CRISI DI GOVERNO: LA CLASSICA TEMPESTA IN UN BICCHIERE DI M …. !

https://www.facebook.com/notes/fernando-rossi/crisi-di-governo-la-classica-tempesta-in-un-bicchiere-di-m-/694343400594286

2 ottobre 2013 alle ore 11.44

Il governo Letta /Alfano/D’Alema/Monti è già saltato ..

Il governo Letta/Alfano/D’Alema/Monti è già tornato !

 

Il pretesto usato sia da Letta che da Berlusconi per tutto sto casino è l’impossibilità di trovare 2, o 3 miliardi per evitare il pagamento dell’ IMU sulle prime case e l’aumento di 1 punto IVA, che invece la BCE vuole mantenere.

 Non è necessario avere dimestichezza con i bilanci (basta saper fare 2+2) per capire che su 2.100. 000.000.000 di € (duemilacentomiliardi di euro) non è per nulla arduo trovare un “risparmio” o “strorno di fondi” per 2/3 miliardi. Chi si beve la balla mediatica delle ragioni contabili della crisi è un IDIOTA.

Quindi Berlusca lo avrà di certo fatto per sfuggire ai trabocchetti dei magistrati PD, ma Letta (maio) perchè non gli ha tagliato la strada realizzando gli impegni di governo e quindi togliendo ogni poretesto a Berlusconi ?

Letta e Napolitano hanno invece rinviato la decisione in modo da far automaticamente scattare l’aumento IVA !!

E’ evidente che la decisione l’hanno ancora una volta presa alla BCE e al BILDERBERG !!!

E il bello (ma molto brutto per noi) deve ancora venire, perchè quando non potranno più mentirci, verrà fuori che di miliardi la grande finanza ne vuole altre decine e decine entro l’anno e i loro governi e partiti non possono venir meno agli impegno già presi con i cravattari della BCE !!! 

 

Per chiarire la questione dei 2/3 miliardi “di difficile reperimento” leggetevi, o rileggetevi, questo post https://www.facebook.com/notes/fernando-rossi/aaa-ecco-altri-10-miliardi-recuperabili-per-non-aumentare-iva-cancellare-imu-e-s/642681159093844

 

Giornali e media del regime fingono fibrillazione e ci dicono che:

Napolitano è afflitto per l’eventuale fallimento del governo da lui plasmato; Draghi è preoccupato per una eventuale crisi proprio ora che l’Italia ce la stava facendo (?!); Confindustria e Sindacati temono l’interruzione dei programmi di governo (che sta massacrando imprese e lavoro); i mercati segnalano un aumento di sfiducia; lo spread cresce…Tutte balle.

 

In verità alla Trilaterale, al Bilderberg, alla Goldman Sachs & altre banche della grande finanza, compresa la BCE, stanno pensando : “Bravi Alfano, Letta e PD sul TAV, su F 35 e ri-allineamento con noi sulla Siria a sostegno dei terroristi”; “ Tutti i nostri partiti stanno procedendo nella distruzione della struttura produttiva italiana e stanno seguendo i nostri programmi su OGM, Scie Chimiche, Chemioterapia, Privatizzazioni e Tasse, avanti così ! ”.

 

Pare che all’ ultimo Forum Ambrosetti un neo invitato, pargolo di una grande famiglia milanese, abbia chiesto a Jim O’Neill, di Goldman Sachs, quello che si dice nei loro ambienti sulla situazione italiana e su chi vincerebbe eventuali elezioni e che questi gli abbia sorriso e fatto questo discorsetto:

 

“Con la stra-vittoria della Merkel in Germania e il bau-bau di Alba Dorata in Grecia, nessuno riuscirà a mettere in discussione la nostra dittatura in Europa… e poi, tranquilli, se non riusciamo a tenere in piedi il Governo del nostro affiliato (Bilderberg, Trilaterale, Aspen) e si andasse alle elezioni, … noi di elezioni ce ne intendiamo abbastanza per non perderle mai… persino nel 1994, vincemmo ancora noi pur avendo lavorato perché vincesse Occhetto (l’Italia di allora era quasi la Germania di oggi e volevamo l’ex sinistra a fare da timone alla nostra Europa), invece vinse Berlusconi, che noi avevamo previsto di metterlo all’opposizione, insieme alle altre nostre creature, Mariotto Segni e Pannella, per incalzare la sinistra su una rapida attuazione dei protocolli firmati sul Britannia. Ma …no problem, …noi lavoriamo sempre per evitare sorprese e garantire la continuità del sistema. …. provi lei a dirmi cosa è cambiato in Francia con la vittoria del nostro Hollande sul nostro Sarkozy !… Alle elezioni “democratiche” corrono cavalli di varie forme e colori, ma sono tutti nostri ! E alle prossime elezioni italiane sarà ancora così, non si preoccupi !”

 

ALF/ango & maio l/ETTA... Società Per (cattive) Azioni

ALF/ango & maio l/ETTA… Società Per (cattive) Azioni

Con la morte di Edoardo erede della famiglia Agnelli, la EXOR (proprietaria di FIAT) passò agli Elkan

https://www.facebook.com/notes/fernando-rossi/con-la-morte-di-edoardo-erede-della-famiglia-agnelli-la-exor-proprietaria-di-fia/694747687220524

Nella foto Edoardo Agnelli, penultimo a destra, è a Teheran durante la preghiera del venerdì.

Quando venne goffamente suicidato (novembre 2000) fu una bella fortuna per USraele e per la lobby sionista, tenuto conto che lui era musulmano e sostenitore dei diritti del popolo palestinese.

E’ anche bene sapere che Edoardo non si drogava nè beveva alcolici, contrariamente a quanto i media avevano cominciato a scrivere e a dire quando ancora era in vita l’Avvocato Agnelli (forse secondo solo a Berlusconi per frequentazioni di “care” ragazze, ma nessun media ne parlò mai), e rimarcarono per tutta la seconda metà di novembre 2000 .

 

Ho trovato questo interessante documento che vi allego.

