Fango, neve, sabbia e veleni su PECHINO

La nevicata su Pechino ci dà lo spunto per parlare della grave situazione di inquinamento che grava sulla città.

**Video** – Oggi, ore 09.45

18 milioni di abitanti, una cappa di smog di quelle inimmaginabili anche nell’inquinatissima Milano, e ora anche la neve mista a fango e sabbia. E’ stata data una grande rilevanza al fenomeno verificatosi martedì 19 marzo su Pechino: prima che i fiocchi coprissero ogni cosa con uno strato di circa 10cm, in città sono scesi inizialmente grigiastri, come non si era mai visto, e spesso misti a fango e sabbia. Un cocktail tra inquinamento e sabbia del deserto dei Gobi, nulla di nuovo per la metropoli cinese, eppure mai come oggi l’episodio è salito agli onori della cronaca.

Evidentemente gli abitanti di Pechino sono stufi di inghiottire veleno e si ribellano, postando in rete i video più significativi dell’evento. Del resto la città vive quasi costantemente avvolta da un alone grigio che riduce la visibilità anche sino a 100m, quasi tutti sono muniti di mascherine; le concentrazioni di polveri sottilissime, PM 2,5, nello scorso gennaio era addirittura salito a 896 microgrammi al metro cubo, quando l’organizzazione mondiale della sanità ha sancito che non dovrebbe superarne i 25.
 
Per contrastare la tendenza alla desertificazione e per migliorare la qualità dell’aria il Governo ha deciso già nel 2011 di piantare trecento milioni di alberi nella regione dell’Hebei, a nord e a ovest della capitale, lungo il confine con la Mongolia Interna, per arrestare l’avanzata della sabbia dal deserto del Gobi. 

Il progetto mira a far crescere una nuova foresta di 250 mila chilometri quadrati di superficie. Le dune, alte fino a duecento metri, avanzano di venti metri all’anno: una velocità tripla rispetto alla media del secolo precedente. Dal 1990, sabbia, siccità e cemento hanno distrutto 135 mila chilometri quadrati di macchia. Per garantire l’irrigazione iniziale delle piante, nei prossimi anni saranno deviati anche ventiquattro fiumi, a partire dal Fiume Giallo. 

Del resto le contee interne e del Nord, tra gli altipiani tibetani e la Manciuria, sono flagellate da catastrofici periodi di siccità. Le precipitazioni annue, dal 2001, sono diminuite del 37%. Nella zona di Pechino i giorni di vento sono saliti da una media di 136 a 178 all’anno. La capitale, nel 2010, è stata raggiunta da 56 tempeste di sabbia. Costi e danni economici sono incalcolabili. 

Sabbia, polveri sottili ed emissioni del carbone usato per industrie e riscaldamenti formano un cocktail mortale. La fascia agricola che circonda Pechino negli ultimi cinque anni si è ridotta del 12% e nella nazione vivono 400 milioni di eco-profughi. Sono i contadini costretti ad abbandonare la terra resa sterile dalla sabbia e dai veleni, pericolosamente ammassati oggi nelle metropoli. 

Le autorità comuniste sperano che l’umidità generata dalla selva, respingendo la sabbia verso i deserti mongoli e russi, induca anche la formazione di nuvole e lo scarico di piogge. Il 90% delle antiche sorgenti imperiali è prossimo all’estinzione, i laghi Ming sono ridotti a spiagge di quarzo e i pechinesi temono di doversi concentrare presto sulla costa ad est di Tianjin. A meno che una foresta artificiale, nella culla della deforestazione asiatica, torni a salvare la nuova capitale del pianeta.

Autore : Report di Alessio Grosso

http://meteolive.leonardo.it/news/%2A%2AVideo%2A%2A/72/Fango-neve-sabbia-e-veleni-su-PECHINO/40887/

 

Cipro: un altro passo nel delirio

L’occupazione e la conquista di Cipro da parte dell’Europa delle banche e del Fondo Monetario Internazionale. Una guerra senza armi, il nostro Risiko quotidiano, fra aspetti noti e altri molto meno noti, di quello che ormai può definirsi un olocausto dei popoli europei.

 

Dopo i delfini ora anche le balene muoiono nel Tirreno

//davi-luciano.myblog.it/media/00/00/3142436943.jpg

Dopo i delfini ora anche le balene muoiono nel Tirreno

20 marzo 2013 – E’ stata rinvenuta a Livorno la carcassa di una  balena di circa 15 metri. Il mammifero  si e’ arenato  nel pomeriggio di ieri sulla spiaggia della Caletta di Rosignano a Livorno.

A riferirlo la Capitaneria di porto che, dopo una segnalazione, ha costatato che si trattava effettivamente della carcassa di un cetaceo in un primo momento scambiata addirittura per lo scafo di una barca.La balena , putroppo morta, sarebbe stata trasportata a riva dalle forti correnti.

http://terrarealtime.blogspot.it/2013/03/dopo-i-delfini-ora-anche-le-balene.html

CIPRO: UN TEST CHE SI DOVEVA FARE

Data: Mercoledì, 20 marzo @ 05:16:57 CDT

Argomento: Europa

 DI TYLER DURDEN

zerohedge.com

 Il “salvataggio”  sequestra-conti di Cipro rivela molto della struttura fondamentalmente neocoloniale e neofeudale dell’Eurozona e conferma la resa politica di questa regione alla finanziarizzazione.

Finalmente, l’Europa ha tolto la maschera e dietro le facce malaticce di sovranità, democrazia e libero mercato capitalista, possiamo vedere il vero apparato messo a nudo:l’aristocrazia politico-finanziaria dell’Eurozona che strangolerà i cittadini di ogni nazione per proteggere il proprio potere ed evitare che banche e obbligazionisti paghino per le loro perdite.

 Vedi: Il Modello E.U. del Neofeudalismo e della Finanziarizzazione Neocoloniale (24.5. 2012).

Vediamo per punti tutto quello che ci sta rivelando il “Caso Cipro” sul vero stato del potere della politica finanziaria in Europa:

 1. -Una  terminologia impostata sul decentramento maschera la struttura reale: l’UE opera per realizzare un modello neocoloniale. Nel vecchio modello di colonialismo 1.0, la potenza colonizzatrice conquistava o cooptava le élite di potere delle regioni periferiche, e cominciava a sfruttare le risorse e la manodopera delle nuove colonie per arricchire il nucleo imperiale. Nel neocolonialismo, le forze della finanziarizzazione (debito e leva finanziaria sotto il controllo dei cartelli bancari, appoggiati dai governi) vengono utilizzate per coinvolgere le élite locali e il popolo con il centro finanziario: i “coloni” delle periferie prendono in prestito soldi per comprare prodotti finiti fabbricati nelle economie del centro, arricchendo le Elite imperiali con:

A) Gli utili realizzati vendendo merci ai debitori

B) Gli interessi sul credito concesso alle colonie periferiche per potersi comprare dalle economie del nucleo centrale  le «merci per vivere alla grande»

C) Una scelta su quali operazioni permetteranno di finanzializzare le attività periferiche più appetitose, come immobiliare e debito dello Stato.

In sostanza, le banche centrali della E.U. hanno colonizzato i paesi periferici finanziandoli con l’euro, permettendo una massiccia espansione del debito e del consumo nelle periferie. Le banche e gli esportatori del nucleo centrale dell’E U quindi hanno ricavato enormi profitti da questa espansione del debito e del consumo.

