Siria. Le armi chimiche ribelli imbarazzano l’Occidente

Ennesimo scontro all’interno della Coalizione di Doha. La vice presidente Atassi lascia l’incarico all’indomani della nomina di Hitto 

Matteo Bernabei

L’utilizzo di armi chimiche nel conflitto in corso in Siria resta per il secondo giorno consecutivo al centro del dibattito internazionale. All’indomani dello scambio di accuse tra il governo di Damasco e le opposizioni, infatti, il fronte intervista occidentale continua la sua opera di mistificazione puntando il dito contro il governo di Bashar al Assad e le forze armate siriane, pur non avendo a supporto di tali accuse alcuna prova concreta. Un’assenza totale di riscontri certi sull’utilizzo di questo tipo di ordigni da parte dell’esercito del Paese arabo, sottolineata ieri anche dal ministro dell’Intelligence israeliana Yuval Steinitz (foto). “Appare ormai chiaro che delle armi chimiche sono state usate contro dei cittadini siriani dai ribelli o dal governo. È un fatto molto preoccupante per noi e di cui ci dobbiamo occupare urgentemente”, ha affermato il rappresentante del governo di Tel Aviv, che rispondendo poi a una domanda diretta su chi avesse fatto ricorso ad armi non convenzionali, ha prima ribadito di non avere notizie confermate a riguardo e poi rilevato che questo per Israele “non ha importanza”. Quello che preoccupa le autorità israeliane è infatti il pericolo che queste armi arrivino lungo i loro confini, un timore non espresso esplicitamente dal ministro Steinitz forse per evitare nuovo imbarazzo al presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in occasione della sua prima visita nel Paese. Il supporto degli Usa alla rivolta armata contro Damasco è cosa nota, così come la presenza di gruppi islamici estremisti tra le milizie ribelli, una pericolosa deriva estremista più volte denunciata in passato anche dalle stesse autorità di Tel Aviv.
A mettere in imbarazzo l’inquilino della Casa Bianca, che martedì scorso per bocca del suo portavoce aveva accusato apertamente le forze armate siriane di aver fatto riscorso ad armi non convenzionali, ci ha pensato però l’ambasciatore americano nel Paese mediorientale, Robert Ford.
“Finora non ci sono prove che avvalorino i resoconti che parlano di uso di armi chimiche in Siria”, ha dichiarato il diplomatico nel corso della sua audizione al Congresso.
Parole che tuttavia non hanno scoraggiato i detrattori di Damasco dal lanciare le solite accuse mediatiche. “Credo ci siano alte probabilità che siano state usate armi chimiche. Dobbiamo avere una verifica finale, ma sulla base di quanto sappiamo nell’ultimo anno e mezzo, concluderei che siano state posizionate per essere usate, siano pronte ad essere usate o siano già state usate”, ha affermato il presidente del House Intelligence Committee Usa, Mike Rogers, che non ha ovviamente specificato da quali informazioni abbia tratto tali conclusioni. Ignote anche le fonti del presidente della commissione Intelligence del Senato, Dianne Feinstein, secondo la quale Damasco in questo modo avrebbe oltrepassato la “linea rossa” tracciata dal presidente Obama e che potrebbe portare gli Usa a un intervento militare. Intervento diretto che non è in realtà nei piani futuri del capo di Stato nordamericano, il quale sta invece facendo di tutto per far fare il lavoro sporco ai propri alleati europei. Ad ogni modo, per chiarire la questione, il governo siriano ha rivolto al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, un appello affinché formi una commissione d’inchiesta composta di esperti. Richiesta volta a dimostrare la propria estraneità ai fatti e, di contro, la colpevolezza delle truppe ribelli. Una simile richiesta è stata poi presentata anche dalle fazioni politiche estere che si oppongono a Damasco, senza tuttavia specificare chi dovesse occuparsi della questione. E mentre la macchina della mistificazione mediatica lavora senza sosta per ribaltare ancora una volta la realtà dei fatti sul campo, le opposizioni estere tanto care all’Occidente continuano a mostrare la loro fragilità, frutto di un’unione forzata dall’esterno.
Dopo la nomina di martedì del primo ministro del futuro e improbabile governo dissidente estero, la Coalizione di Doha perde un altro importante pezzo: si tratta del vice presidente Suheir Atassi, unica donna a ricoprire un incarico di rilievo nella piattaforma, che ieri ha congelato la sua appartenenza all’organizzazione.
Ad annunciarlo è stata la stessa Atassi attraverso una nota pubblicata sul suo profilo Facebook dove afferma che “in quanto cittadina siriana non intendo essere un accessorio”. Un’uscita di scena probabilmente motivata dall’ennesima decisione presa in maniera unilaterale dalla componente islamica della Coalizione, che ne costituisce la grande maggioranza. L’annuncio arriva infatti all’indomani della nomina di Ghassan Hitto, cittadino statunitense, eletto proprio grazie ai voti dei membri musulmani dell’organizzazione. Uno strapotere che già nell’estate scorsa aveva spinto Bassma Qodmani, un’altra donna membro del direttivo del Consiglio nazionale siriano, formazione dominata dai Fratelli musulmani con sede a Istanbul e successivamente confluita nel novembre scorso nella Coalizione, ad abbandonare la piattaforma costatandone l’inefficacia. Un’ennesima prova delle frizioni interne al fronte delle opposizioni, che di certo non può rappresentare e tantomeno parlare a nome dell’intero popolo siriano.


21 Marzo 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=19801

 

Siria. Le armi chimiche ribelli imbarazzano l’Occidenteultima modifica: 2013-03-21T18:04:00+01:00da davi-luciano
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