Da  http://it.islamic-sources.com/?p=302

 

Giovedì, 15 novembre 2000, ore 10:05 del mattino, mentre Carlo Franchini, vice direttore della rete dei trasporti Torino-Savona, come ogni giorno si trovava sull’autostrada di Savona a svolgere il suo compito quotidiano, si accorge di una Fiat Croma, color grigio, abbandonata a quasi metà del ponte romano, sulla corsia di destra, con i fari ancora accesi e gli sportelli aperti e senza nessuno dentro. Lui all’inizio pensa a un difetto tecnico e quindi all’autista che per lui si era allontanato a piedi per andare a chiamare l’officina che distava poco. Ma quando il personale dell’officina gli dicono che nessuno gli si era rivolto a chiedere aiuto, comincia a credere che doveva successo qualcosa di terribile. Franchini ritorna sul posto e scavalca le spalle laterali del ponte alte un metro e mezzo ed è là che vede, sotto il ponte, il cadavere di un uomo con la faccia in giù. Lui chiama immediatamente le pattuglie della polizia. Il fatto è che per poter raggiungere sotto il ponte, che si chiama Piccola Boscaglia, bisogna percorrere una lunga strada, attraversando campi coltivati e vignetti. Ore undici; la polizia è già presente sulla scena. Il viso dell’uomo è gravemente ferito, ma la carta d’identità trovata nella tasca della sua giacca, conferma che si tratta di Edoardo Agnelli, figlio unico del senatore Giovanni Agnelli, padrone di Fiat e Juventus. Nicola Cavalieri, questore di Torino, è andato personalmente a Lingotto, sede centrale di Fiat, a informare il padre di Edoardo, il quale parte immediatamente con il suo elicottero personale, arriva sul posto e identifica il proprio figlio. Si tratta della famiglia Agnelli e quindi vengono inviati subito diversi gruppi di giornalisti per saperne di più sull’accaduto. Riccardo Bausone, procuratore speciale che si trova là per le indagini, dice ai giornalisti che non si conoscono ancora le cause dell’incidente e che la polizia avrebbe continuato le proprie indagini. Ma sembra che le indagini di cui parlava il procuratore fossero fatte in modo proprio non approfondite perchè la salma di Edoardo, prima del mezzogiorno, viene trasferito al vicino cimitero di Fossano e là il medico di turno, pur affermando l’esistenza delle ferite sulla testa e sul petto, rilascia il certificatio di sepoltura senza eseguire l’autopsia.

Nel pomeriggio nello stesso giorno la salma di Edoardo viene portato a Villa Prosa e il mattino dopo, quando sua madre era già rientrata da New York, viene seppolto in presenza della famiglia Agnelli e senza che fosse presente qualche giornalista. Lo stesso giorno è stato ufficialmente dichiarato il suicidio di Edoardo e tutto ciò mentre Edoardo non aveva lasciato nessun indizio. Lui, la mattina del giorno dell’accaduto, aveva parlato con un tono più che normale con uno degli zii e come di consueto, prima di uscire di casa, aveva ricordato al cuoco il piatto che avrebbe dovuto preparargli per il pranzo. Edoardo Agnelli naque il 6 giugno 1954 a New York. Suo padre, Giovanni, era proprietario del gruppo Fiat. Edoardo frequenta la scuola elementare di San Giuseppe a Torino e poi continua al colleggio di Atlantico in Inghilterra e dopo aver conseguito il diploma, va all’università di Prinston negli Stati Uniti dove continua gli studi in filosofia e religioni fino al dottorato. La ricchezza della famiglia agnelli è tale che i media d’Italia la descrivono come stirpe reale italiana. Il gruppo Fiat fu fondato dal nonno di Edoardo quasi un secolo fa a Torino e oggi è considerato uno dei principali pilastri dell’economia italiana. Ma il gruppo è soltanto una parte della ricchezza della famiglia Agnelli, a cui bisogna aggiungere le case automobilistiche di Lancia, Lamborghini, Alfa Romeo, Ferrari ed Iveco più numerose banche, aziende e società di moda e vestiti, quotidiani come La Stampa, il Corriere della Sera, la società calcistica di Juventus. Ma non dimentichiamo che questa famiglia è anche tra i maggiori azionisti di numerose ditte civile e edile, una fabbrica di elicotteri ecc… addirittura, il ponte generale Franco Romano sotto cui è stato trovato il cadavere di Edoardo, era costruito da una delle aziende di proprietà di suo padre. Gli esperti di economia stimano più di 60 miliardi di dollari il reddito annuale della famiglia Agnelli che è praticamente tre volte quello che la Repubblica Islamica dell’Iran ottiene tramite la vendita del suo petrolio. Ma Edoardo, che era unico erede naturale di tale ricchezza, sin da quando era molto giovane si vedeva che non era interessato a controllare la ricchezza della famiglia come lo voleva suo padre. Lui aveva studiato filosofia e religioni, il chè non c’entrava per niente con Fiat e l’industria automobilistica e quindi dedicava molto spesso il proprio tempo a leggere, attività umanitarie e viaggio.

La società calcistica di Juventus era l’unica parte della ricchezza della famiglia a cui Edoardo presentava una certa attenzione. Lui aveva una certa passione per il calcio ed era proprio per questo che a metà degli anni ottanta prese in mano il controllo di una parte della società calcistica che circa un secolo prima fù fondata dai suoi antenati. Edoardo il 20 aprile del 1986, quando la squadra dei bianco neri faceva gli ultimi sforzi per vincere la Roma dentro lo stadio di Olimpico a Roma, entra nel campo e passa 45 minuti insieme all’allenatore e ai giocatori della Juve. Lui, anche prima, era stato tra coloro che aveva abbracciato Michel Platini a Tokyo nell’85 mentre quest’ultimo teneva in alto la coppa dei campioni. Ma lui, nonostante l’interesse che dimostrava per la Juve, fù licenziato dal suo carico e suo zio Umberto occupò il suo posto. Edoardo passò il decennio novanta senza occuparsi di qualche responsabilità. Era praticamente isolato e quindi passava il tempo leggendo, viaggiando e occupandosi di attività umanitarie. A causa dell’importanza della famiglia Agnelli, la notizia della morte di Edoardo, sin dal primo momento e per qualche giorno, era tra quelle più importanti. Il primo ministro e alcuni ministri d’Italia si sprimevano le loro condoglianze, le due squadre d’Italia e d’Inghilterra fecero un minuto di silenzio come segno di rispetto per Edoardo, personaggi sportivi, giornalisti e addittura gente comune, parlando con le sei reti televisive e i giornali, ricordavano Edoardo. Il titolo principale della maggior parte della stampa italiana era dedicato proprio a lui, mentre migliaia di siti web diffondevano la notizia della morte di Edoardo. I media descrivevano Edoardo come uno sensibile, isolato, timido, drogato e addirittura malato. Ma tra tale quantità enorme di notizie fu pubblicato una piccola notizia su un sito web che conteneva delle cose nuove. Questa notizia riguardava l’annuncio di una formazione di nome L’Associazione Islamica dei Laureati in Italia, in cui si leggeva che Edoardo era stato un musulmano sciita e uno degli ammiratori dell’imam Khomeini e che non si era suicidato ma era stato ucciso dai sionisti come un martire. Ma nonostante ci fossero delle informazioni nuove riguardo Edoardo in quell’annuncio, le quali erano state inviate anche a tutte le agenzie di stampa e media importanti, nessuno di essi ne fece cenno. Ma quali potrebbero essere le motivazioni per confermare tutto ciò?

