NATO economica: l’euro sarà sostituito dal dollaro??

31 magg – L’anno diplomatico 2013 ha visto come primo significativo evento il comunicato congiunto di Washington e Bruxelles del 13 febbraio sul comune proposito di avviare dei negoziati per dar vita al TTIP, cioè ad una partnership per il commercio transatlantico e per gli investimenti. Si tratterebbe di una vera e propria unione finanziaria e commerciale delle due sponde dell’Atlantico.

 Il comunicato congiunto però non ha avuto alcuna risonanza sui media ufficiali, anzi sembrerebbe che ci sia stata una vera e propria congiura del silenzio. Ha fatto parzialissima eccezione la testata online “Wall Street Italia”; ma il fatto davvero strano è che una testata specializzata in notizie economico-finanziarie per procurarsi del materiale a riguardo abbia dovuto far ricorso al rilancio di un articolo di Michel Collon, che era stato tradotto e pubblicato su un sito di opposizione, ComeDonChisciotte. L’articolo di Collon metteva in guardia contro la prospettiva di una “NATO economica” che comporterebbe la nascita di un governo mondiale svincolato da qualsiasi controllo.

 NDR

 Stanno per mangiarsi le nostre banche per tamponare la maxi-falla di Wall Street

 L’economia Usa si salverà facendo trasferire verso Wall Street il capitale finanziario europeo

 Borsa, Opa su New York: nasce il gigante Usa che inghiotte mezza UE

 Supervisione diretta: la Bce potrà decidere quali banche finanziare e quali far fallire

 Libero mercato transatlantico o Stato sovranazionale?

 L’espressione “NATO economica” per definire questo partenariato commerciale-finanziario a livello transatlantico, non è affatto arbitraria, poiché è la stessa che viene usata nel dibattito interno al Consiglio Atlantico, l’organo supremo della NATO.

Il 12 marzo scorso la Commissione europea ha deciso di chiedere luce verde agli Stati membri per condurre in porto le trattative con gli USA. In realtà le trattative erano state avviate da tempo, in quanto sul sito della stessa Commissione europea risulta già una dovizia di studi di fattibilità e di possibili protocolli di intesa. Allo scopo di rassicurare i possibili perplessi, la Commissione fa anche sapere che il contenzioso attuale tra Europa ed USA non riguarda più del 2% del totale degli scambi commerciali.

 Sempre dal sito dell’Unione Europea, si viene inoltre a sapere che un Consiglio economico transatlantico, incaricato di porre le condizioni di un vero partenariato, era già stato costituito nel 2007, cioè ben un anno prima dello scoppio della bolla speculativa che ha aperto la strada alla crisi finanziaria ed all’attuale depressione economica. Le firme in calce al documento costitutivo, che porta la data del 30 aprile 2007, sono quelle dell’allora presidente USA, George W. Bush, dell’allora presidente del Consiglio europeo, Angela Merkel, e del presidente della Commissione europea, Manuel Barroso.

 Non si può quindi inquadrare la “NATO economica” come una risposta della presidenza Obama all’attuale crisi economico-finanziaria. Visti i tempi lunghi che hanno preparato il TTIP, sembrerebbe infatti che la prospettiva di un’unione commerciale e finanziaria tra le due sponde dell’Atlantico, in realtà sia lo sbocco preordinato di un’emergenza economica artificiosa. Infatti soltanto una gravissima depressione economica potrebbe essere in grado di giustificare un passaggio epocale di questa portata, e di superare le resistenze sociali a quella che si configura sfacciatamente come una totale annessione coloniale dell’Europa ai dettami commerciali e finanziari di Washington.

 Alla luce di questo documento del 2007, anche l’ormai proverbiale ottusità della Merkel e di Barroso potrebbe essere riletta come pedissequa obbedienza alle direttive di Washington. Quindi, anche questo trascinare oltre i limiti di ogni buon senso l’ormai irreversibile crisi dell’euro, potrebbe trovare come provvidenziale soluzione tutt’altro che un ritorno alle valute nazionali, bensì un’adozione del dollaro come moneta unica europea. A riconferma del nuovo ruolo imperialistico che svolgono le fondazioni private, sul sito del Consiglio Atlantico si sottolinea il contributo fornito nell’operazione TTIP da una fondazione privata come la Bertelsmann Foundation. Che il Consiglio Atlanti co e la Bertelsmann Foundation agiscano in un rapporto pressoché alla pari è una cosa che dovrebbe far riflettere.

 Le notizie ufficiali su questa fondazione privata ce la presentano come una creatura dell’editore tedesco Reinhard Mohn; manco a dirlo, uno di quelli entrati varie volte nella lista degli uomini più ricchi del mondo. La fondazione agisce su un piano internazionale, con sedi a Berlino, Bruxelles e Washington. Il Dizionario di Economia e Finanza dell’Enciclopedia Treccani si sofferma sul ruolo della fondazione nei progetti di politica estera.

L’azione svolta dalla Bertelsmann Foundation a favore della conservazione della moneta unica europea, conferma che il calice dell’euro debba essere bevuto sino alla feccia, in modo da consentire un aggravarsi dell’emergenza economica, tale da giustificare soluzioni drastiche che oggi potrebbero apparire del tutto impensabili per l’opinione pubblica. Sul sito della stessa fondazione si trovano le notizie su questa sua opera di “persuasione”.

 La Bertelsmann Foundation ci fa sapere anche di aver ottenuto nel 2010 un generoso finanziamento (definito, con incredibile faccia tosta, una “borsa di studio”!) dalla Rockefeller Foundation per attuare i propri progetti di politica internazionale. Questa informazione è utile sia per sapere chi ci sia davvero dietro la Bertelsmann Foundation e dietro il TTIP , sia per capire che fine facciano le grandi quantità di denaro maneggiate da queste fondazioni no profit.

Il “mercato” è soltanto uno slogan, il “capitalismo” è un’astrazione analitica, mentre il crimine affaristico è un dato di fatto. In nome dell’assistenzialismo per ricchi, le fondazioni private infatti si finanziano l’una con l’altra, attuando così riciclaggi finanziari e investimenti che sono del tutto esenti da tasse. Rockefeller ha finanziato la fondazione della famiglia Mohn; ma, dato che chi è generoso viene premiato, un’altra delle fondazioni di Rockefeller, la Philanthropy Advisors, ha ricevuto a sua volta un ricco premio in denaro dalla Bill & Melinda Gates Foundation, come riconoscimento per un suo progetto.

 Le fondazioni private assorbono così molte delle funzioni affaristiche del sistema bancario, sotto l’ombrello di nuovi privilegi. Un articolo del “Washington Post” dell’aprile del 2005 avvertiva che il no profit stava diventando la nuova frontiera dell’evasione fiscale. L’articolo riferiva di un’allarmata lettera del capo dell’Agenzia delle Entrate statunitense di allora, Mark W. Everson, che invocava dal governo misure per contrastare la gigantesca evasione fiscale che si verificava, già a quei tempi, all’ombra del no profit delle fondazioni private. Non risulta che queste misure invocate da Everson siano mai arrivate; anzi, a distanza di otto anni, non si vede quale funzionario governativo possa essere in grado di alzare la voce contro fondazioni p rivate che gestiscono più potere e denaro di un ministero. Alla fiaba del dittatore pazzo, corrisponde la fiaba del miliardario filantropo, alibi mitologico di un potere sovranazionale del tutto incontrollato. Mentre i dittatori pazzi come Assad, Ahmadinejad e Kim Jong-un minacciano il mondo, i miliardari filantropi alla Rockefeller, alla Soros ed alla Gates lo proteggono, come Batman.

