Valerio Morelli: sparano alla porta di un consigliere del Movimento 5 Stelle

Valerio Morelli: sparano alla porta di un consigliere del Movimento 5 Stelle

 

Francesco Manna , 3 agosto 2013

 Solidarietà massima a Valerio Morelli consigliere comunale del Movimento 5 Stelle a Lizzano.Questa notte qualcuno ha sparato con un fucile a canne mozze alla sua porta di casa , per fortuna Valerio e la famiglia non erano nell’abitazione. Non so ancora cosa sia successo in dettaglio, ma mi sembra chiaro che questo sia un segnale ben preciso e intimidatorio contro chi vuole cambiare realmente le cose a Lizzano. Qualunque cosa sia successa oggi è un giorno dove tutti insieme dobbiamo gridare ancora più forte che la MAFIA è UNA MONTAGNA DI MERDA, VALERIO SIAMO CON TE!!!”

 La stampa tace. A due ore di distanza dal post di Giuseppe Brescia, non mi è possibile trovare sul Web mezzo articolo sulla gravissima vicenda, tranne che su www.beppegrillo.it.

 

Parliamone noi su Twitter: usiamo l’hashtag #VALERIOMORELLI per esprimere la nostra solidarietà a lui e alla sua famiglia. Di qualsiasi fede politica voi siate, è un episodio inaccettabile che va denunciato con forza.

Lo Stato non può pagare i debiti della Pubblica Amministrazione perché “ce lo chiede l’Europa”

 Per far rifiatare il tessuto economico italiano lo Stato dovrebbe sbloccare 40-45 miliardi di debiti delle PA ma non può farlo per via dei paletti imposti da Bruxelles

 Da qualche tempo a questa parte le imprese e le associazioni chiedono allo Stato, sempre con maggiore insistenza, il pagamento debiti pregressi delle Pubbliche Amministrazioni verso i privati.Secondo alcuni osservatori occorre mettere in circolo almeno 40-50 miliardi per poter davvero far rifiatare il nostro tessuto economico. “I mercati hanno già scontato la presenza di questo macigno” spiega il segretario della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa (Cna), Sergio SilvestriniLe agenzie di rating, lo sappiamo bene, più che il nostro debito hanno nel mirino la mancata crescita. E 40-50 miliardi potrebbero far ripartire gli investimenti, l’occupazione e la crescita”.

Ma se allora le agenzie di rating hanno già scontato la presenza di questi debiti, a che cosa si deve la scelta del governo di dilazionarne il pagamento nel corso del tempo?

È semplice” – spiega il Professor Antonio Maria Rinaldi a Investire Oggi – “Se lo Stato pagasse in un colpo solo i 100 e passa miliardi di debiti verso il sistema delle imprese, il rapporto debito pubblico/PIL schizzerebbe al 145%. E poi i vincoli di bilancio imposti dall’Europa ci farebbero rientrare nelle procedure d’infrazione. Il problema è quello di un cane che si morde la coda”.

Spesa pubblica corrente e in conto capitale

Facciamo un passo indietro e spieghiamo ai nostri lettori come si contabilizza la spesa pubblica. Questa si divide in spesa corrente (utilizzata per pagare stipendi, manutenzioni, materiali di consumo etc.) e spesa in conto capitale (cioè per gli investimenti).

I debiti commerciali relativi alla spesa corrente sono contabilizzati secondo un criterio di “competenza”. La transazione viene pertanto registrata quando la prestazione ha luogo, non quando il pagamento viene effettuato, con il risultato che tali debiti incrementano il deficit nell’anno in cui avviene la prestazione. Se un fornitore esegue, per esempio, un lavoro di manutenzione per conto della Pubblica Amministrazione nell’anno corrente ma non viene pagato, il debito nei suoi confronti influenzerà comunque il deficit del 2013. Se questo debito sarà poi saldato l’anno seguente, e se lo Stato non ha disponibilità di cassa, si dovrà ricorrere all’emissione di titoli di Stato per finanziare il pagamento, aumentando così lo stock complessivo di debito pubblico.

I debiti commerciali relativi alla spesa in conto capitale, invece, seguono il criterio di “cassa”. La transazione viene, infatti, registrata non quando la prestazione ha luogo, ma quando il pagamento viene effettuato, aumentando – di conseguenza – il deficit nell’anno in cui avverrà il pagamento. Anche in questo caso lo Stato, qualora non vi siano disponibilità liquide,  ricorrerà all’emissione di titoli di debito per poter onorare il pagamento.

Il più grande paradosso: lo Stato non può salvare le imprese perché “ce lo chiede l’Europa”

Per saldare i debiti pregressi delle Pubbliche Amministrazioni lo Stato deve dunque ricorrere al mercato dei capitali, indebitandosi ulteriormente. Il fatto non rappresenterebbe in sé un problema se l’Europa avesse previsto di allentare la morsa della regolamentazione nei periodi di stress finanziario, permettendo così agli Stati di adottare misure anticicliche. Ma dovendo questi, invece, attenersi scrupolosamente ai vincoli comunitari – e quindi cercare di evitare di incorrere in sanzioni (“procedure d’infrazione”) – si è giunti a quello che si potrebbe definire “il più grande paradosso”: lo Stato, ormai esautorato, non può più ricoprire la sua mansione originaria – ossia tutelare il bene comune e mantenere solvibili i propri contribuenti – ma deve solo adattarsi a regole e cavilli disegnati a tavolino in un ambiente adiabatico.

26-07-2013 

http://www.investireoggi.it/economia/lo-stato-non-puo-pagare-i-debiti-della-pubblica-amministrazione-perche-ce-lo-chiede-leuropa/

Navi dei veleni affondate nel Mediterraneo, cosa viene a galla

88 affondamenti sospetti dal 1979 sino al 2000 (clicca qui per leggere tutte le navi affondate in modo sospetto con relativo carico a bordo), la quasi totalità di questi nella  parte sud del Mediterraneo con, ad esempio, un drammatico interessamento del Mar Tirreno adiacente alle coste della Calabria.Verità che emergono lentamente dopo oltre due decenni di misteri che poi, forse, misteri non sono più. Se non altro in quei termini negazionisti che in un primo tempo hanno assalito tutto e tutti. Insieme agli affondamenti un mare con tutta probabilità malato che forse ha ingoiato di tutto, dai rifiuti tossico-nocivi fino ai rifiuti radioattivi. Poi, col tempo, arrivano pure le morti.

