No Tav: gli infiltrati del caos

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di Lirio Abbate e Tommaso Cerno

Un centinaio di insurrezionalisti a cui non interessa nulla della protesta ambientale si sono trasferiti in Val Susa per farne un laboratorio di guerriglia e azioni eversive. Da esportare poi nelle città. La procura di Torino indaga

(19 settembre 2013) La ‘pericolosità’ e la ‘micidialità’ di gruppi eversivi, di anarchici insurrezionalisti e autonomisti che ormai si sono infiltrati nella rivolta in Val di Susa fa sospettare a inquirenti e investigatori una escalation di violenza che potrebbe diffondersi in altre zone del Paese. E le inchieste avviate dalla procura di Torino lo stanno dimostrando.

‘L’Espresso’ in edicola da venerdì 20 settembre svela i retroscena di queste nuove brigate No Tav.

I magistrati di Torino, guidati da Gian Carlo Caselli hanno arrestato e indagato fino adesso un centinaio di persone e nelle ultime settimane hanno alzato il tiro procedendo per «attentato per finalità terroristiche e di eversione».

Con la convinzione di inquirenti e investigatori che, dopo indagini, controlli, intercettazioni, il tunnel dell’Alta velocità in Val di Susa sia ormai diventato un pretesto. E serva a mettere in scena azioni “micidiali” che riportano alla mente gli anni di piombo.

Così come scrivono nei provvedimenti di arresto, che sommati sono ormai quasi un centinaio. Tra loro sono finiti in carcere figli di magistrati e politici locali.

La valle alle porte di Torino sembra essere diventata un laboratorio di guerriglia urbana. Quasi una palestra nella quale alcuni ‘professionisti della violenza’ agiscono indisturbati. Mentre il popolo No Tav continua la sua battaglia silenziosa, senza tuttavia prendere le distanze dai gruppi ‘anarchici’. Gente che sale in valle da mezza Italia, in gran parte da Milano, Trieste, Bologna, Firenze, ma anche dalla Calabria e dalla Sicilia. Altri dall’estero e non solo dall’Europa: Spagna, Francia, Russia, ma anche Brasile.

Non si tratta di ipotesi ma verifiche della Digos che ha identificato decine di anarchici. Dal 2011 sono stati emessi 104 fogli di via, mentre una trentina solo in questo anno, in gran parte provenienti da paesi europei, che la polizia ha accompagnato alla frontiera perché considerati violenti e indesiderati.

Si trovavano in Val di Susa come se partecipassero a un corso di formazione. Uniti da un progetto: usare quel cantiere del Tav, divenuto simbolo di una lotta, come obiettivo per sperimentare la guerriglia urbana da spostare in altre zone del Paese.

I magistrati sono i primi a fare una distinzione: una cosa è il movimento No Tav che porta avanti una protesta di stampo ambientalista, altra cosa i No Tav di ultima generazione.

Da quanto emerge dalle inchieste e dalle intercettazioni, non rimane molto di quel vecchio ideale ambientalista. Nei blitz violenti e negli attacchi alle forze dell’ordine che presidiano il cantiere investigatori e magistrati vedono dell’altro. Emerge dalle inchieste coordinate da Caselli, dall’aggiunto Sandro Ausiello e dai pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo.

Il cantiere della Clarea è diventato il palazzo d’inverno che autonomi e anarchici insurrezionalisti devono conquistare «come obiettivo politico da raggiungere per poter poi crescere e maturare e dilagare con questi metodi di lotta sperimentati in valle».

Un salto di qualità, forse non del tutto ancora pianificato, ma nell’aria. Possibile, ipotizzabile. Per questo motivo si teme il dilagare di questi episodi in altre città. E anche per questo motivo la procura di Torino ha avviato indagini collegate e scambi di informazioni con altri uffici inquirenti, come quello della procura di Milano.

Intercettazioni e indagini sul campo svelano retroscena di ‘micidialità’ che se messi in pratica in altre zone del Paese potrebbero sconvolgere la vita democratica.

L’inchiesta completa è su ‘l’Espresso’ in edicola da venerdì 20 settembre

No Tav: gli infiltrati del caosultima modifica: 2013-09-20T09:42:32+02:00da davi-luciano
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