 COMIDAD


http://www.imolaoggi.it/?p=51957

 

Truffe: sequestrati a nomadi 3 mln di euro, ville, auto e camper

potevano mettere quei soldi a disposizione dell’integrazione

 CAGLIARI, 30 MAG – Un patrimonio da oltre tre milioni di euro, conti correnti, buoni fruttiferi, quote azionarie, ma anche ville, auto e camper.

 E’ l’impero che oggi gli agenti della Divisione anticrimine della Polizia di Cagliari hanno sequestrato fra Adrano (Catania), Ragusa, Milano, Roma e Verona a un gruppo di nomadi – inizialmente in Sardegna ma da tempo in Sicilia – riconducibili alla famiglia di Giacomo Liotta, 57 anni, definito il re di Adrano, finito nei guai in passato per furti, truffe, rapine.

Anche Marco Scibona, senatore e Valsusino al presidio sotto il comune

no_tav_5_stelle_02_marco_scibonaFa scalpore per Repubblica e il solito “ragazzo di strada” Esposito che Marco Scibona, da notav coerente qual’è,  partecipi, come sempre ha fatto, al presidio sotto il comune di Susa dove LTF e Sindaco continuano a incontrarsi senza i cittadini mentre pianificano la distruzione del paese e della Valle intera.

Fa scalpore ma a noi no. Un notav è notav sempre, e bravo Marco!

Il messaggio su fb di MArco Scibona

Sono presente davanti al Comune di Susa per portare il mio saluto ad attivisti no TAV che stanno presidiando pacificamente durante lo svolgersi dell’incontro tra Ltf e gli amministratori locali.L’illegalità sicuramente non va cercata dietro le bandiere no TAV, ma nelle azioni di Ltf, che ha dato l’avvio ad un cantiere senza aver ottemperato alle prescrizioni del CIPE (103 tra prescrizioni e raccomandazioni): prima fra tutte quella che prevede la saturazione della linea, situazione che è ben lontana dal verificarsi.

http://www.notav.info/post/anche-marco-scibona-senatore-e-valsusino-al-presidio-sotto-il-comune/

 

Visione politica europea

Questa Unione europea è palesemente incostituzionale, è un ossimoro da cancellare, poiché prevede contemporaneamente due visioni opposte: libero mercato e solidarietà.

Trattato di Lisbona: L’Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico.
Trattato sul MES: Al fine di consentire al MES di realizzare il suo obiettivo, allo stesso sono conferiti nel territorio di ogni suo membro lo status giuridico ed i privilegi e le immunità definiti nel presente articolo. Il MES si adopera per ottenere il riconoscimento del proprio status giuridico e dei propri privilegi e delle proprie immunità negli altri territori in cui opera o detiene attività.

Com’è chiaro dai Trattati l’UE si basa sull’usurpazione della sovranità monetaria, è controllata da un’oligarchia non eletta dai popoli e sull’ossimoro sviluppo sostenibile. I Trattati non hanno una linearità logica rispetto ai principi e prevedono che si faccia tutto ed il contrario di tutto in violazione della Costituzione Repubblicana che ha obiettivi diversi dall’UE. In questi ultimi 20 anni i partiti hanno tradito la Repubblica ed il popolo italiano.

E’ semplice riscontrare che in questi anni l’ideologia liberista abbia prevalso sullo stato sociale messo all’angolo, oltre a questa contraddizione disumana, l’UE non è un’organizzazione democratica rappresentativa poiché il Parlamento, unico organo elettivo, non ha l’esclusivo potere di promulgare le direttive; potere legislativo che pende a favore di Commissione e Consiglio d’Europa (organi esecutivi), già questo aspetto antidemocratico dovrebbe far scatenare una rivoluzione entro domani mattina. L’ultimo Trattato di Lisbona che sostituisce quello di Maastricht è praticamente la Costituzione europea, quel Trattato internazionale va completamente rivisto, cestinato in molti articoli e molte parole poiché contraddicono la Costituzione italiana e soprattutto andrebbe introdotta la democrazia che non c’è. E’ noto che nell’UE il reale potere sia concentrato nelle mani dei tecnocratici non eletti. Nessuno strumento referendario è inserito nei trattati negando la natura stessa di democrazia.

Il pensiero politico dominante è quello di costruire un’Europa federale, come gli Stati Uniti d’America. E’ un progetto mondialista molto vecchio ampiamente descritto nei famigerati think tank anglo-americani, quelli che hanno inventato ed applicato la famigerata globalizzazione che stiamo subendo con l’aumento della disoccupazione programmata e della sospensione dei diritti universali dell’uomo. Siamo sempre più vicini alla strutturazione di uno Stato autoritario feudale, cioè dove i pochi controllano i molti negando loro il diritto all’autodeterminazione: com’è l’impero romano, sostanzialmente, o forse, ancora peggio poiché vivi nell’illusione di essere libero, ma non lo sei, psico programmato nella scuola e ricattato tramite il lavoro. Com’è altrettanto facile ricordare e mostrare questo progetto non prevede la democrazia, oggi sosti tuita dalle SpA che governano il WTO, la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale; chi siano queste SpA e cosa fanno è ben descritto nella Guida al consumo critico.

L’enorme problema politico italiano è che questo progetto totalitarista dell’élite degenerata non viene adeguatamente sostituito da un soggetto politico forte, sostenuto dal consenso popolare, capace di promuovere un progetto democratico vero, serio, che abbia come obiettivo il benessere dei cittadini. Solo di recente nel Parlamento il M5S ha criticato questa Unione Europea, ma nella sostanza manca questa forza politica matura capace di proporre un’alternativa seria ed efficace. Attenzione, manca in Italia non che non esista un progetto politico alternativo, perché nella sostanza questo progetto non solo esiste, ma ha anche una sua applicazione concreta ed è in continua discussione. Alcuni stati Sud-Americani sono usciti dal ricatto dell’impero della Banca Mondiale e del FMI e stanno sperimentando partecipazione e tutela dei beni comuni, anche in Asia il capitalismo liberista trova critiche poiché va in conflitto con le culture locali. E’ la vecchia Europa che al momento non riesce ad accettare che questa ideologia sia giunta al termine poiché è finita un’epoca. L’epoca industriale che ha inventato il capitalismo è morta. L’avidità liberista e la stupidità radicata nel pensiero economico che ignora le leggi della natura è ormai chiara ai più. I partiti tradizionali psico programmati dall’ideologia industriale sono giunti al termine e per questo motivo non riescono più a stare nella società. Si è creato un vuoto di rappresentanza in tutta Europa.

Cosa bisognerebbe fare? Uscire dall’economia del debito. Uscire dal Trattato di Lisbona o cancellarlo azzerando totalmente i passi compiuti dall’élite degenerata. I Parlamenti dell’euro zona dovrebbero avviare un processo di coinvolgimento attivo dei popoli e chiedere loro in che tipo di Unione vorrebbero vivere. Una indicazione fu data dal popoli francese ed olandese che bocciarono il Trattato di Lisbona. Cosa significa tutto questo? Ribaltare l’atteggiamento attuale dei Governi poiché sono completamente supini ai diktat delle SpA che hanno costruito un’area commerciale liberista, l’UE per l’appunto, pronta a distruggere le economia nazionali e sfruttare le opportunità poste dal WTO, dalla Banca Mondiale e dal FMI. I capi politici oggi discutono se tor nare ad un capitalismo degli anni ’80, o rimanere nello stupido schema del MES e del fiscal compact con qualche ritocco sui parametri fiscali e contabili nella speranza di attivare qualche politica energetica. Essi intendo rimanere nel piano ideologico che hanno costruito ma facendo qualche concessione qualcosa per contenere la disoccupazione creata da loro e soprattutto contenere le proposte nei confronti dell’euro zona. I leader politici non pensano minimamente di ripensare il sistema e di rispettare i diritti dei cittadini, di allargarli, anzi non solo i diritti fondamentali sono messi in discussione, cosa impensabile fino a dieci anni fa, ma stanno progettando un vero stato fascista finanziario ed hanno tutti i poteri per farlo, li abbiamo votati?! Mentre i cittadini vivono i problemi dell’incertezza economica, cresce la disoccupazione, i militari elaborano strategie e ci mostrano visioni che ricordano il gioco del risiko. Ahimé, la realtà politica è questa: cittadini che vivono in un mondo, e l’élite che vive in un altro mondo: guerre, disastri, risorse, avidità. O i cittadini cominciano a comprendere la complessità della società e la rielaborano per raggiungere una società opposta a questa (come fanno in altre nazioni), oppure sarà difficile ribaltare la piramide del potere.

