100 giorni senza lavoro: manifestazione dei dipendenti della cooperativa Ottagono davanti al Comune di Imperia

altri choosy che non vogliono lavorare. Per fortuna arrivano risorse da fuori a supportare la ripresa di Saccomanni

Nel corso della mattinata odierna, una delegazione dei nove manifestanti, insieme ai rappresentati sindacali sarà ricevuta dal Prefetto Fiamma Spena.

Nuova protesta questa mattina da parte dei lavoratori della cooperativa Ottagono. In nove si sono presentati di fronte al comune di Imperia per chiedere di poter lavorare, come facevano prima, nell’ambito della raccolta e smaltimento dei rifiuti nel comprensorio di San Lorenzo al Mare.

 Massimo Scialanca, della Fisascat Cisl, ha così commentato la situazione: “Abbiamo avuti diversi incontri con il Comune e con il Prefetto. In questo caso eravamo usciti con un accordo che avrebbe garantito l’occupazione attraverso la ‘Tra.De.Co.’ ma siamo arrivati ora ad oggi, dopo un mese, con i lavoratori a spasso e senza retribuzione”. Ieri un’altra riunione senza nessuna risultanza: “Ieri siamo usciti amareggiati dalla riunione perchè, alla presenza del Sindaco di San Lorenzo ed esponenti del Comune di Imperia, tra i quali ci sono differenze di vedute sulla situazione”. Nei giorni scorsi si è parlato di un progetto del Comune di Imperia: “Si tratterebbe di un progetto per la raccolta differenziata, ma non c’è nulla di concreto. Noi abbiamo chiesto fin dall’inizio l’assunzione della ‘Tra.De.Co.’ perchè c’è un’interpretazione sbagliata della Legge, mentre loro hanno sempre sostenuto il contrario. Abbiamo anche cercato di dare un po’ di flessibilità, affinchè venissero assunti, ma oggi non abbiamo nulla”.

 Da oltre 3 mesi i nove su dodici (tre hanno scelto di adire alle vie legali, ndr) sono senza lavoro e stipendio. Nella giornata di ieri c’è stata anche una riunione con i sindacati ma secondo i dipendenti non avrebbe portato a significative novità. Nel corso della mattinata odierna, una delegazione dei nove manifestanti, insieme ai rappresentati sindacali sarà ricevuta dal Prefetto Fiamma Spena.

200 lavoratori in meno anche al casinò……

200 lavoratori in meno anche al casinò……tutti choosy

 Economia

Casinò, proclamato lo stato di agitazione. “Devono cambiare metodi e contenuti”

 Aosta – A proclamarlo sono state ieri sera le segreterie della Cgil, Cisl, Uil e Ugl dopo la riunione con gli oltre 200 lavoratori del turno notte. I sindacati torneranno a sedersi al tavolo con l’azienda ma chiedono “nuovi metodi e contenuti”.

 

Il casinò di Saint-Vincent

 E’ stato di agitazione alla Saint-Vincent Resort&Casinò di Saint-Vincent. A proclamarlo sono stati ieri sera le segreterie della Cgil, Cisl, Uil e Ugl dopo la riunione con gli oltre 200 lavoratori del turno notte. “Torneremo la prossima settimana a sederci al tavolo con i vertici aziendali  – spiega il Segretario della Cgil, Domenico Falcomatà – ma deve cambiare il metodo di lavoro e anche i contenuti vanno rivisti. Nell’ultimo incontro l’azienda ci ha messo davanti a due opzioni, la firma immediata dall’accordo quadro o lo spettro di un licenziamento collettivo. Il metodo è inusuale e soprattutto è sospetta la fretta con cui la Saint-Vincent Resort&Casinò di Saint-Vincent si sta muovendo. Non firmeremo mai degli accordi a scatola chiusa perché rischieremmo di impegnarci senza conoscere nel dettaglio le implicazioni delle richieste”. E Riccardo Monzeglio, segretariodella Cisl –  la prima sigla sindacale a proclamare lo stato di agitazione, pochi giorni dopo la presentazione del piano aziendale –  aggiunge: “Bisogna ripartire da un nuovo documento. Siamo disponibili a ragionare per arrivare a un nuovo testo ma vogliamo tutti i conti in tavola perché questa situazione non possono pagarla solo i lavoratori”.

