Allarme Fmi: “Crisi Italia, rischio ricadute mondiali”

allora aumentiamo le tasse no? Dite a quelli del FMI che il tasso di OCCUPAZIONE è al 53% ne va da se che il restante 47% o è figlio di papà o ha vinto alla lotteria o E’ DISOCCUPATO/INATTIVO quindi una beata minchia la disoccupazione al 10%

27 settembre 2013 Gli avvoltoi della Troika pronti all’attacco finale all’Italia – Allarme Fmi: “Crisi Italia, ricadute mondiali”. Disoccupazione ai massimi dal dopoguerra I commissari del Fondo hanno pubblicato la relazione finale sullo stato dell’economia italiana, dopo la loro missione. Preoccupa soprattutto la mancanza di lavoro giovanile. La ripresa si vede, ma è ancora modesta. Giudizio positivo sulle misure prese nel 2012. Male giustizia e competitivit. Mps è un pericolo

Per il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), l’Italia è ben più di un osservatospeciale. Perché un peggioramento della crisi economica del Belpaese avrebbe ricadute “marcate” in Europa e nel resto del mondo. “Dato il suo ruolo centrale negli scambi globali e nel sistema finanziario – afferma con toni allarmati l’organismo internazionale , un significativo shock potrebbe generare effetti regionali e globali maggiori di quanto suggerito dall’esposizione diretta”. Ed ecco, in sintesi, il giudizio espresso dai commissari del Fondo monetario internazionale al termine della loro missione in Italia, dove gli esperti hanno passato in rassegna i dati di bilancio e la situazione economica del Paese, dove pesa soprattutto la mancanza di lavoro e di crescita. L’economia italiana, evidenziano, è stata in recessione per quasi due anni, sulla scia di “un drastico calo della domanda interna”, che riflette aspre condizioni del credito, aggiustamenti fiscali e un calo della fiducia. “Una modesta ripresa è attesa a partire alla fine del 2013, sostenuta dalle esportazioni nette”. Il lavoro. In Italia il tasso di disoccupazione “è ai massimi del dopoguerra, al 12%, con la disoccupazione giovanile vicina al 40%”. E’ quanto si legge nel rapporto articolo IV del Fondo monetario internazionale, redatto al termine della missione in Italia. Guardando ai numeri, il tasso di disoccupazione dovrebbe crescere dal 10,7% dell’anno scorso al 12,5% nel 2013 e attestarsi al 12,4% l’anno prossimo. Il documento precisa che “l’economia sta mostrando segnali di stabilizzazione, ma la disoccupazione è ancora alta e i trend rimangono bassi”. Il Fondo ha accolto con favore il pacchetto di misure a favore della crescita e del mercato del lavoro, ma ha sottolineato che “servono ulteriori riforme per dare slancio alla produttività e aumentare il tasso di occupazione, soprattutto tra giovani e donne”. Questo andrebbe fatto anche semplificando i contratti e riducendo le tasse sul lavoro. Deficit e debito. Il deficit di bilancio nominale dell’Italia è calato al 3% del Pil nel 2012, sulla scia di considerevoli aggiustamenti fiscali, consentendo al Paese di uscire dalla procedura per deficit eccessivo dell’Unione europea, e “secondo le previsioni resterà vicino a quei livelli nel 2013”. In termini strutturali, il bilancio complessivo dovrebbe essere vicino allo zero quest’anno. Il debito “continua a crescere e, secondo le previsioni supererà il 130% del Pil nel 2013”. Guardando ai numeri, il deficit, dopo essersi attestato al 2,9% del Pil nel 2012, salirà al 3,2% quest’anno, per calare al 2,1% nel 2014. Il debito invece, dal 127% del Pil dell’anno scorso, salirà al 132,3% quest’anno e al 133,1% il prossimo. Il Fondo monetario internazionale ha comunque accolto con favore i passi compiuti dal governo italiano “per assicurare la sostenibilità fiscale e applicare le riforme strutturali” nonostante un contesto di crescita “difficile”. In questo contesto, è necessario “mantenere il ritmo delle riforme per sostenere una ripresa robusta”, riforme che dovrebbero essere complementari di passi compiuti a livello di Eurozona. Secondo l’istituto di Washington gli obiettivi fiscali sono “appropriati”. Competitività e Giustizia inadeguata. In assenza di ulteriori riforme strutturali, la crescita di medio termine “resterà bassa”, anche a causa di “una produttività stagnante, di un difficile contesto aziendale e di un settore pubblico indebitato”. Secono il Fmi, “l’inefficienza del sistema giudiziario è collegata agli alti costi sostenuti dalle aziende, al ribasso degli investimenti diretti stranieri e alle piccole dimensioni di società e mercati di capitale”. Una produttività debole, fa notare l’istituto di Washington, “ha anche contribuito ad ampliare gradualmente il divario sulla competitività”. Banche. Gli istituti di credito italiani in uno scenario particolarmente negativo dell’economia del Paese potrebbero avere un fabbisogno di capitale di 6 miliardi al 2015 per rispettare i requisiti patrimoniali minimi previsti da Basilea 3. Questa la valutazione del Fondo monetario nel rapporto sulla stabilità finanziaria. Il rapporto osserva che il sistema bancario ha retto bene alla crisi finanziaria globale ma è stato “fortemente colpito” dalla crisi del debito sovrano. Nonostante un’economia debole, “i risultati degli stress test suggeriscono che il sistema bancario italiano nel suo complesso è in grado di resistere alle perdite nell’ambito di uno scenario macroeconomico avverso”.

http://www.corsera.it/notizia_print.php?id=7486

La missione di Laura Boldrini

Via la tradizione, via la sacralità della famiglia, via il focolare familiare. Se non sei gayfriendly e femminista sei un ignorante, o il solito brutto fascista, che dir si voglia, ormai è uguale.

DI FLAMINIA CAMILLETTI · 27 SETTEMBRE 2013

La guerra morale e il nuovo clero portavoce del Capitale: l’esempio di Laura Boldrini
La mediocrità istituzionale della Boldrini
L’Italia dopo il caso Kabobo
La democratica Boldrini contro gli xenofobi del web
Laura Boldrini è l’idiota della settimana. Del mese, dell’anno, della legislatura. Una donna che dovrebbe rappresentare la terza carica più alta dello Stato, risultando quindi super partes, non fa passare giorno senza aver rilasciato una dichiarazione politica.

Durante un convegno tenutosi al Senato sul tema “Donne e Media”, il Presidente della Camera parlando degli stereotipi ha detto: “Parliamo dei media, ma anche certe pubblicità non scherzano. Io che ho avuto una certa esperienza all’estero, a volte mi chiedo, certe pubblicità andrebbero in onda in Paesi diversi dall’Italia?” e continua “non può essere concepito normale uno spot in cui bambini e il papà sono tutti seduti e la mamma serve a tavola.” E conclude “in quale altro Paese sarebbe tollerato uno spot del genere?”

Quella che la Boldrini ha descritto con così tanto disgusto nient’altro è che la figura massaia italiana. La mamma, nulla più. Cosa avranno pensato le nostre nonne, qualcuna delle nostre madri dopo esser state umiliate così da una donna che a quanto pare non deve aver lavorato davvero neanche un giorno della sua vita. Una signora che evidentemente, non sa cosa vuol dire il sacrificio di essere madre e moglie.

