LA PRIMAVERA FRANCESE

LA PRIMAVERA FRANCESE
Data: Mercoledì, 24 aprile 

DI ISRAEL SHAMIR 
thetruthseeker 

Quest’anno in Francia la primavera è stranamente fredda e piovosa, dopo un inverno lungo e gelido. Solo domenica scorsa è stata diversa: per la prima volta dopo mesi, il sole ha spinto via le nuvole ed immediatamente l’aria di Parigi si è fatta tiepida e gli alberi sono esplosi in fiore. Dopo un lungo periodo di oscurità, i francesi si sono rallegrati e sono scesi in strada a protestare. Apparentemente, hanno protestato contro il nuovo disegno di legge sui matrimoni e sulle adozioni in favore delle coppie gay che il governo sta cercando di far passare al Parlamento nonostante la disapprovazione popolare, ma in realtà protestavano contro le nuove politiche neoliberali del loro nuovo governo. 

La polizia francese, più brutale che mai, ha brandito manganelli, lanciato lacrimogeni e arrestato i dimostranti. 67 di essi sono stati imprigionati dopo l’enorme manifestazione del 24 marzo. (Pare che siano poi stati rilasciati). I giornali hanno parlato di “Primavera francese”, un’eco di quella araba.

Il nuovo presidente, François Hollande, è alquanto impopolare: i suoi indici di approvazione sono i più bassi di qualsiasi presidente francese sin dalle prime statistiche del 1981 e per una ragione molto semplice: il suo partito socialista va avanti con le sue politiche neoliberali, stavolta d’accordo con sindacati docili. La malvagia Strega dell’Ovest è morta, ma il suo spirito è ancora con noi. I ministri hanno conti all’estero di cui finora negavano l’esistenza. Con un nuovo “accordo nazionale” (ANI), i datori di lavoro potranno aumentare le ore di lavoro, ridurre i salari al minimo ed applicare la “mobilità lavorativa” mandando i dipendenti in altre sedi. Se gli impiegati si rifiutano di trasferirsi, possono essere licenziati senza indennizzo. Le concessioni alle famiglie si riducono, le pensioni ristagnano e non stanno al passo con l’inflazione. La Francia, come tutti noi, è stata derubata dai banchieri e chi lavora deve pagare i conti. Le famigl ie dei lavoratori francesi fanno fatica ad arrivare a fine mese. Vedono la legge sul matrimonio e sulle adozioni per le coppie gay come parte di questo attacco neoliberale alla famiglia francese: la lotta contro il disegno legislativo ha unito la Francia che lavora. “Lasciateli parlare di gay invece che di lavoro” è stata la logica del governo, ma il trucco non ha funzionato: i manifestanti intonavano slogan anche contro le politiche economiche. 

Tutti i cancelli del Jardin de Luxembourg sulla riva sinistra della Senna sono sbarrati, ad eccezione dei tre dove si trova il Senato francese, controllati dalla polizia anti-sommossa. Per poter diventare legge, il progetto legislativo doveva essere approvato dal Senato e poi dall’Assemblea Nazionale, la camera bassa. I manifestanti hanno fatto picchettaggio durante le discussioni: era presente il cardinale Barbarin, arcivescovo di Lione e secondo prelato nella gerarchia ecclesiastica francese. Eppure, il Senato ha approvato il disegno di legge con una sottilissima maggioranza di due voti, entrambi dati da disertori del partito gollista in rappresentanza dei francesi all’estero. Ora ci sono tende di manifestanti di fronte alla sede dell’Assemblea Nazionale e la polizia si aspetta ulteriori guai il 23 aprile, il giorno del voto finale del governo. 

Il partito socialista ed i suoi alleati, tra cui verdi e comunisti, insistono ancora sul malvisto progetto di legge. Sono interessati ai loro sostenitori, i ricchi gay che avranno il diritto di comprare bambini o ordinarli a surrogati di madri a spese dello Stato, piuttosto che preoccuparsi delle famiglie francesi ordinarie che a mala pena possono sfamare i loro di figli, dicono gli oppositori. Questa stessa rabbia ora li ispira e li porta a reagire contro le famiglie di lavoratori. La Chiesa ha imparato la lezione, stavolta appoggia la causa popolare e non è da sola. 

La grande manifestazione del 24 marzo contro il progetto di legge ha raccolto più di un milione di partecipanti solo a Parigi. La polizia francese ha dichiarato che c’erano “solo” trecentomila manifestanti. Hanno imparato dalla repressione del movimento americano Occupy ed hanno falsificato le foto della dimostrazione. Sul sito dei manifestanti si possono tranquillamente vedere le foto trattate con Photoshop: per poter rientrare nel loro numero, la polizia ha cancellato non solo quelli che marciavano, ma anche gli spartitraffico e gli alberi della Avenue de la Grande Armée vicino all’Arc de Triomphe. 

Il popolo francese è sconvolto dal progetto di legge. Tradizionalmente estremamente tolleranti verso qualsiasi inclinazione sessuale, rifiutano giustamente di vederlo come una “lotta per i diritti dei gay”. Per loro, è un attacco ai valori della famiglia, un nuovo passo verso il Mondo Nuovo di bambini fatti in provetta, verso un capitalismo disumano dove il denaro compra tutto e la gente normale che lavora viene privata di qualsiasi cosa: un lavoro stabile, il rispetto, la famiglia, la casa e persino i figli. 

I sostenitori della legge insistono sulla loro solita agenda un po’ di sinistra e anti-stalinista di interessarsi a tutti : gay, lesbiche, ebrei, immigrati; tutti tranne la maggior parte della classe lavorativa che viene etichettata come “bigotta, omofoba e antisemita”. Di certo hanno preso qualcosa dai sostenitori di Israele (che difendono sempre la loro insostenibile posizione gridando “antisemitismo”) ed hanno lamentato “l’omofobia” dei manifestanti. Hanno dichiarato che alcuni gay erano stati picchiati e che i manifestanti (sic!) erano colpevoli di incitamento, sebbene una porzione notevole e ben pubblicizzata di gay contro il disegno di legge si sia unita alla dimostrazione ed abbia lottato insieme al resto dei francesi. 

La nuova mascotte del governo è una grossa donna nera delle Antille francesi, ministro della giustizia, Christiane Taubira, fiera sostenitrice del progetto di legge, che però non è riuscita a trascinare la comunità di immigrati. “È impazzita”, hanno detto gli immigrati di lei, dato che era conosciuta come una salda sostenitrice dei valori della famiglia prima di saltare sul vagone ben oliato dei diritti dei gay. Mentre la manifestazione di gennaio era principalmente una questione dei nativi francesi, quella di marzo ha visto coinvolti migliaia di musulmani. Anche se in minoranza, questi musulmani venivano da Rennes, Lille, Lione, Marsiglia, Montreuil, Saint Denis, Aubervilliers o Mantes, come riportato dal quotidiano Le Figaro. Una giovane musulmana appartenente alla seconda generazione francese ha partecipato alla manifestazione ed ha dichiarato che non si era mai sentita tanto francese come ora. Erano presenti molte organizzazioni di musulmani che hanno partecipat o in massa: Children of France, l’Unione delle Organizzazione Islamiche di Francia, l’Unione delle Associazioni di Musulmani di Seine St Denis e di Yvelines, l’Associazione di Musulmani di Versailles, Muslim Children, le associazioni di Rennes e Lille e molte altre, riporta Le Figaro

I sostenitori del disegno di legge sono guidati da interessi alieni e malvagi, dal momento che questa legge non sarà di beneficio a nessuno. I gay non si precipiteranno ad usufruirne, dato che in Francia per dieci anni è già esistita l’unione civile riconosciuta dallo Stato (PACS) idonea per tutti i sessi e sulle stesse basi del matrimonio legale. Solo lo 0,6% di tutte le coppie registrate in Francia sono omosessuali. Persino le coppie eterosessuali ricorrono al matrimonio molto meno rispetto al passato, dato che il divorzio è difficile e costoso. È alquanto improbabile che i gay libertini con i loro amori fugaci vogliano “sposarsi”. Le organizzazione di sostegno ai gay sono piccole: la più in vista, la Act-up, conta 150 membri, mentre la più grande LGTB conta 1300. 

