Sulla convocazione del Consiglio di Sicurezza all’ONU la Zajarova risponde agli USA

Maria-Zakarova-rispondeLa portavoce russa all’ONU
 
Sulla convocazione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, richiesta dagli USA per discutere della proteste avvenute in Iran, la portavoce russa Maria Zajarova ha voluto rispondere agli USA ricordando le manifestazioni di protesta avvenute di recente negli USA e la reazione delle autorità statunitensi su questi episodi.
La richiesta di convocazione era stata fatta dalla rappresentante USA all’ONU, Nikki Haley la quale ha annunciato l’intenzione di Washington di convocare il CSNU per discutere delle attuali manifestazioni in Iran e per amplificare “la voce del popolo iraniano”.
La Zajarova da parte sua non ha tardato a commentare la decisione statunitense:
“Non c’è dubbio che la delegazione americana avrà qualche cosa da raccontare al mondo. Nikki Haley ad esempio potrebbe condividere l’esperienza statunitense nella repressione delle manifestazioni di protesta”, ha scritto la Zajarova sulla sua pagina FB.
“Gli statunitensi ptrebbero raccontare “, ha proseguito la Zajarova, “come hanno proceduto agli arresti di massa e la soppressione del movimento “Occupa Wall Street” o sulla repressione delle proteste contro la polizia nella località di Ferguson nel 2014″.
Proteste in Iran
 
L’ondata di disordini e di  proteste si sono verificati negli ultimi giorni in Iran a partire dal 28 Dicembre. I manifestanti reclamavano miglioramenti economici ed hanno protestato per la risalita dei prezzi.
Le proteste erano iniziate a Mashad e si sono poi estese in altre città inclusa Teheran ed hanno dato luogo a molti arresti ed alcune vittime.
Le autorità iraniane hanno denunciato la presenza di agitatori e terroristi venuti dall’estero per fomentare i disordini ed il caos nel paese.
Fonte: Sputnik Mundo Gen 03, 2018

Poroshenko si gioca la carta del Tribunale dell’ONU per far arrestare Putin

Petro-Poroshenko-PassportsPoroshnko esibisce i passaporti russi

Poroshenko chiede al Tribuale dell’ONU di far arrestare Putin, nell’ultimo tentativo di evitare di essere linciato dai gruppi neonazisti ucraini

Tempi disperati richiedono misure disperate

Il Governo di Kiev si trova nella decisione di pacificare gli ultranazionalisti che illegalmente stanno bloccando l’Ucraina Orientale (Donbass) ed hanno provocato una grave scarsezza di energia elettrica ed il sequestro di beni e e fondi tributari -apporti del Donbass dell’epoca sovietica.
In altre parole: Kiev si è sparata sui suoi stessi piedi e, per il colmo, gli ultra nazionalisti adesso si preparano a marciare su Kiev in Marzo.

Il comandante leader del potente gruppo neo-nazista (quello che ha come simbolo del battaglione la runa con il diavolo) ha già annunciato  che ha l’intenzione di sciogliere il Parlamento (Rada) e spodestare Poroshenko (il presidente golpista).
Come c’era da aspettarsi, Kiev cercherà di divulgare questo disastro in modo da dare la colpa alla Russia.

AFP Informa:
“Kiev cercherà di convincere l’Organizzazione delle Nazioni Unite , la Corte Suprema, che Mosca  sta “patrocinando il terrorismo” in un sanguinoso conflitto con i  separatisti ribelli, come sta aumentando l’escalations delle tensioni nel conflitto nella zona orientael dell’Ucraina”.
Il rappresentante dell’Ucraina  solleciterà anche la Corte Internazionale di Giustizia (CIJ) del Lunedì ad adottare misure di emergenza ordinando alla Russia di fermare la sua azione di canalizzare denaro, armi e personale verso l’est, per bloccare quella che ha denominato “discriminazione” delle minoranze russe che stanno occupando la Crimea.

