Confermato: gli Emirati Arabi finanziano il traffico umano per fare pressione sull’Europa


Feb 07, 2018
 
Migranti nei centri in Libia
 
Un alto funzionario dell’Ufficio di Immigrazione della Libia ha informato questo martedì che gli Emirati Arabi Uniti (EAU) sostengono e finanziano il traffico umano di migranti dall’Africa verso l’Europa per utilizzare queste persone come strumento di pressione contro i paesi europei a proprio beneficio.
 
Senza entrare in dettagli il funzionario ha riferito chegli Emirati Arabi Uniti non hanno una stretta relazione diretta con i commercianti e trafficanti ma offrono soltanto appoggio finanziario al traffico umano per motivi politici”.
L’ufficiale libico, che ha voluto mantenere l’anonimato, basa le sue accuse sulle testimonianze rilasciate dai migranti che si trovano nel centro per i rifugiati alloggiati ion Libia, ed ha precisato che gli Emirati stanno equipaggiando i trafficanti con nuovi veicoli in grado di muioversi agevolmente in aree desertiche, li riforniscono di armi ed aiutano i principali trafficanti a fuggire dopo aver portato a termine i loro viaggi.
Migranti in arrivo su coste italiane
 
Circa le motivazioni che spingono Abi Dabi a sostenere questo traffico, la fonte assicura che si tratta di motivazioni politiche, presumendo che gli emirati promuovono le migrazioni di cittadini africani verso l’Europa per utilizzrli come leva di pressione contro i paesi europei e materializzare così i propri obiettivi politici. E’ noto che gli Emirati sono un paese satellite dell’Arabia Saudita e che questa potenza favorisce l’emigrazione di grandi masse islamiche verso l’Europa dove sono in azione gli iman, formati in Arabia Saudita, per diffondere l’ideologia religiosa wahabita e salafita che è quella vigente a Rijad e nei paesi del Golfo.
Tuttavia lo stesso funzionario spiega che gli Emirati non sono il solo paese implicato nel traffico umano, visto che tale traffico è agevolato anche da gruppi che si trovano in Libia, da altre organizzazioni che sono nel Sudan e nella Nigeria, per quanto le motivazioni di alcuni e di altri non sono le medesime. Allo stesso tempo il funzionario ha segnalato che tra i favoreggiatori e complici del traffico ci sarebbe anche una influente tribù dell’Eritrea.
 
L’Europa, dal Gennaio del 2015, assiste ad un massiccio afflusso di migranti dai paesi africani e dal Medio Oriente, la maggioranza dei quali mettono a rischio la loro vita attraversando il mare dalla Libia verso le coste dell’Italia. Un numero imprecisato di questi migranti ha perso la vita durante il trasferimento in mare.
 
Vari gruppi di difensori dei Diritti Umani, come Amnesty International, hanno criticato la gestione di questo fenomeno fatta dall’Unione Europea.
Fonte: Hispantv
Traduzione: Luciano Lago

Microcredito e migrazioni di massa: la finanziarizzazione della disperazione

migration loanMolto interessante. Dove trovi 6000 dollari se sei in un paese povero, per di più in guerra? Per i senzatetto italiani nessun LOAN. Per i disoccupati italiani nessun Loan, solo cartelle di Equitalia.
ED ECCO UN ALTRO TASSELLO DI MAFIA CAPITALE INTERNATIONAL, CHIARO PERCHE’ OGNI OBIEZIONE SIA DA CENSURARE E REPRIMERE?? SOLDI, anche se la chiamano solidarietà

È una domanda che tutti, almeno una volta, ci siamo posti: chi finanzia i costosi viaggi della morte che spingono migliaia di disperati su imbarcazioni di fortuna, tra mille peripezie e l’incognita dell’approdo?
 
Molti giornalisti si sono impegnati nella ricostruzione dei calvari degli emigranti per arrivare al porto di partenza, delle condizioni schiavistiche cui sono sottoposti dalla criminalità locale. Ma rimane irrisolto il tassello iniziale di queste tragiche diaspore, ossia la disponibilità di somme di denaro ragguardevoli, esorbitanti se rapportate al tenore di vita locale, per intraprendere il viaggio. Le inchieste in merito sono limitate e le nostre domande cadono nel vuoto.
Nel cercare di comprendere questo enigmatico fenomeno ci viene in aiuto uno studio condotto dalla sociologa Maryann Bylander in Cambogia tra il 2008 il 2010. Analizzando la frequenza e le modalità di emigrazione della popolazione  si scopre una correlazione diretta tra espansione del microcredito e aumento dei flussi migratori verso l’estero.
Stesso nesso si riscontra in un altro Stato del Terzo Mondo, il Bangladesh, paese di origine di circa un decimo dei migranti che ogni anno arrivano in Italia (oltre 10 mila nel solo 2017).
E’ qui che, grazie all’appoggio di illustri sostenitori come i Clinton e Bill Gates e con il sostegno della stessa Banca mondiale, venne creata nei primi anni ’80 la Grameen Bank, istituto finanziario che concedeva denaro alle persone più indigenti, impossibilitate ad avere accesso al credito, con il fine “filantropico” di offrirgli un futuro migliore. I prestiti concessi si tramutarono in un incentivo all’emigrazione per la popolazione locale, priva degli strumenti e delle possibilità di investire le somme ricevute in modo proficuo e di poterle restituire con i dovuti interessi. In men che non si dica si è venuto a creare il business dei cosiddetti “migration loans”, un affare d’oro per organizzazioni non governative come BRAC (Bangladesh Rural Advancement Commitee), leader nel settore.
Il sito istituzionale dell’organizzazione  bengalese – attualmente la più grande al mondo e prima nella classifica delle cento migliori ONG secondo il Global Journal nella specifica sezione “Migration loans” dichiara : “In Bangladesh, le scarse opportunità di lavoro per una popolazione in età lavorativa in crescita comportano che molti giovani, uomini e donne si trasferiscano all’estero per lavorare. Sebbene sia spesso un investimento che vale la pena fare, i costi iniziali per andare all’estero sono considerevoli (…) BRAC offre alle persone in cerca di lavoro all’estero prestiti per emigrare, progettati per soddisfare le esigenze di finanziamento dei lavoratori migranti in modo gestibile e conveniente. Il programma di microfinanza controlla anche la validità dei contratti e dei documenti di viaggio per garantire che i clienti non siano vittime di frodi da parte di agenti non autorizzati. (…) A giugno 2016, BRAC ha contribuito a finanziare 194.000 lavoratori migranti che cercano lavoro all’estero.
 
