Tony Blair chiede una Guerra permanente che duri una generazione

Posted By Lino Bottaro On 15 febbraio 2013 

Tony Blair chiede una Guerra permanente che duri una generazione

Fonte: www.movisol.org [1]

criminale[2]blair [3]8 febbraio 2013 (MoviSol) – In un’intervista alla BBC il 3 febbraio, l’ex Primo ministro britannico Tony Blair ha chiesto una “generazione di guerra” contro Al Qaeda e altri gruppi jihadisti in tutto il mondo. Egli ha paragonato la guerra globale contro il terrorismo attualmente in corso ai 45 anni di guerra fredda con l’Unione Sovietica e ha tessuto lodi sperticate a favore del Presidente francese Francois Hollande per aver mandato le truppe in Mali. Blair però si è guardato bene dal ricordare che sia la Gran Bretagna che gli Stati Uniti sono stati alleati di Al Qaeda e di altri gruppi radicali appoggiati dai sauditi in Libia e sono tuttora alleati con gli stessi gruppi nel tentativo di rovesciare il governo di Assad in Siria.

I nostri lettori ricorderanno che Blair è l’autore dell’infame dottrina di guerra permanente in un mondo “post-westfalico”, e cioè un mondo in cui le sovranità nazionali siano state abolite, e ha una forte influenza sul Presidente Obama per conto della Corona britannica.

Le deliranti affermazioni di Blair sono rimbalzate alla riunione sulla sicurezza di Monaco, dove il segretario generale della NATO Rasmussen lo ha scimmiottato dichiarando che l’alleanza atlantica deve intervenire in tutto il mondo laddove i suoi interessi siano minacciati. Rasmussen ha tracciato un “arco di crisi che si estende dal Sahel all’Asia Centrale”, aggiungendo che la missione futura della NATO, a seguito del ritiro dall’Afghanistan, dovrà avere un ambito globale e dispiegare forze speciali, forze di reazione rapida e sistemi di difesa antimissile per assicurare la propria dominanza.

Ciò detto, alla conferenza di Monaco c’è stato un vero e proprio assalto contro Russia e Cina, accusati di voler sostenere il governo di Assad. Nella sessione serale del 1 febbraio, Kenneth Roth dell’Human Rights Watch (una pedina di George Soros), ha accusato il governo russo di essere responsabile della morte di 60 mila civili in Siria a causa dell’appoggio ad Assad. Il giorno successivo, in un dibattito sulla sicurezza in Europa, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha attaccato la banda della guerra permanente asserendo che le uniche azioni militari legittime sono quelle approvate dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e ha correttamente indicato che l’occidente sta sostenendo le reti terroristiche in Libia e Siria.


 http://www.stampalibera.com/?p=60058

Il sottufficiale al celerino: “Arrivano quelli della Val di Susa, rompetegli il c…”

  • DA: NUOVASOCIETA’ – Venerdì, 15 Febbraio 2013 12:05 

 
Il sottufficiale al celerino: “Arrivano quelli della Val di Susa, rompetegli il c…”

 

di Andrea Doi

Torino, via Pietro Micca angolo via Roma. 15 febbraio, ore 10. Il centro si è svegliato circondato da blindati delle forze dell’ordine e da numerosi plotoni di polizia e carabinieri. È il giorno del corteo studentesco, contro austerità e riforme, che da piazza Albarello percorrerà le vie principali del capoluogo piemontese. In lontananza si vedono il furgone con la consueta musica (mi sembra che le note siano quelle di un rapper militante) e alcune teste dei giovani. Ancora pochi minuti e arriveranno in quest’angolo.

Il cronista è lì che aspetta, mischiato alle uniformi blu dei reparti mobili, tutti in assetto antisommossa. Che ci sia tensione lo si capisce non tanto dal corteo che si sta avvicinando lentamente, ma dal nervosismo che serpeggia tra i poliziotti.
Eccoli schierati, visiera del casco abbassata, scudo già alto, in posizione di difesa.

Poi un sottoufficiale viene chiamato da un graduato. Parlottano quasi all’orecchio. Alla fine del dialogo sommesso il sottoufficiale si avvicina alla truppa, fa alzare le visiere a tutti quanti e con fare molto simile al sergente maggiore Hartman di Full Metal Jacket” urla: «Fate attenzione, mi raccomando, stanno arrivando quelli della Val di Susa. Oggi dobbiamo rompergli il culo».
Dopodiché si volta, guarda l’ufficiale quasi volesse un cenno di assenso, riguarda i suoi uomini uno a uno, scorre con il dito i loro volti e poi continua: «Avete capito? Sono quelli della Valsusa, oggi la pagano per tutto».