Questo realmente è soltanto l’ultimo disperato tentativo finale per evitare l’inevitabile. Poroshenko sa bene che i gruppi neo-nazisti che lo hanno portato al potere gli si sono rivoltati contro. Le sue barre di cioccolato non lo possono proteggere dalla turbe degli ucraini infuriati.

Washington ha segnalato che vuole tagliare i fondi destinati a Kiev per finanziare la campagna militare di terrore contro il popolo del Donbass. Poroshenko sa che la sua unica speranza è quella di appellarsi alla “comunità internazionale” per farsi compatire.Perchè non provarlo? Poroshenko può presumere di tentare un’altra volta la carta di presentare la sua collezione di passaporti russi per passare come  “vittima” della “aggressione russa”.

Dimitriiy Labin, docente di Diritto Internazionale presso l’Istituto di Relazioni Internazionali di Mosca, ha commentato alla Pravda su questo tema:Poroshenko può presentare tutto quello che vuole ma la Corte di Giustizia non si occupa di casi criminali. Secondo il suo Statuto si occupa soltanto di conflitti fra gli Stati. Pertanto Poroshenko non ha prospettive.

Anche Ruslan Bortnik, direttore dell’Istituto per le Analisi e Gestione Politica, suggerisce che Poroshenko può presentare documenti come passaporti di elementi che hanno patecipato al conflitto in Ucraina ma lo stesso potrebbero fare le Repubbliche del Donbass circa i mercenari stranieri  trovati a combattere nelle fila dell’Esercito ucraino.

Poroshenko non si deve preoccupare, se riesce a fuggire adesso da Kiev, potrà passare il resto della sua vita in modo piacevole a Brooklyn in buona compagnia e con molto denaro.