Il recente voto conferma la disaffezione dei cittadini contro tutti partiti, anche il M5S è stato avvisato, ma i popoli devono organizzarsi al più presto per promuovere un’alternativa efficace in ambito europeo, non c’è molto tempo per farlo, ma bisogna farlo. Anche in Italia con grande ritardo si sta sviluppando un dibattito politico importante: ripensare le comunità partendo dalla partecipazione diretta nel tutelare i beni comuni. Per realizzare questo progetto ci vuole impegno, ci vogliono competenze ed abilità specifiche, bisogna cercarle, valorizzarle, sviluppare e sperimentarle, il prima possibile.

http://peppecarpentieri.wordpress.com/2013/05/30/visione-politica-europea/

 

Altamura: agricoltori contro usura, debiti pagati in banca con carciofi

Cronaca di mercoledì 29 maggio 2013 18:30

 Un’originale iniziativa degli agricoltori contro l’usura si svolgerà domani mattina alle 12 in viale Martiri ad Altamura. Ad organizzarla è Altragricoltura che poi venerdi’ pomeriggio terra’ una assemblea pubblica nella sala consiliare del Comune “per organizzare la risposta agli usurai e agli sciacalli, chiedere la sospensione delle aste, percorsi certi per la messa ‘in bonis’ e la ristrutturazione dei debiti, la garanzia dell’accesso al credito”.

“Venite ad Altamura a documentare come paghiamo i debiti”, questo l’appello. “Domani presentiamo l’iniziativa contro l’usura a modo nostro, provando a pagare i debiti con il frutto del nostro lavoro. Chissà se uno qualsiasi dei direttori di banca accetterà il pagamento e riuscirà a cavare soldi dal lavoro nelle campagne evitando, quindi, che i propri clienti debbano rivolgersi agli usurai”.

Gli agricoltori promettono che si recheranno in banca “ad onorare le cambiali agrarie che abbiamo contratto per garantire la conduzione della stagione agraria e, come tutti gli imprenditori onesti, lo faremo contando sul frutto del nostro lavoro. Un lavoro che ci ha portato a rischiare e lavorare molto per garantire un prodotto sano ma che, quando abbiamo provato a trasformare in reddito vendendo il frutto dell’impegno nostro e dei braccianti che lavorano con noi, abbiamo scoperto che, ancora una volta come accade da troppi anni, o non ci viene pagato o ci viene pagato sottocosto.

Così anche questa annata agraria – sottolineano – sarà in perdita e non riusciremo a recuperare gli investimenti, pagare i costi di produzione e remunerare il nostro lavoro; in poche parole saremo ancora più indebitati solo per aver fatto quello che da generazioni gli agricoltori facevano prima di noi: aver lavorato conducendo la terra e producendo cibo e servizi per il territorio.

Proveremo a convincere il direttore di una qualsiasi delle filiali di banca di Altamura ad accettare un pagamento in natura proponendogli uno scambio equo: il frutto di un anno di lavoro per pagare i debiti contratti per poter produrre il prodotto. Magari (vuoi vedere mai?), visto che gli agricoltori non sono capaci a fare reddito spaccandosi onestamente la schiena, qualche esperto di finanza, invece, lo sarà. E, se poi non dovesse essere così e dovesse semplicemente non essere capace di farsi pagare dalla speculazione che controlla il trust dei prezzi al campo esattamente come noi non ci riusciamo, sarà tanto comprensivo da acconsentire almeno ad un rinnovo delle scadenze. Siamo fiduciosi che non ci costringerà a rivolgerci a qualche usuraio o sciacallo di turno per far fronte agli impegni, siamo ottimisti per natura”.

Domattina proveranno a pagare i debiti “con i carciofi che stiamo raccogliendo oggi”. Poi illustreranno il programma e le modalità dell’iniziativa che punta ad estendere la mobilitazione che si sta sviluppando in altre zone anche in Puglia, oltre che in Basilicata

(“la risposta non può che essere unita, forte e determinata”, affermano)

“Ad ogni modo siamo anche previdenti – assicurano gli agricoltori – e, dunque, ci prepariamo a reagire e ci ritroviamo in assemblea al Comune di Altamura per venerdi 31 fra le ore 18 e le 20 per organizzare la risposta agli usurai e agli sciacalli e per chiedere con forza misure per uscire dalla crisi e impedire le vendite all’asta di aziende e case di prima abitazione”.

Giù le mani dalle nostre terre, dalle nostre aziende e dalle case di prima abitazione”, questo lo slogan lanciato dagli agricoltori.

Domattina in viale Martiri saranno presenti Raffaele Sardone e Mimmo Prencipe per Altragricoltura Puglia e Gianni Fabbris coordinatore nazionale di Altragricoltura.

 Scritto da : Pasquale Dibenedetto

http://www.notizie-online.it/content/view/29450/1/

 

Siria, piovono armi

esportazione di democrazia in corso

 di Michele Paris

 Dopo una lunga e faticosa discussione, i ministri degli Esteri dell’Unione Europea nella serata di lunedì hanno di fatto deciso di dare il via libera alla fornitura di armi letali all’opposizione siriana a partire dalle prossime settimane. L’annullamento dell’embargo sugli equipaggiamenti militari, così come quello sul petrolio proveniente dai territori controllati dai “ribelli” deciso qualche settimana fa, contribuirà ad aumentare ulteriormente le violenze in Siria e a favorire il dominio dei gruppi legati al terrorismo islamista sunnita.

 Il tutto proprio mentre il summit di Ginevra in fase di preparazione per cercare una soluzione negoziata alla crisi sta assumendo sempre più i contorni di uno strumento nelle mani di Washington per dare la spallata finale al regime di Bashar al-Assad.

 Alla scadenza fissata per venerdì prossimo dell’embargo sulle spedizioni di armi deciso da Bruxelles nel 2012, dunque, i paesi più attivi nell’incoraggiare l’Unione Europea ad assumere una posizione più dura nei confronti di Damasco avranno facoltà di procedere senza alcun vincolo. A spingere in questo senso sono state soprattutto Gran Bretagna e Francia, appoggiate, una volta superate le perplessità espresse in precedenza, dalla Germania.

 Contro la soppressione dell’embargo si sono invece espressi in particolare i governi di Austria, Svezia, Repubblica Ceca e Finlandia, ufficialmente preoccupati per la possibilità che le armi da inviare in Siria possano finire nelle mani di gruppi jihadisti. Simi li scrupoli continuano ad essere espressi pubblicamente nonostante l’Unione Europea sia schierata fin dall’inizio della crisi a fianco della Turchia e delle monarchie ultra-reazionarie del Golfo Persico che, con la supervisione americana, finanziano e armano queste formazioni radicali, alimentando le violenze in Siria.