Queste mamme, mogli che hanno passato la vita a fare il mestiere più bello del mondo sono bistrattate, insultate, trattate come  esseri inferiori, perché “in nessun altro Paese del mondo sarebbe accettata una cosa simile”. Una mamma che porta un piatto di pasta a tavola, che orrore. Lei poi che “ha viaggiato tanto”. Come a dire che chi non la vede come lei è solo un povero ignorante bifolco. È questo il messaggio che ci vogliono trasmettere: il “progresso” è questo. Via la tradizione, via la sacralità della famiglia, via il focolare familiare. Se non sei gayfriendly e femminista sei un ignorante, o il solito brutto fascista, che dir si voglia, ormai è uguale. Cara Laura Boldrini, idiota utile del sistema, il motivo per cui in altri Paesi lei non troverebbe mai uno spot del genere è che in altri Paesi non hanno le nostre stesse tradizioni. Non siamo tutti uguali come lei vorrebbe, esistono le identità. Ci rendiamo conto che questa, per lei, è una parola sconosciuta.
http://www.lintellettualedissidente.it/la-missione-laura-boldrini/

Acque radioattive nei Navicelli: inizia l’avvelenamento delle popolazioni di Livorno e Pisa

Sabato 28 Settembre 2013 

 Via alla decontaminazione delle acque radioattive del Cisam . L’impianto è in fase di collaudo, la procedura inizierà tra sette giorni

 L’impianto è in fase di collaudo, ma dalla prossima settimana inizierà la decontaminazione delle acque della piscina del reattore nucleare del Cisam di San Piero a Grado (Pisa), prima che le stesse siano scaricate nel canale dei Navicelli. Rispetto al piano stabilito c’è stato qualche ritardo, ma per avere maggiori garanzie di sicurezza. Lo assicura al quotidiano ambientale Greenreport.it l’ammiraglio Domenico De Bernardo, responsabile del procedimento.

 +++ Sull’argomento vedi altri articoli di Senza Soste

 Acque radioattive del CISAM: c’è puzza di bruciato

 Acque radioattive smaltite in mare. L’ultima trovata di menti criminali +++

 ”La formula di scarico – ha spiegato l’ufficiale – è stata elaborata dalla Lainsa, la ditta che si è aggiudicata l’appalto per il decommisioning. Ma per ragioni di trasparenza e confronto lo stato maggiore della Difesa ha deciso di sottoporla a un parere dell’Ispra, l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che ha espresso parere favorevole”.

 cisam

Secondo De Bernardo la formula ”consente di arrivare a un quarto della rilevanza radiologica, ed è calcolato in condizioni estreme: si ipotizza cioè che una persona faccia il bagno nei Navicelli e si cibi dei suoi pesci o di prodotti della terra irrigati con le acque del canale”.

 L’impianto inizierà la sua missione la prossima settimana e avrà una capacità di decontaminazione di 30 metri cubi settimanali per un lavoro a ciclo continuo di 6-7 mesi se non vi saranno inconvenienti. ”Noi – sottolinea De Bernardo – verseremo 4 mc al giorno che di fatto sono diluiti dalla portata di 300 mc all’ora, qual è quella del depuratore di Pisa Sud.

 La cassa di clorazione inoltre verrà pulita e analizzata ogni tre mesi. Oltre alle analisi, il piano di vigilanza, così come le prescrizioni formulate dall’Ispra, prevede la registrazione dei dati degli allontanamenti delle acque dal Cisam e dei conferimenti a Pisa Sud, con un programma di sorveglianza e monitoraggio anche delle zone limitrofe a quelle dove verrà conferita l’acqua”.

 Fonte: ansa

tratto da

 http://www.gonews.it/articolo_224710_Via-alla-decontaminazione-delle-acque-radioattive-del-Cisam.html

 

Toscana: sanità a delinquere?

SABATO 28 SETTEMBRE 2013

Ormai è sotto gli occhi di tutti: il sistema sanitario toscano, sotto i colpi dei tagli governativi e della cattiva gestione regionale, si sta avviando verso una grave “malattia incurabile” dal nefasto esito per tutti noi. Cittadini e utenti sono avvertiti!

 La chiamano “riorganizzazione” ma ogni giorno assistiamo a:

 ·      tagli dei servizi pubblici, con riduzioni di posti letto e chiusura di piccoli ospedali, come il caso di Figline Valdarno e San Marcello Pistoiese,

 ·      accorpamenti di servizi, prestazioni e distretti, come sta accadendo all’interno della zona di Firenze, dove ad esempio ormai nel Q3 è sparito ogni servizio sanitario, avendo concentrando tutto nel Q2,

 ·      riduzioni dei servizi di supporto (pulizie, manutenzione, ecc.),

 ·      gestione immobiliare inefficiente e poco trasparente.

 Tutto questo sta portando la sanità toscana  nella direzione di potenziare la sanità privata e tutte le strutture che stanno offrendo a prezzi da terzo mondo quanto il servizio pubblico non offre più .

 E’ recente la notizia delle conclusioni delle indagini della magistratura sugli acquisti dell’ASL fiorentina degli immobili di Ponte di Mezzo e di Villa IrisSei gli indagati. I reati ipotizzati vanno dal falso in atto pubblico alla truffa aggravata fino alla turbativa d’asta. La palazzina di via Ponte di Mezzo, progettata ai tempi della Quadra, era destinata dalla ASL a trasferirvi la Residenza assistita de i “Girasoli” dall’area di San Salvi. Si è scoperto poi che  non aveva i requisiti necessari per tale struttura. Villa Iris è stata acquistata dopo una dubbia indagine di mercato, senza alcuna gara pubblica, chiudendo tre preesistenti case famiglia. Di tali scelte sbagliate hanno pagato le conseguenze i pazienti de i “Girasoli”, deportati e smembrati in varie strutture, dopo che la residenza dentro San Salvi, su cui la ASL non ha mai voluto investire una lira, è diventata fatiscente. Secondo la Procura, l’attuale assessore Marroni, all’epoca dei fatti direttore dell’ASL, fu tratto in inganno, poveretto!, dai suoi collaboratori e lui non si era accorto di niente. Gli inquirenti si chiedono però “come è possibile che una persona che ricopre un incarico di tale responsabilità si sia fatto cosi clamorosamente ingannare?”.

 Non dimentichiamo che la vicenda del buco di 400 milioni dell’ASL di Massa non è ancora conclusa, le indagini si stanno estendendo anche ad Arezzo, Lucca, Firenze e Livorno e mettono in luce una preoccupante gestione illecita dei soldi pubblici.

 Per acquisti come questi e altri ,per la costruzione dei nuovi ospedali si procede di pari passo alla“s”vendita di immobili: è quanto la ASL sta cercando di fare per l’area di San Salvi da cui dovrebbe ricavare parte dei soldi da investire per costruire il nuovo ospedale di Torregalli, per il presidio diLungarno Santa Rosa, per l’ex ospedale di San Giovanni di Dio: tutte operazioni tese a far cassa per investimenti tutti discutibili.

 E se Marroni sostiene di essere stato indotto in errore dai suoi dirigenti, il presidente Rossi, che ha inaugurato due mesi fa il nuovo ospedale di Pistoia e da pochi giorni il nuovo ospedale di Prato, è al corrente che la spesa per i quattro grandi ospedali della Toscana  decisi nel 2002  era già raddoppiata nel 2010? Che il meccanismo introdotto in Toscana per la costruzione di questi ospedali ha consentito a due giganti del settore immobiliare (Astaldi e Pizzarotti, quelli dell’Alta Velocità di Bologna, riuniti in COSAT spa) di aggiudicarsi lavori per centinaia di milioni di euro al di fuori delle normali procedure di appalto? Che tale meccanismo consentirà alle stessi di gestire, per 30 anni, svariati servizi interni agli ospedali, al di fuori di procedure di gara ad evidenza pubblica in regime di monopolio, con costi unitari superiori a quelli di mercato e che si ripercuoteranno sulle finanze e sulla qualità dei servizi offerti dalla ASL?

 L’elenco dei sintomi di questa “malattia incurabile” della sanità toscana potrebbe continuare, per non  rattristarci ci fermiamo, però possiamo ben dire che una svolta radicale è necessaria. Se questa  politica è incapace di garantire gli interessi generali dei cittadini, saranno questi a presentare al più presto il conto ai responsabili delle inefficienze, delle corruzioni, del malgoverno!