Fine del dialogo.
Alza i tacchi e torna dall’ufficiale, mentre i “celerini”, come venivano chiamati un tempo gli uomini dei reparti mobili, riabbassano la visiera del casco e si preparano.
Dieci minuti dopo. Passa il corteo degli studenti, circa mille giovani, e supera il battaglione “quello che deve farla pagare ai notav”. Non volano sassi, l’unica bandiera anti Torino-Lione che si vede è sul furgone, non ci sono i temibili black bloc. In sostanza nessuno ha rotto il fondoschiena a nessuno come invece si augurava il sottoufficiale.

Una scena a cui hanno assistito passanti e, oltre a me, altri giornalisti. Non è simpatico sentire con le proprie orecchie come vengono “caricati” i ragazzi (visto le facce, tra loro e chi manifestava oggi c’erano al massimo due anni di differenza) dalla “celere”. Di solito li vediamo o in azione, frontalmente, oppure mentre aspettano a testuggine. Quindi dalle retrovie è un altro vedere, ma soprattutto, come in questo caso, sentire.

Mi torna alla mente quel video girato da qualcuno a Padova, dove anche lì, stavolta prima di una vera e propria carica sempre ai danni degli studenti il caposquadra di un reparto fece il conto alla rovescia urlando poi “fracassiamoli”. Rivivo scene invece che arrivano dal lontano 2001, a Genova per il G8, quando, nei giorni precedenti la manifestazione della Disobbedienza, le ex tute bianche per intenderci, che doveva percorrere via Tolemaide, carabinieri di leva e poliziotti vennero informati dai loro superiori che quel corteo sarebbe stato armato, anche di gavettoni di sangue infetto che sarebbero stati lanciati da aerei radiocomandati e che i componenti di quel corteo, nonostante dichiarassero che avrebbero violato la zona rossa solo coi propri corpi, senza bastoni o sassi, volevano ucciderli tutti. Solo perché indossavano una divisa.

Come andò a finire è tristemente noto a tutti: con gli spari di piazza Alimonda e la morte di Carlo Giuliani. Le parole del sottoufficiale oggi si portano dietro tutto il peso di quello che è stato e assomigliano alle frasi che vengono lanciate da un capo ultras prima dell’assalto agli avversari.

Il pericolo un tempo si chiamava centri sociali, poi squatter, black bloc, ora notav. Ma l’intento, a quanto pare, non è quello di contenere, identificare e arrestare, come è stabilito dalle regole e dalle leggi di pubblica sicurezza, ma colpire e picchiare duramente, per fargliela pagare. Una volta per tutte.

 

@AndreaDoi

Val Susa zona di guerra. E’ il soldato che lo dice

  • Da: Nuovasocietà –  Lunedì, 11 Febbraio 2013 18:07 
 
Soldati nel fortino di ChiomonteSoldati nel fortino di Chiomonte

 

di Andrea Doi

La prima cosa che ha fatto è stata tranquillizzare i suoi genitori. Spiegargli di stare tranquilli, che era vivo e vegeto. Lui, militare alpino originario della provincia di Avellino, ha raccontato la sua storia al giornale locale “Ottopagine”. La testimonianza di quella notte maledetta, della sua paura dentro il Lince, il mezzo militare che gli fa da casa da mesi. «Erano molto ben organizzati – racconta al giornale irpino – non è stato facile rimanere freddi». A prima vista questa storia, narrata dalla viva voce del giovane soldato, sembrerebbe uguale a quella di tanti suoi compagni e commilitoni che in Iraq e in Afghanistan sono stati spediti in guerra. Peccato che le parole di Ciro Esposito (così viene chiamato il soldato su “Ottopagine”)non  abbiano come soggetto fatti avvenuto sulle alture afghane o alle porte di Baghdad: bensì a Chiomonte.
Già, il militare racconta minuziosamente l’assalto alle reti (ritenute illegali dal Comune di Chiomonte) da parte dei No Tav, avvenuto qualche sera fa al fortino della Maddalena. Frasi, le sue, che lasciano a bocca aperta: «L’ordine era di mantenere la posizione». «Ci hanno attaccato da più parti contemporaneamente». «Ci hanno circondato lungo il perimetro reticolato». Eccetera, eccetera. Immagini che fanno pensare che ci si trovi in piena zona di guerra. Addirittura il giornale conclude con le parole: «Grottatella (il Paese natio dell’alpino, ndr) è fiera del suo soldato», come si faceva nei giornali dell’epoca durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale.
Per quanta enfasi possa aver usato il militare nel racconto di una notte in cui fu costretto lui, i suoi commilitoni, Lince compreso, a retrocedere dall’attacco dei valsusini, resta il fatto che proprio dalla bocca dell’alpino viene confermato quello che si sapeva già da tempo: la Val di Susa è una zona calda, territorio di guerra. Vengono utilizzati gas militari cs, definiti dalle Convenzioni come “armi chimiche”, sono presenti esercito e mezzi militari e chi si oppone al Tav assomiglia ai guerriglieri iracheni o ai talebani. Non si può negare quindi che in questo momento esistano della forze di occupazione e che d’altra parte ci sia un popolo che prova a resistere e a liberarsi. Non siamo noi a dirlo, sia chiaro. Ma è lo stesso soldato Ciro Esposito a farlo, come ogni soldato in guerra quando racconta la propria scioccante esperienza.