 Senza un accordo unanime, l’UE avrebbe corso il rischio di vedere svanire anche le sanzioni economiche applicate alla cerchia di potere di Assad, così che queste ultime sono state alla fine separate dall’embargo sulle armi e approvate in tarda serata. L’esito del vertice di Bruxelles ha così prodotto uno scenario – definito nel corso della giornata di lunedì come una “catastrofe” per la politica estera UE dal ministro degli Esteri del Lussemburgo, Jean Asselbon – nel quale ogni paese potrà decidere autonomamente sulla spedizione di “tecnologia militare” all’opposizione siriana.

 In maniera informale, i ministri riuniti a Br uxelles si sarebbero comunque accordati per attendere fino al primo agosto prima di valutare l’opportunità di fornire armi ai “ribelli”, teoricamente per dare tempo al processo diplomatico in corso e che dovrebbe portare al summit “Ginevra II” entro la metà di giugno.

 Il ministro degli Esteri britannico, William Hague, ha assurdamente sostenuto che la fine dell’embargo servirebbe perciò a favorire una soluzione politica della crisi, mentre più realisticamente il prossimo flusso di armi verso i “ribelli” siriani serve a riequilibrare le sorti del conflitto, nelle ultime settimane decisamente favorevole alle forze del regime anche grazie al supporto di Hezbollah sul campo e al sostegno militare di Russia e Iran.

 Sempre nella giornata di lunedì, poi, il segretario di Stato americano, John Kerry, ha incontrato a Parigi il suo omologo rus so, Sergei Lavrov, ed esponenti del governo francese, ufficialmente per discutere dei preparativi della conferenza di Ginevra. A quest’ultimo evento Damasco ha annunciato la propria partecipazione tramite un comunicato del ministro degli Esteri, Walid al-Moallem, rilasciato domenica nel corso di una visita a Baghdad.

 Più complicata appare invece la situazione nel campo avverso, dal momento che l’opposizione continua ad essere attraversata da profonde divisioni che impediscono la selezione di nuovi vertici graditi a tutte le fazioni che la compongono, nonostante i ripetuti inviti dei loro sponsor occidentali a creare una leadership presentabile alla comunità internazionale in vista di un maggiore impegno nella rimozione del regime.

 Sull’incontro di Ginevra – promosso a inizio mese da Kerry e Lavrov – pesa comunque la principale condizione imposta esplicitamente dall’opposizione e indirettamente dagli USA, cioè le dimissioni di Assad prima di avviare u n qualsiasi processo di transizione. Inoltre, da decidere sarà anche l’eventuale partecipazione dell’Iran, alla quale si oppongono in molti, a cominciare dalla Francia. Il ministro degli Esteri di Parigi, Laurent Fabius, ritiene infatti Teheran un fattore destabilizzante nell’incerto processo diplomatico in atto.

 La richiesta preventiva di escludere dal futuro della Siria una delle due parti – il presidente Assad, il cui regime è con ogni probabilità più popolare nel paese rispetto ai “ribelli” sostenuti dall’Occidente e dalle dittature sunnite mediorientali – e dalle trattative il principale alleato di Damasco (l’Iran) testimonia a sufficienza del singolare concetto di negoziato che sembrano avere i governi di Washington, Parigi e Londra, il cui obiettivo è chiaramente quello di utilizzare “Ginevra II” per imporre il proprio volere a Damasco o, in caso di fallimento, per compiere un ulteriore passo verso un intervento esterno in Siria.

 Con la conferenza nella città elvetica già quasi morta in partenza, i preparativi per una nuova guerra in Medio Oriente avanzano senza sosta, nonostante qualche barlume di ripensamento e i timori diffusi un po’ ovunque in Occidente per il probabile prevalere di formazioni integraliste nel dopo Assad.

 Uno dei maggiori falchi in politica estera del Congresso americano, il senatore repubblicano dell’Arizona John McCain, lunedì ha così attraversato il confine turco per recarsi in Siria accompagnato dal comandante del cosiddetto “Libero Esercito della Siria”, generale Salem Idris. Qui l’ex candidato alla Casa Bianca ha incontrato i leader di 18 milizie anti-Assad a cui ha promesso un maggiore impegno da parte degli Stati Uniti. Il blitz di McCain ricorda minacciosamente quello che lo vide protagonista in territorio libico nel 2011 alla vigilia de lla campagna imperialista guidata dal suo paese per rovesciare il regime di Gheddafi.

 Negli ultimi giorni, inoltre, sono tornate a circolare anche le accuse dell’utilizzo di armi chimiche da parte del regime, un’eventualità definita lo scorso anno dal presidente Obama come una “linea rossa” che Assad non potrebbe oltrepassare senza incorrere in una qualche ritorsione militare. In particolare, la questione è riapparsa con la pubblicazione di un lungo articolo realizzato da Jean-Philippe Rémy di Le Monde dopo due mesi trascorsi come reporter “embedded” tra i “ribelli”. Secondo il giornalista francese, le forze fedeli ad Assad avrebbero usato gas tossici in misura limitata a Jobar, un sobborgo della capitale siriana, causando morti e feriti.

 Queste accuse sono state immediatamente raccolte dal governo di Parigi, tanto che lo stesso ministro Fabius ha parlato di “sospetti crescenti” sull’uso di ordigni chimici, anche se ha poi ammesso che s erviranno “verifiche molto scrupolose” per far luce sulle responsabilità. Alcune settimane fa, va ricordato, l’ex procuratore del Tribunale Penale Internazionale, Carla Del Ponte, aveva affermato che, in seguito all’indagine condotta dalla commissione delle Nazioni Unite sulla violazione dei diritti umani in Siria, erano emersi “forti e concreti sospetti, anche se non ancora prove incontrovertibili, sull’uso di gas sarin da parte dell’opposizione e dei ribelli, ma non da parte delle forze governative”.

 Mentre si continua a cercare di fabbricare un motivo per scatenare un attacco contro la Siria, la Giordania ha fatto sapere un paio di giorni fa di essere in trattativa con “governi amici” per installare missili Patriot sul proprio territorio, come ha già fatto recentemente anche la Turchia.

 A livello ufficiale, simili iniziative avrebbero uno scopo puramente difensivo, anche se in realtà i missili rientrerebbero nel quadro dell’implementazione di un’eventuale no-fly zone, i cui effetti devastanti si sono visti drammaticamente durante l’aggressione contro la Libia un paio di anni fa.

 Proprio la Giordania, d’altra parte, gioca un ruolo fondamentale nelle mire occidentali sulla Siria, come conferma la presenza sul proprio territorio di almeno 200 soldati americani delle forze speciali, ma anche la recente rivelazione che Amman starebbe già concedendo a Israele di operare una propria flotta di droni nel suo spazio aereo per monitorare la situazione oltre il confine settentrionale in previsione di nuove incursioni aeree totalmente illegali.

 Dietro la facciata dello sforzo diplomatico di Ginevra, insomma, le forze coalizzate per abbattere il regime di Assad continuano a preparare un nuovo rovinoso conflitto in cui rischiano di essere trascinati tutti i paesi della regione mediorientale . Il Libano, in particolare, appare sempre più vicino a ricadere nel baratro della guerra civile sull’onda degli eventi in Siria.

 A testimonianza della situazione sempre più precaria in questo paese, domenica scorsa due missili sono caduti su edifici civili in un quartiere a sud di Beirut, considerato una roccaforte di Hezbollah, mentre martedì tre soldati dell’esercito libanese sono rimasti uccisi in una sparatoria presso un checkpoint nella Valle della Bekaa, non lontano dal confine con la Siria.

http://www.altrenotizie.org/esteri/5508-siria-piovono-armi.html

 

Barcellona: scontri tra pompieri e polizia

foto al link in fondo

Oggi circa 500 vigili del fuoco hanno energicamente protestato davanti alla sede del Parlament della Catalogna contro gli ormai cronici buchi nell’organico e per la mancanza di risorse che il governo regionale ha destinato alla campagna estiva contro gli incendi. Cariche, scontri e un arresto.

