Video: Cuba crea 4 vaccini contro il cancro

http://www.cubainformacion.tv/index.php/lecciones-de-manipulacion/47891-cuba-crea-cuatro-vacunas-contra-el-cancer-una-leccion-a-las-farmaceuticas-que-no-sera-noticia

Che Cuba abbia sviluppato già quattro vaccini contro altrettanti differenti tipologie di tumori è senza dubbio una importante notizia per l’umanità., e se teniamo presente che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno muoiono nel mondo, per queste infermità, circa 8 milioni di persone. I grandi mezzi internazionali hanno ignorato il fatto quasi completamente.

Nel 2012 Cuba testava il primo vaccino terapeutico contro il cancro al polmone avanzato a livello mondiale, la CIMAVAX-EGF. E nel gennaio 2013 è stato annunciato il secondo, la cosìdetta Racotumomab. Sperimentazioni cliniche in 86 paesi dimostrano che questi vaccini, sebbene non curino l’infermità, ottengono la riduzione dei tumori e permettono una tappa stabile dell’infermità, aumentando le speranze e la qualità di vita. 

Il Centro Immunologico Molecolare de la Habana, appartenente allo Stato Cubano, è l’artefice di tutti questi vaccini. Già nel 1985 venne sviluppato il vaccino della meningite B, unica al mondo, e più tardi altre, come quelle contro l’epatite B o il deng. Inoltre opera da molti anni per sviluppare un vaccino contro l’HIV-SIDA. Altro centro statale cubano, il laboratorio Labiofam, sviluppa medicamenti omeopatici anche contro il cancro: è il caso del VIDATOX, elaborato partendo dal veleno  dello scorpione azzurro.

Cuba esporta questi farmaci in 26 paesi, e partecipano in imprese miste in Cina, Canadà e Spagna. Tutto questo rompecompletamente uno stereotipo molto diffuso, rafforzato dal silenzio mediatico sui successi di Cuba e di altri paesi del Sud: che la ricerca medico-farmaceutica di avanguardia si produce solo nei paesi cosìdetti “sviluppati”.

Indubbiamente, lo Stato cubano ottiene una rendita economica dalla vendita internazionale di questi prodotti farmaceutici. Senza dubbio, la sua filosofia di ricerca e commercializzazione è agli antipodi della pratica imprenditoriale della grande industria farmaceutica.

Il Premio Nobel della medicina Richard J. Roberts denunciava recentemente che le aziende farmaceutiche orientano le proprie ricerche non verso la cura delle infermità, ma lo sviluppo di farmaci per dolenze croniche, molto più remunerativi. E segnalava che le malattie proprie dei paesi più poveri – per la loro bassa redditività non venivano investigate. Per questo, il 90% dei finanziamenti per le ricerche viene destinato verso le malattie del 10% della popolazione mondiale.

L’industria pubblica medico-farmaceutica di Cuba, sebbene sia una delle principali fonti di entrate per il paese, di regge su principi radicalmente opposti.

In primo luogo, le sue ricerche vanno dirette, in buona parte, a sviluppare vaccini che proteggono dalle malattie e, di conseguenza, abbassano il costo dei medicamenti sulla popolazione.

In un articolo della prestigiosa rivista Science, i ricercatori dell’Università di Stanford (California) Paul Drain e Michele Barry assicuravano che Cuba ottiene migliori indici nella salute che gli Stati Uniti con un costo venti volte inferiore. La ragione: l’assenza – nel modello cubano – di pressioni e stimoli commerciali da parte delle aziende farmaceutiche, e una riuscita strategia di educazione della popolazione nella prevenzione.

Inoltre, le terapie naturali e tradizionali – come la medicina verde, l’agopuntura, l’ipnosi e molte altre, pratiche poco redditizie per i produttori di farmaci, sono integrate da molti anni nel sistema sanitario pubblico gratuito dell’isola.

Dall’altro lato, a Cuba i farmaci vengono distribuiti, in primo luogo, nella rete ospedaliera pubblica nazionale, in modo gratuito o altamente sussidiato.

L’industria farmaceutica cubana, inoltre, destina praticamente nulla in pubblicità, mentre nel caso delle multinazionali, è superiore al costo dell’investimento stesso della ricerca.

Per ultimo, Cuba spinge alla produzione di farmaci generici che mette a disposizione di altri paesi poveri e dell’Organizzazione Mondiale della Salute, a un prezzo molto inferiore a quello della grande industria mondiale.

Per questi accordi, alieni alle regole del mercato, generano forti pressioni dall’industria farmaceutica. Recentemente, il governo dell’Ecuador annunciava l’acquistoda Cuba di un numero importante di farmaci, in reciprocità alle borse di studio fornite a studenti ecuadoriani sull’isola e per l’appoggio di specialisti cubani al programma “Manuela Espejo” per persone diversamente abili.  

Le proteste dell’Associazione dei Laboratori Farmaceutici Ecuadoriani si sono commutate immediatamente in campagne mediatiche, diffondendo il messaggio della insinuata cattiva qualità dei farmaci cubani.