Sembra che il primo contatto di Edoardo con la Rivoluzione Islamica dell’Iran, risalga al periodo immediato post rivoluzionario, quando lui vide nella tv italiana l’intervista realizzata con il dottor Ghadiri Abianeh che allora era l’addetto di stampa nell’ambasciata iraniana a Roma e quindi decise di rivolgersi all’ambasciata per incontrarlo. Il dottor Hossein Abdollahi era l’amico iraniano più vicino a Edoardo Agnelli. Hossein e il suo fratello Isac avevano studiato al politecnico di Torino e 20 anni fa attraverso L’Associazione Islamica degli Studenti in Italia conobbero Edoardo. Questi due fratelli per via del loro forte rapporto sincero con Edoardo, erano al corrente di molti suoi problemi. il dottor Hossein Abdollahi oggi vive a Madrid. L’hojjatoleslam Ghaffari, ex ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran presso il Vaticano, è colui che 20 anni fa rilasciò per Edoardo il certificato della sua conversione all’Islam. Il signor Hedjazi durante uno dei suoi viaggi in Italia e tramite i ragazzi dell’Associazione Islamica, conobbe Edoardo e più tardi quando Edoardo fece un viaggio in Iran, lo portò a incontrare l’imam Khomeini. L’ayatollah Hashemi Rafsanjani nella pagina 42 del suo libro intitolato “Attraversare la Crisi” fa un breve riferimento all’incontro tra l’imam Khomeini e Edoardo Agnelli. Il signor Hedjazi e il figlio del patron della Fiat durante l’incontro con l’imam Khomeini parlarono di quello di cui gli studenti islamici all’estero avevano bisogno. Rafsanjani racconta che il suddetto incontro ebbe luogo in un sabato nella primavera del 1982 ed erano presenti anche l’ayatollah Khamenei e il signor Ahmad, figlio dell’imam. In quel incontro, l’imam Khomeini baciò la fronte di Edoardo. Egli a causa della posizione finanziaria e politica della sua famiglia, aveva incontrato parecchi leader politici e religiosi del mondo, ma incontrando l’imam Khomeini, rimase intensamente colpito dalla semplicità, dalla moralità e dal carattere di quest’uomo. Bisogna dire che quest’incontro trasformò praticamente la vita di Edoardo. L’interesse di Edoardo verso l’imam era talmente grande che Igor Man, noto giornalista ebreo italiano, parecchio tempo dopo la morte di Edoardo, in un suo articolo pubblicato su La Stampa, senza accennare al fatto che Edoardo si era convertito all’Islam, parlò della grande ammirazione di Edoardo nei confronti dell’imam e cercò di insinuare che Edoardo soffriva di problemi psichici e di depressione e che era per questo motivo che voleva bene all’imam KhomeiniOggi Torino è la più importante città dell’Italia settentrionale, una città industriale che deve una gran parte della propria importanza agli Agnelli. La famiglia Agnelli è una delle più vecchie a Torino e la maggior parte di fabbriche e aziende in questa città è di loro proprietà. La sede centrale della Fiat è a Torino e molti cittadini sono dipendenti di questo gruppo. La Villa del Sole è situata su una collina nella parte residenziale ricca di Torino; una villa grande e splendida che è considerata la casa principale degli Angelli, dove Edoardo subì le più dure pressioni perchè cambiasse le sue opinioni. Edoardo nel corso di anni fu minacciato, disprezzato, privato dalle normali possibilità di vita e addirittura imprigionato e tutto ciò era solo una parte di problemi che egli dovette affrontare. Nel corso degli anni, Edoardo, anche se per via della sua particolare situazione aveva preferito non svelare il suo essere musulmano, ma era rimasto ugualmente sensibile riguardo i problemi del mondo islamico. Egli durante la guerra nei Balcani e lo sterminio dei musulmani in Bosnia, fu molto attivo e tra le sue note personali, ci sono molte lettere in cui parlava proprio di tale tragedia. Una di quelle è la lettera che lui scrive nel 1992 all’allora presidente francese, Francois Mitterand. Edoardo comincia la lettera criticando duramente la politica dei paesi occidentali nel riconoscere ufficialmente le repubbliche indipendenti di Croazia e Slovenia e parla anche dei problemi del mondo islamico, continuando con la politica estera inglese e in fine chiede a Mitterand di assumere un politica diversa nei Balcani, cercando di aiutare il disarmo dei gruppi armati in Yugoslavia. L’interesse di Edoardo verso l’islam, insieme ad altri pensieri, diede la possibilità al padre per capire che lui non era l’erede ideale per la ricchezza dell’impero familiare. In realtà Edoardo aveva scelto la strada che lo allontanava dalla dirigenza del gruppo Fiat giorno per giorno, ma lui non ne dava nessuna importanza. Verso la fine degli anni ’80, il consiglio d’amministrazione della Fiat si mise a discutere sulla scelta di chi avrebbe dovuto sostituire il senatore Giovanni Agnelli. La dirigenza del gruppo bocciò Edoardo per tale posizione, perchè lo riteneva inadeguato a causa della sua visione religiosa. Ma siccome si trattava dell’erede principale e non uno qualsiasi, avrebbero dovuto trovare una certa scusa per potere convincere l’opinione pubblica. Fu proprio in quel periodo quando accadde l’incidente di Malindi la cui notizia venne diffusa in larga scala dai media di cui una parte era di proprietà del padre di Edoardo. Nell’ottobre del 1990, i media diedero la notizia dell’arresto di Edoardo Agnelli nella città balneare di Malindi in Kenya con l’accusa di avere in possesso, 300 grammi di eroina. Un fatto del tutto falso di cui la polizia keniota se ne accorse molto presto l’errore commesso e in seguito un tribunale del Paese africano lo assolve immediatamente. Però ormai il materiale necessario per nutrire i media era stato fornito. Alcuni della stampa lo chiamarono perfino trafficante di stupefacenti, insinuando il fatto che l’assoluzione di Edoardo era dovuta all’influenza del gruppo Fiat. Lo stesso Edoardo nel 1992, in una lettera indirizzata a Paolo Mieli, direttore del quotidiano La Stampa, contesta le propagande mediatiche errate che venivano diffuse contro lui. Anche se alcuni della famiglia della stampa avevano confessato in modo limitato di aver sbagliato su Edoardo, però con il diffondersi delle dicerie, l’opinione pubblica era già matura per accettare qualcuno che non fosse Edoardo per la dirigenza della Fiat. All’inizio degli anni ’90 il consiglio d’amministrazione della Fiat, eliminando Edoardo, scelse il cugino di quest’ultimo, Giovanni Umberto, some sostituto del senatore Agnelli. Edoardo voleva bene a suo cugino, perciò non solo non obiettò tale scelta bensì gli scrisse una lettera in cui si congratulò con lui per il nuovo incarico e gli consigliò di stare attento con gli appassionati del denaro.