di Richard Brandt Fonte: Russia Insider Traduzione: L.Lago

Contestano Trump anche quando fa come Obama

all immigrantsIl primo strepito della giornata di ieri arriva quando i media americani ed europei annunciano che Donald Trump ha rimosso dall’incarico il ministro della giustizia, Sally Yates, per il suo rifiuto di applicare il bando restrittivo sull’immigrazione ai sette paesi arabi indicati nell’ordine esecutivo del Presidente. Prima di commentare il merito del provvedimento e di come esso non sia in realtà senza precedenti nella storia recente americana, è opportuno ricordare che la Yates è un ministro uscente nominato da Obama – il ministro della giustizia indicato da Trump, Jeff Sessions, è in attesa della ratifica della sua nomina dal Senato – ed è andata espressamente contro un ordine presidenziale perfettamente legale dal punto di vista giuridico.
Stupiscono anche in questo senso le ingerenze dell’Onu che è arrivata a dichiarare l’illegalità del bando, in un’intromissione quantomeno anomala se si pensa che in passato essa ha taciuto di fronte alle vere violazioni del diritto internazionale commesse dagli Stati Uniti, ma all’epoca evidentemente i diritti umani non erano così prioritari come lo sono ora con Trump.
SICUREZZA INTERNA
Ma tornando al merito della questione, è corretto affermare che la decisione del Presidente sia senza precedenti nella storia americana? La prima cosa importante da dire su questo punto è che l’idea di porre delle restrizioni sull’immigrazione per i sette Paesi interessati dal bando restrittivo (Iraq, Iran, Siria, Yemen, Somalia, Libia e Sudan) non è una idea di Trump, ma del suo predecessore, Barack Obama.
Nel 2015 Obama infatti firma la legge sul programma di miglioramento per il rilascio dei visti (Visa Waiver Program Improvement), e la legge sulla prevenzione del terrorismo per i viaggi negli Usa (Terrorist Travel Prevention Act).
Nel sito del dipartimento della sicurezza interna (Department of Homeland Security) si legge che «il dipartimento per la sicurezza interna rimane preoccupato per la situazione in Siria e in Iraq, così instabili da attirare migliaia di combattenti stranieri, inclusi molti interessati dalla legge in questione (il Vwp). Questi soggetti potrebbero viaggiare negli Stati Uniti per compiere delle operazioni sia per proprio conto sia sotto la direzione di gruppi estremisti violenti». Quindi come si vede la restrizione posta da Trump era in parte già stata anticipata dall’amministrazione Obama che aveva individuato nell’immigrazione da questi paesi una fonte di rischio per la sicurezza nazionale.
La critica legittima che si può fare al provvedimento è semmai l’inclusione dell’Iran nella lista, considerato che l’Iran sta contribuendo attivamente in Siria e in Iraq nella lotta al terrorismo islamico, e l’esclusione dell’Arabia Saudita, uno dei Paesi che ha sfornato più terroristi negli ultimi anni, compresi i responsabili dell’11 settembre.
Ad ogni modo parlare di un atto discriminatorio rivolto contro le persone di religione musulmana è del tutto fuorviante. I media, come al solito, stanno raccontando falsità.
Veniamo ora all’aspetto più strettamente legale del provvedimento. Alcuni osservatori hanno rilevato l’illegalità dell’ordine esecutivo del Presidente, contestando la sua incostituzionalità e il suo carattere discriminatorio dal momento che restringe l’immigrazione solamente per i paesi citati sopra. Come detto, il provvedimento non è motivato da motivi religiosi e se si dà uno sguardo alla legge sull’immigrazione federale statunitense (legge 1182 sezione f), viene specificato che «qualora il Presidente ritenga che l’ingresso di stranieri di ogni tipo e classe sia dannoso per gli interessi degli Stati Uniti può, con un atto esecutivo e per il periodo che riterrà necessario, sospendere l’ingresso di tutti gli stranieri di qualsiasi tipo sia che siano immigrati o non immigrati, o imporre sull’ingresso di stranieri qualsiasi altra restrizione che ritenga appropriata». Come si vede, tutto quello fatto da Trump è perfettamente legale e non viola in alcun modo la Costituzione americana.
ORDINE ESECUTIVO
Nonostante questo il giudice federale di New York, Ann Donnelly, ha accolto il ricorso dell’Aclu (American Civil Liberties Union) l’associazione per i diritti civili americana, riguardo all’espulsione di immigrati provenienti dai paesi che riguardano l’ordine esecutivo di Trump. Il giudice Donnelly è stato nominato da Obama, e fino ad ora né le associazioni dei diritti civili americane né la magistratura avevano mai sollevato obiezioni sul fatto che le pratiche per ottenere lo status di rifugiato andassero avanti per anni. Ad ogni modo l’ordine esecutivo di Trump resta in vigore, e parlare di proteste spontanee è piuttosto grottesco dal momento che l’Aclu risulta essere stata finanziata da Soros con 50 milioni di dollari nel 2014.
A questo punto sembra legittimo chiedersi, come mai dietro queste associazioni umanitarie si annidano sempre i rappresentanti della peggiore finanza speculativa?
di Paolo Becchi e Cesare Sacchetti – 01/02/2017

UE PROMETTE SOLDI AD ASSAD – PURCHE’ LASCI UN PO’ DI SIRIA AI RIBELLI

vuoi che non fosse l’italiana a tentare la corruzione?

UE PROMETTE SOLDI AD ASSAD – PURCHE’ LASCI UN PO’ DI SIRIA AI RIBELLI

Mentre Aleppo viene liberata e ripulita dai terroristi preferiti dall’Occidente, l’Unione Europea – secondo il britannico Times –   sta per avanzare una proposta al presidente Assad: aiuti  finanziari “considerevoli”  per la ricostruzione,  in cambio di una “autonomia” locale  concessa alla “opposizione” armata  in certe provincie. Secondo il Times l’idea sarebbe stata  ventilata  dalla ‘capo della  diplomazia europea” Federica Mogherini durante  la sua riunione  con la “opposizione siriana” due settimane fa.  Una fonte della  suddetta ‘opposizione’ ha detto al Times: “Ciò che cerca la Mogherini è  far progredire il piano di soluzione degli scontri in Siria. Il piano comprende la transizione, i cui particolari restano vaghi. Ma se  tutte le parti giungono ad intendersi bene e rispettano il piano UE,  è pronta una grande somma di denaro”.  Ormai gli oligarchi europei hanno cessato di ripetere il mantra dettato da Obama – Assad must go, ma contano di consentire la sopravvivenza dei “ribelli”, ossia della guerra civile, pagando. La  motivazione o parte della  scusa, è che la UE preferisce sborsare per non far fronte alle  ondate di fuggitivi dalla Siria.  Sia che credendo alla propria propaganda non abbiano visto che la gran parte della popolazione di Aleppo accoglie l’armata siriana come liberatori, sia che temano non i profughi,  ma   il ritorno degli “oppositori” che hanno armato ed addestrato, e che non sono cittadini siriani assetati di  libertà e pluralismo, ma  spesso europei arruolati dai servizi belgi e francesi.  Ora, secondo un rapporto UE, oltre 1700 di questi  jihadisti sperimentati in guerra sarebbero tornati in Europa.

