Dramma a Mantova: da sei mesi non trovava un lavoro, 22enne si impicca

40percentoQuando la mancanza di reddito, di lavoro, UCCIDE. Ma guai parlare di reddito di cittadinanza, ed è pure colpa dei disoccupati se sono in questa situazione, come governassero loro. Ma sarà colpa del fascismo se il reddito di cittadinanza non c’è in Italia. I Più europa NON PRENDONO SPUNTO DALL’EUROPA SU QUESTO TEMA, CHISSA’ PERCHE’.


Non ce la faceva più a rimanere disoccupato, con le mani in mano, a carico della sua ragazza e così, caduto nella depressione, ha deciso di togliersi la vita
di Redazione
 
15 Febbraio 2018 alle 12:41
 
Dramma a Mantova, causato dalla mancanza di lavoro: ne stava cercando inutilmente uno da mesi, uno qualsiasi pur di non stare con le mani in mano, un ragazzo di soli 22 anni. Nonostante il continuo peregrinare tra un’agenzia e l’altra, continuava a rimanere disoccupato. Il sostegno della ragazza e della sua famiglia non sono però state sufficienti per fargli superare la disperazione e lo stato di depressione nel quale era precipitato: senza più speranze, senza più sogni, senza più progetti per il futuro gli è venuta a mancare anche la voglia di vivere, così ha deciso di farla finita impiccandosi con una corda alla ringhiera di una scala.
Gli è stata uccisa ogni speranza, portandolo alla disperazione, così a soli 22 anni ha deciso di gettare la spugna. La sua ragazza aveva notato qualcosa di strano, così era corsa in casa con il cuore in gola e un terribile presentimento. Era troppo tardi.”Dramma della disperazione” si è soliti scrivere. Ma la disperazione è il prodotto di una situazione che, forse, si poteva evitare. Basti pensare a tutte le ‘risorse’ nullafacenti che lo Stato mantiene coi nostri soldi, e che non hanno bisogno di cercarsi un lavoro per campare. A lui, che quel lavoro lo voleva, è stato invece rifiutato qualsiasi aiuto fino a spingerlo al tremendo gesto estremo.
 
L’autopsia, effettuata presso l’ospedale Poma, ha confermato la morte per asfissia, avvenuta sabato mattina. I due fidanzati si erano svegliati e avevano deciso di raggiungere il negozio di lei, per fare colazione insieme. Il 22enne sembra tranquillo, ma non era così: c’era qualcosa di strano nel suo comportamento, lei aveva notato questo disagio, che da qualche tempo non riesce a nascondere, causato dalla mancanza di un lavoro. I continui “no”, i continui “ripassi più avanti”, i troppi “le faremo sapere” hanno inciso sulla sua autostima, sprofondandolo a poco a poco nell’oblio di una depressione dalla quale non riusciva più ad uscire.
L’inquietudine non è sfuggita alla ragazza, attenta ad ogni suo più piccolo cambiamento. La disperata e inutile ricerca di un lavoro gli aveva fatto scattare una molla dentro. Quando lui sabato mattina, dopo aver fatto colazione insieme, decide di tornare a casa, lei ha un terribile presentimento. La preoccupazione è talmente forte che chiede alla madre di prendere il suo posto in negozio. Corre verso casa con quell’oscura sensazione. Apre la porta con il cuore in gola e lui è lì, proprio dove ha scelto di morire. Sopraffatto dall’umiliazione di non aver trovato quel lavoro che tanto desiderava. Disperata, chiama i soccorsi ma non c’è più niente da fare.

DOPO ANNI UN MILIONE E 500.000 PERSONE IN PIAZZA AD ATENE

macedonia è GreciaVoice of Europe:”in Grecia 60.000 migranti afghani ricevono tutti i mesi 400 euro dall’UE.” L’UE prima devasta la Grecia con la Troika, e poi elargisce aiuti ai migranti. Ora vi chiedo: se esplode una guerra tra greci e migranti, chi è il mandante morale?

