Il contesto del PREITI, l’attentatore di Piazza Colonna

da Christian Abbondanza (Note) Lunedì 29 aprile 2013 alle ore 14.44


Luigi PREITI non è un pazzo e non era seguito per problemi mentali. A smentire le prime valutazioni sono i parenti più stretti dello stesso Luigi PREITI. Lo conferma la Procura di Roma che non intende chiedere una perizia sulla salute mentale del soggetto.

Luigi PREITI salì da Rosarno per una ventina d’anni ad Alessandria. Lì si sposo e poi si separò.
Ad Alessandria lavora, nella zona di Novi Ligure, con una sua piccola impresa edili. La chiude nel 2011 e torna in Calabria, a Rosarno, dai genitori.

Luigi PREITI afferma agli inquirenti:“la pistola l’ho acquistata quattro anni fa quando vivevo ad Alessandria. La comprai a Genova, al mercato nero”.
Quattro anni fa, non era separato, lavorava con la sua ditta (con cui lavorerà ancora per altri 2 anni).

Luigi PREITI afferma sempre agli inquirenti: “Ho pianificato ogni cosa venti giorni fa”. Ovvero dopo 4 anni che aveva comprato illegalmente la pistola con matricola abrasa. Dopo 2 anni dal ritorno a Rosarno.

Luigi PREITI afferma ancora agli inquirenti di aver “preso cocaina nell’ultimo periodo” e di aver fatto uso di“ansiolitici, perché stavo male, sono stato davvero male”. Ma era disperato economicamente a Rosarno, come la pagava la cocaina?

C’è chi dice che era disperato per il gioco d’azzardo delle macchinette, ma anche qui: dove prendeva i soldi da giocarsi con le macchinette?

Andiamo al contesto…

A Rosarno, i parenti del Luigi PREITI risultano aver avuto contatti e frequentazioni con esponenti dei PELLE e dei BELLOCCO. Famiglie ‘ndranghetiste che hanno diramazioni e legami con i territori liguri e piemontesi, oltre che con altre aree del centro-nord. Famiglie che hanno legami con i GULLACE-RASO-ALBANESE.

Ad Alessandria vi era (e vi è) uno dei crocevia della ‘Ndrangheta. Una forte colonizzazione del territorio che va ben oltre a quanto già emerso dall’indagine MAGLIO 1 ed il “locale” della ‘Ndrangheta del Basso Piemonte.

Nel 2011, in parallelo alla chiusura del ditta del PREITI, si chiude con gli arresti l’Operazione MAGLO 1 (con gli ‘ndranghetisti già allertati a seguito dell’Operazione “IL CRIMINE”). Nell’operazione finiscono gli uomini del “locale”della ‘Ndrangheta, a partire dal capo-locale Bruno Francesco PRONESTI’ (cugino del boss Carmelo “Nino” GULLACE, capo della cosca GULLACE-RASO-ALBANESE in tutto il nord-ovest del Paese), il consigliere comunale Giuseppe CARIDI (affiliato alla ‘ndrangheta ed in contatto con il COSMA Salvatore che a Genova è uno dei principali contatti politici dei MAMONE, imparentati e legati ai GULLACE-RASO-ALBANESE) ed altri tra cui il Sergio ROMEO che con la sua impresa, come abbiamo già documentato, aveva una sorta di “monopolio” nella zona, a partire proprio dal territorio di Novi Ligure (dove operava l’impresa del PREITI).

Nel 2010 già si confermava che la ‘ndrangheta nella zona dell’alessandrino custodisce arsenali di armi. A Castelnuovo Scrivia tal DE NOTARIS Mirko, tenta di investire un maresciallo dei Carabinieri ad un posto di blocco. In un vecchio cascinale di Sale, a breve distanza dall’abitazione di SCICCHITANO Francesco, vennero rinvenute armi, munizioni e quattro passamontagna (uno dei quali con tracce di dna del DE NOTARIS). L’indagine ha fatto emergere che lo SCICCHITANO era “figura cardine” come intermediario tra il canale svizzero d’importazione delle armi e gli acquirenti, tra cui i vari esponenti delle cosche ‘ndranghetiste.

Nella zona di Tortona già esano stati sequestri beni dei FACCHINERI, prima nemica, nella faida di Cittanova, dei GULLACE-RASO-ALBANESE, ma poi piegatasi a questi, a seguito della soccombenza nella “guerra” persa a suon di morti ammazzati.

Tra Alessandria (ed Asti) e Liguria (Genova, Savona, Imperia) la capacità di controllo del territorio, di condizionamento dell’economia locale, come anche il traffico e mercato illecito di armi, è saldamente in mano alle cosche della ‘ndrangheta. Così come anche il mercato della cocaina vede proprio la ‘ndrangheta ad aver assunto una posizione dominante, quasi incontrastata, a livello internazionale e non solo quindi nazionale.

L’alessandrino è territorio considerato sicuro dalla ‘ndrangheta (così come anche era, ed in parte è ancora, per Cosa Nostra). Lo dimostrano non solo le attività promosse dagli ‘ndranghetisti e l’influenza da questi svolta sia sulla politica (trasversalmente) sia sull’economia, ma soprattutto il fatto che questa è terra di latitanti. Nelle ultime settimane è stata al centro delle cronache proprio per questo. Prima l’arresto nella zona di Tortona del latitante STRANGIO Sebastiano, e poi per la rete di supporto del latitante TRIMBOLI Domenico – detto Pasquale-, arrestato in Colombia ma con la famiglia ormai stabilmente insediatasi proprio ad Alessandria. E da Alessandria si sviluppava il traffico di cocaina della ‘ndrangheta, rifornito direttamente dalla Colombia, dal TRIMBOLI Domenico.