Ma non solo, oltre a fornire i finanziamenti e l’assistenza per emigrare, l’organizzazione non governativa più grande al mondo si occupa anche di come ottenere il rimborso e il pagamento del prestito. Nella stessa sezione del sito, infatti, sotto la dicitura “Prestiti di rimessa” si legge: “BRAC fornisce ulteriore supporto alle famiglie dei migranti sotto forma di prestiti di rimesse. Questi prestiti sono progettati per offrire maggiore flessibilità alle famiglie che fanno affidamento sulle rimesse mensili inviate da un familiare che guadagna all’estero.” Tali prestiti, spiega l’ONG, consentono alle famiglie di accedere a somme di denaro forfettarie per fare investimenti o spese mentre aspettano di ricevere le rimesse inviate dall’estero. Si tratta “di scommesse sicure per la famiglia e per BRAC perché i clienti hanno un flusso di guadagno assicurato con cui pagare costantemente le rate ogni mese.” Tra giugno 2014 e giugno 2016 BRAC ha offerto questo servizio a oltre 40.000 famiglie.
 
Un business sul business quello di BRAC, che opera non solo in Asia ma anche in America Latina e in molti paesi dell’Africa. Vengono concessi finanziamenti non per lo sviluppo dell’economia locale, bensì per incentivare l’emigrazione, secondo un infondato modello di sviluppo economico che vede nelle rimesse da parte dei migranti una fonte di crescita per il paese d’origine. In realtà è provato che tali rimesse, laddove riescano a ripagare il debito contratto dalla famiglia per il viaggio all’estero, vengono destinate per lo più al fabbisogno e ai consumi primari e non agli investimenti e alla attività produttive locali. Non sono rari i casi drammatici di vite immolate per ripagare il prestito, dall’aumento dei suicidi riscontrato in alcune zone dell’India alla vendita di organi da parte di cittadini bengalesi.
Un affare d’oro quello delle rimesse – a latere del quale prolifera il settore delle agenzie di recupero del credito – che ha visto un incremento in termini globali di oltre il 50% in soli 10 anni, per una cifra complessiva di 445 miliardi di rimesse nel solo 2016, il 13% delle quali è stato inviato in Africa (dati Ifad). E proprio verso questo continente inviare denaro sotto forma di rimesse è particolarmente oneroso, con commissioni che vanno dal 10 fino al 15%.
 
Un sistema perverso e ben oleato di finanziamenti, tassi di interesse e commissioni che fa della disperazione il proprio fulcro.
 
È la finanziarizzazione della povertà e delle vite umane, una delle tappe più sciagurate di un modello economico globale antisociale e regressivo.

Perché il Pd vuole suicidarsi con lo Ius Soli? Forse una ragione c’è, inconfessabile

Ci siamo: la Sicilia fra poche ore andrà alle urne per eleggere il governatore e il Consiglio regionale. Un dato, sin d’ora, è certo: il Pd non vincerà. Si tratta solo di sapere se perderà male, finendo terzo, o malissimo, addirittura quarto. Saranno gli esperti di politica siciliana a interpretare, ad urne chiuse, le dinamiche più profonde di questo insuccesso, che però ha anche, e forse soprattutto, una valenza nazionale. La maggior parte degli elettori non crede più nel Pd di Renzi e in una regione come la Sicilia il problema dei migranti ha contato, eccome se ha contato.
Certo, gli elettori hanno la memoria corta – è noto – ma non cortissima. Sanno come il governo Gentiloni ha affrontato la questione del “servizio taxi” operato dalle navi delle Ong, dapprima negandolo, poi dissimulandolo, infine criminalizzando chi denunciava abusi e complicità con Organizzazioni non governative alcune delle quali chiaramente in combutta con gli scafisti e animate non solo da propositi umanitari quanto, soprattutto, da propositi politici per favorire un’irresponsabile e socialmente destabilizzante immigrazione di massa. Ora la verità sta venendo fuori, ora sappiamo chi aveva ragione.
Sì, il Pd paga, elettoralmente, anche per questo. Ma anche per l’ostinazione con cui continua a proporre lo ius soli ovvero la concessione automatica della cittadinanza agli stranieri che nascono in Italia. E come lo fa: toni drammatici, scioperi della fame, più mediatici che di sostanza, certo ma inequivocabili nel loro significato: il Pd quel provvedimento lo vuole approvare e prima della fine della legislatura.
 
