TRUMP TOWER BLUEPRINTS STOLEN FROM SECRET SERVICE

laptop-trump-towerma guarda il caso. Saranno contenti i seguaci di Killary  pro globalizzazione pro finanza antipopulisti doc.

TRUMP TOWER BLUEPRINTS STOLEN FROM SECRET SERVICE

Trump family lives in tower
A laptop containing blueprints for the Trump Tower and other security information was stolen from the Secret Service, multiple outlets reported.
 
The laptop, which also contained tower evacuation procedures as well as data from the Hillary Clinton email investigation, was taken from a Secret Service agent’s vehicle parked at her home in Brooklyn on Thursday morning.
 
Security footage showed an individual being dropped off by a car near the agent’s home, then taking off on foot after stealing the laptop.
 
“The agent also told investigators that while nothing about the White House or foreign leaders is stored on the laptop, the information on there could compromise national security,” reported the New York Daily News. “The thief also took ‘sensitive’ documents and the agent’s access keycard, though the level of the agent’s access wasn’t immediately clear.”
 
A police officer involved said the investigation was a “very big deal” to the Secret Service. “While the president hasn’t been back to Trump Tower since his inauguration, Melania and Barron are still living there until he finishes the school year,” reported TMZ.
 
Earlier in the week, the NYPD admitted it was setting up a new security detail with cherry picked officers after spending months struggling to guard the tower adequately.
 
SUBSCRIBE on YouTube: Resistance News
Facebook: RealKitDaniels

Contro ogni probabilità

no trumpIl grasso faccione di Michael Moore appare sempre indecente, come i genitali di uno di mezza età. Quello sciatto ciccione farebbe marciare le vecchie babbione anche senza il “pussyhat” (cappello rosa con orecchie da gatto, simbolo della protesta contro Trump – ndt). Basta la sua faccia. Sembra proprio George Soros: la stessa oscena Femminuccia. Secondo me è la sua faccia che lo condanna: come diceva Oscar Wilde, “tutte le creature brutte sono anche immorali”.
 
Basta guardare Madeleine Albright, altra Femminuccia.   Ma se vi serve qualche altro elemento diciamo anche che il suo “Stupidi Uomini Bianchi” è il libro più esecrabile pubblicato negli Stati Uniti in questo secolo. In esso sostiene che se i passeggeri degli aerei del’11 settembre fossero stati neri il dirottamente non avrebbe avuto successo.
E ora Femminuccia scopre i piani nascosti di Putin e chiede “l’insediamento della Clinton perché Trump é una spia russa”. Anni fa ha parlato contro la guerra in Iraq: ora invoca l’Armageddon nucleare. Con simili nemici intorno, non dobbiamo rinunciare a Trump.
Trump è finito, urlano sia i suoi fan che i suoi detrattori. E’ sconfitto, a terra, non si rialzerà più. E’ un’anatra zoppa e presto sarà messo sotto accusa. Presto lo si vedrà sgattaiolare fuori dalla Casa Bianca per infilarsi di nuovo nella sua gabbia dorata. O, meglio, correrà dal suo caro amico Vlad Putin.
E invece no, cari amici e lettori, Trump sta combattendo, non sta scappando, ma le cose richiedono tempo. Non è facile cambiare il paradigma, e fin dai primi momenti tutte le probabilità erano contro di lui. E’ arrivato fino ad oggi e continuerà a tenere duro. Il ragazzo è testardo e perseverante. Giudici corrotti tentano di legargli le mani, CIA e NSA rivelano le sue mosse al New York Times, alla CNN, e a NBC; ma lui si rialza, pronto a lottare di nuovo contro i suoi nemici – e i nemici degli americani, l’idra con tante teste a tre lettere.
 
Ci sono quelli che hanno fretta, che vorrebbero subito una vittoria e si disperano alle prima battute d’arresto. Un giudice intossicato di potere apre le porte dell’America all’avanguardia delle truppe ISIS, annullando un ordine esecutivo moderato e ragionevole, ed eccoli che già rabbrividiscono. Terribile, ma che avrebbe dovuto fare Trump? Doveva forse non fare niente di fronte a un suo ordine contravvenuto? Ha dovuto agire, così la gente avrebbe visto e giudicato i giudici. Allinearli con le spalle al muro all’alba lungo il muro del confine con il Messico? Non può farlo ancora, anche se in fondo avrebbe un senso.
 
Flynn ha dovuto lasciare, ed eccoli che esclamano: “tutto è perduto”. Sarebbe stato un errore se non avesse detto o fatto niente, invece ha agito. A una conferenza stampa molto pubblica e di grande copertura mediatica insieme al primo ministro Netanyahu, Trump ha detto: “Michael Flynn, il Generale Flynn è un uomo meraviglioso. Sono convinto che sia stato trattato molto, molto ingiustamente dai media – quelli che io chiamo i falsi media. E ‘molto, molto ingiusto quello che è accaduto al generale Flynn, il modo in cui è stato trattato, i documenti e le carte che sono trapelate illegalmente. E lo sottolineo: trapelate illegalmente. Molto, molto ingiusto.” Queste sono parole di un uomo che combatte, che ha perso una delle battaglie, anzi, solo una scaramuccia, ma che continua la sua guerra.
 
Forse sarebbe meglio tenersi Flynn, ma la politica è l’arte del possibile. E comunque le parole di Trump a sostegno del Generale erano già fuori luogo.
Trump ha incontrato Netanyahu, ed ecco i ‘deboli-di-cuore’ che già si lamentano che il Presidente ha ceduto alla lobby nefasta. Tutto il contrario. L’ADL, il potente gruppo di pressione ebraico, lo ha attaccato per aver rifiutato di pronunciare la loro parola preferita, “antisemitismo”. Haaretz ha dichiarato: “Sì, Trump è un antisemita“; il New York Times in un suo editoriale ha spiegato i motivi per cui il Presidente non ha voluto condannare l’antisemitismo, come richiesto; i rabbini hanno definito  “terrificanti” e “anti-sioniste” le sue osservazioni poiché Trump si è rifiutato di risolvere l’impasse con l’opzione da tempo battuta della “soluzione dei due Stati”.
Tra l’altro, i palestinesi sostengono la soluzione dello Stato unico proposta da Trump e non credono in quella ormai mitica dei due stati: l’equivalente mediorientale della quadratura del cerchio. Trump ha applicato abilmente la sua arma preferita, sostenere Bibi Netanyahu; con quest’arma ben spianata Trump è riuscito ad azzittire i cacciatori di anti-semiti, senza fare quello che volevano.
 
Sarebbe meglio ignorare gli ebrei del tutto, ma non si può fare dal momento che possiedono tutti i falsi-media e il cuore della gente comune americana. Rifiutare di condannare ufficialmente l’antisemitismo per un politico americano è come voler camminare sulla terra in assenza di gravità.
Dopo questo preambolo, possiamo affermare che il primo mese del mandato presidenziale di Trump è stato tutto in salita. Speravamo nella ragionevolezza degli sconfitti che gli avrebbero consentito di attuare il suo programma, invece hanno continuato dalle retroguardie a portare avanti le loro battaglie. Il suo è un compito arduo: Trump sta tentando di seppellire il capitalismo globalizzante prima che questo seppellisca i lavoratori europei e americani. Senza Trump, America ed Europa sarebbero invase da milioni di persone senzatetto che fuggono dalle guerre R2P. Senza Trump, i lavoratori americani ed europei finirebbero a lavorare nei fast-food, mentre i finanzieri continuerebbero a spremerli come limoni. Una simile inversione di tendenza non poteva passare senza opposizioni.
 
Guardiamoci indietro e ricordiamo le persone che nella storia hanno conseguito cambiamenti radicali di tale portata.  Non voglio citare nomi per non farvi spaventare. Nessuno di loro aveva una personalità particolarmente piacevole, ma avevano il carisma, una volontà di ferro, una buona memoria, la visione e la perseveranza; erano maestri di tattica, cioè sapevano quando era il momento giusto per ritirarsi e quando avanzare. E forse anche Trump ha queste qualità. Ma oltre a questo, avevano dietro di loro un partito leale e solidale, o un esercito e dei servizi segreti a loro disposizione. Trump questi non li ha.
Questi strumenti aggiuntivi sono necessari per superare gli elementi antidemocratici e non eletti del governo. Negli Stati Uniti, la magistratura e i media, due “poteri” su quattro, sono profondamente non o addirittura anti-democratici. I media sono di proprietà dei Signori dei Media, solitamente ricchi ebrei che portano avanti la loro agenda. I giudici sono naturalmente anti-democratici: disprezzano la democrazia e l’opinione pubblica.
 
La magistratura è anche fortemente ebreicizzata: tre su nove (o quattro su nove) giudici della Corte Suprema sono ebrei. Il presidente Obama aveva tentato di inserire un ulteriore giudice ebreo: ora gli elementi filo-ebrei si batteranno per evitare che un non-ebreo si “rubi” quel posto. Sono tantissimi gli avvocati e gli insegnanti di legge ebrei, tanti da metter l’imprimatur su questa professione. Nessun cambiamento radicale potrà essere possibile finché non si porrà un limite a questi poteri.
Trump non ha dietro di sé alcun partito leale, nessun servizio segreto a lui fedele. Il processore Intel Unit è contro di lui, le spie sono contro di lui e ‘passano la merce’ ai suoi nemici politici. Il partito è sospettoso nei suoi riguardi. Ci sono in giro troppi repubblicani intenti ad affilare i coltelli e pronti a colpirlo alla schiena, a cominciare dal vecchio traditore, John McCain  Senatori e Rappresentanti hanno un debito enorme verso i loro generosi donatori (per lo più ebrei); e hanno bisogno del sostegno dei media per poter essere rieletti.
 
Trump dovrebbe stabilire il controllo sul suo partito, mettendoci dei suoi fedelissimi ed estirpando i suoi avversari dal partito, dal Senato e dal Congresso. Vorrei consigliargli di non esitare a stroncare, spodestare e umiliare un senatore repubblicano, anche a costo di dare il suo seggio a un democratico. Non è impossibile. Basta infondere un po’ di paura nei cuori miti.
 
