Cagliari, choc nei parcheggi di Terramaini: “Uno straniero ha cercato di violentarmi”

Una 52enne aggredita da un uomo dopo essere entrata nella sua automobile. Interminabili minuti di terrore: “Mi ha graffiato e mi ha messo le mani sul seno e sulle cosce. Ha provato a baciarmi, lasciandomi saliva sulla faccia. Da quel giorno ho ansia e difficoltà…
È entrata nella sua auto, parcheggiata in via Vesalio, dopo essersi allenata, in gruppo, dentro il parco. Il tempo di sedersi al posto di guida, poi l’inaspettato rumore dello sportello del lato passeggero che si apre: “Da quel momento è iniziato il mio inferno”. Elena, 52enne residente in un piccolo Comune dell’Area vasta cagliaritana e lavoratrice in una struttura sanitaria di Cagliari, porta ancora i traumi – non tutti visibili – di una bruttissima aggressione, avvenuta il 2 ottobre scorso. Le foto dei lividi alle gambe, alle cosce e al seno sono allegate alla denuncia che ha presentato, una settimana più tardi, alla questura. La foto del suo volto preferisce non mostrarla: “Ho ancora molta paura”. Cinque pagine, quelle col timbro della questura cagliaritana, dalle quali emerge, stando al racconto fatto dalla donna, qualcosa che può avere un solo nome: “Tentata violenza.
 
Un ragazzo dalla pelle scura mi ha aggredita, mettendomi le sue mani sulle spalle e tirandomi verso di lui, tentando di baciarmi. Ho provato a divincolarmi, ma lui ha iniziato ad allungare le mani sul mio corpo in maniera ossessiva. Ne ha infilata una nei miei pantaloni”, racconta Elena, “sono riuscita a respingerlo e ne ha infilata un’altra sotto la maglia, riuscendo a spostare il corpetto e arrivando a uno dei miei seni, stringendolo con violenza”.
Un’aggressione choccante, quella subita da Elena, che oggi, fortunatamente, può raccontare: “L’aggressore aveva un bracciale con delle catenine, mentre tentava di palparmi mi ha pure graffiata. Sono riuscita a dargli dei colpi di bottiglia sulla testa e un calcio sul fianco, lui a quel punto è fuggito. Sotto choc e piena di lividi sono rientrata a casa, e solo una settimana dopo ho deciso di presentare la denuncia”. Tra le pagine della denuncia, emerge anche il fatto che Elena non ha potuto contare sull’aiuto di nessuno: “Il parco era ancora molto frequentato, una donna con un passeggino e un ragazzo che stava correndo con le cuffiette nelle orecchie sono passati accanto all’auto ma non si sono fermati”. I segni visibili dell’aggressione sono tanti: “Lividi e forti dolori al seno sinistro, al torace, alle spalle, alle braccia e alle gambe, in particolare nelle zone dell’inguine, dell’interno e dell’esterno coscia. Il medico ha rilevato lesioni anche al collo, su una delle spalle e varie ecchimosi”. I segni “non visibili” dell’aggressione? “Ansia e terrore, all’inizio. Da quel maledetto giorno ho difficoltà a mangiare e dormire e ho paura a rimanere sola”.
La 52enne, a quattro mesi e mezzo da quella serata di follia, si sente di dare un consiglio, a tutte le donne, purtroppo basata della sua esperienza diretta: “Appena si entra in auto bisogna subito inserire la sicura, e stare sempre attente a chi c’è intorno. Prima di salire bisogna assicurarsi che non ci sia nessuno di sospetto. Questo è ciò che ho imparato sulla mia pelle”.
Ultima modifica: 21 febbraio 2018
 
Di Paolo Rapeanu 20 febbraio 2018

Ritual KillersYoung lady murdered, heart, intestines removed (Very Graphic Photo)

ritual murderAnother young lady has fallen a victim of ritual killers as she was murdered and her heart and intestines removed.

Published: 29.02.2016 Isaac Dachen

The body of the murdered girl

The quest for money, wealth and power seems to have overtaken the reasoning of many people in this age as they can go to any length to get what they want, including killing their fellow human beings.

