Gli USA sconfessano i ribelli siriani

agosto 27, 2013

 Ljuba Lulko, Pravda.ru 26.08.2013

 1236755

Il Presidente del Joint Chiefs of Staff, Generale Martin Dempsey, ha detto che i ribelli siriani non potrebbero promuovere gli interessi statunitensi in questa fase. Il “falco” che recentemente aveva proposto cinque opzioni per l’intervento in Siria s’è arreso. La dichiarazione segna la posizione dei militari, che non consiglia un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nel conflitto in Siria. CBS ha citato Dempsey, che in una lettera al membro del Congresso dello Stato di New York Eliot Engel, ha scritto che oggi in Siria, gli Stati Uniti dovrebbero scegliere non tra due, ma tra molti partiti. Ha aggiunto che il partito scelto dagli USA deve essere pronto a difendere sia i propri interessi che quelli degli Stati Uniti, quando la situazione sarà a suo favore. Oggi, nessuna delle parti è pronta a ciò, ha detto il generale. Il membro del Congresso Engel ha chiesto un chiarimento sulla possibile azione militare degli Stati Uniti in Siria. In particolare, ha chiesto della possibilità di attacchi missilistici sulle basi aeree siriane che, a suo parere, aiuterebbero in maniera significativa i “ribelli” senza il pieno coinvolgimento degli Stati Uniti nelle operazioni di terra. Dempsey ha detto che gli Stati Uniti potrebbero distruggere l’aviazione siriana ed eliminare la capacità del ‘regime di Assad’ di bombardare dall’aria l’opposizione. Tuttavia, secondo lui, questa mossa potrebbe potenzialmente aumentare l’impegno degli Stati Uniti entrando direttamente in un conflitto senza affrontarne le cause alla radice.

Il generale ha scritto che l’uso della forza militare può modificare l’equilibrio militare in vari modi, ma non risolverà le principali questioni etniche, storiche, religiose e tribali che alimentano il conflitto. Ha detto che credeva che gli Stati Uniti potrebbero aggravare notevolmente la crisi umanitaria. Sembrano pacifismo e saggezza stupefacenti per un militare. Secondo Dempsey, Washington ritiene che qualsiasi opposizione che ora potrebbe teoricamente sostituire Bashar al-Assad, infatti, non migliorerebbe le cose, e potrebbe anche peggiorarle. Sembra che la brutta esperienza dell’Afghanistan, dove gli Stati Uniti hanno cercato di combinare l’azione militare con corruzione, costruzione di una coalizione e sforzi umanitari, al fine di “vincere i cuori e le menti del popolo afghano”, sia servita da buona lezione. Le autorità statunitensi temono una ripetizione dell’Afghanistan, diventato terreno fertile per Usama bin Ladin e al-Qaida. Engel non era soddisfatto della risposta del generale. Il membro del Congresso ritiene che il coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto siriano sia una scelta tra l’accelerazione della fine del regime di Bashar al-Assad e la sua continuazione, più che una scelta tra i gruppi ribelli.

Dempsey ha presentato la posizione ufficiale del Pentagono sulla questione dell’intervento in Siria, e lo ha fatto solo una settimana dopo la pubblicazione delle cinque opzioni per tale intervento. Oltre a limitati attacchi aerei, aveva proposto la creazione di una no-fly zone su tutta la Siria, l’addestramento delle forze di opposizione in aree di sicurezza, la creazione di zone cuscinetto come santuari per i militanti, e la distruzione o il sequestro di armi chimiche. Chi ha influenzato il parere del generale? Le dichiarazioni sono state pubblicate quasi subito dopo un’altra provocazione, una strage di siriani inermi in un presunto attacco chimico delle truppe governative. Possiamo supporre che gli Stati Uniti abbiano le prove di chi utilizza armi chimiche in Siria. Questi sospetti sono rinforzati da semplici pensieri sulle ragioni per cui il Presidente della Siria avrebbe bisogno di usare armi chimiche il secondo giorno della missione degli ispettori ONU. Damasco non ha bisogno di un tale attacco con gravi perdite di vite umane, mentre la sua superiorità nel conflitto armato è evidente.