Portare i servizi segreti sotto il suo controllo è relativamente semplice: dare inizio a una caccia alle streghe, individuando i traditori che fanno trapelare il contenuto di conversazioni telefoniche riservate ai media. Questo è alto tradimento; tante persone di dubbia fedeltà possono essere fermate anche solo in caso di sospetto. Un biglietto di sola andata a Guantanamo aiuterà a schiarire le idee a molti potenziali traditori. Devono essere trattati severamente come il povero Bradley Manning. E comunque, i servizi segreti sono esagerati: gli Stati Uniti non possono sostenere un milione di spie. L’ottanta per cento se ne dovrebbe andare. Dovrebbero entrare nel mercato del lavoro ed iniziare a rendersi utili. Quelli che rimangono saranno solo fedelissimi.
I media possono essere soggiogati con vari mezzi. Di solito le grandi società d’informazione non sono mai altamente redditizie e sono suscettibili di acquisizioni ostili; alcune aziende possono essere fermate con la legislazione anti-trust. I Signori dei Media ostili si possono colpire facilmente spulciando le loro dichiarazioni dei redditi. Nel caso del New York Times, il suo sistema di azioni multi-livello è chiaramente ingiusto e può essere attaccato dagli azionisti. La misura migliore e più radicale sarebbe separare la pubblicità dai contenuti vietando il contenuto politico in pubblicazioni di carattere pubblicitario, come ho già detto altrove, ma per questo sarebbe necessaria l’approvazione del Congresso.
I giudici sono umani; quei giudici ostili che pensano di essere al di sopra del Presidente e del Congresso possono essere sottoposti a indagini approfondite con qualche pregiudizio. E sia nei tribunali che nelle università si dovrebbe abolire il mandato a vita.
Il compito del Presidente Trump quindi è decisamente arduo ma non impossibile. Tagliare i servizi di sicurezza a misura di quello britannico o francese (ed è anche molto). Ricordiamoci che dopo la prima guerra mondiale, gli Stati Uniti non avevano alcun servizio segreto e hanno prosperato comunque.  Terrorizzare un Signore dei Media e un senatore repubblicano. Portare alla luce la corruzione dei giudici distrettuali. Scoperchiare il barattolo pieno di vermi della Fondazione Clinton. Denunciare alcuni neoconservatori per aver mentito al Congresso. Ristabilire un ponte con Bernie Sanders. Invitare i suoi sostenitori ad arruolarsi nel partito repubblicano e conquistare la maggioranza alle primarie. E sì, ci vorrà del tempo.
 
Ora comprendete perché le valutazioni pessimistiche dei nostri colleghi Paul Craig Roberts e The Saker sono alquanto premature. Di fronte all’ ostilità del vecchio regime, Trump avrà bisogno di almeno sei mesi solo per regolarizzare la situazione alla Casa Bianca. Proprio per fare un confronto: Putin ci ha messo quasi cinque anni a consolidare il suo potere, e altri cinque per consolidarlo, anche se lui ha goduto del pieno appoggio dei servizi di sicurezza russi e ha potuto contare su una Costituzione più autoritaria scritta dagli americani per il loro tirapiedi, Eltzin.
Putin se lo ricorda bene: ci vuole tempo. Per questo non è affatto preoccupato per il ritardo da parte di Trump nel regolarizzare i rapporti USA-Russia. Le false notizie circa il disincanto russo nei confronti di Trump sono proprio questo: notizie false. I Russi sono fiduciosi nello sviluppo positivo delle relazioni USA-Russia, e non trattengono il respiro.
Perché credo che alla fine Trump avrà la meglio? Gli Stati Uniti non sono un’isola, sono parte integrante dell’Occidente e l’Occidente sta vivendo un cambiamento del paradigma. Le Femminucce hanno perso e i Deplorevoli hanno vinto, e non per un semplice colpo di fortuna. Ricordiamolo: Trump non è stata la prima vittoria; la Brexit l’ha preceduta. Tra la vittoria della Brexit e l’elezione di Trump, il governo britannico ha esitato e ha rinviato qualsiasi azione. Gli inglesi non erano sicuri se quel voto fosse un segno di cambiamento o un semplice colpo di fortuna. Dopo la vittoria di Trump, gli inglesi si sono messi davvero in marcia.
I giudici britannici – corrotti tanto quanto quelli americani – hanno tentato di fermare la Brexit, insistendo sul fatto che il caso sarebbe stato rinviato al Parlamento e che questo avrebbe archiviato il caso, facendo restare il Regno Unito nell’U.E., come chiedevano a gran voce i media. Ma si sbagliavano. Anche se il pubblico britannico ha votato per la Brexit con 52% su 48%, i parlamentari britannici l’ hanno approvata con 83% su 17%. I deplorevoli hanno stravinto.
Ora attraversiamo la Manica. La Francia ha preferito François Fillon (di centro-destra, un repubblicano moderato, in termini americani) per ereditare la poltrona di presidente di Femminuccia Hollande. Ora, la vittoria di Fillon sembrava assicurata, ma mentre si preparava al passaggio all’Eliseo, ecco che viene rivelato un fatto spiacevole. Una modesta appropriazione indebita (rubato, in poche parole) di circa un milione di dollari dei contribuenti francesi, oltre ad aver fatto lavorare la propria moglie come assistente parlamentare.
 
Ora tutti lo scansano quasi fosse un lebbroso, e la probabilità che la Regina dei Deplorevoli, Marine Le Pen, vinca le elezioni di maggio al primo turno è diventata altamente plausibile. Dovrà vedersela solo con un morbido socialista Emmanuel Macron che non rappresenta minimamente una minaccia. La sua retorica nel definirla “aspra” e “nemica di liberté-égalité-fraternité”, poiché non è molto appassionata di immigrazione araba, probabilmente cadrà nel vuoto. E’ la gente che è aspra e non è più tanto sicura che gli arabi rientrino nel concetto di uguaglianza. Così Marine potrà vincere e la Francia diventerà un alleato dell’America di Trump.
Fillon ha accusato forze “oscure” di tentare di schiacciarlo e probabilmente non ha torto. Le rivelazioni sul suo conto sono avvenute al momento giusto, proprio come nel caso delle e-mail DNC. In entrambi i casi, il crimine, o almeno le azioni disoneste denunciate, era reale, e lui (o lei) meritavano la sconfitta. In entrambi i casi, dietro un tale perfetto tempismo nelle rivelazioni, ci può essere soltanto una vera e propria forza “oscura”. E non parliamo di Russia. La Russia ancora non partecipa a questo ‘campionato’.
Parliamo di una forza occidentale “ombra” che promuove il capitalismo nazionalista, contro la forza globalista liberale che “invita ad invadere”. E’ questa forza che ha permesso a Trump di raggiungere la Casa Bianca, che ha consentito la Brexit e ha fatto fuori Fillon per dare spazio a Le Pen. Probabilmente Frau Merkel perderà alle prossime elezioni, facendo crollare quel piano assurdo di Obama di fare della Germania la pietra angolare del mondo globalizzato liberale.
 
In tutto l’occidente i Signori del Discorso si ritrovano sconfitti. E le piccole battute di arresto di Trump di certo non fermeranno questa tendenza. Il capitalismo produttivo nazionalista è collegato ai finanziari, ai Signori dei Media, ai promotori delle minoranze, ai servizi igienici transgenici e agli studi sulle donne. La battaglia non è ancora finita, ma finora pare che i Deplorevoli stiano vincendo e le Femminucce perdendo.
Non sappiamo chi sostiene i Deplorevoli. Quando ha vinto la Brexit i Signori del Discorso hanno detto che è stato grazie ai pensionati, ai proletari e ai poveracci delle periferie. Ma poi, il Parlamento l’ha approvata. La Signora Clinton deplorava i deplorevoli, ma oggi Trump siede alla Casa Bianca. Con Francia e Germania che seguono a ruota, sta nascendo una nuova forza. E’ sostenuta dalle maggioranze native. Chi li guida? Industriali, gente di spirito o forse solo lo Spirito del Tempo, lo Zeitgeist? Chiunque e qualunque cosa sia, questa forza aiuterà Trump, se terrà duro.
 
 
Israel Shamir adam@israelshamir.net
Fonte: www.unz.com
Link: http://www.unz.com/ishamir/against-all-odds/
 
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63
Questo articolo è apparso originariamente su The Unz Review.

Che cosa accadrebbe se Washington rinunciasse al jihad?

ISIS-Jihad-Terror-Training-CampLa volontà del presidente Trump di combattere Daesh e porre fine al terrorismo internazionale è estremamente difficile da attuare. Infatti, danneggia gli Stati che l’hanno organizzato e comporta un riorientamento della politica internazionale. Il nuovo presidente statunitense non sembra in grado di dare ordini di passare all’attacco alle sue truppe fino a quando non avrà trovato e sigillato delle nuove alleanze.

DAMASCO (Siria) – L’opposizione che incontra il presidente Donald Trump è così forte che il piano di lotta contro Daesh, che sarà presentato il 22 marzo al vertice della Coalizione a Washington, non è ancora pronto. La sua linea politica è ancora sfocata. Solo l’obiettivo dell’eradicazione del jihadismo è stato messo agli atti, ma nessuna delle sue implicazioni è stata risolta.
Il generale Joseph Votel, capo del CentCom, non ha ancora presentato le opzioni sul campo. Dovrebbe farlo solo ai primi di aprile.
 
