A quando i gulak del pensiero?

Vietato “odiare” Napolitano: magistratura indaga uomo per averlo criticato su Facebook

 Credete di vivere in un paese democratico e libero? Lasciate quest’illusione.

Un cittadino italiano di 35 anni che ha “osato” creare un gruppo su Facebook dal titolo «Io odio Napolitano » rischia una condanna a 5 anni, per il reato di offesa all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica. Come se Napolitano avesse “prestigio” e “onore”.

 In un commento l’uomo avrebbe definito Napolitano «stronzo». Certamente un’offesa volgare, che dovrebbe essere trattata come tale e nulla più, non certo passibile di una condanna che non viene comminata neanche a stupratori della peggior specie.

 Ecco di cosa si occupano gli ispettori della polizia postale di Firenze che hanno avuto il tempo di avviare un’indagine sul gruppo (che nel frattempo è stato chiuso), identificando fondatori e iscritti, mentre la pornografia infantile e non, dilaga su internet con incursioni anche su Facebook.

 Subito dopo i magistrati, sempre meno seri e sempre meno rispettati dalla popolazione, iniziano la persecuzione di chi ha osato criticare Napolitano con l’invio a raffica di avvisi di garanzia ai frequentatori della pagina. Tra quelli che hanno ricevuto un avviso di garanzia, anche il coneglianese per il quale uno stralcio dell’inchiesta è stato avviato in procura a Treviso, affidato al sostituto procuratore Antonio De Lorenzi, che ha trovato il tempo di chiudere le indagini.

La pena prevista per il reato di offesa all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica, è infatti stabilita da un minimo di uno ad un massimo di cinque anni di reclusione: «Quella del mio cliente è stata una leggerezza—commenta il difensore Francesco Serafin —. Su quella pagina ha lasciato un unico post, preso dal momento e senza riflettere. Per quell’unico errore, ora rischia una condanna che pare spropositata se paragonata a quelle per una comune diffamazione». No, il suo cliente ha esercitato il diritto di critica e di opinione che è sacro in un paese democratico e libero.

 Intanto pullulano gruppi su Facebook contro il Presidente, a dimostrazione di una crescente insoddisfazione degli Italiani: da «Napolitano non è il mio Presidente» a «Napolitano e le sue frasi ovvie» fino a «Vergognarsi del Presidente Napolitano ». Pagine che hanno migliaia di iscritti e migliaia di «Mi piace». Le chiuderete tutte e processerete tutti, signori lacchè del regime travestiti da novelli Torquemada?

 Un regime sempre più marcio e sempre più traballante che si regge ormai solo sullo stato di polizia. A Roma si processano quattro ragazzi per “psicoreato”, a Treviso e Firenze per “vilipendio del presidente della repubblica”: in entrambi i casi rischiano cinque anni di carcere a causa di due leggi incompatibili con la libertà e la democrazia: la Mancino e quella che punisce il “vilipensio al presidente”, come se pensare fosse reato e come se divenendo presidente si acquisissero dignità e meriti che non si hanno o peggio, diritti superiori a qualsiasi altro cittadino. Relitti d’epoche oscure.

 A proposito, noi non odiamo Napolitano, perché l’odio è un sentimento che si riserva ai grandi. Chi svende il proprio paese merita disprezzo.

 Offende Napolitano su Facebook

Trevigiano rischia fino a 5 anni

Gruppi contro il presidente, da Firenze parte un’inchiesta

 CONEGLIANO (Treviso) — Insulta il capo dello Stato su Facebook e per questo è indagato per il reato di offesa all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica. Rischia di costare caro ad un coneglianese un post scritto sulla pagina di un gruppo del famoso social network, per manifestare tutto il proprio dissenso nei confronti di Giorgio Napolitano. Uno stralcio dell’inchiesta avviata dalla procura e dalla polizia postale di Firenze è arrivato a Treviso e per l’indagato si profila la richiesta di rinvio a giudizio. Il ruolo di Napolitano, nonostante sia ormai in scadenza di mandato, è più che mai al centro della politica italiana, impegnato in prima persona a cercare di risolvere l’empasse in cui sono precipitati i partiti politici dopo il risultato elettorale.

 Nonostante questo però, sono in molti a non amarlo e a criticare aspramente il suo operato. Ma se la maggior parte usa il diritto di critica nei modi e nelle forme lecite, c’è anche chi, soprattutto attraverso internet, spesso travalica i limiti. Vari, ad esempio, i gruppi nati su Facebook per criticare il Presidente: da «Napolitano non è il mio Presidente» a «Napolitano e le sue frasi ovvie» fino all’ancora più esplicito: «Vergognarsi del Presidente Napolitano ». Pagine sulle quali i commenti negativi, così come gli aggettivi spesso offensivi e ingiuriosi, si sprecano e che vengono seguite da uno stuolo di iscritti e migliaia di «Mi piace». E proprio su una di queste pagine dall’inequivocabile nome «Io odio Napolitano », D.B., 35 anni di Conegliano, avrebbe manifestato la sua poca stima nei confronti del Capo dello Stato.

 L’uomo infatti, avrebbe lasciato un post per commentare alcune notizie sul Presidente, definendolo, senza mezzi termini, «stronzo». Un commento che, insieme agli altri della pagina, non è sfuggito agli ispettori della polizia postale di Firenze che hanno avviato un’indagine sul gruppo (che nel frattempo è stato chiuso), identificandone fondatori e iscritti. Tra quelli che hanno ricevuto un avviso di garanzia, anche il coneglianese per il quale uno stralcio dell’inchiesta è stato avviato in procura a Treviso, affidato al sostituto procuratore Antonio De Lorenzi, che ha da poco chiuso le indagini. Per l’indagato che, attraverso il suo avvocato Francesco Serafin sta per depositare una memoria difensiva, si profila quindi il probabile processo e il rischio di una pesante condanna. La pena prevista per il reato di offesa all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica, è infatti stabilita da un minimo di uno ad un massimo di cinque anni di reclusione: «Quella del mio cliente è stata una leggerezza—commenta il difensore Francesco Serafin —. Su quella pagina ha lasciato un unico post, preso dal momento e senza riflettere. Per quell’unico errore, ora rischia una condanna che pare spropositata se paragonata a quelle per una comune diffamazione».

 Milvana Citter

03 aprile 2013

A quando i gulak del pensiero?ultima modifica: 2013-04-04T08:54:00+02:00da davi-luciano
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