Read More: “Desperation: Body of young lady allegedly murdered for money ritual found in Port Harcourt (Graphic Photo)”

This was the case with these very disturbing photographs that were shared on Twitter over the weekend by a usere with the name Aliyu Kwarbai, where an an unfortunate young lady fell a victim of the mindless killers who murdered her, ripped open her stomach and removed the intestines as well as her heart which was also removed.

Read More: “Rituals: 2 more female corpses found in Ikorodu”

The gory incident was said to have happened in a community in the eastern part of Nigeria.

See the tweet here.

Pamela, la pista che porta ai crimini rituali nigeriani

Pamela organi mangiatiC’è un quarto indagato, a piede libero, nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Pamela. E una pista – che per la procura non è quella privilegiata – che potrebbe collegare lo scempio sul corpo della ragazza a crimini tribali diffusi nei villaggi nigeriani.

Il quarto indagato è un rifugiato 40enne – anche lui nigeriano – che era in contatto telefonico con uno degli arrestati, Innocent Oseghale. E’ stato sentito tra venerdì e sabato dai carabinieri di Macerata. «Al momento non risulta coinvolto nel delitto – dice il procuratore Giovanni Giorgio – e ha reso dichiarazioni significative a conforto della tesi accusatoria». Per questo non è stato fermato, ma su di lui proseguono gli accertamenti.

LA PROCURA
La procura ha disposto rilievi sulle impronte palmari e plantari, mentre un tecnico farà una perizia sul suo cellulare, che la sera del 30 gennaio ha incrociato quello Oseghale, pusher 29enne ex rifugiato, che viveva nella casa dell’orrore di via Spalato, a Macerata. Oseghale è stato arrestato per omicidio, vilipendio ed occultamento di cadavere con Desmond Lucky, 22 anni, cui lo lega da ben 483 telefonate negli ultimi due mesi, e al terzo richiedente asilo Lucky Awelima, 27 anni, residente in un hotel di Montecassiano, preso alla stazione di Milano mentre stava scappando in Svizzera con la moglie. Per Lucky e Awelima oggi udirnza di convalida in carcere.

LE ACCUSE
Sono accusati di aver ucciso e smembrato il corpo minuto di Pamela Mastropietro, la diciottenne romana scappata dalla comunità terapeutica Pars di Corridonia, in provincia di Macerata, dove era in cura per problemi psicologici e dipendenza. I resti sezionati sono stati abbandonati sul ciglio della strada a Casette Verdini di Pollenza, davanti a una villa, in una zona in cui i residenti fanno jogging. «In questa vicenda molte cose non tornano – dice l’avvocato Gianfranco Borgani, che difende Desmond Lucky – la dissezione è stata fatta da persona esperta, la pulizia della casa e del corpo è molto accurata, perché allora lasciare a vista i trolley? Perché non gettarli sotto un ponte?». Forse qualcuno doveva prenderli e portarli via? «Potrebbe essere, forse siamo di fronte a una sorta di rito, dietro c’è qualcuno il cui nome non è ancora emerso, una persona pericolosa per gli indagati, magari hanno paura anche di ritorsioni verso in parenti in Nigeria e per questo non parlano».
In Nigeria, specie nel sud, rapimenti e delitti per smembrare e vendere parti di arti o organi sono ben descritti in saggi, ricerche e indagini giornalistiche.

Si descrivono azioni atroci che vedono coinvolti «bambini, disabili, donne» e, nella convinzione comune, tali azioni accrescerebbero «la forza», «il potere», sarebbero legate «al soprannaturale». I resti servirebbero anche per la preparazione di «pozioni di ricchezza rapida» e per essere ceduti a «committenti» ed «erboristi che preparano le pozioni». Molto è descritto in un rapporto dell’Ufficio immigrazione e rifugiati in Canada, pubblicato nel 2012 e presente sul sito del Unhcr, dal titolo: «Nigeria: diffusione di omicidi rituali e sacrifici umani». Altra pratica, sempre in alcune parti dell’Africa, è la veglia dei cadaveri per evitare smembramenti e furti di organi per farne talismani.

C’è una pista rituale nel caso di Pamela? «Ne hanno parlato autorevoli opinionisti, non mi sento di escluderla» dice Marco Valerio Verni, zio di Pamela e legale della famiglia. «Tesi suggestiva – dicono in Procura – ma al momento non abbiamo conferme». Di sicuro i tre vengono da zone dove la pratica esiste e, forse per disfarsi del cadavere, hanno praticato uno scempio che conoscevano nelle sue modalità.