FMI e BCE: Guerre valutarie? Quali guerre valutarie?

15 febbraio 2013Di Er

 

2013.02.14+S24O+Guerre+Valute.+Esagerazione FMI e BCE: Guerre valutarie? Quali guerre valutarie?

Ma certo… ma quali Guerre Valutarie?

«Pensiamo che sia una esagerazione parlare di guerra delle valute»,
affermano dall’istituzone di Washington (il Fondo Monetario Internazionale, IMF). Pure il presidente della banca
centrale europea Mario Draghi ieri ha cercato di disinnescare la miccia, ritenendo «esagerato» parlare di una «guerra delle valute»

leggi tutto sul giornale di Confindustria

 FMI e BCE: Guerre valutarie? Quali guerre valutarie?

da Argento Fisico

http://www.rischiocalcolato.it/2013/02/fmi-e-bce-guerre-valutarie-quali-guerre-valutarie.html

Crollo dei consumi di idrocarburi in Italia 2006-2012

15 febbraio 2013Di Er

Da paura questi grafici che presenta Funny King: 

Rischio Calcolato – Verso la Bancarotta: Consumi Petroliferi Gennaio 2013, Disastro Assoluto (-10,4%) , Impossibile Ogni Ripresa
Di FunnyKing – 14 febbraio 2013


Consumi di petrolio in Italia, mese per mese, dal 2006 a gennaio 2013:

2013.02.14+consumi+petrolio+italia+2006 2012 RC: Crollo dei consumi di idrocarburi in Italia 2006 2012

Sembra persino impossibile. Giù di un buon 30%!

Consumi di Petrolio + Gasolio, stesso periodo:

2013.02.14+consumi+petrolio+++gasolio+Italia+2006 2012 RC: Crollo dei consumi di idrocarburi in Italia 2006 2012

Se le famiglie forse hanno iniziato a tirare la cinghia prima nel secondo grafico si vede anche meglio il crollo dei trasporti su gomma negli ultimi 12-18 mesi

Leggi tutto e trova link ad altri dati come i consumi elettrici e di gas, immatricolazioni e produzione industriale su Rischio Calcolato

 RC: Crollo dei consumi di idrocarburi in Italia 2006 2012

da Argento Fisico

Speciale Grecia: Disoccupazione Giovanile al 61,7%,

quel salario minimo dovranno abbassarlo al di sotto dei 400 euro altrimenti non è competitivo con quello italiano, ridotto a stagista a vita.

 Speciale Grecia: Disoccupazione Giovanile al 61,7%, Ecco Servito il Grande Successo dell’Euro

14 febbraio 2013 Di FunnyKing

Dobbiamo ricominciare ad occuparci di Grecia, non passa giorno che il paese ellenico non sia in tensione per scioperi, scontri con le forze dell’ordine, violenze anche da parte della polizia.

Mentre scrivo sono in corso manifestazioni contro il progetto del governo di abbassare il salario minimo al di sotto della soglia di 500€, come da precisi accordi con la Troika.

Il punto è che la cura NON sta funzionando per nulla, non c’è alcuna ripresa economica ed anzi il tasso di disoccupazione sta raggiungendo livelli da Germania per nazismo, un grandioso successo dell’Euro come ha detto Mario Monti qualche mese fa.

