L’apolide mondialista: Macron e la nuova sinistra

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da compagni dei campi e delle officine a compagni delle banche e delle finanziarie….progresso..il resto è populismo….


TECNOCRATE AFFASCINANTE
Emmanuel Macron è il nuovo volto della sinistra francese e il più recente prodotto dell’élite globalista i cui sogni di dominio sono turbati dall’incubo Le Pen.

Perché dopo la Brexit e dopo Trump, l’oligarchia del denaro che governa l’Europa e l’Occidente, non può permettersi la vittoria del Front National in Francia che darebbe un colpo mortale alla sopravvivenza dell’Ue, della zona Euro e del sistema di potere tecno-finanziario.

Sia chiaro, Macron non è un tecnocrate alla Mario Monti: triste, grigio, anziano, con il culto della sobrietà polverosa. Macron è colto, bello, ricco, elegante, ammaliante nei modi e affascinante nella retorica; è il candidato ideale che piace alla gente che si piace (e sopratutto che conta).
Ha una storia personale viva, una moglie di 25 anni più grande incorniciata da classe e raffinatezza; l’ideale per i tabloid patinati e per i giornali di tendenza; un modellino di narrazione radical-chic.
Ha frequentato le scuole migliori: diploma al Lycée Henri-IV (uno degli Istituti più prestigiosi di Francia); laurea alla Nanterre di Parigi (l’Università che ha sfornato Presidenti, Primi Ministri, banchieri); specializzazione all’ENA.
Ha iniziato a lavorare nell’Ispettorato Generale delle Finanze uno dei sette “Grand Corps” dello Stato, i centri di potere della tecnocrazia.
Poi nel 2008 è entrato alla corte dei Rotschild come banchiere d’affari. Qui ha fatto il colpo grosso mettendo in piedi l’operazione di acquisizione da parte della Nestlé, del colosso farmaceutico americano Pfizer; Peter Babreck, il patron della Nestlé, di lui dirà: “è un giovane saggio che sa padroneggiare la tecnica e gli esseri umani”.

E così, tra un’operazione finanziaria e l’altra, Macron ha accumulato una fortuna e ha maturato la voglia di scendere in politica; ovviamente nel Partito Socialista, perché il cuore dei banchieri e dei tecnocrati batte sempre a sinistra.
Nel 2012 è diventato Vice Segretario Generale dell’Eliseo e nel 2014 Ministro dell’Economia nel primo Governo Valls. Nel 2015 fonda il suo movimento “En Marche!” con cui lancia la candidatura alle presidenziali e giorno dopo giorno, porta con sé pezzi dell’ormai agonizzante Partito Socialista.

Una carriera sfolgorante ed incredibilmente veloce; anche troppo per i tempi della politica francese. La sua ascesa fulminea ha destato sospetto anche oltre Manica, tanto che The Spectator ha cercato di indagare sui potenti amici che lo sostengono da dietro le quinte con l’obiettivo non solo di “dividere i socialisti ma di sostituirli”.

Oggi Macron sembra essere l’unico in grado di contendere l’Eliseo alla Le Pen. Il rivale che poteva insidiargli pezzi di elettorato era il gollista Fillon, fatto fuori da una puntuale quanto provvidenziale inchiesta giudiziaria.

UN REPLICANTE DI SOROS?
Ma sopratutto Macron è il perfetto prodotto di laboratorio dell’ideologia dominante: un tecnocrate, banchiere di sinistra, con idee più illuminate che illuministe, progressista, multiculturale, ecologista ma a favore della globalizzazione; pro-immigrazione, vuole più Europa, più “integrazione” cioè più potere a Bruxelles e in politica estera condivide le posizioni guerrafondaie sulla Siria ed è ostile alla Russia di Putin in perfetta sintonia con l’agenda atlantista.

Le sue idee politiche sembrano prese direttamente dai documenti dell’Open Society di George Soros; come il nome del suo Movimento (En March!) così incredibilmente uguale a Move.On, l’organizzazione di cui Soros è il principale finanziatore e che appoggia le politiche liberal dei candidati democratici negli Stati Uniti.

Attorno a Macron si è raccolto il gotha del potere finanziario, mediatico e industriale francese: in primis Pierre Bergé il grande industriale miliardario e filantropo definito non a caso il Soros di Francia; ma a torto perché Bergé è uno dei più straordinari interpreti del nostro tempo; l’uomo che ha amato Yves Saint Laurent trasformando il suo genio in industria.
Bergé, omosessuale e laicista estremo che vuole l’abolizione di tutte le festività cristiane in Francia, filantropo in prima linea per le battaglie progressiste, è anche l’azionista di maggioranza di Le Monde (di cui detiene il 64% delle quote insieme a Pigasse l’altro banchiere enfant prodige della sinistra francese) e Nouvelle Observateur.

Nel team di Macron, ha un ruolo guida Bernard Mourad, l’uomo di Morgan Stanley in Francia e poi a capo del comparto media del colosso olandese Altice/Sfr che gestisce oltre 60 testate (quotidiani e periodici) tra cui Liberation, Le Figaro, L’Express, radio e tv come RMC e BFM; ruolo da cui si è dimesso per gestire la campagna elettorale.

LA FRANCIA E’ SOLO UNO SPAZIO
“Non esiste una cultura francese; esiste una cultura in Francia… ed è molteplice”, così Macron si è espresso in un comizio a Lione.
Alain Finkielkraut, filosofo conservatore, uno dei più lucidi pensatori del nostro tempo, commentando la frase ha scritto: “tra «francese» e «in Francia» vi è la distanza che separa una nazione da una società multiculturale” perché per coloro “che sono sotto la bandiera progressista, la Francia non è una storia e non è neppure un Paese, è solo uno spazio”. E così la Francia-spazio di Macron è un luogo neutro dove le culture si ritrovano per caso; una chiesa cristiana o una moschea non fanno differenza perché appunto, “non esiste una cultura francese”.

Macron incarna perfettamente l’ideale dell’apolide mondialista per il quale cultura, tradizioni, lingua, nazioni, sono incidenti della storia rispetto all’unico valore universale: quello dell’homo oeconomicus. Per lui, il conflitto con l’Islam in Europa è colpa di un modello sociale sbagliato e il terrorismo islamista “è solo frutto di mancanza di opportunità economiche”.

Macron è chiaro in questo: non possiamo finire “agli arresti domiciliari dell’identità”. Secondo il perfetto Verbo mondialista, l’identità di una nazione è una costrizione, una forma di reclusione da cui evadere; una sovrastruttura complessa da eliminare per dare libero sfogo al sogno dell’uomo universale perfetto ingranaggio del sistema economico dominante; l’uomo senza radici che può essere tutto e niente. Per questo Macron è a favore dell’immigrazione e della Francia multiculturale.

Nelle elezioni francesi si rinnova il nuovo grande conflitto di idee e visioni che dilania l’Occidente: quello tra chi auspica una società abitata dall’uomo mutante (entità interscambiabile) contro chi difende una nazione abitata dall’uomo reale (soggetto consapevole di memoria storica e identità); in pratica la lotta tra “astrazione mondialista” di chi non è nulla e può diventare ciò che il potere gli consente, e “dirittto sovrano” ad essere ciò che si è per diventare solo ciò che si vuole.

di Giampaolo Rossi – 16/03/2017 Fonte: blog.ilgiornale

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=58517

Eclisse della Politica o sua trasformazione?

massoneria parlamentoIl politico è finito, nel senso che non c’è classe, né frazione di una classe politica che possa attualmente contare sulla volontà popolare; per cui, non rappresentando di fatto nessuno, costoro si trovano in una situazione completamente falsa.
Jean Baudrillard [Lo showman politico nello spazio pubblicitario]
 
Parto da questa affermazione dello scomparso filosofo e sociologo francese Baudrillard, che risale agli anni ottanta ed è calata in quella realtà sociopolitica, di passaggio dal capitalismo del secondo millennio al neocapitalismo a vocazione finanziaria di oggi. Già allora cominciava a essere evidente la crisi della politica e della rappresentanza, in Europa e in occidente.
Attraversando i “futili”, ma problematici anni ottanta della morte delle ideologie e del riflusso nel privato – in verità trasformativi sopra e, soprattutto, sotto la superficie – ci si imbatteva nella questione della “morte della Politica”, quella con la p maiuscola, o quantomeno quella che aveva caratterizzato l’epoca precedente. In particolare, eravamo già consapevolmente distanti dalla celebre definizione di Politica, che si deve ad Aristotele, intesa come amministrazione della πόλις, non solo perché il sistema e il mondo culturale della polis erano defunti da lunghissima pezza, ma anche perché la crematistica tendeva a prevalere, in modo sempre più deciso, sulla buona amministrazione .
 
