Girgenti Acque assume i figli dei propri controllori.

ma Crocetta non era il simbolo del cambiamento e della rivoluzione? Un volto nobile della società civile?

Crocetta: il Muos? Uno strumento di “pace”…

Crocetta è un simbolo di quanto siano allocchi gli italiani che non finiscono mai di votare persone che si auto proclamano migliori delle altre….presentabili..
e magari come questo esempio scevri da conflitti di interessi……….

di Salvatore Petrotto (1/8/2013)
C’è già una legge regionale che risale a gennaio di quest’anno che consente la gestione in proprio od in forma associata da parte dei comuni siciliani delle risorse idriche, così come dei rifiuti. Il Presidente della Regione, Rosario Crocetta, dovrebbe emanare i regolamenti attuativi, le relative circolari e mettere a disposizione i funzionari regionali, per applicare queste nuove norme che consentirebbero, di fatto, il ritorno alla gestione pubblica, di acqua e rifiuti.

Perché lo fa? Perché ha il cordone ombelicale attaccato ancora a Confindustria Sicilia, a Ivan Lo Bello, al presidente Antonello Montante ed al vicepresidente regionale di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro. Tutti quanti questi signori, in un qualche modo, hanno le mani in girgenti acquepasta, in queste, così come in altre cose. Glielo impediscono, in quanto, soprattutto nel settore dei rifiuti, proprio il Catanzaro è proprietario e gestore, come risaputo, della più grossa discarica privata della Sicilia, quella di Siculiana, nell’Agrigentino.

Sicilacque spa è in mano ai privati e gestisce le più grosse infrastrutture ed impianti idrici siciliani, comprese le dighe.

Girgenti Acque, l’Acoset di Catania, Caltacque di Caltanissetta e via via tutte le altre società per azioni private, si sono impadronite non solo dell’acqua, ma anche, ovviamente a titolo del tutto gratuito, di strutture ed impianti idrici e fognari, nonché dei depuratori.

Sono diventati cioè padroni, senza pagare un centesimo ai comuni ed alla Regione Siciliana che sono i proprietari di tutte quante queste miliardarie opere pubbliche, realizzate a suon di qualche decina di miliardi di euro. Adesso, come è ovvio, dopo essersi impadroniti di acqua e relativi impianti, con la destrezza di chi può permettersi ampi stuoli di avvocati ed in virtù di una serie di scellerate convenzioni e contratti regionali, non vogliono mollare, non vogliono restituire il ‘mal tolto’.

Malgrado il referendum e la relative legge sanciscano il ritorno all’acqua pubblica, le lobby private, con un’abile ed arrembante azione di pressing presso la Regione siciliana ed attraverso delle intimidatorie e strumentali azioni giudiziarie, resistono a più non posso.

Quotidianamente sono sul piede di guerra, malgrado abbiano torto marcio! Laddove, come nell’Agrigentino, i cosiddetti 20 sindaci ‘riottosi’, non giuseppe catanzarohanno consegnato le loro reti idriche e fognarie, sono stati citati in Tribunale per corrispondere qualcosa come trenta milioni di euro, chiesti da Girgenti Acque, come mancato utile e come risarcimento danni.

In altri termini, o ti mangi sta minestra o ti iettu di la finestra!

Chi ha avuto il coraggio di non consegnare le reti, gratuitamente, rischia di pagarla cara, in sede civile e contabile, persino davanti alla Corte dei Conti!

E’ un paradosso, ma è così! Eh sì, chi cura gli interessi pubblici, dei cittadini, di intere collettività, in Italia, e soprattutto in Sicilia, grazie ai professionisti dell’antimafia ‘di la munnzza’, dell’acqua, od ancora, della formazione professionale, rischia grosso. Ed il recente drammatico suicidio verificatosi a Palermo, del dipendente della formazione professionale, Riccardo De Lisi è l’ennesimo episodio di agghiacciante disperazione, causata da chi ha paralizzato un intero settore, anziché ripristinare quella tanto agognata legalità!

E’ chiaro a tutti che, anche dietro lo smantellamento, a tappe forzate,da parte del Presidente Rosario Crocetta, di tutti gli Enti di formazione regionale, ci sta un disegno ben preciso. Con la scusa dello sfascio provocato dai numerosi Enti e società accreditati presso la Regione, si sta tentando, come si è soliti fare in questi casi , di buttare il bambino con l’acqua sporca, a colpi di denunce a raffica e di direttive antimafia, degne solo dei tempi bui della famigerata inquisizione spagnola.

Cosicché, quei trecento milioni di euro che sino ad oggi, sono stati gestiti da Enti non profit (sempre più pochi) e da società per azioni (in grande crescita), adesso se li vorrebbero pappare i membri di quell’esclusivo club antimafia che fanno capo a Confindustria Sicilia. Si passerebbe così dalla padella alla brace! Quei trecento milioni all’anno, fanno infatti gola ad altri privati più potenti. Della serie, levaticci tu, ca mi cci mintu iu!

Visti i risultati disastrosi raggiunti con la gestione dei rifiuti, dell’acqua e delle’energia, regalata, armi e bagagli, ad un ristretto nugolo di imprenditori privati che fanno capo a Confindustria Sicilia (Giuseppe Catanzaro su tutti), sarebbe oltremodo scandaloso ripetere tali imperdonabili errori regalando anche la formazione a Confindustria Sicilia!

Svariati miliardi di euro di strutture, impianti idrici sono già stati, da tempo regalati ai privati.

agrigento rifiutiDiscariche che erano pubbliche sono state strappate da alcuni ben individuati soggetti privati, in malo modo, attraverso terroristiche azioni giudiziarie, anche presso le Procure Distrettuali Antimafia .