Ora che il regime di finanziarizzazione dell’euro ha fatto il suo corso, si svela il vero volto del neocolonialismo: il patrimonio e il reddito dei paesi periferici dovranno trasferirsi verso il nucleo centrale, come pagamento degli interessi sul debito privato e sul debito sovrano che è dovuto alla banca centrale e alle banche private, che si proteggono a vicenda.

Questo non è solo il raggiungimento del neocolonialismo, ma anche di un neofeudalesimo. Le nazioni della periferia del E.U. sono effettivamente paesi neocoloniali debitori del nucleo (quasi-imperiale) delle banche, e allo stesso tempo i contribuenti delle nazioni virtuose, del centro (ora solo Germania e Olanda) sono ridotti, anche loro, a servi della gleba, ed il loro lavoro è utilizzato per produrre utili su qualsiasi prestito, fatto dalle banche ai paesi periferici, anche se evidentemente il prestito non potrà mai essere restituito.

Potremmo definire la E.U. una plutocrazia o un’oligarchia ma la sua struttura neofeudale ci costringe a identificare una classe che ha ricchezza e potere politico che vanno oltre i confini nazionali:  questa si chiama aristocrazia.

A servire l’aristocrazia è una classe di  tecnocrati ben pagati, di factotum, di lacchè, di leccapiedi e di fedeli esecutori. Sotto questa casta ben retribuita di tecnocrati, troviamo un’enorme casta schiava del debito, asservita per pagare gli interessi sui debiti propri o sui debiti degli altri, e costretta dalla sua stessa impotenza a pagare i debiti per proteggere le banche e gli obbligazionisti dall’assorbirsi le perdite.

Cipro ha aggiunto solo “un tocco di espropriazione” a questo ben oliato sistema di saccheggio: la strategia è (vorrebbe essere) l’ espropriazione diretta dei depositi bancari, per garantire le banche, anche quelle non-imperiali e chi possiede loro titoli, che non perderanno mai soldi che hanno investito in prestiti assurdamente rischiosi. 

 

2. – Si tratta di un bottino sovranazionale. Mentre i commentatori con dibattiti quotidiani hanno ingannato la gente per anni, spiegando quanto la Germania abbia tratto beneficio dall’euro, non hanno raccontato che chi beneficia veramente dell’euro non è uno stato ma sono le banche sovranazionali e tutto l’apparato politico dell’UE, che le banche hanno ormai fatto prigioniero.

I cittadini tedeschi possono approvare o disapprovare che avvenga un’espropriazione a Cipro, ma questo non ha nessuna importanza: perché anche se è ben mascherato, anche loro sono pedine che si muovono nella scacchiera delle banche: i salvataggi delle nazioni periferiche sono evidenti salvataggi delle banche centrali e degli obbligazionisti.

 Anche gli stati-nazione della periferia neocoloniale sono semplici pedine di una propaganda studiata, di un utile inganno da mostrare agli ingenui e ai sentimentali, che credono ancora nelle strutture nazionali e che insistono a non voler vedere una triste realtà neocoloniale di servitù e saccheggi. 

 3. – La democrazia è una finzione, quando per chiunque si voti, saranno comunque banche e obbligazionisti a mantenere il controllo del flusso dei redditi e della ricchezza privata.  La democrazia in Europa è la caricatura di una ridicola finzione, di un assurdo sanguinoso gioco circense offerto  alle masse per distrarle dalla loro impotenza e dal loro stato di servi della gleba morosi. 

La democrazia è una finzione quando la politica che protegge le banche e gli obbligazionisti dalle loro perdite non si cambia, indipendentemente da quale partito, coalizione o nuovo leader politico arrivi nominalmente al potere. 

La ricchezza privata dei contribuenti tedeschi viene espropriata quando pagano le loro imposte, che servono per salvare le banche centrali e gli obbligazionisti: Quale differenza vogliamo vedere  tra questo esproprio e quello più palese della espropriazione di beni privati che si vorrebbe fare a Cipro?

E’ solo una differenza tecnica, il risultato è lo stesso: Un trasferimento forzato di ricchezza da chi l’ha guadagnata con il proprio lavoro verso quelle banche e verso quegli obbligazionisti che, se agissero in una vera economia capitalista, sarebbero immediatamente costretti ad assorbirsi le perdite causate dall’ alea delle loro scommesse finanziarie, altamente rischiose. 

 4. – La finzione ideologica del capitalismo è morta in Europa. Il capitalismo è una finzione quando qualcuno può rischiare il capitale sapendo di non perdere niente. 

 5. – Cipro è un test indispensabile per capire, in modo palese, se l’esproprio di beni privati si può fare anche senza far cadere un governo o senza provocare rivoluzioni. Se il furore si placherà abbastanza presto, la stessa tecnica di esproprio potrà essere imposta altrove. Se la reazione sarà forte e minaccerà l’aristocrazia, allora si dovranno studiare altre forme di espropri meno evidenti, da sperimentare in qualche altra neocolonia. 

6. – “Divide et impera” è l’eterno ordine del giorno della propaganda. Le élite di potere stanno cercando di mettere i servi della gleba delle periferie contro i servi del centro, con l’obiettivo di evitare che entrambi i gruppi si rendano conto di essere ormai tutti legati alla stessa catena di un anomalo sistema politico-finanziario in mano all’Aristocrazia.

 Tyler Durden

Fonte: http://www.zerohedge.com

Link: http://www.zerohedge.com/news/2013-03-18/guest-post-deeper-meanings-cyprus

18.03.2013

 Traduzione per www.ComeDonChisciotte.org a cura di BOSQUE PRIMARIO

http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=print&sid=11629

 

GOVERNO:GRILLO,NO ANCHE A GRASSO O A ALTRE FOGLIE FICO (2)

POL:GOVERNO
2013-03-21 11:04

ROMA 
(ANSA) – ROMA, 21 MAR – “Questa mattina mi sono recato al Quirinale con i capigruppo alla Camera e al Senato, Roberta Lombardi e Vito Crimi, per incontrare il presidente della Repubblica e riferire la posizione del MoVimento 5 Stelle. Il M5S è stato il primo per numero di voti alle ultime elezioni. Per questo chiede ufficialmente un incarico di governo per realizzare il suo programma, in particolare per realizzare le misure per il rilancio delle piccole e medie imprese, il reddito di cittadinanza e i tagli agli sprechi della politica. Finora, nonostante le dimensioni del successo elettorale, non è stata data alcuna rappresentanza istituzionale al M5S, non la presidenza della Camera, non la presidenza del Senato, che sono stati oggetto di contrattazione e mercanteggiamento tra i partiti e non espressione del riconoscimento del consenso elettorale”. “Il M5S chiede quindi un mandato pieno dal presidente della Repubblica per potersi presentare in Parlamento, esporre il suo programma di Governo, per chiedere il voto di fiducia. Nel caso il presidente della Repubblica accordi l’incarico. il M5S presenterà un suo candidato alla presidenza del Consiglio. Il M5S attribuisce a questa richiesta un atto di estrema responsabilità verso il Paese. Se questa richiesta non venisse accolta, il MoVimento 5 Stelle, come forza di opposizione, chiederà la presidenza delle Commissioni del Copasir e della Vigilanza RAI. Il M5S non accorderà alcuna fiducia a governi politici o pseudo tecnici con l’ausilio delle ormai familiari ‘foglie di fico’ come Grasso. Il M5S voterà invece ogni proposta di legge se parte del suo programma”. (ANSA)

Energia solare, la competitività è dietro l’angolo

  • Da Rinnovabili.it/ENERGIA – Di: Massimo ZUCCHETTI

    La crescita del mercato del solare termico e fotovoltaico in Europa dipende dalla politica dei governi nei confronti di questa tecnologia e dalla sensibilità delle persone in materia di ambiente

Energia solare, la competitività è dietro l’angoloInsieme ad alcuni colleghi ho recentemente pubblicato un articolo su una rivista scientifica internazionale che parla per una buona metà di energia solare. Ne fornisco qui volentieri un estratto per i lettori di “Rinnovabili”.