Diciamolo pure: complimenti per la coerenza. Salvini e il centrodestra apprezzano e sentitamente ringraziano. Però qualcosa non torna. Perché i sondaggi sono inequivocabili: un numero crescente di elettori, ormai maggioritario, inclusi molti di sinistra, è contrario allo ius soli.
E al Pd e a Renzi non mancano di certo gli esperti elettorali in grado di spiegare che intestardirsi su un tema impopolare significa urtare gli elettori moderati e dunque perdere le elezioni, domenica in Sicilia in marzo in Italia.
Eppure Renzi, per una volta d’accordo con Gentiloni, va avanti. Persino un ministro competente e che quest’estate ha saputo prendere posizioni ferme in tema di immigrazione, come quello degli Interni Minniti, improvvisamente ha innescato la retromarcia.
 
Titoli come questi sono inequivocabili:
ius soli gentiloni minniti
E allora bisogna chiedersi cosa spinga il Pd al suicidio politico. Ci deve essere una ragione suprema, per cui l’approvazione di un provvedimento straordinariamente impopolare diventa più urgente delle più ovvie considerazioni di strategia elettorale. Perché anche se il Parlamento non lo approverà entro Natale, il Pd verrà attaccato su questo tema. E Salvini e la Meloni non molleranno la presa.
 
Dunque, perché? Non ho risposte certe, solo ragionevoli dubbi, ad esempio apprendendo che Open Society di Soros può contare su 226 europarlamentari “affidabili” per promuovere i propri progetti di diffusione dei migranti in tutta Europa. Di questi, 14 sono italiani, quasi tutti del Pd (trattasi di Brando Maria Benifei, Sergio Cofferati, Cecilia Kyenge, Alessia Mosca, Andrea Cozzolino, Elena Gentile, Roberto Gualtieri, Isabella De Monte, Luigi Morgano, Pier Antonio Panzeri, Gianni Pittella, Elena Schlein, Daniele Viotti). Più Barbara Spinelli, della lista Tsipras, ex indignata speciale di Repubblica.
Attenzione: non si tratta di complottismo ma di un dettagliato documento interno della Open Society, pescato e divulgato da DcLeaks.
Quel Soros che lo scorso maggio fu ricevuto a Palazzo Chigi da un gaudente Paolo Gentiloni. Quel Soros che da anni tesse una meticolosa ed efficace rete di contatti negli ambienti progressisti italiani. Quel Soros che ha appena deciso di donare 18 miliardi del suo patrimonio a Open Society.
E’ un uomo potente, influente, determinato, certo coerente con le sue convinzioni. E non è isolato. Fa parte di un mondo che persegue interessi che sono umanitari nelle motivazioni ufficiali ma dall’innegabile valenza politica pro immigrazione, contro la sovranità degli Stati, di aperta ostilità alle identità nazionali, ai valori e alle culture tradizionali.
E allora viene da chiedersi: è a quel mondo che il Pd non può dire di no?
di Marcello Foa – 04/11/2017

SVELATA LA LISTA DEI 226 PARLAMENTARI EUROPEI CONSIDERATI ‘AFFIDABILI’ DA GEORGE SOROS

Soros-networki tirapiedi del “filantropo”…ecco come certe politiche diventano “irreversibili, imprescindibili”. Ma no certo, è solo per puro amore fraterno e solidale che uno speculatore finanziario vuole accogliere

Affidabili perché? Amichetti di chi? I parlamentari italiani affidabili per George Soros e la sua Open Society, ma soprattutto per i suoi progetti di diffusione di immigrati e profughi in tutta Europa, sono 14, dei quali 13 del Partito Democratico, che a Bruxelles e Strasburgo sta nel gruppo che ora si chiama “alleanza progressista democratici e socialisti”, e 1 della lista Tsipras, che è Barbara Spinelli.
Gli altri sono Brando Maria Benifei, Sergio Cofferati, Cecilia Kyenge, Alessia Mosca, Andrea Cozzolino, Elena Gentile, Roberto Gualtieri, Isabella De Monte, Luigi Morgano, Pier Antonio Panzeri, Gianni Pittella, Elena Schlein, Daniele Viotti.
 
 I loro nomi compaiono in un documento interno della Open Society che è una mappa dettagliata fino alla maniacalità sul Parlamento Europeo e la sua struttura, le sue ramificazioni, al centro della quale ci sono 226 parlamentari sui 751 dell’intero Parlamento, 7 vicepresidenti, decine di coordinatori e di questori, i membri di 11 commissioni e 26 delegazioni, tutti definiti affidabili alleati già dimostratisi tali o che tali possono diventare, assieme al gruppo dei loro assistenti, collaboratori, funzionari e portaborse a titolo vario.
 
La maggioranza, 82, è nel partito dell’Alleanza progressista dei socialisti e democratici, ma ci sono circa 38 del Partito Popolare Europeo e 36 del gruppo Liberale, 34 della Sinistra Nordica, fino a 7 conservatori e conservatori e riformisti europei. Un appoggio trasversale.
 