Nel corso degli ultimi dodici anni, i “neo-conservatori” e altri “falchi” guerrafondai statunitensi hanno presentato l’intervento militare in Medio Oriente come l’unico modo per combattere il terrorismo, promuovere la stabilità nella regione e salvaguardare i valori democratici. Il mese scorso, i taliban aprivano un ufficio a Doha (Qatar) per avviare trattative di pace con gli Stati Uniti, tuttavia, l’intervento in Afghanistan fu attuato per distruggerli. Quando gli Stati Uniti hanno lasciato l’Iraq, il Paese era immerso nel caos, con infrastruttura distrutte e una guerra inter-religiosa, due milioni di profughi sull’orlo di un disastro umanitario, antiche comunità cristiane distrutte, e il governo iracheno che intende cooperare con l’Iran. L’intervento degli Stati Uniti in Libia ha portato alla nascita di un governo nominale che non controlla il Paese e invia islamisti in tutta l’Africa. Un ex alleato, l’Egitto, oggi è controllato da una giunta militare dotata della tecnologia militare più recente degli Stati Uniti. Il governo democraticamente eletto è stato rovesciato, e i “Fratelli musulmani” hanno scelto di collaborare non con gli Stati Uniti, ma con l’Iran. Ovunque si sono svolte elezioni democratiche dopo la “primavera araba”, sono stati eletti governi dalle dubbie prospettive di sostegno a Stati Uniti o Israele. In dodici anni di guerra attiva, gli Stati Uniti non hanno potuto affermare i propri interessi nella regione, al contrario, perdono influenza con la prospettiva del rafforzamento del sentimento anti-americano. Se le truppe governative siriane riprendono ai terroristi le importanti città di Homs e Aleppo, la guerra in Siria si concluderà con la vittoria di Bashar al-Assad. Questo sarà il primo caso di vittoria anti-americana sul campo dal crollo dell’Unione Sovietica, e si tratterebbe di un colpo senza precedenti al potere geopolitico degli Stati Uniti.

 

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Siria: tentativi di pulizia etnica contro i curdi

di Gianni Sartori – 31/08/2013

 Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]

 

Secondo l’UNHCR è di oltre 40-50mila il “fiume umano” di curdi in fuga dalla Siria verso il Kurdistan come diretta conseguenza degli scontri tra milizie islamiste e combattenti curdi dei Comitati di protezione del popolo curdo (YPG, ala militare del Patiya Yekitiya Democrat, Partito Unione Democratica Curda); la causa primaria sta tuttavia nei rapimenti e nei massacri di civili operati dai gruppi fondamentalisti legati ad Al Qaida: in particolare, Jabhat Al-Nusrah (Fronte Al-Nosra, del cui leader, Mohammed Al-Jawlani, si racconta sia legato all’intelligence turca e alla CIA) e una formazione da qualche tempo molto attiva nel nord della Siria, il cosiddetto ”Emirato islamico in Iraq e Levante” di origine irachena.

 Il conflitto aperto tra curdi e milizie integraliste arabo-sunnite ripreso verso la metà del luglio del corrente anno  aveva conosciuto un’ulteriore accelerazione il 31 luglio 2013 quando più di 200 civili curdi, in gran parte donne e bambini, erano stati presi in ostaggio nei villaggi di Tall Haen e Tall Hassel, nella provincia di Aleppo. Il rapimento di massa era apparso una ritorsione per le recenti sconfitte inflitte all’Emirato islamico in Iraq e Levante dalla resistenza curda nella zona di Ras Al-Ain. Secondo fonti curde “i rapiti provenivano dalle famiglie dei soldati curdi delle brigate che in precedenza facevano parte dell’opposizione dell’Esercito libero siriano e avevano poi disertato per integrarsi nelle forze di autodifesa curde”. Secondo alcuni osservatori, “nel nord della Siria è ormai in corso la prevista campagna di agosto e settembre con cui si tenta di far instaurare una no-fly zone, corridoi umanitari e, infine, l’intervento militare”. A farne le spese, soprattutto i civili curdi. In agosto (2013) il presidente del Kurdistan iracheno, Massud Barzani, aveva invocato un’inchiesta internazionalemettendo in guardia i paesi coinvolti nel conflitto siriano, in particolare la Turchia, che “se cittadini innocenti, donne e bambini curdi, risultassero sotto minaccia di morte e terrorismo, la regione del Kurdistan irachena sarà disposta a difenderli”.