Nel 1977 la famiglia Agnelli dovette affrontare una tragedia: Giovanni Umberto morì a 36 anni per un cancro sconosciuto. Qualche giorno dopo, il consiglio d’amministrazione della Fiat si riunì un’altra volta per scegliere il nuovo sostituto e questa volta fù eletto John Iacci Alkan, nipote ventenne di Edoardo. L’unica sorella di Edoardo si era sposata due volte; la prima con un ebreo sionista e la seconda con un principe cattolico russo. Da entrambi i matrimoni ebbe dei figli e il primogenito era del padre sionista. La scelta affrettata del sostituto del senatore Agnelli lasciò fortmente giù di morale Edoardo che, a differenza della volta precedente, decise di rompere il silenzio e addirittura porsi contro alcuni membri della sua famiglia, i quali avevano intenzione di cambiare il cognome di Alkan in Agnelli. In un’intervista rilasciata al quotidiano Il Manifesto della sinistra italiana, quindi politicamente contro suo padre, Eduardo contestò fortemente questa decisione. La reazione di Edoardo nei confronti della propria famiglia provò che aveva deciso di difendere ad ogni costo il proprio diritto di impadronirsi dell’eredità. Tutto ciò mentre i suoi oppositori di famiglia non avevano nessuna scusa per privarlo. Negli ultimi due anni, Edoardo cercava perfino di occuparsi negli affari della Fiat, incontrava i membri del consiglio d’amministrazione e criticando il loro modo di fare, li parlava delle proprie idee; il consiglio però non dava mai importanza a tutto ciò. Questo sforzo aveva duramente preoccupato una parte della famiglia e probabilmente il ritrovamento del suo cadavere il 15 novembre 2000 era dovuto proprio a questa preoccupazione. Il giorno dopo, il giudice dichiarò che si era suicidato mentre invece esistono molti indizi che negano questa probabilità. Apparentemente si trattano di indizi ignorati volontariamente dal giudice. In base alla testimonianza dei suoi amici che erano stati in contatto con lui fin pochi giorni prima della sua morte, Edoardo psicologiamente si trovava in buone condizioni. Inoltre per un musulmano fedele il suicidio sarabbe stato una cosa impossibile. C’è da prendere in considerazione che Edoardo non aveva assolutamente cambiato i suoi punti di vista religiosi, addirittura nell’ultima settimana della sua vita aveva deciso seriamente di imparare l’arabo per comprendere meglio i concetti coranici. Oltre a tale motivazione, tecnicamente molti fatti negano il suicidio, contrariamente a quello che si diceva. Il dottor Marco Bava, uno degli amici piu’ intimi di Edoardo, ha svolto molte indagini sull’accaduto. In base agli indizi, Edoardo è stato portato al martirio in un’altra località e poi trasferito sotto il ponte con la propria auto. A 40 Km da Torino e sulle splendide pendici delle Alpi c’è un bel piccolo villaggio chiamato Villa Prosa, messo su dagli Agnelli, per dare alloggio agli operai della fabbrica S.K.F. Sulle colline che danno sul villaggio, si trova la villa degli Agnelli con dentro una chiesa e un cimitero. Sul punto più alto del cimitero c’è una piccola chiesa che in realtà è considerata il sepolcro familiare degli Agnelli, dove Edoardo è sepolto come un crisitano.

 shahidedoardo.blogfa.com 

 

Edoardo Agnelli alla preghiera del venerdì a Teheran

Edoardo Agnelli alla preghiera del venerdì a Teheran

Piemonte, al via la commissione antimafia. Con 33 consiglieri indagati

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/02/piemonte-al-via-commissione-antimafia-con-33-consiglieri-indagati/730807/

I componenti sono consiglieri regionali e quasi tutti sono sotto inchiesta per lo scandalo dei rimborsi ai partiti. A spingere per la creazione di questo organismo era stato il consigliere Pd Boeti, ex sindaco di Rivoli citato nell’indagine Minotauro per i contatti con un presunto boss della ‘ndrangheta

Piemonte, al via la commissione antimafia. Con 33 consiglieri indagati

Il vertice 
A presiederla è Andrea Buquicchio (Idv), a cui i pm Giancarlo Avenati BassiAndrea Beconi,Enrica Gabetta contestano spese per 55mila euro. Accanto a lui siederanno due vice, Daniele Cantore (Pdl) e Andrea Stara (Insieme per Bresso). Al primo i magistrati contestano rimborsi per 27mila euro, tra cui 12mila euro di ristoranti e 6mila per acquisti di lusso come tre cravatte di Marinella più orologi e set da scrivania acquistati in gioiellerie. Stara, facendo parte di un gruppo composto da un solo rappresentante (se stesso), è stato uno dei primi a ricevere l’avviso di garanzia dalla Procura di Torino per rimborsi da 57mila euro, tra cui gli acquisti di un tosaerba da 4mila euro, di una sega circolare e di un frigorifero.

I componenti 
Presidente e vicepresidenti sono in buona compagnia. Tutti i consiglieri del Pdl (ora scisso in tre gruppi, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Progett’azione) sono indagati per essersi spartiti 760mila euro circa. Tutti i consiglieri della Lega Nord – tranne Claudio Sacchetto, poi diventato assessore, ma incluso Roberto Cota – sono indagati per aver ottenuto 289mila e 500 euro. E così via anche i gruppi consiliari di minoranza (Udc, Pd, Idv, Sel, FdS, M5S e altri del misto). A salvarsi sono ben pochi e fanno tutti parte della commissione antimafia. C’è Sara Franchino, subentrata al posto diMichele Giovine (il consigliere dei Pensionati sospeso per la condanna relative alle firme false, pure lui indagato per rimborsi da 120mila euro) e cinque consiglieri del Pd: Mauro LausGianni OlivaGianna PenteneroRoberto Placido e Elio Rostagno.

Le attività
La commissione antimafia del consiglio regionale dovrà proporre norme per contrastare l’espansione delle mafie in Piemonte, soprattutto nell’attività pubblica. Nella sua attività la commissione antimafia dovrà anche interagire e cooperare con i magistrati, coi quali alcuni dei consiglieri indagati non hanno affatto collaborato nell’ambito dell’indagine sui rimborsi gonfiati: in tanti al momento dell’interrogatorio si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Nella nota del Consiglio regionale si legge pure che i consiglieri dovranno monitorare “gli eventi di infiltrazione criminosa segnalati dalle autorità competenti”. Compito difficile per alcuni politici che per anni non hanno visto le infiltrazioni della ‘ndrangheta nel tessuto economico e amministrativo della loro regione.