Per carità, le grandi compagnie nell’organizzare attività di lobby così fanno, individuano le persone avvicinabili in una istituzione per disponibilità e per competenza. Ma se si trattasse solamente di individuare chi è vicino a certe opinioni, certe battaglie, a certe campagne in modo ideale, per appartenenza politica e sentimento, perché solo 226 presi nell’intera area progressista del Parlamento, e non solo? Perché solo 14 italiani, quando si suppone che tutti e 31 gli eletti del Partito Democratico dovrebbero condividere le stesse opinioni? Perché nessuno dei 17 eletti dei 5 stelle? Nessuno sensibilizzabile fra I 13 di Forza Italia?
È un bel malloppo quello preparato dalla Open Society che DCleaks ha reso noto, e che il governo ungherese, gran nemico di George Soros, ora ritiene di poter utilizzare nella sua furibonda battaglia contro i progetti della Open Society di riempire di profughi e di immigrati tutti i Paesi europei.
I 226 parlamentari sono elencati per incarichi, competenze, interessi, background, appartenenza politica, Paesi di provenienza, ruoli nelle varie commissioni passati presenti e futuri; c’è Martin Schulz, non più presidente perché si è candidato nel partito socialdemocratico tedesco e ha sfidato la Merkel portando il suddetto partito al suo minimo storico. C’è l’italiano Gianni Pittella, che del gruppo Socialista è il presidente. Ci sono nomi famosi come Sergio Cofferati e Barbara Spinelli, e meno noti al pubblico, ma segnalati come influenti nel loro partito e nel Parlamento europeo, come Roberto Gualtieri.
 
Sull’autenticità del rapporto non c’è il minimo dubbio; su reazioni, annunci e speculazioni che fanno gli ungheresi alcune premesse sono necessarie perché il rapporto tra governo di Budapest e George Soros e’ di guerra. A dir la verità siamo prossimi alla guerra anche tra gli organismi che dirigono l’Unione Europea e Budapest, ma anche Varsavia, Bratislava e Praga, a cui aggiungere Vienna.
Lo scontro ruota intorno alla politica di accoglienza indiscriminata, causa principale anche dell’uscita dell’Inghilterra, sarà bene ricordarlo. Con Soros, Budapest e il governo nazionalista di Viktor Orban hanno un conto doppio, perché George Soros è nato in Ungheria, nel 1930, da ebreo del ghetto di Budapest ai nazisti, imparando magistralmente fin da bambino l’arte della sopravvivenza a modo suo, denunciando ai nazisti i luoghi nei quali altri ebrei erano rifugiati. Da lì è partita la sua straordinaria avventura di finanziere e speculatore, con pelo sullo stomaco come pochi, basta ricordare la svalutazione della Sterlina e della Lira nel 1992.
 
La Open Society e la filantropia sono venute dopo, ma non sono meno aggressive nei metodi e nei finanziamenti di certi partiti e di certi candidati piuttosto che di altri. Open Society Foundation si propone di “far accettare agli europei i migranti e la scomparsa delle frontiere”,cito il titolo di un progetto. Progetto finanziato di recente per 18 miliardi di dollari con il passaggio di una parte del patrimonio di Soros a Open society.
Sara’ complottismo, impazza anche negli Stati Uniti, visti i rapporti strettissimi tra Barack Obama e Hillary Clinton e Soros, e lo smacco subito con l’elezione di Donald Trump che proprio non era prevista visto il fiume di soldi profusi, ma l’idea è che per raggiungere l’obiettivo basterebbe negli Stati europei un milione di migranti l’anno, con la collaborazione attiva della sinistra “no borders”, della finanza apolide, dei neoguelfi al potere in Vaticano. Tutte colonie.
Nelle parole di Viktor Orban, giudicato pericoloso autocrate nelle capitali dell’Europa occidentale ma estremamente popolare nel suo Paese, l’Europa potrebbe diventare presto ostaggio di “un impero finanziario e speculativo che promuove l’invasione orchestrata di nuovi immigrati”.
Magari Orban è pazzo, ma come mai senza un appuntamento prestabilito né un argomento dichiarato, George Soros può incontrare Jean Claude Juncker? Se è per questo, ha lungamente incontrato anche il premier italiano, Gentiloni, l’estate scorsa, in piena crisi di barconi. Insomma, a 87 anni compiuti, ma evidentemente ancora sostenuto da un’energia indomabile, il vecchio speculatore si muove come un leader politico mondiale. E liste come questa del Parlamento Europeo aiutano lui ma non aiutano la considerazione e la fiducia degli elettori.
 
Maria Giovanna Maglie

Soros e il Mito della Democrazia Europea: Una Rivelazione Shock

soros20net
Nella foto solo uno degli innumerevoli schemi che rappresentano la mafia capitanata dal “filantropo” Soros

Ormai è un segreto di pulcinella che la “rete di Soros” abbia un’ampia sfera d’influenza sul Parlamento europeo e su altre istituzioni dell’Unione europea.
 
La lista di Soros è stata resa pubblica recentemente. Il documento elenca 226 parlamentari europei provenienti da tutto lo spettro politico, tra cui l’ex Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, l’ex presidente del Belgio Guy Verhofstadt, sette vicepresidenti e un numero di commissari, coordinatori e questuanti vari. Queste persone portano avanti le idee di Soros, come ad esempio far entrare più migranti, matrimoni dello stesso sesso, integrazione dell’Ucraina nella UE e contrasto alla Russia. I membri del Parlamento Europeo sono 751 e questo significa che gli amici di Soros occupano più di un terzo dei seggi.
George Soros, investitore ungaro-americano e fondatore e proprietario della ONG Open Society Foundations , ha potuto incontrare il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker in un “incontro a porte chiuse e senza nessuna agenda ufficiale” , cosa che ha sottolineato come le proposte della UE per ridistribuire le quote di migranti tra i vari paesi siano molto vicine ai programmi studiati da Soros per affrontare la crisi.
Il finanziere miliardario crede che l’Unione europea debba accogliere milioni di immigrati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa settentrionale, fornendo a ciascuno di essi un aiuto annuale di 15.000 euro e collocare questi migranti in un qualsiasi Stato membro dove i migranti non vogliono andare e dove non sono necessariamente benvenuti.
 