Sul terreno, si è quindi limitati alla condivisione delle informazioni tra gli statunitensi da un lato, i russi e gli iraniani dall’altro. Per mantenere le cose come sono, le tre potenze hanno convenuto di prevenire uno scontro tra turchi e curdi. E dei bombardamenti intensi sono condotti contro al-Qa’ida in Yemen e contro Daesh in Iraq. Ma nulla di decisivo. L’attesa è d’obbligo.
In nome e per conto di Londra e Washington, l’arma del terrorismo internazionale è gestita dalla Lega islamica mondiale fin dal 1962. Essa comprende sia la Confraternita dei Fratelli Musulmani (composta da arabi) sia l’Ordine della Naqshbandiyya (composto principalmente da turco-mongoli e caucasici).
Fino alla guerra dello Yemen, il bilancio militare della Lega era più importante di quello dell’esercito saudita, di modo che la Lega risulta essere il primo esercito privato del mondo, distaccando di gran lunga persino Academi/Blackwater.
Benché si tratti solo di un esercito di terra, è tanto più efficace in quanto la sua logistica dipende direttamente dal Pentagono e dispone di numerosi combattenti suicidi.
Questa è la Lega – vale a dire i Saud – che fornì a Londra e Washington il personale che organizzò la seconda “Grande Rivolta Araba” nel 2011, sul modello di quella del 1916, ma sotto il nome di “Primavera araba”. In entrambi i casi, si è trattato di fare affidamento sui wahhabiti per ridefinire i confini regionali a beneficio degli anglosassoni.
Non si tratta quindi semplicemente di abbandonare l’arma del terrorismo, ma anche:
– Di rompere l’alleanza tra Londra e Washington per il controllo del Medio Oriente allargato;
– privare l’Arabia Saudita e la Turchia dell’arma che sviluppano per conto di Londra e Washington da mezzo secolo in qua;
– determinare il futuro del Sudan, della Tunisia e della Libia.
Inoltre, occorre anche trovare un accordo con la Germania e la Francia che hanno ospitato i dirigenti della Fratellanza dal 1978 e hanno finanziato il jihad.
Già ora, vediamo che il Regno Unito non ci sente da quest’orecchio.
Si scopre che è stato il GCHQ (servizio di intercettazione satellitare britannico) ad aver sottoposto la Trump Tower a intercettazioni durante la campagna elettorale e il periodo di transizione. Mentre, secondo l’agenzia giordana Petra, l’Arabia Saudita ha finanziato segretamente un terzo della campagna elettorale di Hillary Clinton contro Donald Trump.
Questo è il motivo per cui il presidente Trump sembra cercare nuovi alleati per permettergli di imporre un tale cambiamento.
Sta ora organizzando un incontro con il presidente Xi Jinping, durante il quale potrebbe pianificare l’adesione del suo paese alla Banca per gli investimenti cinese. Metterebbe allora i suoi alleati davanti a un fatto compiuto: se gli Stati Uniti partecipassero alla costruzione delle Via della Seta, diventerebbe impossibile nel Regno Unito, in Arabia Saudita e in Turchia, in Germania e in Francia, continuare il jihad in Iraq, in Siria e in Ucraina.
Fonte: Al-Watan (Siria)  di Thierry Meyssan – 20/03/2017  Fonte: Megachip

La strategia della Elite dominante a Washington per portare Trump ad un conflitto con la Russia

US-special-forces
Forze speciali USA in Siria
 
Ci sono forti dubbi e varie ipotesi che circolano fra alcuni analisti, circa quali siano le reali intenzioni della Elite di potere a Washington nei prossimi passi di politica estera decisi da Trump sui teatri di guerra in Siria ed in Ucraina.
Di sicuro il Presidente Donald Trump si trova sotto ricatto da parte del gruppo dominante dei Neocons che sono indirettamente collegati con la campagna di delegittimazione del neo presidente che viene condotta a tutti i livelli dal sistema mediatico e dalle ONG (persino da Hollywood) che mobilitano le piazze con svariate manifestazioni anti-Trump.
Trump al momento sembra deciso a lottare e tenere duro ma la pressione si fa sempre più forte ed il gruppo dei neocons sembra che gli stia preparando qualche trappola sul teatro di guerra più delicato e complesso: in Siria.
Il tentavivo di creare il fatto compiuto, la provocazione che avrebbe potuto portare alla scintilla del conflitto diretto con la Russia, c’era già stato durante l’Amministrazione Obama ed avvenne precisamente 17 Settembre del 2016, quando l’aviazione USA e quella della coalizione alleata effettuò il bombardamento delle postazioni dell’Esercito siriano a Deir el Zor nella zona centrale della Siria, con un bilancio di 62 vittime ed un centinaio di feriti fra i reparti dell’Esercito siriano. Il bombardamento aveva permesso l’avanzata delle forze dell’ISIS che palesemente l’aviazione USA stava favorendo (come poi ammesso dallo stesso John Kerry).
 
Dalla ricostruzione degli eventi, oggi possiamo essere sicuri (ed i russi lo sanno) che quello non fu un “errore” come da giustificazione fornita dal Comando USA ma una azione voluta ed ordinata dal Pentagono per forzare la mano ad Obama e creare la scintilla del confronto diretto con la Russia. In sostanza si trattava del frutto di una lotta interna fra gruppo dei neocons ed il Pentagono, alle spalle di Barack Obama e di John Kerry che in quel momento non avevano interesse a provocare una reazione russa. Vedi: L’attaco USA a Deir Ezzor non è stato un errore
Fino ad oggi non si è saputo se, fra i reparti a Deir el Zor ci fossero militari russi (sarebbe stato facilmente possibile) e questa sarebbe stata a tutti gli effetti una azione di guerra contro le forze russe in Siria, schierate a difesa del Governo di Damasco.
Risulta ormai chiaro a tutti gli osservatori che, di fatto, le forze della coalizione USA svolgevano il ruolo di facilitatori dell’ISIS e degli altri gruppi terroristi come Al Nusra (quest’ultimo sostenuto ed armato direttamente dagli USA), con l’obiettivo di rovesciare il Governo di Damasco e procedere ad uno smembramento del paese arabo, importante per la sua posizione strategica, per le risorse di gas e petrolio scoperte di recente davanti alle sue coste. Il piano era chiaro e il Comando USA si muoveva in questa direzione fino all’arrivo delle forze russe che hanno “messo allo scoperto” il doppio gioco di Washington e fatto fallire i suoi piani.
 
Nelle prossime settimane, una volta che l’Amministrazione Trump decida come muoversi ed uscire dall’ambiguità, ordinando l’arrivo di nuove truppe USA sul terreno in Siria, non invitate dal Governo di Damasco e quindi illegali secondo la legge internazionale, ufficialmente per concquistare la roccafore dell’ISIS a Raqqa e per puntellare le truppe dell’Esercito siriano Libero, una formazione appoggiata dagli USA, sostenute anche dall’Esercito Turco, si vedrà come intende muoversi il nuovo comando USA.
 
In quel contesto, mentre le forze russe e siriane hanno ripreso il controllo della città di Palmira e Deir el Zor, le forze USA potrebbero decidere di muoversi con l’appoggio aereo e tentare una sortita contro le postazioni siriane-russe nella zona settentrionale della Siria per spianare la potenziale zona di occupazione, altrimenti denominata “zona di sicurezza”.
I russi non accetteranno mai di ritirarsi dalla Siria e rinunciare alle loro basi ed alle enormi risorse investite per mantenere la loro stretta alleanza con Damasco e sostenere l’integrità del paese. Ne sono la prova le installazioni missilistiche create di recente (documentate dai satelliti spia USA) nel paese che lasciano indicare la possibilità che Mosca voglia utilizzare la Siria anche come trampolino avanzato sul Mediterraneo per i suoi missili balistici di medio raggio puntati conto le basi Anglo-USA nel Mediterraneo. Questo senza contare le forze aeronavali schierate a Latiaka ed a Hmeimim, già dichiarata base permanente da Mosca.
 
Risulta quindi chiaro che un attacco contro le forze russe-siriane in Siria scatenerebbe la reazione russa ad ampio raggio ed il conseguente conflitto nucleare in un momento in cui Mosca si sente assediata dalla dislocazione delle truppe NATO presso i suoi confini.
In questo scenario si è inserita anche Israele che, mediante l’incontro di Trump con Netanyahu, ha sicuramente fornito a Trump l’urgenza di muovere le pedine contro l’Iran e di conseguenza di intervenire in Siria contro la presenza delle forze iraniane ed Hezbollah che sono vicine ai confini di Israele e che Tel Aviv considera una “minaccia alla sua sicurezza”.
Nel contesto attuale non è possibile nè realistica una qualsiasi pressione su Putin per convincere la Russia a staccarsi dall’alleanza con l’Iran e tanto meno ad abbandonare il sostegno alla Siria di Bashar al-Asad dove in questo momento è vincente.
Da qui l’idea nefasta dei neocons di creare una provocazione bellica per mettere con le spalle al muro Trump e la sua pretesa di normalizzare i rapporti con la Russia. Questa provocazione potrebbe concretizzarsi nel teatro siriano con un improvviso bombardamento missilistico ed aereo contro il quartier generale delle forze dell’Esercito siriano. Una azione di forza che scatenerebbe immediatamente la reazione russa che dispone delle rampe dei missili SS 300 ed SS 400 oltre ad alcune postazioni di missili SS-21 Tochka, missili tattici muniti di testata convenzionale che sono stati di recente inviati al porto di Tartous.
 
In questa ipotesi, possiamo essere sicuri che, dalle basi russe in Siria e nel Caucaso, come dalle unità navali nel Mediterraneo e nel Mar Caspio partirebbe una risposta bellica distruttiva da parte dei russi che andrebbe sicuramente a colpire le basi USA in Medio Oriente, le unità della VI flotta e le forze USA dislocate in Siria. nel giro di pochi minuti si avrebbe una mobilitazione delle forze nucleari russe e statunitensi da una parte e dall’altra dell’Atlantico con lo scoppio di una Terza Guerra Mondiale combattuta con armi termonucleari.
La domanda d’obbligo è quella se i personaggi dell’Elite di Washington siano consapevoli di quale sarebbe il risultato di un conflitto nucleare che non avrebbe vincitori ma causerebbe la distruzione totale di buona parte del pianeta e ricaduta radiottiva generale su tutte le regioni incluse quelle degli Stati Uniti. Alcuni sostengono che, nella mente distorta di questi signori (criminali), vi sia la convenzione di riuscire a dare il primo colpo (“first strike”) sulle difese russe che lascerebbe indenni per un 80% quelle USA. Da qui la convinzione di una mossa azzardata per arrivare ad un “redee rationem” con Mosca prima che diventi impraticabile un conflitto. Tutti gli specialisti militari dissentono da questa tesi che oltre tutto non tiene conto dell’elemento della triade, quello dei sottomarini nucleari che, da soli, sarebbero sufficienti a distruggere oltre la metà degli obiettivi militari e industriali negli USA.
Nel frattempo, nel clima di mobilitazione generale causato dalle manovre della NATO ai confini russi, le più massicce mai effettuate dalla Seconda Guerra Mondiale, circolano voci accreditate da fonti informate secondo cui il presidente Vlady Putin avrebbe già ordinato l’evacuazione del Cremlino, in vista di un conflitto, e lo spostamento dei comandi strategici in altra postazione, probabilmente in appositi rifugi bunker fra i monti Urali.
Putin sembra che abbia “mangiato la foglia” e stia preparando le sue difese, come si preparano i russi che sono già entrati in un clima di pre guerra.
 
