Piccinin: “il gas usato è stato usato dai ribelli, ho ascoltato le loro conversazioni”

Pubblicato da ImolaOggi

 set 9, 2013

pierre

9 sett – Domenico Quirico, il giornalista de “La Stampa” liberato domenica dopo essere stato rapito in Siria, “ha subìto due false esecuzioni con una pistola”. Lo ha rivelato l’insegnante belga Pierre Piccinin, suo compagno di prigionia, il quale ha spiegato che entrambi sono stati sottoposti a “violenze fisiche”. I due hanno tentato due volte la fuga, ma, ricatturati, sono stati puniti. Poi la clamorosa rivelazione: “Assad non ha usato i gas“.

 

“Il regime non ha usato i gas” – “E’ un dovere morale dirlo. Non è il governo di Bashar al-Assad ad avere utilizzato il gas sarin o un altro gas nella periferia di Damasco”, ha spiegato Piccinin alla radio RTL-TVi, riferendo di una conversazione, ascoltata a sorpresa, tra i ribelli.Piccinin ha aggiunto che ammetterlo “mi costa perché da maggio 2012 sostengo con decisione l’esercito libero siriano nella sua giusta lotta per la democrazia . “Per il momento, però, per una questione di etica Domenico ed io siamo determinati a non fare uscire i dettagli di questa informazione”.“Quando la ‘Stampa’ riterrà che è venuto il momento di dare dettagli su questa informazione, lo farò anch’io in Belgio”, ha spiegato l’insegnante belga. Piccinin ha raccontato quindi che, quando il 30 agosto, lui e il giornalista italiano hanno appreso dell’intenzione degli Usa di agire in seguito all’uso, attribuito al regime, delle armi chimiche “avevamo la testa in fiamme: eravamo prigionieri laggiù, bloccati con questa informazione e per noi era impossibile darla”.

 

“Odissea terrificante” – I cinque mesi di prigionia “sono stati un’odissea terrificante attraverso tutta la Siria”. “Siamo stati trasferiti molte volte in diversi posti – racconta Piccinin – . “Non era sempre lo stesso gruppo che ci teneva prigionieri, e questi gruppi erano molto violenti, molto anti-occidentali e islamici anti-cristiani”.

 

Quirico in Procura – Quirico sarà interrogato nell’ufficio del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo assistito dai pm Francesco Scavo e Sergio Colaiocco. Sul caso a Roma è aperto un fascicolo nel quale si ipotizza il reato di sequestro di persona con finalità di terrorismo.

http://www.imolaoggi.it/2013/09/09/piccinin-il-gas-usato-e-stato-usato-dai-ribelli-ho-ascoltato-le-loro-conversazioni/


 

Macchine per il Tav a fuoco, Esposito nel pallone

http://www.notav.info/post/macchine-per-il-tav-a-fuoco-esposito-nel-pallone/

083454159-5f14c478-f7ff-4551-bbf9-a349e6191be5da Contropiano – Tre betoniere della Imprebeton, azienda impegnata nei lavori della Torino-Lione, sono andate a fuoco. L’incendio si è verificato a Salbertrand, nella sede dell’azienda, e si è esteso alla vicina officina. Chiuso per precauzione un tratto dell’autostrada del Frejus.

Le cause dell’incendio sono al momento ignote a tutto il mondo, meno che al senatore del Pd Stefano Esposito, ormai approdato ai segreti della gnosi.

“Contro i mafiosi No Tav – è riuscito a dire – non resta che applicare le leggi previste per la mafia”.

Il povero senatore dovrebbe sapere, per motivi di ufficio, se non altro, che la mafia incendia, uccide, ricatta, ecc, per far fare le grandi opere. Su cui guadagna tramite appalti e subappalti. Non dovrebbe essergli infatti ignoto che il primo comune del Nord ad essere sciolto per mafia, nel 1995, è stato Bardonecchia. Uno dei pochi della Val Susa, se non proprio l’unico, a poter “vantare” qualche diffusa simpatia “sì tav”. Ma deve trattarsi certamente di una sfortunata coincidenza…

Le denunce sulle infiltrazioni di ‘ndragheta e mafia nei subappati della Torino-Lione sono state avanzate più volte proprio dal Movimento No Tav, visto che governo ed enti locali facevano finta di non vedere, non sapere, non sentire.