Il Primo Ministro ungherese Viktor Orbán ha accusato la EU di “essere manipolata” da Soros e crede che la politica delle frontiere aperte proposta dal miliardario sia il motivo della campagna contro l’Ungheria. Il motivo è il tentativo del governo (ungherese) di intraprendere una azione legale con una nuova legge che richiede che le ONG, sostenute da stranieri – molte delle quali finanziate da Soros – indichino i nomi dei loro grandi donatori d’oltremare su un pubblico registro e che le fonti dei loro finanziamenti siano trasparenti . Il governo ungherese sta impegnandosi per chiudere l’Università Centrale Europea di Budapest, fondata da Soros.
Tutta l’Unione europea è in difficoltà perché i suoi capi ed i suoi burocrati adottano decisioni come queste”, ha dichiarato Orbán.
“La popolazione appoggia l’ideale dell’Unione Europea, ma allo stesso tempo, non può sopportare la sua leadership, quando insulta gli Stati membri con cose del genere e quando abusa dei suoi poteri. Tutti in Europa possono vederlo e per questo la leadership europea non viene rispettata”.
 
Il gruppo di Visegrad sta cercando di resistere alla pressione della UE sulla politica degli immigrati. La European Commission of Migration and Home Affairs sta spingendo per un nuovo disegno di legge che renda obbligatori i contingenti di migranti e almeno 30 amici di Soros lavorano per questa commissione.
Molte delle persone elencate nel documento sono note per i loro attacchi contro la Russia. Per esempio, Rebecca Harms, deputata tedesca del Partito dei Verdi, chiede regolarmente al Parlamento europeo un regime di sanzioni contro Mosca ancora più duro. Guy Verhofstadt accusa la Russia di essere responsabile di qualsiasi cosa vada male in Europa. Il suo articolo Putting Putin in his Place ha fatto molto rumore l’anno scorso. Nel 2012, l’ex premier croato Tonino Picula, che era Capo di una missione di osservatori dell’OCSE, sostenne che le elezioni presidenziali russe del 2012 erano state irregolari e “manipolate” a favore di Vladimir Putin.
L’elenco di Soros mette in luce la questione di cosa renda le politiche attuate dalla UE contrarie agli interessi degli europei. La risposta è la corruzione. I politici corrotti da Soros ballano con la sua musica e lottano contro i tentativi dei leader nazionali di proteggere gli interessi dei propri popoli. Spesso chi si oppone a quelle politiche deve confrontarsi con la resistenza delle élite politiche del proprio paese. Lo scontro tra il Primo Ministro Orbán e la rete di Soros è un buon esempio che può spiegare come funziona. Il Parlamento europeo sotto l’influenza degli amici di Soros sta spingendo l’Europa a suicidarsi facendo entrare migranti a milioni.
Questo dimostra che la democrazia europea è solo di facciata e nasconde le attività di una struttura di potere vicina ad un sistema feudale in cui è il Signore locale che tiene le redini. Difficilmente si può dire potere al popolo. La pubblicazione delle liste di Soros fornisce un indizio per comprendere chi governa veramente la UE e chi istighi sentimenti russofobi in Europa. In realtà, questo succede ogni volta che un paese della UE – come l’Ungheria – si trovi sulla stessa barca della Russia e che si oppone alle stesse forze USA, per proteggere la propria sovranità e la propria indipendenza.
 
Questo è il momento giusto per gli europei per cominciare a pensare a cambiare il sistema in modo da eliminare qualsiasi pressione esterna.
 
Alex Gorka 5.11.2017
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario

La Libia blocca le Ong a 100 km dalla costa. Salvati e internati 105 migranti

canale siciliain Libia ora c’è la democrazia approvata dalla Ue ed esercita una cosa che si chiama sovranità, termine che inorridisce gli europeisti. Se i “migranti” vengono fermati ecco che si usano i termini “internati” e “deportati”. Solo se fanno guadagnare scafisti/ong/coop italiane allora sono considerati veramente  “in salvo”. Questa notizia è riportata solo dal Secolo XIX, poi nascosta all’interno del giornale. SSHHHH….regime politically correct al lavoro

La Libia blocca le Ong a 100 km dalla costa. Salvati e internati 105 migranti
10 agosto 2017
La carta esplicativa (da Limes): a sinistra nella zona rossa il porto di Zawia, dal quale oggi sono stati recuperati e deportati 105 migranti. Le zone sar indicate si riferiscono al diritto internaziionale
 
LA MARINA libica, fedele al governo del premier del governo di unita nazionale di Tripoli di Fayez al Sarraj, ha imposto a tutte le navi straniere il divieto di soccorrere i migranti nelle aree cosiddette aree di «serch and rescue» (SaR) (ricerca e recupero) che vanno molto oltre le 12 miglia nautiche delle acque territoriali.
Di fatto la decisione impedirà alle navi delle Ong di intervenire non solo nelle acque territoriali libiche ma si dovranno tenere ad una distanza di centinaia di km dalla costa.
navi Ong davanti Libia 2
A dare la notizia il generale Abdelhakim Bouhaliya, comandante della base navale di Tripoli di Abu Sitta che ospita anche lo stesso premier Serraj: la Libia ha «istituito ufficialmente una zona di ricerca e salvataggio (SaR) nella quale nessuna nave straniera avrà il diritto di accedere salvo una richiesta espressa alle autorità libiche» che dovranno poi concedere la loro autorizzazione caso per caso.
Un portavoce della Marina libica ha chiarito che il provvedimento è stato adottato esplicitamente «per le Ong che pretendono di salvare i migranti clandestini sostendendo che si tratta di un’azione umanitaria». «Vogliamo inviare un chiaro messaggio a tutti coloro che violano la sovranità libica e mancano di rispetto alla Guardia Costiera e alla Marina», ha aggiunto il portavoce della Marina, il generale Ayoub Qassem.
 