La disponibilità di fonti sicure, sostenibili e competitive di energia è essenziale per la crescita economica, la prosperità e la qualità della vita in Europa.

Tenuto conto della prevista crescita della domanda di energia, la crescente evidenza del cambiamento climatico e al fine di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico in Europa, un potenziamento dell’energia solare, fra  le migliori fonti di energia futura nel mix energetico europeo, è necessario.

 

Un rinnovato interesse per gli impianti solari a concentrazione (Concentrating Solar Power, CSP), o “Solare termodinamico” ad esempio, è in rapida crescita in tutto il mondo. In effetti, le nuove applicazioni commerciali per la produzione di energia elettrica stanno iniziando proprio ora, 20 anni dopo la distribuzione del primo impianto da 354 MWe (“SEGS”) nel deserto del Mojave, ancora in attività fin dai primi anni ’80.

Un grande fabbisogno energetico e di dissalazione di acqua nella cosiddetta regione EU-MENA (Europa-Medio Oriente-Nord Africa) – comprendendo quindi grandi aree attorno alle coste del Mediterraneo – potrebbe essere effettivamente soddisfatto con tecnologie solari, sia di tipo CSP che fotovoltaico.

La crescita del mercato del solare termico e fotovoltaico in Europa e in Italia dipende dalla politica dei governi verso l’utilizzo di sistemi di energia solare, dalla sensibilità del pubblico  in materia di ambiente e sul miglioramento della tecnologia combinata alla riduzione dei prezzi dei sistemi solari.

 

Considerando gli obiettivi della UE per fonti rinnovabili nel programma 20-20-20, i sistemi ad energia solare possono svolgere un ruolo importante – anche su larga scala – in molti paesi.

L’energia solare in termini di produzione di acqua calda (Solar Hot Water Heaters, SHWH), calore solare industriale di processo (Solar Industrial Process Heat, SIPH) e produzione di energia elettrica termica e fotovoltaica (PV) contribuisce al momento solo – per la fornitura globale di energia – per una frazione di 1%. Tuttavia, il potenziale dell’energia solare è immenso: la terra riceve in 1 ora dal sole l’equivalente della presente fornitura annuale globale di energia. Al di là di questo, la quantità di energia solare che può essere tecnicamente accessibile fornisce un totale di 3,8 volte la domanda globale di energia [Energy [r]evolution: A Sustainable China Energy Outlook].

L’energia solare è una delle tecnologie emergenti  fra le energie rinnovabili. Non vi è praticamente alcun bisogno – per il solare – di “salti tecnologici”, ma il suo sviluppo richiederà un clima politico favorevole. Il tasso di crescita dell’energia solare è stato relativamente elevato, anche se da un punto di partenza piccolo. Con riferimento alle statistiche dell’IEA (Agenzia Internazionale per l’Energia), le energie rinnovabili hanno nel periodo 1971-2004 mostrato un tasso di crescita annuale del 2,3 per cento, quasi alla pari con il tasso di crescita dell’offerta mondiale di energia, mentre l’energia solare nello stesso periodo è cresciuta di quasi il 30% per anno, in media, con tassi di crescita più elevati negli ultimi anni.

Gli impianti fotovoltaici  di potenza convertono direttamente la luce in energia elettrica, senza parti in movimento o qualsiasi tipo di emissioni, il che significa che i sistemi fotovoltaici possono di norma essere situati direttamente sul sito del carico elettrico da alimentare: è questo, a volte non esplicitato, uno dei  grandi vantaggi della tecnologia fotovoltaica, la generazione “on-site”. L’efficienza di conversione tipica di un modulo fotovoltaico in silicio è 14-16%, ma la tecnologia è in crescita, tanto che già i migliori moduli commerciali  raggiungono il 20-21% di efficienza.

 

Oggi, il mercato principale è quello dei sistemi fotovoltaici connessi alla rete elettrica, ma c’è anche un mercato considerevole per sistemi “stand-alone”, in particolare per applicazioni nel campo delle telecomunicazioni, nel pompaggio dell’acqua, nella protezione catodica e simili. Nei paesi in via di sviluppo, piccoli sistemi “stand-alone” (Sistemi solari domestici) vengono utilizzati per l’elettrificazione delle famiglie al di fuori della copertura di rete.

Il mercato globale del fotovoltaico tradizionale ha negli ultimi 5 anni visto un tasso annuo di crescita di circa il 40%.  Anche se la base in termini di produzione di energia è piuttosto piccolo, il mercato mondiale del fotovoltaico nel 2005 aveva un valore di oltre 10 miliardi di €, ed ora è molto sopra questo valore.

 

Oltre che dovuta alle variazioni di insolazione, il valore dell’energia elettrica fotovoltaica prodotta varia considerevolmente in tutta Europa, a seconda di fattori quali i profili di carico, il tipo e il funzionamento dei generatori, strutture tariffarie, costi del carburante fossile “tradizionale”.

 

Concludiamo elencando i vantaggi dei sistemi fotovoltaici:

  • Non hanno alcun impatto ambientale durante il funzionamento.
  • Rappresentano un tipo robusto e affidabile di produzione di energia, con costi di esercizio bassi e una lunga durata.
  • L’alimentazione viene prodotta durante il giorno, quando la domanda è il più grande.
  • Un impianto fotovoltaico è costituito da singoli moduli solari e può essere ampliato a MW o GW in maniera modulare
  • Sono facilmente adattabili alla rete di alimentazione elettrica
  • Ci sono buone possibilità per l’integrazione di sistemi fotovoltaici nell’ambiente urbano e negli edifici.

 Davanti a tutto ciò, riteniamo che lo svantaggio principale, ovvero il costo di un impianto fotovoltaico ancora relativamente elevato, non ancora competitivo con le alternative “tradizionali”, sia in fase di soluzione:  i prezzi sono destinati a scendere continuamente, fino a raggiungere la competitività in circa 10 anni.


 http://www.rinnovabili.it/energia/fotovoltaico/energia-solare-competitivita-10-anni-651/

 