Infine, c’è da cogliere la finezza della cultura giuridica del suddetto senatore, che trova “normale” giocare con le leggi, al punto di proporre l’applicazione di norme specifiche (quelle antimafia) contro i movimenti popolari di opposizione. Oppure può darsi che, dalle sue parti, certe distinzioni tra i soggetti con cui si ha a che fare non sono abituali…

Ridiamoci sopra, Erri de Luca

http://blog.ilmanifesto.it/scienziato/2013/09/09/erri-de-luca/

IL MANIFESTO BLOG
   D’ambiente, nucleare, TAV e altri mostri…di Massimo Zucchetti
 
 
 
  • Quando l’anno scorso alcuni dimenticabili personaggi – scriba del peggiore giornale italiano oggi in stampa e politicanti adattissimi al modo con il quale sono stati eletti, il salvifico porcellum – mi hanno brevemente preso di mira per cercare di rovinarmi la vita e danneggiarmi in ogni modo fino a perdere il lavoro, soltanto per il fatto che sono un tecnico ed uno scienziatino che si occupa di TAV e ne è un fiero oppositore, mi illudevo fosse impossibile subire di peggio.
    Evidentemente mi sbagliavo.

    Erri de Luca

    Erri de Luca

    Uno scrittore molto bravo, notoriamente oppositore del TAV, ribadisce le sue posizioni in alcune recenti interviste: Erri de Luca è un NOTAV che non si limita al bla-bla, ma che spende la sua faccia, e la sua notorietà, per quello in cui crede.
    Avrebbe potuto tranquillamente appartenere all’immensa pletora dei cosiddetti “intellettuali di sinistra” che non dicono una parola di troppo per non rischiare di perdere gli inviti a “Che Tempo che Fa” degli alternativi Fazio&Littizzetto, sempre attenti al proprio fatturato, alla propria immagine pubblica di cui sono perdutamente innamorati, e al piacere del loro mecenate di turno, che magari elargisce ottimi inviti in barca per il mese di agosto. Gli intellettuali “equilibrati e indipendenti”, la peggior rovina d’Italia e responsabili del sottosviluppo culturale attuale e che a loro stessi conviene.
    Erri de Luca non è così: ha detto quel che pensa, come nel mio piccolissimo ho sempre fatto io.
    A causa di questa sua presa di posizione, decisamente NOTAV, viene letteralmente linciato pubblicamente, fino ad arrivare all’ovvia denuncia penale intimidatoria da parte di LTF (Lyon-Turin Ferroviare, un nome un programma) ed all’invito al boicottaggio dei suoi libri da parte di un tal senatore del pdl di cui non ricordo il nome.
    Ovviamente la stampa serva si accoda volentieri all’operazione, come ad esempio Repubblica, noto quotidiano di sinistra, che pubblica una sua foto con il pugno chiuso davanti alla telecamera in posizione Mike Tyson, con titoone “ERRI DE LUCA: HO PARTECIPATO AD AZIONI DI SABOTAGGIO”.

    Stupendo. Erri de Luca sarà il nuovo grande vecchio del nuovo terrorismo NOTAV? Forse è troppo poco anziano per questo, lasciamo il titolo a Gianni Vattimo, che si permette di andare a visitare alcuni detenuti nelle carceri e per questo viene convocato in Procura per accertamenti.
    Erri de Luca è un cattivo maestro. Come vorrei essere io, che però non ho il suo talento nello scrivere, non ho tutto il suo coraggio ma solo un po’, e una limitatissima notorietà.
    Ma se potessi scegliere di essere qualcun altro, oggi sceglierei di essere Erri de Luca. Nonostante sia all’opposto delle sue idee per quanto riguarda la questione Palestina-Israele, che non trovo per nulla adatte a lui, nonostante ciò, questo piccolo blogger scientifico vuole esprimergli la più totale, piena, massima solidarietà.
    Vale sempre il detto di Gino Strada: “Certa gente mi attacca? Lo metto in curriculum”.

di massimozucchetti 
pubblicato il 9 settembre 2013 

Siria, le bugie al G20

In barba ai censori del pensiero unico e degli intolleranti, Rinascita è ritornata on line.
I despoti arroganti non si daranno certo per vinti, si sa.