Benchè non esplicitamente fissata nell’annuncio dato oggi dalla Marina libica, l’area SaR, secondo le cartine in uso alla missione EuNavFor Med (Sophia), è quella esistente ai tempi del colonnello Muammar Gheddafi e si estende fino ad almeno 97 miglia nautiche dalla costa libica, ossia 180 km. Al momento le navi delle Ong, invece, operano al limite od anche entro le 12 miglia nautiche delle acque territoriali, pari a 22 km.
Salvataggio e deportazione
 
«La guardia costiera libica del settore ovest di Masfat al Zawia è riuscita a salvare stamani all’alba 105 migranti, tra cui 18 donne e due bambini, di diverse nazionalità, soprattutto marocchini e tunisini». Lo riferisce con un comunicato il portavoce della Marina libica, generale Ayoub Qassem, aggiungendo che «i migranti erano a bordo di una barca a 6 miglia dalla città di Sabrata». «I migranti – prosegue il generale – sono stati portati nella sede della guardia costiera dove hanno ricevuto cure umanitarie prima di essere consegnati all’organismo per la lotta alle migrazioni illegali».
 
Di qui la sorte dei migranti è incerta: il rischio è che vengano internati in cosiddetti “hotspot”, dove le condizioni di vita sono disumane e al limite della sopravvivenza.

Italia va in guerra in Libia: navi sotto la minaccia dei bombardamenti

Ghedafi non andava bene, ora c’è la democrazia in Libia no?

I taxi Soros italianiROMA (WSI)Mentre il Parlamento ha dato il via libera alla missione di supporto navale in Libia, il generale Kalifa Haftar, l’uomo forte del governo di Tobruk minaccia l’Italia.
A Roma la Camera ha votato a favore della missione con 328 sì e 113 no così al Senato con 191 sì e 47 no e il Pd ha ottenuto l’appoggio di Forza Italia. A votare contro la lega Nord  e il Movimento Cinque Stelle. Astenuti Fratelli d’Italia che tramite Giorgia Meloni parlano di un timido intervento additando il nostro paese come il campo profughi d’Europa.
“I francesi si beccano il petrolio mentre l’Italia i barconi”.
E’ il duro commento di Alessandro Di Battista in merito alla situazione libica, tutto questo mentre da Tripoli arriva una minaccia chiara e precisa diretta alò nostro paese.
 
“Bombardate le navi italiane” avrebbe detto il generale Kalifa Haftar suoi uomini come riporta l’emittente panaraba Al Arabiya. Una dichiarazione che segue di poche ore quella espressa nel parlamento di Tobruk contro l’operazione navale italiana accusando il premier di Tripoli, Fayez Sarraj di aver concluso l’accordo con l’Italia portando navi straniere, il che rappresenterebbe una “violazione della sovranità nazionale” libica.
 
Ma Roma minimizza e il premier Paolo Gentiloni sottolinea l’importanza della missione:
Sappiamo tutti quanto i cittadini italiani si attendano risultati nella lotta dei trafficanti di esseri umani e nel controllo sui flussi migratori irregolari. Il contributo delle forze armate in questa direzione è assolutamente strategico e determinante: questa non è certo una missione aggressiva ma di sostegno alla fragile sovranità di quel Paese”.
3 agosto 2017, di Alessandra Caparello
Libia, la svolta anti scafisti di Sarraj: “Pronti a bombardare le loro navi”
La mossa del premier è un messaggio all’Ue: disposti a misure estreme. Il governo minacciato dall’avanzata di Ghwell. Oggi Minniti a Tripoli
 
Migranti soccorsi in Libia dall’intervento della Guardia costiera
Pubblicato il 13/07/2017
Usare l’aviazione contro «l’emigrazione illegale». Cioè bombardare le navi degli scafisti che partono dalle coste libiche dirette verso l’Italia. Non è una provocazione ma un ordine diretto del premier Fayez al-Sarraj alle sue forze armate. Un’accelerazione improvvisa nella lotta ai trafficanti di uomini arrivata alla vigilia delle visita del ministro dell’Interno Minniti, atteso oggi a Tripoli per una missione che ha come scopo principale frenare l’afflusso dei migranti dalle frontiere meridionali della Libia. Minniti – che ieri è stato a Berlino dove ha incontrato l’omologo Thomas De Maiziere – vedrà oggi 13 sindaci del Sud della Libia per convincerli a mobilitarsi contro i trafficanti di uomini.
 
Il primo ministro riconosciuto dall’Onu, e che ha nell’Italia il suo principale alleato, cerca così di dare il suo contributo in un momento difficile per Roma, che si è ritrovata sola in Europa di fronte a una crisi epocale. Al-Sarraj, anche capo supremo delle Forze armate, chiede l’uso delle forze aeree contro «l’emigrazione illegale» e il «contrabbando di carburanti», una piaga che crea malcontento fra la popolazione. Ma questo è il «messaggio interno». Quello all’esterno è rivolto all’Italia e all’Europa: siamo pronti anche a misure estreme.
 