Su tutte le altre incresciose situazioni campeggia, come ormai è chiaro a tutti, lo scandaloso caso di Siculiana, la più grande discarica privata, già discarica pubblica, oggi di proprietà del vicepresidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro.

Il risultato di questa illegale gestione privata dei rifiuti, garantita anche a colpi di proroghe ed affidamenti diretti senza gara, per svariate centinaia di milioni di euro, qual è stato?

Quello di insozzare un’intera Sicilia, ai costi di gestione e con bollette che sono, nel migliore dei casi, il quadruplo rispetto al resto d’Italia. Una vera vergogna, la gestione privata dei rifiuti, che ha provocato buchi per oltre due miliardi di euro nei bilanci dei comuni, costretti tutti quanti a dichiarare fallimento.

Stessa cosa, non ci stancheremo mai di dirlo, è avvenuto con la gestione privata dell’acqua potabile che costa, in Sicilia, 11 volte in più, ad esempio, rispetto a Milano !

Ciò è avvenuto, come sta avendo modo di accertare, ad esempio, la Procura della Repubblica di Agrigento, grazie anche a delle assai sospette assunzioni clientelari ed in pieno conflitto di interessi da parte di Girgenti Acque!

Il personale assunto, tra l’altro viene utilizzato in altre società di Girgenti Acque che fanno capo all’azionista di maggioranza, Marco Campione, ma i costi vengono caricati sulle bollette degli utenti. Tale illegalità è stata denunciata alla Procura della Repubblica di Agrigento, assieme a quelle relative alla fornitura di beni e servizi che hanno provocato debiti già accertati, per 45 milioni di euro.

Ad denunciare tutto ciò ai Giudici è stato proprio chi conosce dal di dentro questa scandalosa gestione privata di Girgenti Acque, ovvero l’ex amministratore delegato Carmelo Salamone, dimessosi a giugno scorso, in aperta polemica proprio con l’azionista di maggioranza della società, Marco Campione.

Al momento, nell’Agrigentino, comunque, a suscitare più scalpore è stata l’assunzione del figlio dell’ex presidente dell’ATO idrico, nonché ex Presidente della Provincia Regionale di Agrigento, Eugenio D’Orsi, l’ente pubblico, composto da 43 Comuni che avrebbe dovuto controllare la gestione proprio di Girgenti Acque, con i risultati che sappiamo.

Per fortuna, prontamente, l’assessore regionale all’Energia, Nicolò Marino, ha rimosso D’Orsi, da commissario liquidatore dell’Ato idrico. Nomina, quest’ultima che, la stessa Regione, aveva conferito, sempre al D’Orsi, dopo lo scioglimento della Provincia Regionale. Poco importa se da anni i liquami fognari di un’intera città continuano ad essere riversati nelle spiagge e nella battigia dei mari agrigentini.

Situazione questa, assai pericolosa, dal punto di vista igienico-sanitario che ha indotto Procura e Tribunale di Agrigento a sequestrare le condotte fognarie gestite da Girgenti Acque.

La commissione, da parte di Girgenti Acque, di una lunga serie di reati, compreso quello di disastro ambientale, non ha comunque impedito a qualche poliziotto, a qualche funzionario dell’Agenzia delle Entrate ed a qualche altro funzionario pubblico, di sistemare i propri figli proprio presso Girgenti Acque, ossia la società che gli Enti ed Organismi dello Stato presso cui lavorano stavano e stanno effettuando degli accurati controlli penali e fiscali.

Ci riferiamo, in modo particolare, alla Questura di Agrigento ed all’Agenzia delle Entrate di Canicattì.
http://www.linksicilia.it/2013/08/girgenti-acque-assume-i-figli-dei-propri-controllori/

L’EIR propone un programma di emergenza per l’Egitto

Il continuo saccheggio dell’impero britannico

Fonte Movisol  http://www.movisol.org/13news130.htm

 

2 agosto 2013 (MoviSol) – Mentre gli osservatori sono sbigottiti dai recenti eventi in Egitto, e si chiedono se sia stato un colpo di stato o no, o si interrogano sul perché i sauditi abbiano improvvisamente cambiato posizione decidendo di contribuire a rovesciare il governo della Fratellanza Musulmana di Mohammed Morsi, l’unico aspetto evidente è l’intenzione dell’impero britannico di distruggere l’Egitto. Chi sia al potere è irrilevante per l’Impero, importante è la politica di saccheggio e distruzione dell’Egitto condotta da 40 anni dal Fondo Monetario Internazionale col sostegno di vari governi negli Stati Uniti ed in Europa.

Il fatto che Qatar e Arabia Saudita si trovino improvvisamente su fronti opposti in Egitto (anche se sono ancora uniti sulla Siria sostenendo i ribelli jihadisti legati ad Al Qaeda) non significa nulla agli occhi della storia, in quanto sia i sauditi che il Qatar sono fantocci dello stesso impero britannico. I liberali anti-islamici in Egitto, molti dei quali hanno studiato alle scuole economiche britanniche, sono pericolosi per l’Egitto come nazione tanto quanto i jihadisti o i salafiti.

Dal 1882 l’Egitto è uno dei principali bersagli del saccheggio da parte dell’impero britannico, proseguito durante la prima guerra mondiale, la seconda guerra mondiale e la guerra fredda. L’Egitto è sempre stato la spina dorsale delle nazioni arabe. Se viene distrutto, verranno distrutte anche le altre. Se sopravvivrà, sarà possibile un futuro migliore per le nazioni arabe e per tutto il Medio Oriente e Nord Africa.