Per non dire di quella definizione (meno nota al grande pubblico) offerta dal celebrato politologo italiano Giovanni Sartori, che concepiva la politica come una sfera in cui avvengono le decisioni collettive. Ciò non toglie, però, che negli anni ottanta c’era ancora un contatto (destinato progressivamente a scomparire) fra l’agire politico e l’amministrazione della cosa pubblica, da un lato, e una quantomeno supposta volontà popolare, dall’altro lato, sia pur frammentata e rispondente a specifici interessi di classe.
Inoltre, non si poneva in modo così drammatico, come si pone oggi in un habitat compiutamente neocapitalistico, la questione dirimente, rispetto al problema dell’eclisse o della trasformazione della Politica, che riguarda la ”devoluzione” di sovranità dello stato nazionale, a partire dalla moneta.
Se dovessimo guardare a quello che sta accadendo oggi in Italia, in particolare all’interno dell’entità di governo chiamata Partito democratico, calandoci in una realtà sociopolitica completamente nuova rispetto agli ottanta, non potremmo che stigmatizzare l’errore di fondo di Jean Baudrillard, quando affermava che il politico non rappresenta più nessuno, avendo smarrito persino la sua specificità. Non abbiamo assistito, negli ultimi tre decenni, a un’abdicazione della Politica, con lo spazio pubblicitario che ha semplicemente sostituito quello pubblico, lasciando il campo sgombro al Libero Mercato. La sostanza della trasformazione è nell’appropriazione della decisione politica da parte di una nuova classe dominante globale, sopranazionale, che ha eclissato gli interessi vitali delle classi dominate, espellendoli dalla Politica stessa.
Questa classe, in sostituzione della vecchia borghesia proprietaria, ha costituito una rete di organismi sopranazionali che ha “svuotato” di competenze lo stato nazionale e ha occupato, per conto delle élite, lo spazio politico un tempo conteso, avocando a sé le decisioni strategiche, per evitare il fastidio di dover confrontarsi con la “volontà popolare”.
Nello specifico caso italiano, il Partito democratico – informe e variegata entità collaborazionista delle Aristocrazie del denaro e della finanza – qualcosa di certo rappresenta, anche se non è in relazione con la volontà popolare, come la intendeva, a suo tempo, Baudrillard. Non assistiamo a complessi fenomeni “transpolitici”, all’impossibilità assoluta di governare (sempre Baudrillard negli anni ottanta). Assistiamo impotenti, noi che viviamo questi anni “terminali”, a una completa ridefinizione della “sfera politica” di Sartori, in cui dovrebbero manifestarsi le decisioni collettive. Come ci è ormai evidente, l’unico nesso fra l’agire politico del Pd e la sua amministrazione della cosa pubblica è con gli interessi, imperiosamente imposti ai popoli e al fondo della piramide sociale, della classe dominante globale postborghese, a vocazione finanziaria.
Con il senno di poi, a giochi fatti, comprendiamo che gli interessi di classe elitisti e la sottrazione di sovranità allo stato nazionale sono i due aspetti predominanti della trasformazione della Politica, che diventa, per noi dominati, una politica con l’iniziale minuscola, completamente subordinata (come il Partito democratico) alla decisione strategica elitista – quella sì veramente Politica!
 
Ne consegue che lo psicodramma dell’entità Pd, in corso in questi giorni in Italia, avviene in una “sferetta” secondaria, o meglio terziaria, nella dimensione locale di uno stato nazionale sottomesso, in cui si attuano i programmi decisi da altri. Programmi che corrispondono ai desiderata e ai diktat della Global Class, internazionalizzata quanto i capitali finanziari che gestisce per assicurare la riproduzione sistemica.
Tornando al Sartori studioso di scienza della politica e alla sua “sfera” delle decisioni collettive, oggi le sfere politiche sono tre.
La più alta e importante corrisponderebbe alla Politica con l’iniziale maiuscola e, per la precisione, all’Empireo molto mondano in cui vivono le élite globali che confondono i loro interessi privati, di arricchimento e dominio, con gli interessi collettivi.
La seconda sfera è un riflesso importante del sistema di potere elitista, nello spazio sopranazionale riservato agli organi della mondializzazione neoliberista, in cui si elaborano le linee di politica strategica da applicare, successivamente, negli stati nazionali tributari e svuotati di potere decisionale (come L’Italia governata dall’entità Pd).
 
La terza sfera, la meno importante fra le tre dal punto di vista della Politica, è la dimensione nazionale, in cui collaborazionisti sub-politici delle élite, soggetti all’autorità degli organi della mondializzazione attraverso i vincoli dei trattati, traducono in norme e decreti specifici (legge Fornero, jobs-act, tentata riforma costituzionale, milleproroghe liberalizzanti, eccetera) le predette linee programmatiche, aderenti agli interessi privati elitisti.
La catena di trasmissione delle decisioni di politica strategica è perciò la seguente: Global class strategica che decide in base ai propri interessi, organismi sopranazionali che elaborano i programmi a livello alto, semi-stato neoliberista, retto da collaborazionisti, che applica pedissequo.
 
Oggi non vi è un’eclisse della Politica, quella di più alto livello che decide, ma una sua trasformazione che penalizza i popoli e le classi dominate, con un impianto di potere effettivo che li esclude dalla partecipazione alle decisioni che contano. Anche se sono rimaste in piedi le vecchie istituzioni dello stato liberale, mantenendo gli stessi nomi del passato – governo, parlamento, presidenza della repubblica, eccetera – la loro funzione risulta diminuita e anche la loro “rappresentatività” è cambiata.
La stessa “antipolitica” che si starebbe diffondendo a macchia d’olio nella società, secondo la narrazione mass-mediatica, non è che un riflesso di questo cambiamento, che non va nel senso ipotizzato da Baudrillard negli anni ottanta. Non vi è totale indifferenza politica dei cittadini verso le questioni pubbliche e una sorta di impossibilità dei rappresentanti politici di “veicolare veramente i problemi”, nonché la scomparsa della specificità della Politica. C’è semplicemente la percezione, più o meno vaga, ma sempre fondata, di non essere rappresentati nei propri interessi vitali.
Si hanno di fronte rappresentanti che rappresentano i soli interessi della classe dominante, agendo sempre più scopertamente contro il popolo. In verità, l’”antipolitica” di oggi nasce dall’esclusione completa dei dominati dalla decisione Politica, che neppure l’apparato mass-mediatico, ideologico e accademico asservito alle élite riesce più a nascondere, con le sue menzogne.
 
Non eclisse della Politica, quindi, ma trasformazione della stessa e soprattutto completo spostamento verso il culmine della (nuova) piramide sociale di ogni decisione strategica che ci riguarda. La Politica esisteva ai tempi di Aristotele, in quelli di Machiavelli, di Locke e continua ad esistere ai giorni nostri, perché è improbabile che un “animale sociale” come l’uomo possa farne a meno. Può, al contrario, sentirne la mancanza, come le masse che sarebbero attratte dall’”antipolitica”, proprio perché private di rappresentanza all’interno del sistema.
 
Si dovrebbe comprendere, come avvertiva il filosofo politico “nazista” Carl Schmitt nel definire il concetto e le categorie di ciò che è politico (Der Begriff des Politischen), che la distinzione fra amico e nemico è qui fondamentale. Riappropriarsi la “sfera” Politica, con l’iniziale maiuscola, implica la volontà di combattere il nemico che l’ha espropriata, dopo averlo chiaramente individuato.
di Eugenio Orso – 26/02/2017 Fonte: Pauperclass

DOPO I SACRIFICI PER ENTRARE NELL’EURO E I SACRIFICI PER RESTARE NELL’EURO, I SACRIFICI PER USCIRE DALL’EURO

k1426303La cronaca “europea” della scorsa settimana è stata segnata dalle dichiarazioni, poi parzialmente rimangiate, del cancelliere tedesco Angela Merkel su una “Europa a due velocità” da formalizzare già al prossimo vertice di Roma. I media hanno sbrigativamente tradotto le posizioni della Merkel con l’ossimoro di una “doppia moneta unica”, una per i Paesi del nord ed un’altra per i Paesi del sud. Non sono mancati i consueti commenti circa l’influenza della campagna elettorale in Germania su questa presa di distanze della Merkel dalla consueta dogmatica dell’Unione Europea.
In realtà i Tedeschi sono scontenti dell’UE perché gli è stato fatto credere che il crollo dei loro redditi sia causato dalla necessità di sacrificarsi per soccorrere i cosiddetti PIIGS. Dato che così non è, alla Merkel basterebbe consentire un aumento dei salari in Germania per fare tutti contenti, all’interno come all’esterno. Un aumento della domanda in Germania stimolerebbe l’economia dei Paesi UE più in difficoltà ed il contestuale aumento del costo del lavoro nella stessa Germania renderebbe le merci tedesche un po’ meno competitive, diminuendo così il destabilizzante surplus commerciale tedesco.
Ma ciò non accadrà, poiché l’UE non era affatto nata per favorire l’integrazione economica dell’Europa. Gli interessi erano soltanto finanziari e militari. La deflazione causata dall’euro rende più forti i creditori nei confronti dei debitori, e quindi va a favore delle multinazionali finanziarie. Gli USA sono stati determinanti nella nascita dell’euro e nella sua conservazione, poiché l’euro consente di compattare in funzione anti-russa Paesi che, come l’Italia, rischiavano di farsi risucchiare economicamente nell’orbita della Russia. Sino a qualche anno fa gli USA erano disposti a pagare il prezzo salato che l’euro comportava in termini di depressione dell’economia mondiale. Pare che non siano più disposti oggi, dato che le merci tedesche hanno invaso il mercato statunitense a causa della sottovalutazione dell’euro rispetto all’effettivo potenziale dell’economia della Germania. D’altro canto il presunto “disimpegno” americano in Europa potrebbe davvero cambiare qualcosa? E’ vero che gli USA non sono riusciti a mettere Putin all’angolo, che i costi dei loro impegni militari sono mostruosi, ma sembra esserci la necessità di una riorganizzazione della gerarchia internazionale senza la quale il “protezionismo coloniale” avrebbe qualche difficoltà. Senza una ostentazione di forza militare da parte degli USA, altri paesi potrebbero rispondere a loro volta col protezionismo. Certo è che l’UE e l’euro sarebbero travolti non tanto dai dazi ma da una svalutazione del dollaro che, per ora, non è arrivata.
Non sarebbe comunque la prima volta che gli USA distruggono ciò che essi stessi hanno creato perché non gli fa più comodo. Nel 1919 il presidente USA, Woodrow Wilson, impose la nascita della Jugoslavia per impedire all’Italia il controllo del Mare Adriatico. Per sostenere la sua posizione Wilson non esitò ad accusare l’Italia di imperialismo (per la serie del bue che dice cornuto all’asino). La stessa Jugoslavia negli anni ‘90 è stata poi distrutta dagli USA in concerto con la Germania e, grazie ad una notevole manipolazione mediatica, anche le “sinistre radicali” furono indotte a plaudire al “risveglio etnico” che dissolveva Stati che erano apparsi prima inamovibili.
Pur collocata dagli USA sul maggiore scranno della UE, la Germania non ha mai mostrato di credere realmente in questa costruzione. Nel 2003 tramontava l’illusione del governo francese di poter usare l’euro per acquistare direttamente materie prime sui mercati internazionali, poiché l’invasione USA dell’Iraq servì appunto a punire Saddam Hussein per il fatto che vendeva petrolio in cambio di euro invece che di dollari. Nello stesso 2003 il governo tedesco lanciò il piano Hartz per ridurre i salari in Germania. Il governo tedesco non si accontentava quindi del vantaggio che l’euro consentiva alle merci tedesche, ma apriva addirittura una corsa a comprimere il costo del lavoro in modo da accumulare il maggior surplus commerciale possibile.
Ciò indica che i governi tedeschi non hanno mai creduto alla sopravvivenza dell’UE e dell’euro; e che l’UE e l’euro, nati come armi da guerra contro la Russia, venivano usati dalla Germania anche per deindustrializzare il suo principale concorrente commerciale, cioè l’Italia, non a caso bersaglio preferito della Commissione Europea. La Germania non deve neanche affannarsi più di tanto per raggiungere il suo scopo, poiché ci pensa la lobby dello spread. La moneta “unica” è infatti un inganno. La moneta è composta di banconote e di debito pubblico, cioè di titoli del Tesoro: nel caso dell’euro le banconote sono controllate dalla Banca Centrale Europea, mentre i titoli del Tesoro sono ancora emessi dagli Stati, che però pagano interessi diversi. In questa tenaglia è stata stritolata la Grecia e si può stritolare l’Italia.
Risulta quindi fuori luogo la sorpresa suscitata dalla minaccia della Commissione Europea di mettere l’Italia in procedura d’infrazione per il famoso “zero virgola due”. La Brexit e CialTrump non hanno per niente indotto Juncker e colleghi a maggiore prudenza e buonsenso poiché la Commissione Europea, e l’apparato che la supporta, non si pongono affatto problemi di sopravvivenza dell’UE, ma ragionano esclusivamente in base agli interessi della lobby dello spread, cioè la lobby di finanzieri internazionali che esige alti interessi sul debito pubblico da Paesi che sono ancora in grado di pagarli, come l’Italia.
L’Unione Europea è un allevamento di lobbisti e costituisce il paradiso delle porte girevoli tra cariche pubbliche e carriere nel privato, ed il tutto è rigorosamente documentato da tempo, con dovizia di dettagli. La porta girevole che ha portato l’ex presidente della Commissione Europea, Manuel Barroso, alla dirigenza di Goldman Sachs dovrebbe costituire una preoccupazione urgente per tutti gli “europeisti”, i quali insistono invece a distrarci con voli pindarici. Ma gli europeisti non esistono, i lobbisti invece esistono, eccome. La delegittimazione delle istituzioni europee è tale che oggi la vera domanda che tutti si pongono è in quali multinazionali finanziarie concluderanno felicemente la loro carriera gli autori della lettera dello “zero virgola due”, Juncker e Moscovici.
 