Alessandria è territorio – come le altre province piemontesi – di affari importanti della ‘ndrangheta. Su tutti quelli della cosca GULLACE-RASO-ALBANESE (da Biella a Novara, dalla provincia di Torino, scendendo giù nel basso Piemonte). Qui, proprio, di nuovo a Novi Ligure vi è la famiglia SOFIO, storicamente legata ed in contatto con il GULLACE Carmelo e dai MAMONE (coinvolti con la Eco-Ge nell’indagine “Pesciolino d’oro”). Qui i traffici illeciti di rifiuti erano e sono ancora una delle attività principali. Qui, nella zona di Tortona, ad esempio anche a Sale, vi sono cave-discariche usate per smaltimenti illeciti di rifiuti speciali, tossici… terre altamente inquinate che andavano bonificate e che invece, con la complicità di diversi Centri di Recupero che rilasciavano certificazioni false, venivano smaltite illecitamente. E’ uno scenario che ancora una volta vede protagonisti anche i MAMONE, che ha un contorno fatto di corruzione su larga scala che arriva in alto. Un traffico illecito che ha tra i protagonisti anche quel RUBERTO Francesco, imprenditore già oggetto di un agguato davanti alla sua villa, in cui sparato riuscì a sfuggire.

Ci sono due maxi Operazioni pronte al via a Torino (ma non solo). Due indagini lunghe e complesse che, ormai chiuse, possono decapitare e schiacciare la rete d’affari della ‘ndrangheta. Due indagini che la ‘ndrangheta vorrebbe fermare, così come l’Appello per “MAGLIO 1”. Soggetti senza scrupoli, come il GULLACE Carmelo. Nato killer e rimasto tale che mentre era agli arresti a Torino non ebbe timore di indicare la necessità di attentare alla vita del Giudice Istruttore di Torino che lo aveva arrestato, così che poi, il fratello Elio GULLACE con il Rocco PRONESTI’ vennero individuati per tempo, in macchina, con una pistola occultata ma pronta all’uso, davanti all’entrata dell’ufficio del Giudice Istruttore. Una cosca che già a commesso omicidi su omicidi tra Genova, savonese, ma anche a Roma – all’EUR, in Piemonte, oltre che in Calabria. Una cosca, quella del GULLACE, che a Roma conta la presenza e la rete del numero “1” dell’organizzazione, RASO Girolamo, detto “Mommo” o “il Professore” (che una volta aveva gli incubi che non lo lasciavano dormire, incubi in cui i bambini dei Facchineri uccisi nella faida di Cittanova gli facevano visita, così come la facevano a “Ciccio”, alias GULLACE Francesco, fratello del Carmelo). Una cosca che aveva avuto vantaggi inspiegabili dall’azione di taluni magistrati e che aveva, grazie anche al ruolo svolto dal FAMELI Antonio (di Rosarno, già attivo in Piemonte e poi insediatosi e radicatosi fortemente nel savonese), pesanti entrature nell’Arma. Una cosca che oggi si sente all’angolo e “tradita” da quanti dovevano garantirgli l’impunità.

Ora, Luigi PREITI sale da Rosarno e si insedia per una ventina d’anni nell’Alessandrino. Dove, la comunità calabrese è forte. Dove la comunità calabrese è piegata da una consolidata presenza, radicata e potente, della ‘ndrangheta. Inizia a lavorare il quel territorio, lo fa per vent’anni, sino a quando, in parallelo all’indagine MAGLIO 1, chiude la ditta e torna in Calabria. Ora è difficile pensare che non avesse contatti con quell’ambiente che lì dominava (e domina), protetto da una rete di omertà spaventosa. E’ difficile pensare che per reperire la pistola (4 anni fa, non ora, non “venti giorni fa” quando dice che ha deciso di organizzare l’attentato a Roma) non abbia avuto contatti con quell’ambiente. Ecco, quindi, perché è necessario approfondire i suoi rapporti, i suoi contatti, le sue relazioni tra alessandrino, sin giù, a Rosarno.

Non ho elementi per affermare o per escludere nulla.
Ho elementi, per ciò che è emerso, per avere seri dubbi sulle dichiarazioni del PREITI. Dichiarazioni contraddittorie, fortemente contraddittorie… anche rispetto alla indicata “disperazione” come causa scatenante.
Ho elementi su un contesto tra alessandrino, Rosarno e Roma che brevemente ho cercato di descrivere, auspicando che si riesca a sondare, nelle indagini, ogni minimo particolare, perché occorre non tralasciare nulla, vista la gravità dell’accaduto e per evitare che, se non fosse un gesto isolato, la storia tragica si ripeta… ma anche per non lasciare spazio a tesi complottiste che in Italia appaiono sempre lo “sport” preferito da molti dopo le tragedie.

Il contesto del PREITI, l’attentatore di Piazza Colonnaultima modifica: 2013-04-29T21:59:00+02:00da davi-luciano
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