 

Il Kurdistan siriano è composto sostanzialmente da tre enclave attualmente non comunicanti: la regione di Afrin (nord ovest di Aleppo), alcuni territori sotto la città turca di Urfa (Ras Al-Ain, Amude, Hassaké) e Djezireh dove sorge Kameshli, da Damasco considerata “città strategica”.

 In Siria i curdi costituiscono il 10% della popolazione e sono concentrati soprattutto nella regione di Jezireh. Consapevole di non poter combattere contemporaneamente su troppi fronti, all’inizio del 2012 Bachar Al-Assad era corso ai ripari restituendo la nazionalità siriana a quei 60mila curdi che ne erano stati privati nel corso degli anni sessanta, in ritorsione alle loro richieste autonomiste.  Inoltre, in cambio della garanzia di mantenere l’ordine nella regione, l’ufficialmente illegale PYD ha avuto la possibilità di realizzare un’embrionale forma di autonomia.

 Dal luglio 2012, con il tacito accordo del governo di Damasco impegnato a riconquistare le grandi città, i curdi controllano almeno sei centri abitati nella zona di frontiera con la Turchia: Ain Al-Arab (Kobani), Amuda, Afrin, Dirbassyé, Til Temur, Derik. Anche Qamishli, Hassaka, Tirbaspi sono amministrate di fatto dai curdi dove, limitatamente all’interno delle caserme, è ancora presente l’esercito lealista siriano.

 Nel novembre del 2012, quando la recente tregua e il processo di pace erano ancora lontani, un comunicato del PKK accusava “il regime turco di aver aperto un corridoio tra città come Antep, Mardin e Urfa fino ad Aleppo, per far passare gli assassini”: intendeva con ciò, oltre all’immancabile Fronte Al Norsa, anche il  gruppo jihadista Ghourab Al-Cham che aveva ucciso alcuni curdi, compreso il presidente del Consiglio del popolo di Serekaniye e un precedente attacco da parte dell’ESL all’aeroporto della città curdo-cristiana di Qumishlo.

 E continuava: “Lo stato turco fa di tutto perché il conflitto siriano si trasformi in una guerra arabo-curda e noi rivolgiamo un appello a tutte le forze democratiche perché contrastino la sporca collaborazione tra AKP, partito al potere in Turchia, e Al Qaida”. Di seguito si registravano duri combattimenti tra curdi e islamisti -giunti dalla Turchia- nelle città curde di Ras Al-Ain. Mentre il PKK chiamava a raccolta il popolo curdo “per impedire il passaggio dalla Turchia dei gruppi militari”, in un’intervista al canale curdo Ronahi TV, il comandante dello YPG Sipan Hamo si era rivolto all’Esercito libero siriano affinché facesse “chiarezza in merito alla sua posizione nei confronti dei gruppi salafiti in quanto la Turchia si serve di questi gruppi. Noi -concludeva – consideriamo questo attacco come un tentativo di occupazione del Kurdistan occidentale (Kurdistan siriano nda) da parte della Turchia”.

 Nel maggio 2013 il conflitto tra islamisti e curdi era stato innescato dalla katiba jihadista Liwa Al-Tawhidi (legata ai Fratelli musulmani) che aveva occupato il villaggio curdo di Aqaiba allo scopo di impedire agli abitanti di Nubel (un villaggio sciita circondato dai ribelli anti-Assad) di sfuggire all’assedio. Invece i combattenti dell’YPG consentivano agli sfollati di transitare liberamente verso zone più sicure.

 Organizzati in milizie di autodifesa, in luglio i curdi erano riusciti a estromettere dal nord-est della Siria i gruppi legati ad Al-Qaida. Ma il mese successivo, dopo essersi riorganizzati e riforniti di armi, i fondamentalisti tornavano all’attacco. Il 5 agosto 2013 Jabhat Al-Nusrah aveva colpito nel distretto di Tal Abya (governatorato di Raqqa, area curda e ricca di petrolio). Secondo l’agenzia Itar-Tass (che ha diffuso immagini agghiaccianti e intervistato alcuni curdi sfuggiti al massacro) nel corso dell’attacco venivano uccisi circa 400 civili, tra cui donne, anziani e bambini. Le milizie islamiste avrebbero operato come veri e propri squadroni della morte anti-curdi. E’ possibile che l’attacco sia un effetto collaterale della decisione dell’Unione europea (aprile 2013) di “revocare il divieto di importare il petrolio siriano dai territori controllati dai ribelli”. Un modo per finanziare indirettamente l’opposizione, ma senza aver fatto i conti con le conseguenze sulla popolazione curda.