A proposito di lobbisti mascherati, ci si è chiesti da più parti come si collochi l’ultima sortita del Super-Buffone di Francoforte in questo contesto di sfaldamento dell’UE. Mario Draghi farnetica di trecentoquaranta miliardi di euro di tangente da versare per permettere all’Italia di uscire dall’euro, quando ormai sarebbe evidente che è l’euro che sta uscendo dall’Europa.
 
La farneticazione del presidente della BCE contiene comunque un messaggio recondito, e cioè che la vita dell’euro dovrà perpetuarsi oltre la sua morte, con una scia di ulteriori sacrifici da imporre a lavoratori e risparmiatori.
La risposta immediata a Draghi dovrebbe essere quella di sottrarre il debito pubblico ai cosiddetti “mercati” (cioè la lobby dello spread) per usare i titoli del Tesoro solo all’interno, per effettuare i pagamenti della Pubblica Amministrazione e per mettere al sicuro il risparmio delle famiglie. Si tratta di una vecchia proposta, ripresa qualche giorno fa – non si sa quanto seriamente – anche dalla Lega. A rendere improbabile una tale misura di autonomia finanziaria non sono soltanto gli enormi rischi personali di chi dovrebbe adottarla, ma anche il fatto che lo spread e l’austerità si avvalgono di una lobby interna, tutta italiana, che lucra sugli alti interessi del debito pubblico, sul credito al consumo (e sul relativo recupero crediti), sul caporalato istituzionalizzato, sulle privatizzazioni e sull’intermediazione per la svendita all’estero dei patrimoni immobiliari. 09/02/2017

Dall’euro si può uscire, Merkel e Draghi hanno paura. E la Sinistra mette a rischio la democrazia

bagnai no euroalla sinistra il popolo fa schifo. Ama l’elites, che succhiano la vita dei popoli.

“Il governatore voleva incutere timore, ma in realtà ha indicato la via d’uscita. Segno che il potere non è più in grado di parlare”. “Sono preoccupato dal desiderio di censura travestito da crociata contro le fake news. I principi democratici sono in pericolo
Alberto Bagnai, docente di Politica economica, punta di diamante della schiera (sempre più folta) di economisti contrari alla moneta unica: fino a poco tempo fa auspicare o anche solo immaginare l’uscita dall’euro era considerato folle, bizzarria qualunquista e irrealizzabile. E invece…
Fino a due mesi fa solo la verità era dalla nostra parte. Ora anche Trump. L’establishment ha fatto male i calcoli. Prima ha creduto che non potesse vincere, sottovalutandolo. E lui ha vinto. Poi ha creduto che non mantenesse le promesse. E lui ha cominciato a mantenerle. Così ora è emerso il segreto di pulcinella. Ovvero che Trump nel suo programma economico, che io avevo letto a settembre, accusa la Germania di essere una manipolatrice di valuta. Questo ha suscitato una quantità di interpretazioni poco approfondite, ma è un dato riconosciuto come sostanzialmente giusto dalla letteratura scientifica e anche dalla stampa anglosassone distante da Trump, come il Financial Times. Soprattutto questa posizione ha seminato panico tra le “fila nemiche”.
In che modo?
Due dichiarazioni provenienti dal potere si sono rivelate un boomerang. Mi riferisco a quanto detto da Mario Draghi e Angela Merkel.
Partiamo da Draghi e dalle sue dichiarazioni contraddittorie sull’euro irreversibile.
Draghi ha fatto una sparata sui 358 miliardi da pagare nel caso in cui si decidesse di uscire dalla moneta unica. Lo ha fatto chiaramente con intenti minacciosi. Ma quell’affermazione si è rivelata un boomerang, perché Draghi ha fatto capire che uscire è tecnicamente possibile. Tant’è vero che è stato costretto a smentire, dicendo che l’euro è irreversibile. Ma la smentita, come dice il detto, è una notizia data due volte.
Draghi dunque ha ammesso che si può uscire dalla moneta unica. Non male direi…
Sappiamo ora che si può uscire dall’euro, visto che l’ha ammesso persino lui. Sulla natura dei saldi target 2 è in corso un dibattito, ma se fossero veramente debito pubblico li contabilizzeremmo lì e invece non lo stiamo facendo. Inoltre nei confronti di questa Europa non abbiamo solo debiti ma anche crediti, pensiamo ai 65 miliardi stanziati per salvare la Grecia, o meglio le banche francesi e tedesche che avevano fatto prestiti alla Grecia. Il punto politico è che Draghi voleva incutere paura ma in realtà ha indicato la via d’uscita. Segno che il potere non è più in grado di parlare.
Poi c’è la Merkel che dopo anni a cianciare di integrazione europea e destino unico, se ne esce con la teoria dell’Europa a due velocità, come una “populista” d’antan.
Merkel ha parlato di Europa a due velocità per rispondere a Trump, ma in questo modo ha reso evidente a tutti che questa Ue ha paura del presidente americano. E bisognerebbe chiedersi perché. Ma soprattutto parlando di Europa a due velocità ha messo in luce il vero problema dalla Ue.
Ovvero, la Francia andrebbe con il Nord o con il Sud? Tutti danno per scontato che vada con il Nord. Ma occorre ricordare che dal punto di vista macroeconomico la Francia sta addirittura peggio dell’Italia. Ha un deficit di bilancio pubblico che è circa due volte il nostro, e mentre noi siamo in surplus di bilancio nei pagamenti la Francia è in deficit, cioè non è un Paese abbastanza competitivo sui mercati internazionali.
Sarebbe la fine della Ue?
Se applicassero le famose regole dei tedeschi, la Francia dovrebbe andare nell’Europa più lenta, quella mediterranea, del cosiddetto “Club Med”. In realtà non ci andrà. Perché contano i rapporti di forza. La Francia ha la bomba atomica e la Germania no. Dunque si capisce che questa Unione si regge sui rapporti di forza, sulla violenza, sul dire io ho la bomba atomica e salgo in prima classe, tu non ce l’hai e vai in seconda. Si capisce che questa Unione nasce per risolvere una questione che non ha nulla a che vedere con i nostri problemi. La Ue nasce per il secolare conflitto tra Francia e Germania. Il problema è loro. Ma l’hanno risolto in un modo che soffoca anche noi. A mio avviso questo spiega che per l’Europa e segnatamente per l’euro le velocità giuste sono almeno 19 e non 2. Ed è lì che si arriverà.
La fine dell’euro è una prospettiva più attuabile di quanto si pensi, magari a partire dalla Germania?
La proposta che oggi tutti riscoprono, cioè che la Germania esca e lasci l’euro agli altri Paesi, la facemmo nel 2013 con Claudio Borghi e gli altri economisti del Manifesto di solidarietà europea. Ma va intesa come primo passo verso lo smantellamento dell’euro. Perché non ha alcun senso un euro di serie B, dove convivano con la forza Francia e Italia, due Paesi completamente diversi: si riprodurrebbero le tensioni attuali. Con l’uscita della Germania ci sarebbe un sollievo temporaneo, ma i problemi si ripresenterebbero.
Uscire dall’euro non è mai stata fantascienza o fantapolitica?
È fantascienza l’idea che noi potessimo restare dentro. Rimanere nell’euro aggrava tutti i nostri problemi, a partire dal debito pubblico.
Il sistema oltre a oscurare mediaticamente le teorie No euro, e quelle alternative all’establishment, potrebbe persino includerle tra le bufale e le “fake news”, i cui confini sono appositamente tutt’altro che definiti.
Per la prima volta da anni si delinea un quadro in evoluzione. E proprio per questo la situazione è molto pericolosa.
La democrazia è in serio pericolo. E non mi sarei mai sognato di dover imputare questo, io persona progressista, all’opera delle forze di sinistra. Molti politici del PD e di Sinistra Italiana, sulla falsariga di certa sinistra internazionale, stanno bandendo una crociata contro le cosiddette fake news, con l’idea che il processo politico sia determinato dal fatto che alcuni siti diffondano bufale.
Che Trump non sia il frutto di 30 o 40 anni di disuguaglianze e di schiacciamento della classe media, ma di 3 mesi di bufale su internet è un’analisi che mi umilia in quanto progressista. Mi umilia due volte. La prima è perché a sinistra un tempo si ragionava in termini di lotta di classe e non ci si baloccava con queste scemenze.
La seconda è che pare evidente come lo scopo del gioco sia il ministero della verità. Hanno paura che le persone vengano a sapere determinate cose.
Censura e dileggio viaggiano insieme…
Sono preoccupato da questo desiderio di censura, dallo screditamento del suffragio universale. La democrazia viene vilipesa quando non si comporta secondo le loro intenzioni. Questi meccanismi li abbiamo visti con la Brexit, con Trump, con il referendum costituzionale e forse li vedremo con Marine Le Pen. Se mai dovesse vincere assisteremmo al j’accuse contro il voto democratico da parte degli intellettuali. I quali non si chiedono perché le persone votano per dei politici che tutti i media propongono come impresentabili.
Lei poche settimane fa è stato tra i protagonisti del convegno “Oltre l’euro”, che bilancio fa di quell’esperienza?
Il convegno ha avuto partecipazione traversale. La Lega sta facendo informazione su temi cruciali, di interesse generale. Uno può anche non riconoscersi in altri valori della Lega, ma questo è un dato di fatto. Questo è fare politica. Sarebbe bello che fosse constatato e anche emulato. La verità è che l’intero sistema partitico e mediatico, il sistema di potere italiano, non seguirà la Lega sulla strada del fare informazione, perché ha tutto l’interesse nel non farla.
di Alberto Bagnai – 11/02/2017
Fonte: stopeuro