 La prossima riunione è in programma martedì 8 ottobre ma per impegni precedenti dei sindacati sarà rinviata (Ndr al tavolo siederà anche il Savt che ieri ha avuto mandato dai lavoratori di proseguire le trattative). Cgil, Cisl, Uil e Ugl torneranno nel frattempo mercoledì ad incontrare in assemblea i lavoratori degli altri turni. Ieri sera, riferiscono i sindacati, è emersa una forte preoccupazione da parte dei dipendenti per le sorti dell’azienda. “Certo percepivano, vedendo ad esempio le sale da gioco vuote, una situazione di difficoltà –  – sottolinea Falcomatà –  ma non il disastro presentato nei giorni scorsi e fino a pochi mesi fa negato dall’Amministratore unico, ma anche dal Presidente della Regione”. I lavoratori hanno chiesto quindi ai sindacati di tenersi pronti ad uno sciopero nel caso in cui le trattative dovessero fallire.

 Cosa dice l’accordo quadro

Le tre pagine circa dell’accordo quadro, presentato dall’azienda ai sindacati, scandiscono le tappe del percorso di riorganizzazione aziendale. In particolare la richiesta alle parti sociali è di stipulare accordi entro il 3 ottobre per acquisire informazioni sulla posizione dei lavoratori che hanno maturato il diritto alla pensione e di verificare l’esistenza di eventuali ammortizzatori sociali, anche avviando “immediatamente un confronto con gli organi competenti della Regione”.

 Ai sindacati viene poi chiesto di stipulare un accordo sindacale che preveda, quale criterio di scelta per l’effettuazione dei licenziamenti, “l’avvenuta maturazione dei requisiti di età e contribuzione per il trattamento pensionistico di vecchiaia o anticipata ex legge 214 del 2011 e successive modifiche nel periodo 31 dicembre 2013 – 31 dicembre 2016 (periodo in cui saranno ripartite le risoluzioni)”.

 Entro il 30 novembre le parti devono poi cercare “strumenti incentivanti la sospensione del lavoro finalizzata all’attesa del diritto alla pensione” mentre entro il 1° di novembre “il personale della Casa da gioco deve essere inquadrato in un unico contratto collettivo aziendale di lavoro”.

 Prima ancora, ovvero entro il 30 ottobre, “si dovranno rendere operativi per tutte le unità produttive strumenti atti ad assicurare il contenimento dei costi, il miglioramento dell’organizzazione, una migliore gestione del rapporto di lavoro”.

 Infine entro il 31 marzo 2014, azienda e sindacati definiranno un nuovo contratto di lavoro per i dipendenti assunti successivamente alla stessa data presso la casa da gioco.

 La clausola finale: se gli impegni dell’accordo non verranno realizzati integralmente, (Ndr l’unica eccezione è per il nuovo contratto da definire entro il 31 marzo) e con le tempistiche delineate, la Saint-Vincent Resort&Casinò di Saint-Vincent  “si ritiene libera di avviare ogni ulteriore iniziativa di legge e di contratto in relazione alla già dichiarata situazione di esubero e alle necessità riorganizzative e riduzione costi”.

 di Silvia Savoye

 05/10/2013

http://www.aostasera.it/articoli/2013/10/5/28805/casino-proclamato-lo-stato-di-agitazione-devono-cambiare-metodi-e-contenuti

Faram, finanziamenti congelati, I dipendenti davanti ai cancelli: «Gli ordinativi ci sono, manca la liqui dità, vogliamo lavoro e salario»,crisi. faram