Gli europei invece, ignari, continuano con i loro spensierati balli, le loro partite di calcio, ed i loro trastulli pensando che niente accadrà sul fronte orientale.
Fonti: South Front – Mar 05, 2017 di  Luciano Lago

Il dispositivo Clinton per screditare Donald Trump

80_clinton-sorosma lo fanno per la democrazia, pace e bene dei cittadini di tutto il pianeta ovviamente. La terza guerra mondiale auspicata da Obama, Killary, Soros etc era senz’altro un bene vero?

Clinton & Soros dietro la campagna contro Trump
Questo articolo è un avvertimento: nel novembre 2016, un vasto sistema di agitazione e di propaganda è stato messo in campo al fine di distruggere la reputazione e l’autorità del presidente Donald Trump, non appena sarebbe arrivato alla Casa Bianca. È la prima volta che una tale campagna è scientificamente organizzata contro un Presidente degli Stati Uniti, e con tale dovizia di mezzi. Sì, stiamo davvero entrando in una era di post-verità, ma i ruoli non sono quelli che vi aspettereste.
La campagna condotta contro il nuovo presidente degli Stati Uniti dagli stessi sponsor di Barack Obama, Hillary Clinton e della distruzione del Medio Oriente allargato è in corso.
Dopo la marcia delle donne del 22 gennaio, è previsto che si tenga una marcia per la scienza non solo negli Stati Uniti, ma anche in tutto il mondo occidentale, il 22 aprile. L’obiettivo è dimostrare che Donald Trump non è solo un misogino, ma anche un oscurantista.
Il fatto che egli sia l’ex-organizzatore del concorso di Miss Universo, e che sia sposato con una modella al suo terzo matrimonio è sufficiente a quanto pare a dimostrare che disprezza le donne. Il fatto che il Presidente contesti il ruolo svolto da Barack Obama nella creazione della Borsa Climatica di Chicago (ben prima della sua presidenza) e che respinga l’idea che le perturbazioni climatiche siano causate dal rilascio di carbonio nell’atmosfera attestano il fatto che non capisce nulla di scienza.
Per convincere l’opinione pubblica statunitense della follia del Presidente – un uomo che dice di desiderare la pace con i suoi nemici, e di voler collaborare con loro per la prosperità economica universale – uno dei più grandi specialisti di agit-prop (agitazione e propaganda), David Brock, ha messo in campo un dispositivo impressionante già prima dell’investitura di Trump.
Al tempo in cui lavorava per i repubblicani, Brock lanciò contro il presidente Bill Clinton una campagna, che sarebbe poi diventata il Troopergate, la vicenda Whitewater, e il caso Lewinsky. Dopo aver voltato gabbana, è oggi al servizio di Hillary Clinton, per la quale ha già organizzato non solo la demolizione della candidatura di Mitt Romney, ma anche la sua replica nella vicenda dell’assassinio dell’ambasciatore USA a Bengasi. Durante il primo turno delle primarie, è stato Brock a dirigere gli attacchi contro Bernie Sanders. The National Review ha qualificato Brock come «un assassino di destra che è diventato un assassino di sinistra».
E ’importante ricordare che le due procedure di destituzione di un Presidente in carica, avviate dopo la seconda guerra mondiale, sono state messe in moto a vantaggio dello Stato profondo, e non certo per il bene della democrazia. Così il Watergate è stato interamente gestito da una certa «gola profonda» che, 33 anni più tardi, si è rivelato essere Mark Felt, l’assistente di J. Edgar Hoover, direttore dell’FBI. Per quanto riguarda la vicenda Lewinsky, era semplicemente un modo di forzare Bill Clinton ad accettare la guerra contro la Jugoslavia.
La campagna in corso è organizzata sottobanco da quattro associazioni:
Media Matters (“i media contano”) ha il compito di dare la caccia agli errori di Donald Trump. Leggete ogni giorno il suo bollettino nei vostri giornali: il Presidente non può essere attendibile, si è sbagliato su questo o su quel punto.
American Bridge 21st Century (“Il ponte americano del XXI secolo”) ha raccolto più di 2.000 ore di video che mostrano Donald Trump nel corso degli anni, e più di 18.000 ore di altri video dei membri del suo gabinetto. Ha a sua disposizione sofisticate attrezzature tecnologiche progettate per il Dipartimento della Difesa – e presumibilmente fuori mercato – che le consentono di cercare le contraddizioni tra le loro dichiarazioni più datate e le loro posizioni attuali. Dovrebbe arrivare a estendere il suo lavoro a 1.200 collaboratori del nuovo presidente.
Citizens for Responsibility and Ethics in Washington — CREW — (“I cittadini per la responsabilità e l’etica a Washington”) è uno studio di giuristi di alto livello con il compito di monitorare tutto ciò che potrebbe fare scandalo nell’amministrazione Trump. La maggior parte degli avvocati di questa associazione lavorano gratis, per la causa. Sono loro ad aver preparato il caso di Bob Ferguson, il procuratore generale dello stato di Washington, contro il decreto sull’immigrazione (Executive Order 13769).
Shareblue (“la condivisione blu”) è un esercito elettronico già collegato con 162 milioni di internauti negli Stati Uniti. Ha il compito di diffondere dei temi preordinati, ad esempio:
Trump è autoritario e ladro.
 
• Trump è sotto l’influenza di Vladimir Putin.
 
• Trump è una personalità debole e irascibile, è un maniaco-depressivo.
 
• Trump non è stato eletto dalla maggioranza dei cittadini degli Stati Uniti, ed è quindi illegittimo.
 
• Il suo vicepresidente, Mike Pence, è un fascista.
 
• Trump è un miliardario che sarà costantemente di fronte a conflitti di interesse tra i suoi affari personali e quelli dello Stato.
 
• Trump è un burattino dei fratelli Koch, i famosi elemosinieri dell’estrema destra.
 
• Trump è un suprematista bianco e una minaccia per le minoranze.
• L’opposizione anti-Trump continua a crescere fuori Washington.
 
• Per salvare la democrazia, cerchiamo di sostenere i parlamentari democratici che stanno attaccando Trump, e cerchiamo di demolire quelli che stanno collaborando con lui.
 
• Stessa cosa con i giornalisti.
Per rovesciare Trump ci vorrà del tempo, quindi cerchiamo di non indebolire la nostra lotta.
Questa associazione produrrà delle newsletter e video di 30 secondi. Si appoggerà ad altri due gruppi: una società che realizza video documentari, The American Independent, e una unità statistica, Benchmark Politics (ossia “politica comparativa”).
L’insieme di questo dispositivo – che è stato messo in campo durante il periodo transitorio, cioè prima dell’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca – dà già lavoro a oltre 300 specialisti a cui conviene aggiungere numerosi volontari. Il suo budget annuale, inizialmente previsto nella misura di 35 milioni di dollari, è stato aumentato fino a un livello di circa 100 milioni di dollari.
Distruggere l’immagine – e quindi l’autorità – del presidente degli Stati Uniti, prima che egli abbia avuto il tempo di fare alcunché, può avere gravi conseguenze. Eliminando Saddam Hussein e Muammar Gheddafi, la CIA ha fatto precipitare questi due paesi in un lungo periodo di caos, e la «terra della libertà» potrebbe gravemente soffrire da una tale operazione. Questo tipo di tecnica di manipolazione di massa non era mai stata utilizzata contro il capofila del mondo occidentale.
Per il momento, questo piano sta funzionando: nessun leader politico al mondo ha avuto il coraggio di felicitarsi dell’elezione di Donald Trump, con l’eccezione di Vladimir Putin e di Mahmud Ahmadinejad.
Mar 04, 2017
Thierry Meyssan

Se i Nobel Economia lo criticano,significa che Donald ha ragione

stglitz vs trump
i criteri con cui assegnano il nobel sono chiari da un pezzo….

Sul quotidiano francese LeMonde di venerdi 3 febbraio, con questo titolone : “Joseph Stiglitz : Trump détruit l’ordre géopolitique mondial “ , con sottotitolo “ les perdants de la mondialisation seront les premierès victimes de Trump “,  il premio Nobel  rilascia una intervista che a dir poco mi ha sorpreso .
L’intervistatore gli chiede : “Voi denunciate da anni gli eccessi della mondializzazione fonte di ineguaglianza .Il protezionismo di Trump può esser una soluzione?” . Stiglitz risponde : “ No.L’ironia è che le persone che  ne hanno più sofferto nei 25 anni passati saranno le prime vittime.. “ .
Mio commento : Se Stiglitz spiegasse anzitutto con chiarezza chi sono le vittime e la sua visione sull’origine di questi  eccessi ,dimostrerebbe di aver giustamente meritato il Nobel  e di saper proporre soluzioni. Invece coglie l’occasione per   attaccare  il rischio di populismo politico in Usa ed Europa.
La  risposta giusta è  : Il vero grande disordine si crea negli anni settanta grazie alle dottrine del nuovo ordine mondiale che come prima  azione frenano le nascite (solo in occidente) , e questo fenomeno avvia il processo di disordine economico-geopolitico mondiale. Di per sé la globalizzazione  ha creato un riequilibrio  economico inimmaginabile grazie alla  delocalizzazione produttiva realizzata dai paesi occidentali verso quelli orientali ,per beneficiare dei loro bassi costi di produzione .Pur nell’errore originale ,  ciò  ha permesso  a due terzi del pianeta ( persino in Africa) di avviare piani di crescita economica. Lo squilibrio  si è invece paradossalmente creato nei cosiddetti paesi occidentali ( Usa, Europa in primis) perché da paesi produttori  che erano ,si sono trasformati in paesi consumatori , mentre i paesi asiatici e affini si son trasformati repentinamente in paesi produttori ,ma non ancora consumatori.
L’occidente ha  deindustrializzato creando presupposti per il suo crollo economico. Il cosiddetto  protezionismo nei confronti di alcuni settori industriali diventa ora indispensabile per far riprendere settori trainanti dell’economia ( esposti alla competizione  fondata su forme quasi di schiavismo lavorativo)  e riavviare un nuovo ciclo in paesi come gli Usa, sull’orlo del fallimento economico e sociale. In Occidente ,le vittime son stati i giovani senza lavoro, le persone in età matura  operanti in settori impiegatizi sostituibili dalle tecnologie, gli anziani.
La seconda domanda : “ se il protezionismo non è una risposta come si può proteggere le vittime della mondializzazione ? “.La risposta è da vero premio Nobel .” La priorità è aiutarli a formarsi… “ cioè acquisire nuove competenze e  creare nuovi lavori ….( ci vuole una generazione  per riuscirci?) .
Dice anche che non sarà la rilocalizzazione in patria a creare nuovi impieghi , ma saranno investimenti, per esempio,  nella   sanità, cura degli anziani  , proponendo di trovare le risorse   con tasse e riduzione spese militari  . Ma Stiglitz , premio Nobel per l’economia,  di che sta parlando ? Per creare nuove competenze e nuovi lavori , come si fa se non reimportando in patria quei settori trainanti l’economia , quei settori che creano investimenti e sviluppano tecnologie ?  proprio come l’automobile che sviluppa un indotto che può arrivare a quintuplicare gli effetti  di creazione posti di lavoro  e di investimento , purchè realizzati all’interno del paese.
 