La protesta dei pompieri catalani, la maggior parte dei quali indossavano caschi e divise, è iniziata sotto la sede del ‘ministero’ della Sicurezza ed è arrivata fin sotto il portone del parlamento regionale di Barcellona, dove la tensione è presto aumentata fino a che le unità antisommossa dei Mossos d’Esquadra hanno caricato i vigili del fuoco che però hanno resistito. I manifestanti avevano acceso un gran falò a pochi metri dalla sede istituzionale ed hanno lanciato petardi e uova contro i cordoni degli agenti della Brigata Mobile dei Mossos schierati a protezione dell’assemblea autonoma.

Slogan ed esplosioni hanno disturbato la seduta della Commissione agli Interni alla quale stava partecipando il titolare Ramon Espadaler e il consigliere all’agricoltura Josep Maria Pelegrí, chiamati a presentare la campagna antincendio. Naturalmente il rappresentante del governo catalano ha fatto notare che mentre durante la riunione istituzionale erano state adottate decisioni importanti grazie al ‘civile dibattito’ fuori i lavoratori si erano comportati in modo ‘aggressivo e violento’. Ma ha mancato di specificare che la campagna destinata a frenare la distruzione del territorio catalano durante i mesi estivi ha segnato nuovi tagli al personale e alle risorse da destinare a questo difficile e pericoloso compito. La Generalitat catalana ha infatti deciso di mantenere lo stesso stanziamento previsto lo scorso anno, ma di ridurre il numero di vigili del fuoco impegnati nella campagna e soprattutto il numero di ore retribuite ai pompieri ausiliari, fondamentali n el contrasto degli incendi estivi visti i buchi di organico tra quelli a tempo pieno.

 Dopo la prima carica ne è seguita una seconda ma i lavoratori non hanno voluto indietreggiare e quindi ne sono seguiti degli scontri durante i quali un pompiere – Rafael Blanco – è stato arrestato e poi rilasciato ma solo dopo esser stato denunciato per ‘resistenza a pubblico ufficiale’ e altri reati. Ma il vigile del fuoco ha negato di aver mai lanciato pietre mentre non ha smentito di aver tentato di togliere una radio a un celerino giustificandosi con la necessità di difendersi dai poliziotti che stavano agendo con estrema violenza contro i lavoratori ed in quel momento ha ricevuto una violenta manganellata.

 La detenzione del pompiere ha generato per alcuni minuti una forte rabbia tra i manifestanti, che h anno minacciato di andarselo a riprendere fin dentro gli uffici della polizia nel Parlamento dove era stato condotto. Poi però avendo ricevuto rassicurazioni sulla pronta liberazione del loro compagno, i pompieri hanno atteso la sua scarcerazione ottenuta anche grazie all’intervento di alcuni deputati regionali e degli attivisti sindacali.

 I video della protesta:  http://www.youtube.com/watch?v=6rFEFG0yicI

                                 http://www.youtube.com/watch?v=zaFmBu6d7iE

 Ultima modifica Mercoledì 29 Maggio 2013

http://www.contropiano.org/esteri/item/16915-barcellona-scontri-tra-pompieri-e-polizia?fromfbpage=1

 

A BRACCETTO CON SOROS. Il salto della quaglia del Prof. Bagnai di Moreno Pasquinelli

28 maggio. Sapevamo che con Bagnai è difficile intavolare un contraddittorio. Lui lo si può solo adulare. Quando gli si muovono obiezioni [vedi: Le divergenze tra il compagno Bagnai e noi] perde la testa, la butta in caciara e, come un gradasso, rovescia sui malcapitati una caterva di insulti che superano la linea oltre la quale il Diritto e il buon senso ritengono ci sia diffamazione.

 Pur senza mai citarmi (un classico della tecnica subdola della delegittimazione), mi definisce pubblicamente, cito, un “relitto umano”, un “povero imbecille”. Travolto dalla compulsione isterica così giustifica perché non intende rispondere alle critiche: “Non vi aspetterete da me una mediazione coi platelminti, o con gli anellidi, e nemmeno coi nematelminti, insomma, con tutti gli infiniti vermi del terrario nostrano, provinciale, egotista, intellettualmente ed eticamente deficitario”. [1]

 Le contumelie qualificano chi ne fa uso. Noi proviamo a tornare sui contenuti. Tenteremo di dimostrare che i fuochi pirotecnici a base di improperie esibiti da Bagnai sono solo un disperato tentativo di depistaggio.

 La risposta che Bagnai è stato obbligato a darmi non poteva essere più clamorosa. Il Nostro ha dovuto rendere finalmente pubblico in Italia un Manifesto, di cui egli è firmatario, tenuto furbescamente nascosto ai suoi followers per ben quattro mesi, proprio perché questi l’avrebbero considerato, non a torto, come una clamorosa giravolta.

 Chi abbia seguito il Nostro sa che, al netto dei tecnicismi, il suo teorema si poteva riassumere in quattro assiomi: (1) Ogni area valutaria unica basata sulla rigidità del cambio è destinata a crollare perché va contro le leggi di mercato; (2) l’euro non solo porta la colpa di aver accresciuto gli squilibri in seno all’Unione europea, esso non è solo una moneta ma un “metodo di governo”, bollato come “nazista”; (3) Non c’è “un’uscita da sinistra dal nazismo”, l’Italia per salvarsi deve subito riconquistare la sua sovranità monetaria e politica; (4) quindi guerra frontale alle sinistre “luogocomuniste” che chiedono “più Europa” visto che, date le differenze tra nazioni, l’Unione europea stessa è una mera utopia.

 Come ora vedremo questo Manifesto manda a farsi friggere tutti e quattro questi assiomi. Già il titolo è sconcertante: “Solidarietà europea di fronte alla crisi dell’eurozona”. Potrebbero sottoscriverlo non solo i capobastone del Pd o del Pdl, ma anche Monti o uno qualsiasi dei tecno-oligarchi di Bruxelles.

 Un titolo infelice? No! Il contenuto è in linea e consiste in una difesa non solo dell’Unione europea ma della moneta unica. Inaudito? Inconcepibile? Per niente.

 Leggiamo assieme le chicche più notevoli:

 «La creazione dell’Unione Europea e del Mercato Comune Europeo si colloca fra le maggiori conquiste dell’Europa post-bellica in campo politico ed economico. Il notevole successo dell’integrazione europea è scaturito da un modello di cooperazione che beneficiava tutti gli stati membri, senza minacciarne alcuno….l’Eurozona, nella sua forma attuale, è diventata una seria minaccia al progetto di integrazione europea…L’euro, invece di rafforzare l’Europa, produce divisioni e tensioni che minano le fondamenta stesse dell’Unione Europea e del Mercato Comune Europeo».

Sì, avete capito bene: avanti col processo d’integrazione europea, quindi riforma della moneta unica, necessaria per portare avanti questa integrazione.

 In concreto cosa propone il Manifesto? Due misure essenzialmente.

 La prima:

 «Un nuovo sistema di coordinamento delle valute europee, volto alla prevenzione di guerre valutarie e di eccessive fluttuazioni dei cambi fra i paesi europei». Un voltafaccia di Bagnai è clamoroso e addirittura imbarazzante, poiché smentisce tutto quanto chi lo ha seguito ha detto non solo dell’euro (non solo una orribile moneta ma un “metodo nazista di regime”) ma dello stesso Sme (si ricordino le paginate sulla svalutazione “salutare” del 1992).