mogherini-e-staffan

La proposta di rimediare coi  soldi al fallimento della politica di Obama-Hollande-Saud,   che ha devastato la Siria  per cinque anni,  ricalca in grande quella avanzata pochi giorni prima dall’inviato Onu De Mistura, che ha  pregato Damasco di lasciare Aleppo Est sotto l’amministrazione della ‘opposizione’  takfira, ma ha un lato specificamente euro-idiota. Certo il governo Assad  avrà bisogno di miliardi per la ricostruzione delle devastazioni;  ma  nella Shanghai Cooperation Organization c’è un paese chiamato Cina, che ha tutti i miliardi  che servono, la voglia di investirli,  e (come in Africa) senza subordinare il finanziamento  a  condizioni moralistiche, rispetto dei “diritti umani” o “democrazia”.   L’effetto sarà di  mandare ancor più saldamente Damasco  al blocco ‘russo-asiatico’.

Egitto collabora con Damasco

Dove  sta convergendo sempre più chiaramente anche il Cairo.  Un reparto di genieri egiziani è sbarcato a Tartous e sarà evidentemente impiegato nello sminamento e nella  bonifica di Aleppo Est liberata, e ovviamente cosparsa di trappole letali dai tagliagole.  Secondo il libanese Al-Akhbar, specialisti militari e di polizia del Cairo sono presenti in diverse basi,  dalla centrale dello stato maggiore siriano di Damasco,  alle basi aeree di Hama ed Hmeimim fino all’aeroporto T-4 allestito ad Est di Homs,  anche per approfittare dell’esperienza maturata dall’armata siriana nella lotta al terrorismo,  visto l’infiltrazione dei takfiri in Sinai:  il gruppo  Ansar Beit-ol-Moqadas »   che compie sanguinosi attentati contro l’esercito egiziano e la popolazione,  rivendica di essere parte di Daesh.   Ha scritto Pars Today: “Attraverso la Siria, Al Sissi vede in qualche modo il proprio possibile futuro, se continua a fidarsi dell’Arabia Saudita” (da cui il Cairo dipende per gli aiuti finanziari).  “Il ministro degli esteri Sameh Choukri, in un discorso all’ONU, ha detto chiaramente che la politica del Cairo è di allontanarsi da Ryad.  Al Sissi non vuol un bagno di sangue alla siriana in casa…in cambio di un  pugno di petrodollari e di promesse vuote”.   Ha appena firmato con Mosca   per la costruzione della prima centrale nucleare in Egitto.

Un altro successo della politica “Assad must go”.

Di fronte a  quella che si profila come la vittoria  strategica e politica di Mosca, Teheran, Hezbollah e Damasco, cosa fanno gli Usa? Approfittano dei due mesi in cui Trump non è ancora insediato per assestare attentati e pugnalate alla schiena, il cui solo scopo  è di “far pagare un prezzo” di sangue  alla Russia, come aveva   annunciato l’ex direttore CIA Michael Morell ad agosto in  tv,  e far sì che  arrivino a  Mosca  “un po’ di sacchi mortuari”, come aveva promesso a settembre John Kirby, il portavoce del Dipartimento di Stato.