Dall’altro lato, numerosi analisti vedono dietro il colpo di Stato in Honduras, nel 2009, la grande industria farmaceutica internazionale, dato che il governo del deposto Manuel Zelaya, nel quadro degli accordi ALBA, pretendeva sostituire l’importazione di medicamenti delle multinazionali con farmaci generici cubani.

Il blocco degli Stati Uniti a Cuba impone importanti ostacoli per la commercializzazione internazionale dei prodotti farmaceutici cubani, però pregiuduca anche direttamente la cittadinanza degli Stati Uniti. Ad esempio, le 80.000 persone diabetiche che soffrono in questo paese ogni anno dell’amputazione delle dita dei piedi, non possono accedere al farmaco cubano Heperprot P., che propriamente le evita.

Il Premio Nobel della Chimica Peter Agre affermava recentemente che “Cuba è un magnifico esempio di come si possa integrare la conoscenza e la ricerca scientifica”. Irina Bokova, direttrice generale dell’UNESCU, dichiarava di sentirsi “molto impressionata” dai successi scientifici di Cuba e mostrava la volontà di questa organizzazione delle Nazioni Unite per promuoverli nel mondo. La domanda è inevitabile: conterà sulla collaborazione imprescindibile dei grandi media internazionali per diffonderli?

 

Dimenticate la bolla immobiliare, le obbligazioni o i derivati ??. La frode è la più grande bolla di tutti i tempi

lunedì, gennaio 28, 2013

Washington’s Blog

La bolla immobiliare, che è scoppiata più o meno nel 2007  è stata la più grande bolla di tutti i tempi .

Molti sostengono che la bolla delle obbligazioni degli Stati Uniti ha superato la bolla immobiliare essendo la più grande di tutti i tempi.

Naturalmente, poiché il mercato dei derivati ??vale più di mille miliardi di dollari, e questi sono garantiti da beni reali  migliaia di volte inferiori, si può sostenere che i derivati ??sono la più grande bolla.

Ma se ci pensate sul serio, la più grande bolla della storia è la frode, perché comprende tutto quello che è stato citato sopra e anche di più.

In particolare, la crisi degli alloggi è stata causata dalla frode. Il governo ha incoraggiato la frode, e ha contribuito a nasconderla.

Vasti settori del mercato dei derivati ??sono manipolati dalla frode. Vedi questoquestoquesto e questo . Ma invece di reprimere la frode, il governo la sta sostenendo.

E la bolla delle obbligazioni è stata causa da tassi di interesse super-bassi. Vedi questoquesto e questo.

I bassi tassi di interesse – a loro volta – sono causati dalla politica di tasso d’interesse zero del governo e dalquantitative easing (alleggerimento quantitativo).

E come ha fatto il governo a vendere questi programmi? Dicendo che erano necessari per aiutare l’economia e creare nuovi posti di lavoro.

Ma in realtà, la politica dei tassi di interesse pari a zero è solo un altro piano di salvataggio occulto delle grandi banche. E il quantitative easing  aiuta solo la super-élite … e serve a danneggiare l’economia e i piccoli (Bernankesapeva già nel 1988 che il QE non funziona per gli scopi dichiarati).

In altre parole, la politica governativa dei bassi tassi di interesse si basa su una falsa dichiarazione sul loro scopo e sull’effetto probabile.

Infatti, gli esperti dicono che tutte le bolle sono attivate ??per frode.

Ma ci sono segnali che la bolla frode sta crollando.

La fiducia in molti governi e  istituzioni private sta crollando ai minimi storici. Perché? Perché la corruzione istituzionale è così dilagante che sta diventando evidente a tutti, da Joe Sixpack agli investitori dilettanti eprofessionali sofisticati.

Mentre i liberali tendono a diffidare delle grandi aziende e i conservatori tendono a diffidare del governo federale, siamo tutti d’accordo sul fatto che il malvagio rapporto simbiotico tra i due è il problema alla radice. In effetti, quando il governo e il corporativismo si fondono, è difficile per chiunque fidarsi di ciò che sta accadendo.

Quando i funzionari del governo sono corrotti esattamente come le imprese criminali che dovrebbero regolamentare, anche i media mainstream non possono più ignorarlo.

E le persone perdono ogni fiducia nel sistema .

Non importa quanto duramente i servi lavorano per coprire i loro continui misfatti, la bolla frode alla fine scoppierà …

Fonte: Washington’s Blog 24 Gennaio 2013
Traduzione: Anna Moffa per 
ilupidieinstein.blogspot.it

d

Il cannibalismo delle multinazionali dell’elettronica

Quello avvenuto in Congo e Rwanda può essere considerato il più grande olocausto della storia, taciuto al mondo e alla storia, perpetrato dalle grandi multinazionali dell’elettronica. Società come Motorola, Nokia, Siemens, Samsung, Acer, IBM, HP, e dunque tutte le compagnie che fanno uso di minerali rari e semiconduttori, hanno sostenuto e finanziato un etnocidio di oltre 8 milioni di morti nell’Africa centro-occidentale.  Le Nazioni Unite si sono macchiate dei crimini efferati della più bassa leva colonialista compiute in queste terre, allo scopo di garantire i contratti miliardari delle corporation, per lo sfruttamento di oro, diamanti e coltan, risorsa strategica per l’industria Hi-Tec. I caschi blu, i commissari e le organizzazioni non governative hanno assistito agli atroci crimini commessi da contractor e dai ribelli finanziati dalle lobbies occidentali nei confronti di civili inermi.