Lisbona-Kiev, i fantasmi dell’Alta velocità europea

Da: Il Fatto Quotidiano

IL VIAGGIO

Lisbona-Kiev, i fantasmi dell’Alta velocità europea

IL GRANDE CORRIDOIO FERROVIARIO CONTINENTALE È UN’ILLUSIONE A CUI SOLO L’ITALIA CONTINUA ANCORA A CREDERE

di Andrea De Benedetti e Luca Rastello

  Esce oggi in libreria “Binario morto”, viaggio nell’Alta velocità che non c’è sul fantomatico corridoio 5 Lisbona-Kiev. Ne anticipiamo un capitolo.   Le cifre portoghesi offrono una chiave per leggere uno dei temi più importanti del dibattito sull’Alta velocità e sui grandi corridoi infrastrutturali europee. Perché il dibattito sulle grandi opere viarie, a Bruxelles come in Italia, è sempre condizionato dall’eco di grandi previsioni disattese e di altrettanto grandi promesse a lunga scadenza: opere che andranno in esercizio fra il 2030 e il 2050, costi abbattuti nell’arco di decenni, rientri economici – spesso mirabolanti – previsti ben oltre la metà del secolo appena iniziato. Di che cosa ci parla, allora, il Portogallo? Di 16,7 miliardi di disavanzo accumulato, tra il 2000 e il 2010, per gli enti statali che si occupano di trasporti e infrastrutture; di 23 miliardi di deficit previsto per il 2015 in caso di mancata riduzione dei costi, di cui 2,5 miliardi di passivo a carico della sola Cp (Comboios de Portugal), la compagnia ferroviaria di Stato; e poi di un’offerta di passeggeri per chilometro quattro volte superiore alla domanda effettiva. Bastava leggere quelle pagine per conoscere in anticipo il finale del film.   Il Portogallo non ha alcuna intenzione né possibilità – almeno fino a quando rimarrà in vigore il programma di aiuti europei – di assumere impegni nella realizzazione di nuove infrastrutture, essendo quelle esistenti in perdita e sovradimensionate rispetto alla domanda. Due treni giornalieri per Maastricht bastano e avanzano. Dunque il corridoio rimarrà senza ingresso principale: niente pilastri di granito all’entrata, niente frontone neoclassico; solo entrate di servizio, anticamere con affaccio obliquo su un progetto di cui oggi, 3 aprile 2012, non si vedono l’inizio né la fine. Diversi chilometri più a est di Santa Apolónia sorge una quinta stazione, la Estaçao do Oriente, tutta scale mobili, tensostrutture e centri commerciali, adagiata in mezzo al quartiere dell’Expo. Nella sua prosopopea architettonica anche la Estaçao do Oriente appare invecchiata, scheletrica, come tutti gli organismi nelle cui vene scorre meno linfa del necessario.   DOPO L’ESPOSIZIONE universale del 1998, l’organizzazione degli Europei del 2004 (sfilata alla Spagna) e l’ascesa di Durao Barroso alla guida della Commissione europea, si è dato per scontato che il paese avesse ormai acquisito un livello di autonomia, dinamismo, benessere e reputazione internazionale tale da non richiedere scossoni né aiuti da parte di chicchessia. Inveceè un paese che oggi non ha la forza, il denaro e neppure la convinzione strategica per posare circa 300 chilometri di binari tra Lisbona e il confine con la Spagna. Trecento chilometri sostanzialmente piatti, senza metropoli da evitare o attraversare né montagne da perforare, che in tutto sarebbero costati poco più dei 68 chilometri del tratto italiano della Torino-Lione (2,4 contro 2,2 miliardi di euro, tunnel di base ovviamente escluso), ma che in un orizzonte economico a breve-medio termine, quello del 2015, non avrebbero portato alcun beneficio al paese e anzi ne avrebbero prostrato in maniera definitiva le già provate casse. Per il Portogallo il 2015 è un terminus ante quem, e l’anno che segna la cesura tra la fine dell’attuale legislatura e l’inizio della successiva, è la frontiera più estrema a cui sono riusciti a spingersi gli autoridel Pet nell’elaborare il documento e nel formulare le loro previsioni. Oltre, c’è un abisso su cui non hanno osato sporgersi, tale è la vertigine che suscita il futuro, questo futuro. Per l’Italia, invece, il 2015 è domani. Anzi, oggi. Nel rapporto sull’Analisi costi-benefici dell’Osservatorio Torino-Lione leggiamo, infatti, che i lavori comincerannonel 2014, termineranno (se tutto andrà bene) nel 2035 e inizieranno a produrre benefici nel 2073. Il problema è che 61 anni non sono un tempo da economisti o banchieri, ma da futurologi, scrittori di fantascienza, astrologi, profeti.   Allo stato attuale di veloce in Portogallo esiste, anzi resiste, solo la linea Braga-Faro, ma stiamo parlando di un treno in servizio da quasi 15 anni – l’Alfa Pendular, cugino di primo grado del nostro Pendolino – che prima di Lisbona non si spinge oltre i 160 chilometri all’ora e in certi tratti viaggia più lento di un tram. Di fatto, l’unico tratto in cui l’Alfa Pendular può superare – ma senza esagerare – i 200 chilometri all’ora è quello tra Lisbona e Faro. Prima, è un treno come tutti gli altri, anzi peggio perché va lento uguale, ma costa di più.

BINARIO MORTO   Andrea De Benedetti e Luca Rastello Chiarelettere, 224 pag., 12,90 euro

I binari della stazione di Santa Apolonia, a Lisbona   Lapresse

 

Tav, la strada per Palazzo Chigi passa da Susa

Da: Il Fatto Quotidiano  – di  | 17 marzo 2013

La strada per Palazzo Chigi passa da Susa. In particolare sabato 23 marzo. L’elezione di Boldrini e Grasso non è la vittoria della linea di Bersani – casomai di Vendola – ma della capacità di mettere in tensione positiva la concorrenza  tra Italia Bene Comune e 5 stelle. E’ la novità nel senso sostanziale e non televisivo-battutistico, è la proposta di buona politica di autenticità, onestà, giustizia sociale. E’ anche la prova che se si esce almeno un po’ dallo schema  politico tradizionale, in 5 stelle si apre un dibattito vero. Che può essere solo tra gli elettori, ma anche tra i senatori. Sbaglia però chi pensa o pensasse che  “così abbiamo spaccato 5 stelle”, adesso il Pd può riprendere la marcia prevista e incoronare il governo o passare presto all’incasso in una verifica elettorale.

C’è bisogno che le novità siano sostanziali e vadano incontro a sentimenti presenti nei milioni di voti che 5 stelle ha sottratto alla sinistra. Tra i quali sentimenti c’è indubbiamente il rifiuto degli sprechi di denaro pubblico per opere che feriscono il territorio senza essere necessarie.

Sabato 23 marzo  c’è una importante manifestazione da Susa a Bussoleno, contro il Tav Torino Lione inteso non soltanto come danno a un territorio ma come la Grande Opera Inutile per eccellenza, il Ponte sullo Stretto di vecchie lobby torinesi. E’  stato l’ intransigente attaccamento al Tav da parte del Pd locale a far perdere al centrosinistra la Regione Piemonte nel 2010. (Per pochissimi voti questa volta non si è perso il premio di maggioranza al Senato in Piemonte. Se fosse successo, altro che Grasso…)

Tanti nel Pd sanno benissimo che non c’è bisogno, anzi che non ci possiamo permettere il Ponte sullo Stretto in Val di Susa, ma non  hanno osato dirlo chiaramente. Tranne Laura Puppato che ne ha fatto un tema della sua campagna alle primarie.

Alla manifestazione di sabato 23 a Susa 5 Stelle ha promesso di far partecipare tutti i suoi parlamentari. Tutti! 
Sinistra Ecologia e Libertà andrà anch’essa con una delegazione parlamentare. La gente che si è impegnata nella campagna elettorale per il centro sinistra farebbe bene a farci un pensiero. Soprattutto lo dovrebbero fare i nuovi parlamentari e i giovani leoni, turchi o renzi che siano, del Pd. Innanzitutto perché la battaglia contro quella linea inutile è giusta, sembra che lo stia per capire  anche Hollande. E comunque, perché se non ci si vuole mettere nelle mani di Bossi e Monti, se si vuole ripetere il miracolo delle 5 stelle che si muovono, non si può lasciare a Grillo tutta o quasi la bandiera No tav.