Il 5 dicembre, un ospedale mobile che i russi avevano appena finito di allestire per assistere i civili di Aleppo, è  stato bombardato da artiglieria ribelle: due infermiere sono morte, un pediatra ferito ( un colonnello  dei  corpi speciali è stato colpito a morte  in altra circostanza)  numerosi civili in cura.  Il ministro della Difesa di Mosca ha accusato esplicitamente e con rabbia  gli occidentali di aver fornito ai takfiri le coordinate per l’attacco: “il sangue dei nostri soldati è sulle mani di chi ha commissionato l’assassinio. Sì, il sangue dei nostri soldati è sulle vostre mani, signori e signore, patroni di terroristi degli Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia ed altri paesi e simpatizzanti”.  –Il risultato non pare quello a cui miravano i mandanti degli assassini; secondo i sondaggi, l’opinione pubblica russa s’è indurita ed è disposta ad accettare perdite umane per farla finita in Siria .

assad-festeggiato

Due giorni dopo, mercoledì  7 dicembre,  caccia israeliani hanno attaccato alle 3:30  l’aeroporto militare siriano di Mezzeh, a sud di Damasco, a poca distanza dal palazzo presidenziale di Assad. Secondo il governo siriano, che ha confermato l’attacco, non ci sono state vittime. E’ la seconda pugnalata sionista in dieci giorni: il 30  novembre i caccia di Tsahal  hanno sparato razzi su installazioni militari ad Ovest di Damasco.

Bassezza di Obama

L’8 dicembre, Obama ha levato le restrizioni prima vigenti sulla fornitura di armi ai ‘ribelli’: fra poco gli ultimi  jihadisti rimasti riceveranno i missili a spalla anti-aerei e i razzi anticarro necessari a nient’altro che   a “far pagare un prezzo” di sangue a Mosca.  Poche ore prima, tramite  Kerry e con l’appoggio dell’ONU,  Obama aveva chiesto una tregua ad Aleppo, allo scopo di far esfiltrare  dalla sacca  i suoi jihadisti e (ritengono i servizi siriani)  gli ufficiali americani (inglesi? Israeliani?)  che li hanno comandati fino all’ultimo. Richiesta respinta da Mosca e Pechino  al consiglio di sicurezza, dopo il bombardamento dell’ospedale da campo russo per i civili,  che la “comunità internazionale” non ha condannato (comportamento “inaccettabile”, ha detto  Putin). Mosca e Damasco hanno acconsentito  alla resa di circa 3 mila terroristi in Aleppo Est, consentendo loro di  uscirne con le famiglie; per  quelli che han voluto restare con le armi in pugno,  parlato di sterminio ( il modus operandi di Putin contro il terrorismo in Cecenia).

Contrariamente a quel che hanno raccontato per anni i governi e i media,  quando l’armata siriana  libera i quartieri di Aleppo, la popolazione li saluta e  festeggia con gioia: gli oppressori  dunque non sono  i lealisti di Assad, ma i tagliagole di Daesh, Al Nusra o come  si chiamano i wahabiti al captagon.  Al punto che Assad ha  ventilato di voler andare in visita alla città liberata; gli occidentali temono che la visita si trasformi di una manifestazione-monstre a favore del regime, smentendo la narrativa della supposta “opposizione democratica”  che d Aleppo combatte per la propria libertà.

 

Così la popolazione di Aleppo Est accoglie le truppe siriane
Così la popolazione di Aleppo Est accoglie le truppe siriane

Staffan De Mistura ha dichiarato giorni fa a Roma che “Aleppo Est può cadere in mano al governo da qui alla fine anno”:  ha usato la parola “cadere in mano”, non “essere liberata”. La Mogherini  ha adottato  all’incirca   lo stesso linguaggio: “Non possiamo far passare il messaggio  che Aleppo è perduta, che noi giriamo la pagina. No, dobbiamo ancora salvare  la popolazione di Aleppo,  proteggere i civili …”.