In Francia, le coppie dello stesso sesso vengono perfettamente accettate, ma si tratta più che altro di un divertimento o di uno scherzo, dal momento che vengono presi sul serio molto meno frequentemente che in altri Paesi occidentali. Spiego questo fenomeno con il famoso charme delle donne francesi: sono favolose, non c’è dubbio! William Dalrymple, il grande scrittore di viaggi scozzese, ha attribuito la diffusa omosessualità negli uomini turchi al limitato sex-appeal delle donne tarchiate e baffute. Gli inglesi possono trovare la giustificazione nell’immagine di Margaret Thatcher, se le zie di Wodehouse non bastassero. Le donne americane sono state de-sessuate dalla rivoluzione femminista e probabilmente ti farebbero causa per molestie piuttosto che rispondere ad un flirt. Ma è possibile dare qualche colpa alle donne francesi? 
Non, non, non… 

Eppure, il nuovo disegno di legge ha dei beneficiari: giovani uomini immigrati in cerca di cittadinanza francese. Finora hanno dovuto cercare una donna francese disponibile a fare un matrimonio falso per un compenso dai 5.000 ai 20.000 euro. Ora possono “sposare” un uomo francese, magari spendendo meno. Benché i gay francesi non intendano sposarsi tra di loro, vogliono usare la nuova legge per importare giovani partner sessuali da Tangeri, la capitale omosessuale del Nord Africa, come loro legittimi sposi. Anche le agenzie di adozione sono contente. Ogni adozione porta decina di migliaia di dollari alle agenzie ed ora avranno nuovi clienti, dato che il disegno di legge permette esplicitamente alle coppie gay di adottare un bambino. Le guerre mediorientali, come quella civile in Siria, incoraggiate dalla Francia forniranno gli orfani desiderati. O non necessariamente orfani: c’è stato un famoso scandalo quando le agenzie importavano bambini da adottare dal Darfur. I bambini venivano rapiti o portati via dai loro genitori. Secondo quanto riportato, alcuni di loro sono finiti in cliniche per il trapianto di organi. 

La nuova legge darebbe una botta di vita anche agli intermediari che forniscono surrogati di madri dalle vecchie colonie e dai Paesi poveri del Terzo mondo; le corti applicano contratti che fanno in modo che queste donne si separino dai loro figli, che lo vogliano o no. Naturalmente, la nuova legge neoliberale riporta il commercio di schiavi nella posizione persa nel 19° secolo. Inoltre, tenendo a mente i trapianti, potrebbe lanciare anche una sorta di neo-cannibalismo. 

La sinistra accetta tutto di buon grado. I trotzkisti francesi hanno espresso il loro sostegno a questa pratica dal momento che “il corpo di una donna appartiene solo a lei stessa e dovrebbe essere libera di abortire, di prostituirsi o di essere un surrogato di madre”. Con un tale concetto di “libertà”, non c’è molta scelta tra trotzkisti e neoliberali. Di fatto, non c’è affatto scelta. Sia la sinistra che la destra hanno tradito i loro elettori. 

L’Europa è messa male. Quest’anno con l’inizio della primavera ho fatto un giro di molti paesini francesi, italiani e spagnoli: il vecchio continente sta morendo. Le case restano vuote e ricoperte da pannelli, rimangono solo alcuni turisti e immigrati. Le grandi città sono sovrappopolate, il resto è morto, come se la spaventosa profezia di Iliya Ehrenburg (come descritta in un suo romanzo degli anni ’20) secondo la quale il troppo denaro avrebbe distrutto l’Europa, stesse diventando realtà. La buona vecchia Europa è stata distrutta da una combinazione di politiche di destra e di sinistra. La Thatcher (e le sue controparti negli altri Paesi europei) hanno eliminato la classe lavorativa, l’industria, l’educazione, hanno trasferito le entrate dalla gente normale ai ricchi. Dopo è arrivato Blair (e le sue controparti altrove) che ha completato il lavoro distruggendo la famiglia e piazzando telecamere di sorveglianza in ogni cortile. La destra ha seminato i deb iti, la sinistra ha raccolto i soldi ed ha pagato le banche. 

Ora in Francia la sinistra sta perdendo le ultime vestigia della sua vecchia gloria applicando una legge sulle adozioni per coppie gay, perché la questione dell’adozione dà più fastidio del matrimonio omosessuale. È un conflitto tra due diritti: il diritto dei gay di sposarsi ed il diritto del bambino di vivere con i suoi veri genitori. Preferendo i diritti dei gay a quelli dei bambini e dei loro genitori, la sinistra si sta scavando la fossa.

Stalin e Thatcher 

La sinistra ha intrapreso la strada della de-stalinizzazione. Cerchiamo di essere chiari al riguardo: Joseph Stalin era un uomo duro e rude che ha affrontato Hitler, Churchill e Truman; ha governato in tempi difficili e non può essere visto come un modello per la politica di oggi. Tuttavia, Stalin – o meglio il suo partito – aveva a cuore i lavoratori. Ai suoi tempi, il salario di un lavoratore qualificato era uguale a quello di un professore; i media appartenevano allo Stato dei lavoratori, i quali avevano diritto a libere vacanze al mare; i bambini godevano di meravigliosi campi estivi e di educazione gratuita. Non si parlava di disoccupazione. Gli alloggi erano gratuiti, come il riscaldamento, l’elettricità e i telefoni. L’aborto era proibito per legge. La famiglia era valorizzata. Ha persino re-istituito la Chiesa dopo gli eccessi di Trotskij. I geni della finanza, i ciarlatani dell’aborto, gli attivisti gay e i leader sionisti (tra cui anche mio padre) erano liberi di fare i lecchini a vicenda in un amichevole campo di lavoro nell’ospitale Siberia. Non è un caso che il nome di Stalin stia tornando a gran voce oggi nella sua Russia come un grido contro il neoliberalismo. Nelle città rovinate e devastate dalle riforme neoliberali, la gente sogna di mettere al muro alla maniera di Stalin chi possiede grandi conti all’estero. 

Stalin era duro con i borghesi come la Thatcher lo era con i lavoratori. Se Forbes, la principale rivista americana per ricchi, ha detto: “Abbiamo un bisogno disperato di più lettori come lei”, e l’EconomistI, la principale rivista dei banchieri inglesi, si è azzardata a dire: “Ciò di cui ha bisogno il mondo oggi è più thatcherismo, non meno”, forse è tempo di ricordare il lascito staliniano. Lui nazionalizzava, lei privatizzava; lui aveva a cuore le famiglie, lei le distruggeva; lei ha dato tutto ai ricchi, lui ai lavoratori. 

