Il Giornalista Ruzzle

video vito crimi e roberta lombardi contro tutti

 E’ dura la vita del Giornalista Ruzzle. Bisogna sforzarsi costantemente di ignorare il significato evidente di quello che viene detto. Bisogna avere fantasia e reinterpretare più e più volte le stesse parole, disponendole in ordine diverso, magari anche casuale, finché non assumono possibili significati originali. L’importante è segnare punti, tirare fuori le dichiarazioni più improbabili tra tutte quelle possibili, quelle più adatte a farci titoli o didascalie.

 Funziona così. Entra il conferenziere e mostra il nuovo tabellone delle parole. Fa cioè il suo discorso di base, dove in gran parte è già tutto chiaro e, all’apparenza, non ci sono significati diversi da quelli lapalissiani. Il conferenziere cerca di essere il più chiaro possibile: il suo scopo è quello di non farsi fraintendere. Se ci riesce, vince il banco e si ha un Paese migliore. Quando il conferenziere termina di esporre i concetti chiave, è il turno del Giornalista Ruzzle, che deve scomporre e ricomporre all’infinito le stesse frasi. Può cambiarle a piacimento quante volte vuole, facendo e rifacendo domande simili, cui viene alternativamente invertita la punteggiatura, l’ordine degli avverbi, la sequenza delle intonazioni e così via. Se il Giornalista Ruzzle riesce a confondere il conferenziere e a fargli dire qualcosa che abbia anche solo una possibilità di essere interpretato in un senso millimetricamente diverso da quello iniziale, segna punti. Ci so no concetti che raddoppiano i punti guadagnati. Per esempio, se il Giornalista Ruzzle riesce a rendere malinterpretabile una dichiarazione del conferenziere riguardo ai temi della democrazia, del fascismo (un evergreen), della fiducia e altre questioni sensibili, quando chiama in redazione per andare in stampa può anche triplicare il suo score. 

 I Giornalisti Ruzzle sono in competizione tra loro. Chi fa lo score più alto vende più giornali e non perde il suo lavoro precario. Il cittadino perde sempre.

 



http://www.byoblu.com/post/2013/03/05/Giornalisti-Ruzzle.aspx?page=all#id_b701b42e-c364-45aa-b370-55dd1fe9db1a

 

L’austerity non è più di moda neppure nell’Olanda fedele a Berlino

4 marzo 2013

Finché le proteste e i movimenti anti-austerity si diffondono in Portogallo, Grecia, Spagna, Italia, cioè nei Paesi più colpiti dalle misure anti-deficit, non c’è niente di cui stupirsi. Ma se a dare segni di stanchezza nei confronti del rigore è l’Olanda, da sempre fedele alla linea ortodossa della Germania, allora il messaggio diventa più forte e il cancelliere Merkel, ormai in campagna elettorale in vista del voto di settembre, ha un motivo in più di riflessione.

L’Aja rinvia di un anno il rientro dal deficit 
Giovedì scorso il premier olandese Mark Rutte ha ufficializzato lo slittamento di un anno dell’obiettivo di riduzione del deficit di bilancio al di sotto del tetto di Maastricht del 3 per cento. Se ne riparlerà nel 2014. «Abbiamo bisogno di portare l’economia olandese fuori dalla crisi», ha spiegato Rutte. Del resto le ultime previsioni del Governo certificano lo stato di salute non buono del Paese: il deficit è stimato al 3,3% quest’anno e al 3,4% il prossimo, il Pil è sceso dello 0,9% nel 2012 e calerà dello 0,6% quest’anno, la disoccupazione è risalita al 7,5% (anche se rimane bassa). L’Olanda, insomma, non è la Germania e, stando al disavanzo pubblico, sta peggio pure dell’Italia, ma dalla sua vanta un debito pubblico del 70,8% del Pil contro il 127% di Roma.