Alla luce di questo fatto, l’EIR ha pubblicato un programma economico di emergenza per l’Egitto che riaffermi la sovranità e ricostruisca l’economia. Il programma è stato proposto dal direttore dell’EIR per il mondo arabo, Hussein Askary. Ecco i punti salienti del programma:

Il presidente ad interim dell’Egitto dovrà fare una dichiarazione pubblica di indipendenza economica, annunciando che:

  1. L’Egitto è in uno stato di emergenza economica.
  2. Il governo varerà un programma di ricostruzione economica nazionale equivalente ad un programma di ricostruzione postbellico, un programma vincolante per ciascun governo futuro ai sensi della nuova Costituzione.
  3. Il governo annuncerà piani specifici a medio e lungo termine per le infrastrutture, l’energia, l’acqua, l’agricoltura e l’industria.
  4. Il governo dichiarerà nulli tutti i precedenti accordi con il Fondo Monetario Internazionale, e congelerà tutti gli accordi commerciali con l’UE sostituendoli con accordi bilaterali di cooperazione economica e commerciale con le singole nazioni europee.
  5. Verrà creato un sistema creditizio per sostenere una “Banca di Sviluppo e Ricostruzione Nazionale” che finanzi i progetti di sviluppo necessari. Le nazioni straniere sono invitate a partecipare al nuovo meccanismo di credito nazionale con depositi diretti o concedendo garanzie, come ad esempio sulle esportazioni, alle imprese che forniranno tecnologie e know-how per il programma egiziano di ricostruzione.

Questi punti verranno annunciati dal Presidente in una Dichiarazione di Indipendenza Economica, letta in un discorso televisivo alla nazione in cui si chiede l’approvazione del popolo egiziano. Dopo tale approvazione, si terrà un congresso nazionale in cui questi punti verranno discussi nei dettagli da scienziati, ingegneri, industriali ed economisti egiziani e personalità pubbliche egiziani. Il congresso si terrà sotto gli auspici dei vari ministeri del governo ad interim.

Questo programma punta a rivolgere le energie e la passione della nazione verso la ricostruzione e unità del paese, al di là delle divisioni tra i diversi gruppi politici e religiosi, al fine di conseguire una missione per il bene di tutti, invece di essere trascinati e manipolati in guerre politiche che potrebbero degenerare in guerre settarie e civili.

5 mila tonnellate di acqua radioattiva sotto la centrale nucleare di Fukushima

By Edoardo Capuano – Posted on 03 agosto 2013

  Un lago sotterraneo contenente più di 5 mila tonnellate di acqua radioattiva è stato scoperto sotto la centrale nucleare di Fukushima Daiichi, come ha ammesso la TEPCO

 Secondo il comunicato il trizio radioattivo è pari a 8,7 milioni di bequerel per litro, ossia 145 volte sopra i limiti. L’acqua si è accumulata in una cavità al di sotto del secondo reattore nucleare dopo lo tsunami causato dal sisma dell’11 marzo 2011 e che a causato l’incidente nucleare alla centrale ancora in atto.

 Gli esperti giapponesi hanno già espresso preoccupazione per l’alto livello del trizio radioattivo riscontrato in mare nelle prossimità della centrale e dovuto a perdite non controllate. La settimana scorsa i rappresentanti di TEPCO hanno per la prima volta ammesso la fuga di acqua radioattiva nell’Oceano Pacifico.

 Riferisce l’Asahi Shimbun che si sta valutando se l’acqua radioattiva dalla vasca sia filtrata in mare e se così fosse si pone la necessità di impermiabilizzare il terreno.

 Il 27 luglio, TEPCO aveva annunciato che un livello estremamente alto di cesio, pari a 2,35 miliardi di becquerel per litro d’acqua è stato rilevata nell’acqua accumulata nella vasca. Un funzionario della TEPCO ha riferito che sono al lavoro per controllare le perdite nel terreno e per evitare ulteriori perdite in mare.

 Resta di fatto che la centrale nucleare è ancora in equilibrio precario e che sembra davvero difficile mantenere il controllo e sopratutto gestirlo.

 Fonti originali: fr.ria.ru – ajw.asahi.com / Autrice: Marina Perotta / Fonte:informarexresistere.fr

http://www.ecplanet.com/node/3951

L’Italia favorisce la delocalizzazione delle proprie imprese

By Edoardo Capuano – Posted on 01 agosto 2013

 

Delocalizzazione

Anziché sostenere e incentivare le imprese in Italia il governo pensa ad agevolare le imprese italiane che delocalizzano: praticamente con i soldi che prelevano alle aziende che restano in Italia si aiutano quelle che sottraggono posti di lavoro…

 Rilanciare lo strumento dei crediti agevolati alle imprese italiane che intendono creare joint ventures con imprese locali nei Paesi in via di sviluppo: è quanto deciso dal Comitato direzionale per la Cooperazione allo sviluppo della Farnesina per venire incontro e coniugare le attività a favore dei Paesi in difficoltà con la necessità di internazionalizzazione delle aziende italiane in un momento in cui, a causa della crisi economica, le risorse a disposizione sono sempre meno.

 Lo strumento dei crediti agevolati, dopo aver conosciuto un boom nel corso degli anni ’90, ha subito un declino negli ultimi anni.

 Per rilanciarlo, il ministero degli Esteri ha approvato alcune modifiche, tra cui l’aumento del numero dei paesi eleggibili ai fini di tale credito, che passano da 29 a 95, includendo quelli a basso/medio reddito, altamente indebitati e meno avanzati.