Ed ai devoti della non-violenza dico: senza Stalin, non ci sarebbe stato nessun Ghandi. O piuttosto, il Mahatma sarebbe stato ucciso dai padroni coloniali come i suoi predecessori nel 1856. Senza Stalin, non avremmo avuto il socialismo svedese e neanche lo stato assistenziale. Non avremmo avuto la decolonizzazione. Se i capi si comportavano bene con noi, è stato perché temevano Stalin. Per il lavoratori occidentali era come un incallito fratello maggiore: forse usciva con la gente sbagliata, forse apparteneva ad una banda, ma grazie a lui un fratello minore sarebbe stato al sicuro. 

In Francia (come in Italia), il partito comunista stalinista è stato il secondo partito del Paese, godendo di un enorme sostegno. Dal momento della de-stalinizzazione del partito ad opera di Krusciov, si è abbassato fino alla debole posizione di oggi. 

Il movimento comunista si è dovuto riformare e aggiornare, ma la de-stalinizzazione è stata un rimedio troppo drastico. La sinistra ha perso la sua guida ed ha iniziato ad ingoiare ogni boccone invitante lanciatogli dai Padroni del Discorso e ci è strozzata. 

Uno di questi bocconi è stata la questione dei sessi. Lenin se è ne tenuto alla larga, come risaputo. Rimase scioccato quando Clara Zetkin, la leader del comunismo Tedesco, gli raccontò che discutevano di sesso e di matrimonio con le compagne donne. Basta assurdità, rispose lui: “Ti pare il momento di intrattenere le donne proletarie con discorsi su come di ama e si è amati, su come ci si sposa? Ora tutti i pensieri delle compagne donne, delle donne della classe operaia, devono essere diretti alla rivoluzione proletaria [che si riferisce a] disoccupazione, salari in ribasso, tasse e molto altro”. Posso immaginare come risponderebbe al baccano sul matrimonio gay del giorno d’oggi. 

Eppure, il marxismo va un po’ aggiornato. Prima di tutto, la sua relazione con la Chiesa: oggi, dato che la Chiesa si dà da fare per aiutare le famiglie dei lavoratori, la sinistra francese potrebbe riconsiderare il suo atteggiamento nei suoi confronti e cooperare con la Chiesa come espresso da Roger Garaudy, comunista francese e intellettuale di spicco: “Il marxismo sarebbe più povero se dimenticasse San Paolo, San Giovanni Battista o Pascal; e la cristianità sarebbe più povera se voltasse le spalle al marxismo”. Il nemico è troppo forte ed i suoi piani sono certamente diabolici; abbiamo bisogno di integrare il marxismo e l’umanismo cristiano per poter salvare l’umanità. I comunisti russi hanno fatto un passo in questa direzione interagendo con successo con la Chiesa: i due lavorano insieme per fermare i tentativi liberali di applicare un’ agenda anti-famiglie. I francesi dovrebbero seguire il loro esempio. 

Israel Shamir 
Fonte: www.thetruthseeker.co.uk 
Link: http://www.thetruthseeker.co.uk/?p=69232 
19.04.2013

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO

http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=print&sid=11766

 

Il voltafaccia atomico di Obama

Il voltafaccia atomico di Obama

 Nello «storico» discorso di Praga del 2009, il presidente statunitense Barck Obama dichiarava che gli Stati uniti avrebbero fatto passi concreti verso un mondo senza armi nucleari, rafforzando il Trattato di non-proliferazione. E lo stesso Pentagono, nel 2010 s’impegnava a ridurre il numero degli ordigni atomici e a non svilupparne di nuovi. Ora però Obama, Nobel per la pace e al suo secondo mandato, ha fatto una «inversione a U nucleare»: lo ha scritto ieri il giornale britannico The Guardian, fornendo importanti dettagli.

Sulla scia del discorso di Obama, la Germania e altri membri europei della Nato (Belgio, Lussemburgo, Norvegia e Olanda) – avevano proposto il ritiro delle armi nucleari Usa dall’Europa, ritenute inutili dopo la fine della guerra fredda. Ma alcuni stati dell’Est di recente entrati nella Nato hanno bloccato la proposta, con l’argomentazione (sicuramente «suggerita» da Washington) che ciò indebolirebbe l’impegno statunitense a «difenderli contro la Russia».

Sono così rimaste in quattro paesi europei della Nato – Germania, Italia, Belgio, Olanda – e in Turchia circa 200 bombe nucleari tattiche (con gittata inferiore ai 5500 km) del tipo B61. Come abbiamo sempre sostenuto sul manifesto, non si tratta di residuati bellici della guerra fredda, ma di armi nucleari mantenute in efficienza e pronte ad essere ammodernate. Lo conferma drammaticamente il nuovo piano denunciato dal Guardian: gli Stati uniti spenderanno 11 miliardi di dollari per ammodernare queste bombe nucleari.

Le B61 saranno così trasformate da bombe a caduta libera in bombe «intelligenti», vale a dire a guida di precisione: grazie a una nuova sezione di coda saranno guidate sull’obiettivo da un sistema satellitare, probabilmente integrato da uno laser. In tal modo potranno essere sganciate a grande distanza dall’obiettivo (oltre 80 km). Le nuove bombe nucleari a guida di precisione, ciascuna con una potenza di 50 kiloton (circa il quadruplo della bomba di Hiroshima), saranno particolarmente adatte ai nuovi caccia F-35 – tanto rivendicati dall’ammiraglio-ministro del governo tecnico Giampaolo Di Paola – progettati per penetrare attraverso le difese nemiche e dal «banale» costo per il bilancio italiano, che prevede di acquistarne 90, di oltre dieci miliardi di euro.

Secondo una stima al ribasso, nel nostro paese ci sono 70-90 bombe nucleari statunitensi, stoccate ad Aviano e Ghedi-Torre. Ma esse potrebbero essere molte di più e stoccate anche in altri siti. Tantomeno si conosce quante armi nucleari sono a bordo delle unità della Sesta flotta e altre navi da guerra che approdano nei nostri porti. Lo spiegamento delle armi nucleari statunitensi in Europa è regolato infatti da accordi segreti, che i governi non hanno mai sottoposto ai rispettivi parlamenti. Quello che regola lo schieramento delle armi nucleari in Italia stabilisce il principio della «doppia chiave», ossia prevede che una parte di queste armi possa essere usata dalle forze armate italiane sotto comando Usa. A tal fine – rivela il rapporto U.S. Nuclear Weapons in Europe, pubblicato dal Natural Resources Defense Council – piloti italiani vengono addestrati all’uso delle bombe nucleari nei poligoni di Capo Frasca (Oristano) e Maniago II (Pordenone).

In tal modo l’Italia, facente parte con gli Usa del «Gruppo di pianificazione nucleare» della Nato, viola il Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari. Per di più, nel 1999 l’allora premier D’Alema sottoscrisse, senza sottoporlo al parlamento, un accordo sulla «pianificazione nucleare collettiva» della Nato in cui si stabilisce che «l’Alleanza conserverà forze nucleari adeguate in Europa». La pericolosità dell’arsenale nucleare in Italia consiste non solo nel numero di ordigni qui depositati, ma nel fatto che il nostro paese viene ad essere agganciato alla pericolosa strategia statunitense. Sono in fase di realizzazione bombe nucleari in grado di penetrare nel terreno e distruggere i bunker dei centri di comando, così da «decapitare» il paese nemico con un first strike, un attacco nucleare di sorpresa.