 Comitato

SAN SALVI CHI PUO

 perUnaltracittà

Firenze

 A.DI.N.A.

FIRENZE

C.U.B. Sanità

Firenze

 Medicina Democratica

Firenze
http://www.senzasoste.it/la-vostra-voce/toscana-sanita-a-delinquere

La Val Susa e un’altra idea di economia

http://lorenzoguadagnucci.wordpress.com/2013/09/25/la-val-susa-e-unaltra-idea-di-economia/

25 SETTEMBRE 2013

Sul movimento No Tav in Val di Susa si fa una pessima informazione, qui sotto c’è un’intervista che permette di conoscere uno degli ultimi sviluppi del movimento, Etinomia, una rete di imprenditori etici che provano a costruire, mattone su mattone, una diversa idea di economia. Il movimento No Tav nel suo lungo percorso ha capito qual è il cuoro della sua stessa lotta, non solo e non tanto l’avversione per un’opera inutile, ma l’uscita da un sistema economico-politico-ideologico che è portatore di un’dea di sviluppo mortifera e antiquata.

Intervista a Daniele Forte, presidente di Etinomia
l’associazione che in collaborazione con il movimento NO TAV organizza gli Stati Generali del Lavoro del 27, 28 e 29.09.13 a Vaie -Val di Susa
 
Nei giorni scorsi Panorama e il Giornale sono scesi in campo contro il movimento No TAV, gli Stati Generali del Lavoro ed Etinomia, definita “associazione poco conciliante”. Vuoi presentare questa “associazione poco conciliante”… giustamente poco conciliante?Etinomia è un’associazione di imprenditori etici per la difesa dei beni comuni, che è nata per riportare al centro della questione economica il tema della dignità e della solidarietà, di rapporti sostenibili tra i soggetti che sono protagonisti del, chiamiamolo, mercato economico.
Parliamo di imprenditori che offrono beni e servizi, ma anche di fornitori e di clienti. Chiaramente abbiamo fatto tesoro dell’esperienza che il movimento NO TAV ha lasciato sul territorio in termini di solidarietà e di costruzione di un senso di comunità, che secondo noi è proprio la base di partenza per poter pensare a un’economia sostenibile. Io richiamo sempre il concetto di “riconoscenza”, termine che utilizzo con una doppia valenza: riconoscenza nel senso che sono grato per un servizio ben offerto, per un prodotto di qualità, per il fatto di operare con dignità e rispetto dell’ambiente e del territorio, ma anche nel senso che mi piace riconoscere negli occhi di chi mi offre un servizio e della persone a cui offro un servizio una comunità di valori, ecco questo è un tema importante: per far ripartire un’economia di base, bisogna ripartire da questo tipo di concetto.
A parte che “poco conciliante” è una frase sintatticamente incompleta, da consumato giornalista, noi siamo certamente poco concilianti nei confronti dei comportamenti mafiosi, dell’appropriazione indebita di beni comuni, di una pratica economica ultraliberista, del mancato rispetto della legalità nei contesti economici. Nei confronti di questi temi siamo ampiamente poco concilianti, per il resto come dimostrano le iniziative che promuoviamo sono di solito di grande apertura, anzi cerchiamo di coinvolgere il più possibile anche soggetti apparentemente lontani dalla lotta contro il TAV.
 
Un po’ di storia di Etinomia…
Etinomia è nata durante i dibattiti all’interno del movimento NO TAV nell’estate del 2011, un momento in cui c’erano delle importanti azioni di presidio e difesa del territorio prima dell’installazione del cantiere che adesso si vede per il tunnel geognostico. Lì si è cominciato a riflettere del tipo di ruolo che potessero avere anche gli imprenditori che si riconoscono dietro quel tipo di bandiera, per proporre qualcosa di diverso al territorio che non fosse solo devastazione. Ci siamo subito interrogati su che tipo di proposta più generale potevamo fare. Un programma generale lo stiamo sviluppando, la situazione è mutevole e non abbiamo la pretesa di avere la ricetta da proporre per cambiare il mondo del lavoro e dell’economia domani. Quello di cui siamo certi è che bisogna rimettere al centro le necessità essenziali della persona, non solo materiali, ma anche legate al benessere psicologico, alla cura, le necessità culturali e sociali, in ogni campo. Se si parte da questo, si capisce cosa si può cominciare a produrre e scambiarsi, anche non in forma meramente monetaria, a partire da contesti territoriali riconoscibili innescando una potenzialità produttiva che può far ripartire  una macchina che attualmente è asfittica.
 
La cooperativa “dALa TERra NATIVA” è stata l’esordio di Etinomia. Gli ingredienti di partenza sono stati un gruppo di disoccupati che si organizzano e alcuni terreni incolti sono gli “ingredienti” base da cui è nata la cooperativa. Quali sono state le  tappe che hanno portato alla sua costituzione e che ruolo ha avuto Etinomia? 
A onor del vero la cooperativa si è costituita prima di Etinomia e, soprattutto in una fase iniziale, ha contribuito molto a ispirare Etinomia, a proporre le idee che la sorreggono. La storia è una storia semplice, che probabilmente trova delle analogie anche in molte altre parti d’Italia. Si tratta di persone che, nel momento in cui hanno perso il lavoro, hanno deciso di scommettere sul valore della terra per capire se poteva diventare un sostentamento all’economia familiare. Quindi hanno recuperato dei terreni, sono riusciti anche con la solidarietà popolare (e qui ritorna il senso di comunità e di territorio percepibile) a recuperare dei terreni che difficilmente in altre occasioni sarebbero stati dati in concessione… qui l’attaccamento alla terra è molto forte, in epoche passate difficilmente i proprietari avrebbero consegnato i loro terreni da coltivare. Cioè i terreni incolti sono stati ceduti gratuitamente dai proprietari? Magari anche non gratuitamente, ma bisogna considerare che anche solo affittare un terreno a un soggetto terzo per un ex agricoltore e un ex proprietario terriero è un tabù incredibile. Questa logica individualista è stata superata indipendentemente dal fatto della gratuità e dell’affitto, ma come gesto di apertura che prima non si era manifestato. Il bello di questa esperienza è di aver rotto il muro di diffidenza e di aver ricostruito la solidarietà tra le persone.  
La cooperativa dALa TERra NATIVA ci ha fatto conoscere questo tipo di solidarietà extraeconomica, che Etinomia ha interiorizzato e fatto diventare una proposta anche per altre realtà economiche che a questa solidarietà possono attingere per  ricavare speranza e fiducia in un modo diverso di fare economia. 
 