 Per Charles Lister e Jeremy Binnie (analisti della rivista “IHS Jane’Defence Weekly – Terrorism and Insurgency Centre”*, ritenuta fonte autorevole sia da Le Monde che dalla CNN) “ogni grande offensiva nel nord della Siria del 2013 è stata annunciata, guidata e coordinata dagli islamisti”.

 Non di rado conflittuali anche i rapporti tra gli islamisti e l’Esercito libero siriano. In luglio un esponente di ”Emirato islamico in Iraq e Levante”aveva assassinato Abu Bassir, noto dirigente della ribellione contro Assad, sollevando le proteste dell’ESL. Il 10 agosto si sono registrati scontri tra islamisti e ESL per il controllo dei depositi di alcuni zuccherifici nella provincia di Al-Raqqa e nella zona dei giacimenti petroliferi di Deir Al-Zor.

 E’ assai probabile che anche la quasi contemporanea uccisione di Issa Huso sia opera di “Emirato islamico in Iraq e Levante”. Nei mesi scorsi il leader curdo, uno dei fondatori del PYD e incaricato dei rapporti con gli Esteri per conto del Consiglio supremo curdo che riunisce tutte le formazione politiche curde in Siria, aveva criticato duramente le azioni dei fondamentalisti. Secondo altre fonti l’attentato di fine luglio a Kamechliyé, in cui Issa Huso ha perso la vita, potrebbe essere stato realizzato dai servizi segreti siriani per contrastare il recente avvicinamento tra i curdi di Siria e Ankara. Un avvicinamento dovuto alle pressioni del PKK ormai in pieno “processo di pace”.

 Nei primi tempi della ribellione siriana la posizione del PYD era stata di assoluta neutralità (qui vivono sia curdi sunniti che sciiti e alawiti, così come curdi non-islamici) e solo nel marzo 2013 si registrava la rottura con Damasco. Fermo restando che le formazioni curde mantengono la loro sostanziale diffidenza nei confronti degli arabi, indipendentemente dalla loro collocazione pro o contro Assad. Dopo l’uccisione del suo esponente, il PYD aveva chiamato a raccolta le altre formazioni curde per combattere unitariamente contro i fondamentalisti chiedendo “al popolo curdo un passo avanti. Chiunque sia armato deve entrare nelle fila dei Comitati per la tutela del popolo curdo (YPG) e affrontare gli assalti di questi gruppi armati”.

 Si ritiene che scopo del viaggio nel nord della Siria di padre Paolo dall’Oglio, fino a pochi giorni prima nel Kurdistan iracheno, fosse quello di trattare per la liberazione degli ostaggi e impedire l’ulteriore inasprimento del conflitto tra milizie islamiche e combattenti curdi. Il gesuita si era recato a Rakka nel nord-est della Siria, una cittadina sotto il controllo di “Emirato islamico in Iraq e Levante” e della brigata Ahrar Al-Cham. Qui i gruppi islamisti avrebbero operato molte esecuzioni pubbliche di presunti “traditori” ed eliminato anche i membri del Consiglio locale eletto dopo la partenza dell’esercito siriano da Rakka.

 (Gianni Sartori – agosto 2013)

 * nota: la società IHS Jane’ Defence Weekly venne fondata nel 1959 da R. O’Brien come “azienda fornitrice di database di cataloghi di prodotti su microfilm per ingegneri aerospaziali”. Negli anni successivi la sua attività era destinata ad allargarsi ad altri settori: attrezzatura, organizzazioni e geopolitica militare, attività commerciali etc. qualificandosi (per quanto, ca va sans dire, all’interno di una logica capitalista) come fonte autorevole di informazioni su difesa, forze aeree, terrestri e navali, analisi di mercato, notizie finanziarie e commerciali, analisi degli sviluppi militari etc.

 Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it

Il debito pubblico? basta seppellirlo…

Perché non proclamiamo un Giubileo del debito? Sì, proprio come accadeva nell’Antichità, quando molti Sovrani ogni cinquant’anni proclamavano l’annullamento dei debiti. E rimettevano a zero le lancette dell’economia, basandosi sul buon senso. Il creditore in 50 anni non solo era rientrato dall’investimento ma aveva incassato ampi rendimenti; il debitore, invece, e dopo 50 anni non aveva cancellato il proprio pegno, aveva bisogno di nuovo ossigeno per andare avanti.