Quelle sospette di Amantea e dintorni, innumerevoli, purtroppo, e quella di Natale de Grazia (ucciso), capitano di corvetta, uomo onesto dello stato che su quelle rotte, circa quegli affondamenti stava cercando di far luce nel buio degli abissi. Tra il suono armonioso delle onde e con l’andare del tempo si delineano pezzi di una storia estremamente dolorosa, dura da mandare giù senza sdegno e strazio. Nella lunga ricostruzione degli eventi qualcuno ha già scritto, da tempo, la sua certezza e verità: “avvelenati dalla ‘ndrangheta, avvelenati dallo stato”.
Per oltre vent’anni l’armatore Ignazio Messina ha negato che la motonave Rosso, arenatasi il 14 dicembre 1990 sulle coste calabresi, trasportasse siluri-penetratori per sparare rifiuti tossico-radioattivi dentro ai fondali marini. Nessuno ha mai trovato la prova che l’imbarcazione nascondesse questo segreto e i magistrati hanno chiuso il caso. Senonché adesso spunta un documento choc del 22 maggio 2003.
Quattordici pagine dove l’allora sostituto procuratore generale di Reggio Calabria, Francesco Neri, propone di assegnare la medaglia d’oro al merito di Marina al capitano di corvetta Natale De Grazia: suo collaboratore chiave nell’inchiesta sulle navi dei veleni, morto in
circostanze sospette la notte del 12 dicembre 1995. Ed elencando ciò che l’ufficiale aveva scoperto riguardo alla vicenda Rosso, il magistrato scrive: «De Grazia, mediante l’escussione testimoniale del comandante Bellantone della Capitaneria di porto di Vibo Valentia, accertava personalmente che a bordo della nave che si era spiaggiata, vi erano i cosiddetti “penetratori”, indicati dai marinai come “munizioni”».
Non solo.
Stando a quanto riferisce Neri sulle indagini di De Grazia, «i documenti di carico erano falsificati». Il che si somma al fatto che «lo stesso Bellantone aveva lanciato l’allarme radioattivo ai vigili del fuoco, i quali intervennero regolarmente sui luoghi, senza però stranamente certificare nulla». Dopodiché, citando le parole di Neri, sarebbe emerso che il comandante Bellantone «sapeva che a bordo della nave vi era un carico “pericoloso”, perché a suo dire era stato già allertato dal comando della Marina militare». E se tutto questo fosse ancora poco, per sollevare qualche dubbio sull’andamento dei fatti, va aggiunto che a bordo della nave, «proprio sulla plancia di comando, Bellantone aveva sequestrato le identiche mappe di affondamento» della O.d.m. (Oceanic disposal
management), azienda che aveva proposto a decine di nazioni di seppellire in mare le  scorie tossico-nocive.

Un quadro sconcertante, nell’insieme. Anche perché Neri, ricostruendo i giorni successivi allo spiaggiamento della Rosso, racconta che l’imbarcazione fu smantellata dall’armatore dopo che l’azienda olandese Smit Tak (specializzata nel recupero marino di rifiuti tossici e radioattivi) «aveva lavorato con la completa “sorveglianza” del sito, reso inaccessibile da parte di un servizio segreto non meglio identificato». Tutto normale? Tutto da interpretare come una banale prassi operativa?
Le domande, in queste ultime settimane, stanno tornando a farsi dense attorno al capitolo delle navi dei veleni. Sia per l’ipotesi lanciata da Neri che sulla Rosso ci fossero i famosi missili-penetratori, sia perché il settimanale “Corriere della Calabria” ha pubblicato alcuni passaggi dell’audizione di Emilio Osso davanti alla Commissione parlamentare ecomafie.
Sede in cui questo istruttore di polizia municipale, al fianco della Procura di Paola nelle inchieste ambientali, ha definito quello che la Rosso trasportava il 14 dicembre 1990 «difforme» dal piano di carico ufficiale. «Inoltre», riferisce Osso a “l’Espresso”, «tre container non sono più stati rinvenuti». Dettagli impossibili da sottovalutare, a questo punto. Schegge di un mistero che pochi vogliono risolvere.

Fonte: http://futuribilepassato.blogspot.it/2013/05/navi-dei-veleni-affondate-nel.html
http://coscienzeinrete.net

Monte Paschi: indagato il pm Natalini, spiegava al telefono come difendere il PD

Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSago 7, 2013
7 ago – Le gravi confidenze con l’amico avvocato Samuele De Santis (arrestato per uno scandalo nella Tuscia) su come procedessero le indagini sulla Banca senese. L’avviso di garanzia sarebbe stato consegnatogli dal procuratore di Viterbo Massimiliano Siddi davanti all’allibito omologo di Siena, Tito Salerno. Il tutto è stato tenuto, ovviamente, sotto silenzio
Quando Marcello Veneziani, su “il Giornale” di lunedì scriveva “chi tocca la sinistra muore” (parlando in quel caso della condanna a Silvio Berlusconi) certamente lo affermava con cognizione di causa, ma senza sapere che aveva davvero ragione da vendere.
C’è uno scandalo giudiziario che sta scuotendo una tranquilla cittadina del centro Italia. Quello riguardante la più antica banca del Paese, il Monte dei Paschi di Siena. La vicenda si ingigantisce un po’ di più ogni giorno. E la cosa è di per sé inevitabile. Ma, siccome riguarda il più “rosso” degli istituti di credito, si racconta forse solo un terzo di quanto si dovrebbe.
Esiste, anzi esisterebbe, infatti uno scandalo nello scandalo che alberga nella Procura della Repubblica di Siena, coinvolgendo uno dei pm titolari delle indagini su Mps  e che si chiama Aldo Natalini. Bene, pare che il magistrato sia stato raggiunto da un avviso di garanzia, per violazione del segreto istruttorio, perché avrebbe serenamente chiacchierato al telefono dell’inchiesta che coinvolge i vertici dell’Istituto di credito senese, oltre che quelli del Pd. Ma andiamo con ordine.
“Genio e sregolatezza” Più di un anno fa, nell’inverno del 2012, un’inchiesta giudiziaria della Procura di Viterbo fa emergere un sistema di appalti truccati nel capoluogo laziale. L’indagine viene chiamata “genio e sregolatezza”. Lo scorso maggio viene arrestato addirittura un avvocato, Samuele De Santis. L’accusa per lui è pesantissima: estorsione e falso. Cosa c’entra però un legale viterbese con lo scandalo color “rosso terra di Siena”? Ve lo spieghiamo subito. Perché mentre la procura laziale indaga sugli appalti truccati in città, pensa bene di intercettare uno dei principali indiziati, cioè lo stesso De Santis. Il quale ha frequentato la facoltà Giurisprudenza niente meno che con Natalini. Proprio quel pm che segue l’inchiesta Mps. I due non solo sono coetanei e colleghi di studi, ma anche intimi amici. Così capita che, nel corso di una telefonata fra i due, Natalini racconti per filo e per segno alcuni retroscena dello scandalo che sta travolgendo il Monte dei Paschi. Ma c’è di più e c’è di peggio.

Chiacchiere fra vecchi amici Forte del fatto che crede di star semplicemente facendo una chiacchierata fra amici, il pm senese parla apertamente delle strategie legali che si potrebbero intraprendere nel caso venissero coinvolti nell’inchiesta anche i vertici del Partito Democratico. Spiegando, da un punto di vista strettamente giuridico, quali sarebbero le eventuali eccezioni cui fare ricorso laddove le indagini andassero a colpire l’alta dirigenza del Pd. Quindi Natalini non solo spiega come si possa difendere Giuseppe Mussari e Fabrizio Viola, ma anche tutti i membri dei “democrat” che direttamente o indirettamente influenzano le sorti della Banca “rossa”.  Il pm si sarebbe anche fatto sfuggire anche qualche considerazione in merito alla legittimità del “modus operandi” del pool senese nel corso delle indagini su Mps.