Ugo Gaudenzi

Da venerdì a oggi, le prime pagine dei principali media occidentali si sono prodotte in un diluvio di disinformazione su quanto emerso a latere del vertice dei G20 sulla questione siriana.
Tutti, o quasi, i megafoni del pensiero unico liberaldemocratico hanno sottolineato la “maggioranza” di consensi che avrebbe ricevuto il “nobel per la pace” Obama alla sua richiesta di guerra alla Siria (undici sì contro i nove no guidati dal presidente russo Putin).
Oltre all’evidente rimozione che il fronte dei dieci partners embedded ai disegni bellici Usa non ha affatto “votato la guerra” all’unanimità, ma con ampie e sostanziose riserve, l’informazione agli ordini della Casa Bianca ha tralasciato di riferire che tra i G20 che hanno contestato la proposta di guerra nordamericana figurano la Cina, l’India, l’Indonesia, l’Argentina, il Brasile, il Sudafrica, e cioè governi di popoli che, assieme alla Russia, rappresentano già solo loro più del 50 per cento dell’umanità. Per non accennare ai cospicui riferimenti complessivi ad una necessaria eventuale ma improbabile (visti i veti di Mosca e Pechino) risoluzione dell’Onu.
Lo stesso Putin ha inoltre duramente dichiarato che “l’uso di forza contro uno Stato sovrano è possibile soltanto in caso di autodifesa e – come ben sappiamo – la Siria non ha affatto attaccato gli Stati Uniti d’America” e, quindi, agendo senza una decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, gli Usa si porrebbero come dei “fuorilegge”.
D’altra parte il presidente russo ha ripetuto che il famoso attacco (del 21 agosto scorso) con armi chimiche, utilizzato finora come imaginifico pretesto angloamericano e francese per proporre l’intervento bellico “umanitario” (sic) “non è stata che una provocazione degli insorgenti armati per ottenere l’aiuto esterno, dai paesi che li hanno sostenuti fin dal primo giorno”.
Esattamente, cioè, la versione contraria a quanto sbandierato dal fronte occidentale (Uk, Francia, Italia (purtroppo), Australia, Canada Corea del sud, Arabia saudita, Spagna, Turchia, Giappone), nella dichirazione  di sostegno alle mire guerrafondaie di Obama che è risultato peraltro il solito documento-contraddittorio che se da una parte imputa al governo di Damasco l’utilizzo di armi chimiche, dall’altra – indicando come necessaria una non meglio specificata “forte risposta internazionale” – riconosce che “il conflitto in Siria non può innestare soluzioni militari” e riafferma “l’impegno alla ricerca di un accordo politico di pace attraverso la messa in opera del comunicato di Ginevra del 2012” (per una conferenza di pace).
In conclusione la parola resta alle Nazioni Unite, con la Russia che ha già avvisato che non accetterà un’aggressione multilaterale stile Serbia o Afghanistan o Libia. E che vedrebbe l’Italia nell’ormai consueto ruolo di scendiletto atlantico.
Il mondo , insomma, è sull’orlo del precipizio. E l’Italia si è piazzata sciaguratamente sul costone di roccia in bilico.


07 Settembre 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=22356

Obama l’imposteur

LUCMICHEL.NET/ OBAMA LE DOCTEUR FOLLAMOUR DU PRIX NOBEL …

 En Bref / avec PCN-SPO /

2013 09 08 /

 Mister Obama “I can drone” ou le Docteur Folamour (Dr Strangelaw ds la version anglaise du célébre film de Kubrick) du Prix Nobel …

Dès l’élection d’Obama nous avions dénoncé l’imposture (*).

C’était l’époque où beaucoup se laissaient avoir sans pudeur. En Afrique, à gauche. Y compris à Tripoli.

 A la question « Que penser de la victoire d’Obama et de l’imposture de l’ « Obamania » ? », je répondais dès novembre 2008 « LES « BONS ETATS-UNIS » CA N’EXISTE PAS ! ». Et j’expliquais QUI se dissimule derrière Obama. Relire mon édito (**) …

 Obama est le CHOIX du Système politique américain et de son lobby militaro-industriel pour répondre au déficit d’image des USA après les deux présidences Bush II. Une opération de com, un joli coup de pub.

 Dont le point d’orgue a été l’attribution du prix Nobel de la paix (Nobel étant lui même l’inventeur qui a permis les crimes de masse des temps modernes) à un président qui menait alors déjà deux guerres.