 La seconda:

 «Riteniamo che la strategia che offre le migliori possibilità di salvare l’Unione Europea, la conquista più preziosa dell’integrazione europea, sia una segmentazione controllata dell’Eurozona attraverso l’uscita, decisa di comune accordo, dei paesi più competitivi. L’euro potrebbe rimanere – per qualche tempo – la moneta comune dei paesi meno competitivi. Ciò potrebbe comportare in definitiva il ritorno alle valute nazionali, o a differenti valute adottate da gruppi di paesi omogenei. Questa soluzione sarebbe un’espressione di vera solidarietà europea».

 In pratica si chiede un nuovo Sme ma, si badi, non di paesi a sovranità monetaria. Questa sarebbe un’ipotesi di ultima istanza, se possibile da evitare. L’euro dovrebbe restare, è la Germania che deve uscirne. Detto di passata: questa tesi non è nuova, circola da anni, anche a sinistra, e Bagnai l’ha sempre brutalmente contestata — Albè, ti ricordi il nostro convegno di Chianciano Terme dell’ottobre 2011? [2]

 Una tesi recentemente sostenuta non solo da W. Munchau ma niente-poco-di-meno-che da George Soros. [3] Così forse ci spieghiamo come mai, con la scusa di farla finita col “complottismo”, Bagnai sia giunto, il 13 maggio scorso, in soccorso di Soros, secondo il Nostro per niente colpevole per aver affondato la lira nel 1992. [4] Giungere a fare l’avvocato d’ufficio di Soros, assolvendolodal ruolo di criminale stregone della finanza predatoria globale —inopinatamente scaricandone tutte le colpe sui governanti italiani quando tutti conosciamo con quali e quante invettive ha maltrattato chiunque osasse fare della “casta” il nemico principale—, è un fatto gravissimo, che la dice lunga sul dove Bagnai sia andato a parare.

 Uno ha il diritto di cambiare idea, non può però chiedere indulgenza se mente o se esibisce il più italico dei vizietti, il trasformismo. Il Nostro, una volta scoperta l’arma del delitto, vorrebbe negare che le impronte sul grilletto siano le sue, e implora le attenuanti… “faccio solo da palo”.

 Sappiamo che un simile fare spinge molti suoi seguaci a considerarlo un impostore. Si sentono ingannati, turlupinati. Chi si illude finisce prima o poi per disilludersi. La lezione dovrebbe invece aiutarli ad aprire gli occhi, a comprendere che non esiste una scienza economica neutrale, oggettiva, al di sopra delle classi sociali. Dietro ad ogni “scienza”, per quanto vestita di una panoplia di statistiche e tabelle, c’è sempre una concezione della società. L’economia è sempre economia politica.

 Questo, tra l’altro, volevo dire, col mio articolo che tante polemiche sta suscitando:  non ci si può fidare di qualcuno che pensa di poter fare a meno di una teoria economica generale, che pensa di stare al di sopra delle classi sociali. Volevo dire che una simile posizione cela un avventurismo che poteva andare in tutte le direzioni, uno che avrebbe potuto mettersi al servizio del primo padrone.

 Per quanto ad alcuni non entri in zucca, la teoria economica implicita del Bagnai sovranista anti-euro di ieri è la stessa di quello di unionista e pro-euro di oggi, quello che certi suoi estimatori considerano un inconcepibile “tradimento” è, per quanto clamoroso e gravissimo politicamente, un salto della quaglia, un riposizionamento, più a destra, nello stesso campo.

 Ecco quindi il Manifesto in questione, questo distillato di economicismo imperialistico, che non contiene, non diciamo idee socialiste, ma nemmeno keynesiane. Per questo potrebbero sottoscriverlo, fra qualche mese, non solo Fassina, ma pure Crosetto, Brunetta e Berlusconi. Anzi, più questi ultimi che Fassina, se si tiene conto, appunto, della totale assenza di qualsivoglia riferimento agli interessi dei popoli, dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati. Ricordate le violente bordate di Bagnai ai sinistrati che dicevano che era meglio tenersi l’euro con l’argomento che l’uscita avrebbe significato un’ecatombe per i lavoratori? Ora il Nostro firma un Manifesto che parte dallo stesso paradigma eurista dei sinistrati, ma per difendere i dominanti. Lo fa infatti, dimmi con chi vai ti dirò chi sei, assieme a dei consiglieri di Sua Maestà, suggeritori dei governi liberisti, esponenti delle cupole aristocratiche e rentier europee.

 Dei dominanti condividono la preoccupazione di salvare la baracca del capitalismo-casinò, i suoi sistemi bancari predatori, i suoi meccanismi oligarchici e classisti. Identica la paura sbirresca di eventuali, Dio ce ne scampi!, sollevazioni popolari che facciano saltare il sistema. Infatti leggiamo:

  «Questa situazione rischia di portare allo scoppio di gravi disordini sociali nell’Europa meridionale e di compromettere definitivamente il sostegno dei cittadini all’integrazione europea».

 Il delirio élitario tutto borghese è totale, come il disprezzo verso la povera gente: occorre salvare dall’alto e in maniera pilotata e tecnocratica la baracca poiché “la minaccia” è che alcuni paesi potrebbero decidere di farla saltare «sotto la pressione della pubblica opinione». Per Lorsignori sarebbe una disgrazia se il volgo, cacciati i governanti corrotti, prendesse in mano i propri destini e appendesse ad un palo i responsabili del massacro sociale. Un concentrato di pensiero, non liberale, ma liberista e reazionario.

 Osservate infatti, l’ha già fatto notare Fiorenzo Fraioli, con quali compagni di merende Bagnai ha sottoscritto il Manifesto: non solo precettori e luogotenenti dei governi neoliberisti, o ausiliari degli euro-oligarchi o di multinazionali, ma banchieri di Goldman Sachs, di Deutsche Bank, di Nomura. “Persone di elevato profilo scientifico”, così Bagnai camuffa senza il minimo pudore i suoi nuovi compari.

 Restammo perplessi quando Bagnai, nel dicembre scorso, mentre il governo Monti se ne stava andando, ci disse che forse occorreva siglare un nuovo “Patto Ribbentrop-Molotov”. Consideranmmo lì per lì una cazzata l’idea che si dovesse fare un’alleanza coi berluscones in funzione non solo anti-piddina ma anti-grillina. Adesso è chiaro cosa realmente bolliva nella pentola mentale del Nostro.

 Azzeccata ci appare così l’evocativa definizione del Nostro fatta da Emiliano Brancaccio in occasione di un memorabile dibattito in cui i due furono protagonisti:

 «Alberto Bagnai non è veracemente uno, ma è veracemente due. Da un lato c’è l’autore di un libro veramente interessante, e c’è poi, dall’altro lato, l’autore di un blog, che fa pure un buon lavoro, ma che di tanto in tanto, sembra somigliare ad un predicatore che si metteva a fare proseliti nel bel mezzo di Hide Park, nudo come mamma l’aveva fatto, con il vangelo secondo Giovanni sotto il braccio, e con una vigorosa erezione in bellissima mostra..». [5]

 Nb

 Nel mio articolo “Le divergenze tra il compagno Bagnai e noi”, iniziavo dicendo che eravamo venuti a sapere che Bagnai e altri stavano partorendo un Manifesto politico. Il Nostro ha risposto pubblicando il Manifesto europeista in questione, smentendo poi che sarebbe mai entrato in politica. Ora, nel caso che la meritevole opera di resistenza anti-eurista non fosse già tutta politica, di certo in politica c’è entrato firmando quel Manifesto insulso. Tuttavia io mi riferivo ad un’altra cosa. Mi riferivo proprio al fatto che Bagnai stava scrivendo con altri pochi eletti, un altro manifesto. Il suo sodale e blogger Orizzone48, il 18 maggio alle ore 13:05 sul suo blog così rispondeva ad un lettore che, proprio segnalando sollevAzione e il Manifesto spagnolo, lo esortava a scendere in campo:

 «Pensa che ho anche consegnato a un prestigioso esponente del costituzionalismo e del potere giurisdizionale spagnolo l’articolo sulla incostituzionalità di tutte le manovre finanziarie successive a Maastricht. E mi ha poi scritto che l’avrebbe fatto tradurre.