Chissà, se dopo avere in modo unanime escluso la politica estera dal dibattito politico, i partiti avranno qualche reazione alla notizia dell’ammodernamento dell’arsenale nucleare Usa in Italia. E chissà se i portavoce del Movimento 5 Stelle chiederanno spiegazioni all’ambasciatore Usa David Thorne, loro incredibile interlòcutore e sostenitore, magari trasmettendo le risposte in streaming?

Hacker pubblicano le mail dei parlamentari M5S

curioso come questo gruppo anonimo chieda trasparenza sugli introiti del patrimonio di Grillo come se avesse rubato soldi pubblici mentre a tutti i politici e tecnici non chieda niente…..

 Hacker pubblicano le mail dei parlamentari M5S

 Un gruppo di pirati informatici che si autodefiniscono “vicini al Pd” ha violato le caselle di posta elettronica degli eletti grillini e ha iniziato a pubblicarne i contenuti: «Continueremo finché il capo del Movimento e Casaleggio non diranno la verità sui guadagni realizzati attraverso la politica». Primo bersaglio: la giovane deputata Giulia Sarti

 Le caselle di posta di decine di parlamentari italiani sono state segretamente violate e spiate per mesi da un gruppo di hacker che ora improvvisamente escono allo scoperto. E da questa mattina iniziano a rilasciare on line parte di queste corrispondenze. A essere colpiti, fino ad oggi a loro insaputa, sono una trentina di deputati e senatori del Movimento 5 stelle.

 Protagonista della violazione uno sconosciuto gruppo di persone che si autodefiniscono “hacker del Pd” (Glihackerdelpd.bitbucket.org), anche se non c’è nessuna prova che realmente abbiano qualcosa a che fare con il Partito democratico (che ovviamente non ne sa nulla). Questo gruppo mette sul tavolo una trentina di caselle di mail dei parlamentari grillini. E in un inquietante video di presentazione spiega cosa intende farne.

 «Vi abbiamo osservato per lungo tempo», recita il video, mentre scorrono le immagini degli attivisti e politici del Movimento 5 stelle. «Abbiamo studiato ogni vostra mossa…. E siamo rimasti delusi. Un movimento che poteva portare una speranza è finito per arricchire pochi. Promuovete la trasparenza… ma non la praticate in casa. E’ venuto il momento della resa dei conti. Abbiamo una copia di tutte le vostre email. Se non le volete vedere pubblicate dovete soddisfare alle nostre richieste. Le nostre richieste di trasparenza: la pubblicazione immediata di redditi e patrimoni di Giuseppe Grillo e Gianroberto Casaleggio e dettaglio dei ricavi derivanti dal sito www.beppegrillo.it e correlati».

 Il video prosegue spiegando che ogni settimana verranno pubblicate le caselle di posta elettronica di un deputato o senatore del Movimento 5 stelle. E che la pubblicazione sarà interrotta solo quando le richieste formulate saranno soddisfatte.

 Insomma un incredibile ricatto e un attacco frontale al M5S in nome di una presunta necessità di trasparenza. E vale la pena di sottolineare tutta l’ambiguità sia dell’autoattribuita etichetta politica («hacker del Pd») sia di quelle prime parole: «vi abbiamo osservato per lungo tempo…», perché dalla conversazione che ‘l’Espresso ha avuto con questi hacker è evidente che si sta parlando di una enorme quantità di email, caselle di posta personale di attivisti e rappresentanti del M5S che sono state bucate e scaricate in massa.

 Caselle a cui molto probabilmente gli hacker hanno avuto accesso per mesi, almeno dallo scorso novembre, e in cui hanno continuato ad entrare fino a pochi giorni fa.

 E ovviamente l’impatto della violazione, trattandosi di mail, è sempre più ampia del singolo target. Perché lì si trovano anche messaggi ricevuti da altri esponenti politici o contatti dei titolari della casella.

 Questa mattina è stato messo online un link contenente le mail della casella di posta di Giulia Sarti, deputata ventiseienne del M5S, capolista grillina per l’Emilia-Romagna. A essere colpito è stato il suo account personale di webmail.

 Si sta parlando di migliaia di corrispondenze, per un totale di circa 1,2 Gigabyte di spazio, che vanno molto indietro nel tempo, e che sicuramente coprono tutto il 2012 per arrivare alle ultime settimane. E che contengono anche tutte le discussioni interne e i mal di pancia del Movimento 5 stelle, e in particolare del vivace gruppo emiliano, più volte alla ribalta della cronaca per i dissensi e le polemiche con le posizioni “ufficiali” del movimento. Ma anche numeri di telefono, dati sensibili e privati di decine di persone in contatto con la grillina o gli altri attivisti.

 Se, come sostenuto dagli hacker con l’Espresso, oltre alla casella di Sarti ci sono altre decine di account mail bucati, ci troviamo di fronte a una violazione senza precedenti della privacy di rappresentanti italiani. Nonché a un leak dalle conseguenze politiche imprevedibili.

 Ma soprattutto siamo di fronte a una Waterloo dal punto di vista della cybersicurezza del Movimento 5 stelle. Non è ancora chiaro come abbiano fatto gli hacker a violare così tante caselle di posta, in particolare account Gmail, Hotmail e via dicendo, usati dai politici per gestire la loro attività. Non è banale accedere a questo tipo di mail se protette con buone password. A meno che la violazione non sia avvenuta da qualche altra parte, magari proprio su un server che ospita gruppi di discussione e coordinamento del movimento, e da lì si siano ricavate le credenziali per altri accessi. Forse, come fanno intuire gli hacker nella nostra intervista, anche a causa della malsana abitudine di molti utenti di usare le stesse password per diversi account.

Dalla democrazia al masochismo: l’elezione di Giorgio Napolitano

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La gente per colpa loro muore e osano parlare di responsabilità, bene del paese?

La gente è ridotta in miseria senza prospettive e loro ordinano quali termini debbano essere usati e quali no, come inciucio o golpe, siamo al 1984 di Orwell puro..

Senza parole.

 

di Sebastiano Caputo

 

Nel terzo millennio la democrazia è divenuta sinonimo di masochismo. Come lo dimostrano l’elezione dell’ultra-ottantenne Giorgio Napolitano e il boato che lo ha accompagnato al Quirinale. L’Italia che ha esultato è quella dell’asservimento, del perbenismo, dell’incoscienza politica. È l’Italia che ha la memoria corta, l’Italia che si è dimenticata delle votazioni di due mesi fa, quelle che statuirono l’8,5 milioni di consensi al Movimento 5 Stelle e la vittoria del partito degli astenuti (il 27,5 per cento). Più del cinquanta per cento dei nostri compatrioti decretarono la rottura con il sistema precedente eppure c’è chi elogia il Re, “il primo nella storia della Repubblica Italiana eletto per due volte consecutive”. Lo definiscono coraggioso, responsabile, credibile all’estero. L’unico capace di abbracciare tutti gli italiani, o meglio, il Partito Democratico, Scelta Civica e il Popolo della Libertà. La votazione del presidente in Italia è tribale, a sceglierlo sono gli eletti, nei bagni di Montecitorio, i cittadini devono rimanere fuori dalla presa delle decisioni.