 LM

 (*) Lire :

PCN-INFO, 28 janvier 2013 / AMERICANOLATRIE : OBAMA ET LES MEDIAMENSONGES DES PRESSTITUTES DE L’OTAN

sur http://www.elac-committees.org/2013/01/28/pcn-info-americanolatrie-obama-et-les-mediamensonges-des-presstitutes-de-l%e2%80%99otan/

 (**) PCN-INFO, 16 novembre 2008 / QUE PENSER DE LA VICTOIRE D’OBAMA ET DE L’IMPOSTURE DE L’ « OBAMANIA » : LES « BONS ETATS-UNIS » CA N’EXISTE PAS !

sur http://www.pcn-ncp.com/PIH/pih-081116.html

_________________________

 

Luc MICHEL /

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ALMUNIA: MONTEPASCHI, AUMENTO DI CAPITALE PER PIU’ DI UN MILIARDO O NAZIONALIZZAZIONE. ITALIANI: SI SIGNORE PADRONE…

AVETE LETTO IL TARGET DI MERCATO LIBERO PER LE AZIONI MPS PUBBLICATO L’ALTRO GIORNO? ERA ZERO, IN QUANTO PENSIAMO AL FALLIMENTO (alias nazionalizzazione)…Oggi ALMUNIA parla di un aumento di capitale superiore al miliardo previsto. e la Fondazione Mps non ha un soldo..

 dal fatto quotidiano:

  Almunia ha spiegato che è stato trovato un accordo per tutti i punti del piano, che prevede un aumento di capitale per la banca senese – fresca di aiuti di Stato per circa 4 miliardi – superiore a quello di 1 miliardo di euro già stabilito, annunciando che l’operazione dovrà essere eseguita entro 12 mesi. E se l’aumento di capitale fallisce? Secondo il commissario europeo ci sarà la “conversione immediata dei Monti bond”, che prevede l’acquisto di azioni da parte dello Stato e quindi una nazionalizzazione dell’istituto.

 MPS: TONFO
            IN BORSA (-8%), SCAMBIATO 7% CAPITALE

Il commissario europeo ha infine chiarito che il portafoglio titoli di Stato e derivati del Monte dei Paschi di Siena “dovrà essere gradualmente ridotto nel corso del piano di ristrutturazione della banca”.

 SAPETE COSA VUOL DIRE QUESTO?

 CHE LA FONDAZIONE SCENDERA’ NON AL 7% MA BENSI’ AL 3,5% DELLA BANCA DI SIENA SE VA BENE. INFATTI UN AUMENTO DI CAPITALE SUPERIORE AL MILIARDO CREA UN EFETTO DILUITIVO ANCORA MAGGIORE..

e oggi repubblica parlava di 2 miliardi….

CON DUE MILIARDI UNA BANCA ESTERA SI POTREBBE COMPRARE IL 70% DELLA BANCA..FACILE FACILE..SEMPRE CHE BASTI……

 SENZA CONTARE CHE LA FONDAZIONE DEVE VENDERE DELLE AZIONI PER RIENTRARE DAL DEBITO CON UN GRUPPO DI BANCHE CHE HANNO IN PORTAFOGLIO LE AZIONI DELLA BANCA .

 IL TITOLO NON DEVE SCENDERE SOTTO 0,125 ALTRIMENTI LE BANCHE FINANZIATRICI DELLA FONDAZIONE DIVENTANO PROPRIETARIE DI TUTTE LA AZIONI ..MA UN AUMENTO DI CAPITAle PIU’ CORPOSO SPINGE VERSO IL BASO IL VALORE DELLE AZIONI STESSE…

 

LA SITUAZIONE E’ COMPLICATA…E FACENDO DUE CONTI..IL RISCHIO CHE LA FONDAZIONE SPARISCA NON E’  IMPOSSIBILE..

   aveva ragione Roubini ieri che parlando del MPS accennava ala nazionalizzazione..Figura di merda oggi di Viola braccio destro di Profumo..che ha detto che Roubini si sbagliava di grosso..

 POCHI MINITU E ARRIVANO LE PAROLE RAGGELANTI DI ALMUNIA

 IN CASO DI NAZIONALIZZAZIONE LO STATO DIVENTERA’ IL MAGGIORE AZIONISTA, DOPO CHE HA FIRMATO UN CONTRATTO DOVE VALORIZZAVA LE AZIONI MPS OLTRE 10 VOLTE IL SUO VALORE…BRUCIANDO DI FATTO SOLDI DEI CITTADINI…IN MANIERA PALESE EVIDENTE ..UNO SCHIAFFO AL POPOLO ITALIOTA. Lo stato paga e gli obbligazionisti MPS ricevono ricche cedole e indietro il loro capitale..

