Trovate armi della NATO e della Turchia nei depositi abbandonati dall’ISIS

Armi-NATO-in-Siria-3Armi della NATO nei depositi dell’ISIS
I terroristi dell’ISIS (Daesh in arabo) in Siria combattono con le armi ricevute dalla Turchia e dalla NATO, questo lo dimostrano (fra l’altro) le armi confiscate a questa banda nel nord della Siria.
Nell’ambito delle grandi avanzate fatte dalle forze siriane e curde nella provincia Nord di Al-Raqqa, le Forze Democratiche della Siria (FDS), formazioni Curde, hanno potuto confiscare grandi quantità di armi dell’ISIS.
Secondo le immagini diffuse su questo sequestro, tutte le armi e le munizioni, confiscate nelle regioni attigue alla centrale idroelettrica della riferita città, risultano di fabbricazione turca e di proprietà della NATO.
Tra gli armamenti si evidenziano i missili anticarro M72 LAW, di uso abituale da parte dei terroristi dell’ISIS prodotti dalla ditta turca MKEK (sigla in turco del produttore).
Gli armamenti confiscati includono, tra gli altri, un mortaio da 120 mm. e la sua base, un Kalashnikov e quattro casse di proiettili, un lanciamissili multiplo Katyusha, due archi di mortaio e vari proiettili di mortaio, 100 componenti di mortaio e di obici , una rampa di mortaio da 82 mm., un sacco di proiettili BCK, due radio digitali Hytera, una cassa da 27 mm. DHSK, 20 cartucce da mortaio da 120 mm., 26 cartucce da mortaio da 60 mm. e un sacco di capsule da mortaio.
Armi della NATO trasportate dalla Turchia in Siria
Allo stesso modo, le forze curde hanno potuto sequestrare veicoli blindati di fabbricazione USA come Humvee, un veicolo militare Reo e un camion pick -up di marca Ford, tutti inviati dal territorio turco.
Con riferimento ad equipaggiamenti accessori, aggiungono le fonti, sono stati confiscati una videocamera di marca Sony, un notebook portatile , un telefono ed alcuni documenti della banda terrorista.
Tutto l’equipaggiamento, secondo le fonti locali, risulta di fabbricazione turca o made in USA, e tutto con sigle identificative della NATO che si presume sia arrivato nelle mani dei terroristi attraverso la Turchia.
Con il fine di rovesciare il Governo del presidente siriano, Bashar al-Assad, controllare i movimenti dei curdi vicino le sue frontiere, e sotto il pretesto di combattere contro il terrorismo, la Turchia ha fatto l’impossibile per ravvivare le fiamme del conflitto nel paese arabo.
 
Rispetto a questo, la Turchia ha favorito, tra le altre misure , l’invio in Siria di elementi armati, mercenari jihadisti, terroristi, come nello stesso tempo ha fornito a queste bande armamenti ed aiuti di vario genere.
 
Nota:  Questo sequestro di armi trovate nei magazzini dei terroristi è soltanto uno dei tanti effettuati dalle forze curde, dall’Esercito siriano e da Hezbollah, in cui vengono sempre ritrovate armi di fabbricazione USA e con codici identificativi della NATO. Non rappresenta quindi una novità ma una ulteriore conferma che i terroristi dell’ISIS, nonostante le dichiarazioni ufficiali dei Governi, ricevono rifornimenti ed appoggio dalle potenze (USA, Arabia Saudita e Turchia) interessate a rovesciare il Governo di Damasco e smembrare il paese.
D’altra parte ci sono le dichiarazioni di alcuni degli stessi esponenti dell’establishment USA che confermano di questo appoggio fatto dai servizi di intelligence USA o direttamente dall’Esercito turco.
Il doppio gioco sul conflitto in Siria da parte di Washington ed Ankara continua, al di fuori delle apparenze. I gruppi terroristi islamici sono stati utilizzati, con tutta evidenza, per destabilizzare la Siria e favorire gli interessi delle grandi potenze. Questo dovrebbe far aprire gli occhi a coloro che che hanno creduto a tutte le falsificazioni della propaganda occidentale su questo conflitto che dura da oltre sei anni.
Mag 04, 2017  Fonte: Hispan Tv Traduzione e nota : L. Lago

Deposito di armi chimiche dell’ISIS, colpito da bombardamento della coalizione USA, esplode causando centinaia di vittime

Esplosione-depositi-armi-chimiche-terroristi
Gli Usa sapevano dove era questo deposito, cancellano le prove guadagnandosi anche dei punti nella fantomatica lotta al terrorismo a loro dire ingaggiata dagli stessi Usa?

Esplode deposito armi chimiche terroristi
Un attacco della coalizione diretta dagli USA, sulla zona di Deir El Zor nell’est della Siria, ha causato l’esplosione di un deposito di armi chimiche detenuto dai terroristi che ha causato centinaia di morti
“Nella giornata di Mercoledì, alle 17,30/17,50 ora locale, la coalizione internazionale a guida USA ha centrato un obiettivo del Daesh (ISIS) nella piana di Hatla, ad est di Deir E-Zor, est Siria”, come ha informato oggi il Comando Generale dell’Esercito e le Forze Armate in un loro comunicato.
 