 In questo modo, si punta a favorire maggiori flussi di finanziamento per lo sviluppo dei Pvs e a coniugare maggiormente cooperazione allo sviluppo ed internazionalizzazione delle imprese italiane, in un’ottica più ampia di cooperazione intesa come investimento strategico nell’interesse del Sistema Italia.

 Fonte originale: AGI / Fonte: imolaoggi.it

Hiroshima, Napolitano: vigilare per pace

tragedia??? E’ stato commesso un crimine contro l’umanità ancora non processato. Ma si sa, ai liberatori di tutti i popoli è concesso commettere genocidi e passare da santi.
Vigilare per la pace, cioè ARMARE la pace per amare la pace?!?!? Dirittoumanisti moderni….

“Custodire la memoria di quell’immane tragedia ?? un impegno primario.Un futuro di pace pu?? costruirsi solo nella consapevolezza degli orrori,un potente monito per le giovani generazioni.E’ nostro dovere rimanere vigili per scongiurare il ripetersi di tragedie come quelle di Hiroshima e Nagasaki e per dare una prospettiva di pace”.
Lo ha detto il Presidente Giorgio Napolitano, in occasione della commemorazione della tragedia di Hiroshima, organizzata dal Comitato”Terra e pace”.
http://www.studioconsulenzaromano.net/news-online/hiroshimanapolitanovigilare-per-pace/122784/

Ennesima aggressione razzista ai danni di una donna

Piazza Irnerio: rapinano e picchiano una donna alla fermata del bus, fermate due nomadi
La vittima individuata davanti al McDonalds di circonvalazione Cornelia. Una delle due rapinatrici in stato interessante. La vittima trascinata in terra per diversi metri

Redazione 6 Agosto 2013  
 
Hanno individuato la loro “preda” davanti al McDonalds di piazza San Giovanni Battista della Salle, in zona piazza Irnerio, con il chiaro intento di rubarle il portafoglio. La vittima però, una cittadina cingalese che si trovava in compagnia di una amica, ha reagito energicamente per evitare il furto. L’amica, intervenuta in sua difesa è stata a sua volta aggredita con spintoni, calci e pugni sul petto da una delle due nomadi. Solo l’arrivo della Polizia le ha fatte desistere.

FUGA SUL BUS – Quando le due ladre, nomadi di 24 e 25 anni, si sono accorte dell’arrivo degli Agenti, sono scappate e sono salite su un autobus che aveva appena fatto una fermata. Gli Agenti del reparto volanti, diretto dal dr. Eugenio Ferraro, però immediatamente hanno fermato il mezzo e, individuate le due donne, le hanno bloccate.

FURTO ALLA FERMATA DEL BUS – Ascoltata la vittima, questa ha raccontato che mentre era ferma alla fermata del bus sulla circonvalazione Cornelia con la sua amica, una delle due nomadi, aveva prima infilato la mano nella borsa cercando di sfilarle il portafoglio ma poi era stata costretta a tirarla fuori quando la vittima, accortasi di quanto stava accadendo, aveva reagito tirando a se la borsetta.

SCARAVENTATA IN TERRA – La nomade al quel punto, dopo averle gettato dell’acqua addosso, ha cercato di strapparle la borsetta trascinandola a terra per alcuni metri. E’ così intervenuta l’amica che a sua volta è stata colpita con un pugno al petto dalla seconda nomade. L’intervento della Polizia però ha provocato la fuga delle due ladre.

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AGGRESSIONE IN COMMISSARIATO – Accompagnate negli uffici del Commissariato Aurelio, entrambe hanno assunto sin da subito un atteggiamento offensivo nei confronti dei poliziotti e, une della due in particolare, improvvisamente, dopo aver afferrato ai polsi uno degli agenti posti alla sua sorveglianza, ha iniziato a graffiarlo procurandogli delle lievi ferite ai polsi. Quest’ultima, incinta di alcuni mesi,  dopo essere stata accompagnata in ospedale per gli accertamenti sanitari, è stata denunciata per tentata rapina in concorso con l’altra donna che invece, è stata arrestata. Dovrà rispondere di tentata rapina.
http://www.romatoday.it/cronaca/rapina-fermata-bus-cornelia-nomadi.html

De Benedetti il moralista: carcere, tangenti, Svizzera, affari e brutte storie

eccolo, il volto del bene assoluto e della società civile che combatte il satrapo di arcore, per nobili motivi s’intede…..

Posted By Redazione On 4 agosto 2013 

 Fonte: http://www.controcopertina.com/de-benedetti-il-moralista-carcere-tangenti-svizzera-affari-e-brutte-storie/ [1]

 Chi è Carlo De Benedetti, il proprietario del Gruppo Espresso, dunque l’editore de la Repubblica, il quotidiano che pretende di moralizzare da 40 anni l’intero paese? Proprio sicuri che l’ex Presidente dell’Olivetti abbia tutti i titoli per farlo? Davvero, per De Benedetti, è scandaloso che l’autista di Beppe Grillo, Walter Vezzoli, abbia delle piccole società in Costa Rica [2], paese dove realmente ha vissuto per 10 anni? Oppure è per altro che ci dovremmo scandalizzare?