Occhio alle “bufale”: sì, ma a quelle del sistema!

la_fabbrica_della_manipolazione-214x300Il giornalismo ufficiale di stampa e tivù da quest’anno ha fatto una sensazionale scoperta: su internet circolano troppe “bufale”!
Capita così sempre più spesso d’imbattersi in articoli e trasmissioni con l’esperto di turno che, con un fare tra l’allarmistico, lo sdegnato e l’ironico, mette in guardia il suo pubblico dalle falsità fatte circolare nella rete da autentici “furfanti”, sia per cavarne un guadagno monetario immediato sia per trarne visibilità a buon mercato e diffondere così teorie deliranti nocive per la collettività.
Un esempio di questo tipo d’accalorate prese di posizione dell’informazione di regime m’è capitato di ascoltarlo alcuni giorni fa su uno dei canali della Rai. Il giornalista, in passato già dedicatosi a rafforzare, con una rubrica “specialistica”, l’assoluta affidabilità della medicina allopatica cosiddetta “tradizionale”, adesso s’è dedicato anima e corpo a combattere le famigerate “bufale sul web”.
Un tentativo goffo come il personaggio stesso, nel quale si potevano vedere, in rapida e sempre più “terrificante” successione, tutte quelle che i media ufficiali reputano fantasie di menti deboli e/o distorte. Così, dalle scie chimiche agli alieni, da “Big Pharma” (non a caso) al NWO, in una miscela indistinta di cose vere ed evidenti fole accostate alle prime per screditarle, il tele-suddito veniva messo in guardia dai “mostri” che si annidano su internet.
Nel quale certamente sproloquiano anche parecchi imbecilli dilettanti e gente che per il semplice fatto di poter dire “la sua” su tutto non perde occasione di sparare le proverbiali cavolate, peraltro nuocendo, con la sua impreparazione, a coloro che, seriamente, svolgono (per puro spirito di servizio) un’attività d’informazione veramente chiarificatrice.
Ma la manovra, specialmente dall’inizio di questo 2017, è evidente e scoperta: demonizzare i cosiddetti “controinformatori” che, per il fatto di non avere una tribuna “autorevole” come quella di giornali e tivù, sarebbero nient’altro che un’accolita di avvinazzati adusi a spararla grossa come al bar.
La propaganda di questo sistema oramai decotto che presto si sbriciolerà assieme alle sue menzogne ha un bel dire nascondendosi dietro mezzibusti e cariatidi della “scienza” e della “cultura”. Stanno sparando le loro ultime cartucce, sempre meno letali perché c’è sempre più gente che sta mangiando la classica foglia dell’inganno globale nella quale è stata immersa per troppo tempo.
Hanno evidentemente paura. Una paura folle che il giocattolo gli si rompa tra le mani. Anzi sono terrorizzati all’idea che il potere, questo potere, si riveli per quello che realmente è: un potere satanico.
La questione delle “bufale sul web”, perciò, non ha nulla a che vedere con la tutela del quieto vivere collettivo e della stabilità mentale di chi ne verrebbe irretito (non mancano mai, tra i consulenti di simili pateracchi allarmistici, gli psichiatri che sparano sentenze sulla personalità narcisistica e patologica dei “bufalari”).
Ha invece un diretto rapporto con la natura del potere contemporaneo, che è molto, ma molto più perversa e diabolica di quanto possano pensare quelli che per decenni l’hanno identificato con delle ideologie da combattere con altre ideologie.
Tra l’altro, un segno inequivocabile di quale pasta sia fatto questo potere è la quantità abnorme e praticamente fuori controllo di menzogne che proprio l’apparato mediatico dei grandi gruppi proprietari di giornali e canali televisivi sparge a piene mani, incessantemente, su ogni questione. Se, infatti, questo potere (che manda avanti personaggi che via via “si bruciano”, come i politici) fosse una cosa sana e buona per sua natura, non si dedicherebbe con un impegno impressionante a rimpinzare le menti di tutti quanti con “notizie” ventiquattr’ore su ventiquattro, e per giunta sempre le solite, scelte e presentate sempre allo stesso modo entro i medesimi rassicuranti (per loro) quadri di riferimento.
Vogliamo dunque parlare di “bufale” diffuse da media e cultura ufficiali a partire dall’inizio dell’era cosiddetta “moderna”? Bisognerebbe partire dalla concezione dell’uomo e dell’universo che è stata costruita ad arte, allo scopo di scollegare l’essere umano stesso dalla sua Origine: non è forse proprio il Diavolo il ciarlatano per definizione?
Ma anche senza voler andare così indietro nel tempo, basti pensare a che cosa è stato messo in giro, negli ultimi vent’anni, senza che i “cacciatori di bufale” avessero mai trovato nulla da eccepire, al riguardo di quisquilie come qualche milione di morti provocato dalle guerre americane in giro per il pianeta, tutte giustificate da plateali bugie, a partire dalla madre di tutte quante, e cioè “l’attentato (islamico!) alle Torri gemelle” dell’11 settembre 2001. A distanza di una quindicina d’anni, a quella versione ufficiale spacciata come l’oracolo e che corrisponde esattamente al paradigma del “complotto” (!), oggi non crede praticamente più nemmeno la famosa casalinga di Voghera. Fa però eccezione chi deve mantenere un ruolo ed una posizione di prestigio assai remunerativa in questo sistema putrefatto.
Così come sempre più persone alzano gli occhi al cielo e si domandano (come non fanno mai certi “scienziati”) com’è possibile che del semplice “vapore acqueo”, ad una quota così bassa, possa persistere per ore, in forma di scia, in un cielo sempre più scarabocchiato in quelle che un tempo erano giornate di sole e basta. Diventerà un “complotto” anche il semplice guardare il cielo e stupirsi?
Mano a mano che “la crisi” che hanno innescato produrrà i suoi nefasti effetti, un numero sempre crescente di persone si renderà conto di inganni come quello della moneta-merce (elettronica) strutturalmente debito, come la definisce il mio amico Bogni. Un simulacro di denaro ideato al solo scopo di servire un sistema innaturale che sebbene inculchi la convinzione che “l’economia è il nostro destino” finisce per eliminare il concetto stesso di economia a favore della speculazione pura e semplice.
Avranno voglia, mentre la gente normale sgobba e paga, di raccontare che è tutta colpa degli sprechi e della “casta”: verrà il momento in cui l’unico partito o movimento che le masse dovranno seguire se non vorranno diventare completamente schiavizzate sarà quello che prenderà di petto la questione della sovranità monetaria (e dell’economia ricondotta alla sua benefica e naturale funzione).
Ma non c’è dubbio che fintantoché gli si darà ancora un barlume di credito questo sistema continuerà a raccontare, tramite “cacciatori di bufale” stipendiati, che personaggi come Auriti sono dei pazzi, dei sobillatori dell’ordine pubblico e, ça va sans dire, degli apripista di un “nuovo Fascismo” quale Male Assoluto.
Ciascuno è libero di credere a quel che vuole, s’intende. Che tutto vada bene, anzi benissimo, e che là fuori dal recinto della “cultura ufficiale” (cioè quella che ha libero accesso ai “salotti” buoni, quelli veri e propri e quelli virtuali) ci siano solo dilettantismo e paranoia. Non è nemmeno questo il punto fondamentale e non ci nascondiamo neppure il fatto che così come esistono difensori pagliacceschi e screditati dell’ordine costituito ve ne sono altri, nell’opposto campo, variamente “fissatisi” con le loro idee “alternative” ed identificati con esse ad un punto tale da farsene una malattia.
La questione – come accennavamo – concerne la natura di questo potere, che risalta qua e là, nei vari domini (religioso, politico, economico, culturale ecc.), a chi la sa cogliere affinando la propria “vista”. Il seme, si sa, si giudica dai frutti, e già il tipo umano che va sempre più diffondendosi perché adeguatosi alle “mode” incoraggiate dal potere stesso è un serio campanello d’allarme per chi sa e vuole “vedere”. Il resto è tutto una conseguenza, dai “modelli” politici, economici e culturali, invariabilmente indiscutibili quali “verità rivelate”, alle manifestazioni di un’arte moderna che si risolve sempre più nell’esatto contrario delle premesse dell’attività artistica.
Concludendo con una battuta, si potrebbe dire che tutto ciò che promana da questo potere è falso, persino la famosa “bufala”, intendendo quella vera, ovverosia la mozzarella, se con ciò si considera l’inquietante e mai vista prima diffusione delle sofisticazioni alimentari. Sopportate fintantoché non ci scappa direttamente il morto solo perché l’essere umano moderno ha barattato la quantità con la qualità, il concetto tradizionale di “salute” con quello capitalistico di “benessere”.
Più che dalle “bufale su web” non sarebbe dunque più sensato stare in guardia da quelle che il sistema stesso ci propina a tavola e, soprattutto,  instilla capillarmente nelle menti e nei cuori di tutti noi?
di Enrico Galoppini – 27/01/2017 – Fonte: Il Discrimine

