La “riforma del lavoro” annullata da arzigogoli burocratici e dalla fine della produzione

ma come i sindacati si sono tanto raccomandati di non interrompere l’esperienza Letta che stava facendo cose inenarrabili in favore dei lavoratori….vedi comunicato...vedere anche la felicità espressa per la fiducia  http://www.uilm.it/upload/contenuti/5554/20131001_stampaRPfiduciaLetta.pdf

Lunedì 3 ottobre saranno andati ad intascare una ricompensa dal Letta?

Lavoro nazionale: il tracollo
“Pagare un debito di moneta con altra moneta è impossibile, a lungo andare si paga con i propri beni o con il proprio lavoro non retribuito, quindi con la schiavitù” (G. Auriti)
I lavoratori italiani, già quotidianamente vessati, pesantemente tassati, costretti a condizioni lavorative e a una legislazione ai limiti dello sfruttamento, privati delle tutele sociali e lasciati in balia di un mercato del lavoro sempre più regolato dagli squali del liberismo più selvaggio, gradirebbero almeno non essere presi in giro.
E’ infatti da più parti sollevato, con un’enfasi sempre crescente che coinvolge addirittura la grande stampa, il problema per cui ogni innovazione nel campo della legislazione sul lavoro che in teoria potrebbe migliorare la drammatica situazione occupazionale e che potrebbe sgravare le aziende italiane da una pressione fiscale senza precedenti, questa regolarmente viene imbrigliata da invalidanti arzigogoli burocratici o dalla pressoché completa impossibilità di attuazione pratica.
La legge, insomma, come spesso accade in questa nazione, si perde nei rivoli delle disposizioni attuative, delle circolari interpretative, della disposizioni operative. E anche quando questa riesce ad uscire incolume da questo girone infernale, risulta completamente priva dello spirito originario con cui era stata formalmente concepita.
L’ultima riforma del lavoro, recentemente convertita con la Legge 99/2013, non è sfuggita a questo mesto destino, al pari di tutti gli altri provvedimenti di natura giuslavoristica degli ultimi tempi: il lavoro “a chiamata” e il lavoro “accessorio” (i c.d. “voucher”) restano come un tempo degli escamotage per ricorrere legalmente al lavoro nero, gli incentivi all’assunzione di donne e ultracinquantenni sono più o meno il calco di vecchie preesistenti normative,  l’erogazione degl’incentivi all’assunzione di giovani sotto i ventinove anni è subordinata alla disponibilità di risorse stanziate dal Piano di riprogrammazione.
Tutti questi “incentivi”, tutte queste “agevolazioni” (ma anche quelle sui tirocini, quella sulla “staffetta generazionale”) sono inoltre vincolate dal possesso di una innumerevole serie di requisiti e condizioni, nonché imbrigliate da una scarsa disponibilità di risorse.
Nonostante quindi il solito strombazzato “decreto”, il lavoro in Italia continuerà, salvo ulteriori peggioramenti, a essere regolato dal precariato, dallo sfruttamento, dalle basse retribuzioni e dal largo ricorso al “nero”.
E’ d’altronde impossibile, come costantemente rilevato dagli istituti statistici e come talvolta ammesso dagli stessi uomini del governo, rilanciare l’occupazione e restituire dignità ai lavoratori se le fabbriche, le attività commerciali, le aziende di ogni tipo chiudono. Nessun “decreto” potrà cambiare alcunché se i capannoni sono serrati.
E’ notizia di questi giorni, mentre il Paese si interpella su come servire i pasti a tavola senza indispettire la presidentessa della Camera, che il 62% delle piccole e medie imprese è stata costretta a chiedere prestiti alle banche per poter pagare le imposte (!). Quelle banche, vere responsabili della “crisi”, che riescono a lucrare anche sulla povertà.
26 Settembre 2013
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La “riforma del lavoro” annullata da arzigogoli burocratici e dalla fine della produzioneultima modifica: 2013-10-07T09:17:01+02:00da davi-luciano
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