61,7% il tasso di disoccupazione giovanile…… tutto sommato mettersi una divisa e marciare dietro ad un capo non parrebbe più tanto strano. Ma guarda tu i grandi successi dell’Euro.

http://www.rischiocalcolato.it/2013/02/speciale-grecia-disoccupazione-giovanile-al-617-ecco-servito-il-grande-successo-delleuro.html

Due massacri manipolati e altri due occultati

Due massacri manipolati e altri due occultati

Posted By Redazione On 15 febbraio 2013 

di Marinella Correggia e Pierangela Zanzottera

http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=1289 [1]

Fra gennaio e gli inizi di febbraio 2013 si sono verificati in Siria diversi massacri, insieme a svariate esplosioni e stragi compiute da kamikaze (attentati che si sono intensificati, forse una strategia da parte dei gruppi armati per assumere più peso nei negoziati?). Invece di far tacere le armi e aprirsi al dialogo, c’è chi mostra tutta la volontà di intensificare la guerra.
In particolare a fine gennaio si sono verificate due tragedie, in perfetta coincidenza con un appuntamento istituzionale internazionale (in questo caso si trattava della presentazione della relazione di Lahdar Brahimi sugli ultimi incontri a proposito di Siria di fronte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite).
Tuttavia i nostri media, esattamente come quasi tutti i media internazionali, ne hanno selezionato uno solo, trattandolo alla loro maniera, e hanno scelto di passare l’altro sotto silenzio. E’ accaduto anche per altri due massacri.
Perché? Sembra essere una domanda più che legittima in questa situazione di propaganda mediatica.
In ognuno dei casi si tratta di vittime civili, molte vittime civili (tra le 60 e le 100 persone); tutte le stragi sono avvenute nei pressi di luoghi chiave di questa crisi siriana.
Allora, viene da chiedersi, con quale criterio è stato deciso di dare spazio a una notizia piuttosto che un’altra? Vediamone le differenze.