Emmalaura Boldrino (Parte prima)

Dopo Emma Bonino, un’altra  sedicente “pasionaria dei diritti umanitari” viene messa in campo. E c’è anche chi, nel “movimento” batte le mani alla elezione di Laura Boldrini alla presidenza della Camera. Quasi che questo personaggio, subito recatasi con Napolitano e Grasso all’Altare della Patria a rendere omaggio al “milite ignoto”, sia emblema di diritti umani e di impegno contro la guerra.

Delle sue gesta in “teatri di guerra come la Jugoslavia o l’Afghanistan o delle sue dichiarazioni a favore dell’aggressione alla Libia ci occuperemo un’altra volta. Per ora soffermiamoci sull’ultima sua dichiarazione (8 marzo 2013)  sulla Siria:

“A tutte quelle donne che, pur nascondendo i loro volti con una sciarpa perché temono ritorsioni, non rinunciano a denunciare gli abusi subiti e che con coraggio e determinazione testimoniano la tragedia di un popolo. A loro, la prova vivente delle atrocità commesse dal regime che si accanisce contro i suoi cittadini, va tutta la mia solidarietà, in una giornata che ricorda al mondo quanto essere donna significhi ancora, a ogni latitudine, essere discriminata, usata, violata. In Siria è in corso un disastro umanitario con milioni di persone in fuga ma il mondo sembra voltarsi da un’altra parte, sordo alla richiesta di porre fine a tanto spargimento di sangue. Per quanto ancora le voci di queste donne verranno ignorate?”

Le ‘atrocità commesse dal regime siriano, ovviamente; neanche una parola sull’embargo che ha gettato nella disperazione e nella fame tutta la popolazione siriana o sulle decine di autobombe dei “ribelli” che continuano a seminare il terrore in Siria; e nella stessa intervista viene elogiato l’operato della Turchia “per avere allestito campi che ospitano i profughi” (che, in realtà, come quelli del Kossovo, servono sostanzialmente come basi operative per addestrare e coordinare i terroristi della NATO che seminano il terrore in Siria.

 Fonte: http://napolinowar.wordpress.com/2013/03/17/emmalaura-boldrino-parte-prima/

Tratto da: Emmalaura Boldrino (Parte prima) | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2013/03/18/emmalaura-boldrino-parte-prima/#ixzz2O11qzTAz 
– Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario! 

La Boldrini e la liberazione della Libia – Boldrini, una garanzia di guerra

//davi-luciano.myblog.it/media/02/01/2475971001.2.jpg

Il prossimo premio nobel per la guerra e lo sterminio “politically correct” lo darei alla Boldrini.

Che dire dei 60 MILA CIVILI ASSASSINATI DALLA NATO?

Sono il giusto prezzo della democrazia? Come disse Madeleine ALbright (che donna) riguardo ai 500 MILA bambini iracheni uccisi dall’EMBARGO USA?

Uccidere la speranza: Laura Boldrini, Eritrea e Libia

marzo 18, 2013 

Il rovesciamento della Jamahiriya Libica e l’assassinio del suo leader non avevano nulla a che fare con i diritti umani e altra spazzatura ideologica. “Chi oggi cerca di far credere ciò, dovrebbe essere accusato di apologia di crimini di guerra e complicità dalla Corte penale internazionale, se questa vuole ancora avere un minimo di credibilità.”

‘Combattenti per la Libertà’ in Siria, per i quali Laura Boldrini, come ha già fatto in occasione della distruzione della Libia, invoca il ‘supporto della Comunità Internazionale’ (ovvero, l’intervento armato della NATO contro lo Stato e il Popolo siriani)