 Giorgio Napolitano piace. Piace agli imperialisti filo-russi, nel 1956 disse “in Ungheria l’Urss porta la pace e, a quelli atlantisti, nel 2011 fu tra i primi a voler invadere la Libia di Muammar Gheddafi, offrendo addirittura la Sicilia agli squali della Nato (come pista di atterraggio). Come piace a Wall Street e alla City: per un anno intero, il neo-presidente, ha plaudito visceralmente le politiche rigoriste di Mario Monti in un contesto di recessione totale, le quali hanno rafforzato la deriva in corso ed impoverito ulteriormente i cittadini. I conti pubblici testimoniano l’incompleta, per non dire distorta versione dei fatti dell’inquilino del Quirinale che adesso, con l’appoggio dei partiti tradizionali, rinforzerà l’agenda della Troika.

 “Se il voto cambiasse qualcosa sarebbe illegale”. È vero, le votazioni di febbraio non hanno permesso di modificare gli scenari. Napolitano è rimasto al Quirinale ed il centro-destra-sinistra ha delegato i poteri ad un governo tecnico, o semi tecnico (i dieci saggi). Con un’unica novità: l’opzione-Amato alla presidenza del Consiglio dei Ministri. L’uomo che nella notte tra il 9 e il 10 luglio del 1992 prelevò il sei per mille da tutti i depositi bancari. L’Italia deve fare la fine di Cipro.

 fonte: L’Intellettuale Dissidente

La sinistra e le 5 fasi del lutto

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La debacle della sinistra sulla partita del Colle potrebbe sembrare solo il frutto della totale mancanza di strategia e coesione, ma questo non è sufficiente a spiegarla. Per comprendere a fondo questa Caporetto occorre entrare nella psicologia dell’elettore di sinistra.

La sinistra da vent’anni non ha un programma, o quantomeno, non è stata capace di farlo capire alla gran parte degli italiani. Una sola cosa ha sempre avuto chiara: l’antiberlusconismo. La sinistra (elettorato e parte della dirigenza) è chiusa infatti tra l’incudine della razionalità e l’offuscamento emotivo dettato dal bisogno di colpire il Berluska.

Così, come nelle due precedenti tornate elettorali, la “curva rossa” ha cantato dagli spalti “Bersani facci un gol” sperando questa volta per davvero di mandare a casa il Caimano con due pere, dopo le batoste ingoiate negli anni. Poi lo shock elettorale: i numeri ancora una volta non tornano, si va a casa con un deludente 0 a 0, il giaguaro non è stato smacchiato.

In stato di shock, la base rifiuta la realtà. I numeri però sono chiarissimi: bisogna andare dall’odiato nemico e negoziare, fare un governo insieme come peraltro si è fatto fino all’altro ieri. Solo che quando si è trattato di portare voti al Governo Monti (PD-PDL) era accettabile perché era un modo per togliere la carica a B; mentre questa volta il compromesso è inaccettabile. Eh certo, ha vinto la sinistra, anche di poco, e vuole sollevare la coppa, intonare caroselli e bere lo champagne, zero compromessi, ma purtroppo c’è di mezzo l’odioso problema di governare. Così sono partiti 53 giorni di stalking a Grillo, ma quelli hanno risposto picche.

In piena confusione emotiva, incontri con cani e porci, persino il WWF, testa sotto la sabbia per non vedere che i numeri per fare il governo si poteva chiederli ad uno soltanto. Sui social impazzano intanto gli insulti dei piddini ai grillini, la frustrazione dell’elettore di sinistra si esprime sempre in biasimo morale, superiorità civica: “grillini sfascisti”, “grillini irresponsabili”. Il motivo è sempre da rinvenire nella chiave di lettura “emotiva”: per “colpa” loro, non si possono intonare inni e fare caroselli, se i grillini corressero a fare la stampella del PD, imploderebbero loro (Grillo non è scemo), ma almeno il PD avrebbe abbattuto il giaguaro!

Nel frattempo, chi critica i grillini, non si preoccupa del fatto che il PD non controlla nemmeno il suo alleato di coalizione SEL, che alla prima occasione prende e si fa i fatti suoi, alla faccia della “governabilità”, ma del resto è 20 anni che questa alleanza incompatibile va avanti, sempre con un solo obiettivo: abbattere il nemico comune. Governare… si vedrà.

Il povero Bersani, alla fine aveva pure tirato fuori la testa dalla sabbia: ecco Marini. Fondatore del PD, mica stiamo parlando di Gianni Letta. Dalla “curva sinistra” ondata di fischi. Ma come? Perchè la base vuole un candidato che sia inviso a Berlusconi. Questo era il solo vero punto. E quindi delirio su twitter e nei circoli. Marini non rappresentava infatti “il goal della vittoria” per il PD, ma andava nel segno del pareggio, oltre che della governabilità, (pur essendo ripetiamo un fondatore). Ma volevano sollevarla almeno per un giorno quella coppa, e chissenefrega del dopo. Vent’anni di frustrazioni, ora al Caimano un golletto andava fatto, almeno un dispettuccio sul Colle.

Al di là delle chiacchiere sulla condivisione, l’atteggiamento emotivo della base era chiaro: chiunque fosse accettabile per Berlusconi non andava bene. E allora ecco spuntare Prodi! Anche lui cattolico, proveniente dal centro, ex fondatore dell’Asinello, ma siccome ha battuto Silvio due volte, e quindi rappresentava un bel dispettone al Cav, andava incredibilmente bene persino a SEL!

Ma qualcosa non torna. All’interno del PD stesso partono le vendette, Dalemiani, Mariniani, antiprodiani, 101 tiratori impallinano il professore e il PD implode. Poi parte la retorica che chi ha impallinato Marini era onesto perché l’ha dichiarato e questi 101 sarebbero farabutti. Palle. Marini era stato votato a maggioranza nel PD la sera prima e i 250 tiratori non si sono adeguati alla scelta presa a maggioranza.

Alla fine si ritorna all’evidenza dei numeri: bisogna fare il presidente (e il governo) con il PDL. Come 53 giorni fa, ma con un partito a pezzi.

La follia del PD non si spiega solo con la mancanza di strategia, non solo con la (scarsa) razionalità. Si spiega solo mettendo nell’equazione la componente emotiva.

E allora in fondo, la sinistra non ha fatto altro che elaborare le 5 fasi del lutto:

1. Negazione: no, non è vero che non abbiamo vinto. Adesso consultiamo M5S, WWF, Cei, Pluto, Paperino e in qualche modo Silvio l’abbiamo battuto. No, con lui non ci parliamo.

2. Rabbia: Grillini bastardi. Dateci quei cavolo di voti! Irresponsabili!

3. Contrattazione: Vabbè, intanto eleggiamo Marini poi vediamo. E qui si crea la scissione, fra chi ha elaborato il lutto e chi è fermo alla rabbia. Questo spacca il PD. Prevale la linea della corrente ferma alla fase 3 (quella che non si pone il tema del dopo), ma poi Prodi viene impallinato.

4. Depressione: partito a pezzi. “Se c’era Matteo”. “Cosa abbiamo sbaglilato” (ma superato lo shock la colpa sarà come sempre di altri, Berlusconi, Grillo, gli italiani che non capiscono..).

5. Accettazione: in ginocchio da Re Giorgio, si accetta il governissimo. Ma qui le ultime notizie ci dicono che una parte del partito resiste strenuamente a questa soluzione. Napolitano quasi quasi non va più bene nemmeno lui.