Stiglitz annuncia,  come un oracolo, che prodotte in case le auto costeranno più care per gli americani .  Ma conosce Stiglitz  il potenziale tecnologico americano ( ottenuto proprio grazie agli investimenti nella difesa,che crearono Silicon Valley) che quando applicato a quei settori da rilocalizzare in patria , permetterà  di crescere la competitività domestica  “quasi “ vicino a quella dei paesi a basso costo. Ciò perché questi paesi  , costretti a ridurre le esportazioni  in occidente , per evitare collassi delle proprie economie , dovranno creare domanda interna , aumentando il potere di acquisto, perciò i costi .  Tra poco , se Trump non fa errori ,per molti settori economici ,il costo di produzione domestico in USA   sarà quasi equivalente a quello importato ,ma con un effetto trainante elevatissimo . Grazie alla potenza tecnologica , gli Usa son riusciti  negli ultimi  pochi anni  a diventare persino indipendenti nelle produzioni energetiche .
 
L’intervistatore chiede al premio Nobel se i progetti di fare opere infrastrutturali  beneficeranno la crescita . La risposta è ambigua , si  , forse si potranno fare , ma  conclude ironizzando  che i repubblicani non credono al cambio climatico ..Lasciando immaginare  che Trump lo peggiorerà con le sue scelte.
Successiva domanda è infatti sul  clima : che farà Trump ? Risposta del Nobel in economia : “ Trump sta distruggendo l’ordine geopolitico mondiale avviato dopo la seconda guerra mondiale.” Spiegando che gli Usa ripiegheranno  su sé stessi  fuori dalla comunità internazionale .Ma con una affermazione criptica :” Dans quatre ans, il y aura peut etre un autre président américain qui déciderà  de rejoindre à nouveau le club.”
Quale club , il club di Roma  e affini ?  Intende il  club che ha creato i dissesti della globalizzazione forzandone scelte contrarie a tutte le leggi naturali cominciando dal frenare le nascite nel mondo occidentale ? Ma quale ordine ? Chi ha distrutto l’ordine geopolitico mondiale son stati proprio i predecessori di Trump.
 
Solo nell’ultima domanda Stiglitz da una risposta che condivido (ironicamente) .Gli si chiede se l’Europa deve difendere il libero scambio contro un presidente protezionista .La risposta è “ Bisogna mantenere un sistema mondiale aperto. Se lo si chiude si perde. Ma la mondializzazione deve proteggere i perdenti …e ce n’è anche troppi” .
Bene , ma ripeto la domanda , chi sono i perdenti  e perché lo sono , Stiglitz lo  ha capito ? Io credo che siano quelli che han votato la Brexit, hanno votato Trump e voteranno partiti populisti in Europa . Ma gli Stiglitz hanno  capito perché ? Dalla intervista non si intende . I più deboli  che lui vorrebbe far difendere non vogliono  farsi più difendere da chi vorrebbe lui , avendo  perso fiducia   proprio nel “club” evocato da Stiglitz . Han perso fiducia negli  Obama , Clinton  e compagnia bella . Cioè in coloro che  pretenderebbero oggi di risolvere un problema mondiale agendo sugli effetti anziché sulle cause del problema. E le cause del problema  rifiutano persino di considerarle ,perché , con disprezzo,  le  considerano “morali” . Ed è vero , sono state  la mancanza di  valori morali che han provocato miseria morale che a sua volta ha generato miseria economica e  sociale. L’intervista conferma che l’economia non è una scienza e pertanto il Nobel non dovrebbe neppure  esser riconosciuto, ma conferma anche che sarebbe necessaria una forte Autorità Morale   che  evangelizzasse a dovere  nel mondo globale .
di Ettore Gotti Tedeschi

L’avversione contro Donald Trump non è che propaganda di guerra

soros trumpI nostri precedenti articoli sul presidente Donald Trump hanno suscitato vive reazioni nei nostri lettori, che si chiedono le ragioni per cui Thierry Meyssan dia prova di tanta ingenuità, malgrado gli ammonimenti della stampa internazionale e l’accumularsi di segnali negativi. Ecco la sua risposta, argomentata come d’abitudine.
A due settimane dall’insediamento, la stampa atlantista prosegue nell’opera di disinformazione e di sobillazione contro il nuovo presidente degli Stati Uniti. Il quale, insieme ai primi collaboratori, moltiplica dichiarazioni e gesti apparentemente contraddittori, sicché è difficile comprendere che succede a Washington.
La campagna anti-Trump
La malafede della stampa atlantista è verificabile analizzando i suoi quattro principali argomenti.
– 1. Per quanto riguarda l’inizio dello smantellamento dell’Obamacare (20 gennaio), è giocoforza constatare che, contrariamente a quanto pretende la stampa atlantista, i ceti più deboli, che avrebbero dovuto sfruttare questo dispositivo di «sicurezza sociale», in realtà l’hanno massicciamente ignorato. Obamacare si è infatti rivelato troppo costoso e troppo rigidamente condizionante per sedurre coloro cui è rivolto. Le uniche a esserne pienamente soddisfatte sono le assicurazioni private che lo gestiscono.
2. Per quanto riguarda il prolungamento del muro alla frontiera con il Messico (23-25 gennaio), la ragione non è la xenofobia: il Secure Fence Act è stato firmato dal presidente George W. Bush, che poi ha dato l’avvio alla costruzione del muro. Il presidente Barack Obama l’ha proseguita, appoggiato dal governo messicano dell’epoca. Al di là della retorica oggi alla moda sulla costruzione di “muri” e di “ponti”, le misure tendenti a rafforzare il controllo delle frontiere sono efficaci solo se le autorità di entrambe le parti concordano nel renderle operative. Per contro, sono votate al fallimento se uno dei due Paesi vi si oppone. L’interesse degli Stati Uniti è il controllo dell’ingresso dei migranti, l’interesse del Messico è fermare l’importazione illegale di armi. Niente è cambiato. Tuttavia, con l’applicazione del Trattato di libero-scambio nordamericano (NAFTA), società transnazionali hanno delocalizzato le proprie industrie, trasferendo dagli Stati Uniti al Messico non solo mansioni non qualificate (conformemente alla regola marxista della ”caduta tendenziale del tasso di profitto”), ma anche mansioni qualificate, facendole svolgere da operai sottopagati (dumping sociale). In Messico, la comparsa di questi posti di lavoro ha provocato un forte esodo rurale e destrutturato la società, com’è accaduto nel XIX in Europa. In tal modo, le società transnazionali hanno potuto abbattere i costi della manodopera, facendo però precipitare nella povertà parte della popolazione messicana, che ora sogna solo di emigrare negli Stati Uniti per essere pagata il giusto. Poiché Trump ha annunciato l’intenzione di far recedere gli Stati Uniti dal NAFTA, nei prossimi anni la situazione dovrebbe tornare alla normalità, con soddisfazione sia dei messicani che degli statunitensi [1].
3. Per quanto riguarda l’aborto (23 gennaio), il presidente Trump ha vietato le sovvenzioni federali alle associazioni specializzate che ricevono finanziamenti dall’estero. In tal modo Trump le obbliga a scegliere fra la loro ragion d’essere (soccorrere le donne in difficoltà) o continuare a essere pagate da George Soros per manifestare contro la sua amministrazione – com’è accaduto il 21 gennaio. Questo decreto non vuole ledere il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza, bensì prevenire una “rivoluzione colorata”.
 
4. Per quanto riguarda i decreti anti-immigrazione (25-27 gennaio), Trump ha annunciato che avrebbe applicato la legge, ereditata dall’amministrazione Obama, che implica l’espulsione di 11 milioni di stranieri irregolari. Ha sospeso gli aiuti federali alle città che hanno dichiarato di volersi rifiutare di applicare la legge (come si potrà avere personale di servizio a basso costo se si sarà obbligati a dichiarare gli immigrati?).
Trump ha precisato che comincerà con l’espulsione di 800.000 criminali già condannati per reati penali negli Stati Uniti, in Messico o altrove.
Inoltre, per evitare l’ingresso di terroristi, ha sospeso i permessi d’immigrazione negli Stati Uniti e per tre mesi ha vietato l’ingresso di persone provenienti da Paesi in cui non è possibile verificarne identità e la situazione. La lista di questi Paesi non è stata redatta da Trump, ma da lui ripresa da un testo del presidente Obama. In Siria, per esempio, non ci sono più né ambasciata né consolato americani. Dal punto di vista della polizia amministrativa, è dunque logico includere i siriani in tale lista. A ogni modo, questi provvedimenti riguarderanno un flusso minimo di persone.
Nel 2015 la “carta verde” statunitense è stata rilasciata a 145 siriani solamente. Nella consapevolezza del gran numero di casi particolari che potrebbero sorgere, il decreto presidenziale ha attribuito al dipartimento di Stato e quello della Difesa interna (Homeland Security) massima libertà di accordare dispense. Il fatto che funzionari in contrasto con Trump abbiano sabotato questi decreti, applicandoli in maniera brutale, non fa del nuovo presidente un razzista e tantomeno un islamofobo.
La propaganda anti-Trump della stampa atlantista è dunque ingiustificata. Pretendere che il presidente abbia dichiarato guerra ai mussulmani, nonché invocare pubblicamente una sua possibile destituzione, persino una sua uccisione, non è più malafede, è propaganda di guerra.
L’obiettivo di Donald Trump
Trump è stato la prima personalità in tutto il mondo a contestare la versione ufficiale degli attentati dell’11 settembre; l’ha fatto il giorno stesso, alla televisione. Dopo aver ricordato che gli ingegneri che avevano costruito le Twin Tower ora lavoravano per lui, dichiarò su Canal 9 di New York che era impossibile che dei Boeing avessero potuto trapassare le strutture in acciaio degli edifici. Aggiunse anche che era altrettanto impossibile che dei Boeing avessero provocato il crollo delle torri: altri fattori dovevano essere intervenuti, al momento sconosciuti.
 
