Il capo della Polizia ispeziona anche i boschi di Chiomonte

Da: il Fatto

 ALESSANDRO PANSA NEI CANTIERI DELLA VALSUSA. PIÙ SICUREZZA PER LA “TA L PA”

di Gianni Barbacetto

   Imargini di dialogo si sono assottigliati come la distanza tra la Talpa e la roccia: solo 200 metri. Da domani la macchina sarà spinta lentamente dagli argani dentro l’imbocco scavato a mano del tunnel e tra un mese comincerà a mangiare il ventre della montagna. Da una parte Robbins, la grande Talpa, dall’altra la roccia viva. Così anche fuori, nella valle: da una parte lo Stato, con la sua volontà di realizzare a ogni costo il tunnel per il treno veloce Torino-Lione, dall’altra un movimento che da 23 anni si oppone al Tav. Dopo due decenni di discussione e di scontri, i due fronti si sono radicalizzati per l’ultimo atto.    SIAMO ALLO SCONTRO finale. Lo Stato ha raddoppiato i soldati che devono presidiare il cantiere, ha mandato come prefetto a Torino una donna che era vicecapo della polizia, ha annunciato per bocca del ministro del-l’Interno che il “Tav si farà, delinquenti e bombaroli si rassegnino”. Ieri è arrivato in visita al cantiere anche il capo della polizia Alessandro Pansa, accompagnato dal procuratore di Torino Gian Carlo Caselli. Ha voluto fare un giro fuori dalle reti e vedere i boschi dove agiscono i militanti. Il movimento ha ribadito che invece il Tav non si farà. Se lo Stato accentua la militarizzazione della valle per far procedere i lavori, chi si oppone sembra dover alzare il livello dello scontro, passare ad atti violenti, ricorrere ai sabotaggi (14 negli ultimi mesi). Gruppi organizzati (specialmente nel-l’area anarco-insurrezionalista) stanno utilizzando la Valsusa come una grande palestra per allenarsi e combattere la loro guerra. Perfino due brigatisti dell’ultima ondata (Alfredo Davanzo e Vincenzo Sisi) hanno detto la loro sul web, invitando il movimento No Tav a “compiere un altro salto in avanti”. Sufficiente a creare una polemica su un commento di Stefano Rodotà, che aveva valutato “deprecabile ma comprensibile” l’invito dei brigatisti in carcere. “Che altro vi aspettavate da loro?”, ha poi spiegato.    I prossimi si annunciano cruciali. Come reagirà il movimento No Tav, quello che si vede in carne a ossa in Valsusa, fatto di gente normale, giovani e vecchi, persone semplici e professionisti, vera comunità di popolo che in tanti anni ha stretto rapporti e segnato coscienze e che alle ultime elezioni ha affidato al M5s percentuali superiori al 40 per cento, strappando il seggio del Senato al Pdl per darlo al grillino Marco Scibona? “Vedete?”, rispondono in Valsusa, “ci riducono a delinquenti e bombaroli. Non siamo né l’una né l’altra cosa, siamo un popolo che combatte per salvare la sua valle da un’opera costosa, inutile e dannosa” . Ma tra un mese la Talpa, protetta dai soldati, addenterà la montagna: ormai la guerra dei No Tav sembra persa. “No, non siamo sconfitti”, risponde una donna No Tav dalla prima ora. “Intanto questa è solo una galleria di servizio, spacciata per tunnel geognostico per aggirare le norme sugli appalti. Il mega-tunnel vero cominceranno a scavarlo, se cominceranno, tra un paio d’anni. Ma noi non ci sentiamo sconfitti perché la valle c’è. Perché continueremo a lottare contro questa violenza alla natura e al nostro futuro”. Cresce il livello di violenza anche dentro, o accanto, il movimento. La parola sabotaggio ormai circola liberamente in valle, anche se ciascuno la declina a suo modo. Lo schema che ha funzionato fin qui era: valsusini pacifici-gruppi esterni violenti. Funziona ancora? I No Tav dicono di rifiutare la violenza, ma non tagliano alcun ponte, non recidono alcun contatto: “Non accettiamo la divisione tra buoni e cattivi. Chiunque venga a sostenere la nostra lotta è benvenuto. Però chi compie azioni che ci danneggiano non è dei nostri”, dicono. Aggiungono i 5 stelle: “Ci mancavano solo le Br a sporcare la sacrosanta lotta No Tav in Valsusa. I proclami folli di questi personaggi fanno il gioco di chi non ha più argomenti per difendere la scelta criminale del Tav”.    Intanto tecnici come il professor Marco Ponti invitano a guardare Oltralpe: la Francia potrebbe bloccare il progetto. E comunque sarà dura anche in Italia, quando tra qualche mese il Parlamento, con i 5 stelle all’attacco, dovrà ratificare il trattato italofrancese per passare alla realizzazione dell’opera. “No, non siamo ancora sconfitti”, ripetono in Valsusa.

Il capo della Polizia ispeziona anche i boschi di Chiomonteultima modifica: 2013-09-25T07:46:00+02:00da davi-luciano
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