-Redazione– 5 marzo 2013- Secondo uno studio del dipartimento delle Pari Opportunità le ragazze immigrate coinvolte nei giri della prostituzione sono tra le 15 e le 18 mila, ma, attenzione, contrariamente a quanto si possa immaginare il numero delle vittime della tratta delle schiave, il trafficking, è stimato intorno al 10%.
Sempre certamente troppe, in quanto si parla di donne che subiscono violenze e coercizioni in almeno una delle fasi del percorso compiuto per arrivare dai loro paesi di origine in Italia. Strappate alle famiglie, a volte vendute dagli stessi parenti, altre volte ancora rapite, raggirate, illuse con false promesse di lavoro, di un futuro migliore.
I trasferimenti avvengono indifferentemente via mare o via terra e, sia che la vittima sia consenziente in quanto ingannata oppure sotto minaccia, viene comunque sottoposta a violenza fisica e sessuale.
Una volta giunte a destinazione, dopo altre violenze, le donne vengono avviate alla prostituzione e vivono in un regime di totale schiavitù, anche domestica. Se non si ribellano sono trattate anche con un certo riguardo, l’affare è lucroso e i loro corpi sono merce di valore per gli aguzzini senza scrupoli.
Sono le organizzazioni criminali internazionali a gestire il business, chiaramente dietro accordi con le mafie italiane che, a fronte di una specie di tangente, concede l’uso del territorio. Si calcola che la voce prostituzione sia al terzo posto nella scala dei profitti illeciti, appena dietro ad armi e droga. Una ragazza può fruttare di media 5 mila euro al mese, lavorando non più di tre sere la settimana. In Italia il fatturato sfiora i cento milioni di euro l’anno.
Ma studiando il rapporto ci si imbatte in alcune sorprese: il 60% dei condanne per sfruttamento della prostituzione è comminato a donne.