Ieri i Ris sono tornati nell’attico di via Spalato per un sopralluogo in soggiorno, dove Pamela sarebbe stata uccisa, e in terrazzo dove è stata lavata con la candeggina (sul bancone c’è un tombino e un tubo per l’acqua). di Rosalba Emiliozzi
Martedì 13 Febbraio 2018 – Ultimo aggiornamento: 14-02-2018 08:38

http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/macerata_pamela_mastropietro_omicidio_rituali_nigeriani-3544413.html

GUS Accoglienza, la Onlus antifascista che fattura milioni

2015, la protesta dei richiedenti asilo del Gus davanti alla Prefettura di Macerata

2015, la protesta dei richiedenti asilo del Gus davanti alla Prefettura di Macerata

UNA MULTINAZIONALE PRATICAMENTE. Chissà quanti di questi milioni sono stati stanziati per i 10 MILIONI DI ITALIANI SOTTO LA SOGLIA DI POVERTA’

“Noi la rendicontazione la facciamo direttamente al Ministero dell’Interno”,

Ah strano in una intervista del luglio 2017 dicevano che i bilanci erano pubblici

“Come si legge dal bilancio pubblicato sul sito della onlus, tra le entrate del Gus ci sono nove milioni di euro di crediti dalle prefetture e altri sette milioni di crediti dal sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Il bilancio è cresciuto progressivamente negli anni, man mano che l’associazione vinceva bandi pubblici, soprattutto per l’accoglienza agli immigrati che segue per 24 Comuni italiani, ma anche per la gestione delle emergenze dall’Emilia all’Abruzzo per il terremoto, e i progetti di sostegno al disagio: tante iniziative, che hanno portato la onlus guidata Paolo Bernabucci anche all’estero, in Nepal, in Sri Lanka e poi altrove fonte IL RESTO DEL CARLINO

VIDEO Gus, Ia Onlus antifascista che fattura milioni

Accoglienza, la Onlus antifascista che fattura milioni

La terribile vicenda di Macerata ha riaperto la questione relativa al business dell’accoglienza. E il quadro è inquietante. Tanti hanno taciuto, altrettanti hanno lucrato sui migranti e sulle tasche dei cittadini in barba alla trasparenza.
 
Esageriamo? Guardate questo servizio di Matrix del 14 febbraio 2018 sul Gus, Onlus “antifascista” che fattura milioni…

FONTE

44 milioni di euro: ecco quanto frutta l’accoglienza all’Onlus di Macerata

Innocent Oseghale era uno dei richiedenti asilo della Onlus Gus. Il quotidiano La Verità è andato a spulciare i bilanci ed ha scoperto che…

“Noi la rendicontazione la facciamo direttamente al Ministero dell’Interno”,

PROSEGUE AL LINK DOVE VI SONO SCREENSHOT DEI GIORNALI LOCALI che già “indagavano” su questa Onlus che i “giornaloni che contano” si sono guardati bene dal riprendere