Manovra contestata 
Il problema è che se Bruxelles chiuderà un occhio per il 2013, come probabilmente farà anche per la Francia, non è detto che sarà altrettanto tollerante per il 2014. Ecco allora che il premier centrista ha proposto venerdì scorso una nuova manovra da 4,3 miliardi fatta di congelamento dei salari e aumenti delle tasse, proprio per centrare l’obiettivo del 3% nel 2014. Manovra che si aggiunge al programma di austerità da 16 miliardi per il periodo 2013-2017 già in corso di attuazione. Il principale sindacato del Paese ha subito bocciato l’idea, definendola «la cosa più stupida da fare in questo momento», mentre il partito laburista, partner dei liberali nel Governo di grande coalizione, ha fatto capire di essere pronto a modifiche per andare incontro alle obiezioni del sindacato.

Scenario politico «all’italiana» 
Il problema del Governo olandese è che se, grazie all’appoggio del centro-sinistra, ha la maggioranza alla Camera, è invece in minoranza al Senato. Uno scenario all’italiana che complica la vita a Mark Rutte, il cui Governo si è insediato solo nel novembre scorso. La strada maestra dell’austerity è insomma sempre più accidentata. Lo ha capito persino il governatore della Banca centrale olandese, Klaas Knot, considerato un «falco», che ha definito «comprensibile» uno sforamento del 3% di disavanzo: «I bilanci pubblici – ha ammesso – sono molto più sensibili ai cicli economici di quanto ci aspettassimo».

Tripla A in pericolo 
Tra caduta del mercato immobiliare, crisi delle banche e flessione dell’export, l’Olanda si scopre insomma più vulnerabile. Tanto che la sua tripla A non è più così al sicuro. Tutte e tre le maggiori agenzie di rating hanno un outlook negativo sul rating sovrano del Paese (l’ultima è stata Fitch un mese fa). Dopo la Gran Bretagna, un altro prestigioso membro potrebbe presto uscire dal club della tripla A. Lasciando la Germania sempre più sola.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-03-04/lausterity-moda-neppure-olanda-194419.shtml?uuid=Abiy1ZaH

L’ingovernabilità del Paese è la nostra salvezza

di Sebastiano Caputo – 04/03/2013

Fonte: lintellettualedissidente 

La fine della Seconda Repubblica

“Ce lo chiede l’Europa” ; “lo ha detto il Financial Times”; “The Economist ride di noi”; “le agenzie di rating ci abbassano la nota”; “i mercati temono l’esito delle elezioni”. Blaterano politici, giornalisti e intellettuali nei salotti televisivi o nelle testate di regime. Poco importa il valore di queste affermazioni dal momento che il popolo italiano, con tutti i limiti della democrazia rappresentativa, ha fatto la sua scelta. Una scelta che pone il Paese dinanzi a diverse complicazioni. Una su tutte: l’ingovernabilità del Paese. O meglio l’impossibilità delle forze politiche in campo di formare un governo che possa avere la maggioranza al Parlamento a causa di una legge elettorale, la legge “porcellum”, che ha trasformato la democrazia (“governo del popolo”) italiana in una partitocrazia (governo dei partiti). L’affondo elettorale del Movimento 5 Stelle e il risultato fallimentare di Pierluigi Bersani e di Mario Monti hanno partorito una situazione paradossale, unica nella storia, senza reali vincitori capaci di formare una coalizione di maggioranza al Parlamento. Gli esterofili temono questa ingovernabilità dell’Italia, pertanto se con lucidità si viene fuori dagli allarmismi è possibile generare questa affermazione: l’ingovernabilità del Paese è la nos tra salvezza.