L’attacco, come spiega la fonte militare, ha provocato in un primo momento del fumo bianco che più tardi è diventato giallo, fatto che dimostra che il bombardamento della coalizione ha centrato un deposito che contiene “una grande quantità di sostanze tossiche” che erano in possesso del gruppo jhadista.
Il bombardamento degli aerei della coalizione anti-ISIS hanno provocato distruzione ed esplosioni nella sede dei terroristi. Inoltre si informa che “un gran numero di civili sono morti in conseguenza della inalazione di sostanze tossiche”, hanno aggiunto le fonti.
L’incidente fornisce la conferma che, senza alcun dubbio, “i gruppi terroristi, in particolare il Daesh ed il Fronte Al-Nusra (autodenominato Fronte Fath Al-Sham), già erano in possesso di armi chimiche e hanno la capacità di trasportare, immagazzinare ed utilizzare tali agenti chimici con l’aiuto di alcuni paesi regionali che forniscono loro tale materiale.
Allo stesso modo le fonti hanno sostenuto che l’episodio dimostra che i gruppi estremisti takfiri sono coordinati dai loro patrocinatori per accusare l’Esercito siriano di utilizzare armi chimiche, così come era accaduto nella città di Jan Sheijun, nella provincia di Idlib.
Questo accade pochi giorni dopo che Washington ed i suoi alleati avevano accusato il Governo siriano di usare armi chimiche su Idlib. Gli USA non hanno accordato alla richiesta della Russia di realizzare una indagine approfondita ed indipendente per provare la responsabilità delle autorità siriane e hanno realizzato in modo unilaterale un attacco contreo la base aerea di Al-Shairat , nell aprovincia centrale di Homs.
Fonti : HispanTv Sputnik Mundo Traduzione e sintesi: J. Manuel De Silva Apr 13, 2017

Siria, il Fronte AL Nusra ha attaccato un convoglio di civili che venivano trasferiti ad Aleppo

Attacco-convoglio-civiliAttacco convoglio civili
Il presidente della Siria, Bashar Al-Assad, ha informato oggi che si è verificato un attacco con bombe da parte del gruppo terrorista Fronte Al Nusra (appoggiato da USA ed Arabia Saudita) contro un convoglio di civili in fase di trasferimento su Aleppo.
Un convoglio di 10 autobus con i civili siriani sfollati, che provenivano tutti dalle località assediate dai terroristi,  sono arrivati questo venerdì nella città di Aleppo.
I veicoli arrivati ad Aleppo erano partiti dai paesi si Al-Fua e Kefraya, abitati da popolazione sciita, nelle vicinanze della città nord occidentale di Idlib, dopo essere rimasti bloccati per 48 ore, secondo le informazioni dei media locali. Nel viaggio di trasferimento il convoglio, che portava segni di riconoscimento per trasportare civili, è stato attaccato dai terroristi del Fronte Al-Nusra con bombe e raffiche di armi automatiche. Non è stato ancora comunicato il numero delle vittime e dei feriti.
Questo episodio segue di soli tre giorni l’altro luttuoso avvenimento quando un auto bomba dei terroristi è stata fatta esplodere contro un convoglio di civili (sciiti)  sempre in fuga dalle località assediate (Fua e Kefraya) con un bilancio di oltre 124 morti di cui 72 bambini.
Le forze dei terroristi che hanno il controllo dei villaggi a nord di Idlib, continuano a ricevere dalla Turchia e dagli USA ingenti forniture di armi e rifornimenti che utilizzano indifferentemente per attaccare le posizioni dell’Esercito siriano e per aggredire i civili di fede sciita, considerati fedeli al Governo di Damasco e che erano stati tenuti da circa due anni prigionieri ed a cui, grazie all’intermediazioni di ONG internazionali, era stato ultimamente concesso di abbandonare i villaggi a seguito di un accordo di scambio di prigionieri.
La guerra in Siria è ormai entrata nel 7° anno ed ha avuto un costo umano di circa 490.000 vittime, secondo le stime dell’ONU, oltre a centinaia di migliaia di feriti, invalidi e circa 5 milioni di profughi. Una immane tragedia che non accenna a terminare vista la volontà delle grandi potenze (USA, Gran Bretagna, Arabia Saudita e Turchia) di rovesciare il Governo di Damasco e di smembrare il paese per i propri interessi geopolitici.
Il 7 Aprile le forze navali USA hanno colpito con missili da crociera una base dell’aviazione siriana, causando danni e varie vittime. L’attacco ha preso a pretesto un attacco chimico avvenuto nella provincia di Idlib che ha causato circa 80 vittime e di cui è stata accusata l’aviazione siriana. Il governo Siriano ed il Ministero degli Esteri russo hanno decisamente negato l’utilizzo di armi chimiche da parte delle forze siriane ed hanno sostenuto che in realtà era stato bombardato un deposito di armi chimiche detenuto dai terroristi. Il Governo russo ha richiesto in sede ONU agli USA ed alle altre potenze di incaricare una commissione internazionale indipendente di svolgere indagini e di portar le prove delle accuse fatte all’aviazione siriana.  Vedi: Idlib ‘chemical attack’ was false flag to set Assad up,…
Gli USA si rifiutano di apportare prove e di far nominare una commissione indipendente e continuano a ribadire le accuse (senza prove) contro il Governo di Damasco, ventilando la possibilità di altri attacchi unilaterali.
Le accuse si basano su filmati trasmessi sui social media da parte dei “Caschi Bianchi “, una organizzazione di parte, legata al Fronte al Nusra e finanziata dai servizi di intelligence di USA e Gran Bretagna. Gli osservatori, fra cui anche una organizzazione di medici svedesi ed anche esponenti delll’Establishment USA (il senatore Ran Paul), hanno negato la veridicità delle prove adottate dal Pentagono per mettere sotto accusa il Governo siriano e vi sono fondati sospetti che si sia voluto prefabbricare un pretesto per una aggressione militare USA contro la Siria.
Apr 21, 2017  Fonte: Hispan Tv  Traduzione e sintesi: L.Lago

L’anello mancante (Siria, gli Stati Uniti attaccano nella notte con decine di missili. Colpita la presunta base del raid chimico)

Attacco-con-missiliGli  S-400 russi posizionati in Siria avrebbero potuto facilmente disabilitare quei goffi  Tomahawks.