 L’ingegnere De Benedetti raramente compare in tv. Se lo fa, è per farsi intervistare da trasmissioni amiche. La parte che recita è sempre la stessa: quella del guru che può indicare la retta via alla classe dirigente del bel paese. Lui, il bel paese, lo conosce bene. Parliamo, per chi non lo sapesse, di uno degli uomini più ricchi e potenti d’Italia. Una sorta di Berlusconi “de sinistra”. Già Presidente dell’Olivetti e amministratore delegato di Fiat, “nel 1981 entrò nell’azionariato del Banco Ambrosiano guidato allora dall’enigmatico presidente Roberto Calvi. Con l’acquisto del 2% del capitale, De Benedetti ricevette la carica di vicepresidente del Banco. Dopo appena due mesi, l’Ingegnere lasciò l’istituto, già alle soglie del fallimento, motivandone le ragioni sia alla Banca d’Italia sia al ministero del Tesoro e cedendo la sua quota azionaria. De Benedetti fu accusato di aver fatto una plusvalenza di 40 miliardi di lire e per questo processato per concorso in bancarotta fraudolenta. Fu condannato in primo grado e in appello a 8 anni e 6 mesi di reclusione, sentenze poi annullate dalla Cassazione poiché non esistevano i presupposti per i quali era stato processato (cit. Wikipedia) [3]“.

La storia dell’Olivetti, che è stata una delle più grandi aziende nel campo informatico al mondo, è una storia di disastri targati De Benedetti. Ironicamente, Il Giornale lo definisce “il suo capolavoro” [4]. Fra il 1985 e il 1996 il proprietario di Repubblica, L’Espresso e tanta altra roba, “ha bruciato a Ivrea 15.664 miliardi delle vecchie lire. Le azioni crollarono da 21mila lire all’abisso delle 600, furono persi decine di migliaia di posti di lavoro, l’intero distretto produttivo del Canavese venne raso al suolo, seppellita per sempre una storia industriale d’eccellenza. Alla fine dell’impresa De Benedetti commentò piuttosto compiaciuto: «Missione compiuta»”. Missione compiuta un corno, come si suol dire.

 “Anche il suo rapporto con le società è sempre stato da cannibale – scrive Mario Giordano. – Quattro morsi e via. Dalla Fiat se ne andò dopo 4 mesi, dal Banco Ambrosiano dopo 40 giorni. In entrambi i casi se ne uscì con tanti soldi e qualche ombra”.

 Speculazione allo stato puro, eppure l’ingegnere – tesserato del Pd – ha sempre “buoni consigli” da darci per uscire dalla crisi.

 De Benedetti ha passato anche un giorno in galera, a Regina Coeli [5]. Una brutta storia di tangenti milionarie, all’epoca miliardarie. Una storia gigantesca, un pezzo d’Italia, finito subito nell’oblio.

 Scrive il Corriere della Sera del 3 novembre 1993:

 “Storie di tangenti versate, di tangenti che il suo gruppo è stato costretto a pagare. Storie di un concusso, insomma. E non di un grande corruttore, come e’ stato descritto nell’ ordine di custodia cautelare. L’ ingegner Carlo De Benedetti, inizialmente, si sarebbe difeso riproponendo le tesi già abbondantemente illustrate nel memoriale consegnato nella scorsa primavera a Di Pietro (sono stato obbligato a pagare perché non c’ erano altre possibilità ); poi avrebbe modificato il suo atteggiamento fornendo ai giudici elementi nuovi, definiti interessanti, grazie ai quali avrebbe ottenuto gli arresti domiciliari. Sempre cortese e gentile, mai con tono risentito o perdendo la calma, il patron della Olivetti ha passato buona parte delle sue ore a Regina Coeli, davanti ai magistrati che ne hanno ordinato l’ arresto. E alla fine l’ha spuntata. Poco prima delle 23, infatti, è arrivato in carcere il fax, firmato dal giudice per le indagini preliminari Augusta Iannini, con il quale gli veniva consentito di tornarsene a casa (corriere.it)”.

 Insomma, l’editore di Repubblica ammise in un primo momento di pagare tangenti altrimenti non avrebbe potuto lavorare. E’ quanto avrebbe confessato anche al Wall Street Journal sempre nel 1993 [6]: “Se dovessi rifare tutto di nuovo, lo rifarei: pagherei le tangenti ai politici per ottenere le commesse pubbliche“.

 E’ un po’ la tesi di Silvio Berlusconi che, qualche settimana fa, in campagna elettorale, ha affermato che è normale, per le grandi aziende, pagare tangenti per potere lavorare all’estero.

 Ma procediamo. De Benedetti, per la cronaca, fu assolto. Una assoluzione che ancora oggi fa discutere. E comunque, non possiamo che prenderne atto. Così come prendiamo atto che il Gruppo Espresso, nel 2012, ha subito una multa di ben 225 milioni di euro [7]. Una notizia gigantesca, eppure censurata dalla stragrande maggioranza dei giornali. Il Fatto Quotidiano è tra i pochissimi a fornirla [8]. Il giornale diretto da Padellaro precisa che la sentenza è di secondo grado e che il Gruppo Espresso ha fatto ricorso il Cassazione. Resta il fatto che si parla di una evasione, o elusione fiscale che dir si voglia, colossale: come mai la vicenda non ha avuto quasi alcun risalto? Mistero.

  Non è un mistero, invece, che l’ingegnere Carlo De Benedetti abbia residenza in Svizzera. Ma come, il papà del quotidiano e del settimanale che si battono contro i paradisi fiscali utilizza questi artifici per pagare meno imposte? Proprio così. Il miliardario Carlo De Benedetti è ufficialmente un cittadino svizzero, uno straniero, un extracomunitario che vuole indicare la retta via al paese.

Riferendosi al proprietario di Repubblica, diceva Indro Montanelli: “Se l’ integrità morale degli editori è vulnerata risulta indebolita la credibilità della stampa e, di conseguenza, l’ efficacia del controllo che essa deve esercitare per conto dei cittadini sulle istituzioni e sulla pubblica moralità”. Poi questa frase, rimasta celebre: “Conosco molti furfanti che non fanno i moralisti, ma non conosco nessun moralista che non sia un furfante”.