A spingere per la creazione di questo organismo era stato il consigliere Pd Nino Boeti, ex sindaco di Rivoli citato nell’ordinanza di custodia cautelare dell’indagine Minotauro per i contatti con il presunto boss della ‘ndrangheta Salvatore De Masi. L’aveva proposta a luglio, dopo la dura requisitoria con cui il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli aveva criticato il comportamento dei politici a contatto con persone poco raccomandabili.

Un successo gli Stati Generali del Lavoro di Etinomia

http://www.tgvallesusa.it/?p=2476

WRITTEN BY: GABRIELLA TITTONEL – OCT• 03•13

Gabriella_21_no tav etinomia stati generali 28-29 settembre 2013 018Si è conclusa con molta soddisfazione la scorsa domenica a Vaie la I edizione degli Stati Generali del Lavoro, organizzati dall’Associazione Etinomia e dal Movimento No Tav e che ha visto la partecipazione di più di trecento persone, provenienti da tutta Italia e appartenenti al mondo del lavoro, da quello politico e amministrativo.

Una iniziativa che ha voluto lanciare una scommessa, quella di riconoscere alternative possibili in tutta una serie di ambiti, da quello della salute a quello del lavoro, andando a rivisitare il significato del lavoro stesso, del vivere quotidiano, creando nuove possibilità che meglio possono rispondere a questi tempi di crisi e di transizione. E questo mettendo insieme persone in una sorta di incubatoio pensante e proponente.

“Abbiamo inteso creare una sorta di spazio nelle menti affinché non si lascino colonizzare dai poteri forti e sappiano scoprire potenzialità alternative, atte a costruire un nuovo tessuto sociale: il risultato è stato sicuramente eccellente… Verrà presentato alla stampa un documento che metterà in luce tutti i risultati raggiunti negli otto tavoli di lavoro e probabilmente verrà anche realizzato un libro con gli atti del  convegno”, questo quanto sottolineato a termine lavori dal presidente di Etinomia Daniele Forte.

Gabriella_21_no tav Etinomia conf. stampa 24 9 2013 004Stanco certo, come tutti i promotori dell’evento che ha richiesto mesi di puntiglioso lavoro e che ha lanciato da subito alcune interessanti proposte che verranno elaborate o fatte proprie da altri nei mesi a venire. Si è parlato di finanza etica, ma anche della moneta coniata da Etinomia, il Susino. Si è guardato alla banca del tempo con ulteriori sfaccettature, si è affermato il principio che oggi è importante lavorare tutti lavorando meno e con diverse modalità, più rispettose della persona e dell’ambiente. Sì è ripreso il tema dei rifiuti, che può rappresentare la nascita di nuovi posti di lavoro, portando in valle un impianto di trattamento a freddo. E si è guardato alla necessità di far partire piccole opere diffuse, ma anche di lavorare sull’utilizzo dei fondi europei e, per i Comuni, di mettere a disposizione proprie aree per la creazione di orti cittadini con la proposta di corsi, anche per giovanissimi, di frutticoltura. Poi, per risparmiare territorio, si è indicata la necessità di recuperare le  aree dimesse, comprese le case dei centri storici, non più abitate.

Gabriella_21_no tav etinomia stati generali 28-29 settembre 2013 006Tante dunque le proposte.

Con un’ultima, lanciata a fine domenica da Eleonora Ponte, ideatrice degli Stati Generali del Lavoro, la quale ha annunciato che se ne terrà, in primavera, probabilmente a marzo, una nuova edizione, tutta dedicata agli agricoltori, essendo per loro questo il periodo più favorevole per parteciparvi.

 

Gabriella Tittonel

2 ottobre 2013

Tav, la crisi di governo rallenta le compensazioni

Susa e Chiomonte: le ricadute, per ora, restano sulla carta Dieci milioni di finanziamenti diretti (decreto Cipe) e altri 32 che dovrebbero arrivare dalla deroga al patto di stabilità.

 
Fermo il decreto Cipe, elenchi da correggere: i cantieri nell’estate 2014
MAURIZIO TROPEANO
INVIATO A SUSA

Nella sala del comune di Susa, davanti al sindaco, Gemma Amprino, ai suoi assessori e ad una rappresentanza di imprenditori e commercianti, il presidente della Regione, Roberto Cota, prova a gettare semi di ottimismo: «Non sono preoccupato delle conseguenze della crisi di governo sulla Tav perchè c’è un’intesa bipartisan e la realizzazione delle opere inserite nell’elenco delle compensazioni non è in discussione e può essere messo a punto dai tecnici del ministero». In realtà le dimissioni dei ministri del Pdl, e tra loro di Maurizio Lupi, titolare delle Infrastrutture, ha costretto ad annullare, a data da destinarsi, la riunione della task force governativa creata proprio per velocizzare l’iter delle compensazioni. Il governatore spera di ottenere una nuova convocazione del tavolo tecnico nazionale entro un paio di settimane ma, in ogni caso, l’avvio dei cantieri a Susa e Chiomonte subirà un significativo rallentamento. Se tutto va bene, ma proprio tutto (gare, convenzioni, ricorsi e appaltatori) infatti, i lavori potrebbero iniziare solo prima dell’estate 2014, ad urne ormai chiuse.  

 

La crisi, infatti, rende incerta la conclusione delle procedure per correggere alcuni punti della delibera Cipe e della lista degli interventi da autorizzare per la deroga al patto di stabilità. Correzioni necessarie per poter spendere i dieci milioni di compensazioni dirette. Qui il problema nasce dal fatto che la delibera del comitato interministeriale non è stata ancora pubblicata sulla Gazzetta ufficiale ed è ferma alla Corte dei Conti. E questo mentre «la decisione per il secondo lotto costruttivo della galleria del Brennero, discussa nella medesima seduta, è già stata pubblicata», denuncia il vicepresidente della Commissione Trasporti del Senato, Stefano Esposito. E poi quella delibera è da correggere perché individua un soggetto attuatore diverso (la Regione) da quelli indicati nella tabella degli interventi prioritari (provincia di Torino e comuni di Susa e Chiomonte) . E senza correzione potrebbero nascere dei problemi nella gestione di quelle opere dove sono previsti cofinanziamenti.  

 

La riunione della task force avrebbe dovuto permettere di risolvere anche il problema di rendere omogenea la lista delle opere per cui ottenere la deroga dal patto di stabilità. La cancellazione della riunione rimanda nel tempo l’esame delle richieste e delle relative autorizzazioni da parte del ministero dello Sviluppo economico con la conseguenza di allontanare nel tempo l’erogazione dei fondi e l’apertura dei cantieri. Esposito, che prima della crisi di governo, aveva ipotizzato l’avvio dei lavori nel maggio 2014, adesso è pessimista: «Incrociando le dita ci vorranno altri 40 giorni, forse due mesi». 