Ma l’ ordine è venuto dal cielo – e quindi non hanno fatto nulla.
Il Pentagono aveva mandato, per tempo,  la dritta a Mosca perché sapeva che  cosa c’era in gioco.
Così Mosca ha deciso di far marcia indietro – in cambio di QUALCOSA tutti gli attori possono accettare – qualche volta – di fare la mamma.
Lo Show dei Tomahawk è il modo con cui il Pentagono è riuscito a  demolire la credibilità del Ministero della Difesa russo –  quello che aveva spiegato che l’ “attacco chimico” è stato in realtà il risultato del bombardamento di un magazzino segreto di Jabhat al-Nusra dove si produceva  gas nervino. Così adesso il Ministero della Difesa russo è NUDO.
Ci sarà una risposta. Non ora. Bisognerà ancora aspettare un  paio di mosse, dopo questa partita.
 
Pepe Escobar – 7.03.2017
Link: https://www.facebook.com/pepe.escobar.77377/posts/10155089396471678
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di  Bosque Primario

Siria tra bombe e fake news

Senza lo straccio di una prova, senza nessuna verifica circa l’accertamento dei fatti e le responsabilità, senza nessuna certezza sul materiale chimico utilizzato e, con esso, sull’identità dell’eventuale possessore, gli Stati Uniti hanno sferrato un attacco a base di missili Tomahawk sulla base militare siriana di Al Shayrat. Il Presidente Trump ha così avuto il suo “battesimo del fuoco”, rito di passaggio di ogni presidente statunitense che segna il passaggio dalla sua elezione all’assunzione effettiva di ruolo.
Stavolta è toccato alla Siria, il cui governo sembra effettivamente poco entrarci con le armi chimiche che hanno avvelenato decine di vittime. Ma non c’è nessuna prova che accusi le forze armate siriane dell’accaduto, che riferiscono invece di aver centrato con i loro aerei un deposito di armi dei terroristi jahidisti, dove evidentemente erano stoccate anche quelle chimiche.
Che l’Isis e le fazioni terroristiche facenti riferimento ad Al-Nusra dispongano di armi chimiche non è un segreto: gliele hanno fornite i turchi un anno fa su indicazione statunitense.
Le hanno già usate in diverse occasioni, a Palmira come ad Aleppo, ma nel silenzio dei media occidentali che, del resto, tacciono anche sul flagello saudita su Sana’a e derubricano a incidente il massacro USA a Mosul. Come a dire che le vittime pesano a seconda di chi le fa.
Ma in guerra, come in politica, di fronte agli eventi domandarsi a chi giovano è esercizio ineliminabile se si vuole limitare i danni della propaganda. E anche in questo caso andrebbe fatto. E qui davvero non si comprende quale utilità avrebbe avuto Assad all’utilizzo di armi chimiche. In primo luogo la guerra in Siria è agli sgoccioli e l’alleanza tra Damasco e Mosca, con l’aiuto di Teheran e Hezbollah libanesi, ha praticamente vinto. Dunque perché provocare la comunità internazionale quando si sta già decidendo sede e composizione del tavolo della pace sulla Siria?
 
In secondo luogo: visto che la Siria ha dichiarato di aver inviato a suo tempo a Gioia Tauro tutte le armi chimiche siriane e che la Russia si è resa garante internazionalmente della moratoria sul loro uso, perché mai effettuare una sortita così goffa che distruggere la credibilità di Mosca e Damasco di fronte alla comunità internazionale? E tutto questo, ovvero un prezzo altissimo, sarebbe stato pagato per avere ragione di una casamatta dell’Isis in un paese senza particolare importanza, quando per la stessa presa di Aleppo, ben più importante strategicamente e politicamente, non è stato fatto?
Per sostenere la tesi dell’attacco aereo con armi chimiche su Khan Sheikhoun bisognerebbe ritenere che Assad sia stupido. Ma stupido non è. Lo fosse, non avrebbe resistito per anni e vinto una guerra con la quale tutto l’Occidente, in forma diretta e per procura con i terroristi islamici, ha tentato di spodestarlo. Damasco può semmai essere accusata di cinismo, di opportunismo, autoritarismo, ma certo non di stupidità.
La nuova crociata intrapresa si spiega con ragioni di politica interna statunitense, abilmente sollecitate. L’intenzione di Trump è di offrire spazio all’apparato militare statunitense per poter rafforzare una presidenza altrimenti già in crisi di credibilità, caratterizzata ogni giorno da licenziamenti, dimissioni e gaffes. L’apparato bellico statunitense, già in disaccordo con Obama sul mancato attacco in Siria, è il bastone indispensabile per Trump, l’unico in grado di bilanciare l’ostilità di CIA e FBI verso il tycoon, che deve quindi, in primo luogo, divincolarsi dalle accuse di collusione con Putin. In questa direzione va il licenziamento di Bannon, voluto dal falco McMaster: Trump cerca di acconsentire alle tesi guerrafondaie dei neocons, per cumulare forze utili a ridurre l’impatto dell’offensiva democratica, che punta a costruire le condizioni per arrivare in tempi rapidi all’impeachment.
Tutto ciò non esaurisce le motivazioni dietro all’ordine di attacco impartito ieri, vi sono anche ragioni di politica internazionale ancor più serie, non ultima quella di assegnare al presidente un profilo di uomo determinato, capace di sorvolare sulle ragioni della mediazione politica a favore del decisionismo. Le coincidenze non vanno mai sottovalutate. Trump attacca Damasco soprattutto per inviare un monito a Pechino.
Ospite del governo statunitense in Florida, il Presidente cinese è stato il vero destinatario del messaggio. Il riferimento è al nuovo equilibrio di forze che Trump chiede alla Cina. Un avvertimento forte circa la Corea del Nord, sul quale Washington la ritiene non sufficientemente attiva nel controllo e poco trasparente nelle sue intenzioni.
Quello che Trump vuole è un sostanziale reset del quadro delle relazioni con i cinesi, che comprenda la disputa sul Mar della Cina, il destino di Taiwan e, appunto, la soluzione della questione spinosa di Pyongyang. In cambio di questo offre l’apertura di relazioni commerciali prive delle logiche protezionistiche che si vorrebbero imporre al resto del mondo. L’Asia, i suoi immensi mercati, il suo ruolo geostrategico sono l’essenza della visione di politica estera della Casa Bianca e raggiungere un accordo con la Cina che veda gli Stati Uniti come dominus nell’area è il suo vero indirizzo strategico in politica estera.
Le reazioni russe all’attacco sono state dure, ma si sono fermate allo scontro politico e diplomatico, almeno per ora. Ha sospeso il memorandum con la coalizione a guida americana per la prevenzione degli incidenti e la garanzia della sicurezza dei voli ed ha annunciato che rafforzerà la difesa aerea siriana e chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu.
 