   [9]

  http://www.stampalibera.com/?p=65590

100 giorni di Dolce Far Letta

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Oggi è il centesimo giorno del governo di Capitan Findus Letta. Negli altri 99 non ha fatto nulla, se non annunciimporre il via liberaai 50 miliardi di euro per gli F35, prendersi con tutti i partiti i 91 milioni di rimborsi elettorali di luglio e iniziare l’assalto alla Costituzione. Oggi perchè cambiare?

Nel sondaggio SWG di oggi alla domanda “Cosa l’ha colpita di più dei primi 100 giorni del Governo Letta?” il 58% ha rispostodisarmato: NULLA.

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Il 18% ha indicato il rinvio di IMU e IVA (quelli che non capiscono se la devono pagare e quando), il 12% è rimasto colpito dal ruolo internazionale del premier (nelle vesti di “baciamerkel“), l’8% dal decreto del fare (perché ricorda loro quel gioco d’infanzia), il 5% dai provvedimenti sul lavoro (devono essere quelli che l’han perso). Il sondaggio non è però attendibile, manca un’opzione: il subbuteo, che avrebbe surclassato il nulla e salvato l’onore del governo.
beppegrillo.it

Inchiesta Venezia Nuova: tutti i nomi vicentini

http://www.nuovavicenza.it/2013/08/inchiesta-venezia-nuova-tutti-i-nomi-vicentini/


di Giulio Todescan il 03 ago 2013.

Gordon_gekko

Gordon Gekko, il protagonista di “Wall Street – Il denaro non dorme mai” interpretato da Micheal Douglas

L’inchiesta della procura veneziana sul Consorzio Venezia Nuova, che ha portato all’arresto dell’ex presidente del Cvn Carlo Mazzacurati, ha scoperchiato una serie di presunte irregolarità legate agli appalti del colosso privato (Mantovani, Condotte, Mazzi, Lega coop) che gestisce miliardi di fondi pubblici per grandi opere fra cui il Mose. Secondo il pm Paola Tonini il “sistema” degli appalti Cvn sarebbe stato truccato per favorire aziende amiche. Il 12 luglio un esercito di 500 finanzieri ha perquisito 110 case e uffici di professionisti e società che dal 2011 hanno avuto rapporti con il Consorzio. Fra questi ci sono due indirizzi vicentini: il primo è quello di Mauro Fabris, attuale presidente del Cvn (è stato nominato dopo le dimissioni di Mazzacurati, avvenute pochi giorni prima del suo arresto) e politico democristiano di lungo corso.
Già segretario provinciale della Dc vicentina nel ’90, viene eletto alla Camera nel ’96 con il Ccd-Cdu di Casini, passa poi all’Udeur di Clemente Mastella, assurge a sottosegretario ai trasporti con i governi D’Alema e Amato, viene riconfermato per altre due legislature (2001 al Senato, 2006 alla Camera) con l’Udeur con il centrosinistra, per poi passare nel 2008 con il Pdl (non ricandidato). Fabris è presidente della Lega Pallavolo di serie A, ma il suo vero campo di gioco sono le grandi infrastrutture: come la Tav del Brennero di cui è commissario governativo, nominato dall’ex ministro alle infrastrutture Pdl Altero Matteoli, e il Consorzio Venezia Nuova, potente concessionario unico per i lavori di salvaguardia della Laguna di Venezia, compresi quelli miliardari per la costruzione del Mose.
Il secondo campanello vicentino suonato dalla Finanza è quello di Roberto Meneguzzo,fondatore (insieme al bergamasco Giorgio Drago) e amministratore delegato di Palladio Finanziaria spa, con sede legale a Vicenza e ufficio a Milano. A interessare gli inquirenti (che, è bene precisarlo, non hanno iscritto Meneguzzo fra gli indagati) sarebbero gli intrecci d’affari fra Palladio Finanziaria e Est Capital, fondo immobiliare impegnato in alcuni grandi progetti edilizi al Lido di Venezia, dall’Ospedale al mare alla riqualificazione dei grandi alberghi Excelsior e Des Bains. Palladio Finanziaria controlla il 14% di Est Capital Group, gruppo partecipato anche (attraverso il fondo Real Venice II come ha ricostruito Il Gazzettino) da tre membri di peso del Cvn, e cioè Grandi Lavori Fincosit, Condotte e Mantovani, quest’ultima al centro dell’altra inchiesta che sta facendo tremare la laguna, indagine che ha portato all’arresto lo scorso febbraio dell’ex presidente Piergiorgio Baita accusato di frode fiscale.
Non è l’unico affare che unisce la finanziaria di Meneguzzo a Mantovani: tra i grandi business di Palladio Finanziaria c’è quello della sanità in project financing, settore in cui si è fatta promotrice di diversi progetti. Fra quelli andati in cantiere c’è l’ospedale unico dell’Alto Vicentino a Santorso, costruito dall’associazione temporanea di imprese Summano Sanità, in cui Palladio e Mantovani sono soci: la lista delle partecipazioni vede un 25% di quote in mano a Mantovani, un altro 25% a Palladio Finanziaria, il 24,9% a Gemmo Spa e quote minori ad alcune cooperative, a Serenissima Ristorazione e a Studio Altieri. Nomi che ruotano attorno al cosiddetto “sistema Galan” (e a Lia Sartori, che era la fidata proconsole galaniana della sanità veneta) al centro di numerose ricostruzioni giornalistiche negli ultimi dieci anni. E anche denunce politiche, arrivate sin dal 2011 da partedell’europarlamentare Pdl Sergio Berlato acerrimo nemico dell’ala sartorian-galaniana del suo stesso partito. In gennaio Berlato aveva fatto sapere di aver portato alla Procura di Vicenza documentazionesul “sistema di appalti” dell’era Galan.
Ma torniamo a Palladio Finanziaria. Salita alle cronache nazionali nel 2012 per la tentata scalata a Fondiaria-Sai, sfidando Mediobanca, la più importante banca d’affari d’Italia, la holding di investimento di Meneguzzo si è ritagliata un ruolo di primo piano nella finanza del Nordest. Un’affilata inchiesta del settimanale L’Espresso del febbraio 2012 ricostruiva le origini delle fortune del gruppo citando il caso della piccola azienda Tesan spa con sede a Vicenza, che si occupa di teleassistenza per gli anziani, un servizio convenzionato con la Regione Veneto. In Tesan negli anni Novanta, scrive Luca Piana nell’inchiesta, «la Palladio incrocia interessi vicini a quelli di Lia Sartori, un’esponente di primo piano della politica locale, prima con il Partito socialista poi con Forza Italia, che in Veneto la fa conoscere come “la dogessa” del governatore Giancarlo Galan. La Regione è da sempre il più redditizio cliente della Tesan, posseduta dalla Palladio Partecipazioni, dove per alcuni anni figura come consigliere di amministrazione l’architetto Vittorio Altieri, socio di Meneguzzo ma anche, fino alla scomparsa avvenuta qualche anno fa, compagno di vita di Lia Sartori». Nel 2000 la quota di controllo di Tesan viene venduta «a nuovi soci privati, affiancati però dalla finanziaria regionale Veneto Sviluppo» di proprietà, appunto, della Regione. L’inchiesta dell’Espresso non è piaciuta a Palladio Finanziaria, che ha dato mandato ai suoi legali di agire contro «il contenuto denigratorio e la tendenziosa ricostruzione» contenuta nell’articolo.
Visure alla mano, Palladio Finanziaria ha un capitale sociale di 239 milioni di euro: la quota principale è in mano alla holding PFH1 spa, seguita da Valenia Group spa, gruppo che controlla la Telwin spa che a Villaverla produce saldatrici, Veneto Banca (9,8%), Banco Popolare (8,6%), con una piccola quota Monte dei Paschi di Siena (0,5%), Almaf spa della famiglia di Alessandro Ricci, Fincuber srl (che fa capo a Sergio e Franco Bernardi di Treviso, ex proprietari dei supermercati Vivo). Una quota pari a 8 milioni di euro circa è posseduta da Tee Holding s.a., con sede in Lussemburgo. Il presidente del consiglio di amministrazione di Palladio Finanziaria è Roberto Ruozi, presidente della holding Mediolanum spa. Nel Cda siedono Vincenzo Consoli (ad di Veneto Banca), Antonio Spillere (presidente di Telwin), Maurizio Faroni (direttore generale di Banco Popolare), Franco Bernardi (Fincuber), Alessandro Ricci (Almaf), Patrizia Bocchi, e Franca Bertagnin Benetton (figlia di Giuliana Benetton, di recente entrata nel Cda della Benetton Group), Giuliana Berretta, Andrea Valmarana e l’avvocato d’affari Mario Ortu.
Un altro legame con l’imprenditoria che conta nel Veneto è quello con la famiglia Amenduni proprietaria di Acciaierie Valbruna, socia di Palladio Fiananziaria nel fondo Ferak, di cui Palladio Finanziaria controlla il 23%. Ferak, tramite il veicolo finanziario Effeti, possiede una quota pari al 2,15% di Generali. Il cosiddetto salotto buono della finanza.