http://enpi-info.eu/mainmed.php?id=47463&id_type=1&lang_id=469

Aleppo non è “perduta” , ma recuperata – se non si è complici degli islamisti wahabiti. Ma la Mogherini ha un suo modo di raccontare le cose:  “Noi siamo i soli, non uno fra gli altri, bensì i soli che hanno fornito  aiuto umanitario in Siria”, ha detto parlando a nome della UE.

http://syria.mil.ru/fr/index/syria/reconciliation_bulletin.htm

Piccola correzione: la Russia ha inoltrato e  inoltra in Siria tonnellate di aiuti alimentari, carichi di cereali, medicinali anche per ponte aereo.

http://syria.mil.ru/fr/index/syria/reconciliation_bulletin.htm

Piccolo dettaglio: gli aiuti alimentari inviati della UE sono stati esclusivamente diretti ad Aleppo Est, ossia ai terroristi. Di Aleppo Ovest, la UE si è occupata in un solo modo: esigendo magazzini dove ammassare  gli aiuti   da consegnare  ai takfiri ad Est; nemmeno un cioccolatino ad Aleppo Ovest, contro cui la UE applica (come a tutta la Siria sotto il governo Assad)  le più dure sanzioni.  Adesso, via via che si liberano i quartieri di Aleppo Est, si è scoperto che i  takfiri non distribuivano affatto gli aiuti alimentari alla popolazione; se li tenevano o vendevano a caro prezzo; hanno usato i sacchi di cibo targati ONU o Croce Rossa p er rafforzare le protezioni delle loro postazioni, come fossero sacchetti di sabbia. (qui la foto):

 

 

aleppo-sacchetti
Takfiri usavano sacchi di aiuti come sacchi di sabbia

 

 

 

 

 

aleppo-sacchetti-2

  9 dicembre 2016

https://fr.sputniknews.com/presse/201612021028984785-rebelles-alep-aide-humanitaire-onu-proteger/

 

 

“Smettila di gettare veleno”. Forte risposta della Cina alle accuse del rappresentante britannico al CSNU dell’ONU