 Perché oggi l’Unione europea non fa altrettanto?

 Osserviamo la realtà: oggi il debito pubblico ha assunto dimensioni tale da essere di fatto impagabile e per quante manovre si facciano, anziché diminuire, aumenta. Monti ha massacrato l’Italia con manovre lacrime e sangue, applaudite dalla Ue e dai mercati, ma il debito pubblico anziché scendere è aumentato di 81,5 miliardi. In Grecia, stessa dinamica.

Questo significa che le nostre economie sono condannate alla stagnazione o alla recessione perpetua, senza possibilità di riscatto. A meno che i governi e la Bce non decidano il Giubileo, ovvero un taglio lineare, eccezionale, a fin di bene poniamo di un terzo del totale. Impossibile? Macché, perfettamente logico. In America la Federal Reserve ha di fatto condonato debiti del sistema bancario (ben più ingenti di quelli pubblici europei!), stampando moneta elettronica. Nel 2009 il “*Bank bailout” costò 29 trilioni di dollari e da allora il programma di Quantitative easing (Alleggerimento quantitativo) va avanti con iniezioni pari a 85 miliardi di dollari al mese!

La Bce potrebbe fare lo stesso emettendo euro elettronici per comprare titoli di Stato in scadenza e ritirarli dal mercato, anziché rivenderli all’asta come fa correntemente. Rischi? Praticamente inesistenti. Gli euro virtuali non generebbero inflazione in quanto neppure immessi nell’economia reale ma gli Stati verrebbero sgravati di un terzo del loro debito, dunque potrebbero tagliare le tasse, riprendere gli investimenti… Insomma, potrebbero far ripartire l’economia.

Utopia? Illusione? Forse. E se invece fosse tutto maledettamente semplice?

Quello che avete appena letto è l’articolo che ho scritto per Style, il magazine del Giornale, nel mese di luglio. Pochi giorni fa, navigando in Rete, ho scoperto un articolo molto interessante scritto da un banchiere francese Pierre Pâris e da uno stimato economista, Charles Wyplosz, che insegna a Ginevra dove dirige l’ International Centre for Money and Banking Studies. Il titolo è significativo: Per porre fine alla crisi nella zona euro occorre seppellire per sempre il debito. Lo potete leggere qui in inglese (purtroppo non ho trovato la traduzione in italiano).

La tesi è molto simile alla mia, ma presentata, ovviamente, con maggior competenza e precisione analitica. Il tema ha suscitato un certo fermento online, ma in Italia è stato ignorato praticamente da tutti i media, con qualche lodevole eccezione. Pâris e Wyplosz propongono, in estrema sintesi, che la Bce compri un quarto dei debiti pubblici dei paesi europei periferici (Francia inclusa) pari a 1.200 miliardi di euro, circa un quarto del loro Pil. Via via che i titoli di Stato di questi paesi vengono a scadenza, la restituzione viene finanziata dalla Bce che in cambio ottiene titoli perpetui con un tasso di interesse zero. Operazione quindi a costo zero per i contribuenti europei. Liberando l’economia e le banche da una parte importante di titoli di Stato, si genera una forte liquidità che può essere usata per rimettere in moto l’economia e generale un circolo virtuoso: più crescita, più occupazione, più entrate fiscali, ulteriore riduzione del debito, pubblico.

Rilancio la domanda: E se fosse tutto maledettamente semplice? Non val la pena di rompere il silenzio? Fate circolare…

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=46043

 