Nell’estate del 2010, montò un’aspra campagna anti-libica, volta a sabotare gli accordi strategici tra Tripoli e Roma. In vista anche dell’assalto e della distruzione della Repubblica popolare socialista delle Masse (Jamahiriya) di Libia. La campagna propagandistica, attuata dai mass media di sinistra: l’Unità, Repubblica-L’espresso, Rai3/TG-3, ecc. verteva su una storia diffusa da alcune ONG e dal CIR (Consiglio Italiani  dei Rifugiati) che, basandosi sulle oramai oggi famose e fumose ‘anonime voci locali’, affermavano che il 30 giugno 2010, 247 ‘profughi’ eritrei e somali sarebbero stati “caricati a forza su tre container e, dopo un viaggio di 10 ore, portati a Saba (ma le stesse fonti poi parlano di  Misurata. NdR), nel mezzo del deserto del Sahara, come punizione per una rivolta e un tentativo di fuga dal centro di ‘detenzione’ di Misurata”.
A queste ‘notizie’, il PD, la sinistra e i verdi prontamente scattavano chiedendo l’intervento del premier Silvio Berlusconi, del ministro degli Esteri Franco Frattini e di quello degli Interni Roberto Maroni, affinché “l’Italia si faccia carico di queste persone”. In tale quadro, i Verdi, oramai in via di estinzione, nel tentativo di riguadagnare i galloni da campo agli occhi della dirigenza atlantista, scattavano a loro volta pretendendo “un’inchiesta internazionale immediata e ai massimi livelli“, mentre il loro presidente Angelo Bonelli insisteva “é materia da Tribunale penale internazionale, se le notizie che arrivano dai campi libici fossero confermate, avremmo una violazione dei diritti fondamentali dell’uomo, con una implicita complicità dell’Italia, cosa che getterebbe vergogna e fango sulla storia della nostra democrazia“. I Verdi, come da tradizione, accorrevano ad oliare i fucili della NATO, assieme ad altri figuri, c ome il senatore dell’UDC Giampiero D’Alia che invitava il governo a “non mettere la testa sotto la sabbia e a dimostrare almeno una volta di non essere succube del colonnello Gheddafi“, mentre il deputato del PdL Enrico Pianetta, ex-presidente della Commissione Diritti Umani del Senato, si appellava a Frattini e Maroni “Per salvare i nostri 300 fratelli eritrei che hanno diritto ad avere asilo politico e non di essere trattati come bestie dalla Libia…” concludendo che era una cosa “più grande degli interessi geopolitici internazionali”. E difatti, un anno dopo, nel 2011, Frattini accoglieva l’appello strappalacrime mettendo davanti agli interessi nazionali ben altri interessi… Pianetta se ne sarà felicitato.
Infatti, la ben istruita Amnesty International avviava la sua ben rodata prassi di disinformazione e propaganda negativa contro i prossimi bersagli della NATO; Riccardo Noury di Amnesty International Italia collegava le due ‘feroci dittature’ libica ed eritrea, da sempre invise sia alla NATO e ai suoi petro-ascari arabi: “Il destino per chi viene rispedito in Eritrea è il carcere, torture e maltrattamenti per loro e i familiari. Chiediamo alla Libia il rispetto degli obblighi umanitari”, corredandole di accuse contro Asmara: leva militare permanente, mancanza di libertà di stampa, persecuzioni religiose, ecc. Al solito, tutto l’occorrente hollywoodiano per creare il fantoccio del nemico perfetto da bombardare in modalità ‘politically correct’.
Difatti, nel dicembre 2009, le Nazioni Unite imponevano le routinarie sanzioni all’Eritrea, compreso il congelamento dei beni e il divieto di espatrio dei membri del Governo. Le solite cose viste, regolarmente applicate ai nemici della NATO e delle istituzioni finanziarie internazionali, come le agenzie finanziarie di George Soros, bandito transnazionale, uso pagare ONG e guitteria dirittumanitarista affinché svolgano i   richiesti servizi mirati di disinformazione strategica. Infatti, il governo libico, davanti alle operazioni di ingerenza interna imbastita guarda caso dall’Alto Commissariato dei Rifugiati delle Nazioni Unite, la cui portavoce era proprio Laura Boldrini, decideva di espellere dalla Libia l’UNCHR, per l’opera di destabilizzazione che stava svolgendo soprattutto, sempre un caso, a Misurata, futura roccaforte della sovversione salafita-atlantista del 2011.
Di fronte alla pronta reazione di Tripoli, scattavano la controffensiva mediatica delle varie guapperie del ‘politically correct’ viola o arancione che fossero. In sostanza le associazioni anti-razziste, pro-migranti, dirittumanitariste a senso unico, iniziavano il battage pubblicitario anti-libico, ottenendo il sostegno dei su ricordati pavidi ‘personaggi istituzionali’, nel mettere sotto pressione il governo italiano, affinché auto-sabotasse la propria iniziativa verso la Jamahiriya Libica. All’orizzonte, intanto, si profilava il golpe-insurrezionale anglo-franco-qatariota di Bengasi. Fonte principale di questa storia dei profughi eritrei picchiati e internati in Libia, erano le ONG Fortress Europe e Habesha, che da Roma raggiunsero agevolmente alcuni presunti ‘detenuti’ a Misurata. Resta da spiegare come fosse possibile che dei ‘detenuti vessati e picchiati’, potessero colloquiare tranquillamente al telefono con esponenti di no te ONG eritree anti-governative e foraggiate da frazioni della dirigenza italiana e dal Vaticano. Ma nonostante tutto, la terribile repressione denunciata dall’ONG Habesha riguardava dei feriti e dei tentati suicidi “per evitare la compilazione dei moduli di identificazione”; una pratica normale in qualsiasi Paese.
Va ricordato che Habesha è un’agenzia diretta e gestita da elementi contrari al governo di Asmara, e che a sua volta rilanciava tali notizie presso l’UNCHR, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il CIR, e gli immancabili Amnesty International e Human Rights Watch. Lo scopo come detto era sabotare un’intesa italo-libica, da sempre contrastata dai partiti di centro-sinistra e della destra filo-sionista, da sempre totalmente proni agli interessi statunitensi, inglesi, francesi e israeliani, come ben dimostra la carriera ONUsiana dell’attuale presidente della Camera Laura Boldrini. Anche lei direttamente coinvolta e partecipe in tali eventi dalle origini e modalità più che dubbie.
Esilarante, poi, quando quell’estate 2010 accade un evento che sebbene svoltosi sotto gli occhi di un pubblico di milioni telespettatori, sfuggì totalmente alla loro attenzione. Ebbene, il TG-3, il telegiornale di sinistra, gestito dal PD in base alla spartizione partitocratica (e privatistica) delle risorse pubbliche, trasmise per alcuni giorni la notizia allarmante sui migranti eritrei, lanciando l’allarme sulle brutali condizioni vigenti nei ‘campi di concentramento’ di Gheddafi, dove perfino un milione, dicevano, di africani veniva brutalizzato e perfino lasciato morire. I ‘migranti eritrei’ denunciavano al TG-3 i maltrattamenti subiti dalla polizia di Gheddafi: torture, bastonature, incatenamenti, isolamento, denutrizione, maltrattamenti, malattie e fame. Sembrava che tutte le storie horror delle varie agenzie antirazziste, oggi scopertesi al soldo della NATO, del social-colonialismo parigino e dei petro-emirati del Golfo Persico, venissero verificate e dimo strate. Ma la cosa strana, che ai giornalisti del TG-3 sfuggì, o che semplicemente ignorarono contando sulla dabbenaggine del telespettatore medio di ‘sinistra’, era dato dal fatto che i poveri migranti eritrei, ‘internati e torturati’ nei lager gheddafiani, potessero tranquillamente spargere questa disinformazione intervenendo in diretta, durante il telegiornale stesso, parlando con lo speaker del TG-3 che, candidamente, diceva al pubblico che i “migranti-prigionieri” intervenivano grazie alla disponibilità di un telefono satellitare. Ovviamente si guardarono bene dallo specificare come fosse possibile che dei ‘prigionieri’ incatenati in un lager, avessero a disposizione, e chissà grazie a chi, addirittura un telefono satellitare con cui poter screditare il sistema libico parlando in diretta con i giornalisti del TG-3.
Il TG 3 si era prestato ad un’operazione di disinformazione strategica e di preparazione all’aggressione bellica alla Jamahiriya Libica, e questo ben sei-sette mesi prima che si sentisse parlare di “Primavera Araba”, con ciò dimostrando che l’intervento contro la Libia Popolare era in preparazione da molto tempo, anni se non decenni prima del 2011. Come si vedrà, la presunta ‘Primavera Araba’ in Libia è sempre stata seguita, coccolata e protetta fin dal primo giorno della “rivolta” di Bengasi. Altrimenti, cosa ci facevano la Portaeromobili Garibaldi e la nave-spia Elettra della marina militare italiana, nelle acque al largo di Bengasi, proprio nei giorni dell’esplosione della rivolta Gheddafi? Senza parlare poi della nave da carico utilizzata dalla nota ONG Emergency per prestare soccorso ai golpisti islamisti di Misurata (e solo a loro), che veniva regolarmente utilizzata per trasportare armi, mercenari, terroristi e consulenti occidentali, addirittura dei droni canadesi, per supportare la sanguinaria rivolta islamista e atlantista contro la Libia socialista e popolare.


Assalto all’ambasciata jamhiriyana libica di Roma da parte delle forze politiche (sinistra italiana e islamisti nordafricani) di cui, oggi, è espressione la neo-eletta presidente della camera Laura Boldrini.