Il “manifesto” in questione ovviamente dice le cose su cui qui stiamo lottando e insistendo. Al suo interno si enuncia la difficoltà di arrivare a quelle “masse” manipolate che non sono in grado di mutare tempestivamente la loro percezione delle cause della crisi.

Il problema è ovviamente anche italiano.

Con Alberto (e non solo) stiamo provvedendo ad analogo “manifesto” e anche a dargli un seguito di “pensiero organizzato nella società”.

A quel punto ci conteremo. E non saremo mai abbastanza».

 NOTE

 [1] In un tweet mi qualifica poi come “il trotskysta scalzo della Valnerina”. Descrizione trinitaria che potrei considerare encomiastica, visti la grandezza di un rivoluzionario come Trotsky o quanto ha donato la Valnerina alla civiltà europea, anche solo sfornando uno come S.Benedetto. In verità non sono della Valnerina né trotskysta. Per quanto concerne lo “scalzo” confesso che ho un rispetto grande, se è questo che Bagnai voleva intendere, verso chi sceglie la pauperitas come scelta di vita, mentre non ne ho affatto verso gli scaltri e i furbacchioni in cerca di fama e cadreghe spacciandosi per “sommi economisti.

 [2] Al convegno di Chianciano “Fuori dal denito! Fuori dall’euro” questa tesi fu sostenuta dall’economista Ernesto Screpanti.

 [3] Disse Soros il 10 aprile scorso in un convegno a Francoforte: «Se invece fosse l’Italia ad abbandonare l’Eurozona, il suo debito denominato in euro diverrebbe insostenibile e andrebbe ristrutturato, gettando il sistema finanziario globale nel caos. Quindi, se qualcuno deve lasciare, quel qualcuno dovrebbe essere la Germania, e non l’Italia.» Il Sole 24 Ore 28 maggio 2013

 [4] Speculazione finanziaria: quelli che “è brutta e cattiva. Il Fatto quotidiano del 13 maggio 2013

 [5] Emiliano Brancaccio, Osservazioni critiche sulle tesi di Alberto Bagnai. Napoli 4 aprile 2013


http://sollevazione.blogspot.it/2013/05/a-braccetto-con-soros-il-salto-della_28.html

 

EUROPA DETTA LE REGOLE: IN ITALIA SI AUMENTI IVA E TASSE SULLA PROPRIETA’ (A PARTITE DALL’IMU) INTANTO I FUTURES SUL MERCATO GIAPPONESE STANNO CROLLANDO E L’EUROPA E’ SPAVENTATA

IN GIAPPONE IL MERCATO AZIONARIO CHIUDE SULLA PARITA’ PER POI CROLLARE CON I FUTURES DI OLTRE DUE PUNTI PERCENTUALI. QUESTO SPAVENTA LE BORSE EUROPEE IN MATTINATA, DOPO CHE IERI AVEVANO FESTEGGIATO RECUPERANDO TUTTE LE PERDITE DEI GIORNI PRECEDENTI. MA IL GRAFICO EVIDENZIA COME AL MOMENTO SI STIA SOLO FORMANDO UN INTERESSANTE DOPPIO MINIMO …FIGURA TECNICA CHE CONSIGLIA ACQUISTI (CON STOP LOSS STRETTI) PIUTTOSTO CHE MASSICCE VENDITE.

QUINDI RIMANIAMO LONG SUL MERCATO AZIONARIO MA MOLTO, MOLTO PREOCCUPATI DAL’ANDAMENTO DEI TASSI DI INTERESSE CHE NON FAVORISCE DI CERTO LE AZIENDE ESPOSTE AL DEBITO….E L’EQUITY IN GENERALE CHE STA SALENDO UN PO’ TROPPO IN FRETTA.

I mercati estivi non saranno privi di volatilita’…interessante periodo per chi lavora con il vix…per chi Investe long only è prevedibile un po’ di mal di mare…fra su e giu’…TROPPO CARI I MERCATI E SALITI TROPPO IN FRETTA…il rischio di rigetti temporanei e violenti è aumentato e di molto. Il sintomo principale è dato dai tassi di interesse sui decennali in america e in germania…SALITI TROPPO !

L’agenzia di rating Moody’s ha ribassato il giudizio sul debito di quattro regioni italiane. Si tratta di Piemonte, Campania e Sicilia, che passano da “Baa3” a “Ba1”, e del Lazio, che passa da “Baa3” a “Ba2”. Per tutti e quattro gli enti locali l’outlook è negativo.  Il downgrade delle quattro regioni italiane «riflette i Crescenti timori sulla loro posizione finanziaria. I tagli alle risorse dovuti all’austerity stanno mettendo sotto pressione i bilanci delle regioni, traducendosi in una rigidità fiscale. Le pressioni di liquidità in atto hanno contribuito all’accumulo di debiti commerciali», afferma Moody’s, sottolineando che Piemonte, Campania, Sicilia e Lazio dovranno probabilmente risanare ulteriormente i propri conti, anche con una razionalizzazione delle spese e un aumento delle tasse.

A BRUXELLES STANNO DETTANDO IMPORTANTI REGOLE CHE UCCIDERANNO UNA PARTE DEGLI ITALIANI PER SALVARNE ALTRI:

spostare «a saldi invariati» il gettito dal lavoro alle proprietà

Bruxelles suggerisce una nuova spending review per reperire margini di spesa. L’auspicato slittamento delle tasse dal lavoro a «consumi & proprietà» va concepito a saldi invariati: l’imposizione va basata su misure «meno ostative della crescita». IMU  E AUMENTO DELL’IVA DOVRANNO QUINDI RIMANERE… (INFATTI LETTA NON LI HA CANCELLATI MA SOLO SPOSTATI)

 Tocca quindi alla pubblica amministrazione. Si evidenziano il sistema dei servizi che non va, la semplificazione del quadro amministrativo, il rafforzamento di quello legale. I processi civili vanno snelliti, come le regole per la creazione di imprese. Si chiedono misure efficaci contro la corruzione e la riorganizzazione del catasto in linea con i valori di mercato.

 Le banche sono il terzo capitolo. E’ suggerita l’adozione di «pratiche di buona gestione», con bilanci più trasparenti per fare emergere chiaramente asset negativi e sofferenze. La governance appare complessa, e qui il riferimento è agli intrecci proprietari, dalle fondazioni in giù. Ragionamenti anche su accesso al capitali e al private equity, ostacoli non da poco.