DOPO ANNI UN MILIONE E 500.000 PERSONE IN PIAZZA AD ATENE
 
Da Piazza Syntagma (Costituzione) di Atene si è levata la protesta contro TUTTI i partiti e il governo che vogliono riconoscere Skopje con il nome Macedonia per facilitarne l’entrata nella NATO e nella UE!
 
Contro iI Memorandum, la Troika, l’Unione Europea e gli USA…
 
Il popolo gridava: “Indipendenza Nazionale, Sovranita’ Nazionale, Liberta’ e Democrazia…
 
Oratore principale il simbolo della Resistenza Greca Mikis Theodorakis, che la sera prima aveva subito un attacco alla sua abitazione da parte di gruppi tsiprini, con scritte che accusavano i promotori della manifestazione di essere dei ‘sinistroidi fascisti’.
Grazie a Nikos per foto e info in diretta

Grecia: i lavoratori costretti a restituire la tredicesima

grecia-crisi-debitodirei sia assai evidente perché le borse, i magnati liberisti, il capitalismo ami tantissimo i governi di sinistra e detesti i “populisti”. Da noi la situazione non è affatto diversa. Date un’occhiata ai fallimenti del 2017.


Grecia: i lavoratori costretti a restituire la tredicesima
 
Continuare a parlare della Grecia è più che mai cruciale, dopo che abbiamo letto post come questo e come questo. Ora dal blog Keep Talking Greece arriva un’altra testimonianza raggelante sulle condizioni dei lavoratori in questo paese, dove, per citare l’antropologo Panagiotis Grigoriou, è in corso un processo “che renderà i lavoratori greci schiavi dei padroni rimasti”. Questo articolo ne mostra i segni con inoppugnabile evidenza, scontrandosi con chi sproloquia di “ripresa della crescita greca” e di “cura dell’austerità che ha funzionato”. In un paese dove la disoccupazione giovanile supera il 40% e i salari sono precipitati fino a garantire a mala pena la sussistenza, la capacità dei lavoratori di resistere ai ricatti è praticamente sparita: fino al punto che si è obbligati a restituire in contanti quello che era stato messo per legge in busta paga.
Diversi datori di lavoro hanno trovato una “ricetta” per riempire i loro registratori di cassa durante i giorni di Natale: hanno chiesto indietro la tredicesima che sono obbligati – per legge – a pagare ai dipendenti.
 
Le proteste dei dipendenti sono atterrate una dopo l’altra negli uffici dei sindacati.
 
Patrasso, i lavoratori nei negozi di vendita al dettaglio, ristoranti e imprese di pulizia si sono lamentati con il sindacato dei dipendenti del settore privato che i loro datori di lavoro hanno richiesto indietro il bonus di Natale.
Diverse denunce hanno raggiunto i sindacati anche a Larissa, nella Grecia centrale. Il presidente del Centro per il lavoro locale ha affermato che “non credo di esagerare se dico che nel settore della ristorazione il fenomeno ha toccato l’80% dei lavoratori”.
 
Tra l’altro ha aggiunto che “una grande catena di negozi ha preteso che fosse restituita la tredicesima, minacciando di licenziare i lavoratori se non avessero obbedito”, aggiungendo che “purtroppo i datori di lavoro richiedono indietro anche parte degli stipendi, adducendo come pretesto le difficoltà economiche”.
Il problema è che i dipendenti non possono dimostrare di aver dovuto restituire il piccolo extra, poiché nella maggior parte dei casi sono costretti a restituire il bonus in contanti subito dopo averlo ritirato al bancomat.
Episodi simili sono stati segnalati anche nell’isola di Creta.
 
Secondo quanto riferito, alcune catene di supermercati hanno costretto a restituire il bonus natalizio, dando in cambio agli impiegati un sacchetto di prodotti alimentari.
Non è il primo anno che i datori di lavoro richiedono indietro il bonus natalizio, equivalente a uno stipendio mensile.
 
La Grecia è in crisi economica, e questo rende i datori di lavoro creativi in modo decisamente pessimo, a prescindere da quello che impone la legge sul lavoro.
di Rododak – gennaio 9, 2018 – di Keep Talking Greece, 28 dicembre 2017

La UE impone una legislazione antisindacale alla Grecia

tsipras sirizala Ue è democrazia e benessere, è diritti e libertà. Guai stare dalla parte del popolo, le sinistre lo sanno bene ed obbediscono.