Nella valutazione di Mosca pesa la sostanza militare dell’operazione, davvero per ora assai limitata. Il bombardamento ha colpito una base militare già evacuata, nessun missile ha colpito Damasco né obiettivi politici. Si può quindi definire l’azione militare una iniziativa che, sebbene rischi di innescare conseguenze gravi – resta comunque un gesto a carattere sostanzialmente dimostrativo.
La valutazione di Putin è che l’offensiva politica e diplomatica occidentale contro Mosca tende a stroncare sul nascere il clima di dialogo tra Putin e Trump. In questo senso pur muovendo le pedine politico-diplomatiche si guarda bene dall’incrementare lo scontro, consapevole che l’obiettivo strategico è quello di riportare il dialogo con Washington ad un livello che consenta il definitivo sdoganamento di Mosca nel grande risiko internazionale.
Obiettivo però ostacolato in diversi modi e da diverse forze. Gli interessi in gioco sono enormi e vanno da quelli del Pentagono, che senza la “minaccia russa” vedrebbe una diminuzione effettiva del suo ruolo e, in conseguenza, del budget per la Difesa. Ci sono poi gli interessi europei, tedeschi in testa, che puntano al rafforzamento della tensione con Mosca utilizzando la Crimea, l’Ucraina e le accuse di ingerenze russe nelle elezioni europee.
Parigi è interessata ad uno scontro politico aperto con Putin nella speranza che nell’attuale campagna elettorale francese questo possa danneggiare Marine Le Pen, che di Putin è estimatrice, mentre alla Germania giova un clima di tensione crescente con la Russia. Nella strategia tedesca c’è l’intenzione di candidare Berlino a un ruolo di garante politico verso i paesi dell’ex Patto di Varsavia.
 
La Germania pensa in sostanza di poterne rappresentare uno scudo politico e militare, prefigurando una sorta di suo protettorato verso Est e, in questa veste, disporre di una interlocuzione esclusiva con Mosca, bypassando la stessa UE, che considera un problema e non una soluzione.
 
Vedremo quali saranno gli sviluppi nelle prossime ore. Nel frattempo si può solo registrare come l’attacco alla Siria non abbia nulla a che vedere con la sorte delle vittime, a maggior ragione in un paese dove la guerra scatenata dall’Occidente in cinque anni ha lasciato sul terreno 270.000 morti di cui 14.000 bambini e mezzo milione di profughi. E’ solo il teatro cinico ed ipocrita di una colossale fake news avente come oggetto il tentativo disperato d’invertire le sorti del campo di battaglia, nella speranza di fermare una storia già scritta, quella della sconfitta occidentale in Siria.
VENERDÌ 07 APRILE 2017 di Fabrizio Casari

Il presidente Trump, ormai ostaggio del circolo dei neocons di Washington, prepara le nuove guerre ed il nuovo caos in giro per il mondo.