 

Cota e con lui l’assessore ai Trasporti, Barbara Bonino, di fronte ad imprenditori e al sindaco di Susa, si sono detti meno pessimisti ribadendo che a questo punto la scelta è solo tecnica e fa capo al ministero e non più politica: «Oggi – spiega Bonino – invieremo alla struttura di missione una nota riassuntiva della situazione con le relative soluzioni che dovrebbero permettere di sbloccare i finanziamenti». Il sindaco Amprino ha spiegato che le opere da realizzare nel 2013 non prevedono alcun finanziamento in ambito Cipe. Anche la provincia di Torino che ha già approvato il progetto esecutivo per la costruzione del Ponte degli Alpini è convinta che per correggere la delibera e pubblicare la delibera Cipe non serva una decisione politica.  

La Val Susa sembra in guerra

http://espresso.repubblica.it/attualita/cronaca/2013/09/26/news/la-val-susa-sembra-in-guerra-1.133753

I Lince dell’esercito in pattuglia giorno e notte. I muri di cemento e le reti di filo spinato ovunque. Le garitte che segnano i limiti invalicabili. Una tensione pazzesca nell’aria. Ma come siamo arrivati a questo punto?

di Tommaso Cerno

La Val Susa sembra in guerra
Non vedi le betoniere. E nemmeno le gru con il becco d’acciaio puntato verso il cielo. No, il cantiere della Tav a Susa è un campo di guerra nel cuore di una verde vallata. I Lince dell’esercito sono di corveé giorno e notte. Più sotto la polizia, in assetto antisommossa, controlla ogni squarcio del perimetro. Una sessantina di agenti in divisa stanno a guardia di un fazzoletto di terra, largo 7 ettari, dove si scava senza sosta il tunnel dell’Alta velocità. Altrettanti sono pronti a dare il cambio. Altri ancora sono in missione nel bosco. E ancora fuori dalle reti. E sul lato ovest. Nei ristoranti di Susa mangiano ogni giorno un migliaio di poliziotti e carabinieri. Sembra una città occupata. Una base militare, protetta da sbarre di tre metri e filo spinato, come se Susa fosse volata dal Moncenisio a Baghdad, come un piccolo Afganistan in terra di Barolo.

Per salire fin quassù, a Chiomonte, alle pendici della Maddalena, il navigatore consiglia di uscire a Susa. Ma chi cerca la Tav resterà deluso. Troppo pericoloso. Troppo prevedibile. E così, come in un film di spionaggio, l’ingresso del cantiere più militarizzato d’Italia è stato spostato verso la Francia, dove nemmeno te lo immagini. Devi seguire l’autostrada del Frejus fino al bosco di Salbertrand, almeno 25 chilometri più a Nord. E lì, a pochi passi da Oulx, invertire la marcia puntando a Sud. Fino a un cancello d’acciaio, nascosto dietro una curva dell’autostrada. Dove è vietato accostare. Vietato scendere. Vietato sostare.

Una garitta presidiata segna il limite invalicabile. Per loro, è lo Stato che comincia. Per i No Tav è il segno che lo Stato, con quella vallata, ha chiuso da tempo. Fuori dalle reti restano le ferite della lotta. Centinaia di lacrimogeni esplosi sono sparsi dappertutto. Ai confini del bosco, dove un tempo c’era il prato verde di val Clarea, si scorge ancora qualche casa di legno sugli alberi. Da lì i No Tav vigilavano sulle loro terre. Ma ormai, fra quei rami, non ci sale più nessuno. Troppe telecamere. Troppi controlli. E luci da stadio che illuminano a giorno i pini e i cespugli per scongiurare le “battiture”. Quando di notte, scendendo silenziosi lungo i sentieri secolari del bosco, i No Tav accerchiano il cantiere di Susa. E grattano con i sassi sulle reti per spaventare la polizia.

Ecco che qui i controlli sono diventati più serrati. Nessuno passa senza autorizzazione. E, una volta dentro, c’è un secondo controllo. Stavolta è la Digos, in borghese, a chiedere i documenti. «Quattro occhi sono meglio di due», se la ride un militare.

Chi si aspetta una cava nella stretta gola della Val Clarea si sbaglia di grosso. Là sotto tutto funziona come in una catena di montaggio di Mirafiori. Ogni uomo, ogni mezzo si sposta in un’area precisa. Nessuno sta dove non deve stare. Ogni movimento del cantiere è coordinato con gli altri.

Il tunnel sta sotto il cavalcavia della A38, un mostro costruito negli anni Novanta, e sospeso su otto pilastri di cemento armato alti quasi cento metri. Lì gli uomini guidati dal commissario Mario Virano hanno appena finito di installare la grande “talpa” meccanica che scaverà, a colpi di venti metri al giorno, fino nel cuore della montagna. È il canale esplorativo della Clarea, il corridoio che corre perpendicolare al tunnel principale della Tav, l’ultimo tassello – secondo lo Stato – per garantire che l’opera si farà.

La grande talpa fa quasi paura. Protetta da un hangar che si allunga, man mano che gli operai montano i pezzi. È come un serpente d’acciaio, con la testa rotante. È alta sei metri e mezzo e larga altrettanto. È capace di inghiottire due tonnellate di roccia ogni quarto d’ora. I sui denti sono trentatré lame rotanti d’acciaio, che girano a tutta velocità. Per gli ingegneri quella è una “Tbm”, che in inglese significa Tunnel Boring Machine. Ma qui tutti la chiamano talpa, dagli ingegneri che l’hanno finita di saldare alle 17.15 del 16 settembre, fino ai No Tav più irriducibili, che contro quel serpente lungo 240 metri hanno alzato le loro bandiere. «Il primo componente della fresa è arrivato in cantiere il 4 agosto», rivela Virano. Attorno a lui una trentina di operai completano gli ultimi collaudi. «In valle c’era una grande mobilitazione, e c’era il rischio di qualche azione di sabotaggio. Così la data è stata tenuta segreta. Abbiamo aspettato che i No Tav indicessero una grande assemblea e, quando erano tutti raccolti a discutere, abbiamo spostato il trasporto eccezionale che conteneva la testa della fresa. Sono state ore di grande tensione, poi, quando il convoglio scortato ha fatto ingresso nel cantiere, abbiamo capito che un grande passo avanti era stato compiuto».

Ogni lama rotante è stata fissata e provata singolarmente. Ogni bullone è stato avvitato e monitorato con il laser. La pompa a olio che muove il grande pistone, su cui come una larva gigante striscia la talpa meccanica per farsi largo nella montagna, sarebbe capace di trainare da sola due Boeing 747 o di spostare una nave come la Costa Concordia. «Una volta entrata nel tunnel esplorativo, che è lungo 203 metri, la talpa cambierà sistema di scavo e si aggrapperà alla roccia con dei bracci laterali, muovendosi come un lombrico», spiega Virano. Dalla cabina di comando, in funzione 24 ore su 24, un raggio laser traccia la direzione dello scavo e, grazie a un computer, a ogni minima oscillazione della testa rotante, la macchina provvederà a correggere la direzione, per non sbagliare nemmeno di un centimetro la perforazione sotterranea.