GIUSTO PER RICORDARE A “CHI” OBBEDISCONO I MAINSTREAM MEDIA

mass-mediaChi governa, restando, dietro le quinte?
Rimettiamoci con Pierre Virion – una delle massime autorità cattoliche nel campo del mondialismo 2 – a uno dei più autorevoli e preparati studiosi del fenomeno massonico, a Mons. Ernest Jouin (1844-1932), con cui il Virion collaborò per anni alla redazione della celebre e documentatissima Revue Internationale des Sociétés Secrètes, fondata a Parigi nel 1912: «Io non ammetto da parte mia l’azione diretta del demonio nel governo massonico: ma comprendo che lo studio delle iniziazioni inclini lo spirito verso questa soluzione mistica, alla quale le gesta della Massoneria moderna recano un’apparente conferma. lo oppongo semplicemente a questa soluzione l’ordine provvidenziale in base al quale tutto a questo mondo è di competenza di un potere umano: e, come Cristo, capo invisibile della Chiesa cattolica, è rappresentato visibilmente quaggiù dal Papa. Parimenti, ritengo che Satana, capo invisibile dell’armata del male, non comandi ai suoi soldati che attraverso uomini, suoi accoliti, sue anime dannate, sempre liberi nel frattempo di sottrarsi ai suoi ordini e alle sue ispirazioni. Quanto a questo potere, più o meno occulto, della Massoneria e delle Società Segrete che perseguono lo stesso scopo, esso esiste per la semplice ragione che non si dà un corpo senza testa, società senza governo, esercito senza generale, popolo senza pubblico potere. L’assioma romano “tolle unum est turba: adde unum est populus”, ha qui la sua piena giustificazione: senza potere direzionale, la Massoneria sarebbe una massa più o meno smarrita in qualche idea sovversiva, ma che si decomporrebbe da sé in luogo di essere la dominatrice del mondo» 3. La citazione, pur rispondendo a criteri di buona logica, potrebbe tutta via apparire a qualcuno piuttosto di parte: ecco allora le voci di altri autorevoli protagonisti, non certo sospetti di antimassonismo:
  • 1844Benjamin Disraeli (1804-1881), più noto come Sir Beaconsfield, figlio di ebrei ferraresi e ministro inglese, menzionato come massone da Eugen Lennhoff nel Dizionario Massonico francese, scriveva nel suo romanzo Coningsby (1844): «Il mondo è governato da tuttaltri personaggi che neppure immaginano coloro il cui occhio non giunge dietro le quinte» 4. E in un discorso tenuto ad Aylesbury il 20 novembre 1876: «I governi di questo secolo non sono in relazione solamente con governi. imperatori, re e ministri, ma anche con le società segrete, elementi di cui si deve tener conto e che all’ultimo momento possono annullare qualsiasi accordo, che possiedono agenti ovunque, agenti senza scrupoli che spingono all’assassinio, in grado, se necessario, di provocare un massacro» 5.
  • 1906Walther Rathenau (1867-1922), uomo politico israelita, Ministro per la Ricostruzione e dal 31 gennaio 1922, Ministro per gli Affari Esteri della Repubblica di Weimar fino al 24 giugno, il giorno del suo assassinio. Gran capitalista, alla testa di oltre cento Società, strettamente legato all’Alta Finanza di Wall Street: «Trecento uomini, di cui ciascuno conosce tutti gli altri, governano i destini del continente europeo e scelgono i loro successori nel loro entourage» 6.
  • 1920Winston Churchill (1874-1965) 7, il celebre statista inglese, in un articolo sulla rivoluzione russa apparso sull’Illustraled Sunday Herald, del 18 febbraio 1920, scriveva: «Dai giorni di Spartacus-Weißhaupt fino a Karl Marx, Trotsky (Russia), Bela Kuhn (Ungheria), Rosa Luxemburg (Germania) ed Emma Goldmann (USA) 8, questo complotto mondiale per la distruzione della civiltà e per la ricostituzione della società sulla base dell’arresto del progresso, del malanimo invidioso e dell’impossibile uguaglianza si è potentemente sviluppato. Esso ha giocato un ruolo chiaramente riconoscibile nella tragedia della Ri-voluzione Francese. Esso ha servito da motore a tutti i movimenti sovversivi del secolo XIX; e ora, infine, questo gruppo di straordinarie personalità del mondo sotterraneo delle grandi città d’Europa e d’America ha afferrato per i capelli il popolo russo ed è divenuto praticamente il dominatore incontrastato di questo enorme impero».
  • 1950 James Paul Warburg (1896-1969), uomo di punta dell’Alta Finanza cosmopolita ebraica, amministratore della banca Kuhn & Loeb, grande finanziatrice della Rivoluzione Russa, membro del Council on Foreign Relations (l’Istituto per gli Affari Internazionali americano, vero governo-ombra degli Stati Uniti), e del mondialista Bilderberg Group (sorta di superparlamento allargato alle due sponde dell’Atlantico), rivolgendosi al Senato americano il 17 febbraio 1953: «Noi avremo un Governo Mondiale che ci piaccia o no. La sola questione è di sapere se sarà creato per conquista o per consenso».1930KadmiCohen, in L’abomination américaine 9 «Ai crocevia-chiave della Storia, un Kahal misterioso spinge l’uomo “ispirato”, talora scelto con molto anticipo a divenire lo strumento della “Grande Opera”. Egli può allora sconvolgere uno Stato, rovesciare corso degli eventi, sfidare le opposizioni, ingannare i popoli con capovolgimenti spettacolari e drammatici, con stupore delle folle che ignorano la preparazione delle sue vie effettuata da altre mani e dai sostegni occulti che lo fanno durare fino al giorno stabilito della sua caduta, una volta assolta la sua missione, o allorquando le sue pretese oltrepassano la misura che gli è stata assegnata».
  • 1935Sir Stanley Baldwin (1867-1947), Ministro britannico. constatava: «Gli Stati, colonne della corona d’Inghilterra, non sono più arbitri del loro destino. Delle potenze che ci sfuggono fanno giocare nei miei Paesi come altrove degli interessi particolari e un idealismo aberrante» 10.
  • 1941James Burnham (1905-1987), membro dell’alta Massoneria riservata ai soli ebrei del B’nai B’rith e della Pilgrims Society 11, riferendosi ai quadri direttivi: «I dirigenti nominali: presidenti, re, congressisti. deputati, generali, non sono i veri dirigenti» 12. E, in piena guerra, nel suo libro L’era degli organizzatori, trattando dell’esistenza di una cospirazione che manipolava il nazismo altrettanto bene delle altre ideologie o Stati, aggiungeva: «La guerra, le guerre future sono in realtà un episodio della Rivoluzione» 13.
  • 1946Charles Riandey, Sovrano Gran Commendatore del Supremo Consiglio (dei 33º del Rito Scozzese Antico Accettato. N.d.R.) di Francia, annunciava: «La necessità di un’organizzazione totalitaria del mondo, dalla quale verrà esclusa ogni nozione di primato di una nazione nondimeno sussiste. Essa si realizzerà ineluttabilmente alla sua ora, ora che non è ancora giunta e che a nulla gioverà volerla anticipare, dal momento che vanno raccolti soltanto i frutti maturi […]. Questo passaggio (dal particolare al collettivo) […] non sarà definitivamente compiuto che allorquando il mondo intero avrà riconosciuto l’autorità di un agente unico, regolatore e coordinatore universale. Con quale mezzo si imporrà questo agente? Probabilmente con la guerra, una terza e – speriamolo – ultima convulsione mondiale, perché l’umanità è condannata come tutto ciò che è vivente, a partorire nel dolore e nel sangue» 14.
  • 1949 – Giuseppe Antonio Borgese (1882-1952) – marito di Elisabeth Mann, figlia di Thomas Mann – professore all’università di Chicago e segretario generale del Comitato per l’elaborazione di una Costituzione Mondiale, nel 1953 dà alle stampe Foundations of the World Republic («Fondamenti della Repubblica Mondiale»). Vi si dice: «Il Governo Mondiale è inevitabile. Nascerà in uno dei seguenti modi. O come Impero Mondiale, con schiavitù di massa imposta dalla vittoria di una Terza Guerra Mondiale, o può prendere la forma di Repubblica Federale Mondiale, instaurata attraverso un’integrazione graduale nelle Nazioni Unite» 15.
  • 1968 – Harold Wilson (1916-1995), uomo politico inglese, membro del potente Royal Institute of International Affairs (R.I.I.A.), l’Istituto Affari Internazionali britannico, e della Fabian Society, circolo superiore dell’area del Potere e centro mondiale di irradiazione, fin dal 1884, del socialismo: «I conservatori danno l’illusione di governare, allorché le vere decisioni sono prese al di fuori del Parlamento, dai Clore, dai Lazard e dai Warburg» (finanzieri israeliti, N.d.R.) 16.