US-Special-forces-in-SyriaUS. Special Forces in Siria
Le ultime dichiarazioni della ambasciatrice USA all’ONU, Nikki Haley, in cui la diplomatica ha sostenuto che “Trump vede la Russia come un problema” sono significative della conversione a 180 gradi che l’Amministrazione Trump ha fatto rispetto alle prime dichiarazioni distensive rispetto alla Russia fatte dal presidente, prima della sua nomina alla Casa Bianca. Sembrava in un primo momento che Trump e Putin avrebbero trovato una intesa sulle questioni più importanti, dall’Ucraina alla Siria, basandosi sulla volontà comune di dare la priorità alla lotta contro l’ISIS ma poi gli eventi hanno preso un’altro corso.
Il “Russia Gate”, montato ad arte dai circoli neocons e del Partito Democratico, ha avuto l’effetto di paralizzare l’azione di Trump in politica estera e bloccare qualsiasi ipotesi di riavvicinamento tra Washington e Mosca. Da ultimo si è complicata la questione siriana, nonostante le dichiarazioni fatte pochi giorni prima da Trump, di non considerare più l’allontanamento di Assad come una “priorità strategica”, Trump si è dovuto auto smentire poco dopo, dichiarando di “aver cambiato idea” su Assad.
Per una casualità (forse non tanto fortuita) è intervenuto l’attacco con armi chimiche di Khan Sheikun (Idlib) in Siria ed i suoi 74 morti accertati che hanno avuto l’effetto di ribaltare la situazione, facendo usare a Trump lo stesso linguaggio dell’odiato predecessore: “Assad ha superato “molte, moltissime, linee rosse”, ha detto ieri, interrogato sulla questione siriana. Questo mentre, al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, la Haley minacciava un intervento militare unilaterale USA in Siria contro le forze di Assad.
Non a caso gli analisti riscontrano una estrema volubilità nelle posizioni del presidente Trump, il quale non ha esperienza e competenze proprie in politica estera e per di più si trova circondato da consiglieri che hanno costruito sulla guerra le loro carriere (da Rex Tillerson a James Mattis, a Mike Pompeo).
Tutti personaggi al servizio del possente apparato militare/industriale che detta legge a Washington e che necessita di sempre nuove guerre ed interventi militari per auto alimentarsi.
La Haley ha riferito di aver mantenuto conversazioni con Trump in cui il presidente ha sostenuto di ” vedere la Russia come un problema, tutti vorrebbero ascoltare queste parole (di Trump) ma guardate le sue azioni, ha detto la Haley. La Russia conduce una politica ostile e si oppone al rafforzamento della NATO, ” mantiene una posizione intransigente sul problema della Crimea e con il suo intervento copre il regime di Assad”, ha riferito.
Le dichiarazioni della Haley danno l’impressione che lei stessa stesse cercando di ricomporre l’immagine di Trump, il quale era stato molto criticato per non avere un atteggiamento abbastanza duro con la Russia, in un momento in cui si sta indagando sulle possibili interferenze di Mosca nella campagna presidenziale.
 
Haley e Trump
Nella giornata di ieri è andato in scena lo scontro verbale al Palazzo di Vetro con Mosca che si è schierata nettamente a difesa di Assad, accusando i gruppi ribelli di produrre testate a base di armi chimiche e definendo “completamente falsi” i rapporti su cui Washington, Parigi e Londra hanno basato la bozza di risoluzione sulla strage di Khan Sheikun: al Consiglio di Sicurezza si richiedeva una risoluzione per l’apertura di un’inchiesta guidata dall’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche e, a Damasco, di collaborare fornendo informazioni sul giorno dell’attacco, sui voli degli aerei siriani e sulle loro posizioni, ecc. . La Russia si è opposta ed ha chiesto di attendere il risultato di una inchiesta sostenendo la falsità delle frettolose ricostruzioni fatte dagli USA, Francia e Gran Bretagna.
 
Tutto è stato rinviato a data da definire.
 
Secondo Washington la descrizione fatta dalla Russia è falsa: la ricostruzione del Ministero della Difesa, ha detto Haley, non sta in piedi. “Un affronto all’umanità”; ha aggiunto Trump parlando della necessità di un intervento unilaterale USA qualora l’ONU risulti paralizzato. Perché “se l’Onu non è in grado di reagire collettivamente – ha chiosato Haley – spetta ai singoli Stati farlo”.
 
Nel frattempo la guerra in Siria continua e potrebbe complicarsi ulteriormente nel caso di un maggiore intervento di USA e dei suoi alleati. Considerando tutti gli attori in campo, con le forze siriane, le forze russe e quelle iraniane ben piazzate sul territorio, allo stato dei fatti, sembra difficile prospettare una soluzione militare del problema siriano.
Fra i “cattivi consiglieri” di Trump ci sono certamente i personaggi manovrati dalla potente lobby filo Israele di Washington che da tempo non vedono l’ora di poter provocare un intervento militare statunitense in Siria per rovesciare il governo di Damasco ed attuare il vecchio progetto di balcanizzazione del paese arabo,
bloccato al momento dall’intervento russo. L’intervento miltare diretto degli USA avrebbe anche l’importante obiettivo di sgomberare il territorio siriano dalle forze dell’Iran e di Hezbollah, rendendo un grande servigio a Netanyahu. La gratitudine di Israele sarebbe assicurata per sempre all’Amministrazione di Donald Trump, e questo lo solleverebbe anche agli occhi dei neocons evitando le prossime “congiure di palazzo”.
Avanza il sospetto, che di giorno in giorno diviene una certezza, che  l’intera  questione dell’attacco chimico effettuato nella zona di Idlib sia tutta una messa in scena accuratamente predisposta dalle forze ribelli (terroristi jihadisti sostenuti dall’Occidente e dall’Arabia Saudita) per creare il pretesto di un intervento diretto USA sul campo.
Ci sono tutti gli elementi per ritenere altamente probabile la questione: dalla scenografia dei soccorsi “anomali”se si fosse trattato realmente di gas sarin, al momento preciso in cui questo si è verificato, mentre sul campo le forze siriane e russe sono vittoriose e quello di Idlib è di fatto l’ultimo baluardo dei terroristi nella regione.
Non si capisce quale avrebbe dovuto essere il vantaggio per il Governo di Assad di ricorrere ad un attacco chimico se non quello di darsi una enorme zappa sui piedi. In realtà si ritorna indietro alla situazione del 2013, quando Obama prospettava la famosa linea rossa per l’intervento USA poi fermato dall’accordo con la Russia per il trasferimento delle armi chimiche della Siria. Anche allora si ricorse ad un finto attacco con un eccidio di persone innocentiattuato dai terroristi, come poi venne dimostrato anche dal Massachusetts Institute of Technology, e persino dallo stesso segretario di Stato John Kerry, vedi: Possible Implications of Faulty US Technical Intelligence in the Damascus Nerve Agent Attack     Vedi anche: Huffingtonpost
Un eccidio fatto, allora come adesso, per colpire emozionalmente l’opinione pubblica, grazie all’apparato mediatico propagandistico di cui gli USA dispongono (dalla CNN alla Reuters, alla BBC, alla CBC, Sky News, NBC, ecc..), con menzogne costruite e diffuse in tutto il mondo, totalmente pilotate da Washington e da  Londra.
La questione più grave è quella che si dimostra come, in questo momento, il “military industrial complex” di Washington tiene in ostaggio il presidente Trump per imporre la sua agenda di guerra: possiamo quindi aspettarci una vasta scelta fra un intervento in Siria, anche a costo di un confronto con la Russia, un prossimo intervento in Ucraina per riconquistare la Crimea, un intervento aeronavale nel Mar Meridionale della Cina per fronteggiare l’espansione di Pekino, intervento in Venezuela per riportare all’ordine l’importante paese petrolifero, ed altri possibili interventi per saziare l’appetito delle grandi industrie belliche, di Wall Street e del predominio del dollaro nel mondo.
Cambiano gli “imperatori” ma la logica dell’Impero rimane la stessa. Apr 06, 2017
di  Luciano Lago