 E’ SEMPLICEMENTE INDEGNO PER IL POPOLO ITALIANO SEMPLICEMENTE INDEGNO!!! FOSSE SOLO PER QUESTA SCELTA..MARIO MONTI VERRA’ RICORDATO COME IL PEGGIOR POLITICO ITALIANO , REO IN POCHE SETTIMANE DI AVER FATTO PERDERE 4 MILIARDI A UNA NAZIONE PER FAVORIRE INTERESSI DI PARTITO….E INTERESSI DEI RICCHI DETENTORI DI OBBLIGAZIONI MPS

 nel frattempo la procura e i giudici metteranno tutto a tacere e il MUSSARI continuera’ a farla franca..UN UOMO CHE MERITEREBBE L’ERGASTOLO ANDRA’ IN GIRO IN FERRARI RIDENDO COME UN MATTO PER LA GRANDE STUPIDITA’ DEI SENESI..POPOLO DI SENZA PALLE..

 e’ pazzesco vedere come l’affare Mps venga oramai tratato dai giornali e come la gente si sia assuefatta e non interessi la verita’..dopo che il governo ha investito miliardi e dopo che Mussari ne ha persi almeno 15 durante la sua gestione truffaldina.

 e ovviamente tutti ma proprio tutti si sono dimenticati chi era a capo di banca d’italia al tempo dell’operazione Antonveneta..MARIO DRAGHI, e chi vigilava: LA TARANTOLA (quella che e’ stata premiata diventando capo della rai… e insieme a loro vi era il mitico SACCOMANNI…barzelletta d’Europa

Uscire dal girone infernale organizzato dagli oligarchi predatori

Il riscatto della Nazione

Ugo Gaudenzi    

Quaranta e più anni fa, il banchiere franco-svizzero Edmond de Rothschild, riassunse in una frase quale fosse l’unica strada per restituire una dinamica al capitalismo: “il lucchetto da scassinare è la nazione” (Entreprise, 18 luglio 1971). Soltanto così, infatti l’internazionale finanziaria avrebbe avuto le mani libere per avviare la più completa finanziarizzazione dell’economia mondiale.
 
Crollato nel 1989 il muro di Berlino, saltati gli equilibri est-ovest, avviata la globalizzazione e il cosiddetto libero mercato (fine dell’Uruguay round e costituzione dell’Omc) nella nostra Europa il ruolo tecnico di scassinatore fu delegato al club dell’eurocrazia di Bruxelles. Uno dopo l’altro, (1991-1992) gli Stati nazionali europei firmarono il primo suicidio della propria sovranità, chiamato Trattati di Maastricht, il volano delle attuali Ue e Uem (eurozona). Con quel trattato furono fissati i cosiddetti “parametri” (inflazione non superiore all’1,5%; deficit di bilancio inferiore al 3% del pil; indebitamento pubblico non superiore al 60% del pil) e fu totalmente sottratta ai Paesi membri dell’unione monetaria ogni sovranità sull’emissione della moneta unica (euro), delegata alla Banca centrale europea. Fu quella l’origine della stretta generale alla spesa pubblica (case, scuole, ospedali, stato sociale, pensioni, etc.) e alla parallela privatizzazione delle principali imprese strategiche delle nazioni (energia, telecomunicazioni, trasporti, siderurgia, industria meccanica e agroalimentare).
 
Il progressivo depauperamento delle residue sovranità nazionali giunge quindi con i Trattati di Nizza (2001; con la norma che correlando i voti dei membri Ue alla popolazione apre ulteriormente le porte europee all’immigrazione), con l’inizio della crisi dei mutui negli Usa (2007-2008), con la firma del Trattato di Lisbona (2007; che, sostituendo i termini “legge” e legge-quadro” con le espressioni “regolamenti” e “direttive” trasferisce di fatto il potere legislativo reale nell’Ue dai parlamenti nazionali all’eurocrazia di Bruxelles) e, last but not least, con il recente (2012-13) “Trattato sulla stabilità”, il Mes, che, all’art. 3 dispone che il deficit strutturale non dovrà superare lo 0,5% del pil, con conseguenti sanzioni e ritorsioni in caso di non osservanza…
 
Tacciamo qui, per amore di noi stessi e di quelli come noi, le altre considerazioni sulla sovranità nazionale perduta. Che non è stata la sola privazione di quella economica, finanziaria e monetaria, ma di quella sociale, di quella culturale, di quella – per l’Italia dal 1945 – militare.
 
Schiavi o colonizzati in ogni sezione di vita, insomma: ma questo lo chiamano “democrazia” e “libertà”.
 