Da quella data, Trump non ha fatto che opporsi a quelli che avevano commesso un tale crimine. Durante il suo discorso di investitura, ha sottolineato che la cerimonia non significava un semplice passaggio di potere tra due amministrazioni: si trattava di restituire il potere al popolo degli Stati Uniti, che ne era stato spogliato [da 16 anni] [2].
Durante la campagna elettorale, indi durante il periodo di transizione, e poi dal momento in cui ha assunto le funzioni di presidente, Trump ha ripetuto che il sistema imperiale degli ultimi anni non ha portato beneficio agli Stati Uniti, ma alla ristretta cricca di cui la Clinton è figura emblematica. Ha dichiarato che gli Stati Uniti non avrebbero più cercato di essere i “primi”, ma i “migliori”. I suoi slogan sono: «America di nuovo grande» (America great again) e « L’America per prima cosa » (America first).
 
Questa svolta politica a 180° stravolge un sistema costruito negli ultimi 16 anni, che trova origine nella Guerra fredda voluta dagli Stati Uniti nel 1947. Questo sistema ha incancrenito numerose istituzioni internazionali, come la NATO (con Jens Stoltenberg e il generale Curtis Scaparrotti), l’Unione europea (con Federica Mogherini), e le Nazioni unite (con Jeffrey Feltman [3]). Ammesso che Trump ci riesca, gli occorreranno comunque anni per raggiungere l’obiettivo.
 
Verso lo smantellamento pacifico dell’impero statunitense
In due settimane Trump ha avviato molte cose, spesso nella più grande discrezione. Le sue dichiarazioni tonitruanti nonché quelle della sua squadra hanno scientemente seminato confusione, permettendogli di far confermare da un Congresso in parte ostile le nomine dei suoi collaboratori.
Teniamo ben presente che la guerra cominciata a Washington è una guerra all’ultimo sangue tra due sistemi. Lasciamo perciò alla stampa atlantista il compito di commentare propositi spesso contraddittori e incoerenti di entrambe le parti per attenerci unicamente ai fatti.
Innanzitutto, Trump s’è assicurato il controllo degli organi di sicurezza. Le prime tre nomine (il consigliere per la Sicurezza nazionale Michael Flynn, il segretario della Difesa James Mattis e il segretario per la Sicurezza interna John Kelly) sono altrettanti generali che hanno contestato il “governo di continuità” instaurato dal 2003 [4]. Ha poi riformato il Consiglio per la Sicurezza nazionale per escluderne il capo di stato-maggiore interarmi e il direttore della CIA [5].
Anche se quest’ultimo decreto venisse emendato in futuro, al momento non lo è. Segnaliamo che avevamo annunciato la volontà di Trump e del generale Flynn di sopprimere la funzione di direttore dell’intelligence nazionale [6]. Alla fine, la carica è stata mantenuta e assegnata a Dan Coats. Potrebbe trattarsi di una tattica per esigere che la presenza in seno al Consiglio del direttore dell’intelligence nazionale sia motivo sufficiente a giustificare l’esclusione del direttore della CIA.
La sostituzione de « i migliori » con «i primi » implica che la volontà di distruggere Russia e Cina si converta nella volontà di concludere un partenariato con questi Paesi.
Per impedirlo, gli amici della Clinton e della Nuland hanno rilanciato la guerra contro il Donbass. Le cospicue perdite subite dall’inizio del conflitto hanno indotto l’esercito ucraino a ripiegare e a spedire in prima linea le milizie militari para-naziste. I combattimenti hanno inflitto pesanti danni alla popolazione della nuova Repubblica popolare. Nel medesimo tempo, in Medio Oriente Clinton e compagnia sono riusciti a consegnare blindati ai curdi siriani, come aveva disposto l’amministrazione Obama.
Per risolvere il conflitto ucraino, Trump sta cercando un modo per aiutare a destituire il presidente Petro Porochenko. Per questo, ancor ancora prima di accettare di parlare al telefono con Porochenko, ha ricevuto alla Casa Bianca il capo dell’opposizione, Ioulia Tymochenko.
In Siria e in Iraq, Trump ha già avviato operazioni comuni con la Russia, sebbene il suo portavoce lo neghi. Il ministero russo della Difesa che, imprudentemente, l’ha rivelato, in seguito non ha più proferito parola sull’argomento. Washington ha rivelato allo stato maggiore russo la dislocazione dei bunker jihadisti nel governatorato di Deir ez-Zor. Bunker che la scorsa settimana sono stati distrutti con bombe penetranti.
Per quanto riguarda Beijing, il presidente Trump ha messo fine alla partecipazione statunitense al Trattato trans-Pacifico (TPP), un trattato concepito contro la Cina. Durante il periodo di transizione ha ricevuto Jack Ma, il secondo uomo più ricco della Cina – lo stesso che ha dichiarato: «Nessuno vi ha portato via posti di lavoro, spendete troppo in guerre». Si sa che i colloqui hanno riguardato l’eventualità di un’adesione di Washington alla Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture. Se ciò accadesse, gli Stati Uniti dovrebbero accettare di cooperare con la Cina e cessare di ostacolarla. Prenderebbero parte alla costruzione delle due vie della seta. In tal modo, le guerre di Donbass e di Siria diventerebbero inutili.
In materia finanziaria, il presidente Trump ha avviato lo smantellamento della legge Dodd-Frank, un tentativo di risolvere la crisi del 2008 prevenendo il fallimento brutale delle grandi banche (« too big to fail »). Benché questa legge di ben 2.300 pagine presenti aspetti positivi, essa statuisce una tutela del Tesoro sulle banche che, evidentemente, ne frena lo sviluppo. Donald Trump pare si appresti anche a restaurare la distinzione tra banche di deposito e banche di investimento (Glass-Steagall Act).
E, per finire, è iniziato anche il repulisti delle istituzioni internazionali. La neo-ambasciatrice all’ONU, Nikki Haley, ha chiesto un audit sulle 16 missioni di “mantenimento della pace” e dichiarato che vuole mettere fine a quelle inefficaci. Ossia, alla luce della Carta delle Nazioni unite, a tutte, senza eccezioni. In effetti, i fondatori dell’ONU non prevedevano un tale impegno militare (oggi superiore a 100.000 uomini).
 
L’ONU è stato creato per prevenire e risolvere conflitti tra Stati, non conflitti interni. Quando due parti in conflitto concludono un cessate-il-fuoco, l’Organizzazione può inviare osservatori per verificare il rispetto dell’accordo. Le attuali operazioni di “mantenimento della pace” mirano, al contrario, a imporre il rispetto di una risoluzione imposta dal Consiglio di sicurezza e rifiutata da una delle parti in conflitto; si tratta di un prolungamento del colonialismo.
In realtà, la presenza delle forze dell’ONU non fa che protrarre i conflitti, la loro assenza lascia invece immodificata la situazione. Per esempio, le truppe della FINUL, dispiegate alla frontiera fra Israele e Libano – però solo su territorio libanese – non prevengono né un’azione militare israeliana, né un’azione militare della Resistenza libanese, così com’è stato più volte dimostrato. Servono unicamente a spiare i libanesi per conto degli israeliani, dunque a perpetuare il conflitto. Così come, dopo che le truppe della FNOUD, dispiegate sulla linea di demarcazione tra Golan e Siria, sono state cacciate da Al Qaeda, il conflitto tra Israele e Siria è rimasto immutato.
 
Porre fine a un tale sistema implica quindi un ritorno allo spirito e alla lettera della Carta costitutiva dell’ONU, rinunciare ai privilegi coloniali e pacificare il mondo.
Nonostante le polemiche mediatiche, le manifestazioni di piazza e le contese politiche, il presidente Trump mantiene la propria rotta.
Feb 09, 2017
Thierry Meyssan
Traduzione: Rachele Marmetti
Il Cronista

Alla tv tedesca si può dire che Trump va ucciso. Ma basta un “like” per Marine Le Pen e sono guai


Avete notato come l’attentato di Quebec City sia sparito in fretta dalle notizie che contano? Eppure sono morte sei persone e altre otto sono rimaste ferite in quello che il premier canadese, il Big Jim del buonismo, Justin Trudeau, ha subito chiamato “attacco terroristico” e che le autorità hanno bollato come “l’atto di un lupo solitario”. Lo studente universitario fermato è stato accusato di omicidio plurimo premeditato e di tentato omicidio di cinque persone: insomma, accuse pesantucce. Certo, non ha ammazzato dei vignettisti francesi molto chic ma soltanto un macellaio, un professore universitario e un farmacista, tra gli altri: niente che faccia tendenza.
Tanto più che l’unica cosa che conta è il suo profilo Facebook, immediatamente oscurato, dal quale si desume la sua simpatia per Donald Trump e Marine Le Pen. Insomma, Alexandre Bissonnette è perfetto mostro xenofobo da sbattere – per poco – in prima pagina. Di più, stando alla stampa canadese, il nostro sparatore trumpista è noto nei circoli di attivisti cittadini come un troll di estrema destra che spesso esprimeva posizioni contro gli stranieri e contro le femministe.
 
Di fatto, però, il suo profilo on-line e la sue frequentazioni mostrano un ragazzo con poco interesse alle politiche estremistiche, almeno fino allo scorso marzo, quando Marine Le Pen visitò proprio Quebec City e parve ispirare l’attivismo on-line di Bissonnette. A confermare il profilo estremista ci ha pensato un amico con cui il killer è cresciuto e che conosceva la sua attività su Facebook, Vincent Boissoneault. Ecco le sue parole: “Posso dirvi che sicuramente non era un musulmano convertito. Lo descriverei come uno xenofobo. Non penso nemmeno che fosse totalmente razzista ma era affascinato da un movimento razzista e nazionalista borderline”.
 
C’è poi François Deschamps, un consigliere per l’occupazione che gestisce una pagina Facebook di supporto per i rifugiati, il quale ha detto di aver riconosciuto immediatamente Bissonnette dalla fotografia: “Era qualcuno che faceva frequenti ed estremi commenti sui social network, denigrando i rifugiati e il femminismo. Non era proprio odio totale, più che altro era parte di questo nuovo movimento nazionalista, conservatore e identitario che è più intollerante che pieno d’odio”.
 