 

  • 1975 – Saul Mendlowitz , ebreo, direttore del Progetto di Modello per un Ordine Mondiale e membro del Council on Foreign Relations (C.F.R.). il politburo del capitalismo con sede a New York: «La domanda se ci sarà o non ci sarà un Governo Mondiale entro il 2000 non si pone più. A mio avviso le domande che dobbiamo (invece) porci sono: come questo si verificherà, se attraverso un cataclisma, un movimento, un disegno più o meno razionale e se sarà a carattere totalitario, benevolmente élitista o partecipativo» 17.
  • 1981Thierry de Montbrial, membro della Commissione Trilaterale, presidente dell’I.F.R.I., l’Istituto Affari Internazionali francese, e membro del Club massonico Le Siècle: «Ad un dato momento, il contenuto e lo stile della politica internazionale vengono influenzati da quanto pensa e dice un relativamente piccolo numero di esperti. E questo nel mondo intero. Si tratta di una pura constatazione che non è dettata da nessuna dottrina élitista. Per fare un esempio, negli Stati Uniti un centinaio di persone giocano un ruolo preponderante in seno agli Istituti di Ricerca e nei circoli giornalistici, e la loro influenza è considerevole […]. A Mosca, gli Istituti di Studi Internazionali, che sono nostri omologhi e nostri interlocutori, partecipano all’elaborazione della politica sovietica» 18.
  • 1985Louis Pauwels (1920-1997), massone, occultista, discepolo del mago nero Georges Ivanovi? Gurdjieff (1872-1949), già direttore di riviste esoteriche e del Figaro Magazine, che ama proclamare la sua conversione al cristianesimo: «C’è un complotto mondiale di forze anticristiane che mirano a indebolire (e se possibile a dissolvere in un umanesimo di belle parole, ma impotente) la fede dei cattolici a dividere la Chiesa, ad arrivare ad uno scisma» 19.
Il presente articolo è stato estratto da un’edizione piuttosto datata dell’opera di Epiphanius Massoneria e sette segrete: la faccia occulta della storia. Nel maggio del 2008, è stata pubblicata un’edizione accresciuta (pagg. 989 contro le 659 dell’edizione precedente) della stessa opera di cui consigliamo caldamente la lettura.
Note
1 Estratto dall’opera Massoneria e sètte segrete: la faccia occulta della Storia, Editrice Icthys, Albano Laziale s.d., pagg. 10-15.
2 Morto a Parigi nel 1988 all’età di novant’anni.
3 Cfr. P. Virion, Bientôt un gouvernement mondial? («Ben presto un Governo Mondiale»?), Ed. Téqui, 1967. pagg. 217-18.
4 Cfr. B. Disraeli, Coningsby, Parigi 1884, pagg. 183, 184.
5 Cfr. Y. Moncomble. L’irrésistible expansion du mondialisme («L’irresistibile espansione del mondialismo»), Parigi 1981, pag. 212.
6 Cfr. Wiener Freie Presse, del 24 dicembre 1912.
7 La carriera politica di Churchill ricevette l’appoggio della Massoneria come lo prova la rivista The Freemason, del 25 maggio 1929, Londra, pag. 919.
8 Rivoluzionaria ebrea lituana (1869-1940) una delle maggiori figure della storia dell’anarchismo, editrice di Mother Earth («Terra Madre», tema caro alle campagne ecologiste di oggi), influente giornale anarchico e pioniere dei metodi per il controllo delle nascite).
9 Cfr. P. Virion, op. cit., pag. 211.
10 Cfr. Y. Moncomble, op. cit., pag. 212.
11 Lord Burnham in realtà si chiamava Levy-Lawson (cfr. Y. Moncomble, Les professionnels de l’anti-racisme, Ed. Y. Moncomble, Parigi 1987, pag. 255).
12 Cfr. P. Virion, op. cit., pag. 83.
13 Cfr. P. Faillant de Villemarest, La lettre d’information («Lettera di informazione»), nº 10/1987.
14 Cfr. Le Temple («Il Tempio»), pagg. 50-51; cit. in P. Virion,  op. cit., pag. 255. Le Temple è una rivista massonica.
15 Cfr. W. F. Jasper, Global Tyranny… Step by Step («Tirannia globale… passo dopo passo»), Ed. Western Islands, Appleton 1992, pag. 88.
16 Cfr. Y. Moncomble, La Trilatérale et les secrets du mondialisme («La Trilaterale e i segreti del mondialismo»), Parigi 1980, pag. 235.
17 Cfr. W. F. Jasper, op. cit., pag. 83.
18 Cfr. Le Figaro, del 16 gennaio 1981.
19 Cfr. V. Messori, Inchiesta sul cristianesimo, SEI Editrice, 1987, pag. 151-152
posted by Redazione febbraio 10, 2017

Razzisti contro Trump

Già! Razzisti, ipocriti e menzogneri. Stampa fasulla e piazze pagate da chi ha preparato, con molto tempo a disposizione, un qualche migliaio di ridicoli cappellini rosa sciocco come le zucche in essi contenute. Crape vuote come un cesso abbandonato in discarica, che possono contare, però, nei tromboncini di certi giornalucci, cartacei e virtuali, che se la cantano e se la suonano fra di loro. Tutti contro il neoPresidente. Sono curioso di vedere quanti saranno a mantenere fede ai giuramenti di queste ore e a non correre a leccare il culo a Trump nei prossimi mesi.
Bergoglio compreso, ridicolo nelle sue esternazioni politiche delle ultime ore. Menzione d’onore, poi, per la nostra televisione di Stato, che utilizza per il suo tg ufficiale immagini di una manifestazione sportiva di un ventennio fa per “condire” un servizietto sulle donne che manifestano contro il 45° Presidente degli USA. Menzogna su menzogna. A imperitura vergogna del giornalista che l’ha confezionato e del direttore che l’ha autorizzato!!!
(Che mi tocca fare! Io, che non amo l’America, sono costretto a difenderne il Presidente. …  Fortunatamente, una delle cose migliori che le siano capitate negli ultimi mesi!)
E le “contestatrici”, dico loro, chi sono???donne anti trump
Mi rifiuto di credere che rappresentino anche solo lo 0,0000000001% del popolo femminile americano.
Si vede lontano un miglio che si tratti di quattro poveracce, stile punkabbestia, che avrebbero sfilato anche contro l’altezza della Statua della Libertà, contro la dentiera del Papa o la mutanda lenta di madonna… Disadattate prezzolate e galvanizzate, magari, da qualche regalino di polverine magiche.
Trump fa bene a fottersene. Come e quanto ce ne fottiamo noi, che lo aspettavamo!donne anti trump 2
(uno dei tanti post sui social)
L’America e il Mondo avevano bisogno di un controbilanciamento americano alla perfezione politica di Putin. Una sorta di nuovo asse Reagan Gorbaciov (quella bella accoppiata dei tempi d’oro del riavvicinamento e della pace), ma in tempo di guerra vera. Con la massomafia che la fa da grande, dopo la sciagura dell’ottennio del presidente di colore con signora finta ortolana al seguito. Smargiassa e gradassa sui mercati, la massoneria si è ingigantita con la nascita e il battesimo del terrorismo islamico, con le guerre sui territori del medio oriente e del nordafrica, con la destabilizzazione sociomorale dell’europa. Tutte partorite dalle menti malate di un establishment creato ad hoc nelle stanze del potere colorato di nero e biondo.
Però… Però! Obama e Clinton hanno perso. E, con loro, tutti quei potentati che ci hanno portati alla fame, all’umiliazione, alla schiavitù.
Talmente schiavi, che oggi ci impongono di andare a marciare e urlare contro Donald. Fortunatamente, a parte qualche demente e disadattato, qualche starletta invecchiata nel mito del pisello, qualche attore inguaiato con la salute e dedito, ormai, più alla pillola blu che all’amato alcool, qualche giornalista che venderebbe sua madre tumulata pur di apparire, tutti noi siamo lucidi e non ci caschiamo, nella rete delle provocazioni.
Restiamo rispettosi in attesa. Osserviamo. Per giudicare.
Cosa che consigliamo anche al frettoloso papampero, panzer senza pilota e che sta allontanando migliaia di veri Cristiani dalla sua chiesa razzista vera, ma non dalla Chiesa. #nonciriuscirà
Fra me e me.
23  gen 17