I devastatori nazionali
 
Per l’ennesima volta – ma repetita juvant – tracciamo in scheletrico sunto sia gli “attori” che le “opere” della devastazione della comunità nazionale italiana, a partire dal fatidico 1989. Con il mondo unipolare emerso dal crollo del muro di Berlino e dalla liquefazione dell’Urss e dei suoi satelliti, nell’Europa occidentale, e particolarmente in Italia, viene scatenata un’offensiva volta alla liquidazione definitiva degli Stati nazionali dotati di un’economia mista pubblico-privata.
Unica in grado di preservare le attività economiche industriali di una nazione, come l’Italia, fortemente soggetta alla bolletta energetica verso i Paesi produttori di gas e petrolio.
Inoltre, col divorzio tra Bankitalia e Tesoro, per la prima volta il Paese è in crisi finanziaria: prima, infatti, era la Banca d’Italia a fare da “prestatrice di ultima istanza” comprando titoli di Stato e, di fatto, emettendo moneta destinata all’investimento pubblico. Chiuso il rubinetto della lira, la situazione precipita: con l’impennarsi degli interessi (da pagare a quel punto ai nuovi “investitori” privati)il debito pubblico esploderà fino a superare il Pil. Non è un “problema”, ma esattamente l’obiettivo voluto: mettere in crisi lo Stato, disabilitando la sua funzione strategica di spesa pubblica a costo zero per i cittadini, a favore dell’industria e dell’occupazione. Degli investimenti pubblici da colpire, «la componente più importante era sicuramente quella riguardante le partecipazioni statali, l’energia e i trasporti, dove l’Italia stava primeggiando a livello mondiale».
Al piano anti-italiano partecipa anche la grande industria privata, a partire dalla Fiat, che di colpo smette di investire nella produzione e preferisce comprare titoli di Stato: da quando la Banca d’Italia non li acquista più, i tassi sono saliti e la finanza pubblica si trasforma in un ghiottissimo business privato. Le parole d’ordine diventano di conseguenza “produttività”, “mobilità”, flessibilità”: i privati intendono fare profitti finanziari: con la fine degli investimenti produttivi è il crollo dell’economia reale.
 Con le grandi privatizzazioni delle industrie strategiche – di cui fu volano iniziale l’accordo raggiunto nel 1992 tra boiardi di Stato italiani, speculatori, finanzieri e rappresentanti della Banca d’Inghilterra e delle grandi banche d’affari internazionali graziosamente ospitati nel panfilo Britannia di Sua Maestà la Regina Elisabetta – negli anni ’90 di fatto scompare la nostra industria a partecipazione statale, l’industria di trasformazione, il “motore” dello sviluppo nazionale del dopoguerra. Inizia la deindustrializzazione. Il patto Andreatta-van Miert (commissario a Bruxelles) è all’origine della grande rapina. Si tratta della fine dell’Iri, gestita da Prodi in collaborazione col solito Andreatta e Giuliano Amato, una chiusura vanamente contrastata dal Psi di Craxi e dal vicepresidente dell’Istituto, Pini. Si giunge così allo smembramento di un colosso mondiale: Finsider-Ilva, Finmeccanica, Fincantieri, Italstat, Stet e Telecom, Alfa Romeo, Alitalia, Sme (alimentare), Nuovo Pignone, nonché la Banca Commerciale Italiana, il Banco di Roma, il Credito Italiano.
Le banche sono un altro passaggio decisivo: con la sospensione di fatto della riforma bancaria voluta negli Anni Trenta dal fascismo nasce la “banca universale”, cioè si consente alle banche di occuparsi di meno del credito all’economia reale e le si autorizza a concentrarsi sulle attività finanziarie speculative. Denaro ricavato da denaro, con scommesse a rischio sulla perdita. E’ il preludio al disastro planetario di oggi.
Un sistema saltato, nella sua patria, gli Usa, nel 2007: nessuna banca infatti volle prestare liquidità all’altra, sapendo che l’altra faceva le stesse cose, cioè speculazioni in perdita. Per la prima volta la massa dei valori persi dalle banche sui mercati finanziari superava la somma che l’economia reale – famiglie e imprese, più la stessa mafia – riusciva ad immettere nel sistema bancario.  Di qui una crisi di liquidità provvisoriamente tamponata dalla Fed, che dal 2008 al 2011 ha trasferito nelle banche – americane ed europee – qualcosa come 17.000 miliardi di dollari, cioè «più del Pil americano e più di tutto il debito pubblico americano. Nella stessa direzione di rapina alle nazioni e di profitti per gli oligarchi, la politica adottata dalla Bce di Mario Draghi che ha iniettato liquidità per le sole banche, non per gli Stati.
I grandi istituti bancari-finanziari sono così tutelati dal fallimento: le banche centrali, Fed e Bce in testa, controllate dalle stesse banche-canaglia, li riforniscono infatti di nuova liquidità. A soffrire è l’intero sistema-Italia, fin da quando – nel lontano 1981 – la finanza pubblica è stata “disabilitata” col divorzio tra Tesoro e Bankitalia.
Un percorso suicida, completato in modo disastroso dalla tragedia finale dell’ingresso nell’Eurozona, che toglie allo Stato non solo la moneta, ma anche il potere sovrano della spesa pubblica, attraverso dispositivi come il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio.
Per l’Europa “lacrime e sangue”, il risanamento dei conti pubblici viene prima dello sviluppo. E, in piena recessione, ridurre la spesa pubblica significa solo arrivare alla depressione irreversibile, al sottosviluppo.
Un piano criminale: il grande complotto dell’élite mondiale: Trilateral, Bilderberg, Britannia, Gruppo dei 30, dei 10, “Illuminati di Baviera”. Centri di pressione che hanno sempre lo stesso obiettivo: annullare le nazioni, le identità nazionali, gli Stati nazionali al fine di poter il potere nel pianeta su basi sovranazionali, multinazionali e internazionali.
 