Uscire dall’impasse girudico-istituzionale

Per tornare operativo il Parlamento deve essere ufficialmente governato, di conseguenza è necessario uscire da questa impasse giuridico-istituzionale. Le pratiche burocratiche sono lunghe: il 15 di questo mese, si svolgeranno le sedute inaugurali di Camera e Senato, con la nomina della seconda (Palazzo Madama) e della terza (Montecitorio) carica dello Stato. Meno di una settimana dopo, Giorgio Napolitano dovrà tenere le consultazioni, dare l’incarico al nuovo presidente del Consiglio, concordare la lista dei ministri, ottenere il loro giuramento, e come previsto dall’articolo 94 della Costituzione, rinviare il nuovo governo alle Camere per la fiducia. Infine a metà aprile le due Camere riunite e i rappresentanti delle Regioni si riuniranno in seduta comune per eleggere il nuovo presidente della Repubblica. A dettare l’agenda è Beppe Grillo che con il Movimento 5 Stelle vuole rompere con la Prima e la Seconda Repubblica, le Repubbliche degli apparati partitici, dei negoziati, delle larghe intese, delle coalizioni, dei tradimenti, dell’anti-politica, o meglio dell’a-politica. I vertici del Movimento hanno definito chiaramente il loroo pensiero sulla governabilità del Paese: Roberto Casaleggio ha affermato che non parteciperà ad un governo di coalizione con il Partito Democratico e inoltre che non permetterà la fiducia a Bersani o ad altri esponenti del centro-sinistra. Beppe Grillo, a metà tra la provocazione e la sfida aperta ha proposto una soluzione di governo, il suo governo: “se proprio Pd e Pd-L ci tengono alla governabilità, possono sempre votare, loro, la fiducia al primo Governo targato M5S”, ha detto. L’inciucio con il M5S è impossibile, gli schemi sono spaccati, di conseguenza o lo fanno gli altri, o non si esce da questa fase di stallo. Tuttavia la soluzione migliore sembra proprio quella di rendere operativo il Parlamento e procedere con le votazioni di una legge dopo l’altra. Ciò starebbe a significare: tornare finalmente a fare politica. Ma per farsi è necessario superare questa impasse giuridico-istituzionale a meno che Pd e Pdl non si prendano la responsabilità di formare un “governissimo” di centrodestrasinistra. Difficile, dopo che entrambi hanno sostenuto per un anno e mezzo intero il governo tecnico montiano. Impossibile, perchè alle prossime elezioni la darebbero vinta una volta per tutte a Beppe Grillo.

Dall’ingovernabilità alla “volontà generale” di Rousseau

Come uscire da questa situazione paradossale? Le ipotesi sono due.

La prima è stata proposta da Claudio Messora, giornalista noto nel web , il quale auspica la formazione di “un Parlamento senza governo”. Vale a dire “mantenere l’attuale Governo Monti in prorogatio (ossia con limitatissimi poteri di ordinaria amministrazione, di disbrigo degli affari correnti), e concentrare tutta l’attività legislativa nel nuovo Parlamento, per almeno i prossimi 6-8 mesi e votare legge per legge”.

La seconda ipotesi è la costituzione di un blocco Pdl-Pd-M5S con spartizione equa delle cariche dello Stato (presidenza della Repubblica, di Camera e Senato oltre che dei ministeri) e l’obbligo di attuare in 10-12 mesi un’agenda politica comune in vista delle prossime elezioni legislative. Esattamente come se fosse un’Assemblea Costituente. E proprio in questo caso l’attuale ingovernabilità dell’Italia diventerebbe la sua salvezza perché a governare sarebbe l’idea di “volontà generale” ideata dal filosofo di Ginevra Jean Jacques Rousseau. Via le ideologie, via le leggi di catogoria, via le leggi ad personam, via l’interesse di partito, via i gruppi di pressione. Nel nuovo Parlamento Pd-pdl-M5S soltanto la volontà generale potrà guidare lo Stato e realizzare il bene comune esprimendosi in un co rpo collettivo che non coincide con la somma delle singole volontà individuali e private: essa è una realtà nuova e autonoma. Una realtà, la volontà generale, retta e tesa unicamente verso la pubblica utilità, verso i cittadini, verso il bene comune. Allora subito Acqua, scuola e sanità pubbliche, riforma elettorale, legge sul conflitto d’interessi, riduzione dei rimborsi elettorali, riduzione del finanziameto pubblico all’editoria (soprattutto delle grandi testate giornalistiche), annullamento delle commesse militari, in primis gli F35, riduzione degli stipendi ergo riduzione della forbice sociale, trasparenza amministrativa, legge anticorruzione, taglio drastico dei costi della politica (dagli stipendi alle pensioni d’oro), riforma sugli sgravi fiscali per le piccole e medie e imprese ed infine reddito di cittadinanza. E poi magari, chissà, un referendum popolare sull’euro e sulla proprietà nazionale della moneta.


http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=45143

Il piano folle e rivoluzionario per salvare il governo che però potrebbe funzionare