Il Tradimento di Obama

obama deceptionBarack Obama è stato eletto sull’onda dell’entusiasmo derivante dallo slogan ‘Yes We Can’ (Si noi possiamo), ben presto però, la realtà dei fatti, ha obbligato l’amministrazione a fare i conti con l’influenza esercitata dallo ‘stato profondo’. Mostro mitologico a cinque teste, include essenzialmente Wall Street (Finanza), i grandi corporazioni industriali (Multinazionali), le agenzie di spionaggio (CIA, NSA, NRO, etc), il complesso militare (Industria Bellica) e i media mainstream (grandi gruppi editoriali e televisivi).
Tra i maggiori meriti di Obama, soprattutto durante la prima amministrazione, possiamo annoverare una forte propensione a non macchiare la sua bibliografia presidenziale con disastrose guerre quali Iraq e Afghanistan. Questo rifiuto ha delineato e definito enormemente le strategie di ingaggio nell’arena internazionale da parte degli Stati Uniti.
Un altro fattore di enorme importanza è riscontrabile con il tentativo di regolamentare e definire maggiormente i perimetri dell’alta finanza speculativa che portò alla crisi finanziaria del 2008. Il potere di un presidente è molto limitato in confronto ad un’entità potente quale la FED. In tal senso, i pochi sforzi di limitare il potere dei grandi gruppi finanziari e bancari sono immediatamente naufragati, obbligando Obama a seguire la leadership di Greenspan e la politica monetaria decisa dalla FED. Primo enorme tradimento del mandato popolare.
Infine, i ripetuti scandali spionistici relativi alla NSA e alle altre agenzie di intelligence, hanno costretto Obama ad adottare una retorica volta al contenimento del potere illimitato delle agenzie di spionaggio. Nella pratica però, l’amministrazione uscente ha fatto l’esatto opposto aumentando fortemente i poteri delle agenzie governative, con lo scopo preciso di perseguire e accompagnare così la nuova strategia bellica presidenziale. Secondo enorme tradimento nei confronti dell’elettorato.
Ripercorrendo i punti cardine dell’amministrazione uscente, è facile comprendere come, dei cinque conglomerati di potere, tre di essi, Media, Wall Street e agenzie di spionaggio abbiano avuto vita facile potendo contare su un presidente a disposizione di tali poteri forti.
Ciò viene facilmente riscontrato nelle decisioni intraprese in otto anni di presidenza. Difficile stabilire una certezza quale siano state le motivazioni dietro a questo approccio, resta però una certezza, Obama ha dovuto sottomettersi a determinati rami dello stato profondo per poter implementare certe strategie. Per Obama, principalmente, è sempre stata una questione di priorità, unito alla necessità di assecondare determinati ambiti dello stato profondo, nell’opera di evangelizzazione democratica (derivante dal concetto distorto di Eccezionalisimo Americano).
In questo senso, facilmente si intuisce come mai agenzie di spionaggio, apparati mediatici e speculatori finanziari abbiano avuto mano libera durante la gestione Obama. Il presidente uscente ha puntato su tre fattori principali durante la sua presidenza: avanzare il ruolo degli Stati Uniti nel mondo, una ripresa interna dell’economia e la rinuncia a guerre con truppe di terra. Obiettivi chiaramente incompatibili tra loro, specie se messi in relazione con i desiderata storici della politica estera americana (preservare il mondo unipolare a guida USA)
Per riuscire in questo obiettivo, necessariamente, ha avuto bisogno di un forte sostegno da parte delle grandi istituzioni finanziarie, nazionali ed internazionali, per organizzare la destabilizzazione economica e il terrorismo finanziario verso nazioni considerate ostili. Obiettivo, aprire la strada alle agenzie di intelligence e alla loro forma di aggressione mediante forme di soft-power (primavera araba, rivoluzione colorata, influenzare il voto). In tutto questo, l’apparato mediatico ha giocato un ruolo fondamentale amplificando la propaganda politica. Lo scopo, anche in questo caso, spianare la strada alle canoniche tecniche di manipolazione (mancanza di notizie, notizie distorte, percezione alterata della realtà, omissioni) per ottenere il sostegno delle popolazioni occidentali alle operazioni di cambio regime in Nord Africa, Medio Oriente ed Europa dell’Est.
Questa strategia di protezione della sua biografia, evitando ad ogni costo un intervento militare, ha infastidito fortemente il complesso militare industriale, oltre alle grandi corporazioni industriali (Petrolifere, Agricole ed Edili). Il bombardamento, l’invasione via terra, l’occupazione materiale e la distruzione delle infrastrutture di un paese sono grandi catalizzatori di appalti, assegnati regolarmente alle aziende private statunitensi (l’esempio dell’Iraq è emblematico). L’effetto sono centinaia di milioni di dollari di profitto. Lo stesso apparato bellico ha più capacità di espandere i suoi guadagni con guerre perpetue, di occupazione che impieghino armamenti e nuove tecnologie, frutto anch’essi di contratti multimilionari.
Le problematica maggiore sono comunque emerse in altri contesti, conseguenze di un approccio particolarmente esasperato al tema dei diritti umani. Argomentazione abusata nell’ultimo decennio sotto l’amministrazione Obama, ha spesso funzionato da pretesto per il bombardamento e il sostegno di rivoluzioni violente che hanno finito per distruggere diverse nazioni negli corso degli ultimi otto anni. Gli effetti della politica estera di Obama hanno peggiorato le tensioni globali, semplicemente cambiando metodi e mezzi. Terzo, enorme, tradimento del mandato elettorale.
Le maggiori conseguenze sul fronte interno, evidente riflesso di una strategia basata sull’uso di intelligence e media mainstream, sono state un aumento esponenziale del potere delle agenzie di spionaggio, degenerato con i ripetuti scandali rivelati da Snowden. Altrettanto si può dire in merito alla credibilità della Stampa con l’alterazione delle notizie per favorire un certo tipo di interpretazione della realtà. Infine, ovviamente, il salvataggio delle maggiori banche ha prodotto conseguenze disastrose nell’apparato finanziario ed economico. Il potere della FED (degenerato con i tassi di interesse bloccati a zero e la cosiddetta capacità di stampare denaro all’infinito), unito alla speculazione finanziaria, la distorsione mediatica delle notizie e una completa libertà per le agenzie di intelligence, lascia in eredità al nuovo presidente un paese con un’economia instabile, una crescita rasente lo zero ed una politica estera disastrosa per gli Stati Uniti e il resto del mondo.
Uno dei pochi meriti di Obama è stata la necessità di porre un freno alle intenzioni bellicose dell’apparato militare, attirandosi quindi spesso aspre critiche dalla parte più interventista del ‘deep state’ USA. In Siria, la mancata invasione del 2013 ha lasciato il segno tra la presidenza Obama e lo stato profondo che ha continuato a minare la credibilità dell’ex presidente fino all’ultimo giorno della sua permanenza alla Casa Bianca.
In Iraq, la necessità di marcare una differenza importante con Bush ha prodotto un ritiro forzato delle truppe americane, favorendo così l’ascesa di daesh. Che Obama abbia deciso in autonomia questa strategia o che sia stato tradito dagli apparati di intelligence, creatori di daesh a Camp Bucca, poco cambia. La strategia politica di Obama ha necessariamente dovuto concedere particolari deleghe di autonomia agli apparati di intelligence, tradendo puntualmente il mandato dei cittadini.
Obama ha concesso armi e finanziamenti ad elementi collegati a daesh ed al qaeda, offrendo una cooperazione continua con altri attori regionali (Arabia Saudita, Qatar e Turchia) per destabilizzare l’intera area Mediorientale e Nordafricana. Quarto gigantesco tradimento del mandato elettorale.
Il contrasto perenne tra una parte dello stato profondo e Obama ha raggiunto apici di tensione in merito alla vicenda Ucraina. Le forti pressioni dei neoconservatori sull’amministrazione hanno avuto poca fortuna nel innescare un’escalation delle tensioni nell’est del paese. Nonostante l’apparato di intelligence abbia sempre assistito Kiev nella sua famigerata operazione antiterrorismo e nella copertura di nefandezze di ogni genere (MH17?), l’apparato militare non ha potuto armare l’esercito Ucraino, con l’aiuto della NATO, come avrebbe voluto e sperato.
Una delle maggiori contraddizioni tra l’area euroasiatica e quella atlantica è stata l’errata interpretazione dei due maggiori esponenti. In Russia, ma spesso anche in altre nazioni mediorientali, Obama è stato percepito come un estremista che avrebbe voluto attivare i meccanismi per portare ad una terza guerra mondiale. Alla stessa maniera, Putin ha ricevuto la stessa interpretazione delle sue intenzioni da parte atlantica. Questa errata percezione della realtà ha spesso portato ad equivoci e mancanza di fiducia difficilmente risolvibili. A riprova di questa affermazione, la situazione di maggior pericolo, in termini di scontro tra potenze nucleari, si è avuto durante la crisi Ucraina. In Russia, Putin ha ricevuto critiche per un mancato intervento massiccio in Ucraina, Obama in patria ed in Europa è stato aspramente ostracizzato per non aver appoggiato Kiev con tutti i mezzi necessari. E’ stata la moderatezza di Putin ed Obama in determinati contesti, Siria e Ucraina in primis, ad evitare che i falchi al loro fianco potessero spingere ad un aggravarsi della crisi internazionale.
In conclusione, Obama ha spesso preferito utilizzare metodi alternativi, ma non meno dannosi, per imporre in qualche maniera una sua visione delle politiche internazionali. Spesso ha dovuto cedere la mano con azioni contro la sua volontà e probabilmente poco frutto di una sua iniziativa personale. Le sanzioni alla Federazione Russa, le operazioni con i Droni, l’inasprirsi del pattugliamento nel mar cinese del Sud-Est, il sostegno alle azioni Saudite in Yemen (vendita di armi), il salvataggio bancario dopo la crisi finanziaria e la permanenza di Guantanámo rientrano in questo ampio spettro. Vicende che hanno scalfito e danneggiato la reputazione di Obama. Azioni intraprese e offerte in dono al mostro a cinque teste, comunemente etichettato come stato profondo. Scelte che, in un modo o nell’altro, Obama è stato obbligato ad intraprendere per evitare una guerra dichiarata con le svariate entità del deep state. In sintesi, si è piegato al volere dei poteri forti, senza combattere, ma anzi adattandosi al contesto per trarne un beneficio personale.
Obama è certamente stato un presidente per certi versi peggiore di Bush in termini di politica estera e domestica. Va però riconosciuta la sua capacità nell’aver limitato la potenziale azione distruttiva-nucleare degli Stati Uniti, specie se rapportato ai desiderata di certi apparati del potere di Washington. L’accusa maggiore che si possa muovere ad Obama è non aver mantenuto fede alla promessa basilare espressa durante la campagna elettorale. Con la terminologia ‘Yes We Can’, Obama promise un cambiamento nell’approccio ai problemi degli Stati Uniti.  Invece di combattere l’establishment con una rivoluzione dal suo interno, ha preferito scendere a patti per avanzare il ruolo degli Stati Uniti nel mondo semplicemente cambiando approccio.
Ha scelto alleanze e tessuto trame per avanzare la sua biografia (polemica con Israele per gli insediamenti, il ritiro dall’Iraq e la fine dell’embargo con Cuba), senza mai però entrare in contrasto aperto con determinati settori dello Stato Profondo. Israele può essere considerata un’eccezione isolata.
Le conseguenze di questo approccio hanno generato effetti catastrofici che vediamo ogni giorno in diverse aree del globo. Le popolazioni di Stati Uniti ed Europa vivono una crisi esistenziale senza più fiducia nei media; le agenzie spionistiche vengono considerate oppressive ed invadenti nella sfera della privacy senza più alcuna credibilità; gli apparati militari-industriali producono hardware obsoleto ed inefficace, con costi di produzione iperbolici dettati da una vasta corruzione; i grandi gruppi corporativi hanno subito gli effetti di una guerra commerciali (rapporto problematico con il valore del petrolio) oltre al fallimento degli accordi commerciali come TTIP e TTP.
Obama, pur avanzando una candidatura di rottura nel 2008 e nel 2012, ha continuato nel solco dell’eccezionalismo americano, del popolo scelto da Dio bramando di educare il globo nella maniera appropriata. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Iran, Cina e Russia che hanno enormemente guadagnato fiducia e considerazione rispetto agli Stati Uniti grazie al loro approccio scevro di eccezionalismo.
Il tradimento di Obama, rispetto alle aspettative, sommato alle conseguenze nefaste della sua presidenza lo rendono, complessivamente, uno dei peggiori presidenti della storia degli Stati Uniti. Non sorprenda, quindi, l’elezione di Donald Trump. Un presidente, anch’esso, di rottura rispetto ad Obama. Una ripetizione del medesimo meccanismo elettorale che portò al trionfo di Obama nel 2008 al termina della presidenza Bush. Trump è stato eletto sulle ali dell’entusiasmo, con uno slogan che promette di rimettere gli Stati Uniti al centro del progetto nazionale e globale, sfidando quindi apertamente gli interessi del mostro a cinque teste dello stato profondo. Ancora una volta, folgoranti similitudini con la campagna elettorale dell’ormai ex presidente.
E’ probabile che anche Trump decida di allearsi con determinati componenti dello stato profondo dichiarando guerra ai restanti, avanzando così la sua visione strategica del futuro del paese. Un tracciato che assomiglia paurosamente alla tattica ed alle intenzioni iniziali di Obama. Il problema di fondo resta intrinsecamente legato all’opinione personale del presidente degli Stati Uniti che spesso si sente nominato quale guida morale e spirituale dell’intero globo, non solo degli Stati Uniti d’America. In tal caso, il risultato sarà il medesimo degli ultimi otto anni con una continua crescita del ruolo di Cina, Russia e Iran. L’epoca di Obama si chiude con un paradossale “No, you can’t” (no, non puoi), contrapposto all’iniziale “Yes we Can”. Trump dovrà stare attento a non subire una trasformazione simile, del suo slogan, con un passaggio dal “make america great again” (rendiamo gli Stati Uniti grandi di nuovo) al più realistico “make eurasia great again”.
Il mostro a cinque teste, comunemente chiamato Deep State, guida la politica domestica ed internazionale degli Stati Uniti da oltre cento anni, piegando il volere presidenziale e sabotando amministrazioni senza pietà. Se c’è qualcosa che già accomuna Obama e Trump è la difficoltà nel discostarsi dalla precedente amministrazione, riuscendo al contempo ad avanzare le intenzioni espresse durante la campagna elettorale. Missione impossibile?
di Federico Pieraccini – 21/01/2017 – Fonte: L’Antidiplomatico

