Mali. Bamako e Mnla: dialogo tra sordi

Le autorità maliane chiedono il disarmo dei tuareg, i quali non sono intenzionati a deporre le armi. Ma riconoscono l’integrità territoriale del Mali 


Francesca Dessì

Un’altra guerra si profila in Mali, al termine dell’operazione francese Serval. Si tratta della battaglia delle negoziazioni tra il governo di Bamako e i ribelli del Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad (Mnla).
Per il momento è un dialogo tra sordi. Le autorità maliane continuano a ripetere che “non ci saranno negoziazioni fino a quando l’Mnla non deporrà le armi, altrimenti il movimento sarà considerato un nemico del Mali”. I ribelli tuareg, a loro volta, fanno orecchie da mercante e ripetono che “se si depongono le armi, non ci saranno più le condizioni per iniziare i colloqui”.
Allo stesso tempo, il Movimento per la liberazione dell’Azawad, consapevole dell’impossibilità di ottenere l’indipendenza e di fronte al muro internazionale, che ne riconosce solo l’autonomia, fa piccoli passi indietro. In un comunicato, pubblicato ieri nel loro sito internet, i tuareg del Mnla hanno rinunciato all’indipendenza dell’Azawad, chiedendo a Bamako l’avvio di una trattativa affidata ad un negoziatore neutrale. Nel documento firmato da Bilal Acherif, uno dei fondatori del movimento, l’Mnla dichiara di “non mettere in discussione le frontiere internazionalmente riconosciute del Mali ricordando però chiaramente l’esistenza dell’Azawad in quanto entità”. Ai negoziati con il governo maliano, i tuareg inoltre chiedono che partecipino “Francia, Stati Uniti, Nazioni Unite, Unione europea, Unione africana e Organizzazione della conferenza islamica”. L’Mnla chiede che vengano soddisfatte le esigenze delle popolazioni del nord in settori come la salute, l’accesso all’acqua e all’energia elettrica, al cibo, all’istruzione. Infine, nel documento, il movimento dei tuareg conferma il loro impegno “a lottare contro il terrorismo”, ma respingono la presenza dell’esercito maliano nelle zone oggi sotto il loro controllo.
Ora la palla passa al governo di Bamako, guidato dal presidente ad interim Dioncounda Traoré che fino ad oggi si è mostrato debole e in balia delle associazioni politiche e dell’esercito maliano. A dettare legge è infatti soprattutto il capitano Amadou Haya Sanogo, che negli ultimi tempi era stato offuscato dall’intervento francese, ma che mercoledì è ritornato alla ribalta. È stato infatti ufficialmente eletto alla guida del “Comitato militare di riforma delle forze di difesa e sicurezza”. L’uomo forte di Bamako, che lo scorso 22 marzo ha rovesciato il governo del presidente Amadou Toumani Touré, ha prestato giuramento mercoledì sera durante una cerimonia a Koulouba, vicino a Bamako, alla presenza del presidente ad interim Dioncounda Traoré, del premier Diango Cissoko e di numerosi capi militari maliani. Sanogo ha il compito di gestire le forze armate e di riformarle in modo tale che siano in grado di mantenere il controllo delle regioni settentrionali.
Nel suo discorso, parzialmente riportato dal Journal du Mali, il capitano maliano si è impegnato a costruire un esercito “degno”, al servizio dello Stato e agli ordini del presidente della Repubblica. L’esercito maliano, mal addestrato ed equipaggiato, è responsabile infatti dell’attuale situazione in Mali. In undici giorni, i tuareg del Mnla sono riusciti a conquistare il 60% del territorio, facendo scappare a gambe levate i soldati maliani.
La debolezza delle forze armate è uno dei problemi che accomuna gli Stati africani. In un’intervista alla Bbc, il presidente ugandese, Yoweri Museveni, ha definito “vergognosa” l’incapacità degli eserciti africani di “difendere il proprio territorio”.
Museveni ha inoltre fortemente criticato “l’attesa” dei Paesi africani che hanno tirato un sospiro di sollievo con l’arrivo delle truppe francesi in Mali, invece di mobilitare per primi le loro forze militari.
“È vergognoso che si debba ricorrere ai francesi o ad altri. A che servono gli eserciti africani? Il Mali è indipendente da 50 anni, e il Paese è guidato da uomini in uniforme. A che serve questo esercito, se non è in grado di difendere il Paese? “ ha tuonato Museveni, che ha comunque “ringraziato i francesi, perché almeno hanno impedito la caduta di Bamako”.
Sull’argomento è intervenuto anche il presidente del Ghana, John Dramani Mahama, che ha giustificato il ritardo del dispiegamento delle forze africane, la cosiddetta Misma, in Mali. Secondo Dramani Mahama, “questo è il risultato di diversi fattori. Per molti anni, i nostri Paesi hanno ridotto i loro bilanci della difesa, e quindi lo stato delle nostre forze armate ,in termini di attrezzature e di logistica, non è ottimale”. “Con i soldi che abbiamo”, ha proseguito il presidente ghanese, “dobbiamo concentrarci sulla spesa sociale, per dare alla nostra gente l’accesso alla sanità, all’istruzione e così via. Ma questo ci riporta alla realtà: senza sicurezza, i servizi sociali e i governi costituzionali servono a poco”.
Se fosse vero che i soldi finiscono nei servizi sociali, l’Africa sarebbe già un passo in avanti. Il più delle volte, i proventi delle ricchezze naturali, abbondanti nel continente nero, finiscono nelle tasche dei politici corrotti.
 


15 Febbraio 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=19016

Mali. Bamako e Mnla: dialogo tra sordiultima modifica: 2013-02-18T08:54:00+01:00da davi-luciano
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