di Enzo Favero

GIAVERA. In 100 davanti ai cancelli con striscioni, bandiere del sindacato, volantini.
La crisi. Ieri i dipendenti della Faram, sia della fabbrica di Giavera che di quella di Spresiano, hanno presidiato fuori dai cancelli dell’azienda di Giavera, appartenente al gruppo Mio, per dimostrare contro la mancata corresponsione degli stipendi e l’assenza di un piano industriale che faccia capire quale futuro abbia la ditta di mobili per ufficio. Il sit-in è durato tutto il giorno davanti ai cancelli, oggi invece i lavoratori saranno in Provincia. Alle 11 sindacati, rsu, proprietà, sindaci di Giavera e Spresiano, presidente della Provincia Muraro, assessore alle politiche del lavoro Noal siederanno a un tavolo per cercare di trovare una soluzione alla critica situazione che si è creata. Si guarda alle decisioni delle banche, che stanno ancora valutando la richiesta di finanziamenti, perché, a quanto risulta, la crisi della Faram è una crisi di liquidità, non di ordinativi.
Gli slogan Erano arrabbiati gli operai ieri fuori dai cancelli. Arrabbiati perché da qualche mese non vedono soldi e perché è da dicembre che attendono di capire cosa accadrà alla Faram. «Lavoratori in lotta per il lavoro», recitava uno striscione appeso alla recinzione. «La crisi la devono pagare i padroni», diceva un altro. Ed erano questi i leit motiv nei discorsi degli operai in presidio fuori dei cancelli dello stabilimento di Giavera.
I soldi e la rabbia. «Gli impiegati attendono il salario da giugno, gli operai tre mensilità», spiega un lavoratore, «c’è chi avanza 3-4mila euro e ha il mutuo da pagare. Tra noi c’è chi non ha pagato l’assicurazione perché non ha nemmeno i soldi per comprarsi da mangiare». «È da dicembre che la situazione non va», aggiunge un altro, «È diventato di moda far lavorare senza pagare. Certo la crisi è stata innescata dai grandi, ma a pagarla sono i piccoli dell’indotto e soprattutto gli operai». «Nemmeno il conguaglio Irpef di luglio abbiamo visto, vogliamo sapere che fine hanno fatto le quote del fondo pensione che hanno trattenuto dalle nostre buste paga», affermano, «persino le scarpe antinfortunio abbiamo dovuto comprarci, perché l’azienda non ce le passava più».
Il silenzio dell’azienda. Da giorni gli operai entravano in fabbrica, una volta all’interno incrociavano le braccia e si rifiutavano di lavorare in mancanza di salario e di piano industriale, attendevano un segnale dalla proprietà: dal gruppo portogruarese Mio, invece nulla. «È da giovedì scorso che la proprietà non si fa sentire», spiegano, «e l’altro ieri le banche hanno fatto sapere che hanno bisogno di ulteriore tempo per valutare la richiesta di finanziamento». Così ieri, dopo giorni di presidio interno, hanno spostato la protesta all’esterno, sotto gli occhi della gente che passava per la Schiavonesca. Con tanta rabbia espressa da un volantino che iniziava così: «Basta con le menzogne e i ricatti. I lavoratori della Faram pretendono dignità, lavoro e salario». E lo dicono in 180, tanti sono i dipendenti occupati tra Giavera e Spresiano.
04 ottobre 2013
http://tribunatreviso.gelocal.it/cronaca/2013/10/04/news/faram-finanziamenti-congelati-1.7864873

Nordest, i giovani scappano all’estero: Veneto seconda regione per emigrazione

ma non era ricco il nord est e pieno di tanti evasori? 

Partite oltre 14mila persone, soprattutto giovani laureati Record ad Arsié: se n’è andato il 79% dei cittadini

di Daniela Boresi

 VENEZIA – Si accende la voglia di partire. Che sia per la crisi, o semplicemente per il desiderio di cambiare vita e darsi nuove opportunità, gli abitanti del Nordest hanno ripreso la valigia. Ma se l’Italia la percentuale cresce sensibilmente a Nordest è da record, con il Veneto che risulta essere la seconda regione italiana per emigrazione: del biennio 2012-2013 sono lievitati di 14.195 (dalla Lombardia +17.573) chi ha deciso di lasciare la propria terra. Nordest è così la seconda area per emigrazione d’Italia dopo il Centro (seguita dal Nordovest, dalle Isole e dal Sud). Un Nordest che esporta cervelli, ma non solo: se infatti quasi la metà di chi se ne va ha un titolo di studio spendibile, l’altra metà si butta sulle professioni manuali.