Il precedente Nei giorni scorsi era già stato reso noto di come il Gip titolare dell’inchiesta sul Monte Paschi, Ugo Bellini, avesse sempre negato l’autorizzazione ad intercettare i principali indagati. Ivi compreso il sindaco di Siena Franco Ceccuzzi. Il primo cittadino che ha ricostruito per filo e per segno le riunioni dei “big” del centrosinistra nei quali si discuteva dell’amministrazione del Monte dei Paschi. E c’erano proprio tutti: da Piero Fassino a Francesco Rutelli, passando per Massimo D’Alema e Walter Veltroni. In un passaggio si parla perfino di Pierluigi Bersani.
L’avviso di garanzia Ma torniamo per un attimo alla telefonata che ha incastrato il pm sense. Stando a quanto sostengono fonti bene informate, il magistrato che ha indagato sull’avvocato De Santis, il procuratore di Viterbo Massimiliano Siddi (lo stesso che ha interrogato Franco Fiorito in un’indagine connessa a quella principale che aveva coinvolto il “batman” della Regione Lazio) ha ritenuto di dover approfondire la vicenda. E ha preso così a cuore le dichiarazioni di Natalini, da iscriverlo nel registro delle notizie di reato con l’ipotesi di violazione di segreto istruttorio. Poi, il capo dei  pm viterbesi avrebbe anche personalmente consegnato l’avviso di garanzia a Natalini proprio davanti al procuratore capo di Siena Tito Salerno. Il tutto, ovviamente, senza che la stampa ne sapesse niente. Natalini avrebbe scelto come difensore l’avvocato e docente di diritto penale David Brunelli, del foro di Perugia. Il quale, però, non è raggiungibile. Almeno al telefono del suo studio.
Ora, se queste indiscrezioni venissero confermate, lo scandalo sarebbe talmente grave ed eclatante da minare le fondamenta dell’inchiesta Mps. Insomma, la bomba “rossa” potrebbe esplodere da un momento all’altro.
Federico Colosimo – ilgiornaleditalia
http://www.imolaoggi.it/?p=58431

Le paure forti dei poteri forti: la libertà NOTAV e la

http://blog.ilmanifesto.it/scienziato/2013/08/08/le-paure-forti-dei-poteri-forti-la-liberta-notav-e-la-guerra/

leggete anche il secondo intervento sulla CMC scritto da un ravennate
IL MANIFESTO BLOG

Lo scienziato borderline D’ambiente, nucleare, TAV e altri mostri…di Massimo Zucchetti

  • Quest’estate, in Val Susa, i cantieristi del TAV cercano fra mille difficoltà di far arrivare al cantiere di Chiomonte i pezzi della “Talpa” che dovrebbe finalmente scavare in maniera decente un po’ del tunnel di prova o “geognostico”.

    Godono – con grande dispiego di forze dell’ordine e di mezzi – nel giocare a rimpiattino con la popolazione che cerca – con i pochi mezzi a sua disposizione, essenzialmente i loro corpi – di impedire questo arrivo. Finora, infatti, i prodi sostenitori dell’alta velocità trenistica hanno scavato la bellezza di metri 180 nella montagna, e sono indietro da far paura. Da far paura,ovviamente, a tutti i vari politicanti e boiardi che sul TAV, unico caso al mondo, giocano gli ultimi spiccioli del futuro politico del loro partito al tramonto e nello sbando più totale.

    I politici e governanti francesi, ad esempio, magari anche favorevoli all’Alta Velocità, non ne fanno come i nostri  una questione di vita o di morte. Hanno altre grandi opere da portare avanti, e la Lyon-Turin è fra quelle a priorità più bassa. Se l’Unione Europea darà dei finanziamenti e se l’Italia continuerà ad accollarsi la maggiorparte della spesa per il tunnel, bene, quello forse si può scavare. Per tutte le opere ferroviarie di collegamento, se ne parlerà dopo il 2030. Alla faccia della vecchia bufala che “i francesi hanno già scavato tutto”: ve la ricordate?

    Il 2030 comunque non è così lontano e potrebbe essere una scadenza comoda anche per i nostri dispensatori di denaro pubblico. Se calcoliamo – per esser generosi – l’inizio del cantiere TAV con la caduta di Luca Abbà il 27 febbraio 2012, sono passati finora circa 530 giorni, e quindi se la matematica non è anch’essa anarcoinsurrezionalista e terrorista, fanno:

    180 / 530 = 34 centimetri al giorno

    Dobbiamo ricrederci. Gli amici del TAV sono in realtà fautori della bassa velocità. Bassissima. Ieri al mare, con mio figlio, abbiamo scavato una buca di mezzo metro di profondità: ed abbiamo trovato l’acqua anche noi, come sembra che i nostri prodi abbiano trovato, allagandogli il loro tunnelino e tra l’altro distruggendo la prima delle tante falde acquifere che devasteranno con i loro giochi di guerra.

    Sì, perché il TAV è un tunnel di guerra. Mai ho visto scrivere con tanto coraggio e determinazione questa realtà fattuale, come ha fatto il mio collega e sodale Luca Giunti, tecnico e consulente della Comunità Montana Val Susa e Val Sangone. Riprendo sunteggiando i suoi pacatissimi argomenti, che  si possono  trovare per intero nell’articolo:

    http://www.notav.info/documenti/giunti-non-chiamatelo-tav-e-solo-una-macchina-da-guerra/

    Da tecnici – professionali ma volontari e quindi non retribuiti – della Comunità Montana e delle associazioni ambientaliste, studiamo da anni i progetti della Torino-Lione. In quest’opera la tecnica non c’è più. Anzi, è stata pervertita. La tecnica è l’insieme delle norme applicate e seguite in una attività, sia intellettuale che manuale. Implica l’adozione di un metodo e di una strategia per identificare in maniera precisa degli obiettivi e dei mezzi più opportuni per raggiungerli.

    La libertà NOTAV fa paura. Foto di Luca Perino

    La libertà NOTAV fa paura. Foto di Luca Perino

     

    Di tutta questa sapienza non c’è traccia nei documenti che dovrebbero sostenere e realizzare la Torino-Lione. L’ultimo progetto presentato – il Definitivo della Prima Fase del lato italiano della Sezione Transfrontaliera:

    1 – ammette candidamente di non conoscere com’è fatta la montagna che vorrebbe scavare per 57 km, facendo scommesse e buone intenzioni sui contenuti di uranio ed amianto, ad esempio;

    2 – ignora spensieratamente come raggiungere il tunnel da entrambi i lati, parzializzando talmente nel tempo e nei risultai l’opera, vista anche l’attitudine dei francesi, che ormai è inutile chiamarla TAV: sia il Tunnel/Totem della cricca del cemento e del tondino.

    3 – disobbedisce spudoratamente alle Prescrizioni imposte dal Cipe,

    4 – dichiara tranquillamente ingenti impatti sull’acqua e sulla salute ma vanifica ogni legale valutazione dei danni,

    5 – annuncia felicemente vantaggi fantastici ottenuti grazie a superlativi incrementi dei traffici continuamente smentiti dal PIL e da tutte le previsioni basate sul buon senso.

    Le prove sono innumerevoli e ben documentate, ma queste cinque bastano come esempi rappresentativi.

    Dunque, la tecnica come perizia, come saper fare, come bene operare, è del tutto assente dalla Torino-Lione. E’ stata sostituita da un’altra tecnica, perversa e non più al servizio del bene – come vorrebbe la sua etimologia – ma del male. Non discute più di merito e di ragioni, che ormai sono tutte dall’altra parte. Non accetta nessun dialogo, nessun approfondimento, nessun confronto sui fatti, sui quali è perdente. Non ammette alcuna sospensione o ripensamento, anzi procede imperterrita con proclami, decreti e lavori. E soprattutto colpisce i contestatori. Li accusa di ogni nefandezza, li segnala alla disapprovazione dei mass media, li trascina sull’unico terreno dove è in vantaggio: lo scontro fisico, la criminalizzazione, la repressione.