La contessa Rangoni Machiavelli: «Così Berlusconi ha truffato mia cognata»

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È stata una doppia rapina. Consumata alle spalle di una ragazzina minorenne, choccata dalla morte del padre, fuggita dall’Italia per sfuggire alla curiosità di giornalisti e paparazzi e raggirata da quel professionista che si chiama Cesare Previti al servizio di Silvio Berlusconi». Beatrice Rangoni Machiavelli è una nobile signora di ferme tradizioni liberali, illustre casato, impegnata nel sociale, ex deputato del parlamento europeo. E’ anche la cognata di Anna Maria Casati Stampa di Soncino, la ragazza che nel 1970 resta orfana all’improvviso e tragicamente ed eredita tutto il patrimonio del casato tra cui villa San Martino ad Arcore. La stessa villa in cui dieci anni dopo si trasferisce Il Cavaliere già Re del mattone e in procinto di diventare anche Signor Tv. 

Cosa intende per “doppia rapina”? 
«Dal 1974 vado denunciando il furto perpetrato ai danni di mia cognata Annamaria Casati Stampa di Soncino, per le modalità dell’acquisto della Villa di Arcore e dei terreni, centinaia di ettari, su cui è stata fatta la speculazione di Milano 2». 

Non ci sono sentenze che lo dimostrano. 
«Siamo arrivati tardi, quando ci siamo accorti del raggiro erano già passati dieci anni ed era scattata la prescrizione. Ma quelle due acquisizioni restano comunque due rapine». 

Chi è Annamaria? E dove vive oggi? 
«È una signora di 59 anni, vive all’estero con la sua meravigliosa famiglia e ogni volta che si parla di questa storia per lei sono solo dolori e incubi. La famiglia, i marchesi Casati Stampa di Soncino, sono uno dei più illustri casati milanesi proprietari in Brianza e a Milano di terreni e palazzi». 

Cosa succede il 30 agosto 1970? 