 Sono infatti cresciuti, in modo consistente, gli espatriati con licenza media inferiore (erano lo 0,3% nel 2010, sono il 24,4% nel 2011) diretti soprattutto in Germania e in Svizzera. Un flusso che fa tornare alla mente gli spostamenti degli anni ’50. Ad andarsene, ora anche verso la Cina meta emergente, è a livello nazionale circa il 3.1 per cento in più rispetto al 2012.

 Emigrati che naturalmente non hanno più la valigia di cartone, come emerge dal Rapporto della Fondazione Migrantes: il 22% di chi parte è laureato, il 28% è diplomato e le prime regioni a perdere petali sono proprio le locomotive d’Italia (Lombardia e Veneto), seguite dalla Sicilia.

 Quindi si va via a caccia di una opportunità, oppure per concludere gli studi: cresce infatti anche il numero di ragazzi che sceglie di studiare all’estero (decisione onerosa, ma spesso legata all’impossibilità di entrare in facoltà come Medicina o Odontoiatria). Ma non tutto il Veneto è uguale. Arsiè, piccolo paese del Bellunese detiene in Italia un record: il 79 per cento della popolazione se ne è andata all’estero, lo stesso Lamon (Belluno), ha il 68,1; Fonzaso (sempre nel Bellunese) 60,1 per cento.

 Percentuale elevata anche per Cordignano, comune del Trevigiano dove ha fatto preso il biglietto il 32 per cento della popolazione. Tra i capoluoghi la percentuale maggiore è registrata da Belluno, seguita da Treviso, Venezia, Padova, Verona e Vicenza. Il Friuli Venezia Giulia non registra “picchi” così elevati come quelli veneti.

 Caneva, in provincia di Pordenone, la percentuale dei “migranti” è vicina al 36 per cento, a San Giorgio della Richinvelda (Udine) del 30. Bassa nei capoluoghi: 12,2 a Trieste, 8,8 a Gorizia, 6,3 a Pordenone e 5,8 a Udine. E dove si va? I friulgiuliani preferiscono l’Argentina, seguita dalla Francia e dalla Svizzera, i Veneti il Brasile, con a ruota Svizzera e Argentina. Nel biennio 2012-2013, anche per il Nordest spicca il trend positivo dell’Asia (+8,6%), una meta che inizia ad essere appetibile per motivi di studio e per il commercio.

 Sabato 05 Ottobre 2013 – 17:17    Ultimo aggiornamento: 17:22

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http://www.ilgazzettino.it/nordest/primopiano/nordest_i_giovani_scappano_alestero_veneto_seconda_regione_per_emigrazione/notizie/335437.shtml

Pure la misericordia licenzia….quanto lavoro per tutti eh?

pure la misericordia licenzia….quanto lavoro per tutti eh?Misericordia, interviene la Regione: “Ritirare i licenziamenti: ricorso alla cig in deroga”

L’assessore al lavoro Gianfranco Simoncini ha incontrato i vertici dell’Arciconfraternita sottolineando l’importanza di salvaguardare i lavoratori. I rappresentanti della Misericordia si sono impegnati a valutare la proposta

  Redazione · 4 ottobre 2013

Storie Correlate

Una formale richiesta agli organi dirigenti della Misericordia di Pisa perchè ritiri i 39 licenziamenti. E’ quanto ha proposto l’assessore al lavoro Gianfranco Simoncini ai rappresentanti della Confraternita, convocati oggi in Regione insieme alle organizzazioni sindacali e alle istituzioni pisane (Comune e Provincia di Pisa).

 “Prendendo atto delle difficoltà prospettate dall’azienda – spiega l’assessore – abbiamo fatto presente che l’esigenza di un programma di ristrutturazione non può prescindere dalla sua sostenibilità sul piano sociale. Per questo abbiamo ricordato, demandando ad eventuali accordi in sede sindacale, la possibilità di fare ricorso alla Cassa integrazione in deroga in alternativa alla mobilità. Uno strumento che, associato ad altri di cui disponiamo, darebbe più tempo per l’attuazione del programma.”. I rappresentanti della Misericordia hanno preso atto della proposta e si sono impegnati ad ulteriori approfondimenti.

http://www.pisatoday.it/cronaca/misericordia-pisa-incontro-regione-4-ottobre-2013.html