    Cerca di isolarli, di fare terra bruciata intorno a loro, di avvelenare i pozzi. Annulla ogni opzione moderata, scientifica, dialogante, pacifica.

    Accomuna al TERRORISMO qualsiasi opposizione: se non è attivamente sovversiva è almeno ingenua o addirittura connivente. E via di questo passo, esaltando gli estremismi opposti cioè l’unico gioco dove questa tecnica crede di essere vincente perché conosce e pratica da anni le sue strategie di violenza e sopraffazione (un celerino preferisce un antagonista a un cattolico: è più semplice da gestire e da picchiare).

    Questa è l’unica tecnica rimasta a giustificare l’opera. E’ una tecnica di potere. Anzi, di guerra.

    I promotori della Torino-Lione sono come gli ultimi giapponesi, vecchi e isolati: hanno armi che possono ancora fare molto male ma combattono una guerra che è  già perduta.

    Il 6 agosto, al Vernetto vicino a Bussoleno, dopo che le forze dell’ordine avevano arrestato o fermato una  ventina di resistenti  NOTAV, fra i quali anche la storica resistente Nicoletta Dosio, di 67 anni, si è riunita un’assemblea di 500 persone, calme ma determinate. Io ero con loro, ma non ho detto parola, ho ascoltato ed imparato: “la Val Susa paura non ne ha”, non è certo solo uno slogan, accidenti.

    E’ per questo che ho avuto – netta, da anni – la sensazione di chi perderà e chi vincerà in questa partita. Da ingegnere, ho stimato che il costo delle operazioni in valsusa è valutabile – tenendo conto dell’enorme spiegamento di polizia e di mezzi, dei danni inferti e subiti, delle strade e autostrade chiuse, insomma “tutto compreso” – in molte volte il costo di una operazione fatta in normali condizioni.

    E non sono “condizioni eccezionali”: si ripetono da oltre due decenni e non mi pare che il movimento NOTAV abbia alcuna intenzione di mollare, così come mi pare che la paura da parte degli “altri” stia crescendo man mano che aumentano gli schieramenti di forze di sicurezza: cosa succederebbe se DAVVERO costoro dovessero aprire un cantiere reale, esteso per chilometri, con vere opere, non a Chiomonte in un’area ristretta oppure protetti dall’autoporto di Susa, ma nella vera bassa-media Valle?

    Io non oso immaginare il livello di militarizzazione che sarebbe necessario, le difficoltà, gli incidenti dovuti – si badi – soltanto al dover lavorare circondati letteralmente da un fortino con militari con i fucili spianati. Mentre un intero popolo pacificamente lo tiene sotto assedio e urlaANDATEVENE. Militari, esatto, perché la polizia non basterebbe più: dovrebbero mandare l’esercito. E in forze.

    Per quanto tempo, signori del TAV, riuscirete a giocare questa partita, in queste condizioni? Ci avrete pensato.

    La mia idea è che le vostre stime dei costi vadano quintuplicate, e i tempi di esecuzione raddoppiati, perlomeno, anche se si ragiona del tutto in teoria, perché non ce la farete mai. Mai: perché la vostra quindicina di miliardi di euro diverrebbe facilmente una cinquantina, una settantina, o magari un centinaio. La ValSusa non è una anonima valle nella quale scavare un tunnel: la ValSusa non vi vuole, e in vent’anni ha fatto nascere e sviluppato un qualcosa che mai si era visto, come forza, determinazione, volontà di non mollare, popolarità (nel senso di movimento di popolo).

    E allora, inevitabilmente, a meno di non trasformare una parte rilavante di una provincia italiana in un fortino militare, dovrete mollare.

    Questo, al di là di tutte le ragioni di tipo ambientale, di traffico merci e passeggeri, di risorse, di tutte le mille incongruenze di un progetto talmente assurdo che noi – tecnici della Comunità Montana della ValSusa e Val Sangone – non sappiamo più come ripeterlo in una lingua che voi possiate capire. L’italiano, le decine di rapporti tecnici e di valutazioni, evidentemente non servono. Meglio giocare alla guerra.

    (L’autore ringrazia l’amico Luca Giunti per averlo autorizzato a saccheggiare un suo recente articolo)

di massimozucchetti
pubblicato il 8 agosto 2013  ra”

 

  1. aueciauembli Scrive:

    un bel pezzo professor max. a conferma di ciò che scrivi, mi permetto di allegarti(se ci riesco) la lettera che mi ha mandato una persona di ravenna:
    LETTERA DI UN* RAVENNATE ALLA SUA CITTA’
    Sono nat* a Ravenna un po’ di anni fa, e dopo i percorsi di vita di chiunque con alti bassi gioie e dolori, oggi svolgo un’attività che mi sono scelt* perché mi piace e mi soddisfa e ho dei figli con un* compagn*. Vivo in un posto come Ravenna, dove tutto è perfetto, in cui sono cresciut* e arrivat* a essere chi sono anche grazie alla materna e rassicurante ala protettrice sulle nostre vite della nostra grande mamma adottiva c.m.c.
    Come chiunque di noi ben sa, praticamente ogni aspetto della vita pubblica e sociale in città e nei dintorni è influenzato direttamente o indirettamente dai nostri cari anonimi muratori. E noi tutti rispettosamente e riverenzialmente con gratitudine se dobbiamo nominarLa facciamo quasi come gli arabi con i loro profeti: “le benedizioni di Allah scendano sempre su di Lei”.
    Sappiamo benissimo che il nostro benessere e la nostra dorata serenità lo dobbiamo a tutti i cantieri che la Nostra realizza nel mondo rendendolo più bello e questo è quanto ci serve e ci basta.
    Tutto era perfetto fino a quando l’anno scorso non venni a sapere di una manifestazione che sarebbe stata portata nella nostra città da dei pericolosissimi criminali conosciuti ovunque come violenti devastatori. I famigerati e temutissimi no tav!! Che venivano dichiarandosi contro la nostra mamma!!
    Il giorno della manifestazione, volli andare per vedere come fossero fatti costoro e rimasi stupit* quando vidi che c’erano ragazzi, anziani, donne, bambini, perfino un nutrito spezzone di cattolici. E cominciò quindi a esserci qualcosa di stonato con gli allarmi alla cittadinanza affinchè ci si barricasse tutti in casa diffusi in tutti i modi possibili nei giorni precedenti.
    Cercai un po’ su internet e cominciai a trovare parecchie informazioni e aggiornamenti su cose che succedevano a qualche ora di macchina dalla mia tranquilla casetta, ma che sembravano appartenere alla spagna di Franco, al Chile di Pinochet, al nostro bel ventennio. Sembrava assolutamente impossibile, anche perché sui nostri organi d’informazione locale non veniva menzionato nulla.
    Quest’anno quindi ho deciso di andare di persona a vedere come stanno le cose in val di susa facendomi una vacanza a uno dei campeggi del famoso movimento no tav, in cui siamo stati accolti come fossimo di famiglia! Tutto il campeggio basato sulla gratuità, l’autoproduzione, sul libero scambio, sul riciclo e il non inquinamento. In alcuni momenti gli ospiti erano diverse centinaia e provenienti da tutta italia e tutta europa.
    Il mattino dopo il nostro arrivo abbiamo cominciato le attività andando a visitare l’area del cantiere e siamo rimasti letteralmente senza parole nel vedere una verdissima vallettina con splendide borgatine montane e ruscelli scintillanti nel sole devastata nel suo cuore da un enorme cantiere con qualche operaio e decine di poliziotti, carabinieri, forestali e, pazzescamente, persino blindati anfibi dell’esercito con una nutrita presenza di soldati e tutti ad avvicinarsi e controllarci con facce torve e occhi incarogniti dall’altro lato di due recinzioni sormontate dal filo spinato con le lamette, quello con cui gli israeliani circondano i palestinesi a Gaza. Non potevamo credere che una zona di guerra come quella appena vista possa essere considerato un cantiere, soprattutto anche alla luce del fatto che quello non è un cantiere per la linea ferroviaria, ma solo per un tunnel secondario ed esplorativo, e che soprattutto sia la nostra c.m.c. ad accettare simili situazioni.
    Forse perché tra i soci e protettori politici ci sono i vertici di partito di interessi, lo stesso partito che ha nominato il commissario straordinario virano, che ha come “mission” quella di mentire e truffare in tutte le sedi possibili. E ciò ben si spiega visto che 30 miliardi di euro dell’opera da poter far incassare agli amici degli amici sono l’unica vera motivazione per un’opera completamente inutile come dimostrato in tutte le sedi tecniche.
    Alla sera avrebbe dovuto esserci l’assemblea quotidiana del campeggio, ma visto che erano stati segnalati i primi trasporti dei pezzi della macchina che scava il tunnel, ovviamente chiamata comunemente talpa, si è deciso di spostare l’assemblea in un punto vicino all’autostrada per poterci eventualmente spostare alla bisogna tutti sulle corsie per bloccare i trasporti. Già dal mattino in tutta la valle, lunga circa ottanta chilometri, erano state segnalate le presenze di innumerevoli mezzi blindati di carabinieri e polizia, e svariati posti di blocco controllavano continuamente i mezzi di passaggio. Fin quando verso le cinque del pomeriggio ci arrivarono addosso decine di blindati che hanno cercato di investirci, bastonando indiscriminatamente tutti, giovani, anziani e ragazze e portandosene via, tra insulti, spintoni, calci circa una ventina. Anzi, scusate: si dice “scontri”, quando cioè i reparti con manganelli, scudi, fucili per i lacrimogeni si avventano su persone inermi con le mani alzate e li riempiono di botte, i giornalisti devono dire e scrivere che sono stati “scontri”. Nel frattempo, magicamente, abbiamo visto passare indisturbato sull’autostrada a poche decine di metri da noi il tir che trasporta alcuni pezzi della macchina. Abbiamo quindi capito che le ff. dell’oo. sono venuti non certo per una situazione di pericolo sociale, ma solo per fare da guardia spalle, con annesse botte e arresti, al tir che stava passando. Altro che “ordine pubblico”! qua, l’”ordine” l’ha dato un privato!! Ci hanno raccontato che qualche giorno fa una quindicina di ragazzi del movimento hanno subito una perquisizione nelle loro case e a molti di loro sono stati sequestrati foulard e magliette della locale sezione dell’a.n.p.i. ed è stato perquisito anche uno dei locali più frequentati della valle con accuse di terrorismo ed eversione. Ed è prassi abituale e consolidata che le persone della valle e del movimento che abbiano un adesivo no tav sull’auto vengano fermati e perquisiti e in moltissimi casi per la sola colpa di essere presente in un certo luogo della valle ci si può vedere inflitto un “foglio di via”, che equivale all’esilio, con il divieto di permanenza e transito nei territori di certi comuni.
    Alla sera dei fatti a cui abbiamo assistito non ci siamo più fidati a stare in un campeggio continuamente controllato a vista dai binocoli di soldati, carabinieri e poliziotti, soprattutto avendo anche saputo che in diverse occasioni questi impuniti “tutori dell’ordine” hanno fatto blitz nel campeggio rubando oggetti personali, danneggiando tende, auto e attrezzature. E abbiamo quindi usufruito dell’ospitalità di una famiglia di no tav del posto. E ciò in attesa di sabato quando avrà luogo una manifestazione di soli anziani e anziane che andranno al cantiere per abbatterlo con cesoie e martelli trovandosi di fronte i reparti armati di tutto punto.
    Oggi la val di susa è un vero e proprio territorio in perenne assedio, militarizzata ovunque, con un coprifuoco di fatto non dichiarato, e in cui i diritti costituzionali sono calpestati in ogni momento e in ogni situazione, e in cui le persone sono costrette a subire continue violenze, prepotenze, ingiustizie, falsità e persecuzioni solo perché resistono e rivendicano il loro diritto a rifiutare una cosa che loro non vogliono. Ed è per non dover subire lo stesso tipo di ritorsioni che sto scrivendo questa lettera in forma anonima.
    Se è una donna a subire qualcosa di non voluto si chiama stupro, in questo caso ciò che viene fatto subire a un intero popolo lo chiamano “grande opera”. Ma i valsusini stanno dando a tutti noi una grande lezione di coraggio, di dignità, di allegria, di intelligenza. Difendono e rivendicano tutti i giorni i diritti costituzionali conquistati dai nostri padri partigiani ed è per questo che arriva gente da ogni dove per aderire alla loro causa, esattamente come durante la Resistenza quando si unirono alle brigate partigiane modenesi, romani, napoletani, russi, calabresi, siciliani. Perché partecipare alla loro lotta vuol dire difendere le libertà di ognuno di noi in tutta italia.
    La Resistenza lottava contro il nazifascismo che era sostenuto dalla grande imprenditoria e dalla grande finanza. Oggi sono cambiati solo i colori, ma i burattinai sono sempre quelli che vogliono sfruttare impunemente facendo quanto più profitto possibile. Perché come ha dichiarato spudoratamente, irresponsabilmente l’a.d. della c.m.c. foschini “ a noi non deve interessare perché si fa una certa opera. A noi deve interessare solo come farla” e non importa se le persone non lo vogliono, non importa se ci sono stati centinaia di arrestati, decine di feriti, alcuni che hanno perso un’occhio, un ragazzo di 17 anni che ha perso l’udito per un lacrimogeno sparato ad altezza uomo e vilmente alle spalle, anzi alla nuca, un’altra persona con innumerevoli fratture alle ossa della faccia per un lacrimogeno che lo ha colpito al volto, poi una donna nel 2010 aggredita da otto (8) agenti che l’hanno bastonata fino a farla svenire con uno zigomo, alcune costole fratturate e per i calci, un’ovaia spappolata, un’altra signora bastonata e calpestata da svenuta fino a spaccarle una caviglia e tibia e perone, e ancora oggi cammina con il bastone, e solo venti giorni fa una ragazza arrestata, trascinata e picchiata mentre veniva trascinata e poi palpeggiata, molestata e insultata e bocca spaccata da una manganellata a tradimento, e tutto ciò da coloro i quali dovrebbero tutelare noi cittadini e che hanno la sfacciataggine di chiamare “scontri” questi criminali pestaggi. E che sono stati anche visti fuori servizio importunare e molestare ragazze di alcuni paesi della val di susa.
    Di tutto questo sangue, di queste violenze, di questi soprusi, di questo dolore, di queste ingiustizie, di queste bugie, di queste falsità, di queste inutili devastazioni si sta macchiando la nostra cara mamma c.m.c. E io dopo aver visto e vissuto tutto ciò che ho descritto, non posso più accettare di vivere nel mio sereno rassicurante mondo dorato sponsorizzato dai soldi inzuppati da tutte queste ignobili cose.
    Oggi dopo tutti questi anni di dorata ignorante e colpevole cecità io mi vergogno di vivere nella stessa città della c.m.c. e mi vergogno di dovere il mio benessere al malessere, al dolore di tante altre persone.
    Persone a cui siamo grati e riconoscenti che ci hanno insegnato che cosa sia la dignità e il coraggio e l’orgoglio di essere No Tav.
    Anonim* ravennate
    8 agesto 2013