I corpi sul fiume Queiq, ad Aleppo…
Quello che è accaduto ad Aleppo è abbastanza noto, in particolare a chi segue, anche solo approssimativamente, la tragedia siriana: almeno 80 corpi, tra cui 5 bambini, sono stati ritrovati sulle rive del piccolo fiume Queiq, nella zona di Bustan al-Qasr, si trattava per lo più di giovani, molti con le mani legate, uccisi da colpi ravvicinati (in genere alla testa). Le fonti dell’opposizione che hanno ripreso i corpi in un video e lo hanno diffuso, hanno parlato di un nuovo crimine del governo di Assad, e media hanno accreditato questa versione. Poiché la zona del rinvenimento si trova nelle mani dei gruppi armati dell’opposizione (http://www.reuters.com/article/2013/01/29/us-syria-crisis-idUSBRE90S0GU20130129) i portavoce di questi gruppi, e il solito l’Osservatorio siriano per i diritti umani con base a Londra, hanno sostenuto che i corpi fossero arrivati lì portati al fiume, che prima di giungere a Bustam al-Qasr, attraverso quartieri in mano governativa. Il portavoce dell’Unione dei Comitati di coordinamento Mohammad al-Halabi ha detto: “E’ il massacro numero 113 ad Aleppo e tutti sono stati perpetrati contro sunniti”. Un altro miliziano, Abu Sada, ha dichiarato (http://internacional.elpais.com/internacional/2013/01/29/actualidad/1359464297_719664.html):
“Stamattina siamo stati informati dai residenti circa la presenza dei corpi nel rio: quando abbiamo iniziato a toglierli ci siamo accorti che erano oltre 50”. E secondo un altro miliziano, Abu Anas, “sono stati uccisi nella zona controllata dal regime e gettati nel fiume, magari diversi giorni fa perché la corrente non è forte”.
Il giorno dopo, la stessa Reuters e il francese Le Figaro hanno riportato la versione dei media ufficiali siriani, i quali hanno mostrato che la portata del rio non era tale da trascinare corpi per interi quartieri, tanto più che in alcuni punti erano state poste delle grate di ferro. Inoltre alcune famiglie avrebbero identificato i corpi di loro parenti, rapiti da gruppi jihadisti.
Già il 23 gennaio, in effetti, alcuni siti siriani (è bene precisare non filogovernativi) avevano segnalato che il gruppo terrorista Jabhat al-Nusra aveva occupato alcuni edifici e strutture, tra cui una scuola, nel quartiere di Bustan al-Kasr, mentre altre zone limitrofe erano finite sotto il controllo delle bande della Brigata al-Tawhid e del Levante. Fonti locali avevano denunciato in quell’occasione il rapimento di 400-500 persone, la maggior parte dei quali simpatizzanti del governo.
Una cinquantina di loro sarebbero stati giustiziati sommariamente dai gruppi islamisti e sepolti nelle zone agricole di Karam-Kasser in una fossa comune.
…e il massacro di ‘Amiriyah
In un piccolo villaggio, a circa 25 chilometri a est di Homs, dopo lunghi giorni di assedio, le brigate jihadiste di al-Faruq e Khaled Bin al-Walid (entrambe divenute note nel corso di questi mesi per crimini agghiaccianti commessi contro le minoranze religiose di Homs) hanno preso d’assalto la popolazione uccidendo e ferendo un centinaio di persone, come segnalato da fonti mediche dell’ospedale locale che ha accolto le vittime (http://www.youtube.com/watch?v=MB6tZ6kOl14;http://www.youtube.com/watch?v=vFBA63CvmyQ).
Secondo un sopravvissuto, intervistato dal giornale giordano online Akhbar al-Balad, 20 vetture dotate di mitragliatrici hanno preso d’assalto il villaggio di ‘Amiriyah e hanno aperto il fuoco indiscriminatamente sui civili. Fortunatamente molte donne e bambini erano stati fatti fuggire nelle ore immediatamente precedenti attraverso strade secondarie nel vicino villaggio di Ghasibiyye.
Un altro superstite ha raccontato che era stato richiesto l’intervento dell’esercito siriano, ma le forze dell’ordine sono arrivate troppo tardi (http://www.youtube.com/watch?v=SnVpvG0Zoc).
Su una delle tante pagine Facebook dedicate alla “rivolta”, qualcuno ha scritto che “il villaggio alawita è stato ripulito”, confermando la tesi secondo la quale la popolazione è stata, ancora una volta sterminata, unicamente perché di fede alawita.
E proprio in questo “dettaglio” sta la piccola-grande differenza tra la prima e la seconda strage: nel primo caso si trattava di vittime sunnite, quindi – per quei superficiali e generalisti che ritengono che tutti i sunniti debbano obbligatoriamente sostenere il cambio di governo in Siria – “utili” ai fini della campagna mediatica contro il governo siriano; nel secondo caso, dove
tutte le vittime sono alawite, “fratelli di sangue” del presidente siriano Bashar al-Assad, queste morti non sono considerate utilizzabile mediaticamente nel gioco di ambiguità e, quindi, non abbastanza degne di essere denunciate dai nostri media.
Il massacro degli operai…
Da una strage manipolata a una trascurata a una sottaciuta.
Giovedì 7 febbraio un attentatore suicida alla guida di un minibus si è scagliato contro un convoglio di autobus che stavano riportando alle loro abitazioni dei lavoratori.
Ci sono voluti l’equivalente di due tonnellate di esplosivo per spezzare la vita di queste persone.
La maggior parte delle vittime proveniva dai villaggi di Tal-Durra e Al-Kafat, inizialmente si parlava di 30 morti e 200 feriti, ma già la mattina successiva il bilancio delle vittime è salito a 100 (addirittura 113 per altre fonti) e dei 200 feriti molti sono ancora in gravissime condizioni.
Le bande criminali hanno sparato anche contro l’ambulanza che stava accorrendo per prestare i primi soccorsi.
Nei ventidue mesi di tragedia siriana, si sono già verificati molti casi di attentati a bus che trasportavano lavoratori. Uno dei primi risale al 6 settembre 2011, quando un minibus che stava portando al lavoro ingegneri della ditta petrolifera cittadina è stato colpito da un attentato. Allora il bilancio era stato di 4 morti e 6 feriti, tutti cristiani e alawiti, provenienti da un quartiere notoriamente filogovernativo.
Ora l’esito degli attentati è diventato ben più grave: oltre 100 vite spezzate e immediatamente dimenticate, che si vanno ad unire alle centinaia di ‘Amiriyah, alle centinaia di Aleppo, ai dispersi di Aqrab, al numero impressionante di morti, dispersi, rapiti di cui nessuno sembra volersi ricordare.
…e la strage degli universitari di Aleppo
Il 15 gennaio, primo giorno degli esami semestrali universitari, esplosioni vicino alla Facoltà di Architettura e al dormitorio dell’università di Aleppo (nel quale avevano trovato ricovero anche diversi civili costretti a lasciare le loro abitazioni nelle aree residenziali colpite dagli scontri) causano 83 morti e oltre 160 feriti. L’università si trova in una zona controllata dal governo. L’Osservatorio siriano per i diritti umani, organo dell’opposizione, da Londra non fornisce dettagli circa le cause. La portavoce del Dipartimento di Stato Usa Victoria Nuland attribuisce la strage a un bombardamento dell’aviazione, ripetendo le accuse dei Comitati di coordinamento locale (Ccl) dell’opposizione; le sue parole sono definite “blasfeme” dal ministro degli esteri russo Lavrov. Il governo accusa gruppi terroristi.
Fonti vicine all’opposizione sostengono che si sia trattato di un attacco aereo ma erroneo, non intenzionale (vero obiettivo sarebbero stati dei miliziani armati), oppure che il pilota abbia fatto defezione, o infine che a fare la strage siano stati i gruppi dell’opposizione, ma con una traiettoria deviata.