Insomma, dalle descrizioni, abbiamo il profilo del perfetto lupo solitario. E di tutti i movimenti anti-establishment di mezzo mondo, da Wilders ad AfD passando per Orban: tu guarda che combinazione. Peccato che un altro amico d’infanzia del killer, Michel Kingma-Lord, abbia offerto ai media una narrativa un po’ diversa.
Ecco le sue parole: “Sono sotto shock, ultimamente non ci vedevamo più tanto ma quando eravamo più giovani abbiamo passato molto tempo insieme, ci univa la passione per i minerali. Era un bravo ragazzo, generoso, educato e sempre pronto ad ascoltare. E sempre stato più interessato al club degli scacchi del campus che all’ideologia politica. Non ha mai postato nulla sull’hate speech, non avrebbe mai condiviso qualche ideologia politica. Quando parlavamo, erano dialoghi normalissimi”.
 
Ma si sa, le cose possono essere cambiate dopo la visista di Marine Le Pen a Quebec City. E poi ci sarebbero state quelle lodi su Facebook proprio verso la candidata della destra francese e verso Donald Trump: ora i suoi commenti sono spariti insieme al suo profilo ma si sa che il suo “like”, oltre che sulle pagine della Le Pen e anche di altri politici di destra, era finito anche su quelle di Garfield e di alcune pop-star, tra cui Katy Perry. Che strano tipo di lupo solitario estremista: odio le femministe ma ama Katy Perry, la quale a sua volta odia Donald Trump che, invece, il killer venera. E cosa sarà successo dopo la visita di Marine Le Pen? Mistero.
 
Ma la domanda è un’altra. Al netto della solita assenza di certezze e dettagli che segue questi casi, tutti i particolari resi noti dipingono un quadro chiaro: dietro chi è molto attivo on-line, dietro a chi opera da troll, dietro a ogni commento fuori dalle righe, potrebbe esserci un potenziale lupo solitario pronto ad entrare in azione. Dettagli su come abbia trovato le armi? Nessuno. Il famoso secondo killer? Sparito, il cittadino marocchino fermato è diventato rapidamente un “testimone”: quindi, potenzialmente inseribile in un programma di protezione che lo renderebbe innocuo. Qualcuno ha gridato davvero “Allah akbar” come confermato dalle prime notizie o trattasi di delirio uditivo? Capite da soli che se il solo fatto di ammirare (o aver messo il “like” alla pagina Facebook) Marine Le Pen o Donald Trump può diventare qualcosa di sospetto, di tracciabile in via preventiva, un’aggravante a qualsiasi commento si posso postare on-line, siamo alla psico-polizia.
 
L’attentatore di Quebec City, a quanto ne sappiamo, non ha mai sparato in vita sua ma, di colpo, decide di attaccare una moschea con un fucile d’assalto, centrando 14 bersagli, uccidendone sei e ferendone otto. Ricorda lo sparatore di Monaco di Baviera, un adolescente che ha comprato la pistola su Internet e, nell’arco di due settimane, era diventato un cecchino degno dell’IRA su bersagli in movimento e con una Glock 19. Non so se avete mai visto “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri e con un sempre straordinario Gian Maria Volontè. Se non lo avete fatto, questi cinque minuti di una delle scene principali, forse potrebbe farvi capire meglio il mio punto di vista e i miei timori.
Perché “sotto ogni criminale può nascondersi un sovversivo e sotto ogni sovversivo può nascondersi un criminale”. Ovvero, la criminalizzazione del dissenso iniziato con la guerra contro le fake news e la post-verità e che ora fa il salto di qualità con le tracciature dei profili social che diventano – di fatto – le uniche prove di un omicidio premeditato multiplo per ragioni d’odio, perpetrato non si sa come e non si sa perché da un studente 24enne di scienze politiche alla prestigiosa università Laval. Ma che aveva dato il suo “like” alla pagina Facebook di Trump e della Le Pen. Anche se io propendo per Garfield come fiancheggiatore, mentre Katy Perry potrebbe essere stata l’armiere.
Ma ironia a parte, se invece dite in televisione che l’unico e più semplice modo per porre fine alla catastrofe di Trump è ammazzare il presidente alla Casa Bianca, magari non ti applaudono pubblicamente ma il circo Barnum del politicamente corretto ti garantisce una pacca sulla spalla, magari scomodando il concetto aristotelico di tirannicidio come obbligo morale. E successo al direttore ed editore del settimanale tedesco, “Die Zeit”, Josef Joffe, nel corso di un filo direttore con i telespettatori nella trasmissione ADR-Presseclub.
 
Quando gli è stato chiesto se fosse possibile porre Trump sotto impeachment e porre fine alla catastrofe che rappresenta, Josse ha così risposto: “Deve esserci una maggioranza qualificata di due terzi del Senato perché si possa rimuovere il presidente. Questi sono ostacoli politici e legali particolarmente duri, deve succedere qualcosa di molto grave per questo e non siamo ancora a quel punto… Ci potrebbe però essere un omicidio alla Casa Bianca”. Eco di questa sparata? Zero. Auspicare l’omicidio del presidente degli Usa in diretta tv in Germania è ormai normalissimo. In compenso, se metti “like” al profilo di Marine Le Pen, sei tracciato come potenziale lupo solitario. Tutti avvisati.
 
Di Mauro Bottarelli , il 31 gennaio 2017

Coordinamento Nascosto tra Mosca e Washington contro Daesh in Siria?

daeshDa quando Donald Trump è diventato Presidente degli Stati Uniti assistiamo in Siria ad alcuni sviluppi interessanti. Al momento disponiamo di notizie frammentarie e apparentemente scollegate tra loro. Mettendo insieme i pezzi, si evince un probabile livello più profondo di coordinamento tra Stati Uniti e Russia. Nessuna certezza, ma verosimilmente Trump e Putin hanno deciso di cooperare nella lotta contro daesh in Siria senza rendere note le loro intenzioni, specie dopo l’equivoco dei giorni precedenti in merito ad un’azione congiunta tra Mosca e Washington contro daesh in Siria
 
Il seguente elenco ha lo scopo di agevolare la comprensione in merito ad un’ipotesi di coordinamento nascosto tra Stati Uniti e Russia.
Iniziamo da alcuni punti fermi degli ultimi mesi.
1. La Russia combatte da quasi due anni il terrorismo in Siria chiedendo agli Stati Uniti di cooperare nelle operazioni, quantomeno in termini di condivisione di informazioni sensibili degli apparati di intelligence.
2. Trump in campagna elettorale ha sempre sostenuto di voler collaborare con Mosca per combattere il terrorismo in Siria, dando priorità a daesh come pericolo numero uno.
3. Da Presidente, Trump ha ribadito questa posizione senza compiere alcuna marcia indietro come molti ipotizzavano.
4. Negli ultimi quattro giorni (21 e 23 Gennaio 2017) la Federazione Russa ha effettuato almeno 2 missioni con l’aviazione Russa impiegando ben 6 bombardieri strategici Tu-22M3 in località Deir ez-Zor. Una quantità importante in termini di potenza di fuoco.
5. Il ministero della difesa Russo (MOD) ha riferito che sono stati colpiti strutture adibite a fabbriche di armamenti bellici, centri di comando e depositi di armi di Daesh.
6. Le località intorno a Deir ez-Zor sono sotto controllo di Daesh da svariato tempo.
Ripeschiamo nella memoria recente alcune vicende oscure, mai del tutto chiarite.
7. Le notizie più criptiche capitate in Siria sono avvenute a Deir ez-Zor. Il vile bombardamento della coalizione Internazionale ai danni dell’esercito Siriano il 17 Settembre 2016 e nelle settimane più recenti, la clamorosa fuga di centinaia di membri di Daesh da Mosul verso Deir ez-Zor, senza alcun intervento aereo della coalizione internazionale.
8. Visto il punto (7) è scontato dedurre che lo stato profondo USA (CIA e Dipartimento di Stato) sia in contatto con Daesh, coordinando i ripetuti attacchi allo stato Siriano.
Oltre alle annotazioni precedenti, alcune considerazioni sulle operazioni condotte in Siria dalla Federazione Russa.
9. Per esperienza, grazie alla vicenda dell’eroico sacrificio di Alexander Prokhorenko, sappiamo che per i bombardamenti in queste località, Palmira e Deir ez-Zor, l’aviazione Russa utilizza soldati speciali (Spotters) per individuare/confermare obiettivi a terra spesso camuffati da strutture civili (Esempio: Fabbriche/depositi di Armi). Purtroppo sappiamo anche quanto sia pericoloso e difficile infiltrarsi in tali zone.
10. I bombardieri Strategici Russi hanno utilizzato bombe “stupide” che non richiedono guida laser o altri sistemi di puntamento particolari. Evidentemente i Russi erano sicuri degli obiettivi da colpire.
11. Visti i punti (1), (6), (9), (10) e i ripetuti attacchi di questi giorni dei bombardieri strategici, è evidente che il MOD (Ministero della difesa) Russo abbia acquisito nuove informazioni di intelligence, precedentemente sconosciute, sugli obiettivi a terra in località Deir ez-Zor. Questa richiesta di condivisione di informazioni è un punto fermo su cui Mosca insiste con Washington da anni. L’amministrazione Obama ha sempre rifiutato di collaborare.
Trump ha sempre ribadito il contrario.
Degna di nota anche la notizia recente di un’azione unitaria tra l’aviazione Americana e Russa in Siria.
12. L’episodio inerente il bombardamento congiunto tra Russi e Americani, smentito da fonti della coalizione internazionale, ha preso una piega particolare con il portavoce di Trump (Sean Spencer) che ha rifiutato di commentare la vicenda, lasciando intendere possibili divergenze di opinioni tra l’amministrazione Trump e i membri della coalizione internazionale a guida USA.
Infine due deduzioni logiche, compatibili con quanto riferito in precedenza.
13. E’ fortemente probabile che Mosca abbia ricevuto da fonti americane, grazie ai punti (7) e (8), le coordinate di Daesh a Deir ez-Zor. Questo spiegherebbe anche le questioni (4), (9) e (10).
14. Il MOD Russo non ha rilasciato informazioni su come siano state acquisite le informazioni che hanno portato ai bombardamenti dei giorni passati.
Conclusioni.
Riassumendo, possiamo tracciare un quadro degli eventi negli ultimi giorni in Siria, ipotizzando un coordinamento nascosto tra Mosca e Washington.
Sappiamo ad esempio che Trump non intende sovvertire il governo di Assad. Non necessitando di truppe di terra (AKA Terroristi) l’amministrazione appena insediata non intende finanziare o armare “ribelli moderati”, come ribadito più volte dal nuovo presidente in campagna elettorale.
Altrettanto probabile è che a seguito della missione congiunta USA-Russia in Siria contro Daesh, confermata dal ministero della difesa Russo e rilanciato da RT –ma non smentito da Spencer (Punto 12), lo stato profondo USA (specie partito Repubblicano, Media mainstream e comunità di intelligence ad alti livelli) abbia fortemente protestato con l’amministrazione vista la notoria ostilità verso Mosca.
E‘ verosimile quindi che l’amministrazione Trump sia passata da un sostegno attivo (missioni congiunte) ad un coordinamento nascosto con Mosca, onde evitare ulteriori attriti con alcune componenti dello ‘stato profondo’.
A conferma di questa ipotesi, i bombardieri strategici hanno colpito con bombe non guidate da strumentazioni di precisione, obiettivi nascosti, precedentemente non conosciute grazie a nuove informazioni appena acquisite (altrimenti non si spiega come mai non abbiano già effettuato in precedenza tali missioni vista la situazione critica a Deir ez-Zor).
Visti i punti (6), (7) e (8) è facile intuire che tali informazioni fossero in possesso di Washington da tempo. Uno dei motivi per cui la precedente amministrazione Obama ha sempre rifiutato di cooperare con Mosca trova radici profonde nei legami occulti tra il terrorismo in Siria e le agenzie di intelligence americane. Collusioni da tenere segrete ad ogni costo.
 