Per uscire da questo girone infernale bisogna fermare, anzitutto, in Italia, gli autori del disastro, i loro successori e le strategia che anche dopo di loro si perpetuano a esclusivo danno dei popoli – da Ciampi a Amato, da Andreatta a Prodi, da Draghi a Monti, a Saccomanni, agli eurocrati: ribaltando la politica europea, uscendo dall’eurozona, fermando il governo di Bruxelles schiavo degli oligarchi. Tornando alla sovranità monetaria e cancellando il concetto del debito pubblico come problema. Basta puntare sulla ricchezza nazionale, che vale 10 volte il Pil.
 

05 Settembre 2013 12:00:00 http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=22354

 

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha affermato al Forum Ambrosetti (una sorta di Bilderberg all’italiana) di ritenere l’Unione europea un modello di successo.

 Le sue testuali parole sono state:

L’Unione europea rimane un modello di successo che non ha perso la sua vitalità e capacità di attrazione e lo dimostrano anche, a discapito di quanti ne lamentano le intrinseche debolezze, alcuni recenti sviluppi: l’allargamento alla Croazia, il percorso di avvicinamento all’Unione europea dei paesi balcani occidentali e l’adozione dell’euro da parte della Lettonia.


Pensioni, appena sufficienti per sopravvivere

Sette milioni e mezzo di italiani ricevono meno di 1.000 euro

Giuliano Augusto    

Essere andati in pensione per poi trovarsi a dover morire di fame. Questo il destino che accomuna milioni di italiani, attualmente sono quasi sette milioni e mezzo, che ricevono meno di mille euro al mese. Una cifra ridicola che, dopo una vita di duro lavoro, non permette sicuramente di condurre un livello decente di vita. Ci sono poi ben 900 mila persone che incassano più di 3 mila euro al mese. Dove in molti casi è una cifra per difetto perché sono innumerevoli quelli appartenenti a diverse categorie privilegiate, ex gerarchi politici e al tempo stesso ex dirigenti di aziende pubbliche o dello Stato che si sono ritagliati una pensione ad hoc, ben sopra i 20 mila euro. Situazioni che gridano vergogna e che a meno di un salutare colpo di mano da parte del Parlamento, peraltro impensabile viste le premesse, continuerà a persistere grazie anche alle sentenze di una altra casta, quella dei magistrati, che difendendo i politici difendono se stessi. Volendo fare un po’ di numeri, emerge che il 52,9% dei pensionati sono donne ma che il 56,1% della spesa è assorbito dalle pensioni degli uomini. L’importo medio annuo delle pensioni degli uomini è infatti di circa 14.500 euro contro gli 8.700 euro delle donne. Anche tra i pensionati sopra i 3.000 gli uomini fanno la parte del leone, 700 mila contro 200 mila. Una realtà ben conosciuta ma che i dati ufficiali dell’Inps hanno il merito di riportare all’attenzione dei cittadini per ribadire non soltanto le ingiustizie in campo pensionistico ma anche l’esistenza di due Paesi, ben separati e distanti l’uno dall’altro. Peraltro c’è anche da segnalare che l’Inps che un tempo era in attivo finanziario tra entrate ed uscite, quindi come capacità di spesa, ora, dopo l’incorporazione dell’Inpdap si trova in perenne rosso. Anche, partendo da una realtà come questa, si moltiplicano le pressioni interessate per spingere ed obbligare i lavoratori attivi a rivolgersi ad una previdenza complementare che, a differenza dell’Inps ed essendo privata, finirà per trasferire sulle spalle del lavoratore il peso di una eventuale bancarotta che non può essere esclusa a priori.
La situazione economica dei pensionati si è poi ulteriormente aggravata con la recessione in corso che, sommata all’inflazione, ne ha fatto crollare il potere d’acquisto. Milioni di famiglie, peraltro penalizzate da tasse odiose e odiate come l’Imu e l’Iva, si sono trovate così in una situazione tragica che soltanto la politica, presa dal problema della propria sopravvivenza, sembra non vedere. Eppure, e il passato lo dimostra, è proprio da situazioni di povertà e di disagio come l’attuale, che nascono le rivolte di piazza e molto spesso pure le rivoluzioni.