Immigrati, al di là di buonismo e razzismo

di Luciano Fuschini – 04/10/2013
Fonte: ilribelle.com
Il Mediterraneo, culla di civiltà, è diventato voragine infernale. Proviamo a ragionare su quanto è successo, evitando il buonismo catto-progressista e le reazioni irrazionali. Da sempre le nazioni difendono i loro confini. Da sempre violare i confini è reato grave, è aggressione, è invasione. Ciò che è sempre stato avrà pure una ragion d’essere.
L’Italia meridionale è il confine dell’Europa dal lato dell’Africa e del Medio Oriente. Pertanto è dovere dell’Italia e dell’Europa impedire che quel confine sia sistematicamente violato. Non ci vorrebbe molto. Negli anni Novanta l’invasione veniva dall’Albania: quel flusso si è completamente interrotto. Perché non si prendono misure adeguate verso l’immigrazione afro-asiatica? L’Italia dovrebbe ritirare le forze impegnate nelle missioni di pace al servizio dell’Impero e utilizzare i soldi così risparmiati per un pattugliamento sistematico delle coste meridionali del Mediterraneo, pretendendo la partecipazione degli altri Paesi UE che si affacciano su quel mare e un contributo finanziario della Comunità. Non dovrebbe essere impossibile un’azione di pattugliamento notte e giorno con motovedette veloci operanti appena fuori dai limiti delle acque territoriali dei Paesi costieri. I satelliti artificiali e gli aerei da ricognizione non avrebbero la minima difficoltà a individuare subito i barconi e a segnalare le coordinate alle navi militari. A questo punto si procede all’abbordaggio, si catturano gli schiavisti che speculano sul carico umano e li si trascina davanti a una corte marziale, che prevede anche la pena di morte, rispedendo subito indietro i disgraziati stipati nei barconi. Pochi esempi di inflessibilità, respingimenti sistematici, e il traffico sarebbe stroncato.
Perché non si fa? Per i condizionamenti del buonismo, certo, ma si può sospettare altro. Non sarà che quel traffico di carne umana dà ingenti profitti, che finiscono poi nelle Banche e nei Mercati (da scrivere rigorosamente con la maiuscola che si deve alle divinità)? Non sarà che quella massa di immigrati rientra nel calcolo che consiste nella demolizione dei diritti dei lavoratori europei e nell’abbassamento generalizzato dei salari?
Ecco la responsabilità della “sinistra”: fermarsi al dolciastro del dovere di accoglienza,senza scavare nelle cause di un fenomeno epocale di gravità, questa sì, storica, altro che il dibattito sulla fiducia al governo Letta. Nel contempo, mentre si dovrebbero prendere le misure drastiche di difesa dei confini, non si può venir meno all’obbligo di regolarizzare chi vive e lavora da noi.
Fermo restando che la clandestinità è un reato, perché non dare la cittadinanza a figli di emigrati che sono nati in Italia e vi hanno frequentato la scuola dell’obbligo? Perché non concedere la cittadinanza a emigrati che lavorino regolarmente in Italia ininterrottamente da un certo numero di anni, pagando le tasse, e ne facciano esplicita richiesta? Non sono molti in queste condizioni e chi le può dimostrare spesso non è interessato a restare a lungo in Italia. I più, soprattutto provenienti dall’est europeo, ma anche dall’Africa, vogliono soltanto accumulare un po’ di risparmi per tornare nel loro Paese. Molti ci odiano, si sentono umiliati dalla loro condizione e da come li trattiamo, non hanno intenzione di restare sempre qui. Sono considerazioni di buon senso, quello che manca a tanti leghisti e tanti paranoici che vorrebbero le squadracce punitive a caccia di neri, cinesi e islamici (l’avversione per il rumeno stupratore è passata un po’ di moda, per il momento).
Dunque, regolarizzare quella minoranza che ne ha diritto e respingere l’invasione.Questo dovrebbe fare un’Europa che fosse qualcosa di più e di meglio di quell’agglomerato informe al servizio dei banchieri che è. Ma poniamoci anche qualche interrogativo sulla disperazione di quei disgraziati che prima o poi saremo pur costretti a respingere. Fino a pochi anni fa erano rarissimi i libici e i siriani che sbarcavano clandestinamente sulle nostre coste. Ora sono migliaia. Semplicemente è successo che vivevano in Stati con un forte potere centrale che garantiva condizioni di vita dignitose. Noi abbiamo disintegrato quegli Stati, nell’interesse dell’Impero e di Israele. Sarà il caso di dire finalmente che noi stiamo subendo un’invasione dalle carrette del mare, ma a loro volta quei popoli subiscono l’aggressione dei nostri bombardieri e il ricatto della nostra finanza.
Anche quando non li abbiamo massacrati con le bombe, abbiamo devastato la loro economia di sussistenza, povera ma pur sempre adatta alla vita tradizionale di quelle genti, trascinandola nel vortice di una concorrenza internazionale che non possono reggere. Non hanno bisogno della carità pelosa delle associazioni no profit (saranno veramente tali?) nè di aiuti che in realtà sono prestiti da restituire con gli interessi. Avrebbero bisogno di non subire il nostro modello.
Ecco dunque che ragionando un po’ sulle cose da farsi, senza fermarsi all’invettivacontro le ministre progressiste, scopriremmo che la soluzione alla tragedia che ogni giorno si annuncia nei nostri mari e che sconvolge la società europea, è nientemeno che l’esigenza di cambiare il mondo.
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=46336