Qualche esempio di attività che Etinomia svolge? Ad esempio ci risulta che avete promosso la creazione di alcuni mercati di vendita…
Questa è stata una delle prime attività a cui ci siamo dedicati, la promozione di alcuni mercatini per allargare la base di vendibilità dei prodotti di alcuni nostri associati, stimolando la partecipazione e quindi l’ampliamento dell’attività in senso stretto. Ma l’attività su cui effettivamente lavoriamo e che secondo me funziona molto è proprio la creazione di una rete tra imprenditori.
Etinomia, oltre ad avere un organo direttivo tipico di ogni associazione, è divisa in gruppi di lavoro, ci sono gruppi che si occupano di tematiche specifiche. I più fertili sono ad esempio quelli dedicati all’edilizia, all’energia, al commercio che raggruppano soggetti non per forza specialisti del settore, ma che vedono in quella tematica un campo interessante di riflessione e gli scambi di lavori tra soggetti complementari cominciano ad essere notevoli come anche la capacità di coinvolgimento. Quindi, come prima cosa, strutturare la rete in modo che le collaborazioni permettano di contrastare il fenomeno delle delocalizzazioni e l’importazione dall’esterno di beni di scarso valore, in modo da fare economia sul posto (a questo fine abbiamo creato anche un embrione di moneta complementare).
Poi promuoviamo il dialogo tra tutta una serie di associazioni per valutare quali sono le azioni comuni laddove ci siano delle visioni del mondo non coincidenti ma perlomeno conciliabili.
Oltre a questo c’è uno sportello molto attivo che offre servizi di consulenza su tematiche sociali, su tematiche del benessere, supporto psicologico. Non è un’attività economica perché in prima battuta la consulenza è gratuita, ma fa anche orientamento al lavoro, quindi permette a chi ha dei progetti di misurarli ed eventualmente renderli realizzarli.
Infine c’è il rapporto con le istituzioni. Fin dall’inizio abbiamo avuto un rapporto molto stretto con la Comunità montana, partecipiamo ad alcuni bandi europei su tematiche che vanno dai rifiuti all’energia, per iniziare a fare una programmazione su queste tematiche, magari di medio termine in un territorio dove mancherà assolutamente un organismo che sia in grado di assumere questo compito. La chiusura della Comunità montana diventa un vulnus ulteriore in questa debolezza, su questo bisognerebbe riflettere molto perché, al di là del significato politico di eliminare la Comunità montana in un territorio dove si combatte contro il TAV, mancherà davvero un soggetto che potrà fare una programmazione per 60mila abitanti, in un contesto di valle ampia e popolosa e che quindi merita una programmazione autonoma. Etinomia potrebbe diventare in futuro un soggetto che si assume parte di questi compiti.
 
Con gli Stati Generali del Lavoro, Etinomia e il movimento NO TAV chiamano al confronto, all’elaborazione di proposte concrete e al coordinamento per “dare vita ad un percorso di revisione e progettazione dell’intero sistema di lavoro”.  Come si svolgeranno gli SGL?
A parte la serata di presentazione di venerdì 27 settembre, che è una serata di accoglienza e di avvio dei lavori che farò io in qualità di presidente di Etinomia e probabilmente Alberto Perino del Movimento NO TAV, il cuore dell’iniziativa si tiene sabato 28 settembre. In otto locali nel comune di Vaie, nella palestra, in biblioteca, al presidio NO TAV, in sala consiliare, si riuniscono otto tavole rotonde, in cui è possibile discutere liberamente e affrontare temi specifici che non sono solo quelli classici del lavoro, quindi il mero ruolo dell’impresa, l’attività sindacale, la tutela, ecc., ma anche argomenti come il benessere e la dignità della persona, il senso primo del lavoro in quanto tale, il ruolo che possono avere gli amministratori in una fase molto critica come questa, la svolta che questa crisi può avere e che rotta le vogliamo dare. Noi crediamo fermamente che si debbano ridiscutere i paradigmi economici e dare una coscienza nuova alle persone. Quello che immaginiamo possa essere fatto da una discussione aperta, fertile e partecipata è la produzione di un documento che tracci un sentiero e che dia delle indicazioni per stravolgere questi paradigmi, che contenga proposte molte concrete: cosa va cambiato e che tipo di azioni devono essere poste in essere (ad esempio il tema della programmazione territoriale per invertire la rotta).
Abbiamo offerto un’apertura totale in termini di partecipazione, anche a realtà potenzialmente molto distanti da Etinomia perché vogliamo inserire contributi che provengano da ogni tipo di realtà le più diverse per ampliare questo tipo di proposta che verrà presentata poi domenica 28 settembre insieme agli amministratori alla popolazione in una giornata dove ci saranno anche momenti culturali, ludici e di intrattenimento.
Siamo convinti che, in questa fase di crisi, intorno a un tema come il lavoro utile non si possa non creare unità d’intenti e d’azione tra realtà anche diverse, quindi l’appello è stato aperto a tutti perché dobbiamo individuare quale è il lavoro utile, fattibile e sostenibile che serve a uscire da questa crisi. 
 
E finora chi ha aderito all’appello alla partecipazione?
Le realtà più variegate, perché abbiamo dai sindacati agli istituti di microcredito, dai politici ad alcuni industriali della Val di Susa, da direttori di ospedale fino a docenti universitari, cittadini, il movimento NO TAV, realtà che hanno proposte politiche come le vostre, aziende occupate come la ri-Maflow di Milano… l’elenco è lunghissimo, potrei andare avanti per mezz’ora… ricordo ancora anche associazioni che si basano sulla difesa dei beni comuni come ReCommon, organi di stampa come fabionews.info e il cambiamento, intellettuali, realtà che hanno progetti di programmazione microeconomica ben chiari e definiti… insomma una partecipazione veramente variegata e su scala nazionale. Sarà veramente interessante. Abbiamo coinvolto anche realtà solitamente distanti dal movimento, associazioni di categoria come il CNA e Coldiretti. Un’apertura completa e un’adesione altrettanto ampia, la strutturazione dei tavoli tematici permette la più larga partecipazione, e la risposta che abbiamo avuto dimostra che la scelta è stata vincente.
 
Gli SGL sono il segno del salto fatto dal movimento NO TAV, da  centro promotore della resistenza e l’opposizione a una grande opera di speculazione e devastazione a centro che promuove la costruzione dell’alternativa al sistema della crisi, della devastazione ambientale, della speculazione, della precarietà e della disoccupazione, dell’abolizione dei diritti?

Sì, questo è vero. In realtà il movimento ha sempre avuto questa tipo di capacità propulsiva. Secondo me questa capacità propulsiva è stata il vero spauracchio dei cosiddetti poteri forti. Se si analizza bene il tipo di azione mediatica, giudiziaria, politica condotta contro il movimento NO TAV, tutto va nella direzione non solo di cercare di soffocare il dissenso, e questo è un compito in qualche modo scontato per uno stato conservatore come questo, ma soprattutto spezzare la capacità di coinvolgimento del movimento NO TAV. Dopo i fatti del 2011, una delle azioni più efficaci che il movimento NO TAV ha condotto in Italia è per esempio il NO TAV Tour, che nei capoluoghi e non solo di provincia di tutta Italia ha chiamato a raccolta tutte le forze che si riconoscono nella difesa dei beni comuni, del territorio e dei diritti fondamentali.
Noi di Etinomia abbiamo forse avuto il coraggio, in un momento di offuscamento anche mediatico di questa capacità, di riproporre il tema del coinvolgimento più generale e allargato possibile, il lavoro per un’associazione di imprenditori è un tema naturale. Va da sé che il connubio tra NO TAV e tema del lavoro è stato di fatto dirompente. Se ci vogliamo assumere un merito è quello di rimettere al centro la capacità di coinvolgere il maggior numero di realtà possibile e cominciare a coordinare le azioni in vista di una sollevazione (voglio usare questo termine, ma la sollevazione è anche di coscienze) che abbia delle caratteristiche collettive. 
 
