Bersani, quei pregiudizi su Hugo Chávez

 “Non vorrei che dopo Berlusconi arrivasse Chávez…”, ha detto Pierluigi Bersani alle prese con la situazione politica di questo travagliato post elezioni 2013. Tralasciando il contesto in cui il leader del PD ha proferito queste parole, rimane evidente il fatto che il termine di paragone è stato infelice. Hugo Chávez non è stato un burlone millantatore come l’ex Premier che gli italiani mostrano di amare tanto. Chávez è stato un dirigente politico che ancora vivo era già una leggenda. Se così non fosse, non avrebbe lasciato il suo popolo in lacrime: da quando è morto, le finestre del suo Paese sono tutte chiuse. Questo significa che la gente lo amava. Il Venezuela lo ricorderà per sempre. E giacché ha incarnato l’ora del riscatto della sinistra venezuelana dono anni di sconfitte, forse meriterebbe più considerazione anche da quella che ancora osa definirsi sinistra italiana.

Vogliamo solo qui ricordare che quando il Venezuela era in mano alla democrazia indebitata fino all’osso con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), i proventi del petrolio restavano nelle tasche di pochi, i poveri e gli indigenti erano il 70% (49 e 21%) della popolazione. Nel Venezuela bolivariano del dittatore populista Chávez, tanto inviso a Bersani, ne restano meno della metà (27 e 7%). Chávez liberò il suo Paese dal giogo del FMI e ha moltiplicato del 2.300% gli investimenti sulla ricerca scientifica. Come se ciò non bastasse, con l’aiuto decisivo di oltre 20.000 medici cubani, ha costruito da zero un sistema sanitario pubblico in grado di dare risposte ai bisogni di tutti. Questi sono dati oggettivi inconfutabili. E non bisogna essere rivoluzionari o etichettati politicamente per riconoscere certi meriti, basta solo essere intellettualmente onesti. Oggi Hugo Chávez entra nella storia e a decretarlo è il suo popolo. Cosa c’è in questa verità che non è chiaro a Bersani?

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Bersani, quei pregiudizi su Hugo Chávezultima modifica: 2013-03-13T09:48:00+01:00da davi-luciano
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