DISOBBEDIRE AD UNA LEGGE INGIUSTA È UN ONORE PER QUALUNQUE UOMO LIBERO

Oggi il Tesoro dice che assolutamente non si può abolire l’Imu. E’ lo stesso Tesoro che ha decretato che le operazioni in derivati sono state fatte nell’interesse nazionale. Vedi qui a riguardo

L’IMU è una tassa ingiusta. Tutte le tasse in Italia, ad oggi sono ingiuste.
Non basta rispettare la Legge per essere “buoni”, perché spesso la Legge può essere ingiusta e se è tale, ogni Cittadino ha il diritto di disobbedire.
Confermiamo a noi stessi che la Democrazia esiste davvero. Se esiste davvero allora la legittimità delle Leggi la danno i Cittadini perché secondo il principio di Sovranità essi detengono il potere Legislativo.
Come possiamo accettare che organismi che si presentano con varie sigle come OCSE, FMI, MES, ai quali nessun Cittadino ha mai consegnato una delega, possano imporci le loro Leggi?
La Società Occidentale è ad un bivio epocale ed è più che mai urgente che ogni Cittadino assuma oggi il Comando delle proprie sorti e di quelle della Società intera. Ogni volta che abbassiamo la testa e nel silenzio ci pieghiamo ad un’ingiustizia diventiamo complici di essa. E’ GIUNTO IL MOMENTO DI DISOBBEDIRE TUTTI! Un piccolo manipolo di persone non potrà fermare un intero Popolo di milioni di individui che pacificamente decidono di non alimentare più il loro aguzzino.
Alcuni personaggi del pianeta si sono arricchiti governando i processi mondiali, la civilizzazione delle nazioni e ottenendo il loro controllo. Lo hanno fatto con abilità, facendo credere agli individui di aver conquistato progresso e benessere e invece sono solo stati strumenti inconsapevoli di un disegno che ha come obiettivo finale il loro totale asservimento. Non è cambiato mai nulla, è stata tutta un’illusione di cui ci siamo accontentati. Coloro che SANNO continuano a comandare con furbizia e maestria, conoscendo i limiti della natura dell’Uomo il quale purtroppo ha avuto fino ad oggi la naturale inclinazione ad auto-sabotarsi. Ma adesso tutto può cambiare. Ci si può Accorgere di come stanno le cose e vedere anche la storia, che dovrebbe insegnarci e illuminarci di saggezza, da un Punto di Vista differente. “Conoscere anziché Credere” è il motto dell’Uomo libero e Consapevole.
Molte cose che stanno accadendo oggi sono già successe in passato. La storia si ripete ed anche gli schemi che la determinano sono gli stessi. L’unica discriminante può essere solo la Forza del Pensiero Creativo dell’Uomo.
Non possiamo più assistere a patetici scaricabarile sulle tasse, che ormai sono diventate il mezzo attraverso il quale, i banchieri internazionali che hanno speculato negli ultimi 40 anni, possono tornare in possesso di denaro fresco perché i loro investimenti per la maggior parte sono falliti e oggi hanno in mano solo carta straccia o titoli tossici. Costoro vorrebbero far pagare questo fallimento ai Popoli delle nazioni più virtuose. L’Italia in testa. Nonostante per anni ci abbiano fatto credere, con la complicità dei media di loro proprietà, che il nostro Paese fosse il fanalino di coda d’Europa e del mondo, sapevano bene che, al contrario, gli Italiani hanno sempre lavorato sodo, si sono risollevati dalle macerie della guerra ed hanno impegnato i loro risparmi nella CASA anziché sui mercati, dove essi avrebbero potuto facilmente speculare e anche in un solo giorno azzerare i risparmi di una vita. Come è accaduto a qualche altro sventurato Popolo. Vedi quello americano.
Nessuno parla più del PIL che è il vero valore indicatore dello stato di salute (economica) di un Paese e tutti parlano dello Spread che è solo un valore di confronto, con la Germania. Valore mistificato perché non tiene conto che proprio la Germania essendo l’unico Paese dell’Unione su base FEDERALE, divide i propri conti e il proprio Bilancio in 3 parti. Ecco perché appare più florido.
Il nostro Paese non ha bisogno di patenti di credibilità da nessun organismo sovranazionale, ha bisogno di ritrovare invece compattezza e spirito di unione, di rimettere in moto la creatività e l’ingegno, caratteristiche naturali che gli hanno dato la forza di superare momenti ben peggiori. Compito dello Stato e della Politica, che ha l’OBBLIGO di rispondere al volere dei Cittadini, è quello di mettere in atto tutte le misure necessarie, compresa la politica di espansione monetaria e l’abbassamento significativo della pressione fiscale che può essere come è stato già ampiamente dimostrato del 15%. Valore non molto differente dallo standard di altri Paesi occidentali.
I nostri Politici eletti direttamente dai Cittadini invece dimostrano tutta la loro vigliaccheria e la loro pochezza di ideali. Alcuni sono al soldo di coloro che speculano sulle sorti del Paese, altri sono troppo vigliacchi per dar seguito ed onore al compito che i Cittadini gli hanno conferito: quello di difendere, garantire e salvaguardare con fierezza gli interessi della nostra Comunità.
Se sentite che il contenuto di questa riflessione risuona nel Vostro Cuore, allora non esitate un solo istante. Cominciate a disobbedire. Questo sarà l’inizio della fine per questo Dominio e coinciderà con l’alba di una nuova Epoca, che non sarà perfetta, ma sicuramente migliore.
Fonte: partitoitalianuova.it
http://www.nexusedizioni.it/attualita/disobbedire-ad-una-legge-ingiusta-e-un-onore-per-qualunque-uomo-libero/
http://altrarealta.blogspot.it/

L’editore di Repubblica condannato in appello per un enorme danno al fisco Ha detto: sentenza illegittima.

L’editore di Repubblica condannato in appello per un enorme danno al fisco Ha detto: sentenza illegittima. Ma i giudici non l’hanno trattato come Berlusconi

«Questa sentenza è irricevibile, manifestamente infondata e palesemente illegittima». Parole di Silvio Berlusconi? No. Bondi, Santanchè, Brunetta? Macché.

Parole di Carlo De Benedetti, diffuse dal suo portavoce un annetto fa, il 25 maggio 2012.