http://www.stampalibera.com/?p=60078

Britangate: inscenare attacchi false flag in Siria

Posted By Lino Bottaro On 14 febbraio 2013

Fonte: Rete Voltaire

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Una breve descrizione dei file. La scoperta chiave è una mail datata 24 dicembre 2012, inviata dal Business Development Director della Britam Defense, David Goulding, al Direttore operativo dell’azienda Doughty Phillip, un ex ufficiale delle SAS:

Phil Abbiamo una nuova offerta.

Si tratta di nuovo della Siria. Il Qatar propone un affare interessante e giuro che l’idea è stata approvata da Washington. Dovremo consegnare delle CW a Homs, proiettili (g-shell) di origine sovietica dalla Libia, simili a quelli che dovrebbe avere Assad. Vogliono che prendiamo il nostro personale ucraino, che dovrebbe parlare russo, per girare un video. Francamente, non credo che sia una buona idea, ma gli importi proposti sono enormi. La tua opinione?

Cordiali saluti David

Per chiarire le cose, CW è un’abbreviazione standard per armi chimiche, ‘g-shell’ è una bomba composta da un proiettile esplosivo riempito di gas tossici. Tenendo conto del memorabile avvertimento di Barack Obama che l”uso o anche il trasporto di armi chimiche da parte del regime di Assad sarebbe una “linea rossa” che precipiterebbe l’intervento militare’, un messaggio che ha ribadito il mese scorso dopo l’elezione al secondo termine. L’operazione tracciata, se attuata, fornirebbe un pretesto ideale per l’intervento straniero in Siria. Israele ha espresso gli stessi avvertimenti la scorsa settimana.

Chi interpreterebbe il video della consegna di CW a Homs? Il testo della email indica chiaramente che avrebbero usato personale ucraino della Britam per fabbricare il video. Scorrendo uno dei file craccati, (Britam HRM Expat Data Load Sheet August 2012.xlsx) abbiamo scoperto i dati personali di 58 cittadini ucraini che lavorano per la Britam Defence Ltd. in Iraq. Diversi dipendenti potrebbero non essere indicati nella cartella sul personale in Iraq, che conteneva le fotocopie dei passaporti di diversi altri ucraini. Ci sono anche alcuni serbo-croati e georgiani nella lista, che potrebbero anche loro passare per dei ‘russi’.

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Dalla fine di dicembre 2012, fonti occidentali, israeliane e del Golfo hanno diffuso ‘voci’ su ‘truppe russe che combattono con Assad’ e ‘forze russe che assumono il controllo delle armi chimiche siriane’. Il giornale kuwaitiano al-Seyassah ha recentemente pubblicato un paio di “rapporti dell’intelligence occidentale che affermano che Assad ha già passato armi chimiche ai terroristi”. Il 15 gennaio l’US Foreign Policy Gazette pubblicava un ‘cablo segreto del dipartimento di Stato’ giungendo alla conclusione che ‘i militari siriani avrebbero utilizzato armi chimiche contro il proprio popolo, in un attacco mortale del mese scorso’. Molto probabilmente l’opinione pubblica viene preparata a dei figuranti in uniforme russa o di ‘soldati’ che parlano russo, che in un “video mozzafiato” presumibilmente commettono atrocità contro i civili nelle città siriane, o che vi impiegano gas tossici. In questo contesto non dobbiamo dimenticare i rapporti che circolano dall’anno scorso secondo cui i combattenti ribelli in Siria erano stati dotati di maschere antigas, e che erano disposti a scatenare un attacco chimico da attribuire poi al regime di Assad, per spianare la strada all’intervento militare della NATO.