Putin avverte Netanyahu

Netanyahu-con-PutinNetanyahu con Putin
Il presidente russo Vladimir Putin  ha qualificato  come “inaccettabili” le accuse infondate contro la Siria per il presunto attacco chimico avvenuto ad Idlib.
“Putin ha sottolineato la inaccettabilità di lanciare accuse infondate contro qualsiasi persona prima di realizzare una indagine internazionale seria, esaustiva ed imparziale”, così ha comunicato questo Giovedì il Cremlino.
 
Per mezzo di una nota ufficiale cica il contatto telefonico avuto dal dignitario russo con il primo ministro israeliano, Benyamin Netanyahu, la Presidenza russa sottolinea il rifiuto di Putin delle accuse senza prove sulla implicazione di Damasco nel recente attacco chimico lanciato nella provincia nord occidentale di Idlib.
A giudizio del capo di Governo di Mosca, aggiunge la nota, “l’incidente con armi chimiche sul suolo siriano necessita di essere indagato in forma giusta ed obiettiva, visto che da parte siriana, si era sempre avvertito dei possibili attacchi chimici dei terroristi presenti nel paese arabo.
La Siria aveva informato il Martedì di un incidente chimico avvenuto nella città di Jan Sheijun, le cui conseguenze  erano  state la morte di 80 persone, inclusi 30 bambini, che avevano perso la vita e più di cento persone risultate ferite.
Immediatamente da parte occidentale si è dato inizio ad una campagna contro il Governo siriano di Bashar al-Assad, accusato di essere l’autore dell’attentato, omettendo il fatto dell’evacuazione già avvenuta di di tutti gli arsenali chimici a suo tempo detenuti da Damasco, già da anni.
Seguendo il modello della propaganda, il ministro israelinao della Difesa, Avigdor Lieberman, ha dichiarato di essere sicuro al 100 % che il presidente Al-Assad ha ordinato direttamente il presunto attacco chimico a Idlib.
Nel frattempo il ministro degli Esteri della Siria, Walid al-Moalem, ha messo bene in chiaro che il Governo siriano non ha mai fatto uso di armi chimiche nè contro il proprio popolo e tanto meno contro i suoi bambini, e neppure contro i terroristi che hanno ucciso il suo popolo.
 
Nota: La telefonata di avvertimento a Netanyahu fatta da Putin non è fatta  a caso ma in quanto il presidente russo sa bene che Israele è molto probabilmente la mente che ha orchestrato tutta la provocazione dell’attacco chimico a Idlib  per dare il pretesto al Presidente Trump di un intervento diretto  in Siria, a cui si accoderebbe Israele nel tentativo di allontanare la presenza iraniana all’interno della Siria che Tel Aviv considera una “grave minaccia”.
Netanyahu è avvisato che anche Israele dovrebbe pagare un prezzo, un duro prezzo, nel caso di un suo intervento in Siria dove stazionano le truppe russe e dove Mosca ha posizionato mezzi di difesa e di attacco  che potrebbero essere rivolti contro Israele, in caso di una aggressione improvvisa  e combinata delle forze di  USA-Israele.
Fonte: Hispan Tv – Apr 06, 2017
Traduzione e nota: L.Lago

Adesso anche il CNR inizia ad avere dubbi sulle “HARMI KIMIKEH DI HAZZAD”!