Oddio, ma è lo stesso Carlo De Benedetti tessera numero uno del Pd ed editore di la Repubblica, il giornale che in queste ore sta facendo un mazzo così a Berlusconi sul fatto che in democrazia le sentenze si accettano e non si discutono e perché i magistrati vanno rispettati? Certo che è lui. Ed è stato condannato per una evasione fiscale da 225 milioni di euro. Impossibile. Vuoi vedere che lo stesso Carlo De Benedetti tessera numero uno del Pd ed editore di la Repubblica, il quotidiano che scrive che Berlusconi è ladro perché chi evade le tasse frega soldi pubblici, è un mega super ladrone e nessuno, dico nessuno, lo scrive e lo dice? Ebbene sì, almeno stando alla sentenza di appello emessa dal tribunale tributario del Lazio. Per bollarlo a vita bisognerà aspettare la sentenza della Cassazione, che a differenza di quanto avvenuto con Berlusconi, ci metterà non pochi mesi ma tanti anni, tre o quattro ancora, dicono. Non c’è fretta quando di mezzo c’è il Carlo De Benedetti tessera numero uno del Pd ed editore di la Repubblica perché lui si difende nei processi, non dai processi. Questo è iniziato nel ’95. Vent’anni sono passati e ancora non c’è fretta di concludere. Ci credo che Carlo De Benedetti, tessera numero uno del Pd ed editore di la Repubblica non scappa. È che nessuno lo insegue, nonostante la vicenda sia identica nella dinamica (infinitamente superiore nelle cifre) a quella che ha portato agli arresti di Berlusconi: plusvalenze su affari. Anzi no, una differenza c’è. Per gli inquirenti la tessera numero uno del Pd ed editore di la Repubblica poteva non sapere del pasticcio, quindi non c’è truffa ma solo danno erariale sanabile con soldoni (225 milioni). Tanto che non siamo in sede penale ma di giustizia tributaria. La stessa cosa che l’avvocato Coppi aveva chiesto, inascoltato, alla Cassazione per il suo imputato Silvio Berlusconi. Vuoi vedere che la giustizia in Italia non è uguale per tutti? No, impossibile, come dice tutti i giorni la Repubblica, quella del condannato (in silenzio) per 225 milioni di evasione.

 http://www.stampalibera.com/?p=65654

Il pretesto di Snowden

GIOVEDÌ 08 AGOSTO 2013
di Mario Lombardo

Come diretta conseguenza della concessione dell’asilo provvisorio in Russia a Edward Snowden da parte del Cremlino, questa settimana l’amministrazione Obama ha annunciato la cancellazione di una visita programmata da tempo del presidente americano a Mosca. Se la controversia legata alla sorte dell’ex analista dell’NSA ha fornito l’occasione a Washington per innalzare il livello dello scontro con Vladimir Putin, le relazioni tra i due paesi sono in realtà deteriorate da tempo in seguito ad una serie di divergenze attorno a varie questioni strategiche sullo scacchiere internazionale.

Come è noto, la Casa Bianca aveva esercitato forti pressioni nelle scorse settimane sul governo russo per convincerlo a rispedire Snowden negli Stati Uniti dove quest’ultimo è già stato formalmente incriminato per avere rivelato i programmi segreti di monitoraggio delle comunicazioni elettroniche dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale.

Dopo la decisione di Mosca di consentire a Snowden di lasciare l’aeroporto Sheremetyevo di Mosca, la settimana scorsa erano cominciate a circolare le indiscrezioni sulla possibilità che Obama avrebbe potuto annullare il vertice di Mosca, inizialmente fissato dopo la riunione del G-20 a San Pietroburgo tra il 5 e il 6 settembre. Vista la fermezza della Russia nel respingere le richieste di restituire Snowden agli USA, la notizia della cancellazione del faccia a faccia con Putin è apparsa tutt’altro che sorprendente.

Obama parteciperà comunque al G-20 in territorio russo ma non incontrerà Putin nemmeno a margine di questo summit, come è consuetudine in simili occasioni. La decisione annunciata mercoledì rappresenta la prima cancellazione di un vertice bilaterale tra gli Stati Uniti e la Russia dal crollo dell’Unione Sovietica. Come ulteriore sgarbo al Cremlino, la Casa Bianca ha inoltre sostituito quella prevista a Mosca con una visita in Svezia e, contemporaneamente, i leader dei paesi baltici sono stati invitati a Washington.

I rapporti diplomatici di alto livello tra i due paesi non saranno comunque interrotti. Un vertice già previsto per venerdì tra il segretario di Stato, John Kerry e quello alla Difesa, Chuck Hagel, e il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, e quello della Difesa, Sergey Shoygu, andrà infatti in scena regolarmente.

Ad elencare i motivi di attrito tra le due potenze sono stati gli stessi giornali americani, i quali continuano a descrivere quasi con incredulità la risolutezza di Mosca nel respingere le presunte offerte di dialogo del governo americano. Tra le ragioni di scontro più rilevanti ci sono le questioni legate alla difesa missilistica, al controllo degli armamenti, alle relazioni commerciali, ai diritti umani, al nucleare iraniano e alla crisi in Siria.

Secondo le ricostruzioni ufficiali, il presidente Obama si sarebbe detto “esasperato” dal comportamento di Putin, prendendo alla fine atto dell’impossibilità di fissare un’agenda su cui basare la discussione da tenere a settembre.

A detta di un anonimo membro dell’amministrazione Obama sentito dal New York Times, la vicenda di “Snowden è stata un fattore, ma la decisione trae origine da considerazioni più ampie e da un profondo disappunto”. Secondo questa interpretazione, i russi “non erano pronti a confrontarsi seriamente sulle questioni ritenute fondamentali” dagli Stati Uniti.

In sostanza, media e politici americani attribuiscono al Cremlino la responsabilità di avere fatto naufragare la strategia di avvicinamento o di “resettaggio” dei rapporti bilaterali messa in atto dalla Casa Bianca fin dal 2009, anche se, a ben vedere, le crescenti tensioni tra USA e Russia si spiegano in gran parte con la volontà americana di piegare il governo di Mosca ai propri interessi strategici e con la comprensibile resistenza mostrata da quest’ultimo.

Il comportamento di questi giorni dell’amministrazione Obama è stato così riassunto efficacemente dal consigliere di Putin, Yuri Ushakov, il quale ha spiegato che “gli Stati Uniti non sono ancora pronti a costruire relazioni paritarie con il nostro paese”, dal momento che Washington nutre ben poco riguardo per le aspirazioni e gli interessi di Mosca.

Fin dall’ingresso di Obama alla Casa Bianca, d’altra parte, l’intenzione del governo americano è stata quella di utilizzare la Russia per raggiungere i propri obiettivi strategici, come ad esempio in Afghanistan, ma anche riguardo all’Iran e alla Siria. Da parte sua, il Cremlino aveva mostrato una certa disponibilità a collaborare con Washington, in particolare con la presidenza Medvedev, durante la quale è stato ad esempio siglato il rinnovo del trattato START sulla riduzione delle armi nucleari.

Il ritorno di Putin alla presidenza ha coinciso però con un inasprirsi delle ostilità tra i due paesi, aggravate dal persistente sostegno russo garantito al regime di Bashar al-Assad in Siria, frustrando i tentativi da parte degli Stati Uniti di convincere Mosca ad accettare il cambio di regime a Damasco.

Se la ricerca dello scontro con la Russia indica, tra l’altro, una probabile escalation militare degli USA in Medio Oriente per risolvere la crisi siriana, più in generale la cancellazione del vertice Obama-Putin rivela il prevalere all’interno dell’establishment statunitense delle voci di coloro che vedono sempre più la Russia come un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi strategici del proprio paese nel mondo. Per questa ragione, un atteggiamento sempre più aggressivo sembrerebbe essere l’opzione più appropriata per aumentare le pressioni sul Cremlino.