I bambini congolesi nelle miniere di coltan

La follia generale che si è scatenata dopo la caduta del muro di Berlino, con la creazione di centinaia di eserciti privati di mercenari dispiegati nelle aree sensibili per le concessioni ottenute, ha reso necessaria l’istituzioni di tribunali ad hoc, legittimati a livello internazionale dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Tutte le grandi potenze erano in qualche modo coinvolte e ricattate per gli interessi che vantavano nelle ricche aree del continente africano.  E’ stato così creato il cosiddetto Tribunale Penale Internazionale per il Rwanda (ICTR), una fantomatica istituzione giuridica  costituita da giudici e procuratori ricattati. Simbolo della corruzione della Corte dell’Aja per i presunti del “genocidio ruandese” è stata Carla Del Ponte – che ha poi ereditato la toga di procuratore del Tribunale per la ex Jugoslavia (ICTY).  Come spiegato già in passato dalla Etleboro, la Del Ponte doveva garantire il sistema bancario e bloccare il denaro trasferito nelle banche estere a nome dei dittatori che si sono di volta in volta succeduti, e detronizzati non appena venivano meno agli accordi di concessione pattuiti.

Le miniere di coltan in Congo

Tra Congo e Rwanda si protrae ormai da vent’anni una guerra umanitaria, che ha lo scopo di tutelare i contratti di concessione delle miniere, in particolare di coltan e di minerali per la produzione di semi-conduttori. Alla base del conflitto vi è uno storico accordo non scritto, secondo il quale il Congo, colonia belga di Leopoldo II il cui controllo è stato conservato dalla famiglia reale, è tenuto a consegnare al Rwanda – sotto il controllo degli Stati Uniti – i quantitativi di coltan concordati. Tale accordo deve essere onorato dai regimi che si alternano a Kinshasa, che hanno così la possibilità di arricchirsi e di veder tutelata la loro posizione dagli attacchi  ruandesi. Questo precario equilibrio si rompe nel momento in cui si incrinano i rapporti e si rimettono in discussione gli accordi presi. Le forze occidentali cominciano così ad armare i ribelli dell’M13 che invadono il Congo diffondendo distruzione, panico e omicidi. I villaggi congolesi sono divenuti capitale mondiale dello stupro, dopo che nel corso di questi 10 anni ne sono stati compiuti più di 2 milioni. Oggi la storia si ripete, scoppia di nuovo l’emergenza in Congo, dopo che le grandi società cinesi sono giunte in Africa offrendo contratti a condizioni più vantaggiose e mettendo sul tavolo valigie di contanti. La reazione americana non è tardata ad arrivare, rimettendo in moto la macchina della violenza più brutale e volgare, in una inconcepibile schizofrenia generale.

Il bacino del fiume Congo e le centrali Inga

Da non sottovalutare, inoltre, la questione energetica, in quanto il continente africano costituisce un’immensa riserva di energia rinnovabile, prodotta attraverso parchi fotovoltaici, eolici e immense dighe, come più evidenziato in precedenza dalla Etleboro (vedi Progetto Desertec). Il più grande sistema idroelettrico del mondo si trova proprio sul fiume Congo, ed è quello del Grande Inga (Inga I di 351 MW, e Inga II di 1.424 MW, in progetto Inga III di  3500 MW), dal quale dovrebbe diramarsi una rete di interconnessione elettrica estesa sino in Costa d’Avorio, Marocco ed Egitto, per giungere sino al continente europeo. Come si può notare, Congo – come tutta l’Africa – sta per divenire la frontiera energetica del futuro, per la quale sarà combattuta una guerra ancor più sanguinosa di quelle sinora conosciute, aggravate dall’estrema povertà e dalle malattie.

Mappa delle interconnessioni che dal Grande Inga
si dirameranno in tutto il continente africano.

 

Mappa degli snodi delle interconnessioni elettriche.