Insomma, la scissione del PD probabilmente non avverrà in due aree tipo DS e Margherita. Ma molto più semplicemente avverrà fra quelli che hanno superato il lutto e quelli fermi alla fase 3. Una sola cosa è certa: che lo accettino o meno, il giaguaro era indelebile.

http://www.finanzaelambrusco.it/politica/1730-la-sinitra-e-le-5-fasi-del-lutto.html

 

La Corte dei Conti all’onesto Penati: “Devi risarcire 118 milioni di euro allo Stato”

La Corte dei Conti all’onesto Penati: “Devi risarcire 118 milioni di euro allo Stato”

scritto da daw

Il procuratore regionale della Corte dei Conti ha inviato a Filippo Penati, al suo ex segretario Antonino Princiotta e ad altri 10 ex amministratori della Provincia, tra i quali Giordano Vimercati (ma per colpa e solo pro quota 10%) una richiesta di pagamento di danni all’Erario che vanno da 57 sino a 118 milioni di euro.

“La decisione nell’estate 2005 di pagare all’imprenditore Marcello Gavio un prezzo sproporzionato per le azioni della società autostradale Serravalle – scrive oggi il Corriere della Sera – fu una scellerata compravendita deliberata dalla Provincia di Milano dell’allora presidente Ds Filippo Penati a tutti i costi, anche a fronte di esborsi eccessivi e conseguenti danni alle finanze pubbliche”.

http://www.daw-blog.com/2013/04/23/la-corte-dei-conti-allonesto-penati-devi-risarcire-118-milioni-di-euro-allo-stato/

La Ue condanna la Svizzera per aver espulso un trafficante di droga nigeriano!

Berna (Ch) 23 Aprile 2013 – La Corte Europea dei diritti dell’uomo condanna la Svizzera ad un risarcimento di 9’000 euro. Ueli Maurer: “Sorpreso e allibito da questa decisione”.

 L’Europa vuole mettere le mani sulla politica svizzera, non solo in quella finanziaria ma anche nei propri affari interni! Una asilante nigeriano era stato condannato per un importante traffico di droga. La sentenza prevedeva anche l’allontanamento dell’uomo dalla Svizzera.

 Ma la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha impugnato la decisione del tribunale e ha sentenziato che il nigeriano, il quale nel suo periodo in Svizzera ha messo al mondo tre figli con due donne diverse, non può essere espulso dalla Confederazione.

 Non solo: la Corte di Strasburgo ha anche condannato la Svizzera a pagare 9’000 euro a titolo di indennizzo! Una sentenza che ha mandato su tutte le furie il Presidente della Confederazione Ueli Maurer:

 Valuteremo con il Consiglio Federale e il Dipartimento Federale di Giustizia e Polizia quanto stabilito dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo. Ma non nascondo di essere sorpreso e perplesso da questa sentenza. Questo caso potrebbe fare giurisprudenza e rendere molto più problematica l’espulsione dei criminali stranieri”.

MS

Mattinonline

http://www.imolaoggi.it/?p=48023

Amato ha ammesso che l’idea dietro il Trattato di Lisbona è di riportare l’Europa al Medioevo

non si può dire che non ci avvertì. 

 Pubblicato da ImolaOggi

 apr 22, 2013

 22 apr – Giuliano Amato, uno degli architetti del trattato di Lisbona, ha ammesso che il pensiero dietro il Trattato è di riportare l’Europa al Medioevo, in una conferenza organizzata dalla Fondazione Walter Hallstein presso l’Università Humboldt di Berlino.

 Amato è colui che nel 2005 fu incaricato di riconfezionare il fallito “Trattato Costituzionale” dopo i referendum francese e olandese. Alla testa di un gruppo di cosiddetti “saggi” finanziato dalla Fondazione Bosch e chiamato Action Committee for European Democracy, più noto come “Amato Group”, l’ex Premier italiano produsse il testo dell’odierno Trattato di Lisbona, che a parte qualche cambiamento cosmetico è essenzialmente uguale al trattato costituzionale. Numerosi membri del Gruppo Amato sono anche membri del neonato European Council on Foreign Relations fondato da George Soros.

 Che cosa è il CFR, Council on Foreign Relations

 Alla conferenza di Berlino, in risposta a Daniel Buchmann del Movimento Giovanile di LaRouche (LYM), che voleva sapere se Amato sia ancora favorevole ad un sistema medievale di diritto globale, come affermò in una famosa intervista a Barbara Spinelli, il “dottor sottile” ha affermato che l’umanità è vissuta senza stati nazionali per la maggior parte della sua storia, che le nazioni sono state inventate nel XVI secolo e hanno raggiunto l’apice nel XX, ma ora sono “sfidate da molte sfide” (sic). Amato dimentica che durante la maggior parte della sua storia, quando non c’erano le nazioni, la popolazione era trattata come le bestie da un’oligarchia che si considerava investita di autorità divina. L’Europa che dovrebbe emergere dal trattato di Lisbona non è un sostituto o un’alternativa allo stato nazionale, ha detto Amato, ma piuttosto “un ermafrodito” che possiede entrambi i componenti: la parte istituzionale al di sopra dello stato, e i cittadini (s’intende, “d’Europa” e non di specifiche nazioni) al di sotto.

 Amato si è anche difeso dalle accuse di Buchmann e di un altro attivista del LYM, James Rea, che gli hanno rinfacciato di voler promuovere un disegno imperiale e quindi bellicoso. Gli imperi, ha sostenuto Amato, sono il portato di “dinastie nazionali” che lanciavano le loro nazioni in guerra l’una con l’altra. In realtà, gli intenti bellicosi li aveva malcelati Amato nella sua relazione, sottolineando la necessità di costruire una polizia anti-terrorismo europea e un esercito comune europeo.

 In risposta ad un altro intervento di un attivista del LYM sulla crisi alimentare, Amato ha negato il ruolo centrale della speculazione, affermando che la crisi è dovuta all’aumento dei commensali sulla tavola mondiale.

 Non sollecitato, Amato si è anche scagliato contro il ministro Tremonti, accusandolo di fomentare l’opinione pubblica contro un “nemico” (la speculazione) senza avere i mezzi per combatterlo. Ma egli stesso ha fatto riferimento agli articoli 81 e 82 dei trattati europei vigenti, mostrando di sapere che tali strumenti potenzialmente esistono.

 Da vero sofista, Amato ha suggerito di non attaccare il No irlandese, ma di produrre idee per ratificare il trattato di Lisbona senza doverlo riscrivere o organizzare un altro referendum. Sulla stessa linea sofistica, ha caldeggiato l’idea di un “referendum europeo invece che dei referendum nazionali”, perché quest’ultimi tenderebbero a mischiare il malcontento nazionale con i temi europei. Spingendo questa tesi all’assurdo, Amato ha sostenuto che il No irlandese era in realtà un Sì all’Europa.

 Movisol 22 luglio 2008

http://www.imolaoggi.it/?p=47913

ASPETTANDO LA PATRIMONIALE

di Paolo Cardenà- Quando vi recate in banca per chiedere un finanziamento o un mutuo per l’acquisto della vostra abitazione, la banca, in genere,  in condizioni di normale operatività, pone due condizioni essenziali a garanzia delle somme che vi verranno erogate: l’ipoteca sulla casa che voi acquistate, e un reddito ritenuto adeguato per poter pagare le rate di finanziamento che, dall’erogazione in avanti, vi verranno addebitate fino alla completa estinzione del debito.