Vitalizi d’oro, ecco chi li prende: Cicciolina, Benetton, Fini, Bertinotti.

Pubblicato il 4 ottobre 2013
di Redazione Blitz

Il Giornale: “Fini e Bertinotti uniti per tenersi gli uffici in Parlamento”
Camera, rimborsi per i viaggi: 800mila euro l’anno per gli ex onorevoli
La Camera non rinuncia all’arredatrice: 82mila euro l’anno
All’onorevole tocca il contributivo. Taglio allo stipendio entro gennaio
Fini e Schifani convocano gli uffici di presidenza per la riforma dei vitalizi

ROMA – Da Cicciolina a  Luciano Benetton, passando per cantanti come Gino Paoli, e condannati per reati legati al terrorismo come Toni Negri. Poi ovviamente i politici di professione. Sono tutti  nell’elenco pubblicato dall’Espresso online e che dà conto dei vitalizi cosiddetti d’oro spunta una ridda di nomi e sono, a conti fatti, almeno in venti a incassare ogni mese oltre 6mila euro di pensione (il primo in classifica è Roland Riz, politico e giurista italiano che per un breve periodo è stato segretario della Suedtiroler Volkspartei (con 6.331 euro per 35 anni di vita parlamentare).
Assegni pesanti dunque e che però a partire dal 2012 sono diventati un pò più leggeri con l’introduzione del sistema contributivo anche per gli onorevoli. Scorrendo la lista fornita dalla Camera e dal Senato (che appare incompleta dato che non si riesce a rintracciare un noto personaggio come Ciriaco De Mita o l’ex presidente della Camera Irene Pivetti) spuntano i personaggi più diversi: ex pornostar come Ilona Staller con una pensione di circa 2mila euro, ma anche imprenditori come Vittorio Cecchi Gori (3.086), Antonio Matarrese (4.346), Francesco Merloni (5.717) o Luciano Benetton (2.191). E grandi avvocati: si va da Alfredo Biondi (6.186) a Gaetano Pecorella (3.985), da Maurizio Paniz (3.672) a Antonino Mormino (2.855) fino a Lorenzo Acquarone (5.125). Spazio poi al mondo della cultura con Eugenio Scalfari (2.162) e Claudio Magris (2.183), Rossana Rossanda 2.016 e Alberto Asor Rosa (2.016).
E ovviamente la politica, recente e passata. Molti dei cosiddetti big infatti oggi prendono una pensione: Walter Veltroni ogni mese incassa 5.373, Massimo D’Alema si attesta a 5.283, Francesco Rutelli a quota 5.755, Piero Fassino si deve accontentare di 5.086. Un po’ più alta la pensione di un altro leader storico, il radicale Marco Pannella (5.691 euro).
Nel centrodestra, Gianfranco Fini incassa 5.614 euro e oltre 4mila euro vanno a Gianni Alemanno. Assegno sostanzioso da 5.115 per un altro leader politico da tempo lontano dalla scena come l’ex ministro ed esponente dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio. Idem per l’ex leader di Rifondazione e ex presidente della Camera Fausto Bertinotti (4.767) e per Marco Rizzo dei Comunisti Italiani (4.684).
Vitalizio per i tre nomi che sono stati in lizza per diventare presidenti della Repubblica: Romano Prodi (2.864), Franco Marini (oltre 5.800 euro) e Stefano Rodotà (4.684). E oltre 5mila euro prende anche il Giudice costituzionale Giuliano Amato. Andando più indietro nel tempo spuntano anche Achille Occhetto (5.860), Pietro Ingrao (5.686), Claudio Martelli (4.684) e Rosa Russo Jervolino (5.403), nonché la prima donna ministro Tina Anselmi (5.966).
Infine corposo il gruppo dei ‘condannati’. Incassano il vitalizio sia i condannati per reati legati al terrorismo come Massimo Abbatangelo e Toni Negri (rispettivamente 4 e 2mila euro al mese), sia politici travolti da tangentopoli vecchie e nuove come Francesco De Lorenzo (poco meno di 4mila), Arnaldo Forlani (5.691), Pietro Longo (4.684), Franco Nicolazzi (5.769), Aldo Brancher (3.212), Marcello Dell’Utri(4.424).
http://www.blitzquotidiano.it/politica-italiana/vitalizi-doro-ecco-chi-li-prende-cicciolina-1683772/