Le informazioni sul reclutamento da parte dei servizi speciali occidentali e mediorientali di militanti dalle caratteristiche slave, per svolgere il ruolo di ‘mercenari russi presumibilmente catturati dai combattenti dell’opposizione siriana’, sono state pubblicate dai media russi a metà gennaio. Citavano una fonte bene informata che diceva che degli “attori” erano stati selezionati in Russia, Bielorussia e Ucraina. Tutti dovevano saper maneggiare armi e saper operare sistemi antiaerei. Secondo la sceneggiatura, dovrebbero riconoscere di fronte alle telecamere di esser stati reclutati dai servizi speciali russi con l’obiettivo di sostenere l’esercito di Bashar Assad. Inoltre, avrebbero dovuto dire di esser presumibilmente sbarcati in Siria da navi da guerra russe. Secondo la fonte, tutto questo sarà girato in Turchia o in Giordania, dove finte città in rovina siriane sono già state costruite per delle scenografie in scala reale. Scenari dello stesso tipo di quello che sarebbe stato utilizzato in Qatar, durante la guerra d’informazione contro la Libia nel 2011.

Sommando questi dati si può concludere che una provocazione in Siria è l’unica opzione rimasta ai guerrafondai. Avendo informazioni esaustive sulla reale situazione in Siria ed essendo consapevoli della incapacità dei corrotti gruppi ribelli di apportare una qualsiasi modifica significativa a Damasco, non avrebbero altra possibilità che assumere una mediocre agenzia di sicurezza privata inglese per svolgere un altro lavoro sporco. Non abbiamo alcun dubbio che le numerose tragiche “rivelazioni” sulle atrocità commesse dall’‘esercito pro-Assad’, che vengono ripetutamente diffuse su YouTube neegli ultimi due anni, siano state anch’esse ‘ordinate’ l’enorme contributo dei ‘berretti’ inglesi. L’ultima scoperta merita un’indagine approfondita e attenta considerazione dai vertici politici internazionali. E’ tempo che il Britamgate sia rimesso in scatola.

All documents could be found on this link [1]

http://www.stampalibera.com/?p=60046

Finmeccanica, Hollande che tempismo

Un commentatore di Stampa Libera fa notare:

Tizio:

14 febbraio 2013 at 11:38

Casualmente, oggi, su “Le Figaro”:

 “ENTRETIEN. Avant la visite de François Hollande en Inde jeudi 14 et vendredi 15 février, l’analyste Uday Bhaskar, ancien officier supérieur (commodore) de la marine indienne et chercheur émérite à la Society for Policy Studies (SPS), un cercle de réflexion basé à New Delhi, décode les défis stratégiques auxquels l’Inde est confrontée.

 François Hollande se rend en Inde pour consolider le “partenariat stratégique” franco-indien. L’une des dimensions de ce partenariat est la coopération militaire, illustrée par un projet d’accord emblématique – en attente de signature – portant sur la vente de 126 chasseurs Rafale à l’Inde.”

 Traduco:

“Prima della visita di François Hollande in India Giovedi 14 e Venerdì 15 Febbraio, l’analista Uday Bhaskar, un ex ufficiale (Commodore) della Marina indiana e ricercatore emerito presso la Società di studi politici (SPS), un think tank con sede a Nuova Delhi, chiarisce le sfide strategiche che l’India deve affrontare.

 François Hollande visita l’India per rafforzare il “partenariato strategico” franco-indiano. Uno degli aspetti di questa collaborazione è la cooperazione militare, illustrata con un emblematico progetto di accordo, in attesa di essere firmato, sulla vendita di 126 caccia Rafale all’India.”

 Capito? Noi mandiamo all’aria le nostre commesse, e le regaliamo ai francesi che guarda caso sono già in India, proprio mentre qui da noi i dirigenti di Finmeccanica finiscono dietro le sbarre.

Dopo Ilva, Saipem-Eni e Finmeccanica, cos’altro avrà in mente questo braccio armato dei poteri anglo-franco-americani, camuffato da magistratura? Siamo palesemente sotto una dittaura straniera, teniamolo a mente. Ma quali elezioni politiche…

 L’articolo è questo

Finmeccanica, gioiello che la magistratura bancaria vuole svendere

Posted By Nicoletta Forcheri On 14 febbraio 2013 

 Fonte: Finmeccanica, il gioiello vicino alla svendita coordinata da una magistratura anti-italiana [1]

 di Riccardo Ghezzi © 2013 Qelsi – Con la collaborazione di: Rosengarten e Oreste Tarantino

 [2]Finmeccanica è di nuovo nell’occhio del ciclone, in un’escalation che sta seguendo la media di uno scandalo all’anno: prima l’indagine sulle “zucchine” (le tangenti ai politici n.d.r.) avviata dalla Procura di Roma ad ottobre 2011, poi l’inchiesta della Procura di Napoli sulle forniture in Brasile – con il coinvolgimento dell’ex ministro Claudio Scajola, indagato, e le intercettazioni a Berlusconi e Lavitola- ad ottobre 2012, ora è la volta dell’arresto di Giuseppe Orsi, presidente di Finmeccanica dal dicembre 2011 dopo le dimissioni di Pierfrancesco Guarguaglini, travolto a sua volta dalle indagine sulle “zucchine” di cui sopra.