In pratica, il valore della  casa, bene reale per eccellenza, costituisce la garanzia (per la banca) che voi onorerete il debito attraverso il pagamento delle rate, reso possibile da un flusso finanziario di lungo periodo: il reddito da voi prodotto. Se si interrompe quest’ultimo compromettendo la vostra capacita di rimborso del mutuo, la banca, per recuperare il proprio credito, potrà invocare la garanzia (l’ipoteca) e vendere il “vostro” immobile per recuperare il proprio credito, che per voi è un debito.

Discorso analogo  vale anche per il debito pubblico, anche se con qualche peculiarità differente.

Siccome la macchina statale, per poter funzionare, ha bisogno di credito, quando i nostri governanti si recano per le varie cancellerie mondiali o nei vari road show e affermano che l’Italia ha un’economia solida, altro non fanno che rassicurare gli investitori (che finanziano lo Stato) confermando che loro possono investire tranquillamente sull’Italia poiché il loro credito (debito dello stato) potrà essere ripagato, stante la ricchezza degli italiani. Quindi, in un certo qual modo, il patrimonio  degli italiani, seppur in mancanza di un atto formale idoneo a costituire “ipoteca” o “pegno”, viene posto a garanzia dei prestiti che gli investitori concedono allo stato. Ciò è possibile grazie all’autorità che lo stato può esercitare nei confronti della popolazione. Mentre  il reddito prodotto degli italiani costituisce il flusso di ricchezza che permette il pagamento degli interessi agli investitori. Quindi, lo Stato, forte della sua autorità che gli consente -attraverso l’imposizione fiscale- di considerare il patrimonio dei singoli cittadini a garanzia degli investitori, trasforma la ricchezza nazionale in una garanzia per gli investitori pronta ad essere escussa grazie all’autorità di cui lo stato stesso dispone e che si sostanzia proprio nel prelievo fiscale, sia ordinario che straordinario in caso di imposte patrimoniali straordinarie.

Accade che il debito dello stato, contrariamente al debito dei privati, verosimilmente, non viene mai (?) rimborsato, ma semplicemente rinnovato; almeno fino a quando gli investitori non decidano di staccare la spina,  ottenendo il rimborso del proprio credito.  Ciò significa un cosa molto semplice, ossia che gli investitori, siccome hanno delle masse di liquidità che devono essere pur investite e sempre a caccia di un buon rendimento e di un porto sicuro, alla scadenza del proprio credito, altro non fanno che concedere alla Stato un’ulteriore dilazione, rinnovando il proprio investimento a condizioni modificate, sia in termini di durata e di rendimento. Quindi, fino a quando gli investitore non pretendono indietro i loro soldi, nulla da temere. Ma le cose cambiano nel momento in cui gli investitori invertono la rotta e poiché lo Stato non dispone delle risorse per ripagare il debito, si verifica la bancarotta. Ecco quindi che lo Stato, con la sua azione fiscale, altro non fa che pagare la pretesa dei finanziatori, alle banche, ai fondi di investimento e ai fondi pensione che hanno investito sui titoli italiani. In parole ancora più semplici, il patrimonio degli italiani è la garanzia della solvibilità dello Stato.

Pochi giorni fa, la Banca d’Italia, ha reso noto il consueto rapporto sulla ricchezza delle famiglie italiane,  che potete trovare QUI nella forma pubblicata.

Omettendo di entrare nei meandri della metodologia adottata da Bankitalia per quantificare la ricchezza delle famiglie, dal rapporto emerge che, alla fine del 2011, la ricchezza netta delle famiglie italiane era pari a circa 8.619 miliardi di euro, corrispondenti a poco più di 140 mila euro pro capite e 350 mila euro in media per famiglia. Più precisamente, secondo quanto riportato dal rapporto, alla fine del 2011 le attività reali (5.978 rappresentavano il 62,8 per cento della ricchezza lorda, le attività finanziarie (3.541 miliardi di euro) il 37,2 per cento e le passività finanziarie (900 miliardi di euro) il 9,5 per cento.

LE ATTIVITA’ REALI

A fine 2011 le attività reali detenute dalle famiglie italiane ammontavano a 5.978 miliardi di euro. Le abitazioni rappresentavano l’84 per cento del totale delle attività reali e i fabbricati non residenziali quasi il 6 per cento. Impianti, macchinari, attrezzature, scorte e avviamento incidevano per il 4 per cento, mentre i terreni e gli oggetti di valore ammontavano rispettivamente a poco più del 4 e del 2 per cento.

LE ATTIVITA’ FINANZIARIE

Alla fine del 2011 le attività finanziarie ammontavano a oltre 3.500 miliardi di euro, in contrazione a prezzi correnti rispetto a fine 2010 (-3,4 per cento). Quasi il 42 per cento era detenuto in obbligazioni private, titoli esteri, prestiti alle cooperative, azioni e altre partecipazioni e quote di fondi comuni di investimento. Il contante, i depositi bancari e il risparmio postale rappresentavano quasi il 31 per cento del complesso delle attività finanziarie; la quota investita direttamente dalle famiglie in titoli pubblici italiani era pari al 5,2 per cento. Le riserve tecniche di assicurazione, che rappresentano le somme accantonate dalle assicurazioni e dai fondi pensione per future prestazioni in favore delle famiglie, ammontavano al 19,2 per cento del totale delle attività finanziarie.

È continuata nel 2011 la ricomposizione dei portafogli delle famiglie verso forme di investimento più liquide, quali il contante e il risparmio postale e i conti correnti bancari, le cui quote di ricchezza finanziaria sono ulteriormente cresciute rispetto al 2010 (rispettivamente di 0,3, 0,4 e 0,5 punti percentuali). Rispetto al 2010, la quota di ricchezza detenuta in titoli pubblici italiani è cresciuta di un punto percentuale, pari a oltre 30 miliardi di euro, tornando sui livelli del 2009. La quota di ricchezza finanziaria in titoli pubblici posseduta dalle famiglie italiane è comunque decisamente inferiore a quella della seconda metà degli anni ’90, quando ammontava in media al 14 per cento. Quella detenuta in azioni e partecipazioni (circa 500 miliardi di euro, pari al 14 per cento) si è ridotta dalla fine del 2010 di 3 punti percentuali, esclusivamente a causa della riduzione della quota di titoli italiani; nel 2000 ammontava a circa un quarto delle attività finanziarie totali.

Secondo le statistiche disponibili, le attività finanziarie detenute sull’estero dalle famiglie italiane erano di oltre 300 miliardi di euro a fine 2011, in diminuzione di circa il 5 per cento rispetto alla fine del 2010.

 

LE PASSIVITA’ FINANZIARIE

A fine 2011 le passività finanziarie delle famiglie italiane, pari a 900 miliardi di euro erano costituite per circa il 42 per cento da mutui per l’acquisto dell’abitazione; la quota di indebitamento per esigenze di consumo ammontava a circa il 13,6 per cento, le rimanenti forme di prestiti al 20 per cento così come i debiti commerciali e gli altri conti passivi

Dallo spaccato sopra evidenziato se ne deduce che la ricchezza netta (ATTIVITA’ REALI+ATTIVITA’ FINANZIARIE-PASSIVITA’ FINANZIARIE) è di euro 8619 miliardi di euro, ossia oltre 4 volte il volume  del debito pubblico.

Questa, in altre parole, è la ricchezza posta a garanzia del debito.

In prossimo post affronteremo il tema di un eventuale imposta patrimoniale straordinaria e in che modo potremmo esserne colpiti

 


http://www.vincitorievinti.com/2013/04/aspettando-la-patrimoniale.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+vincitorievinti%2FhYpR+%28VINCITORI+E+VINTI%29

Boston: una prova generale?