Parli di “associazione di imprenditori” Ma Etinomia è composta solo da imprenditori, ci collaborano solo imprenditori? E quando parli di imprenditori, puoi specificare? Anche Marchionne, Riva, Benetton, ecc. sono imprenditori… 
No. Etinomia non è solo un’associazione di imprenditori. Fin dalla sua nascita, al tavolo costituente erano seduti cittadini comuni, dipendenti del settore pubblico e privato, disoccupati e precari, studenti, tutte persone che avevano intuito fin dall’inizio che non si stava dando vita all’ennesima associazione di categoria, ma che tutti insieme si sarebbe potuto lavorare, sotto l’egida di valori condivisi, per cercare di creare un mondo a misura d’uomo. Questo mix di competenze, esperienze ed estrazioni è la vera ricchezza di Etinomia, permette di pensare e vivere il ruolo di imprenditori sapendo di poter orientare (e promuovere) i propri passi e le proprie azioni in una direzione che rispetti quanto è utile e necessario alla popolazione e al territorio. 
Gli SGL sono anche una “dichiarazione d’intenti” da parte di Etinomia, che la prospettiva è di allargare la sua sfera di attività anche al di fuori della Valle?
Si certo, ma in realtà questo è sempre stato nelle corde dell’associazione. Ho sempre detto andando in giro che Etionomia è un format riproponibile, quello che immagino è che possa esistere un’Etinomia in ogni città, in ogni valle, in ogni contesto in cui può nascere o già esistono (perché ne esistono tante) realtà di comunità sufficientemente fertile.
Sicuramente Etinomia può raccogliere le istanze collettive e farsi promotrice e coordinatrice di un’azione condivisa. Il nostro sito internet e il nostro modo di raccolta di adesione non pone limiti. Attualmente, a livello simbolico abbiamo qualche iscritto in Sicilia e sicuramente qualcuno in Toscana. La vocazione nazionale già esiste, attualmente Etinomia è un’associazione di volontariato, quindi chiaramente opera con i limiti che questa caratteristica riproduce e comporta. Il mio desiderio, ripeto, è che il nostro tipo di proposta possa essere replicato, con qualità specifiche che ogni territorio può esprimere. E in questo senso possiamo immaginare a incontri periodici tra le realtà locali di Etinomia per confrontare percorsi e iniziative e in quel contesto potremo condividere azioni di lotta, di contrasto, denuncia… noi abbiamo una visione a lungo termine. 
 
Nel nostro paese migliaia di lavoratori sono mobilitati per difendere il lavoro (e insieme al lavoro anche i loro diritti e l’ambiente), tra di essi ce ne sono alcuni che hanno intrapreso percorsi di autogestione. Che cosa possono portare e che cosa possono prendere dagli SGL?
Fiducia. La fiducia è un valore che va rimesso al centro della questione. La fiducia di poter difendere il lavoro, di poter intraprendere un percorso autonomo per creare lavoro e uscire da un percorso di crisi dell’azienda. Chi viene agli SGL ha la possibilità di confrontarsi con altre realtà simili e di usufruire della capacità di Etinomia di dare un senso pratico  alle iniziative di autogestione. Soggetti che si confrontano su questo tema ce ne sono specialmente al tavolo n. 4, che si occupa di crisi e transizione. Noi vediamo nella capacità di riappropriarsi della propria capacità di costruirsi un futuro economico uno dei meccanismi per uscire da questa crisi, riappropriarsi del proprio futuro vuol dire distruggere legami che attualmente stanno portando il lavoro, soprattutto quello salariato e dipendente, verso una nuova forma di schiavitù. La riappropriazione di questi spazi va alimentata con la fiducia e con tutta una serie di supporti di carattere tecnico e giuridico, ci sono negli SGL degli avvocati che si occupano della tematica della riappropriazione, sindacalisti e avvocati (come Maurizio Poletto e Alessio Aliotto, che fanno parte del team legale NO TAV), di supporto anche di carattere pratico per capire come innescare questo tipo di percorso. Agli SGL partecipano anche soggetti (come Fulvio Perini, sindacalista italiano che è stato per parecchio tempo in Sudamerica) che hanno affrontato e analizzato il tema dell’occupazione delle fabbriche in Sudamerica, quindi può indicare quali sono aspetti positivi e i limiti, le difficoltà e gli errori di dribblare.  
 
Agli SGL c’è un tavolo espressamente dedicato alle amministrazioni e alle istituzioni. Qual è il ruolo che le amministrazioni locali, o alcune di esse, svolgono relativamente alla creazione di una rete di produzione e distruzione su base solidaristica a livello locale?
Il tema del lavoro in Val di Susa finora è stato delegato soprattutto alla Comunità montana, che aveva anche un assessorato apposito, in cui sono rappresentati tutti i sindaci. Il coinvolgimento di Etinomia è stato diretto fin dall’inizio, la particolarità è che sono state le istituzioni a cercare Etinomia a differenza di quello che succedi in altri contesti in cui sono le associazioni che devono cercare con molta fatica gli amministratori. Questa è un’altra cosa che non si deve a Etinomia e che dovrebbe essere esportata, cioè la capacità di coinvolgere amministratori locali e condizionare la politica locale, anche tramite il voto. La fortuna della Val di Susa è stata quella di poter eleggere tutta una serie di sindaci molto vicini alle tematiche di movimento, tramite liste civiche e formazioni non partitiche, costituendo un nucleo con una capacità rilevante di incidere nel dibattito politico, anche perché ci sono sindaci di municipalità importanti  come Avigliana, quindi delle vere e proprie conquiste politiche. Ci sono poi alcune minoranze molto forti anche in contesti municipali in cui la maggioranza è di avviso diverso. Bisogna compiere un’azione coordinata tra capacità elettorale e capacità di condizionamento degli amministratori. Parlo di condizionamento in un’accezione serena, cioè la capacità di portare le istanze popolari a dei soggetti in grado di ascoltarle e farle diventare parte della programmazione. Gli amministratori ci saranno e porteranno  le proprie proposte e iniziative nei limiti di azione concessi a una Comunità montana che sta andando a chiudere come atto di contrasto politico a livello nazionale. Oltre a quello, gli amministratori sono i naturali interlocutori e destinatari delle proposte che gli SGL sapranno elaborare. In questo senso non avremo solo amministratori locali, ma anche regionali, credo per lo più del M5S, in contatto con alcuni senatori della Repubblica, quindi le nostre proposte arriveranno a tutti i livelli istituzionali. La capacità di trasformare quelle proposte in un percorso pratico è il vero e proprio ruolo che Etinomia intende assumersi nel corso dell’anno e che porterà, lo anticipo già, all’edizione 2014 degli SGL, che servirà a fare il punto della situazione rispetto agli impegni che in questo fine settembre decideremo di prendere. 
 
A proposito del ruolo delle amministrazioni e del condizionamento della loro azione da parte della popolazione: l’anno scorso, in un dibattito alla Festa della Riscossa Popolare di Massa, il sindaco di Venaus raccontava che il Comune aveva requisito, destinandola a fini sociali, l’area in cui doveva essere costruito il cantiere. E’ un esempio del fatto che un’amministrazione per rappresentare e attuare le istanze e gli interessi popolari deve assumere iniziative di rottura con vincoli, leggi e prassi.
Sono d’accordo, anche se bisogna capire che i ruoli istituzionali richiedono linguaggi e passi adeguati a quel tipo di posizione. Se vogliamo continuare a  pensare che sindaci e amministratori siano al nostro fianco in questo percorso che prevede sicuramente le pratiche come quelle dell’esproprio,  bisogna capire che gli amministratori possono assumersi la responsabilità di alcune azioni con dei limiti che stanno nell’ambito del mandato che hanno ricevuto. Secondo me i sindaci devono saper rappresentare anche la minoranza che non lo ha eletto, lo dico a chi lamenta la mancanza di presa di posizione sul campo degli amministratori. In realtà in Val di Susa li abbiamo visti alle manifestazioni, non si contano le conferenze stampa in difesa delle ragioni del movimento, non solo quelle legate al tema della TAV, ricordo ad esempio una conferenza stampa indetta dal sindaco di Avigliana e da quello S. Ambrogio contro il passaggio dei treni nucleari in Val di Susa. Chiaramente però non abbiamo mai potuto vedere né immaginare la presenza dei sindaci sui binari durante le occupazioni notturne e nemmeno i sindaci hanno potuto dare il placet a iniziative di contrasto di quel tipo. Però nella denuncia, nella chiamata alla partecipazione popolare, nello stimolare le iniziative di contrasto e di lotta, di fatto partecipano anche loro a un percorso di affrancamento e di maggiore consapevolezza. Ognuno in un movimento svolge il compito che gli è tipico, la somma di tutti questi passi, dal più istituzionale al più antagonista (nell’ambito di quello che un movimento assume come legittimo), rende grande un movimento. Detto questo, Etinomia vede negli amministratori i soggetti con cui confrontarsi e a cui portare proposte, stimoli e orientamenti.
 