Una guerra per coprire le prove che la NATO usa armi chimiche

agosto 30, 2013

 Aleksandr Mezjaev Strategic Culture Foundation[1] 30.08.2013

 Steve Bell
              15.03.2012

[2]Gli Stati Uniti hanno annunciato i loro piani per colpire la Siria al più presto. Mosca ha reagito immediatamente. La dichiarazione del Ministero degli Esteri della Russia era molto risoluta. “Tutto questo ci ricorda gli eventi accaduti 10 anni fa, quando sulla base di informazioni false sul possesso degli iracheni di armi di distruzione di massa, gli Stati Uniti scavalcarono le Nazioni Unite e avviarono un’azione le cui conseguenze sono ben note a tutti”, ha detto il ministero in un comunicato pubblicato sul web. Inoltre sottolineava che la decisione di lanciare un intervento veniva presa ignorando le ampie prove che dimostravano che l’azione fosse una provocazione inscenata dalla cosiddetta ‘opposizione’. Mosca invita l’occidente dall’astenersi da azioni che contrastano con le norme giuridiche internazionali. E’ assai importante rendersi conto che una guerra occidentale contro la Siria si tradurrà in una grave violazione del diritto internazionale. In primo luogo, sarà un’aggressione, il crimine internazionale più grave. In secondo luogo, l’uso della forza a dispetto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, violerà il fondamentale trattato internazionale della Carta delle Nazioni Unite. Questo è il trattato che gode di priorità rispetto a qualsiasi altro accordo. Non importa che il ministro degli Esteri britannico William Hague abbia già dichiarato che l’azione non ha bisogno dell’approvazione del Consiglio di sicurezza.

 L’occidente è preda dell’isteria pre-bellica, ma non tutti sono disposti a farne parte. Parlando con il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, l’inviato speciale dell’ONU Lakhdar Brahimi ha detto che questo è un momento critico e tutte le parti, compresi gli attori stranieri, dovrebbero agire in modo responsabile per non ripetere gli errori del passato. Nella conferenza stampa del 28 agosto, è stato più esplicito dicendo che è contrario a un intervento militare per principio. Ban Ki-Moon ha sottolineato due punti importanti nella sua dichiarazione sulla Siria. In primo luogo, parlando all’Aja, ha esortato i membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a cercare una soluzione diplomatica, dicendo: “Date alla Pace una chance, date una possibilità alla diplomazia, smettete di combattere ed iniziate a parlare”, aveva anche sottolineato la necessità di rispettare le disposizioni della Carta delle Nazioni Unite. In secondo luogo, ha pronunciato una dichiarazione alquanto straordinaria, nel suo caso, menzionando il fatto che il Tribunale sui crimini internazionali dell’Aja dovrebbe essere preso in considerazione da coloro che vogliono commettere un crimine internazionale. Sembrava molto convincente, non importa se si riferisse agli Stati Uniti d’America e alla Gran Bretagna o meno. E’ assai chiaro chi stia per commettere un altro crimine internazionale, oggi. Nel frattempo, non è chiaro cosa esattamente sia accaduto in una periferia di Damasco il 21 agosto. Il basso livello di consapevolezza è corroborata dalle dichiarazioni rese da persone che ne sanno più di chiunque altro. Per esempio, Brahimi ha detto alla conferenza stampa del 28 agosto che, “in questi ultimi giorni, gli sviluppi sono stati ancora più drammatici, con ciò che è successo il 21 agosto, la settimana scorsa. Sembra che un qualche tipo di sostanza sia stata utilizzata, uccidendo molte persone. Centinaia. Sicuramente diverse centinaia. Alcuni dicono 300, altri 600, forse 1.000, forse più di 1.000 persone. Questo è ovviamente inaccettabile. È scandaloso. Ciò conferma quanto sia pericolosa la situazione in Siria e quanto sia importante per i siriani e la comunità internazionale avere davvero la volontà politica di affrontare seriamente la questione e cercarvi una soluzione”. (1) Questo è un modo ridicolo di parlare di “dettagli” precisi. E’ semplicemente chiaro che non ci sono vere prove in relazione agli eventi del 21 agosto.

Il fatto che Stati Uniti e Gran Bretagna abbiano tanta fretta nell’accelerare il passo dopo l’incidente del 21 agosto, rivela l’intenzione d’interferire nelle attività degli ispettori delle Nazioni Unite che hanno iniziato a indagare su ciò che è accaduto in loco. Il ministro degli Esteri russo ha detto, “abbiamo una domanda che sorge spontanea: perché i nostri partner occidentali, che ora sono così preoccupati per il rischio della scomparsa degli indizi, non lo furono affatto riguardo la conservazione di testimonianze materiali, quando bloccarono l’invio degli esperti delle Nazioni Unite per indagare sul caso dell’uso di armi chimiche a Khan al-Asal, il 19 marzo”. Credo che non ci sia nulla di clamoroso. Era un modo che l’occidente ha utilizzato per ostacolare le indagini sugli eventi di marzo, e ora ricorre ad altri modi per lo stesso scopo. Questa straordinaria impulsività nel lanciare un’operazione militare, significa solo una cosa: l’occidente cerca di nascondere le prove della propria partecipazione all’uso di armi chimiche in Siria…