Cari avaaziani,

In questo momento PD e Movimento 5 Stelle sono a un punto morto nella scelta del prossimo Presidente del Consiglio, e Berlusconi potrebbe approfittarne per rientrare in gioco in una grande coalizione con il PD. Ma possiamo sbloccare questo stallo con una richiesta fortissima a Bersani affinché proponga un presidente indipendente con il sostegno del M5S. Firma ora e condividi con tutti:


Firma la petizione

In questo momento PD e Movimento 5 Stelle sono a un punto morto nella scelta del prossimo Presidente del Consiglio, e se non entriamo in azione subito, Berlusconi ne approfitterà per rientrare in gioco ed essere protagonista nel prossimo governo. Ma c’è una soluzione.

Siamo di fronte a un bivio: o stiamo fermi a guardare Berlusconi e Bersani che si accordano su una grande coalizione, o convinciamo Bersani a formare un governo con Grillo aprendo finalmente la strada alle riforme urgenti che tutti vogliamo. Alcuni parlamentari stanno provando a spingere per questa soluzione, ma per poter arrivare all’accordo dobbiamo tutti convincere Bersani a fare un passo indietro sostenendo un Presidente del Consiglio indipendente. Questo è l’unico modo in cui possiamo fermare Berlusconi e ottenere il governo che vogliamo.

Abbiamo solo 36 ore: il PD deciderà alla sua direzione nazionale di mercoledì. Firma questa petizione urgente a Bersani, Grillo e Napolitano affinché sostengano un governo non dei partiti ma dei cittadini, e poi scegli TU chi vuoi vedere come Presidente del Consiglio: se raggiungeremo le 50.000 firme, importanti esponenti della società civile le consegneranno direttamente a Bersani prima della cruciale direzione del PD:

http://www.avaaz.org/it/italy_people_gov_c/?blqXlcb&v=22573

I mercati finanziari stanno già reagendo a questa crisi politica, spingendo l’Italia ancora di più in una crisi che potrebbe fare definitivamente a pezzi la nostra economia e spazzare via posti di lavoro e stato sociale. Gli uomini di Berlusconi stanno usando tutto ciò per convincere Bersani che una grande alleanza con il PDL è inevitabile. Allo stesso tempo Bersani insiste nel proporre se stesso come unica opzione, peggiorando lo scontro con i 5 stelle di Grillo. Ma sappiamo da colloqui con parlamentari neo-eletti che una soluzione c’è: un governo non-partitico scelto, formato ed eletto per le persone, noi.

Bersani è sotto attacco nel suo partito per aver perso oltre 3 milioni di voti rispetto alle ultime elezioni. Ma se mostrerà di avere il coraggio di sostenere un governo dei cittadini, potrebbe ridare forza alla sua reputazione. Allo stesso tempo sarebbe esattamente quello per cui sta lottando il M5S: un governo non-partitico deciso dai cittadini. Tale governo potrebbe approvare reali riforme: da veri tagli ai costi della politica, a leggi anti-corruzione fino a una nuova legge elettorale in cui a decidere siano cittadini.

Ma dobbiamo fare in fretta prima che questa crisi degeneri. Dipende da noi fare in modo che i nostri leader mettano i loro partiti da parte per salvare l’Italia. Firma ora questa petizione urgente a Bersani, Grillo e Napolitano e condividila con tutti:

http://www.avaaz.org/it/italy_people_gov_c/?blqXlcb&v=22573

La comunità di Avaaz è stata importantissima nel dare un contributo per salvare l’Italia solo una settimana fa dal ritorno dello zombie Berlusconi, mobilitando un numero sufficiente di persone in una sfida all’ultimo voto per impedirgli una maggioranza sia alla Camera che al Senato. Ora possiamo salvare l’Italia di nuovo e spingere Berlusconi fuori dalla politica italiana per sempre.