Per il lavoro si reclama ulteriore flessibilità, anche attraverso la localizzazione della contrattazione salariale. Segue l’appello per una formazione solida e minori disincentivi all’occupazione, con azioni su uffici di collocamento e «servizi extrascolastici», il che implica maggiore attenzione ai figli perché i grandi possano lavorare.

attenti alle previsioni dell’Ocse sull’europa

L’OCSE ha tagliato le sue previsioni sulla crescita dell’economia globale. L’OCSE prevede ora per il 2013 un aumento del PIL del 3,1% e per il 2014 del 4%. In precedenza l’OCSE aveva previsto per quest’anno un aumento del 3,4% e per il prossimo del 4,2%. L’organizzazione con sede a Parigi indica che l’economia mondiale si sta lentamente rafforzando ma la ripresa resta fragile e disomogenea. L’OCSE ha tagliato leggermente le sue previsioni sulla crescita degli USA nel 2013, dal 2% all’1,9%. Le previsioni per il 2014 sono state confermate a +2,8%. Per la zona euro l’OCSE prevede per il 2013 unarecessione più profonda. Il PIL dovrebbe scendere quest’anno dello 0,6% contro il -0,1% previsto in precedenza. Le previsioni sul PIL della zona euro nel 2014 sono state tagliate da +1,3% a +1,1%. Per quanto riguarda la sola Italia l’OCSE prevede per il 2013 un calo del PIL dell’1,8% . Per il 2014 la previsione è ora di +0,4% contro il +0,6% anticipato sei mesi fa.

TUTTI BUONI PROPOSITI..MA L’EUROPA SI DIMENTICA DI VALUTARE IL FENOMENO PRINCIPE : LA FUGA DALL’ITALIA DI GIOVANI TALENTUOSI, CAPITALI PRIVATI CHE SONO SPINTI SEMPRE PIU’ A SPOSTARE LA RESIDENZA E IMPRENDITORI CHE ALL’ESTERO SONO TRATTATI MOLTO MA MOLTO MEGLIO…

LA FUGA DI QUESTE TRE CATEGORIE (LA CREME DEL PAESE) E’ MOLTO PREOCCUPANTE IN QUANTO CREA DEI BUCHI PROFONDI ALLE ENTRATE DELLO STATO E MINANO LA CAPACITA’ DI LUNGO PERIODO DI CREARE RICCHEZZA.

PER QUESTO MOTIVO CREDIAMO CHE L’ITALIA AL MOMENTO SIA INTERESSANTE SOLO PER RECUPERI DETTATI DA UNA FORTE E MASSICCIA PRESENZA DI LIQUIDITA’ NEL MONDO O PER ACQUISTARE ASSETS A FORTISSIMO SCONTO…MA NON PER INVESTIRE NEL MEDIO E LUNGO PERIODO A LIVELLO IMPRENDITORIALE…

http://ilpunto-borsainvestimenti.blogspot.it/2013/05/europa-detta-le-regole-in-italia-si.html

 

L’Arabia Saudita ha finanziato le operazioni del Mossad contro l’Iran

Pubblicato il: 28 maggio, 2013

Esteri

 Tzvi Ben Gedalyahu, Israel National News 28/10/2012

L’Arabia Saudita ha finanziato le operazioni del Mossad contro l’Iran

 Un articolo pubblicato da un ex redattore della CBS News, Barry Lando, sostiene che l’Arabia Saudita ha finanziato le operazioni del Mossad israeliano contro l’Iran. “Una Strana Alleanza: i sauditi finanziano il Mossad israeliano?” è apparso sul suo blog. La fonte di Lando è definita solo “un amico, con buone fonti nel governo israeliano“. Ha scritto, “Il capo del Mossad israeliano ha compiuto diversi viaggi per incontrare i suoi omologhi in Arabia Saudita, uno dei risultati: l’accordo con cui i sauditi avrebbero finanziato gli omicidi di diversi esperti nucleari iraniani verificatisi negli ultimi due anni. L’importo in questione, secondo le affermazioni dell’amico, era di un miliardo di dollari. Una somma, dice, che i sauditi considerano conveniente per il danno arrecato al programma nucleare iraniano“. Lando ha ammesso che “la storia sembra assurda“, ma ha aggiunto: “D’altra parte, ha senso. La torbida palude della politica in Medio Oriente non ha nulla a che vedere con gli slogan facili e 30 secondi di urla nei dibattiti presidenziali”.

Israele e Arabia Saudita hanno almeno una cosa in comune: nessuno dei due Paesi vuole permettere che Ahmadinejad abbia una capacità nucleare. Lando ha osservato che l’affermazione della strana alleanza “ha perfettamente senso, per rappresaglia agli attacchi informatici alle loro centrifughe, gli iraniani avrebbero lanciato un loro attacco informatico su un bersaglio statale saudita: la Saudi Aramco, la società più preziosa del mondo.” Il sistema informatico dell’Aramco ha subito un massiccio attacco informatico nell’agosto 2012, e funzionari dei servizi segreti statunitensi hanno accusato l’Iran. “Un rapporto dell’inizio di quest’anno della Tel Aviv University cita l’Arabia Saudita come ultima speranza e linea di difesa d’Israele“, ha scritto Lando. “Avendo la maggior parte dei tradizionali alleati d’Israele nella regione bloccata o minata dalla Primavera araba, i sauditi sono l’ultima possibilità dello Stato ebraico per proteggere i propri interessi politici nel mondo arabo.

Lando ha una lunga esperienza dell’Iran. Di recente ha scritto un libro intitolato “Web of Deceit: La storia della complicità occidentale in Iraq, da Churchill a Kennedy a George W. Bush.” Ha detto su  Counterpunch all’inizio di quest’anno che Israele, Stati Uniti e Iran non capiscono le reciproche motivazioni, mentre “i loro consulenti sono impegnati in un incredibilmente pericoloso gioco a mosca cieca a tre.” Ha detto che aveva personalmente compreso l’ignoranza degli statunitensi nel 1980, quando lavorava per ‘60 Minutes‘. “Mi ha colpito la totale incapacità degli statunitensi, anche ai massimi vertici, nel capire le emozioni e la storia che suscitarono l’odio per tutto ciò che era  americano, quando esplose in Iran con la caduta dello Scià“, ha scritto Lando. “Perfino su, nella 57.ma strada, alla CBS News, per esempio, vi era un enorme cartellone con l’immagine diabolica di un Kho meini torvo su New York. Suggerì di scrivere un articolo per dare agli statunitensi una migliore idea di ciò che guidava i rivoluzionari iraniani e i loro sentimenti violenti contro gli Stati Uniti… Scrissi un difficile articolo insieme a Mike Wallace sulla base di una serie di interviste a New York e a Washington. L’ex segretario di Stato Henry Kissinger veniva accusato da un intervistato ‘di chiudere un occhio sugli eccessi dello Scià, rifiutandosi di avere alcun contatto con i gruppi dell’opposizione’.” Lando ha anche riferito che dei documenti classificati degli Stati Uniti resi pubblici dall’Iran, “dimostravano che i diplomatici statunitensi a Teheran avevano avvertito Washington, mesi prima, della minaccia di una possibile sequestro di ostaggi, in particolare se gli Stati Uniti avessero permesso all’odiato Scià di curarsi negli USA, come alla fine fecero. Quegli avvertimenti furono completamente ignorati da Washington“.

Tuttavia, prima che il programma venisse trasmesso, il presidente Jimmy Carter chiamò il presidente della CBS News “per cercare di convincerlo a non trasmetterlo. Disse che avrebbe  minato i negoziati degli Stati Uniti con l’Iran in un momento molto delicato“. La CBS non fu d’accordo nel fare marcia indietro, ma accettò di modificare il titolo del reportage da “Se gli Stati Uniti si scusassero?” a un più neutro “Il dossier Iran”. “Fu difficile capire come il nostro pezzo potesse turbare le trattative sugli ostaggi“, ha scritto Lando. “Non avevamo rivelato dei segreti all’Iran. Gli iraniani già conoscevano bene il ruolo degli Stati Uniti nella loro storia. Le persone che stavamo informando erano 20 milioni di statunitensi, che non capivano cosa stesse realmente accadendo in Iran. E ancora non lo capiscono.

 Traduzione di Alessandro Lattanzio

 http://www.statopotenza.eu/7570/larabia-saudita-ha-finanziato-le-operazioni-del-mossad-contro-liran