Per degli amministratori locali “iniziative di rottura” non significa necessariamente occupare i binari, ma ad esempio violare i Patti di Stabilità per usare i fondi che ci sono, ma sono bloccati, per creare posti di lavoro, migliorare i servizi sanitari e scolastici, ecc.  
Questa volontà di rompere negli amministratori con cui ci confrontiamo c’è, però finché non si creano gli strumenti per poter operare fattivamente quel tipo di scelta e di decisione è difficile che un’amministrazione, che tra l’altro è regolata da segretariati e uffici di ragioneria che hanno un’autonomia rispetto alle decisioni della Giunta, è difficile che questo tipo di decisione e percorso possano essere portati fino in fondo fintanto che  non ci siano i margini per farlo nella più  completa correttezza istituzionale.
Questi temi però saranno ampiamente dibattuti nel corso degli SGL. La Comunità montana, per esempio farà una proposta dove destinerà quasi tutto il suo bilancio dell’anno prossimo, ovvio che è un’iniziativa simbolica perché è destinata alla chiusura, proprio al discorso del dibattito sul lavoro. Vi anticipo anche che, al tavolo che si occuperà di moneta complementare, una delle proposte che noi faremo è che i fondi bloccati dal Patto di Stabilità siano usati per andare a garantire una moneta locale che ha un corrispettivo in ricchezza reale e che i Comuni possano emettere una sorta di obbligazioni in qualche modo coperte dai fondi che sono intoccabili per questo scellerato Patto di Stabilità che costringe a un’austerità immotivata.
 
Quindi,  ci vediamo agli SGL…
Spero proprio di vedervi numerosi!

IL BILDEMBERG E LA CRISI DI GOVERNO

http://lanotteonline.com/2013/09/29/il-bildemberg-e-la-crisi-di-governo/

di Michele Imperio

enrico letta filoamericanoUna delle ragioni della rovinosa caduta di questo governo è l’infimo profilo del suo premier Enrico Letta, un’autentico minus habens!

Anche i bambini capiscono che il presidente di una coalizione di governo deve garantire i partiti che ne fanno parte e segnatamente i suoi leaders.
E’ convinzione di molti in questo paese che Silvio Berlusconi, in quanto già braccio finanziario diBettino Craxi, in quanto sostenitore del sovrainsmo e dell’autonomia dell’Italia rispetto a Stati Uniti e Gerrmania, sia perseguitato da quello steso segmento della Magistratura che già a suo tempo in ossequio a voleri superiori liquidò compeltamente il leader del P.S.I. Bettino Craxi con le inchieste sulla corruzione e gestì le stragi siciliane (“non sarà la Mafia a uccidermi ma alcuni miei colleghi Magistrati”Paolo Borsellino 18 luglio 1992)craxi
Però era chiaro che Berlusconi, accettando di collaborare in un govenro di cui era parte anche il Partito Democratico, invocava legittimamente una tutela quanto meno politica della sua persona nei confornti di questo segmento della Magistratura.
Ora su questo punto chiunque può pensarla come vuole, può pensare che Berlusconi è unperseguitato opure può pensare che Berlusconi è un bandito e che la Magistratura fa solo il suo dovere. Ma se si pensa in questo secondo modo non si accetta l’incarico di presiedere un governo che si regge anche sul sostegno di Silvio Berlusconi. Si rifiuta. E si lascia che il governo lo faccia un altro.
Invece Enrico Letta ha accettato e sin dal primo momento ha recitato la litania che il PDL deve tenere distinte le sorti di Berlusconi dall’azione di governo.
Ma – santiddio! – questa è una decisione che deve prendere il PDL! Con i suoi organi dirigenti!
E’ ridicolo che Enrico Letta si atteggi a segretario politico del PDL e voglia imporre lui al PDL la linea da seguire per gestire il caso Berlusconi.
Ancor più ridicolo è il fatto che egli, nel momento più caldo della crisi, pronunci l’espresione “prendere o lasciare” con riferimeno asll’adesione a questa linea, quando nemmeno dispone di una maggioranza alternativa a quella che – nonostante tutto – gli ha dato la fiducia.
Questo fa veramente sorridere!
la stampaIl quotidiano “la Stampa”, che sicuramente non la pensa come noi, descrive Enrico Letta nell’ ultimo consiglio dei ministri come se fosse un pugile: “Sono stufo – ha detto – e Napolitano è con me, di questi ricatti sulla questione giudiziaria di Silvio Berlusconi!”. Poi un colpo diretto al volto: «Basta con gli aut aut e le divisioni, adesso mi dite se siete ancora ministri di questo governo o se non lo siete più!”. Infine – sempre “la Stampa” – sferra un colpo basso: «Avete compiuto un’operazione vergognosa annunciando le dimissioni dei parlamentari mentre ero all’Onu!”. Né poteva mancare una minaccia d’addio: «Se non ci fosse questa legge elettorale mi sarei già dimesso… Comunque non ho alcuna intenzione di vivacchiare o di farmi logorare. O si rilancia il governo o è finita!».

Poi – continua il quotidiano “La Stampa” – Letta ha congelato il decreto con la “manovrina”. Ha messo il Pdl nella scomodissima posizione di essere responsabile dell’aumento dell’Iva. “E se scatenerete la crisi sarete responsabili anche del pagamento dell’Imu e di una probabile crisi finanziaria!”

berlusconi pensierosoOra ci dica il lettore: che altro poteva fare Silvio Berlusconi di fronte a qeusti stupidi e autoritari atteggiamenti se non rilasciare nella serata di ieri la seguente dichiarazione: «L’ultimatum di Letta è inaccettabile e irricevibile, i ministri del Pdl diano subito le dimissioni»?.

Se poi in una fase così delicata e calda dei rapporti fra lui e il P.D.L. Enrico Letta ci mette l’aumento dell’Iva quando uno dei patti fondanti di questo governo era quello che bisognava eviatere nel modo più assoluto ogni uteriore aumento di imposizione fiscale, che cosa si deve pensare di lui?.
In raaltà questo aumento dell’IVA non lo voleva nememno il P.D.letta 2. Lo voleva il Bildemberg rappresentato nel governo da Fabrizio Saccomanni perché non ci sono sufficienti risporse per continuare a finanziare le missioni all’estero.
bildembergDiciamo questo a riprova del fatto che il binomio Napolitano-Letta si sente più vincolato al Bilembergche non agli inetresoi del paese e in definitiva anche agli interesi del loro stesso partito.
Ma, ammesso pure che si dovesse fare nell’interesse o per comando del Bildemberg, questo colpo di mano, domando: è espressione di intelligenza politica farlo in questa maniera e con questi tempi?
E poi tanto per troncare ogni residuo margine di dialogo fra i due partiti P.D. e P.D.L., che ti fa Enrico Letta? Scrive una nota in cui definisce i gesti di Berlusconi «folli e dettati da motivazioni personali».
Cioè passa dai sermoni all’insulto.
Mi chiedo: ma per caso è pazzo?