 

La ragnatela delle interconnessioni elettriche
che si estendono dal Mediterraneo all’Europa centrale

Quanto più andrà avanti questa crisi economica europea, tanto più violenta sarà la risposta delle multinazionali dinanzi alla debolezza e all’impotenza degli Stati. La loro azione viene costantemente coperta e vigilata dai media, scortati da ONG sovranazionali,  a loro volta legittimate dalle Nazioni Unite. Il monopolio dei signori della guerra viene a sua volta garantito dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che comminano embarghi e sanzioni, per poi istituire i tribunali ad hoc per i vincitori. Da questo punto di vista, la guerra al terrorismo più giustificata, dovrebbe essere quella al “Palazzo di vetro”, occupato da assassini ben vestiti e griffati,  da personale diplomatico corrotto e depravato, da ricattati e ricattatori, la cui unica funzione è mantenere l’equilibrio della guerra perpetua contro i più deboli. Il premio Nobel per la pace, Barack Obama, avrebbe dovuto lottare contro questo sistema, non alimentarlo incendiando l’Africa, a cominciare dalle cosiddette Primavere arabe. Se tutto quello che viviamo è una grande farsa per mantenere il popolo nell’ignoranza, ci vorrebbe un po’ di onestà intellettuale e non far gravare il costo della pace dell’ONU sui cittadini, inconsapevoli di essere i contribuenti di un’associazione a delinquere.  C’è da chiedersi perché la Commissione  delle Nazioni Unite, che doveva indagare sui crimini associati all’estrazione del coltan, ha insabbiato tutto, chiudendo la questione con l’affermazione: “Le multinazionali interrogate affermano che il coltan utilizzato dalle loro industrie non proviene da zone in conflitto“.

Una trovata geniale che supera ogni immaginazione del più elementare complottismo, ed offende la dignità degli operai e della gente di buona civiltà, che compra i loro prodotti all’insaputa di tutto questo. Ma ancor più criminale è l’indifferenza dei nostri politici che dovrebbero essere dei sovrani guardiani delle vite dei cittadini, ed hanno preferito spendersi per le “Pussy riot”, condannando la Russia. BBC, CNN e Al Jazeera ci hanno dipinto come “angeliche attiviste” delle esibizioniste che si divertivano a fare  orge in pubblico,  in metrò e musei. Non dimentichiamo poi i nostri “eroi medagliati”, che si fanno grandi davanti alle telecamere, disegnando scenari apocalittici e previsioni di crisi, senza sapere di essere loro i piromani dei conflitti. Per trenta denari sono disposti a recitare questo copione pur di rimanere a galla.

 

Israele bombarda un centro di ricerca vicino damasco

era un sito militare che i terroristi cercavano da mesi di distruggere. Israele ha detto che sospettava vi fossero armi chimiche

 

Israeli warplanes bomb research center near Damascus – Syrian military 

Published: 30 January, 2013, 23:18 Edited: 31 January, 2013, 04:18

An Israeli F-15 fighter jet (AFP Photo/Jack Guez)

 

(27.3Mb) embed video

Israeli fighter jets targeted a military research center near Damascus early on Wednesday morning, the Syrian army said. The statement follows earlier reports of an Israeli airstrike on a convoy with Syrian weapons heading to Lebanon.

 

The Syrian army’s general command has issued a statement, saying an airstrike was launched by the IAF targeting a military research center in Jamraya, rural Damascus.

 

“Israeli fighter jets violated our air space at dawn today and carried out a direct strike on a scientific research center in charge of raising our level of resistance and self-defense,” the army statement said as cited by SANA.

 

The strike caused material damage to the center and a nearby building, killing two workers and wounding five others, the statement added. The Israeli warplanes were flying low under the radars and “snuck in from the north of Al-Sheikh Mountain” according to the report. It called the strike a “blatant act of aggression” against Syria and accused Israel of supporting terrorist activity in the country.

 

Earlier there were reports in the media of an attack by Israeli jets on Wednesday morning striking a target on the Syrian-Lebanese border amid repeated violations of Lebanese airspace. A US government official has confirmed reports that Israeli warplanes targeted a convoy headed from Syria to Lebanon, the Associated Press says.

 

The Syrian military however has denied this, saying there was no Israeli strike on a convoy of trucks on its border.

 

However, it was “possible” that the convoy was near the large military site when it came under attack, diplomatic sources told Reuters.

 

Although it has not yet been confirmed whether an airstrike indeed targeted a military site near Damascus, experts believe that after months of constant rebel attacks on Syrian air defense systems an airstrike would make sense.

 

“It finally makes sense because the rebels or as they like to call themselves the revolutionaries, they have been attacking air defense bases near Damascus for the past seven months,” Dr Ali Mohamad, editor in chief of the Syria Tribune news website told RT. “They’ve managed to attack the S-200 base and over four SM-2 and SM-3 bases. Now this followed by an airstrike from Israel. So it all adds up, it makes sense. It only shows that Israel has a great interest in the instability in Syria and that it is being helped by groups of armed rebels in Syria.”

 

Chemical weapons false flag?

 

Israel had reportedly been planning for several days the airstrike to hit a shipment of sophisticated weaponry – allegedly including chemical weapons and Russian-made anti-aircraft missiles – bound for Hezbollah in Lebanon.

 

“This episode boils down to a warning by Israel to Syria and Hezbollah not to engage in the transfer of sensitive weapons,” a regional security source told Reuters.