Il provvedimento di arresto nei confronti di Orsi è stato emesso dal gip del Tribunale di Busto Arsizio: l’accusa è di corruzione internazionale, peculato e concussione a causa di presunte tangenti che sarebbero state pagate per la vendita di dodici elicotteri all’India. Come se non bastasse, il governo indiano ha deciso di sospendere i pagamenti a Finmeccanica per la commessa, pari alla cifra di circa 750 milioni di dollari, e ha comunicato che non accetterà la consegna di alcun velivolo fino a quando non sarà stata completata un’inchiesta della polizia indiana sulle accuse per tangenti. Ci sarebbe persino il rischio che la commessa venga annullata. D’altra parte, dopo la debolezza palesata dal governo italiano sulla vicenda Marò, l’India ha capito di poter fare la voce grossa.

 Appare in ogni caso scontato come l’ennesima indagine della magistratura su Finmeccanica provochi evidenti danni all’azienda, ma ciò che stupisce maggiormente è l’arresto stesso di Orsi. Un fatto assurdo, in quanto è noto che tutte le imprese che operano su contratti importanti all’estero debbano pagare tangenti per avere le commesse. Se è vero, com’è vero, che in ambiente internazionale le tangenti le versano tutti, la priorità diventa quella di difendere il lavoro e il know-how italiano.

Dove sta quindi l’illegalità o il reato nel difendere la propria impresa? Orsi non si è certo intascato alcunché.

L’ex premier Silvio Berlusconi ha tutte le ragioni nel dire che “l’indagine che coinvolge i vertici della più grande azienda pubblica italiana avrà conseguenze gravissime sulla nostra economia. Il risultato finale sarà quello di tagliare le gambe a Finmeccanica con vantaggio di altre aziende internazionali”, ed è un peccato che sia l’unica voce politica a stigmatizzare l’ennesimo intervento indebito della magistratura ai danni del settore produttivo italiano. Doveroso anche ricordare che “Tutti i Paesi versano tangenti, ma solo la magistratura italiana indaga”. Ma non è indole masochista. Tutt’altro. E’ una strategia.

Il vero obiettivo, purtroppo, è chiaro da tempo: la svendita di Finmeccanica. Basti pensare, tornando indietro di qualche anno, a quando negli anni 90 l’IRI, nonostante sopportasse tutto il peso del traino industriale Hi-Tech del Paese, passava per una voragine del malaffare e della corruzione. La magistratura, obbedendo ad ordini strani e di “Britanniche” origini, fiaccò ogni resistenza politica di mantenimento pubblico, incentivando la privatizzazione a prezzi sviliti con la stagione delle “Mani Pulite” che proprio pulite, è stato accertato, non erano per niente (Di Pietro docet).

Ora si rivede il medesimo film: il titolo di Finmeccanica è in caduta libera, i dirigenti ai ferri, i compratori alle porte e i giornali di regime indottrinano le masse. Repubblica e Fatto parlano di “Sistema Finmeccanica” e pubblicano le solite intercettazioni telefoniche che non sono mai apparse, ad esempio, per lo scandalo Mps.

Il problema è che Finmeccanica, come ha ricordato Berlusconi, è ad oggi la più grande azienda pubblica italiana. Un colosso industriale che ha sede a Roma e impiega circa 70 mila persone in una cinquantina di Paesi del mondo (Polonia, Stati Uniti, Regno Unito e altri, oltre ovviamente all’Italia), con diverse decine di controllate e partecipate tra cui Alenia, SELEX e AgustaWestland, che produce gli elicotteri finiti nel mirino della magistratura.

Tanti in giro per il mondo faranno e avranno già fatto un pensierino su Finmeccanica. I francesi, ad esempio, sono passati all’azione già nel 2011. Luc Vigneron, numero uno della società francese Thales, aveva messo gli occhi sulla Oto Melara di La Spezia, che produce sistemi di arma ed è conosciuta in tutto il mondo per i cannoni navali, e la Wass di Livorno, tra i principali produttori italiani di siluri. Due gioielli dell’economia nostrana.

Pronta la svendita: dopo Finmeccanica, toccherà ad Eni. Tutto coordinato dalla magistratura italiana. O meglio, anti-italiana.