Ad oggi – una settimana dopo l’attentato alla maratona – gli avvenimenti di Boston continuano ad avere molti punti oscuri mentre emergono nuovi elementi che contraddicono le spiegazioni del mainstream.

Ma è soprattutto l’incredibile sceneggiata della caccia all’uomo a far pensare a qualcosa d’altro che non ad una semplice ricerca dei colpevoli.

di Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine e Altrainformazione)

Nella peggiore tradizione cinematografica cui Hollywood ci ha abituato, abbiamo assistito nei giorni scorsi allo spettacolo di una città – Boston – completamente blindata, con il coprifuoco, da cui nessuno poteva uscire né entrare.

Proprio Boston – la città da cui è partita la rivoluzione americana contro il potere dei reali d’Inghilterra, sarà un caso? – il primo germe della Land of the Free, è diventata ostaggio di CIA ed FBI, sotto legge marziale e con irruzioni violente nelle case private.

9.000 uomini – comprese le famigerate forze speciali SWAT – pesantemente armati hanno paralizzato completamente la città in una caccia all’uomo in cui i ricercati sono stati indicati aprioristicamente come colpevoli dell’atto terroristico, dando così la stura a una nuova ondata di islamofobia.

Un esperimento di legge marziale e di occupazione militare di un’intera città.

I cittadini hanno potuto sperimentare come i diritti civili non abbiano alcun valore di fronte alle pretese motivazioni di sicurezza nazionale, cosa che si ripete ormai a scadenze regolari nella storia recente di questo Paese.

Ma la scala in cui questa occupazione manu militari di Boston si è svolta è superiore a qualsiasi altra nel passato e fa pensare ad una prova generale di possibili operazioni future.

Basta evocare una minaccia terrorista, straniera o domestica, reale o fittizia – come le famigerate weapons of mass destruction di Saddam che si rivelarono una colossale bufala – che la propaganda governativa rilanciata dai media mainstream batte la grancassa del patriottismo costi quel che costi.

 

A quel punto il cittadino scopre di non aver più diritti civili, di essere di fatto prigioniero in casa propria e soggetto a qualsiasi possibile violenza da parte delle forze speciali che perquisiscono casa per casa alla ricerca del terrorista di turno.

Quanto ai due fratelli Tsarnaev, cui fin dall’inizio è stata gettata addosso la croce della colpevolezza, ora stanno emergendo fatti a dir poco inquietanti: in una intervista alla BBC (1) la madre di Tamerlan e Dzhokar sostiene che l’FBI – che li teneva d’occhio da ben 5 anni come presunti sovversivi – avesse sempre saputo benissimo dove fossero.Infatti emergono ora degli elementi seri a indicare come l’FBI sapesse già da tempo che Tamerlan Tsarnaev fosse un “islamico radicale” dal 2010, in quanto messa sull’avviso dal governo russo ancor prima del viaggio di 6 mesi del giovane ceceno nel suo Paese d’origine (2).

Eppure l’FBI aveva dichiarato immediatamente dopo il massacro della maratona che ignorava l’identità dei due sospetti, chiedendo anzi alla popolazione di aiutare gli investigatori a trovare i colpevoli dell’attentato.

Non solo: la CBS ha riportato che l’FBI aveva addirittura negato di aver avuto qualsiasi contatto con i due fratelli. Messa successivamente alle strette dai giornalisti – viste le notizie che iniziavano a trapelare –  l’agenzia investigativa ha dovuto confessare di averli interrogati già nel 2011, ammettendo alla fine di conoscerli bene e di averne seguito da tempo le mosse.I media russi hanno inoltre confermato che i servizi russi avevano nuovamente contattato l’FBI nel novembre dell’anno scorso a proposito di Tamerlan (3).

Anche il padre dei due fratelli, Anzor, afferma in un’intervista alla Reuter che agenti dell’FBI erano già venuti a casa loro a Cambridge, Massachusetts, almeno cinque volte a cercare Tamerlan.

Vi sono, come si vede, ancora molti lati oscuri della vicenda e – conoscendo tristemente le recenti vicende di false flag stile Twin Towers e di patsies (capri espiatori) stile Oswald  – essi resteranno oscuri ancora per lungo tempo, ma una cosa è certa: sia stato o meno un atto terroristico autentico  – e non costruito ad arte con dei capri espiatori che erano in realtà agenti che facevano il doppio gioco come sostengono ora gli israeliani della Debka (4) – esso è stato usato dal governo come pretesto per una escalation ed una prova generale di applicazione di legge marziale e di repressione interna.

Cosa c’è dietro?

Un voler saggiare la reazione della popolazione verso un nuovo ‘pericolo islamico’? Il preparare la strada a nuove crociate contro stati-canaglia come quelle cui ci ha abituato tristemente l’era Bush?

I prossimi giorni ce lo diranno.Il punto sembra essere comunque questo: la ‘War on terror’ deve venir alimentata regolarmente dal consenso popolare, così che milioni di americani ritengano indispensabile un apparato militar-poliziesco orwelliano mentre le corporation delle armi, delle ricostruzioni post-belliche e del petrolio continuano a fare profitti multimiliardari.

Lo spettro del terrorismo viene sbandierato ad arte – quando non direttamente creato dai servizi – dai media, che sono il vero e proprio ministero della propaganda del regime, proprio per catalizzare i sentimenti di sdegno e di dolore del popolo davanti alle stragi di innocenti, come abbiamo ben potuto sperimentare anche noi in Italia con la nostra ‘strategia della tensione’.

Prima i sovietici, poi i vietnamiti ed ora gli islamici sono il nemico di cui ha bisogno il mostruoso apparato militare USA per poter tenere soggiogato il mondo e il proprio popolo, con la sospensione dell’Habeas Corpus, dei diritti civili, con gli assassini mirati con i droni e con il potere praticamente senza limiti assegnato all’‘Homeland Security’Un conferma indiretta viene, d’altra parte, dalle stesse parole di quel generale Tommy Franck, che guidò l’invasione dell’Iraq nel 2003, alla ricerca di fantomatiche armi di distruzione di massa, secondo il quale le stragi di civili sono necessarie per dar vita alla consapevolezza della gente e per canalizzare l’appoggio popolare alla ‘guerra globale al terrorismo’ attraverso la militarizzazione del Paese, in modo da evitare altri episodi del genere. (5).

Cosa aggiungere a questa delirante dichiarazione di intenti?

(1) http://www.youtube.com/watch?v=V5PCECrGHRg&feature=player_embedded

(2) http://online.wsj.com/article/SB10001424127887324763404578433113880189762.html

(3) http://www.dailymail.co.uk/news/article-2312496/Tamerlan-Tsarnaev-Russia-asked-FBI-investigate-Boston-bomber-just-6-MONTHS-ago.html

(4) http://www.debka.com/article/22914/The-Tsarnaev-brothers-were-double-agents-who-decoyed-US-into-terror-trap

(5) “[A] terrorist, massive, casualty-producing event [will occur] somewhere in the Western world – it may be in the United States of America –that causes our population to question our own Constitution and to begin to militarize our country in order to avoid a repeat of another mass, casualty-producing event.” (General Tommy Franks Interview, Cigar Aficionado, December 2003)http://www.liberopensare.com/articoli/item/461-boston-una-prova-generale