 

So far none of the officials in Israel or other concerned parties have pinpointed the exact location and target of the airstrike. The anonymous diplomatic sources however have told Reuters that chemical weapons were believed to be stored at the Jamraya research center, although the vehicles in convoy were unlikely to be carrying them.

 

Israeli officials have said repeatedly they fear Assad losing his grip on his chemical weapons stockpile. But Dr. Ali Mohamad believes the chemical weapons danger was just a pretext to destroy Syria’s military research centers to ensure that Damascus can’t produce arms for its military or to ship to its allies in the region.

 

“Military research centers are responsible for developing weapons in particular land-to-land long range missiles,” he explained. “And what Israel wants is to stop this research and stop this process. And of course Israel will claim that this is connected to a chemical weapons arsenal, but this is of course not true because nobody stores chemical weapons in a research center.”

 

Everybody who lives in Syria knows “that this is not at all about chemical weapons,” Mohamad said.

 

“Let’s remember that the Syrian official who was responsible for all military research projects has been assassinated in Damascus by the rebels,” he explained. “Let’s also remember that the person who orchestrated the Syrian long-range missile project colonel Dawoud Rajiha was also assassinated in Damascus. This is about stopping the Syrian scientific military research projects and is about breaking the link that will help [Israel] overcome the Lebanese resistance and the Palestinian resistance.”

 

Watch the full interview with Dr Ali Mohamad

 

Editor of the Pan-African news wire, Abayomi Azikiwe, told RT that the air raid on Syria could have been intended to distract international attention from the atrocities carried out by some of the rebel groups on the ground.

 

“The rebels have been involved in tremendous human right violations inside the country,” he said. “We saw what happened just yesterday with the finding of some 80 people who’ve been massacred, with handcuffs behind their backs shot in the head. And of course these actions carried out by the US-backed rebels inside of Syria are tremendously damaging to their image internationally. So in order to deflect attention away from these developments Israel has launched an air raid, alleging that Syria is transporting weapons to Hezbollah in southern Lebanon.”

 

Another reason for “opening another front” in Syria was to put further pressure on the government of Bashar al-Assad.

 

“Part of that strategy of course has been the deployment of Patriot missiles in Turkey,” he said. “And with the airstrikes that took place today this is designed to create a sense of encirclement with regard to the Syrian government.”

 

Watch the full interview with Abayomi Azikiwe

 

Israele boicotta il forum presso le Nazioni Unite – primo paese ad ignorare il rapporto sui diritti umani

Israel boycotts UN forum, first state in history to ignore human rights review 

Published: 30 January, 2013, 03:19 Edited: 30 January, 2013, 15:10

AFP Photo / Fabrice Coffrini

(26.6Mb) embed video

Israel has boycotted the UN human rights forum over fears of scrutiny of its treatment of residents of the occupied territories. Israel is now the first state in history to win a deferment of the periodical review of its human rights record.

Tel Aviv has refused to send a delegation on Tuesday to the United Nations Human Rights Council in Geneva for the Universal Periodic Review procedure where UN member states have their human rights record evaluated every four years.

Israel’s cooperation with the council stopped last March after the UN set up a committee to inspect the effects of the Israeli settlements on Palestinians. 

Israel which earlier accused the United Nations of anti-Israel bias reiterated its stance, recalling that the council has passed more resolutions against Israel than all other countries combined.

“After a series of votes and statements and incidents we have decided to suspend our working relations with that body,” Yigal Palmor, Israeli foreign ministry spokesman, told the Financial Times. “I can confirm that there is no change in that policy.

“There have been more resolutions condemning Israel than the rest of the world put together,” an Israeli government official said on Tuesday. “It’s not a fair game – it’s not even a game.

Following the Israeli decision, the council has decided to postpone its review until no later than November. 

The Council president has also called on the body to adopt a draft response to an unprecedented move by Israel.

Egypt’s representative meanwhile has warned that a “soft” approach would create a dangerous precedent and leave “a wide-open door for more cases of non-cooperation,” the AFP quoted.

Activist groups lash out against Israel’s disregard for international law.

“By not participating in its own review, Israel is setting a dangerous precedent,” Eilis Ni Chaithnia, an advocacy officer with al-Haq, a human rights organisation based in Ramallah has told the FT. “This is the first time any country has made a determined effort not to attend.

Others thought that the council’s decision to delay gives Tel Aviv the opportunity to make amends. Eight Israeli human rights organizations issued a statement saying, “Israel now has a golden opportunity to reverse its decision not to participate,” adding “it is legitimate for Israel to express criticism of the work of the Council and its recommendations, but Israel should do so through engagement with the Universal Periodic Review, as it has done in previous sessions,” JTA quotes.

The investigation into Israel’s Human Rights record began in 2007, but last year the UN started to pay particular attention to Israel’s activities in the West Bank.

The probe at the time prompted an angry response from the country’s leader.

“This is a hypocritical council with an automatic majority against Israel,” Prime Minister Benjamin Netanyahu said.