Da tempo i rappresentanti diplomatici della Gran Bretagna hanno assunto un atteggiamento da “primi nella classe” nel voler dare lezioni a tutto il mondo ed a volersi ergere a difensori dell’ “ordine internazionale”, quello per intenderci stabilito dai loro soci di Washington.
Tuttavia i britannici sembra che non abbiano ancora somatizzato la perdita del loro Impero e di essere soltanto i reggicoda degli Stati Uniti, la principale superpotenza che cerca di imporre il suo Ordine Mondiale ed i suoi interessi agli altri paesi. Per il resto la Gran Bretagna non è altro che un piccolo paese rispetto alle nuove potenze emergenti nel mondo che giustamente reclamano il rispetto del proprio ruolo e della propria sovranità nazionale.
Questo atteggiamento britannico spiega la forte risposta che il rappresentante della Repubblica Popolare Cinese, vera potenza emergente a livello planetario, ha dato al britannico Matthew Rycroft, che rappresenta il Regno Unito al Consiglio di Sicurezza dell’ONU (CSNU).
Lo scorso Lunedì, la Russia e la Cina hanno bloccato con il loro veto la risoluzione presentata dal CSNU dagli altri membri permanenti, USA, Regno Unito e Francia, che prevede una tregua di 7 giorni ad Aleppo disponendo la cessazione delle ostilità, incluso nella parte est della città, dove sono ancora insediati i terroristi, sostenuti da USA, Regno Unito e Arabia Saudita, che tengono in ostaggio la popolazione.
Il cancelliere russo Serguéi Lavrov aveva indicato questa risoluzione come un “provocazione”, visto che l’Esercito siriano, con l’aiuto dei russi, sta liberando definitivamente la città dalla presenza dei terroristi e la tregua consentirebbe a questi di riorganizzarsi e ricevere rifornimenti. La Russia e la Siria vogliono portare a termine le operazioni militari per la liberazione totale della città che permettano alla popolazione di tornare ad una vita normale.
La Cina si è allineata con la posizione russa spiegando che “la risoluzione proposta dai paesi occidentali non contribuisce agli sforzi diplomatici delle parti coinvolte e non aiuta a risolvere la situazione in Siria”. Inoltre il rappresentante della Cina ha richiamato il CSUN a “mantenere l’unità sulla questione della Siria ed a parlare con una sola voce e cooperare”.
La spegazione del rappresentante cinese è risultata frustrante per l’incaricato britannico Matthew Rycroft, il quale ha lanciato varie accuse contro il paese asiatico: “molto sorprendente il veto della Cina che ha optato per appoggiare la Russia che è parte nel conflitto (….) loro sembrano avere una rara fiducia in un despota che ha ucciso quasi mezzo milione di suoi concittadini”, ha obiettato il britannico Rycroft.
“Il Consiglio di Sicureza non è un luogo per attaccare senza fondamento le posizioni di altre nazioni”, ha risposto il rappresentante cinese.
“Quale diritto ha il rappresentante del Regno Unito per mettere in questione le posizioni degli altri paesi?” Ha domandato Liu Jieyi.
“Vorrei dire al rappresentante britannico che metta fine alla pratica di avvelenare l’ambiente nel Consiglio di Sicurezza e di offendere i partecipanti a questa riunione. Non è la prima volta che lo fa e spero che le offese non si ripetano in futuro”, ha dichiarato il diplomatico cinese.
Dall’altra parte chi apertamente ha risposto e lanciato precise accuse ai rappresentanti del Regno Unito e degli USA, firmatari della risoluzione, è stato il rappresentante del Venezuela, membro provvisorio del CSNU, Rafael Ramirez, il quale ha dichiarato che alcuni membri del CSNU, coinvolti nel conflitto in Siria, antepongono la propria agenda agli interessi della popolazione siriana.
“Osserviamo nostro malgrado che dall’inizio del conflitto armato in Siria ci sono alcuni membri direttamente coinvolti in questa cruenta guerra che continuano ad anteporre le proprie finalità geopolitiche a danno del popolo siriano”, ha affermato il rappresentante del Venezuela all’ONU. Queste affermazioni sono state fatte dal Ramirez nell’ambito della riunione del CSNU, nel respingere la risoluzione presentata da USA e Regno Unito sulla situazione di Aleppo, indicando che questa risoluzione non riflette in modo appropriato la situazione sul terreno in Siria.
In questo senso Ramirez ha ribadito che “alla Siria è stata imposta una guerra terribile e che alcuni paesi hanno appoggiato in forma costante i gruppi terroristi” ed ha continuato dicendo che “l’unico modo per porre fine al conflitto è quello che la Russia e la Siria stanno seguendo per neutralizzare gli estremisti e far tornare il paese alla normalità ed alla pace”.
Allo stesso modo l’ambasciatore venezuelano ha condannato i recenti attacchi realizzati dai terroristi contro un ospedale da campo russo ad Aleppo e contro il suo personale umanitario, attacchi in cui sono morti due medici russi.
Dal mese di Settembre la parte orientale di Aleppo, dove sono trincerati i terroristi, si trova ormai accerchiata e le forze dell’Esercito siriano stanno progressivamente liberando quartiere per quartiere, consentendo alla popolazione (che era in ostaggio dei terroristi) di uscire, alloggiare in appositi centri ed essere per la prima volta assistita e rifornita di viveri, di acqua potabile, medicinali e assistenza medica.
Soltanto la Russia, a differenza dei paesi occidentali, sta fornendo assistenza umanitaria concreta alla popolazione siriana mentre l’Occidente nasconde le sue responsabilità e lancia accuse senza fondamento. I britannici in particolare sono maestri in questa arte di falsificazione e propaganda.
Questo avviene mentre le potenze occidentali e l’Arabia Saudita, tutti sponsor dei terroristi, cercano in tutti modi con falsi pretesti umanitari, di fermare le operazioni militari siriane e russe per evitare la resa dei terroristi e mercenari che fino ad ora sono stati da loro riforniti di armi e sostenuti, nonostante questi si siano resi responsabili di ogni genere di efferatezze contro la popolazione civile.
Da Redazione – Dic 06, 2016 di Luciano Lago