real-sarin-fake-sarinLe immagini fake del gas sarin in Siria
Userei una certa cautela nell’affermare che nell’attacco chimico avvenuto oggi in Siria è stato utilizzato il gas Sarin”. Ad affermarlo, l’esperto di armi chimiche Matteo Guidotti, dell’Istituto di Scienze e Tecnologie molecolari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Istm-Cnr).
“Ho già visto in passato immagini e video di persone colpite con il Sarin e i segni erano molto più evidenti – spiega Guidotti -: i corpi sono madidi di sudore, lacrime, saliva ma soprattutto escrementi. I soggetti intossicati generalmente vengono colpiti da fortissime convulsioni. E dai video diffusi localmente non si vede tutto questo”.
“Ma i dubbi maggiori vengono – dice ancora il ricercatore – dalla disinvoltura con cui gli operatori sanitari maneggiano i corpi delle vittime. Molti sono senza guanti e non indossano neanche le mascherine. C’è una serie di protocolli da rispettare per evitare che anche i soccorritori vengano contaminati dall’agente tossico”.
Il fatto è che è in atto una guerra di immagini con cui si fa propaganda – ha aggiunto – per cui bisogna avere molta cautela. Basti pensare all’effetto mediatico che un attacco chimico può avere rispetto a un attacco normale”.
Pubblicato da Suleiman Kahani – Apr 05, 2017

Gas nervino, attentati e dissidenti: cosa li unisce?

white helmets fakeCosa unisce il gas nervino usato in un villaggio del Governatorato di Idlib in Siria, un attentato (e un altro fallito) alla metropolitana di Pietroburgo e una serie d’improvvise manifestazioni di dissidenti in Russia e Bielorussia? Francamente dietrologie e complottismi non ci appassionano, il più delle volte nascondono bufale colossali o depistaggi, ma nella sequenza che abbiamo elencato la logica c’è, eccome.
Gas nervino attentati e dissidenti cosa li unisce
Atto primo: il 26 marzo, in circa ottanta città della Russia si sono tenuti cortei e manifestazioni, tutti rigorosamente non autorizzati ma nella gran parte con la copertura dei media occidentali presenti al gran completo per dargli risonanza. A dirla tutta, fra i partecipanti, nella massima parte giovanissimi, diversi hanno dichiarato d’aver ricevuto un cospicuo “gettone di presenza”.
Ad ispirare gli eventi sarebbe stato Aleksej Navalny, un avvocato dissidente che sfrutta il web, nei fatti con un mediocre seguito popolare (i suoi ripetuti tentativi elettorali sono stati dei flop imbarazzanti) ed un curriculum politico singolare: ha spaziato dai nazionalisti fascisti ai tecnocrati filo occidentali dichiaratamente iperliberisti. Un soggetto fatto per stare sotto i riflettori, e ciò malgrado zeppo d’ombre: la sua Fondazione ha almeno 30 impiegati fissi e raccoglie notizie di prima mano (anche riservate) su tutto e tutti; pensare che si finanzi con le donazioni dei militanti è una panzana che solo chi è in malafede può sostenere di bersi.
Sia come sia, gli eventi e il fermo di Navalny (con tanto di post con selfie mentre attendeva di apparire dinanzi al giudice per manifestazione non autorizzata) che in Russia hanno riscosso un’attenzione assai limitata, sono stati su tutte le prime pagine dei media occidentali come notizia “clamorosa”. A completare la sceneggiatura, quasi in contemporanea, sono andate in scena proteste a Minsk e alcune altre città della Bielorussia, che avevano per obiettivo Lukasenko, eterno Presidente alleato di Putin.
Atto secondo: due giorni fa, in una carrozza della metropolitana di Pietroburgo, un attacco suicida compiuto da un kirghiso di 22 anni, cittadino russo, ha provocato sinora 14 morti e una sessantina di feriti, di cui una decina gravi. L’ordigno, da due a trecento grammi di esplosivo potenziato da biglie e frammenti di ferro, è stato fatto esplodere lo stesso giorno in cui Putin era nella città per incontrarsi con Lukasenko. Un secondo ordigno, più potente e piazzato nella stazione di Vosstanya, non sarebbe esploso.
 
L’Fsb (il Servizio russo) batte la pista del terrorismo internazionale anche per la provenienza del giovane, la Valle di Fergana, patria di un’infinità di foreign fighters. Nella sostanza, l’attacco può essere interpretato in molti modi: vendetta per l’impegno russo in Siria o ritorno del terrorismo caucasico, mai del tutto sopito e che sta dando segnali di vitalità, anche per il ritorno di centinaia di foreign fighters partiti per il Siraq; tuttavia, l’attentato in una città mai colpita dal terrorismo tocca un aspetto fondamentale del patto fra i Russi e il loro Presidente: la sicurezza ormai da anni garantita dopo la guerra feroce che ha distrutto le cellule cecene e daghestane.
Sia come sia, la narrazione fatta dai media occidentali dei due fatti, parla in maniera stucchevolmente unanime di un Putin in difficoltà dinanzi al ritorno dell’opposizione (che non c’è) e indebolito per l’attacco portato dal terrorismo alla sua città.
Atto terzo: appena dopo l’attentato terroristico, i media globali, con in testa al-Jazeera ed al-Arabiya a cui si sono accodate tutte le agenzie, hanno sparato la notizia di un raid aereo con gas nervino a Khan Sheikhoum, un piccolo villaggio siriano nel Governatorato di Idlib; a tutt’ora si parla di almeno 74 morti e molti altri feriti.
Testimoni del bombardamento al gas nervino sarebbero stati gli immancabili “white elmets”, i caschi bianchi sin qui distintisi per faziosità, essere al soldo di chi i terroristi li foraggia e raccontare balle spettacolari (vedi le fenomenali corbellerie dispensate al tempo della battaglia per Aleppo), e quel sedicente Osservatorio siriano per i diritti umani con sede a Londra, che non è altro che una cassa di risonanza di “ribelli” e qaedisti pilotata da Servizi occidentali.
 