Pamela, sepolta dal cinismo di media e politica

pamela mastropietroC’è qualcuno a cui interessa davvero di Pamela Mastropietro? Della sua vita, del suo destino, del dolore dei suoi genitori? Una ragazza di appena 18 anni, dapprima caduta nel tunnel della droga, ora barbaramente, selvaggiamente uccisa a Macerata, probabilmente dopo essere stata violentata, e il suo corpo smembrato. Per il suo omicidio è stato arrestato un giovane nigeriano, Innocent Osenghale; le prove a suo carico, da quel che si legge, sembrano schiaccianti.
Ma è proprio a questo punto che si cominciano a perdere le tracce di Pamela sui media e anche nella politica. Perché le circostanze e l’autore dell’omicidio danno il via al solito squallido teatrino ideologico. Per i nostri media laicisti sembra proprio che l’omicidio di Pamela (curiosamente in questa circostanza nessuno usa la parola “femminicidio”) sia un po’ meno grave visto che a commetterlo è un immigrato africano.
Certo, c’è anche chi ne approfitta un po’ per alimentare la propria campagna elettorale in chiave anti-immigrazionista; certo, di omicidi efferati ne commettono anche gli italiani, ma accusare di razzismo e xenofobia chiunque fa notare l’anomalia e l’inaccettabilità della presenza di un immigrato senza permesso di soggiorno che vive indisturbato in un piccolo centro e ancora più indisturbato nello stesso piccolo centro spaccia droga, è semplicemente folle.
Non è un caso isolato, purtroppo: di casi di cronaca nera provocati da immigrati nelle stesse condizioni ne abbiamo registrati già diversi, ed è solo la punta di un iceberg: chiunque può vedere gruppi più o meno grandi di immigrati irregolari che vagano per città piccole e grandi facendo nulla o anche spacciando droga. E se la gente non si sente sicura, ha paura, non è per xenofobia o per razzismo.
Ma poi, su una situazione già avvelenata e in cui Pamela, il suo corpo smembrato, è già sullo sfondo, ecco arrivare un altro giovane, Luca Traini, decisamente border-line e forse anche oltre, che decide di tentare una strage di immigrati sparando dalla sua auto. Alla fine il bilancio è di sei feriti. Non c’è nulla al momento che faccia pensare all’azione di un qualche gruppo estremista, sembra proprio l’atto di uno psico-labile esaltato dall’omicidio commesso pochi giorni prima. Ma ecco che a questo punto Pamela sparisce completamente dalla vista; dalle più alte cariche dello Stato all’ultimo degli opinionisti diventa tutto un allarme-razzismo, proclami che sfiorano il ridicolo, la chiamata alla mobilitazione anti-fascista. E non parliamo neanche dei deliri dello scrittore Roberto Saviano. Dai media i sei immigrati feriti vengono subito coccolati ed esaltati, della ragazza fatta a pezzi e messa in due valigie non c’è più traccia.
 
In realtà non interessa a nessuno neanche della storia e della realtà che vivono i sei immigrati feriti, tutto e tutti diventano pretesto per le diverse battaglie politiche e ideologiche. E quindi, esaurita la forza propulsiva della cronaca, si dimenticherà anche questo caso senza che nulla sia stato fatto almeno per minimizzare le condizioni che possono portare a queste tragedie: lo spaccio e il consumo di droga, l’immigrazione senza controllo e le attività illecite degli immigrati. Almeno fino al prossimo caso, quando le reciproche indignazioni si riaffronteranno ancora sopra qualche altro cadavere.
Per quel che ci riguarda, il nostro pensiero torna a Pamela, a una vita di 18 anni stroncata dal vuoto esistenziale riempito con le droghe e dalla violenza di un uomo che non sarebbe neanche dovuto essere lì. Per lei ora possiamo solo pregare per la sua anima – in ogni caso l’aiuto più grande che chiunque può darle -, ma molto altro c’è da fare per evitare che accadano altre tragedie di questo genere.
 
Riccardo Cascioli 05-02-2018

“Tornate a casa vostra”. Quando la sinistra sputava sui profughi istriani

i moralmente superiori approvano certi genocidi. Gli sfregi ai monumenti in ricordo delle norma cossettovittime delle foibe sono continui, si parla di vittime civili, i negazionisti dei gulak a conferma di quanto i tolleranti democratici siano “aperti” versole altrui idee. E’ scomodo ricordare che anche coloro che si ersero dalla parte giusta della storia commettevano gli stessi crimini che si imputano a quelli dalla parte sbagliata della storia? Nella foto la stele  a Norma Cossetto, stuprata e infoibata dai partigiani di Tito

esulegiuliana“Tornate a casa vostra”. Quando la sinistra sputava sui profughi istriani

Il Pci non conobbe la parola “accoglienza”. Per gli italiani di Pola e Fiume solo odio. L’Unità scriveva: “Non meritano la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci il pane”
“Poi una mattina, mentre attraversavamo piazza Venezia per andare a mangiare alla mensa dei poveri, ci trovammo circondati da qualche centinaio di persone che manifestavano.
Da un lato della strada un gruppo gridava: ‘Fuori i fascisti da Trieste’, ‘Viva il comunismo e la libertà’ sventolando bandiere rosse e innalzando striscioni che osannavano Stalin, Tito e Togliatti”. Stefano Zecchi, nel suo romanzo sugli esuli istriani (Quando ci batteva forte il cuore), racconta così il benvenuto del Pci agli italiani che abbandonarono la Jugoslavia per trovare ostilità in Italia. Quella che fino a pochi attimi prima era la loro Patria.
 