03 Agosto 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=22322

 

Storia segreta dello sbarco Alleato in Sicilia

ecco quando avvenne la VERA TRATTAVITA anche se ci piace chiamarla liberazione che suona tanto civile e morale

Storia segreta dello sbarco Alleato in Sicilia

domenica, settembre 8, 2013

 LIBERAMENTE STORY 

 Scritto da Enrico Gavassino

 Sbarco
            alleato

14 luglio 1943. Un piccolo aereo color kaki ronza nell’aria della Sicilia soffocata dal caldo e dalla guerra, lanciando un fazzoletto di seta gialla e nera con ricamata una “L” dalla forma arcaica. “Era il 14 luglio del 1943” diranno poi alcuni abitanti di Villalba, il paesino siciliano interessato dalla strana missiva, “e un messaggio cadde dal cielo. Da quel momento abbiamo saputo che gli americani erano nostri amici”.

Gli americani intanto sono a pochi chilometri da lì, giunti quattro giorni prima. Ma cosa significa quel fazzoletto? La “L” ricamata sopra è il biglietto da visita di uno dei più famosi gangster del secolo: Charles “Lucky” Luciano, che in quel momento sta scontando nel carcere americano di Clinton ben 32 condanne per protezione della prostituzione. Il fazzoletto viene ritrovato da un soldato italiano, che lo consegna subito ai carabinieri, rischiando di compromettere l’intera operazione. Il giorno dopo, però, il velivolo torna sul luogo, questa volta centra in pieno il bersaglio: un fazzoletto uguale al precedente viene “recapitato” all’interno della tenuta di un notabile di Villalba. Calogero Vizzini, meglio noto come “Don Calò”, capo assoluto della mafia in Sicilia.

 

Don Calò invia immediatamente un messaggio ad un altro capomafia, Genco Russo, residente nel paese di Mussomeli, scrivendo che: “i carretti e le vacche arriveranno il 20 luglio”. Chiara allusione ai soldati americani e ai loro mezzi corazzati. Ad onor del vero il messaggio è vergato dal fratello di Don Calò: Giovanni, anche lui “Don”, ma in senso religioso dal momento che è il parroco di Villalba, il grande e potente capomafia infatti non sa scrivere. Ma cosa deve fare la mafia che l’esercito americano non avrebbe potuto fare da solo? Innanzitutto rendere le cose più facili, indicando sentieri e piste segrete o nascoste, fomentare dissensi verso il regime fascista, favorire le diserzioni e i tradimenti da parte di soldati ed ufficiali del regio esercito. Il successo della mafia è folgorante dal momento che ogni siciliano ben sa a quale sorte può andare incontro non seguendo le direttive. A titolo di esempio citiamo proprio le truppe di guardia del paese di Mussomeli: quando il 20 luglio arrivano gli americani ben 35 dei soldati del paese risultano disertori. La guerra in Sicilia si fa rapida ed uno dei primi insediamenti liberati è proprio Villalba, che riceve anche la visita di uno dei più fidati “compari” di Lucky Luciano: Damiano Lumina, che scende dal primo carro armato americano giunto nel piccolo paese. Si può dire che in quei mesi vi sarà un vero e proprio “secondo sbarco in Sicilia”, infatti saranno numerosi i grossi nomi della mafia che, dagli Stati Uniti, torneranno nella terra di origine: Marcello Di Carlo, Antonio Chifalo, Antonio Scullaci, Giovanni Caputo e tanti altri.

Quanto all’uomo che ha reso possibile tutto questo, Lucky Luciano, si dice che abbia rimesso piede per alcuni giorni in Sicilia, ma non esiste conferma di tale notizia. Come ricompensa ottiene una revisione del processo e una condanna a 9 anni e 6 mesi, ossia il tempo già scontato in carcere, cosa che gli permetterà di tornare in Italia e di morirvi il 26 gennaio del 1962.