Senior Israeli officials announced last month that Israel does not intend to cancel plans to accelerate settlement construction.

Netanyahu himself said in an interview with Israeli Channel 2 last month that the disputed area “is not occupied territory” and that he “does not care” what the UN thinks about it.

Around 500,000 Israelis and 2.4 million Palestinians live in the West Bank and in East Jerusalem, areas that, along with Gaza, the Palestinians want for a future state.

The United Nations regards all Israeli settlements in the West Bank as illegal.Tel Aviv last attended the human rights review in 2008. Israel is not a member of the Council, which is comprised of 47 UN member states.

http://rt.com/news/israel-human-rights-boycott-032/

 

Scontri ad atene appena i manifestanti irrompono in un edificio governativo

L’austerità ha condotto i manifestanti a fare irruzione in un edificio governativo e minacciare il ministro del lavoro questo mercoledì. La polizia è intervenuta con gas lacrimogeni …spray al pepe e duna persona è stata portata in ospedale. La protesta di circa poche centinaia di persone è stata organizzata da un sindacato comunista e si è svolta davanti al ministero del lavoro…..

Insomma, godiamoci l’europa dei popoli grande salto in avanti nella civiltà e progresso dell’umanità….

Clashes in Athens as protesters break into govt. building (VIDEO, PHOTOS )

Published: 30 January, 2013, 20:32 Edited: 31 January, 2013, 04:40

A policeman kicks a demonstrator during a protest outside the Labour Ministry in Athens January 30, 2013.(Reuters / Yorgos Karahalis)

(16.3Mb) embed video

Austerity enraged protesters broke into a government building and threatened the labor minister, Wednesday. Riot police then intervened with tear gas, batons and pepper spray, with one person taken to hospital.

The protest, by a few hundred people, was organized by a Communist backed labor union, and took place in front of the Labor Ministry building. The protesters were voicing their anger by the severe austerity measures that have gripped Greece since the financial crisis took hold in the country in late 2009.

At least one person was hospitalized and two others collapsed from the effects of pepper spray and were treated at the scene by other protesters. The government said damage was caused inside the office of minister Yianni Vroutsi and threats had been made against the minster himself.

Over 30 protesters were detained and scuffles broke out when the crowd outside attempted to stop the bus taking them to police headquarters from leaving.Some of the protesters followed on foot and continued their demonstration outside the police station.

“Violence in all its forms must be condemned, not only in words but also by actions.The raid on the office of the labour minister, the material destruction and the threats against Yianni Vroutsi are practices which aim to dynamite the political climate at a very critical time for the country,” government spokesman Simos Kedikoglou told reporters.

Union members involved were protesting planned reforms to the pension system – part of the latest spending cuts in the Greek bailout program.

Other spending cuts that took affect this year include a 25% cut in the incomes of most civil servants.

Public transport workers and hospital doctors are to hold a 24 hour strike in Athens on Thursday, while dockers and port workers will also stage a 48 hour walkout, which will leave the many Greek islands without crucial ferry services.

Since the financial crisis took hold in 2009, Greece has been kept going by billions of euros in rescue loans from other euro zone countries, particularly Germany, as well as from the International Monetary Fund.

In return for these handouts the Greek government has had to impose a raft of stringent austerity measures, including spending and salary cuts and tax hikes.Unemployment in Greece has spiraled to more than 26%.

The government response to recent protests in Greece has been heavy handed and is part of a deliberate zero tolerance campaign by the authorities in Athens, lawyer and professor of constitutional law, George Katrougalas, told RT.

“The government has decided to follow a policy of zero tolerance against, as it says, the resistance to the austerity measures. So we have seen the government take emergency measures that are not constitutional, against the recent strikes. Now we have seen the police act very violently against a generally peaceful and calm demonstration,” he said.

Protesters clash with riot police outside the Labour Ministry in Athens January 30, 2013.(Reuters / John Kolesidis)

Protesters clash with riot police outside the Labour Ministry in Athens January 30, 2013.(Reuters / John Kolesidis)

Protesters clash with riot police outside the Labour Ministry in Athens January 30, 2013.(Reuters / John Kolesidis)

Protesters clash with riot police outside the Labour Ministry in Athens January 30, 2013.(Reuters / John Kolesidis)

Protesters clash with riot police outside the Labour Ministry in Athens January 30, 2013.(Reuters / John Kolesidis)

Protesters clash with riot police outside the Labour Ministry in Athens January 30, 2013.(Reuters / John Kolesidis)

A protester clashes with riot policemen during a protest outside the Labour Ministry in Athens January 30, 2013.(Reuters / Yorgos Karahalis)

A protester clashes with riot policemen during a protest outside the Labour Ministry in Athens January 30, 2013.(Reuters / Yorgos Karahalis)

Demonstrators clash with riot policemen during a protest outside the Labour Ministry in Athens January 30, 2013.(Reuters / Yorgos Karahalis)

Demonstrators clash with riot policemen during a protest outside the Labour Ministry in Athens January 30, 2013.(Reuters / Yorgos Karahalis)