In conclusione, la telefonata programmata tra Trump e Putin per Sabato 28 Gennaio è un altro sintomo di un’intesa che va sviluppandosi, senza molta pubblicità, nella lotta al terrorismo in Siria.
Tenendo d’occhio la situazione in Siria e i colloqui tra Stati Uniti e Russia nei prossimi giorni, risulterà più facile comprendere il livello di accuratezza di queste ipotesi.
di Federico Pieraccini

Dall’euro si può uscire, Merkel e Draghi hanno paura. E la Sinistra mette a rischio la democrazia

bagnai no euroalla sinistra il popolo fa schifo. Ama l’elites, che succhiano la vita dei popoli.

“Il governatore voleva incutere timore, ma in realtà ha indicato la via d’uscita. Segno che il potere non è più in grado di parlare”. “Sono preoccupato dal desiderio di censura travestito da crociata contro le fake news. I principi democratici sono in pericolo
Alberto Bagnai, docente di Politica economica, punta di diamante della schiera (sempre più folta) di economisti contrari alla moneta unica: fino a poco tempo fa auspicare o anche solo immaginare l’uscita dall’euro era considerato folle, bizzarria qualunquista e irrealizzabile. E invece…
Fino a due mesi fa solo la verità era dalla nostra parte. Ora anche Trump. L’establishment ha fatto male i calcoli. Prima ha creduto che non potesse vincere, sottovalutandolo. E lui ha vinto. Poi ha creduto che non mantenesse le promesse. E lui ha cominciato a mantenerle. Così ora è emerso il segreto di pulcinella. Ovvero che Trump nel suo programma economico, che io avevo letto a settembre, accusa la Germania di essere una manipolatrice di valuta. Questo ha suscitato una quantità di interpretazioni poco approfondite, ma è un dato riconosciuto come sostanzialmente giusto dalla letteratura scientifica e anche dalla stampa anglosassone distante da Trump, come il Financial Times. Soprattutto questa posizione ha seminato panico tra le “fila nemiche”.
In che modo?
Due dichiarazioni provenienti dal potere si sono rivelate un boomerang. Mi riferisco a quanto detto da Mario Draghi e Angela Merkel.
Partiamo da Draghi e dalle sue dichiarazioni contraddittorie sull’euro irreversibile.
Draghi ha fatto una sparata sui 358 miliardi da pagare nel caso in cui si decidesse di uscire dalla moneta unica. Lo ha fatto chiaramente con intenti minacciosi. Ma quell’affermazione si è rivelata un boomerang, perché Draghi ha fatto capire che uscire è tecnicamente possibile. Tant’è vero che è stato costretto a smentire, dicendo che l’euro è irreversibile. Ma la smentita, come dice il detto, è una notizia data due volte.
Draghi dunque ha ammesso che si può uscire dalla moneta unica. Non male direi…
Sappiamo ora che si può uscire dall’euro, visto che l’ha ammesso persino lui. Sulla natura dei saldi target 2 è in corso un dibattito, ma se fossero veramente debito pubblico li contabilizzeremmo lì e invece non lo stiamo facendo. Inoltre nei confronti di questa Europa non abbiamo solo debiti ma anche crediti, pensiamo ai 65 miliardi stanziati per salvare la Grecia, o meglio le banche francesi e tedesche che avevano fatto prestiti alla Grecia. Il punto politico è che Draghi voleva incutere paura ma in realtà ha indicato la via d’uscita. Segno che il potere non è più in grado di parlare.
Poi c’è la Merkel che dopo anni a cianciare di integrazione europea e destino unico, se ne esce con la teoria dell’Europa a due velocità, come una “populista” d’antan.
Merkel ha parlato di Europa a due velocità per rispondere a Trump, ma in questo modo ha reso evidente a tutti che questa Ue ha paura del presidente americano. E bisognerebbe chiedersi perché. Ma soprattutto parlando di Europa a due velocità ha messo in luce il vero problema dalla Ue.
Ovvero, la Francia andrebbe con il Nord o con il Sud? Tutti danno per scontato che vada con il Nord. Ma occorre ricordare che dal punto di vista macroeconomico la Francia sta addirittura peggio dell’Italia. Ha un deficit di bilancio pubblico che è circa due volte il nostro, e mentre noi siamo in surplus di bilancio nei pagamenti la Francia è in deficit, cioè non è un Paese abbastanza competitivo sui mercati internazionali.
Sarebbe la fine della Ue?
Se applicassero le famose regole dei tedeschi, la Francia dovrebbe andare nell’Europa più lenta, quella mediterranea, del cosiddetto “Club Med”. In realtà non ci andrà. Perché contano i rapporti di forza. La Francia ha la bomba atomica e la Germania no. Dunque si capisce che questa Unione si regge sui rapporti di forza, sulla violenza, sul dire io ho la bomba atomica e salgo in prima classe, tu non ce l’hai e vai in seconda. Si capisce che questa Unione nasce per risolvere una questione che non ha nulla a che vedere con i nostri problemi. La Ue nasce per il secolare conflitto tra Francia e Germania. Il problema è loro. Ma l’hanno risolto in un modo che soffoca anche noi. A mio avviso questo spiega che per l’Europa e segnatamente per l’euro le velocità giuste sono almeno 19 e non 2. Ed è lì che si arriverà.
La fine dell’euro è una prospettiva più attuabile di quanto si pensi, magari a partire dalla Germania?
La proposta che oggi tutti riscoprono, cioè che la Germania esca e lasci l’euro agli altri Paesi, la facemmo nel 2013 con Claudio Borghi e gli altri economisti del Manifesto di solidarietà europea. Ma va intesa come primo passo verso lo smantellamento dell’euro. Perché non ha alcun senso un euro di serie B, dove convivano con la forza Francia e Italia, due Paesi completamente diversi: si riprodurrebbero le tensioni attuali. Con l’uscita della Germania ci sarebbe un sollievo temporaneo, ma i problemi si ripresenterebbero.
Uscire dall’euro non è mai stata fantascienza o fantapolitica?
È fantascienza l’idea che noi potessimo restare dentro. Rimanere nell’euro aggrava tutti i nostri problemi, a partire dal debito pubblico.
Il sistema oltre a oscurare mediaticamente le teorie No euro, e quelle alternative all’establishment, potrebbe persino includerle tra le bufale e le “fake news”, i cui confini sono appositamente tutt’altro che definiti.
Per la prima volta da anni si delinea un quadro in evoluzione. E proprio per questo la situazione è molto pericolosa.
La democrazia è in serio pericolo. E non mi sarei mai sognato di dover imputare questo, io persona progressista, all’opera delle forze di sinistra. Molti politici del PD e di Sinistra Italiana, sulla falsariga di certa sinistra internazionale, stanno bandendo una crociata contro le cosiddette fake news, con l’idea che il processo politico sia determinato dal fatto che alcuni siti diffondano bufale.
Che Trump non sia il frutto di 30 o 40 anni di disuguaglianze e di schiacciamento della classe media, ma di 3 mesi di bufale su internet è un’analisi che mi umilia in quanto progressista. Mi umilia due volte. La prima è perché a sinistra un tempo si ragionava in termini di lotta di classe e non ci si baloccava con queste scemenze.
La seconda è che pare evidente come lo scopo del gioco sia il ministero della verità. Hanno paura che le persone vengano a sapere determinate cose.
Censura e dileggio viaggiano insieme…
Sono preoccupato da questo desiderio di censura, dallo screditamento del suffragio universale. La democrazia viene vilipesa quando non si comporta secondo le loro intenzioni. Questi meccanismi li abbiamo visti con la Brexit, con Trump, con il referendum costituzionale e forse li vedremo con Marine Le Pen. Se mai dovesse vincere assisteremmo al j’accuse contro il voto democratico da parte degli intellettuali. I quali non si chiedono perché le persone votano per dei politici che tutti i media propongono come impresentabili.
Lei poche settimane fa è stato tra i protagonisti del convegno “Oltre l’euro”, che bilancio fa di quell’esperienza?
Il convegno ha avuto partecipazione traversale. La Lega sta facendo informazione su temi cruciali, di interesse generale. Uno può anche non riconoscersi in altri valori della Lega, ma questo è un dato di fatto. Questo è fare politica. Sarebbe bello che fosse constatato e anche emulato. La verità è che l’intero sistema partitico e mediatico, il sistema di potere italiano, non seguirà la Lega sulla strada del fare informazione, perché ha tutto l’interesse nel non farla.
di Alberto Bagnai – 11/02/2017
Fonte: stopeuro