas ! Une Libye fantoche recolonisée, la puissance publique aux mains des milices djhihadistes libyennes au racisme anti-noir affirmé, des vagues d’immigrants affolés et désespérés … Et le drame de Lampedusa en annonce bien d’autres. Car aux vagues d’africains désespérés, issues des guerres civiles et étatiques que l’Occident entretient en Afrique, s’ajoutent les milliers de Libyens qui fuient la violence et la répression des alliés et fantoches des USA installés au pouvoir par l’OTAN à Tripoli.

 Que sait-on des victimes de Lampedusa ?

La plupart venaient d’Ethiopie et d’Erythrée – les USA ayant provoqué jadis l’éclatement de l’Ethiopie et la sécession de sa province d’Erythée. RFI – un de ces médias de l’OTAN qui ont applaudi à la chute de la Jamahiriya – explique leur long chemin « Des bidonvilles de Khartoum vers la Libye ». « Les plus chanceux parviennent jusqu’aux bidonvilles de Khartoum, où ils ont la possibilité de gagner un peu d’argent dans des emplois subalternes. Avec leurs économies, ils payent leur place dans des convois de 4×4 trafiqués qui foncent à travers le Sahara vers la Libye, passant de mains en mains selon les milices qui tiennent les régions traversées (…) victimes de la traque par les rebelles des prétendus « mercenaires noirs »  (…) Ceux qui échappent aux rafles s’entassent au hasard de la côte, sous le contrôle de mafias locales, en attendant de pouvoir s’offrir une place sur l’un de ces bateaux destinés à être perdus, en route vers les côtes italiennes ou maltaises. Ils sont alors entassés à bord, les uns sur les autres, enroulés dans des parkas ou des couvertures. Ils remettent leur vie entre les mains d’un pilote désigné par les trafiquants, lequel est la plupart du temps un quidam qui cherche aussi à demander l’asile en Europe. Les rafiots prennent la mer de nuit, avec pour seuls guides une boussole et un téléphone portable. »

 Derrière leur drame, un désespoir sans limite. « Si je rentre en Erythrée, c’est la mort, lui a répondu ce dernier. Si je reste en Libye, c’est la mort. Alors, la seule chance qui me reste, c’est de prendre la mer, quoi qu’il arrive » affirme un réfugié à RFI …

 La destruction de la Jamahiriya – qui accueillait des millions d’Africains, brisait les mafias et surveillait les côtes – a été un crime. Un crime de masse qui n’a pas fini de faire des victimes ! Et ses complices, les politiciens de l’UE et de l’OTAN, sont les mêmes qui aujourd’hui donnent encore et toujours des leçons de morale humanitaire. A commencer par les Vert-kakis, premier fourriers de l’agression de 2011 …

 Luc MICHEL

 (illustration : Un dessin de Dilem qui résume tout …)

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 Luc MICHEL /

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