Riot police spray teargas at protesters during clashes outside the Labour Ministry in Athens January 30, 2013.(Reuters / John Kolesidis)

Riot police spray teargas at protesters during clashes outside the Labour Ministry in Athens January 30, 2013.(Reuters / John Kolesidis)

SIAMO IL PAESE PIU’ TASSATO D’EUROPA

 

di G.Colza

Mariuccio Bce che ci dice che lui ha la situazione sotto controllo e sa perfettamente come sono messe le banche in Europa, quanti sono i derivati eccetera. Cosa mai potrebbe andare storto?
In effetti, siamo tutti più ottimisti, finalmente. Lo spritz scende e ci solleva, i tiggì ci propinano l’oroscopo della ripresa, con i vari esperti e le loro previsioni: fra tre mesi, forse quattro…la crisi è quasi finita, bla bla. Blob.

I mercati salgono e confermano. Una noia mortale. Negli Usa si mettono d’accordo per evitare il fiscal cliff. E noi dove siamo? Siamo fritti, lo ricordate? Yes, noi abbiamo il fiscal blob.
Siamo il paese più tassato d’Europa. La ripresa? Facciamoci una risata. Una bella risata, che almeno fa bene alla salute. Ecco a voi la pressione fiscale sulle aziende, in Europa[1].

(VEDI FOTRO SOPRA)

Buon divertimento:

In Italia la tassazione media di un’azienda sfiora il 70% (68,3%), contro il 43% medio in Europa. Chi l’avrebbe mai detto. Roba che ti vien voglia di darti da fare e contribuire alla ripresa. E nel mondo, dove siamo? Nella speciale classifica[1] che tiene conto sia del carico fiscale (45% la media mondiale), che del numero di adempimenti e del tempo perso necessario per adempiere, l’Italia svetta al 131° posto su 185 paesi.

Un trionfo.

Con un po’ di sforzo la prossima volta potremo acciuffare i paesi che ci precedono in classifica: Bielorussia e Iran (129). Più difficili da raggiungere invece Haiti (123) e Guyana (118), che come tutti sappiamo hanno una struttura di governo più evoluta e basata sulle semplificazioni burocratico amministrative. Irraggiungibili esempi di efficienza il Bangladesh (97) e il virtuoso e notoriamente business friendly Afghanistan, al 94° posto.
Quale imprenditore non vorrebbe metter su un’azienda laggiù?

Per fortuna ci possiamo consolare, che siamo posizionati un po’ meglio di Tanzania (133), Zimbabwe (134), Romania (136) e Paraguay (141).
Come dite? Ma i mercati salgono e quindi la ripresa è dietro l’angolo? Oh, certo. Ne parliamo la prossima volta. Ora scusate devo sentire i tiggì con le dichiarazioni della gente che conta, quella che vede una luce in fondo al tunnel.

fonte: Bassa Finanza

 

Colf e badanti, ora il licenziamento costa 1.500 euro. Un effetto della nuova Aspi

mercoledì 30 gennaio 2013

licenziamento colf

In caso di interruzione del rapporto di lavoro – anche quello domestico – il datore deve versare all’Inps un contributo per il nuovo ammortizzatore sociale

 


Tutto ha un prezzo, anche la libertà di licenziare. Se la riforma Fornero ha abolito in alcuni casi l’obbligo di reintegro per il licenziamento illegittimo, ha anche reso più costosa l’interruzione del rapporto di lavoro con l’introduzione dell’Aspi, la nuova Assicurazione sociale per l’impiego che sostituisce l’indennità di disoccupazione. Il nuovo contributo, a carico del datore di lavoro, vale anche per colf e badanti e in genere per i rapporti di lavoro domestico: se questo dura da più di tre anni, l’importo da versare all’Inps è di circa 1.500 euro.

Come funziona l’Aspi

La riforma del lavoro, che ha introdotto il nuovo ammortizzatore sociale, prevede che per i “lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione” il datore di lavoro è obbligato –a prescindere dalla causa del licenziamento – a versare il 41% del massimale Aspi individuato dai canoni nazionali. Per il 2013 questo massimale è fissato a 1.180 euro, quindi il contributo da versare in caso di interruzione del rapporto ammonta a (41% di 1.180 =) 483,80 euro.

Questo contributo è annuale e va moltiplicato per gli anni di durata del rapporto, con un massimo di 3 annualità. Quindi se il rapporto di lavoro dura da 3 o più anni la famiglia che licenzia il lavoratore domestico deve versare all’Inps un contributo di (483,50 x 3 =) 1451,40 euro.



Il contributo inoltre è dovuto a prescindere dal numero di ore lavorate e dalla retribuzione, perché è legato solo agli anni di lavoro. Non fa differenza che si tratti di una collaborazione di poche ora alla settimana o di una badante fissa convivente.