Il 28 agosto, il primo ministro David Cameron aveva scritto su twitter che il Regno Unito stava per presentare un proprio progetto di risoluzione sulla Siria ai cinque membri del Consiglio di sicurezza. (2) I tempi per una tale iniziativa davano un intervallo: il lavoro della missione d’ispezione delle Nazioni Unite non è finito e i colloqui di Ginevra-2 vanno avanti. La dichiarazione del ministro degli Esteri inglese William Hague dava qualche indizio. Pur ammettendo che non aveva le prove dell’uso di armi chimiche da parte della Siria, Hague ha detto (per favore, fate attenzione qui!) che era la Siria che doveva dimostrare di non aver usato armi chimiche. Il tweet di Cameron sul progetto di risoluzione è di natura ancora più provocatorio, dicendo che la bozza condannava l’uso di armi chimiche da parte del regime di Assad. Il progetto viene presentato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, tra cui la Russia, a dispetto del fatto che gli esperti russi avessero condotto una propria indagine e che il dossier completo era stato presentato al Segretariato delle Nazioni Unite, il 24 agosto. La prova era ben documentata e forniva la dimostrazione che era stata l”opposizione’ ad aver usato armi chimiche nel distretto di Aleppo di Khan al-Asal. Ciò in realtà significa che la Russia, il Paese che sa di certo chi ha usato esattamente le armi chimiche, dovrebbe riconoscere che le sue constatazioni sono sbagliate e che il crimine è stato commesso da altri.

 

(1) Registrazione video della conferenza stampa di Brahimi [3]

(2) Tweet del primo ministro David Cameron[4]

 

La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation[5].

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora[6]

 


Article printed from STAMPA LIBERA: http://www.stampalibera.com

 

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[1] Strategic Culture Foundationhttp://www.strategic-culture.org/pview/2013/08/30/war-as-way-to-cover-evidence-that-west-used-chemical-weapons.html

[2] Image: http://aurorasito.files.wordpress.com/2013/08/steve-bell-15-03-2012-002.jpg

[3] Registrazione video della conferenza stampa di Brahimi : http://webtv.un.org/watch/lakhdar-brahimi-joint-special-representative-for-syria-press-conference-geneva-28-august-2013/2633000402001

[4] Tweet del primo ministro David Cameron: https://twitter.com/David_Cameron

[5] Strategic Culture Foundation: http://www.strategic-culture.org

[6] SitoAurora: http://sitoaurora.altervista.org/home.htm

 

Kucinich: attaccare la Siria farà dei militari USA ‘l’aviazione di al-Qaida’ + Siria: l’ONU sta per per scagionare Damasco dagli attacchi chimici? + Attacco alla Siria: sen. Rand Paul a Obama, inizierebbe guerra più grande c ontro la Russia

L’ex membro del Congresso Dennis Kucinich (D., Ohio) ha detto oggi che colpire la Siria trasformerebbe le forze armate degli Stati Uniti nell’”aviazione di al-Qaida.” Kucinich, che ha votato contro la guerra in Iraq e ha partecipato alla campagna per la nomination democratica alla presidenza, nel 2004 e nel 2008, ha criticato aspramente l’idea che Obama possa agire senza l’autorizzazione del Congresso, che a suo dire sarebbe una violazione della Costituzione. Ha anche avvertito che l’intervento in Siria intrappolerebbe gli Stati Uniti in un’altra guerra in Medio Oriente e incoraggerà gli islamisti che combattono le forze del presidente siriano Bashar Assad.

“Allora, stiamo per diventare l’aviazione di al-Qaida adesso?” s’è sarcasticamente chiesto Kucinich su The Hill. Ha messo in guardia contro il tentativo di “minimizzare” l’intervento definendolo “attacco mirato”. Tale attacco, ha detto, costituirebbe comunque un atto di guerra.

Kucinich ha anche rimproverato l’amministrazione Obama di “andare” verso ciò che potrebbe diventare la terza guerra mondiale, e ha messo in dubbio i rapporti dei ribelli secondo cui le forze governative hanno usato armi chimiche. Ha dichiarato che l’uso di armi chimiche in Siria è un “pretesto”.