Per il circo mediatico, il fatto che un attacco isolato contro un villaggetto non abbia alcuna valenza militare, che l’abitato fosse controllato da al-Nusra (che i gas nervini forniti da Turchi e occidentali li ha usati più volte sia pur nel più completo disinteresse della comunità internazionale), che nel villaggio fosse stato segnalato un deposito dei qaedisti, non ha alcuna importanza.
 
Si è giunti a risparare in prima pagina la strage causata da gas nervino nel sobborgo damasceno di Ghouta nel 2013, continuando in perfetta malafede ad attribuirla al Governo siriano quando è arcinoto da tempo, con tanto di prove e dichiarazioni, che fu opera dei “ribelli” con l’auto di Cia ed altri Servizi.
 
Sia come sia, in tutto il pianeta si urla contro Al-Assad, nel migliore dei casi definito un macellaio, e contro Putin che ne coprirebbe i crimini. E vedi caso, tutto ciò accade appena dopo che Washington e Bruxelles avevano lasciato cadere la vecchia pregiudiziale contro il Presidente siriano, facendo intravedere spiragli di normalizzazione dei rapporti, e appena prima la Conferenza per il sostegno al futuro della Siria, organizzata dalla Ue insieme all’Onu. E vedi caso ancora, mentre il Presidente russo, il principale alleato politico della Siria, viene descritto in difficoltà (che non esiste).
 
Se poi aggiungiamo l’ossessiva campagna investigativa e mediatica, che ha di fatto paralizzato il tentativo della goffa quanto sprovveduta Amministrazione Trump di operare un “reset” sui rapporti con la Russia, archiviando una contrapposizione alimentata ad arte, abbiamo il quadro completo; il quadro di un’offensiva condotta dai centri di potere che non si rassegnano alla sconfitta in Medio Oriente ed Europa.
 
Centri di potere, che sulla contrapposizione con la Russia e il mantenimento degli antichi equilibri nel Levante basano enormi interessi. Del resto, sarebbe ingenuo che possano accettare un radicale ridimensionamento senza tentare il tutto per tutto fino alla fine, come del resto stanno facendo.
Tentativi d’indebolire Putin e i suoi alleati, come pure di confondere le carte sulla scena mediorientale sono in atto e ce ne saranno ancora, purtroppo, come la tragedia del gas nervino dimostra; resta il fatto che i processi avviati sono ormai troppo avanti perché qualcuno possa pensare di fermare la Storia.
Apr 06, 2017 Gas nervino ed attentati  di Salvo Ardizzone

“Raid USA coinciso con offensiva dell’ISIS contro esercito siriano”

nave usasotto Ministero Difesa russo: solo 23 missili su 59 hanno colpito la base militare siriana 
07.04.2017
I terroristi dello “Stato Islamico” hanno attaccato le posizioni dell’esercito siriano sulla strada Homs-Palmira contemporaneamente all’attacco missilistico contro la base aerea di Shayrat nella provincia orientale di Homs, ha riferito una fonte a RIA Novosti.
“E’ una coincidenza che i terroristi dell’ISIS hanno attaccato le posizioni delle forze governative siriane sulla strada Homs-Palmira in concomitanza con l’attacco americano contro la base di Shayrat?” — si chiede l’interlocutore dell’agenzia.
Secondo la fonte siriana, i terroristi hanno iniziato il loro assalto sulla strada Homs-Shayrat alle 2 di notte e occupato per più di un’ora la zona, fino a quando le truppe governative non hanno inviato rinforzi. Ora l’esercito è riuscito a respingere gli islamisti nel deserto.
Il governatore della provincia di Homs aveva riferito in precedenza a RIA Novosti che la base di Shayrat, situata ad est della provincia, è il punto d’appoggio più importante per le battaglie dell’esercito siriano contro i terroristi nella zona, anche in direzione di Palmira.
Questa notte gli Stati Uniti hanno bombardato la base militare siriana di Shayrat con 59 missili da crociera Tomahawk. Donald Trump ha motivato il bombardamento in risposta all’attacco con armi chimiche nella provincia di Idlib, di cui accusa le forze governative siriane.
 
Le vittime del raid americano, secondo i dati più recenti, sono 5, mentre i feriti sono 7.
Il Pentagono ha riferito di aver cercato di “ridurre al minimo il rischio per il personale della base”, compresi i militari russi che si trovano nella struttura siriana.
A Mosca considerano le azioni di Washington come un’aggressione contro uno Stato sovrano. Secondo il presidente Vladimir Putin, il raid è stato compiuto sotto falsi pretesti.
Ministero Difesa russo: solo 23 missili su 59 hanno colpito la base militare siriana
07.04.2017
Solo 23 missili da crociera delle navi americane hanno raggiunto la base siriana di Shayrat, la sorte degli altri 36 è sconosciuta, ha dichiarato durante una conferenza stampa il portavoce del ministero della Difesa russo, il generale Igor Konashenkov.
“Il 7 aprile dalle 3.42 alle 3.56 dell’orario di Mosca (in Italia dalle 2.42 alle 2.56) dal Mar Mediterraneo a largo di Creta 2 cacciatorpedinieri della Marina americana (“Ross” e “Porter”) hanno sparato 59 missili da crociera “Tomahawk” contro la base aerea siriana di Shayrat (provincia di Homs). Secondo mezzi russi di controllo oggettivo, hanno colpito la struttura militare siriana 23 missili. Non si sa dove siano caduti i restanti 36 missili”, — ha detto.
Konashenkov ha specificato che a seguito del raid è stato distrutto un deposito con mezzi tecnici, un centro d’addestramento, una mensa e 6 hangar per le riparazioni dei caccia MiG-23, così come una stazione radar.