Questo contributo di disoccupazione può rappresentare un notevole onere per una famiglia che magari – si pensi al caso delle badanti – è costretta ad avvalersi della collaborazione per la cura di un anziano e interrompe il rapporto di lavoro dopo la sua morte. Il rischio è che il nuovo contributo diventi un ulteriore incentivo alle assunzioni in nero, cosa di cui non si sente certo il bisogno.

Fonte: http://lavoro.economia.virgilio.it/colf-badanti-ora-licenziamento-costa-1500-euro-effetto-nuova-aspi.html?pmk=hpsoc&rnd=34435

 

Scandalo Lombardia, tocca alla sinistra: 20 indagati (Pd, Sel, Idv e Udc).

Aveva giurato che lui indagati in lista non li avrebbe mai messi, Umberto Ambrosoli, il candidato del centrosinistra che da mesi cerca di vendere a tutti (ma proprio a tutti) la sua verginità, il suo essere incontaminato, il suo provenire da quella cosiddetta società civile che altro non è se non il calderone da cui pescano quelli che vogliono fare politica con l’abito nuovo e fresco di lavanderia. Tuonava contro la corruzione in Lombardia, contro la destra e la Lega, contro le spese pazze e penose. Si indignava, lui così sobrio e serio, portatore del verbo e della moralità.

 Poi, quando meno uno se lo aspetta, ecco che venti (venti, sì) dei suoi (tra cui gente che puntualmente lo accompagna nella scalata al Pirellone) finiscono iscritti nel registro degli indagati. Motivo? Peculato. Tradotto, anche loro, i bellimbusti dell’opposizione che tanto fa la morale agli altri,spendevano e spandevano denaro pubblico in modo insensato. Certo, dice Repubblica, a destra gli indagati sono 62 – e quando si inizia a fare le comparazioni numeriche significa che gli specchi per arrampicarsi stanno finendo – e le note spese di quelli del Pd sono più corte di quelle del PdL.Cambia qualcosa? No, ovviamente.

E infatti, subito da Salvini a Formigoni è partita la pernacchia galattica ad Ambrosoli, al finto santo sempre più mediocre e scialbo. Lui, finito nel mirino e oggetto delle risate altrui, non trova di meglio che ribattere chiedendo alla Lega di “togliere i manifesti abusivi”. Sì, avete capito bene. Ecco la società civile.

Bravi Bravi keynesiani, 7+: Pil Usa Negativo con l’8% di Deficit. Sbooom, PIL USA N-E-G-A-T-I-V-O

Bravi Bravi keynesiani, 7+: Pil Usa Negativo con l’8% di Deficit. Sbooom, PIL USA N-E-G-A-T-I-V-O

30 gennaio 2013 Di FunnyKing

Della serie l’avevamo detto noi!

Con buona pace dei keynesiani nostrani, nonostante la stampa di dollari a manetta il mega deficit pubblico all’8%, il debito esploso dal 60% al 105% del PIL. Gli Stati Uniti nel quarto trimestre 2012 hanno avuto una crescita del PIL N-E-G-A-T-I-V-A.

Accidenti vuoi vedere che ancora una volta è colpa dei tedeschi?

Signore e signori, per incominirae vorrei visualizzare quanto sono serviti gli stimoli keynesiani (cioè il deficit e il debito da piantare nel c**o ai propri figli)

 

oooops.

Bene, ma non vi preoccupate il denaro iniettato dalle banche centrali in questi 4 anni sta facendo il suo lavoro con la mega rotazione, ora vi spiego cosa significa: I triliardi che hanno gonfiato la più grande bolla di tutti i tempi, ovvero la bolla sui debiti sovrani si stanno trasferendo in borsa ma ooooops, l’economia reale va male e quindi non c’è da aspettarsi molto dagli utili societari.

Indovinate cosa resta?

Commodities.

La rotazione finale avverrà sulle commodity. Il petrolio ha già prezzi assurdi visto che se ne produce sempre di più (in america non sanno letterlamente più dove stoccarlo, non sto scherzando) e se ne consuma sempre di meno, poi toccherà a tutto il resto,  e indovinate alla fine quale sarà l’ultimo asset su cui si butteranno tutti.

Che cosa da sempre è riserva di valore, moneta di ultima istanza, rifugio sicuro ancestrale.

Eh su dai, che ci arrivate.

 da AGI

(AGI) – Washington, 30 gen. – Nel quarto trimestre il Pil Usa subisce una contrazione dello 0,1%, a fronte di un atteso incremento dell’1,1% e dopo il +3,1% del terzo trimestre.

  Si tratta della prima contrazione dell’economia Usa dal secondo trimestre del 2009. Nonostante il passo indietro nel trimestre conclusivo il Pil statunitense nel 2012 e’ cresciuto del 2,2%, contro il +1,8% del 2011. Nel quarto trimestre i consumi sono cresciuti del 2,2% e gli investimenti sono saliti dell’8,4%, mentre l’export e’ sceso del 5,7%, registrando la prima flessione dal primo trimestre del 2009. Giu’ del 3,2% anche le importazioni. (AGI) .