Il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha invece invocato l’aiuto della Guardia costiera libica per fermare le partenze: «Dobbiamo assolutamente bloccarle utilizzando tutti gli strumenti che abbiamo. Attraverso i satelliti si vede esattamente quali barche stanno caricando le persone e, con l’impegno della Guardia Costiera Libica, si può bloccare la partenza degli immigrati». Sul piano pratico è difficile capire come funzionerà il piano di Al-Sarraj. Affondare imbarcazioni con i cacciabombardieri non è un’operazione chirurgica. Il rischio di fare un massacro è alto. Il governo Al-Sarraj poi non dispone di una «sua» aviazione. Sono le milizie di Misurata ad avere a disposizione alcuni Mig-23, che sono stati usati nella battaglia di Sirte contro l’Isis. Non sono però dotati di bombe di precisione a guida laser, un’altra controindicazione.
 
A naso l’ordine sembra più una mossa propagandistica. Al-Sarraj ha un grosso debito di riconoscenza nei confronti dell’Italia. La base di Abu Sitta, dove di solito risiede a Tripoli, è protetta dalle nostre forze speciali. I militari della Folgore sono a guardia dell’ospedale da campo di Misurata, che ha curato i feriti nei combattimenti a Sirte ed è un importante presidio a protezione anche della capitale. Il premier ne ha più che mai bisogno. L’ex primo ministro islamista Khalifa Ghwell ha orchestrato da Khoms, a metà strada fra Misurata e Tripoli, una massiccia offensiva. Oltre ai suoi uomini, partecipano la milizia Samoud del colonnello Sala Al-Badi, comandante dell’operazione «Alba Libica», e miliziani affiliati alle Benghazi Defence Brigades, un cartello di gruppi islamisti in prima linea nella lotta contro il generale Khalifa Haftar in Cirenaica. Segno che il fronte di Ghwell si è ancor più radicalizzato.
 
L’assalto di Ghwell è stato fermato ieri dopo una battaglia di tre giorni a Garabulli, conosciuta anche come Castelverde, 60 chilometri a Est di Tripoli. Le forze islamiste si sono dovuto ritirare, dopo aver subito la perdita di quattro uomini, più altri 21 feriti. Ma hanno ripiegato verso Tarhuna, dove si sono di nuovo raggruppate con l’obiettivo di avanzare verso Tripoli da Sud. Fonti locali parlano di «500 veicoli armati» coinvolti. A sbrogliare la situazione è intervenuta la Brigata Tripoli, la più potente milizia alleata di Al-Sarraj, che ha «ripreso il controllo di tutte le vie di comunicazione» attorno a Garabulli. Al-Sarraj si è anche consultato con il consigliere militare speciale dell’Onu, Paolo Serra. Il generale ha invitato a mettere in primo piano «la salvaguardia dei civili» e l’instaurazione di «un cessate-il-fuoco». Ma non è quella l’aria che tira, quanto piuttosto di una resa dei conti fra Ghwell e Al-Serraj.

E Adesso Si Scopre che I Porti l’Italia li Poteva Chiudere

navi Ong davanti Libia
E Adesso Si Scopre che I Porti l’Italia li Poteva Chiudere
 
Italia sempre più ridicola, fa la letterina all’Unione Europea in cui “avvisa” che “potrebbe (perfino) essere costretta” a chiudere i porti alle navi delle OnG battenti bandiera straniera per ragioni di “sicurezza nazionale”.
 
da Corriere della Sera
L’ultimatum è arrivato dopo un flusso di sbarchi annunciati senza precedenti: 12 mila migranti in poco più di 48 ore, da 22 navi. «L’Italia potrebbe essere costretta a bloccare i porti alle navi di Ong per ragioni di sicurezza nazionale», ha detto ieri Maurizio Massari, ambasciatore dell’Italia presso la Ue, al commissario europeo degli Affari interni Dimitri Avramopoulos. Un’ondata mai vista, per gestire la quale il ministro dell’Interno Marco Minniti l’altro giorno ha sospeso il suo viaggio negli Stati Uniti. …
 
Quindi si poteva ma si è aspettato un pochino tanto per vedere l’effetto che faceva? Ma non eravamo “costretti” dal diritto euorpeo/internazionale e dai marziani?
 
Ovviamente la “letterina italiana” la gran cagnara mediatica è solo un caso che arrivino dopo la batosta clamorosa del PD e di Renzi alle amministrative perse soprattutto su questo specifico tema (tipo Sesto San Giovanni la Stalingrado Rossa caduta dopo 72 anni di comunismo per una Moschea).
 
Vi faccio una facile previsione, esattamente come per le banche i giornali italiani ora cominceranno a rassicurarvi tutti, che lo Stato (S maiuscola) ora ci pensa lui ai migranti, le “risorse” ad ogni angolo di strada sono solo illusioni ottiche nelle vostre menti non fateci caso.
 
Siate Consapevoli, Siate Preparati e evacuate al più presto, la campana suona per voi.
Di FunnyKing , il 29 giugno 2017

ONG, TOCCA A MEDICI SENZA FRONTIERE: “CORSI AI CLANDESTINI SU COME FINGERSI PROFUGHI IN LORO NAVI”

Mentre la Procura di Trapani indaga sulla ong tedsca Jungend Rettet che operava attraverso nave Iuventa, altre organizzazioni non governative sono oggetto delle verifiche degli investigatori sull’ipotesi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per veri e propri ‘viaggi organizzati’ con i trafficanti di clandestini dalle coste dell’Africa all’Italia.
 
Nel mirino delle indagini ancora ‘segrete’ dello Sco, e un tantino in ritardo rispetto alle denunce che ormai da anni provengono dal web indipendente, anche i famigerati Medici senza Frontiere. Quelli che hanno aiutato almeno un terrorista islamico che poi fece strage a Parigi, a sbarcare.
 