TRUFFA, CORRUZIONE E FALSO DENUNCIATI 5 SAGGI DI NAPOLITANO (Antonio Massari) 5 ottobre

PER LA PROCURA DI BARI 38 PROFESSORI HANNO CREATO UN’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE PER PILOTARE I CONCORSI PER DOCENTI NEGLI ATENEI ITALIANI

In quali mani è la nostra Costituzione? Una risposta ce l’hanno i pm e gli investigatori della Guardia di Finanza che, sull’asse Roma–Bari, indagano con la procura di Bari: cinque “saggi”, incaricati dal presidente Napolitano di riformare la Carta Costituzionale, sono stati denunciati dalla Gdf per truffa, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e falso ideologico.

L’inchiesta conta ben 38 persone al momento denunciate: docenti accusati d’aver costituito un’associazione per delinquere che ha pilotato, negli ultimi tre anni, i concorsi per diventare professori nelle università italiane. Tra loro anche i cinque “saggi” Augusto Barbera e Giuseppe de Vergottini dell’università di Bologna, Carmela Salazar dell’’Università di Reggio Calabria, Lorenza Violini dell’Università di Milano e Beniamino Caravita della Sapienza di Roma. Quest’ultimo ha subito una perquisizione già due anni fa. Ma secondo il suo legale, Renato Borzone, il professor Caravita “non ha alcuna responsabilità e, a giudicare dal numero di proroghe, l’indagine dovrebbe essere già conclusa”.

In realtà siamo in fase d’indagine preliminare, quindi tutti gli eventuali reati sono da accertare nelle sedi giudiziarie, ma lo spaccato che emerge dall’inchiesta appare da un lato desolante, dall’altro devastante, per l’intera università italiana. E non solo. Mentre erano in corso le indagini, infatti, ben 5 denunciati sono stati elevati al rango di saggi della Repubblica, con incarico conferito direttamente dal presidente Napolitano. E oggi, alla luce dell’inchiesta, possiamo rileggere alcune cronache dell’epoca: “Se si dà retta alle indiscrezioni – scriveva la Stampa – Napolitano pare abbia personalmente depennato svariati nomi che non gli sembravano consoni al ruolo o comunque all’altezza della sfida istituzionale”. Oppure il Foglio: “Trentacinque prof. d’obbedienza quirinalizia per fiancheggiare Letta e attutire le intemperanze dei partiti”, titolava, menzionando una frase del Presidente – “Ricordatevi che la vostra non sarà una lotta tra guastatori e difensori della purezza costituzionale” – e aggiungendo: “Li ha coccolati con lo sguardo mentre li ha accolti al Quirinale, tutti e trentacinque quanti sono questi suoi professoroni costituzionalisti, il meglio degli atenei d’Italia, i suoi “saggi”, lo strumento ricorrente e permanente della politica presidenziale di Giorgio Napolitano…”. Cinque di loro, però, sono finiti denunciati nell’inchiesta condotta dal pm di Bari Renato Nitti, in collaborazione con la Guardia di Finanza, e le accuse sono piuttosto dure.