Quando alla fine della seconda guerra mondiale, il 10 febbraio 1947, l’Italia firmò il trattato di pace che consegnava le terre dell’Istria e della Dalmazia alla Jugoslavia di Tito, la sinistra non conobbe la parola ‘accoglienza’. Tutt’altro. Si scaglio con rabbia e ferocia contro quei “clandestini” che avevano osato lasciare il paradiso comunista.
Trecentocinquantamila profughi istriani e dalmati. Trecentocinquantamila italiani che la sinistra ha trattato come invasori, come traditori. Ad attenderli nei porti di Bari e Venezia c’erano sì i comunisti, ma per dedicargli insulti, fischi e sputi. A Bologna invece per evitare che il treno con gli esuli si fermasse, i ferrovieri minacciarono uno sciopero. E poi roversciarono il latte raccolto per le donne e i bambini affamati.
 
Ecco. Bisogna dire che Giorgio Napolitano ha ragione: il Pd è l’erede del Pci. Ma oggi la sinistra italiana, che di quella storia è figlia legittima, dimentica gli orrori del febbraio del ’47. Ora si cosparge il capo di cenere e chiede a gran voce che l’Italia apra le porte a tutti i migranti del mondo. Predica l’acccoglienza verso lo straniero che considera un fratello, quando per anni ha considerato stranieri i suoi fratelli. Ma gli unici profughi che la sinistra italiana ha rigettato con violenza erano italiani. Istriani e Dalmati.
 
“Sono comunisti. Gridano ‘fascisti’ a quella povera gente che scende dalla motonave (…). Urlano di ritornare da dove sono venuti”, ricorda Zecchi. Non sono le parole di Matteo Salvini. “Tornate da dove siete venuti” era lo slogan del Partito Comunista di Napolitano, Violante, D’Alema, Berlinguer e Veltroni.
L’Unità, nell’edizione del 30 novembre 1946, scriveva: “Ancora si parla di ‘profughi’: altre le persone, altri i termini del dramma. Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città. Non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall’alito di libertà che precedeva o coincideva con l’avanzata degli eserciti liberatori. I gerarchi, i briganti neri, i profittatori che hanno trovato rifugio nelle città e vi sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla delinquenza comune, non meritano davvero la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi”.
 
Oggi invocano l’asilo per tutti. Si commuovono alla foto del bambino riverso sulla spiaggia. Lo pubblicano in prima pagina. Dedicano attenzione sempre e solo a chi viene da lontano. Agli italiani, invece, a coloro che lasciatono Pola, Fiume e le loro case per rimanere italiani, la sinistra riservò solo odio. Lo stesso che gli permise di nascondere gli orrori delle Foibe.
 
“Non dovevamo dimenticare che eravamo clandestini, anche se eravamo italiani in Italia”
Giuseppe De Lorenzo – Gio, 10/09/2015

Confermato: gli Emirati Arabi finanziano il traffico umano per fare pressione sull’Europa


Feb 07, 2018
 
Migranti nei centri in Libia
 
Un alto funzionario dell’Ufficio di Immigrazione della Libia ha informato questo martedì che gli Emirati Arabi Uniti (EAU) sostengono e finanziano il traffico umano di migranti dall’Africa verso l’Europa per utilizzare queste persone come strumento di pressione contro i paesi europei a proprio beneficio.
 
Senza entrare in dettagli il funzionario ha riferito chegli Emirati Arabi Uniti non hanno una stretta relazione diretta con i commercianti e trafficanti ma offrono soltanto appoggio finanziario al traffico umano per motivi politici”.
L’ufficiale libico, che ha voluto mantenere l’anonimato, basa le sue accuse sulle testimonianze rilasciate dai migranti che si trovano nel centro per i rifugiati alloggiati ion Libia, ed ha precisato che gli Emirati stanno equipaggiando i trafficanti con nuovi veicoli in grado di muioversi agevolmente in aree desertiche, li riforniscono di armi ed aiutano i principali trafficanti a fuggire dopo aver portato a termine i loro viaggi.
Migranti in arrivo su coste italiane
 