“Il verdetto arriva prima della raccolta delle prove“, ha detto Kucinich. “Cosa vi dice ciò?“

fonte: Stato & Potenza

http://www.oltrelacoltre.com/?p=17030

Siria: l’ONU sta per per scagionare Damasco dagli attacchi chimici?
Allain Jules 28 agosto 2013

WASHINGTON, USA – Ovviamente, i media occidentali sono agitati ma devono aspettare fino a settembre per vedere gli Stati Uniti bombardare la Siria. Che succede? Il piano diabolico contro il mondo arabo darà vita ad un topolino in Siria? Ban Ki-moon ha incontrato il presidente degli Stati Uniti Barack Obama per dirgli che servono altri 4 giorni agli investigatori per completare il loro lavoro. Di seguito, i nostri media non dicono che un documento presentato dal governo siriano lo esonera al 100%, da ciò la richiesta di altri 4 giorni per cercare di fornire informazioni per poter  mettere in questione la genuinità dei siriani.
Addio guerra umanitaria? Non è così sicuro, perché il desiderio degli occidentali è compromettere sostanzialmente l’arsenale siriano per consentire ai loro terroristi, alla loro spazzatura jihadista, di avanzare trionfanti su Damasco. Questa agitazione è il vero scopo di coloro che non hanno alcun mandato legale o prove per accusare Damasco. Si comprende che si basano sul nulla. Tuttavia, le prove che Damasco non ha usato armi chimiche sono ora nelle mani di investigatori delle Nazioni Unite. Inoltre, le autorità siriane hanno fornito prove sull’uso di armi chimiche da parte… dei ‘ribelli’, o meglio i terroristi. Gli investigatori hanno scoperto nel sobborgo di Damasco anche un proiettile di produzione occidentale, che probabilmente sarebbe stato usato nel famoso attacco contro i civili. Damasco non usa armi occidentali, la maggior parte delle sue armi è russa.
Barack Obama è così imbarazzato che non sa che pesci pigliare. David Cameron, infine, diventa il capo dei pazzi furiosi con l’assurda annuncio, senza prove, di un progetto di risoluzione che la Gran Bretagna presenta al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, “per condannare l’attacco chimico di Assad autorizzando le misure necessarie per proteggere i civili…” Proprio così. A questi personaggi piace giocare con la verità! Se basandosi su intercettazione di telefoniche, mai sentite da nessuno, attaccano la Siria, sarà la prova che Barack Obama ha superato Bush Jr., poiché lui ebbe la “decenza” d’inviare Colin Powell a mentire, con la sua fiala, davanti alle Nazioni Unite. Obama, nel frattempo, ha chiesto al mondo di credergli. E’ il colmo. Fortunatamente, alcuni Paesi arabi come l’Algeria hanno messo in guardia. L’Algeria ha deciso di rompere le relazioni diplomatiche con tutti i Paesi arabi che aiuteranno o sosterranno l’aggressione degli Stati Uniti contro la Repubblica araba siriana.

Traduzione di Alessandro Lattanzio
http://www.statopotenza.eu/8641/siria-lonu-sta-per-per-scagionare-damasco-dagli-attacchi-chimici

Venerdì, 30 Agosto 2013 09:19
Attacco alla Siria: sen. Rand Paul a Obama, inizierebbe guerra più grande contro la Russia
WASHINGTON (IRIB) – Il senatore repubblicano Rand Paul ha messo in guardia Obama dallo sferrare un attacco alla Siria ricordando che ciò avvierebbe una guerra di proporzioni ancora maggiori contro la Russia.
“Stiamo scivolando in una guerra più grande con la Russia…questo non e’ un gioco e non si può pensare di dire hey, premiamo questo pulsante ed uccidiamo un pò di gente e diciamo loro che non devono usare le armi chimiche”, ha detto Paul in una intervista radio con Mofopolitics.com
Il senatore del Kentucky ha spiegato che gli attacchi nella periferia di Damasco sembrerebbero piuttosto opera dei ribelli e non del governo.
Egli ha spiegato che e’ piu’ credibile che quelle armi siano state usate apposta dai ribelli per incolpare poi il governo e poter così far schierare dalla propria parte un maggior numero di persone.
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