Con speranza e determinazione,

Luca, Ian, David, Alice, Giulia e il resto del team di Avaaz

ULTERIORI INFORMAZIONI

Grillo, Dario Fo: accordo con Pd possibile ma non con Bersani (Il Mattino)
http://www.ilmattino.it/primopiano/politica/grillo_dario_fo_bersani_accordo_pd/notizie/255221.shtml

Un governo “a progetto”: parla Civati (Corriere della Sera)
http://blog.iodonna.it/marina-terragni/2013/03/03/un-governo-a-progetto-parla-civati/

Elezioni, nel Pd fronda ‘pro dimissioni’ di Bersani. Obiettivo: dialogare con Grillo (Il Fatto Quotidiano)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/02/elezioni-nel-pd-avanza-fronda-che-vuole-dimissioni-di-bersani-per-dialogare-con/517651/

Nel richiamo (irritato) di Napolitano il no a un esecutivo che nasca «di minoranza» (Corriere della Sera)
http://www.corriere.it/politica/13_marzo_03/nel-richiamo-il-no-a-un-esecutivo-che-nasca-di-minoranza-marzio-breda_580929f8-83c4-11e2-9582-bc92fde137a8.shtml

E Bersani adesso tiene pronto un piano B (La Stampa)
http://www.lastampa.it/2013/03/03/italia/politica/e-bersani-adesso-tiene-pronto-un-piano-b-cZdJ9KnERl5NBvBuNApNHL/pagina.html

 

Avaaz.org è un’organizzazione no-profit e indipendente con 17 milioni di membri da tutto il mondo, che lavora perché le opinioni e i valori dei cittadini di ogni parte del mondo abbiano un impatto sulle decisioni globali (Avaaz significa “voce” in molte lingue). I membri di Avaaz vivono in ogni nazione del mondo; la nostra squadra è distribuita in 19 paesi in 6 continenti diversi e opera in 14 lingue. Clicca qui per conoscere le nostre campagne più importanti, oppure seguici su Facebook o Twitter.

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La Francia chiede un Referendum per uscire dall’Euro.

04 Marzo 2013

di Corrado Belli

Anche i cugini francesi hanno capito in quale truffa sono caduti dal giorno in cui quel “qualcuno” decise di far entrare la Francia a far parte della grande famiglia “Europa”. 

C’era da aspettarselo che nessun giornale e nessuna trasmissione televisiva ne riportasse la notizia, la notizia è di ieri, solo la AFP l’ha riportata dopo aver ottenuto una intervista da Marine Le Pen che in poche parole ha specificato quello che i cittadini francesi vogliono:

“Je demande solennellement au président de la République d’organiser en janvier 2014 (…) un référendum sur la sortie de la France de l’Union européenne”

In fin dei conti la signora Le Pen chiede al Presidente le seguenti:

– Chiudere con ordine l’uscita dall’Euro;
– L’annullamento del Trattato di Schengen;
– Patriottismo economico, riordinare l’industria, protezione dei confini;
– Riportare la Costituzione Nazionale prima di quella scritta a Brussel nel Trattato di Lisbo na;

A quanto sembra il Tsunami provocato da Cameron e Grillo comincia a farsi sentire 

http://actu.orange.fr/politique/marine-le-pen-demande-a-hollande-un-referendum-sur-la-sortie-de-l-ue-en-janvier-2014-afp_1385726.html

http://www.huffingtonpost.fr/2013/03/02/marine-le-pen-demande-referendum-sortie-ue-francois-hollande_n_2798083.html

http://www.dailymotion.com/video/xxx2dv_marine- le-pen-demande-a-hollande-un-referendum-sur-la-sortie-de-l-ue-en-janvier-2014-03-03_news

Augurando alla Signora Le Pen che abbia successo con la sua iniziativa e aspettando qualche segno positivo anche da qualche politico Italiano.

Buon ascolto e buona lettura.

Belli corrado 

http://mentereale.com/articoli/la-francia-chiede-un-referendum-per-uscire-dall-euro

“Che la Troika si fotta”. Anche il Portogallo si ribella e sfida l’Ue

“Che la Troika si fotta”. Anche il Portogallo si ribella e sfida l’Ue

Redazione– 3 marzo 2013- Una marea umana ha invaso le piazze delle citta’ portoghesi per protestare contro la politica di austerita’ e per chiedere le dimissioni del governo di centrodestra.

Secondo gli organizzatori della protesta sono stati un milione e mezzo i portoghesi che sono scesi in piazza in 34 citta’ proprio mentre e’ in corso la missione della troika.