Circa le motivazioni che spingono Abi Dabi a sostenere questo traffico, la fonte assicura che si tratta di motivazioni politiche, presumendo che gli emirati promuovono le migrazioni di cittadini africani verso l’Europa per utilizzrli come leva di pressione contro i paesi europei e materializzare così i propri obiettivi politici. E’ noto che gli Emirati sono un paese satellite dell’Arabia Saudita e che questa potenza favorisce l’emigrazione di grandi masse islamiche verso l’Europa dove sono in azione gli iman, formati in Arabia Saudita, per diffondere l’ideologia religiosa wahabita e salafita che è quella vigente a Rijad e nei paesi del Golfo.
Tuttavia lo stesso funzionario spiega che gli Emirati non sono il solo paese implicato nel traffico umano, visto che tale traffico è agevolato anche da gruppi che si trovano in Libia, da altre organizzazioni che sono nel Sudan e nella Nigeria, per quanto le motivazioni di alcuni e di altri non sono le medesime. Allo stesso tempo il funzionario ha segnalato che tra i favoreggiatori e complici del traffico ci sarebbe anche una influente tribù dell’Eritrea.
 
L’Europa, dal Gennaio del 2015, assiste ad un massiccio afflusso di migranti dai paesi africani e dal Medio Oriente, la maggioranza dei quali mettono a rischio la loro vita attraversando il mare dalla Libia verso le coste dell’Italia. Un numero imprecisato di questi migranti ha perso la vita durante il trasferimento in mare.
 
Vari gruppi di difensori dei Diritti Umani, come Amnesty International, hanno criticato la gestione di questo fenomeno fatta dall’Unione Europea.
Fonte: Hispantv
Traduzione: Luciano Lago

Microcredito e migrazioni di massa: la finanziarizzazione della disperazione

migration loanMolto interessante. Dove trovi 6000 dollari se sei in un paese povero, per di più in guerra? Per i senzatetto italiani nessun LOAN. Per i disoccupati italiani nessun Loan, solo cartelle di Equitalia.
ED ECCO UN ALTRO TASSELLO DI MAFIA CAPITALE INTERNATIONAL, CHIARO PERCHE’ OGNI OBIEZIONE SIA DA CENSURARE E REPRIMERE?? SOLDI, anche se la chiamano solidarietà

È una domanda che tutti, almeno una volta, ci siamo posti: chi finanzia i costosi viaggi della morte che spingono migliaia di disperati su imbarcazioni di fortuna, tra mille peripezie e l’incognita dell’approdo?
 
Molti giornalisti si sono impegnati nella ricostruzione dei calvari degli emigranti per arrivare al porto di partenza, delle condizioni schiavistiche cui sono sottoposti dalla criminalità locale. Ma rimane irrisolto il tassello iniziale di queste tragiche diaspore, ossia la disponibilità di somme di denaro ragguardevoli, esorbitanti se rapportate al tenore di vita locale, per intraprendere il viaggio. Le inchieste in merito sono limitate e le nostre domande cadono nel vuoto.
Nel cercare di comprendere questo enigmatico fenomeno ci viene in aiuto uno studio condotto dalla sociologa Maryann Bylander in Cambogia tra il 2008 il 2010. Analizzando la frequenza e le modalità di emigrazione della popolazione  si scopre una correlazione diretta tra espansione del microcredito e aumento dei flussi migratori verso l’estero.
Stesso nesso si riscontra in un altro Stato del Terzo Mondo, il Bangladesh, paese di origine di circa un decimo dei migranti che ogni anno arrivano in Italia (oltre 10 mila nel solo 2017).
E’ qui che, grazie all’appoggio di illustri sostenitori come i Clinton e Bill Gates e con il sostegno della stessa Banca mondiale, venne creata nei primi anni ’80 la Grameen Bank, istituto finanziario che concedeva denaro alle persone più indigenti, impossibilitate ad avere accesso al credito, con il fine “filantropico” di offrirgli un futuro migliore. I prestiti concessi si tramutarono in un incentivo all’emigrazione per la popolazione locale, priva degli strumenti e delle possibilità di investire le somme ricevute in modo proficuo e di poterle restituire con i dovuti interessi. In men che non si dica si è venuto a creare il business dei cosiddetti “migration loans”, un affare d’oro per organizzazioni non governative come BRAC (Bangladesh Rural Advancement Commitee), leader nel settore.
Il sito istituzionale dell’organizzazione  bengalese – attualmente la più grande al mondo e prima nella classifica delle cento migliori ONG secondo il Global Journal nella specifica sezione “Migration loans” dichiara : “In Bangladesh, le scarse opportunità di lavoro per una popolazione in età lavorativa in crescita comportano che molti giovani, uomini e donne si trasferiscano all’estero per lavorare. Sebbene sia spesso un investimento che vale la pena fare, i costi iniziali per andare all’estero sono considerevoli (…) BRAC offre alle persone in cerca di lavoro all’estero prestiti per emigrare, progettati per soddisfare le esigenze di finanziamento dei lavoratori migranti in modo gestibile e conveniente. Il programma di microfinanza controlla anche la validità dei contratti e dei documenti di viaggio per garantire che i clienti non siano vittime di frodi da parte di agenti non autorizzati. (…) A giugno 2016, BRAC ha contribuito a finanziare 194.000 lavoratori migranti che cercano lavoro all’estero.
 