Secondo l’interrogatorio del 27 febbraio scorso di Cristian Ricci, titolare della Imi Security Service che si occupava dei servizi di sicurezza sulla Vos Hestia di Save the Children: ‘In realtà – dichiara a verbale – la nave Iuventa fungeva da piattaforma e quindi si limitava a soccorrere i migranti per poi trasbordarli. Era sempre necessario l’intervento di una nave più grande su cui trasferire i migranti soccorsi dal piccolo natante’. E in alcuni casi, secondo le testimonianze raccolte, imbarcazioni di Msf sarebbero intervenute per soccorrere e trasbordare i migranti senza essere state allertate dalla Guardia Costiera.
Tra le navi i cui movimenti sono ora sotto osservazione ci sono la ‘Dignity One’, la ‘Bourbon Argos’ e la ‘Vos Prudence’ (MSF). Nei mesi scorsi, sarebbero stati accertati ‘sconfinamenti ripetuti’ verso la costa libica ad almeno 8 miglia rispetto alle 12 consentite.
Come ripetutamente segnalato dal web indipendente. I pm poi sospettano di rapporti stretti tra gli operatori di MsF e alcune persone in Libia, scafisti, con il compito di avvisare i volontari quando i barconi carichi di clandestini salpavano in direzione Italia.
Inoltre, gli inquirenti sono convinti che gli operatori di MsF abbiano indottrinato i profughi raccolti in mare intimando loro di “non collaborare con la polizia italiana” una volta sbarcati sui nostri porti. L’ipotesi, già avanzata nei mesi scorsi su segnalazione della stessa polizia, insospettita dall’atteggiamento “poco collaborativo” dei migranti tratti in salvo dalla nave Dignity nel maggio 2016, troverebbe ora nuovi elementi a supporto.
Potremmo rischiare un’ipotesi: Msf faceva fare alla più piccola e quindi più libera Iuventa il lavoro sporco dalla Libia alle acque internazionali, dove poi arrivava la flotta dei Medici Senza Frontiere.
AGOSTO 5, 2017 procura di trapani

ONG, FANNO BUSINESS COI CLANDESTINE E PAGANO MENO TASSE DI UNA SRL

ONG, significa “organizzazione non governativa” e a fronte di enormi sgravi fiscali (ricordo che per tutto il 2015 Medici Senza Frontiere ha pagato meno tasse della mia srl per il solo gennaio 2016), ha la possibilità di operare in diversi stati.
Non ho mai sentito definire da nessuno “multinazionale” una ONG, anche se a tutti gli effetti lo è. Negli ultimi anni ho sempre sentito il termine “migrante” al posto di clandestino, e “organizzazione umanitaria” anziché altre definizioni. Qualche giorno fa, il quotidiano “la Repubblica” (VEDI QUI) ha definito “multinazionale” (termine dispregiativo per i lettori de Repubblica, che non va quindi utilizzato per le altre ONG) la ONG Generazione Identitaria. Cosa prevedono gli accordi internazionali? Che le navi che recuperano naufraghi in mare li consegnino alla sede Frontex più vicina al punto di recupero. Sapete dove si trova la sede Frontex più vicina ad un punto in mare compreso tra le 12 e le 40 miglia dalle coste Libiche? In Libia!
La ONG Generazione Identitaria ha semplicemente intenzione di raccogliere più clandestini possibili per consegnarli al punto sicuro più vicino al punto di recupero. Dato che opererà nelle stesse acque delle altre ONG, sarà appunto la Libia.
Dal dicembre 2016 ci sono le prove che alcune delle 9 ONG attualmente attive nel mediterraneo abbiano rapporti economici con gli scafistiQuasi tutte le ONG hanno legami diretti o indiretti con Soros, tutte hanno legami con la sinistra politica. Da anni è dimostrato che il punto di raccolta in mare dei naufraghi non è mai l’italia, ma che le 9 ONG, al contrario di quanto previsto dagli accordi internazionali, sbarcano i clandestini in italia.
La ONG Generazione Identitaria, che ha il solo scopo di rispettare gli accordi internazionali e non riempire l’europa di barbaciabatte e abbronzati utilizzatori di welfare pagato dagli europei, viene definita da Repubblica “multinazionale di estrema destra”. La presenza di navi che raccattano barbaciabatte da portare in italia ha generato la morte di sempre più persone, lo dimostrano i numeri:
  • Nel 2013 sono sbarcati 42.925 clandestini, 644 morti, 1,48% di partiti mai arrivati.Nel 2014 sono sbarcati 170.100 clandestini, 3.419 vittime, 1,97% dei partiti mai arrivati.Nel 2015 sono sbarcati 153.842 clandestini, 3.771 morti. Il 2,39% dei partiti mai arrivati.Nel 2016 sono sbarcati 181.436 clandestini, 5.022 morti. Il 2,69% dei partiti mai arrivati.
Ogni clandestino genera introiti alleno tax ONG, che li raccolgono e alle centinaia di cooperative e srl nate appositamente per gestirli. Miliardi di euro provenienti dalla criminalità e dalle tasse degli europei (italiani in primis, dato che l’accoglienza durante i due anni necessari per il riconoscimento spetta al paese dove sbarcano), e alla faccia dei morti che, in percentuale, continuano ad aumentare.
Repubblica scrive delle cazzate enormi, ma non mi permetterei mai di censurare un giornale comico simile, ognuno ha il diritto di dire tutte le idiozie che vuole. Censura o non censura, le persone intelligenti si informano, gli utili idioti continuano a leggere Repubblica e roba simile.
 15 luglio 2017 di FAUSTO DEMETRIO