 A chiamare la gente a raccolta e’ stata un movimento “Che la troika si fotta” che si organizza in rete, indipendente dai partiti nato nel 2012.


http://www.articolotre.com/2013/03/che-la-troika-si-fotta-anche-il-portogallo-si-ribella-e-sfida-lue/146490

Due tedeschi su tre rivogliono il marco

 di Valerio Valentini

 “Questa è una campana che suona anche per l’Europa”, ha detto Bersani martedì scorso, tra un bicchiere d’acqua trangugiato e l’altro, mentre continuava a mordicchiare i suoi occhiali. “Il voto italiano è un segnale: vuol dire che certe politiche di austerità europee sono sbagliate”. Peccato ci sia arrivato solo a campagna elettorale conclusa, dopo esser andato a rendere omaggio ad Angela Merkel a pochi giorni dal voto.

 In ogni caso, l’eco delle campane di Bersani deve essere arrivata anche in Germania se, solo pochi giorni dopo il successo del Movimento Cinque Stelle, a Berlino nasce un nuovo partito. Si tratta di “Alternativa per la Germania”, che verrà inaugurato ufficialmente ad aprile. La nuova creatura politica è la diretta emanazione di “Wahlalternative 2013” (Alternativa per le elezioni del 2013), un movimento che raccoglie molti professori universitari, economisti, giornalisti e imprenditori (tra loro anche Hans-Olaf Henkel, ex presidente della Confindustria tedesca). Hanno aderito all’iniziativa anche alcuni transfughi della CDU, il partito di Angela Merkel, tra cui ex parlamentari europei.

Gli obiettivi di “Alternativa per la Germania” sono indicati molto chiaramente nel manifesto pubblicato sul suo sito:

1.    La Germania non deve più garantire i debiti degli altri Stati, in conformità al Trattato di Mastricht.

2.    La moneta unita deve essere abbandonata. Tutti gli Stati dovrebbero poter uscire dall’euro e organizzare delle unioni monetarie maggiormente convenienti per loro (“un euro del nord” e “un euro del sud”) oppure introdurre dei sistemi monetari paralleli.

3.    Bisogna indire un referendum prima che la Germania consenta di cedere una parte considerevole di sovranità nazionale.

 L’obiettivo che il nuovo partito anti-euro si pone è quello di superare il 5% alle elezioni nazionali di Settembre, soglia di sbarramento per l’entrata nel Bundestag. Ovviamente non sarà facile, visto anche il brevissimo lasso di tempo che avrà per presentare il progetto ai cittadini. Tuttavia, un significativo contributo al successo potrebbe venire dalle regioni più ricche, come ad esempio la Baviera, dove più forte è il risentimento contro le politiche di riequilibrio europee. Per ora i leader dei comitati cittadini bavaresi, che nelle scorse elezioni locali hanno ottenuto circa il 10% dei consensi proprio avanzando proposte anti-euro, hanno declinato l’offerta di alleanza da parte dei fondatori di “Alternativa”. Ma non è escluso che un accordo potrebbe arrivare in futuro. E in ogni caso, un altro obiettivo dichiarato di “Alternativa per la Germania” è quello delle elezioni europee 2014, dove non esiste alcuna soglia di sbarramento.

 I dirigenti del nuovo partito sanno di potersi rivolgere, del resto, ad un elettorato piuttosto eterogeneo e composito, ma accomunato da un medesimo sentimento: un crescente euroscetticismo. Come già da mesi accade in Gran Bretagna, infatti, anche in Germania sta aumentando il risentimento dei milioni di cittadini che non accettano di dover risanare, tramite le proprie tasse, i conti disastrati di altri Stati membri dell’UE (l’ultimo caso è quello del salvataggio di Cipro). I recenti sondaggi parlano chiaro: 2/3 dei Tedeschi preferirebbe il ritorno al marco, e quasi la metà di loro si mostra convinta del fatto che, se l’Unione Europea non esistesse, in Germania si vivrebbe ugualmente bene o addirittura meglio. Solamente un terzo dell’elettorato tedesco si dichiara favorevole ad un’eventuale accelerazione del processo di integrazione. 

http://www.byoblu.com/post/2013/03/04/Due-tedeschi-su-tre-rivogliono-il-marco.aspx