In questo disegno rientrano quindi i tentativi di attribuire ai rivali la propria intransigenza, come è apparso evidente dalla retorica dei media “mainstream” di questi giorni e dalle parole pronunciate dallo stesso Obama in un’apparizione televisiva poche ore prima dell’annuncio ufficiale dell’annullamento del vertice con Putin.

Al “Tonight Show” della NBC, l’inquilino della Casa Bianca ha infatti affermato che “talvolta, i russi tornano a mostrare una mentalità da Guerra Fredda”, nonostante egli stesso abbia invitato Putin e il governo di Mosca “a guardare al futuro”, poiché “non esistono motivi per i quali i nostri paesi non dovrebbero essere in grado di cooperare più efficacemente”.

Come è consuetudine per la politica estera americana, dunque, dietro alle offerte di disponibilità al dialogo e ai propositi di distensione continua a nascondersi la volontà di intimidire, quando non addirittura di minacciare, i propri interlocutori, così che qualsiasi percorso di riconciliazione  avvenga solo alle proprie condizioni e serva a promuovere esclusivamente gli interessi dell’imperialismo a stelle e strisce.
http://www.altrenotizie.org/esteri/5611-obama-fa-loffeso-con-putin.html

Recessione addio. Se date retta a Saccomanni

L’argomento è delicatissimo, ma a giudicare dai toni sia del diretto interessato che della generalità dei commentatori si direbbe il contrario: a dominare è la nonchalance, manco si trattasse di una delle tante chiacchiere estive sul prossimo campionato di calcio. Chi vincerà lo scudetto? Chi si classificherà al secondo e al terzo posto, utili per l’accesso alla Champions League? Ognuno dice la sua (la sua opinione, la sua cazzata) e sono tutti contenti. Il trastullo è garantito, come sempre. La responsabilità tende a zero, come al solito.

Nel caso specifico, invece, sarebbe doverosa la massima cautela. Che è l’indice minimo della serietà e che, specialmente da parte dei cosiddetti tecnici, dovrebbe essere connaturata ai loro altisonanti curriculum. Macché. Ai microfoni di Sky Tg 24 il ministro dell’Economia, ed ex direttore generale della Banca d’Italia, butta lì con assoluta disinvoltura un’affermazione di grandissimo rilievo, stando alla quale la recessione nazionale è praticamente finita: «Credo di sì, credo che tra questo trimestre e il quarto trimestre l’economia entrerà in ripresa: siamo tecnicamente in quello che si chiama punto di svolta del ciclo». In maniera analoga, sia l’intervistatore di Sky che i giornalisti delle altre testate accolgono la dichiarazione come se non ci fosse nulla da aggiungere. Nulla da chiedere. Nulla da chiarire.

Vuoi perché soggiogati dalla “autorevolezza” del personaggio, vuoi perché la consegna dei media mainstream è non disturbare il manovratore, ossia il governo in carica, i più riportano le parole di Saccomanni senza battere ciglio. Così come fanno, del resto, con quelle che Enrico Letta pronuncia al Tg1 e che, riguardo al possibile rilancio dell’economia, vanno nella medesima direzione: «Si, ci sono tutti i segnali per il prossimo semestre. Gli strumenti ci sono. In questi cento giorni si è fatto molto».

Niente che sia niente, ossia senza imbarcarsi in una lettura alternativa e magari di segno opposto, bisognerebbe quantomeno sollecitare/esigere un ragionamento molto più articolato. Nel quale si indichino dettagliatamente i motivi del ritrovato ottimismo, in modo da chiarire come, quando e perché la situazione interna si sarebbe modificata, segnando un miglioramento così marcato da poter essere considerato definitivo. Viceversa, ci si “accontenta” di una pseudo spiegazione dal sapore specialistico, la succitata «siamo tecnicamente in quello che si chiama punto di svolta del ciclo», e ci si astiene da qualunque richiesta di approfondimento.

Con un tipico paradosso dell’informazione di massa, l’apparente reverenza nasconde al suo interno l’esatto contrario: al di là degli ordini di scuderia, prevale l’assuefazione al teatrino della politica. Si sa benissimo che la propaganda auto celebrativa non va presa sul serio e che, quindi, non c’è da scaldarsi troppo nemmeno stavolta. Saccomanni, seguito a stretto giro di ruota da Enrico Letta, ha sciorinato le sue previsioni-spot. E gli spot, per definizione, non si contestano, a meno che a utilizzarli sia un avversario col quale si è in guerra aperta e che, perciò, va rintuzzato colpo su colpo.

Ci scappa quasi un proverbio: governo di larghe intese, giornalismo di scarse (o nulle) pretese.

Federico Zamboni
Fonte: www.ilribelle.com
7.08.2013

La Emma Bonino elogia la deportazione per lavoro

se emigrassero i parassiti della casta torneremmo a vivere

Marcinelle: in ricordo di quei figli venduti e dimenticati
di Cristina Amoroso
Sono trascorsi 57 anni dal disastro del sito minerario del Bois du Cazier a Marcinelle – una delle più grandi tragedie minerarie dei tempi moderni. Dei 274 minatori in servizio quel tragico 8 agosto 1956, 262 non avrebbero rivisto la luce del sole: 136 di loro erano italiani. Di questi, 60 erano abruzzesi e ben 23 provenivano dallo stesso comune in provincia di Pescara, Manoppello. Gli altri provenivano da 13 delle 20 regioni italiane: oltre che dall’Abruzzo, erano arrivati in Belgio dalla Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige e Veneto.
Ad Emma Bonino, ministro degli Affari esteri, che invia questo messaggio a Marcinelle: “L’emigrazione è parte integrante e indissolubile della nostra Nazione e della nostra Storia, chi ha lasciato e ancora oggi lascia l’Italia contribuisce con la propria attività alla crescita del nostro Paese e di quelli di destinazione, dando lustro ai valori più positivi dell’italianità nel mondo e contribuendo con il proprio apporto allo sviluppo delle società di accoglienza” ricordiamo: “Quei 2000 giovani disoccupati da inviare in Belgio ogni settimana per farli lavorare nelle miniere belghe in cambio della vendita a basso costo di un certo numero di tonnellate di carbone, secondo l’accordo del giugno 1946 tra Italia e Belgio, furono di fatto svenduti. I bei manifesti rosa, affissi in tutti i comuni d’Italia, parlavano di un lavoro sotterraneo nelle miniere belghe.
Naturalmente non fornivano alcun dettaglio su questo lavoro, soffermandosi invece sui vantaggi dei salari, delle vacanze e degli assegni familiari. La realtà che trovarono i lavoratori italiani in Belgio fu, invece, ben altra cosa: un lavoro durissimo e pericolosissimo da affrontare senza alcuna preparazione specifica. Scaricati nelle zone destinate alle merci, allineati secondo il pozzo dove sarebbero andati a lavorare, alloggiati in baracche di legno utilizzate dai prigionieri russi durante l’occupazione nazista, tenuti lontano dalle città, divennero un popolo invisibile, i “musi neri”, come li chiamavano. Che accoglienza hanno ricevuto in Belgio quei poveri diavoli alla ricerca di un futuro migliore se non movimenti di rifiuto di stampo razzista? Non le ricorda niente, Sig.ministro?
http://www.ilfarosulmondo.it/wp/?p=22060