Come mai al centro di queste vicende si trovano dei profughi eritrei? E come mai la pronta sollecitudine di ONG eritree, o presunte tali, nel denunciare sia Tripoli che Asmara? Come scrive un intellettuale-gangster nemico di Gheddafi e di Afeworki: “Se si dovesse ricomporre una vecchia canzone eritrea per descrivere quante volte il Presidente eritreo ha visitato la Libia negli ultimi dieci anni, uno dei versi reciterebbe così: ‘L’aereo vola, vola, viaggiare da Asmara a Tripoli è diventato un divertimento’”.
Isaias Afeworki è il leader del Fronte Popolare di Liberazione Eritreo e  presidente dell’Eritrea. In un’intervista del presidente eritreo ai media libici, del 5 gennaio 2011, descrisse la relazione tra i due Paesi come speciale e storica. Aveva anche dichiarato di aver visitato la Libia durante le sanzioni delle Nazioni Unite imposte alla Jamahiriya Libica dal 1992 al 2003, sottolineando la forte opposizione della Libia quando sanzioni analoghe sono state inflitte Eritrea, nel 2007. L’ultimo viaggio del Presidente Isaias Afeworki in Libia avvenne il 9-12 ottobre 2010, mentre l’ultimo incontro tra i due leader libico ed eritreo, avvenne a N’djamena, in Chad, il 21 luglio e poi in Libia il 23 dello stesso mese. Aferworki si recava in Libia per avere supporto materiale e politico, per affrontare le cospirazioni organizzategli contro. Afeworki compì la sua prima visita in Libia il 3 febbraio 1998, stabilendo in quell’occasione le relazioni diplomatiche tra i d ue Paesi, che migliorarono notevolmente dopo la guerra eritreo-etiopica del maggio 1998, quando l’Eritrea ricevette il sostegno dalla Libia, che dopo di allora chiese di spostare la sede dell’OUA da Addis Abeba a Tripoli.
In tale quadro, il 4 febbraio 1998, la Jamahiriya Libica creò la Comunità degli Stati del Sahel e del Sahara (CEN-SAD), con sede a Tripoli. La Comunità degli Stati del Sahel e del Sahara è una delle Comunità economiche regionali del continente (CER) riconosciuti dall’Unione africana. L’Unione Africana riconosce attualmente otto CER, ognuna di esse ha un ruolo chiave nel processo d’integrazione africana. Al vertice di fondazione del CEN-SAD parteciparono Gheddafi, i capi di Stato di Mali, Chad, Niger, Sudan e un rappresentante del presidente del Burkina Faso (come non notare tra essi i diversi Paesi aggrediti negli ultimi anni, dalle forze atlantiste). Le relazioni tra i due Paesi divennero ancora più strette dopo che l’Eritrea aderì all’organizzazione nell’aprile 1999. Difatti, il CEN-SAD arrivò a riunire 23 Strati (circa il 43% di tutti i membri dell’Unione Africana) divenendo a sua volta una piccola Unione africana. In ultima analisi, in questo attivis mo anti-coloniale della Libia, che ostacolava l’invadenza dell’Unione del Mediterraneo, sponsorizzata dalla Francia, e del Comando Africa degli USA (AFRICOM), sul continente africano, risiede la motivazione profonda dell’aggressione e della distruzione della Jamahiriya Libica. Aggressione e distruzione sponsorizzate da Laura Boldrini, che nel suo ruolo di esponente dell’UNCHR, ha condotto la campagna mediatica volta a promuovere il bombardamento umanitario della Libia, così come oggi, marzo 2013, la medesima Boldrini svolge una campagna mediatica per promuovere il bombardamento della Siria baathista.
Gheddafi, promuovendo la sua politica panafricana, avviò il CEN-SAD per conseguire i seguenti obiettivi:
– la creazione di un’unione economica basata sull’attuazione complessiva di un piano di sviluppo della comunità integrando e supportando i piani di sviluppo nazionali dei Paesi membri, comprendenti diverse aree di sviluppo economico e sociale come l’agricoltura, l’industria, l’energia, le iniziative sociali, culturali e sanitarie
– L’eliminazione di tutte le restrizioni che ostacolano:
• La libera circolazione delle persone, dei capitali e degli interessi dei cittadini degli Stati membri
• Le libertà di residenza, proprietà ed esercizio di attività economiche
• Le libertà di commercio e di circolazione di beni, prodotti e servizi degli Stati membri
• La promozione del commercio estero e di una politica di investimenti negli Stati membri
• Lo sviluppo dei trasporti tra gli Stati membri e di congiunti progetti per le comunicazioni terrestri, aerei e marittime
• Riconoscimento ai cittadini degli Stati membri degli stessi diritti e obblighi
• Armonizzazione dei sistemi di istruzione, educativi, scientifici e culturali Sempre più Stati africani s’interessavano ai piani di Gheddafi.
Nel 2009, all’ottavo vertice dell’organismo erano presenti 28 Stati: Libia, Burkina Faso, Mali, Chad, Sudan, Niger, Repubblica Centrafricana, Eritrea, Senegal, Gambia, Gibuti, Egitto, Marocco, Tunisia, Nigeria, Somalia, Togo, Benin, Guinea-Bissau, Costa d’Avorio, Ghana Sierra, Leone, Guinea, Comore, Kenya, Mauritania, Sao Tome e Principe, Liberia. In conclusione: in meno di dieci anni l’organizzazione del CEN-SAD era riuscita a riunire 28 paesi con 350 milioni di abitanti, che si estendevano dall’Atlantico al Oceano Indiano, dal Mar Mediterraneo al Golfo di Guinea, cioè la metà settentrionale del continente. Il governo jamahiriyano libico copriva il 15 per cento dell’intero bilancio dell’Unione Africana, pagando le quote annuali degli stati africani più piccoli e poveri. Negli ultimi dieci anni, aveva donato miliardi di dollari in aiuti a vari Paesi africani, e aveva istituito un fondo di 1,5 miliardi dollari per l’Africa.
Fu questo imponente e rapido processo che spinse le potenze occidentali, soprattutto le vecchie potenze coloniali come Francia e Regno Unito, ad organizzare il sabotaggio di questo programma, con l’attivo supporto di frange dell’ONU e delle ONG finanziate o da Parigi/Londra, o dai loro nuovi alleati del Golfo Persico, gli oscurantisti regni petro-islamisti del Golfo Persico come Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Quwait e Oman. Gli USA a loro volta reagirono costituendo nel 2004 l’iniziativa antiterrorismo trans-sahariana e nel 2008 l’AFRICOM. Per poter giustificare la nuova ingerenza delle potenze della NATO, vennero ricreati e favoriti i locali ‘gruppi islamici terroristi’ come Ansar al-Din, MUJAO o l’AQMI, al-Qaida nel Maghreb Islamico, di cui fa parte il Gruppo islamico combattente in Libia (LIFG), armato e finanziato dalla NATO allo scopo di distruggere la Libia. Il LIFG é principale ispiratore della repressione degli im migrati africani e della minoranza libica-africana,la cittadina di Tarhouna, composta da 40000 abitanti discendenti degli schiavi africani, è stata rasa al suolo, sotto lo sguardo compiaciuto di Laura Boldrini e di quelle ONG dirittumanitariste e ‘antirazziste’ che per prima sparsero la voce che i 2,5 milioni di immigrati presenti nella Jamahiriya Libica fossero ‘mercenari di Gheddafi’. Menzogna diffusa per giustificare i veri crimini contro l’umanità commessi dai mercenari salafiti-taqfiriti arruolati dalla NATO e dal Qatar.
Gheddafi visitò l’Eritrea il 7-9 febbraio 2003, dove fu ricevuto a Massaua e ad Asmara da migliaia di eritrei. Fu proprio in quel periodo che l’agenzia para-governativa bzrezinskiana statunitense Human Rights Watch lanciò l’offensiva mediatica mondiale tesa a screditare l’Eritrea. Allo scopo sono stati fondati e finanziati ONG e Partiti di Opposizione che, come il Partito Nazionale Wufaq, che apertamente invoca la rivolta armata per rovesciare il governo eritreo, prendendo come esempio le ‘Primavera araba’. Il Partito Wufaq fa parte del Congresso nazionale per il cambio democratico (NCDC); più che un titolo un marchio di fabbrica che porta direttamente alle agenzie d’influenza e d’intelligence statunitensi, come il NED, l’IRI e la CIA. La sigla standard di ‘Congresso democratico’ è già stata ampiamente utilizzata dagli ascari delle forze d’opposizione siriane, irachene e iraniane, che hanno sempre fatto ricorso al t errorismo e hanno sempre invocato l’intervento armato della NATO contro i rispettivi Paesi. Ed è a questo tipo di forze che si richiama Laura Boldrini, quando parla di “richieste di pace e libertà” in Siria.