Ma non solo, oltre a fornire i finanziamenti e l’assistenza per emigrare, l’organizzazione non governativa più grande al mondo si occupa anche di come ottenere il rimborso e il pagamento del prestito. Nella stessa sezione del sito, infatti, sotto la dicitura “Prestiti di rimessa” si legge: “BRAC fornisce ulteriore supporto alle famiglie dei migranti sotto forma di prestiti di rimesse. Questi prestiti sono progettati per offrire maggiore flessibilità alle famiglie che fanno affidamento sulle rimesse mensili inviate da un familiare che guadagna all’estero.” Tali prestiti, spiega l’ONG, consentono alle famiglie di accedere a somme di denaro forfettarie per fare investimenti o spese mentre aspettano di ricevere le rimesse inviate dall’estero. Si tratta “di scommesse sicure per la famiglia e per BRAC perché i clienti hanno un flusso di guadagno assicurato con cui pagare costantemente le rate ogni mese.” Tra giugno 2014 e giugno 2016 BRAC ha offerto questo servizio a oltre 40.000 famiglie.
 
Un business sul business quello di BRAC, che opera non solo in Asia ma anche in America Latina e in molti paesi dell’Africa. Vengono concessi finanziamenti non per lo sviluppo dell’economia locale, bensì per incentivare l’emigrazione, secondo un infondato modello di sviluppo economico che vede nelle rimesse da parte dei migranti una fonte di crescita per il paese d’origine. In realtà è provato che tali rimesse, laddove riescano a ripagare il debito contratto dalla famiglia per il viaggio all’estero, vengono destinate per lo più al fabbisogno e ai consumi primari e non agli investimenti e alla attività produttive locali. Non sono rari i casi drammatici di vite immolate per ripagare il prestito, dall’aumento dei suicidi riscontrato in alcune zone dell’India alla vendita di organi da parte di cittadini bengalesi.
Un affare d’oro quello delle rimesse – a latere del quale prolifera il settore delle agenzie di recupero del credito – che ha visto un incremento in termini globali di oltre il 50% in soli 10 anni, per una cifra complessiva di 445 miliardi di rimesse nel solo 2016, il 13% delle quali è stato inviato in Africa (dati Ifad). E proprio verso questo continente inviare denaro sotto forma di rimesse è particolarmente oneroso, con commissioni che vanno dal 10 fino al 15%.
 
Un sistema perverso e ben oleato di finanziamenti, tassi di interesse e commissioni che fa della disperazione il proprio fulcro.
 
È la finanziarizzazione della povertà e delle vite umane, una delle tappe più sciagurate di un modello economico globale antisociale e regressivo.

PRESIDENTE NIGERIA: “NON DATE ASILO A NIGERIANI, DA NOI SCAPPANO DELINQUENTI”

sarà mica razzista pure lui? A noi antirazzisti sembra tanto strano che i paesi africani abbiano un ordinamento giuridico al quale i cittadini di tale paese debbano attenersi? E suona tanto strano che omicidio e stupro siano reati anche là? E che chi commette reati finisce in galera? Ed è ovvio che vogliano fuggire? Capisco solo che quando i media a prescindere li ritiene profughi senza manco sapere chi realmente siano e da cosa fuggono, mettono a repentaglio altre persone, ma guai a parlare di responsabilità morale, concetto da usare solo a senso unico.