«Annamaria arriva a Fiumicino da un viaggio con alcuni amici. Chiama il padre, il marchese Camillo che dopo la morte della mamma di Annamaria si era sposato con Anna Fallarino, per farsi venire a prendere. Camillo la rassicura ma le dice restare ancora qualche giorno con gli amici. Il marchese in realtà, depresso e in pessimi rapporti con la signora Fallarino, aveva già pianificato di suicidarsi. Solo che nelle stesse ore in quella casa arrivano la moglie e il suo amante Massimo Minorenti, lo ricattano, gli chiedono un miliardo di lire per ritirare alcune foto compromettenti già consegnate ai giornali. Lui perde la testa, ammazza e si ammazza. Fu Annamaria a dover riconoscere i corpi sfigurati del padre e della matrigna. Del caso parlò tutta Italia, per mesi. Potete immaginare lo choc di quella ragazza».

Come entra in scena Cesare Previti? 

«Il padre Umberto è un noto fiscalista calabrese che nei primi anni settanta sta architettando la complessa struttura societaria della Fininvest. Cesare è un giovane avvocato che ha una relazione con la sorella di Anna Fallarino. La prima cosa che fa è cercare di dimostrare che la famiglia Fallarino è l’unica erede del patrimonio Casati Stampa perchè la donna è morta dopo il marito. L’autopsia gli dà torto: la giovane e minorenne Annamaria è l’unica erede. Il padre, Camillo, è morto due minuti e trenta secondi dopo». 

Poi però il giovane Previti diventa tutore della ragazza e amministratore del suo patrimonio. 

«Eh, già, si vede che questo era il piano B… Annamaria, minorenne, è affidata a un avvocato amico di famiglia Giorgio Bergamasco il quale però diventa senatore e poi ministro in uno dei governi Andreotti. In un modo o nell’altro rispunta fuori Previti che piano piano diventa l’unico responsabile del patrimonio di Annamaria. La quale si ritrova titolare di beni mobili e immobili per circa tre miliardi di lire ma anche un sacco di debiti per via della tasse di successione con rate da 400 milioni».

E Annamaria decide di vendere… 
«Non è così. Qui comincia il raggiro. La ragazza non ha soldi, non ha potere di firma e ogni decisione è delegata a Bergamasco-Previti. Fatto sta che un giorno, siamo nel 1973, Previti dice ad Annamaria: “Ma come sei fortunata, c’è un certo Berlusconi che vuole comprare, 500 milioni…”. Annamaria replica che è un po’ poco, e Previti la rassicura: “Mavalà, in fondo gli diamo solo la villa nuda, la cappella e un po’ di giardino intorno…”. Previti lascia intendere che arredi, pinacoteche, biblioteche, il parco, tutto sarebbe rimasto a lei mentre invece stava vendendo tutto». 

Nessuno si accorge di nulla?
«Il fatto è che Annamaria, esausta, nel 1973, appena maggiorenne si sposa quasi di nascosto, una notte, e va a vivere in una fazenda in Brasile, con la sua famiglia, felice e lontana dalla sua prima vita di cui vuol sapere poco o nulla. Il curatore ha campo libero. Io me ne accorgo solo nel 1980, dopo che è stata completata la vendita di villa San Martino. Avverto Previti che avrei raccontato tutto a Anna Maria. Lui mi risponde, ancora lo ricordo, che mai sarei riuscita a portare un pezzo di carta ad Annamaria in Brasile con delle prove. Invece ce l’ ho fatta: avevo nascosto il dossier con la documentazione in un biliardino. Ricordo anche che a Fiumicino ci perquisirono con molta accuratezza. Per andare in Brasile, strano no…». 

Che succede poi? 

«Annamaria ritira deleghe e procure e le affida a me. Lì comincia la mia battaglia. Abbiamo provato negli anni a riprendere almeno qualche quadro, un Annigoni, ad esempio. Mio fratello andò di persona ad Arcore, fu la volta che si trovò davanti Mangano con tanto di fucile. Berlusconi ci chiese quanto volevamo per venderlo a lui. Ma noi non volevamo venderlo. Non ce l’ha mai reso. Così come le 14 stazioni della via Crucis di Bernardino Luini, nella cappella di famiglia». 

All’inizio parlava di due truffe…
 

«Così come si sono presi il parco e la villa, si sono presi anche tutti i terreni dove poi è sorta Milano 2, terreni agricoli della famiglia Casati Stampa». 

In che modo?

«Avevano frazionato i terreni in tante srl e poi li hanno resi edificabili. Quando ce ne siamo accorti, abbiamo scoperto che ogni srl era intestata a vecchini con l’Alzheimer pensionati all’ospizio della Baggina. “Lei non mi può denunciare, io conosco tutti» ci disse Berlusconi. E aggiunse: “E poi domani scioglierò tutte le srl». Ci riuscì, tranne che per poche pezzature di terreni di cui ci fece avere in tre giorni i soldi. Oltre al danno anche la beffa: la speculatrice, la palazzinara, quella che aveva trasformato i terreni da agricoli in edificabili, risultava essere Annamaria Casati Stampa. Il colmo, no? ». 

Annamaria? 

«Non ne vuole sapere più nulla e nesuno ha mai pensato che potesse essere risarcita. Io però continuo da allora la mia battaglia a tutti i livelli perchè credo sia giusto che si conosca la qualità delle persone che ci governano. Sotto il profilo penale, purtroppo, non è mai stato possibile fare nulla». 

Qualche volta ne parlate tra di voi?
«Mia cognata ha un’altra vita, vive lontana, non è affatto legata ai soldi. In quei pochi giorni in cui Previti è stato in carcere mi disse solo: “Chissà, Magari stavolta potrò riavere il mio quadro…”».