Credo anch’io fermemente a questo punto nella necessità di riformare la legge elettorale perché se il P.D. è fatto da gente come Enrico Letta allora meglio, ma molto meglio, un sitema elettorale che lascia in piedi solo due coalizioni: quella che mi auguro si vorrà riunire intorno a Beppe Grillo (M5S, IDV, Vendola, Rifondazione Comunista) e quella che rimarrà con Silvio Berlusconi. Al limite meglio un colpo di stato militare che un governo retto dal P.D. e segnatamente da personaggi come Enrico Letta. Esponenti di quel tipo –ormai abbiamo capito – sono soltanto dei maggiordomi eunuchi al servizio di Germania e Stati Uniti nel convincimento – ormai fasullo – che Germania e Stati Uniti facciano anche i nostri interessi. Una volta era così. Ma a partire dalla caduta del muro di Berlino in poi, Germania e Stati Uniti sono quelli della trattativa, delle stragi, dell’euro e di tutte le cose che ci hanno inorridito e rovinato.

Domando: Possiamo dire a questo punto o con Grillo o con Berlusconi – non ha importanza – la parola “basta”?

Michele Imperio

Enrico Letta: “Il Popolo della Libertà? E’ meglio di Beppe Grillo”

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/13/enrico-letta-il-popolo-della-liberta-e-meglio-di-beppe-grillo/292738/

Il vicesegretario del Pd al Corriere: “Alleanza con Vendola e Udc, governo in continuità con Monti”. Sul comico: “Ha tre idee, uscire dall’euro, non ripagare i debiti e non dare cittadinanza ai figli degli immigrati”. Voi cosa ne pensate? Ditelo con il nostro sondaggio

Il vicesegretario del Pd Enrico Letta

E forse al vicesegretario non vengono in mente gli elettori imbufaliti che minacciano di occupare le sedi del partito in caso di alleanza con l’Udc: l’obiettivo dichiarato è un “governo politico competente che sia in continuità con Monti, come contenuti e come uomini”. Dopo Monti ancora Monti? Qualcosa di molto simile, in ogni caso, perché l’emergenza economica non finirà presto e nessun partito, oggi, ha forze sufficienti per cavarsela da solo. E forse nemmeno l’intenzione di accollarsi il peso di scelte lacrime e sangue davanti all’elettorato. Per questo Letta pensa ad uno spazio politico molto allargato in cui, dopo le tensioni delle scorse settimane, solo l’Idv di Di Pietro non troverebbe spazio ma in cui Casini sarebbe accolto a braccia aperte. Del resto, nella stessa ottica di continuità con l’attuale linea di governo, Letta guarda con molta preoccupazione al ritorno in campo di Silvio Berlusconi. Un nome capace di agitare da solo lo scacchiere politico (ed economico), che Letta paragona a uno di quei pugili suonati “che si fanno convincere a patetici ritorni sul ring”. 

Al di là delle similitudini, il numero due dei democratici lo dice chiaramente: il Pdl di Alfano “si è rivelato un interlocutore affidabile e credibile. Il ritorno di Berlusconi – invece – è una mina” che “blocca la trasformazione del Pdl” da “predillino” a “moderno partito conservatore europeo”. Ma per quanto l’ex premier possa esplodere da un momento all’altro, resta pur sempre meglio di un Parlamento popolato dal 5 stelle. Anche sul fronte della legge elettorale, democratici e Popolo della Libertà dovrebbero incontrarsi per cambiare il Porcellum: “E’ il male assoluto – dice ancora Letta – votare con questo vorrebbe dire prolungare l’agonia della seconda Repubblica e aprire la strada a Grillo”. E se i “grillini sono una spinta per la trasparenza”,dice ancora Letta, da un punto di vista programmatico Grillo ha solo tre obiettivi: “Non ripagare i debiti, uscire dall’euro e non dare la cittadinanza ai bambini immigrati nati in Italia”. Sarà, ma anche Berlusconi non sembra pensarla molto diversamente, almeno su euro e immigrazione.  

Il Cavaliere, per parte sua, pare però aver capito altrettanto bene che il Pdl in emorragia di consensi non sarebbe mai in grado di governare la crisi. E nell’ottica del rientro sulla scena ha dato la nuova linea ai suoi: “Non faremo una campagna elettorale contro Monti”. Nessuno, insomma, vuole bruciare l’attuale presidente del Consiglio, oggi – consapevolmente – unico garante del buon nome italiano all’estero. Così come nessuno vuole rimanere con il cerino della crisi in mano o, peggio, consegnare il Parlamento alle fiamme di Grillo. 

Emerge il vero ruolo delle “organizzazioni umanitarie” pilotate dagli USA

Posted By Luciano Lago On 25 settembre 2013
Terroristi con tenda USAID [1]
di Luciano Lago

 Un nostro corrispondente dal Medio Oriente ci ha trasmesso questa foto che ritrae uno dei leaders della rete terroristica di ISIS, affiliata ad al Quaeda, in Siria mentre utilizzano una tenda fornita da USAID, l’agenzia che si occuperebbe  di “sviluppo internazionale” ma che è stata denunciata innumerevoli volte in America Latina come agenzia di spionaggio USA che, dietro apparenti attività “umanitarie”, in realtà si occupa di intervento politico nei paesi del terzo mondo.

Il comandante Muhayirin Kavkaz wa Sham , nella foto, risulta il capo di questa formazione terroristica che proviene dall’Irak ed è una filiale di al Quaeda, attiva nella guerra scatenata dagli USA ed Arabia Saudita contro la Siria. La foto conferma quanto affermato da numerosi analisti che gli aiuti e le forniture militari fornite dagli USA ai ribelli arrivano direttamente nelle mani dei terroristi dei gruppi affiliati ad al Quaeda.

Fra l’altro questa organizzazione ultimamente ha proclamato una “campagna di pulizia” dal male contro i gruppi dell’opposizione che risultano troppo filo occidentali.

Soltanto due giorni fa il presidente boliviano Morales aveva denunciato che la USAID veniva utilizzata nel suo paese per attività di destabilizzazione, così come attività similari erano state denunciate in precedenza anche in Venezuela ed in Russia, dove il governo di Putin ne aveva decretato l’espulsione (nel settembre 2012) ed aveva denunciato le attività spionistiche e di ingerenza politica attuate dalla USAID.

http://www.noticiaspia.org/rusia-expulsa-a-la-usaid-por-injerencia-en-asuntos-politicos-internos/ [2]

http://www.contrainjerencia.com/?p=48957 [3]

D’altra parte non c’è niente di nuovo, visto che erano state pubblicate le rivelazioni di Wikileaks riguardo alle tecniche di infiltrazione pianificate dal Dipartimento di Stato USA verso i paesi considerati”non allineati” agli interessi americani, tecniche che prevedono l’utilizzo di queste organizzazioni che si occupano ufficialmente dei “diritti umani” dello “sviluppo” ed altri nobili scopi ma ben altre sono le loro finalità. Come USAID viene utilizzata in Medio Oriente ed in America Latina, Freedom House, altra organizzazione “umanitaria”, si è occupata di attività di infiltrazione politica in Ucraina ed in altri paesi dell’Est Europa ed un numero imprecisato di ONG create appositamente e finanziate dagli USA o da entità finanziarie internazionali.

In particolare erano stati pubblicati da Wikileaks i telegrammi trasmessi dall’ambasciatore USA in Venezuela, William Brownfield, che dimostravano la funzione di sostegno di questo ambasciatore ad attività dell’opposizione al governo di Chavez. In occasione delle elezioni presidenziali in quel paese, da un telegramma intercettato si era appreso che l’ambasciatore contava sulle attività di una serie di ONG create in Venezuela e finanziate dalla USAID con la finalità di rovesciare il governo e difendere gli interessi delle multinazionali USA presenti nel paese. Segue la descrizione in dettaglio delle attività di destabilizzazione del paese e gli sforzi per creare delle divisioni nel partito lealista ed isolare politicamente il presidente Chavez. L’obiettivo strategico era quello di “favorire la nascita di organizzazioni nella società civile allineate con l’opposizione”.

Obiettivo tuttavia fallito con la rielezione plebiscitaria del presidente Chavez.