Ritornando al NCDC, non è una pura coincidenza che abbia sede ad Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, con cui l’Eritrea è in conflitto da decenni. Nel frattempo i cosiddetti Democratici ed attivisti dei diritti umani eritrei, radunati dalla Rete della Società Civile eritrea in Europa (NESC-Europe), dopo aver trovato “edificante vedere questa nuova ondata democratica che attraversa l’Africa, l’emergere dell”Africa in movimento’”, ovvero l’intervento della NATO in Costa d’Avorio, Libia, Repubblica centrafricana e Mali, i ‘democratici euro-eritrei’ chiedono all’Unione europea di saper cogliere “l’ora della resa dei conti” con il governo di Asmara, per “cambiamento strategico”. Cambiamento, l’attuale parola d’ordine degli ascari del Pentagono e di Wall Street risuona in continuazione in questi ultimissimi anni, in tutti gli angoli in cui vi siano interessi degli statunitensi e dei loro alleati. Infatti, la Rete NESC-Europa chiede all’UE supporto finanziario-politico; l’avvio di una campagna d’infiltrazione presso la ‘società civile’ eritrea, ovvero preparare l’ennesima rivoluzione colorata; il riconoscimento di unico rappresentante legittimo dell’Eritrea; ecc.
Insomma, il solito armamentario mieloso, che serve solo a nascondere i proiettili e le bombe dell’armamentario effettivo. Non a caso una copia di tale ‘appello’ era stata speranzosamente inviata a Nicolas Sarkozy, l’ex-presidente della Repubblica francese, primo responsabile della tragedia libica. E infatti, l’UE, e soprattutto Roma, ha prestato orecchio a tale commovente appello. L’Intergovernmental Authority on Development (IGAD) è un’ente regionale per lo sviluppo del Corno d’Africa, rifondato nel 1996, e che riunisce Gibuti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia, Sud Sudan, Sudan e Uganda. Notare che nel 2007 l’Eritrea è stata sospesa, mentre l’inesistente Somalia, e lo Stato fantoccio Sud Sudan, prede di una inestinguibile guerra civile, continuano a farne parte, ricevendo i sostanziosi fondi elargiti dai ‘partner’ occidentali dell’IGAD, riuniti nel FPI (Forum dei Partner dell’IGAD), fondato a Roma nel gennaio 1998, dove si decise d’is tituire il Comitato di attuazione del progetto, poi attivato nel novembre 1998. Il Presidente dell’IGAD è il Presidente del FPI, e il governo italiano è il primo co-presidente. Si noti che all’FPI fa parte anche la già accennata Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), coinvolta nella sovversione in Libia. In sostanza, l’Eritrea è stata sospesa dall’IGAD, e quindi esclusa da qualsiasi finanziamento per lo sviluppo dall’UE e dagli USA, e l’Italia in tale decisione ha avuto un ruolo determinate. Si ricordi che all’epoca era al governo in Italia il centro-sinistra, cui ideologicamente si richiama Laura Boldrini.
Le ONG eritree, soprattutto quelle che si occuperebbero di migranti e profughi, sono finanziate dai Paesi occidentali, dal Vaticano e dalle petro-monarchie, tutti nemici dichiarati del governo Afeworki. Quindi, non è una casualità che si sia colta l’occasione dei presunti abusi, probabilmente inventati, sugli immigrati eritrei in Libia. Si è cercato di colpire non solo i rapporti tra Roma e Tripoli, ma anche quelli tra Tripoli e Asmara. L’Eritrea, come visto, aveva un grande amico in Gheddafi, colpendo i legami tra Eritrea e Libia, quindi, si è cercato di destabilizzare anche Aferworki, giocando la carta di una presunta persecuzione dei migranti eritrei pur di suscitare una reazione tra la popolazione eritrea contro il governo in Patria.
Tale accanimento contro l’Eritrea è dettato soprattutto dall’importante posizione strategica che occupa, sul Mar Rosso, laddove passa la maggior parte del flusso petrolifero che va dal Golfo Persico al Mediterraneo-Europa occidentale. Asmara coltiva solidi rapporti con potenze eurasiatiche come l’Iran e la Cina popolare, Stati percepiti come avversari strategici dagli USA, e quindi dalla NATO, e dai loro petro-ascari delle monarchie oscurantiste arabe e delle varie fazioni terroristiche salafite che tormentano il Medio Oriente. E quindi non è un caso che, dopo la farsa del presunto ‘golpe’ del gennaio 2013, quando vi fu un’azione sconclusionata di alcuni squinternati in cerca di denaro, venne gonfiata e trasfigurata in una ‘rivoluzione’ dagli organi di disinformazione occidentali. Tra queste, in prima linea, la solita al-Jazeera, e quindi l’emiro del Qatar, che cercava di esportare la sua ‘democrazia’ anche in Eritrea. Giustamente il governo d i Asmara ha adottato i provvedimenti necessariamente adeguati nei confronti delle spie e dei propagandisti del salafismo militante qatariota, espellendoli dal Paese. Difatti, anche in Eritrea il regime del Qatar ha dimostrato di cooperare con Israele.
Secondo il think tank statunitense Stratfor: “Iran, Qatar, Arabia Saudita ed Egitto stanno diventando stretti alleati del piccolo Paese africano. L’Iran ha fornito armi e addestra i ribelli yemeniti al-Houthi sistemati sulle coste eritree. Ciò ha svegliato l’interesse dell’Arabia saudita per l’Eritrea, poiché Riyadh vuole contenere i ribelli. Il Qatar, che vuole aumentare la sua influenza in Africa orientale, ha mediato nella disputa di confine tra Eritrea e Gibuti”. D’accordo con il governo di Asmara, nel 2008 l’Iran ha attivato una piccola guarnigione militare a protezione della raffineria di Assab, e nel 2009 l’Export Development Bank of Iran ha investito nel paese 35 milioni di dollari. Secondo Stratfor, per l’Iran è importante la posizione strategica dell’Eritrea, che controlla lo stretto di Bab el-Mandeb, importante passaggio del traffico marittimo internazionale, soprattutto del trasporto di greggio.
Sempre secondo Stratfor, “Israele ha una piccola ma significativa presenza” in Eritrea: una stazione di ascolto ad Amba Soira e un attracco nell’arcipelago delle isole Dahlak. “L’arrivo degli israeliani, secondo fonti dell’intelligence italiana, è stato mascherato da investimenti nel settore ittico, in particolare nella costruzione di progetti per l’allevamento intensivo dei gamberetti. La funzione di questa presenza sarebbe tenere sotto controllo i movimenti degli iraniani, senza però ledere le relazioni, importanti per la politica africana di Israele, con l’Etiopia. Secondo la stampa israeliana, l’attracco nelle isole Dahlak verrebbe utilizzato dai sottomarini israeliani nelle operazioni per contrastare il presunto traffico di armi dall’Iran verso Hamas ed Hezbollah, via Sudan.” E secondo l’intelligence italiana, nel Paese vi sarebbero anche i cinesi, che controbilanciano la presenza nella confinante Gibuti di statunitens i e francesi, tutte presenze che rientrano nelle missioni navali antipirateria di NATO, Russia India, Iran e Cina popolare, che pattugliano Bab el-Mandeb e le acque del Golfo di Aden.

Fonti:
RAI-news24
Il Fattoquotidiano
Terre
Awate
Ebook Browse
 Assenna
IGAD
IGAD
Il Fattoquotidiano
Comaguer

Alessandro Lattanzio, 18/03/2012

http://aurorasito.wordpress.com/2013/03/18/uccidere-la-speranza-laura-boldrini-eritrea-e-libia/