Ma Lince e forze dell’ordine non controllano solo quel bestione d’acciaio. No, lo scavo da solo non servirebbe. Sempre il 16 agosto, in coincidenza con l’accensione della talpa, un’altra fresa, molto più piccola, aveva appena finito di scavare un altro tunnel. Minuscolo rispetto a quello della Tav, ma strategico. Una perforazione di 240 metri, larga appena 70 centimetri, che corre nel ventre della montagna, fino alla Dora Riparia, il fiume che scorre in Val di Susa. Un canale artificiale, senza il quale non sarebbe possibile scavare la grande montagna. «I nostri studi geologici ci dicono che, da quando la talpa comincerà a penetrare negli strati di roccia più duri, avremo una fuoriuscita d’acqua di circa 300 litri al minuto. Si tratta di una portata enorme, paragonabile a quella di un piccolo fiume», spiega un ingegnere. Ecco che per rendere possibile lo scavo, quell’acqua deve essere convogliata da qualche parte. E, per far questo, nel cantiere di sette ettari sotto il viadotto della A38 è stato costruito un grande impianto di depurazione. Una volta che l’acqua sarà stata ripulita dai sedimenti rocciosi, sarà rilasciata nel torrente Dora, attraverso il mini-tunnel scavato nella montagna. A pochi passi, invece, una decina di trivelle alte più di 30 metri lavorano senza sosta. Bucano il pendio della collina, dove gli escavatori hanno aperto il varco per i camion. E così i No Tav e il Movimento 5 Stelle hanno lanciato l’allarme. E si sono rivolti alla Procura della Repubblica di Torino per chiedere indagini approfondite su quello strano scavo. Virano sorride. È abituato alle polemiche da quando siede sulla poltrona più alta del commissariato per la Torino-Lione. «Questo cantiere è all’avanguardia in quanto a procedure e misure di sicurezza. Sarà preso a modello in tutta Europa per le opere future», ribatte. Poi svela il mistero di quegli scavi in profondità. «Le trivelle iniettano a una pressione altissima un liquido a circa 30 metri di profondità. Quel liquido, insieme al terreno, che in questa parte della montagna è molto friabile, creano una superficie solida che rende la terra dura come la roccia». In questo modo, a lavoro finito, la collina scavata dalle ruspe potrà essere ricostruita. Con un pendio artificiale di oltre 30 metri di altezza. «Senza quelle perforazioni, correvamo il rischio che il peso dei sedimenti spostasse i piloni dell’autostrada. Per questo stiamo rinforzando il terreno».

Metodo Sallusti, come volevasi dimostrare

http://www.gadlerner.it/2013/10/02/metodo-sallusti-come-volevasi-dimostrare

 

 

Il quotidiano di riferimento di Forza Italia, “Il Giornale”, titola oggi sul tradimento di Alfano. Il titolo è tanto didascalico quanto asservito, “Alfano tradisce”, con un sottotitolo che spiega come un pezzo del Pdl abbandoni Berlusconi alla ricerca di poltrone.

L’editoriale di Alessandro Sallusti, il direttore de “Il Giornale”, si intitola allo stesso modo, e rimarca come il tradimento di Alfano sia peggiore rispetto a quello compiuto da Gianfranco Fini. Gli architetti della scissione sono gli stessi, il PD e Napolitano, così come l’obiettivo, disarcionare Berlusconi dalla guida del centrodestra. Per Sallusti però «la cosa è ancora più odiosa perché Fini almeno sfidò un premier nel pieno del potere e della forza. Questi pugnalano un uomo che sta per essere cacciato dal Parlamento e finire agli arresti». Toni molto aggressivi, con tanto di accuse feroci ai Giuda, molto simili a quanto visto ieri sera a “Ballrò”. Durante la trasmissione di Rai 3 Alessandro Sallusti ha aggredito verbalmente Fabrizio Cicchitto, uno degli esponenti del Pdl più importanti nella fronda contraria alla caduta del governo, come si vede da questo video tratto da Repubblica.it.

 

Un approccio probabilmente ispirato alla correttezza che Marco Travaglio gli ha riconosciuto nell’editoriale di ieri del “Fatto Quotidiano”. Questa mattina il sito del “Giornale” ha aperto la sua homepage sul parricidio compiuto da Alfano, con tanto di foto di Silvio Berlusconi con la figlia Marina, possibile nuova erede alla guida di Forza Italia.

 

L’altro quotidiano di riferimento del centrodestra, “Libero”, usa invece altri toni, ed il direttore Maurizio Belpietro firma un editoriale nel quale il punto centrale non è tanto il tradimento di Alfano, non considerato, bensì l’utilità di un’eventuale procrastinazione del governo Letta. Chissà se anche Belpietro finirà nel girone dei traditori.

Fukushima potrebbe essere 15.000 volte peggio di Hiroshima se non verranno rimosse le barre di combustibile

GIAPPONE – Un professore della Yale University, esorta il mondo a svegliarsi dal suo sonno nucleare e affrontare alcuni fatti in maniera fredda e dura “Tutta l’umanità sarà minacciata per migliaia di anni” se la piscina dell’Unità 4 di Fukushima non potrà essere raffreddata. Le vostre preoccupazioni circa il mangiare pesce contaminato dal cesio nell’Oceano Pacifico sono fondate in effetti, ma questo che si prospetta per il mondo è un disastro di proporzioni epiche che aspetta solo di accadere. Se non altro, si indica la necessità di continuare ad alimentare il pianeta senza il nucleare, ma nel frattempo, più di 1.535 barre di combustibile devono essere meticolosamente rimosse dalla Unità 4, che con ogni probabilità si sta sgretolando. Charles Perrow, professore emerito di Sociologia presso l’Università di Yale mette in guardia: “Le condizioni della piscina dell’unità 4, a 100 metri dal suolo, sono pericolose, e se due qualsiasi delle aste dovessero toccarsi,  potrebbe innescarsi una reazione nucleare che sarebbe incontrollabile. La radiazione emessa da tutte queste asete, se non mantenute continuamente al fresco e separate, richiederebbe l’evacuazione delle zone circostanti  a Tokyo. A causa della radiazione presso il sito,  6375 delle aste presenti nel lotto non potranno essere raffreddate continuamente, ma saranno minacciate dalla fissione che influirà su tutta l’umanità, per migliaia di anni “Nelle prime fasi del disastro di Fukushima, la Tepco, sotto l’influenza della Agenzia per la sicurezza nucleare e industriale (NISA), ha cercato di mantenere tutte le ramificazioni di Fukushima sotto silenzio, e ora l’intero paese deve affrontare la possibilità di dover spendere trilioni di dollari e più decenni per bonificare la centrale, ma che potrebbero non servire se le barre di combustibile non venissero rimosse correttamente. Tutto il boro tra barre di combustibile si è disintegrato esaurendosi.