L’inchiesta nasce quattro anni fa, nel 2009, quando Nitti indaga su un concorso bandito dall’Università telematica Giustino Fortunato. È quello il primo momento in cui, la procura barese e la Gdf, incappano nelle vicende dell’istituto di diritto Costituzionale. Gli investigatori intercettano il professor Aldo Loiodice, che è professore ordinario di Costituzionale ed è anche il rettore della Giustino Fortunato, ma nel frattempo interviene la riforma dell’ex ministro Gelmini, che cambia le regole del concorso. Il localismo è destinato a finire: nasce una super commissione nazionale, per ogni singolo istituto universitario, che dovrà poi nominare i futuri professori. Il primo concorso dovrebbe chiudersi proprio nelle prossime settimane.

La Finanza, nel frattempo, ascolta in diretta telefonate e strategie dei docenti, che si confrontano con il modello Gelmini, e scopre il tentativo di far eleggere, nella commissione nazionale, professori ritenuti avvicinabili: lo scopo, secondo l’accusa, è quello di manipolare i concorsi e pilotare le nomine. I 38 denunciati – tra loro anche Annamaria Bernini e Federico Gustavo Pizzetti di diritto pubblico comparato – appartengono a ben 8 diverse università. Gli istituti finiti nel mirino degli investigatori, per il concorso in questione, sono tre: diritto Costituzionale, diritto Canonico ed Ecclesiastico e diritto Pubblico Comparato. Il professor Augusto Barbera nega qualsiasi coinvolgimento: “Non potevo ricevere pressioni, poiché non sono in commissione, e non ne ho esercitate, quindi non capisco in che modo possa essere coinvolto. Se qualcuno ha fatto il mio nome a sproposito non posso saperlo. Posso soltanto dire di essere estraneo alla vicenda. Con la riforma Gelmini, poi, gli accordi non sono possibili: la commissione è sorteggiata su centinaia di nominativi. Certo, poi può sempre accadere che un collega faccia qualche pressione”.

Un “saggio”, dinanzi a un eventuale avviso di garanzia, non dovrebbe rimettere il proprio mandato? “La commissione s’è chiusa il 17 settembre 2013: il nostro compito è finito. Se poi arriva un avviso di garanzia, e io non ne ho ricevuti, ognuno si comporta secondo la propria sensibilità: potrei dire che sono disposto a dimettermi, anche se avendo concluso il mio compito non sono più un saggio e, soprattutto, un avviso di garanzia non significa nulla, anzi, si tratta di un atto a garanzia del-l’indagato. Piuttosto, posso dire che se dovessi ricevere un avviso di garanzia, sarei immediatamente disponibile a collaborare con la magistratura perché questo è il mio primo dovere”.
http://giacomosalerno.com/2013/10/05/truffa-corruzione-e-falso-denunciati-5-saggi-di-napolitano-antonio-massari/

Verso la Bancarotta: Senza Alibi

3 ottobre 2013

 Di FunnyKing

 (Mercoledì 02 Ottobre 2013, Nasce il Governo Letta-Monti-Alfano… a futura memoria)

 Il Diario della Bancarotta Italiana

 Secondo articolo introduttivo: Letta-Berlusconi-Monti

 Terzo articolo introduttivo: Letta-Monti-Alfano

 Martedì scorso è cominciato un nuovo ciclo politico. Silvio Berlusconi e Forza Italia sono politicamente irrilevanti. Il governo ora si regge sull’appoggio del PD, di Scelta Civica e di quello che sarà il partito di Alfano-Formigoni (non ha importanza che si espliciti in un nuovo gruppo oppure no).

 Dunque europeisti e banchieri sono al potere, senza alibi.

 Esattamente come in Grecia.