Cyberspionaggio. E’ nata una figura ibrida di controllore-controllato

Intervistata da Intelligonews  Enrica Perucchietti, giornalista, scrittrice e opinionista, commenta senza giri di parole il caso cyberspionaggio. Nel mirino degli hacker sembra ci fossero, da anni, imprenditori e personaggi politici di spicco tra cui Renzi, Monti e Draghi.
Che idea si è fatta della vicenda?
 
“E’ la punta dell’iceberg di un fenomeno, molti ricercatori ne parlano da anni ma sono stati bollati come delle cassandre. Siamo tutti violati quotidianamente, non esiste più la privacy, il cyberspionaggio è diventato ormai endemico ed è l’arma per tenere sotto controllo un po’ tutti”.
 
Materiale quindi da utilizzare per ricatti.
 
Sicuramente. Stanno emergendo anche dei rapporti  con la massoneria. Bisogna vedere quali gruppi avessero dietro. Se sono stati aperti dei faldoni per spiare costantemente delle persone c’è dietro un sistema per poter ricattare qualcuno. Mi sembra che la forma del ricatto sia diventata un’arma quotidiana della politica, un metodo normale”.
Si parla anche di possibili incroci tra la P3 e le P4?
 
“E’ morta la P2 e non ci siamo mai chiesti che fine avesse fatto la P1. Probabilmente una struttura è sopravvissuta ed è difficilissima da debellare perché chiunque si avvicina viene combattuto o pubblicamente deriso e bollato come dietrologo. Poi quando scoppiano questi scandali sembra che si parli di trame dei film ma in realtà sono fatti che avvengono quotidianamente”.
 
Vede dei collegamenti tra questa vicenda è quanto accaduto in America nel caso delle elezioni con l’accusa di Obama di interferenze da parte di hacker russi?
 
“Secondo me no, i fantomatici hacker russi sono una buffonata. Da mesi si sta cercando di ostacolare e deligittimare Trump agli occhi dell’opinione pubblica perché è uno che ha attaccato i gruppi di potere, mentre la Clinton era la rappresentante perfetta dell’establishment. La questione americana è un modo per sviare l’attenzione dalla debacle che hanno avuto alle elezioni. Obama è stato uno dei peggiori presidenti della storia americana, ha deluso tutte le promesse e ora se ne va nel modo peggiore, battendo i piedi come i bambini. Sono due situazioni completamente diverse”.
Oggi chi sono gli spioni e chi gli spiati?
 
In realtà siamo un po’ tutti spioni e spiati perché, grazie anche ai social network, si è creata questa figura ibrida del controllore-controllato. Ci sono degli spioni che sono ormai ovunque e fanno parte dei gruppi di poteri, anche dei governi. Ci sono modalità di controllo che fanno parte del potere e sono esercitate nei confronti di tutti i cittadini. In Italia noi conosciamo poco queste tecniche mentre in altri Paesi, come ad esempio gli Stati Uniti, l’evoluzione della sorveglianza tecnologica è molto avanzata. Pensiamo inoltre che più viene sponsorizzato l’allarme terrorismo più si stringeranno le maglie del controllo sociale che passa anche attraverso il controllo tecnologico. Noi stessi circondandoci di cellulari e satellitari diamo la possibilità di essere controllati. C’è quindi una forma ibrida, siamo controllati dal potere e ci hanno abituato per comodità ad abdicare alla nostra privacy che cediamo tramite i social e la tecnologia senza rendercene conto”.
di Enrica Perucchietti – 11/01/2017
 
Fonte: intelligonews
Occhionero, Occhio-Piramide, occhio a Ravasi.
Mi hanno telefonato in cento: il mio parere sui fratelli spioni Occhionero, che hanno infiltrato le mail di Mario Draghi, Ravasi, Monti, massoni sciolti e a pacchetti. Cosa ne penso. Cosa volete ne pensi. E’ troppo presto   per capire i media riempiono il vuoto con fuffa e polvere negli occhi, interviste a  Genchi e altri depassés,   il consueto rumore di fondo utilissimo.
 
Io dico: aspettiamo. La sola cosa che sembra certa è che i due Occhionero sono: amici dell’ambasciatore  Usa a Roma. Residenti a Londra. Interni a potenti ditte finanziarie della City.  Con aiuti tecnici e politici in Usa per la loro impresa di hackeraggio.  La moglie, cittadina americana. Il fratello Occhionero, oltre che gran maestro della loggia romana, è anche introdotto nella gran loggia dell’illinois.occhionero
“E’ stato beccato grazie alla collaborazione dell’Fbi con la polizia italiana, ma NON delle altre agenzie americane”, mi dice il noto amico di Washington: “il repulisti dell’intelligence Usa”! (voluto da Trump e dal suo quartier  generale)  “ha raggiunto l’Italia?”. Si noti il punto di domanda.   E’ troppo presto per farne a meno.
Ricordiamo solo che una parte dell’Fbi ha forzato il suo direttore, Comey, ad aprire controvoglia le indagini sulla Clinton in piena campagna elettorale (Comey poi le ha subito chiuse: lì si arrivava al Pizzagate attraverso il computer del marito sessuomane di Huma Abedin). E’ quell’ FBI che oggi apre agli  inquirenti italiani i servi dell’occhio della piramide? Sembra ragionevole.
A me personalmente interesserebbe molto vedere le liste che  ing. Occhionero  ha stilato, in ordine  alle caratteristiche dei  personaggi: “politici”,  “cardinali”,”massoni”…  Per esempio monsignor Ravasi è catalogato come massone? E Monti? E  Draghi?
Ma soprattutto Ravasi. Forse si ricorderà che pubblicò su 24 Ore, il 14 febbraio 2016, un inatteso invito ai “cari  fratelli massoni”  a cui la nuova Chiesa di Begoglio, dopo 500 condanne in due secoli, allarga le braccia  tutte misericordia.    Il papa che è stato salutato ufficialmente dal Grande  Oriente  a poche ore dalla sua elezione, come quellologgia pensiero e azione  sotto il quale “la Chiesa non sarebbe  più stata come prima”.  Il papa  che, quando atterra in qualche paese estero, la massoneria locale gli fa trovare manifesti di benvenuto.  Il  Papa che pochi giorni fa  ha    di nuovo  invocato   (come l’ha già fatto in Laudato Si)  “una autorità politica mondiale” nuova, “per ridurre l’inquinamento”,  munita di una banca centrale globale emettitrice di  una moneta unica, “per la salvezza dell’umanità”   e “lo sviluppo”.  Il Papa che  ha compassione per l’ambiente e nessuna per  i Francescani dell’immacolata…
 
Secondo una vocina interna al Vaticano, sarebbe Ravasi, in realtà, il grande promotore degli  eventi che portarono alle dimissioni di Benedetto XVI. La sua appartenenza alla lista Massoneria sarebbe di notevole significato.
 
Lo sapremo presto? Lo sapremo mai?
 
di Mauruizuo Blonet – 11/01/2017
Fonte: Mauruizuo Blonet