 Questo significa che una reazione nucleare a catena potrebbe innescarsi se le barre dovessero arrivare troppo vicino alle piscine, causando uan disastro di un livello mai avvenuto. In meno di due mesi, la Tepco cercherà di rimuovere queste barre, ammettendo che essi non hanno le competenze o le risorse per farlo perfettamente – e questo invece è ciò che ci vorrebbe – la perfezione assoluta. Secondo la globalreasearch.ca, “circa 400 tonnellate di combustibile in quella piscina potrebbero vomitare un quantitativo di radiazioni di più di 15.000 di quanta ne sia stata rilasciata a Hiroshima. Più di 6000 elementi di combustibile ora sono poste insieme a soli 50 metri dalla Unità 4 e alcuni contengono plutonio. La piscina non ha la possibilità di contenerlo ed è vulnerabile alla perdita di liquido di raffreddamento,  crollo di un edificio vicino, un altro terremoto, tsunami e altro ancora. “Nel complesso, più di 11.000 elementi di combustibile sono sparsi intorno al sito di Fukushima. Secondo l’esperto di lunga data ed ex Ufficiale del Dipartimento di Energia Robert Alvarez, ci sarebbe cesio per più di 85 volte di quanto rilasciato a Chernobyl. “Non è il momento per TEPCO e del governo giapponese per cercare di salvare la faccia, o al mondo di porgere l’altra guancia.Bisogna agire”. Harvey Wasserman ha creato una petizione al NukeFree.org per avvisare il Presidente Obama e altri politici circa l’estrema gravità di questo incidente. Il tutto mentre si sta progettando di andare in guerra con la Siria, e non si riesce a vedere l’ascalation di questo disastro nucleare sotto il nostro naso, escalation di proporzioni abissali. Non vorrei seminare il panico prevedendo morte e distruzione, ma è importante riconoscere le conseguenze se questo problema non sarà affrontato attentamente con cura. – tradotto da Prison Planet

http://blueplanetheart.blogspot.it/2013/10/fukushima-potrebbe-essere-15000-volte.html


 

Armi chimiche. Putin : anche Israele deve essere disarmato

Dopo la proposta di mettere sotto controllo delle Nazioni Unite l’arsenale di armi chimiche della Siria, il presidente russo Vladimir Putin lancia una provocazione : smantellare anche l’arsenale chimico di Israele. Putin si è espresso durante un incontro con esperti russi e internazionali a Valdaï (nord-ovest della Russia). Il presidente russo ha voluto ricordare che l’arsenale chimico della Siria era apparso come un’alternativa all’arma nucleare israeliana,

 aggiungendo che di quest’arma Israele non ha bisogno. “Non posso garantire al 100% che riusciremo a condurre a termine il piano di smantellamento delle armi chimiche siriane, ma quanto fatto in questi giorni ispira fiducia sul fatto che sia possibile – ha dichiarato. “La Siria si è detta pronta a aderire e si considera già parte della convenzione internazionale sul divieto delle armi chimiche – ha sottolineato Putin, elogiando i passi concreti del governo di Damasco. Il presidente russo ha definito un’abile provocazione l’attacco chimico del 21 agosto nei pressi della capitale siriana Damasco. “In Siria non abbiamo alcun interesse per il quale cerchiamo di mantenere in carica l’attuale governo – ha detto Putin, aggiungendo che con la sua ingerenza negli affari attorno alla Siria, la Russia si applica semplicemente ad affermare i principi del diritto internazionale.

Tratto da: http://www.associazionelatorre.com/2013/10/armi-chimiche-putin-anche-israele-deve-essere-disarmato/

http://www.losai.eu/armi-chimiche-putin-anche-israele-deve-essere-disarmato/#sthash.fmXC6Ryl.dpuf


Pignoramento della pensione: il limite della pensione sociale

22 GENNAIO 2013 DI REDAZIONE | 15.721 LETTURE

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Il pignoramento (presso terzi) del quinto della pensione non può avvenire nei confronti di coloro che ricevano pensioni già particolarmente basse: la giurisprudenza ritiene infatti impignorabile la quota della pensione o della stipendio sotto il cosiddetto “minimo vitale”.

Dopo aver affrontato, nei precedenti articoli di questa rubrica, cos’è il procedimento del pignoramento presso terzi e le somme che non possono essere pignorate, tratteremo ora il pignoramento della pensione e del cosiddetto “assegno sociale”.

Assegno sociale

Gli importi erogati dall’INPS a titolo di assegno sociale non possono essere pignorati per via del loro carattere assistenziale.

L’assegno sociale è una prestazione riconosciuta ai cittadini che si trovano in condizioni economiche disagiate, ossia che abbiano un reddito basso o pari a zero. Questa prestazione è anche conosciuta come pensione casalinghe, perché viene erogata dall’Inps anche in assenza di versamenti contributivi.

Pensione di anzianità

Diversa questione invece va fatta con riferimento alle pensioni di anzianità.

In generale, la pensione è pignorabile nei limiti di un quinto. La misura della quota pignorabile va determinata al netto delle ritenute di legge.

Dopo una storia sentenza della Corte Costituzionale [1], si ritiene impignorabile quella parte della pensione, assegno o indennità necessaria per assicurare al pensionato i mezzi adeguati alle esigenze di vita.

Tuttavia la legge non ha mai quantificato tale importo. I giudici sono quindi inclini a considerare, quale minimo vitale, il valore dell’assegno sociale [3], che infatti ha proprio lo scopo di assicurare ai cittadini ultrasessantacinquenni, in disagiate condizioni economiche, un reddito sufficiente per le minime esigenze di vita.

Tale importo è stato fissato in misura pari ad € 516,46 al mese, per tredici mensilità, per un totale di € 6.713,98 annui [4].

Pignoramento della pensione una volta depositata sul conto corrente

La pensione, così come lo stipendio, sebbene pignorabile nei limiti di un quinto quando il pignoramento è effettuato alla fonte (cioè direttamente al datore di lavoro o all’INPS), diventa invece interamente pignorabile quando depositata in banca. Ciò per via dell’eventuale confusione che potrebbe porsi con ulteriori somme presenti nel conto corrente del pensionato.

Il problema, tuttavia, oggi sorge per via dell’obbligatorietà del versamento della pensione sul conto corrente. A riguardo, vedasi l’articoloPignoramento della pensione di anzianità sul conto corrente obbligatorio: storture del nuovo sistema