Le stesse tecniche vengono applicate in Siria, con la variante dell’intervento nel conflitto di gruppi di agenti CIA e di mercenari della Blackwater  con il preciso compito di addestrare e di fornire armamenti e logistica ai miliziani anti Assad, in buona parte stranieri, infiltrati dal confine con la Turchia e dalla Giordania.

Anche in questo caso in prima fila troviamo queste organizzazioni come la USAID che fornisce logistica, rifornimenti ed assistenza ai miliziani salafiti, con l’obiettivo di destabilizzare il paese ed ottenere il rovesciamento di un regime, quello di Assad, non “allineato” agli interessi degli Stati Uniti.
 http://www.stampalibera.com/?p=66797

Tav, il geologo del ministero arrestato: “Sto forzando la mano per fare la Cispadana”

Nell’ambito della maxi-inchiesta della procura di Firenze sugli appalti Tav, che ha portato agli arresti tra gli altri dell’ex governatrice Pd dell’Umbria Maria Rita Lorenzetti, spuntano le conversazioni di Walter Bellomo, militante Pd e membro della commissione di impatto ambientale. Al centro delle telefonate l’iter per l’approvazione della grande opera emiliana

 di David Marceddu –

  “Io mi sono preso l’impegno che in tempi rapidissimi, quindi significa marzo, massimo primi di aprile, noi chiudiamo questa procedura”. È il 10 gennaio 2013, Walter Bellomo, geologo, membro della Commissione per la Valutazione d’impatto ambientale (VIA) è al telefono con un suo collega del ministero dell’Ambiente, che sta trattando in quei giorni la pratica per approvare il progetto della Cispadana. Si tratta di un’opera sponsorizzata dal Pd, la prima autostrada regionale in Italia, avversata da anni dalle popolazioni dell’Emilia, tra Reggiolo e Ferrara, le stesse popolazioni colpite nel frattempo dai disastrosi terremoti del 2012. Ora, nell’ambito della maxi-inchiesta della procura di Firenze sugli appalti Tav, che ha portato agli arresti tra gli altri dell’ex governatrice Pd dell’Umbria Maria Rita Lorenzetti e lo stesso Bellomo, anche lui militante Pd, spuntano le conversazioni telefoniche che hanno riguardato anche l’iter per l’approvazione della grande opera emiliana.

Le carte della Cispadana arrivano alla VIA il 3 ottobre 2012. Bellomo, è quanto scrive il gip Angelo Antonio Pezzuti, si dà da fare immediatamente per velocizzare l’iter burocratico in cambio di alcuni favori. L’ingegnere palermitano prende contatti con Cinzia Cammarata, dirigente di CoopSette, colosso delle cooperative rosse emiliane e in quanto tale anche dirigente di ARC, il consorzio creato per costruire la Cispadana, di cui CoopSette è tra i principali azionisti. “Siccome giustamente io sto forzando un po’ la mano… e Francesco Di Mino e Giuseppe Chiriatti [entrambi componenti della commissione VIA e non indagati, ndr] non avranno la possibilità di venire avendosi letto tutte le carte (…), la cosa che ti chiedo – spiega Bellomo a Cammarata – è comunque di evidenziare tutte le criticità che ci possono essere così da evitare un secondo sopralluogo”. Sempre con Cinzia Cammarata (che non è indagata), Bellomo si premura affinché sia preparata una relazione sintetica per la commissione: “Avete messo in crisi i miei poveri commissari (…) visto che oggi ci hanno liquidato in mezz’ora dicendo: ‘No no… abbiamo già capito tutto … però tornate con la sintesi’”. Bellomo prosegue rivolto alla rappresentante dei costruttori dell’autostrada: “Ora tu devi fare una cosa (…) perché noi vogliamo raggiungere l’obiettivo, perché non li possiamo costringere a studiarsi tutte queste carte”.

 Chi sembra avere perso di vista l’obiettivo comune invece è il commissario Di Mino. Il 10 gennaio 2013 Bellomo ribadisce a Giuseppe Chiriatti che il loro collega nella commissione VIA sembra non reggere più una cosa “molto più grossa di quello che lui possa fare”: “Se lui ha questa difficoltà perché capisce che il problema è troppo grosso per poterlo lui affrontare in maniera adeguata, io cercherò… non ci vuole niente: lo sostituiamo. Non è che ora casca il mondo”. Chiriatti dal canto suo sembra pronto a occuparsi del problema personalmente: “Walter ti stoppo subito. Me la vedo io. Se lui ha difficoltà prendo la referenza e vado avanti, non ti preoccupare ci penso io”. A far dubitare Bellomo è stata la reazione di Di Mino a un’obiezione presentata dall’associazione ambientalista Wwf in commissione VIA: “Se lui [Di Mino] parte dal presupposto ‘Ah! ma io c’ho un’osservazione del Wwf che mi dice che il lavoro è inutile e quindi poi facciamolo approvare un progetto che c’è il Wwf che mi dice che è inutile’…”. Bellomo è preoccupato: “Io mi sono preso l’impegno che in tempi rapidissimi chiudiamo questa procedura. Lui [Di Mino] non sta lavorando per raggiungere questo obiettivo, perché se lui vuole raggiungere questo obiettivo, già come dire, è partito male”.

 A metà dicembre 2012 Bellomo scrive un messaggio a Cammarata spiegandole dell’approvazione da parte della commissione dei pareri sul Put e sulle varianti di autorizzazione paesaggistica. “È il mio regalo di Buon Natale!”, scrive Bellomo. Ma a metà gennaio il giochino si interrompe: Walter Bellomo è oggetto di una perquisizione della Guardia di Finanza il 17 gennaio. Anche l’ex governatrice Lorenzetti quel giorno riceve la visita delle fiamme gialle. L’inchiesta della procura di Firenze sta portando i primi frutti. L’affare della Cispadana per Bellomo è ormai una rogna: “Sì, ho qualche problema”, spiega al telefono al commissario Di Mino. “No no… fai quello che ti consiglio io: fai una nota in cui metti in evidenza la difficoltà del problema e la necessità di aspettare”. Poi senza mezzi termini conclude: “Nello specifico io di questa cosa non me ne voglio occupare più”.

 Secondo il giudice per le indagini preliminari Pezzuti che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, Walter Bellomo, che a febbraio 2013 è stato a un passo dalla candidatura in parlamento col Pd, ha tratto da tutto questo intreccio di contatti, compreso l’affaire Cispadana, una serie di vantaggi come consulenze professionali, assunzioni di parenti. Tutte cose incompatibili con la sua funzione di pubblico ufficiale, che dovrebbe valutare quei progetti, per i quali invece le imprese si rivolgevano a lui cercando un’approvazione più rapida. Nei giorni scorsi il Movimento 5 Stelle in parlamento, il consigliere regionale Giovanni Favia e i comitati dei cittadini hanno chiesto di fermare il progetto dell’opera alla luce degli svuiluppi giudiziari.

 La replica. “Mi sono occupato della cosa solo nelle fasi embrionali”, spiega a ilfattoquotidiano.it Giuseppe Chiriatti, membro della commissione VIA che compare nelle intercettazioni. “Dal 9 dicembre sino a marzo ho infatti avuto gravi problemi di salute: a dicembre e gennaio ancora dialogavo, ma da febbraio sono stato in rianimazione. Non ero in condizioni di poter valutare i documenti. Sì, ci fu forse qualche telefonata, ma si parlava di cose che poi si sarebbero dovute comunque valutare dopo. Io poi fui estromesso dal gruppo che si occcupava del tema. In quel periodo – ha proseguito Chiriatti – avevo sentito anche l’ingegnere Di Mino, referente del gruppo, e ho potuto dare una mano iniziale nell’andare a fare una disamina di tutta la documentazione, ma poi sono scomparso dalla vicenda”.