In un’interessante intervista concessa al britannico Telegraph, il presidente della NigerPresidente Nigeriaia, Buhari, spiega come ad abbandonare il suo Paese siano in gran parte i criminali, e che non avrebbero alcun motivo di chiedere Asilo, visto che in Nigeria non ci sono guerre.
 
Parlando con il corrispondente Colin Freeman durante un viaggio a Londra, Buhari ha avvertito i suoi concittadini di “smettere di cercare Asilo politico all’estero”, perché i nigeriani che “partecipano all’esodo di clandestini verso l’Europa, lo stanno facendo solo per ragioni economiche, e non perché in pericolo.”*
Ha continuato dicendo che “a causa del numero di nigeriani detenuti per violazioni della legge in tutta Europa, è improbabile ottenere molta simpatia all’estero!”
“Alcuni nigeriani affermano che è troppo difficile tornare a casa, ma hanno anche reso difficile ad europei e americani accettarli, a causa del numero di nigeriani nelle prigioni di tutto il mondo accusati di traffico di droga o di traffico di esseri umani”, ha detto.
Non credo che i nigeriani abbiano motivo di lamentarsi. Possono rimanere a casa, dove sono richiesti i loro servizi per ricostruire il paese.”
Una persona sensata. A dimostrazione che da questi Paesi arriva da noi il peggio.
by informazionelibera · 26 gennaio 2018

Agli avvocati degli immigrati ​vanno 100mila euro al mese

ansa-migrantiper i disoccupati ed indigenti italiani c’è Equitalia, che da la caccia a chi non può più pagare le tasse, c’è da pagare per “l’accoglienza” alias mafia capitale. Ma è solo bontà d’animo, voglia di salvare vite umane non chiamatelo business “Si parla di circa 600milioni di euro all’anno.”
Siamo certi che anche per assistere senzatetto, disoccupati e pensionati sia stata stanziata altrettanta cifra, vero?

I ricorsi dei migranti fruttano ad alcuni studi legali oltre 100mila euro al mese per il patrocinio gratuito (a spese degli italiani)
Chiamatelo business. Perché in fondo dietro la macchina della gestione degli immigrati si nasconde un vero e proprio giro di soldi (dei contribuenti) che finiscono nelle tasche di quelli che si occupano di accoglienza.
 
Non parliamo solo delle Coop, delle Onlus e delle altre associazioni che danno un letto e un pasto agli immigrati. Ma anche della categoria degli avvocati. Molti di questi, infatti, si occupano dei ricorsi che i richiedenti asilo presentano in Tribunale contro la decisione della Commissione territoriale di non concedergli lo status di rifugiato. Come spiegato mesi fa da Giuseppe De Lorenzo su ilGiornale, infatti, a pagare le spese legali ai migranti – che si dichiarano nullatenenti – sono i cittadini italiani attraverso il patrocinio gratuito a spese dello Stato. Si parla di circa 600milioni di euro all’anno. Tanti, tantissimi.
 
Ma l’ultimo scandalo riguarda la gestione degli avvocati iscritti nelle liste del consiglio dell’ordine. Secondo quanto scrive Libero, infatti, spesso i migranti che devono presentarsi al ricorso finiscono negli stessi studi legali. Alcuni assistono solo 4-5 persone al mese, altri arriverebbero anche a gestire 60-100 ricorsi. Cosa significa? Che questi avvocati (che spesso userebbero tirocinanti pagati poco più di 500 euro) incasserebbero qualcosa come 100mila euro al mese. Una manna. E vale solo per il primo grado, dove ogni migrante costa al contribuente qualcosa come 1000 euro. Poi c’è l’Appello (altri 1200 euro) e la Cassazione (3.000 euro). Ovviamente non esiste una legge, scrive Libero, che imponga un tetto massimo ai ricorsi gestiti da un singolo avvocato o studio legale. E così alcuni si ingrassano. A spese di tutti.Claudio Cartaldo – Mer, 01/02/2017