Mentre in Italia ci si affanna per la campagna elettorale e si cercano improbabili mandanti morali di gesti da psichiatria criminale, CounterPunch ci ricorda che in Grecia il governo di Syriza, obbediente all’Unione Europea, sta portando avanti la distruzione dei diritti dei lavoratori. I provvedimenti di limitazione del diritto di sciopero (di cui abbiamo già parlato recentemente) imposti da entità esterne durante un periodo di crisi, sono un fatto gravissimo, ma sono esattamente in linea con i provvedimenti da sempre voluti dalle istituzioni europee.
Seguendo le istruzioni della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale, lunedì 15 gennaio il governo greco è riuscito a fare approvare la legislazione più antisindacale d’Europa.
La mossa è stata richiesta, assieme ad altre misure draconiane, come condizione per l’ultima tranche di quello che viene definito il “salvataggio” [bailout, NdT] della Grecia, ma che in realtà è solo il salvataggio delle istituzioni finanziarie europee, che hanno incautamente spinto i greci a indebitarsi.
 
Il punto fondamentale richiesto dal governo di Syriza era che le azioni sindacali dovessero essere approvate con il voto favorevole di almeno la metà più uno del numero totale dei membri dei sindacati nel luogo di lavoro [mentre prima la soglia era di un terzo, NdT], e a prescindere dall’effettiva partecipazione al voto. Questo provvedimento è ancora peggiore di quelli previsti dall’accordo sindacale Trade Union Act entrato in vigore nel Regno Unito nel marzo 2016.
Sorprendentemente (o forse no) il Trade Union Congress [la federazione sindacale britannica, NdT] non ha speso una sola parola su tutto questo, mentre continua a spargere allarmismo sugli effetti che la Brexit dovrebbe avere sui diritti dei lavoratori. Mentre il Trade Union Congress continua con le sue chiacchiere, l’Unione Europea sta stringendo le viti sul più basilare di tutti i diritti dei lavoratori, il diritto di sciopero, e sta usando la Grecia come banco di prova per le politiche che vorrebbe attuare in tutti i paesi membri.
Senza il diritto di intraprendere azioni di sciopero, i lavoratori non hanno alcuna protezione tranne quella del tribunale, e i tribunali dei capitalisti tendono decisamente a favorire gli imprenditori.
La Corte Europea di Giustizia ha decretato (nel caso Laval, 18 dicembre 2007) che gli imprenditori hanno il diritto di importare lavoratori da paesi UE a basso salario verso paesi UE ad alto salario, pagandogli il salario del più economico dei due paesi, indipendentemente da qualsiasi accordo di contrattazione collettiva presente nel paese a salari maggiori. Ha decretato inoltre (nel caso Viking, 11 dicembre 2007) l’illegalità di qualsiasi politica industriale tesa a impedire l’esternalizzazione verso i paesi a basso costo.
 
Nel caso Alamo-Herron (18 luglio 2013), in cui alcuni membri del sindacato Unison erano stati trasferiti fuori dalle amministrazioni locali, ha decretato che indipendentemente da ciò che dicesse il loro contratto, i benefici contrattati collettivamente a favore dei lavoratori degli enti locali potevano essere ignorati dai loro nuovi datori di lavoro. “Questo caso è un attacco spaventoso alla contrattazione collettiva ed è almeno altrettanto grave dei casi Laval e Viking”, ha scritto John Hendy, il celebre avvocato del lavoro britannico.
Hendy ha poi aggiunto che “la UE è diventata un disastro per i diritti collettivi dei lavoratori e dei loro sindacati”.
Come abbiamo già detto, organizzazioni sindacali forti sostenute da efficaci politiche industriali quando necessarie sono l’unico modo per garantire e difendere i progressi sui posti di lavoro. La UE si limita a mormorare sui “diritti”, e nel frattempo aggredisce alla base e con determinazione le organizzazioni dei lavoratori.
 
Non una sola riga del Trade Union Act introdotto dal governo Cameron, o ancora peggio della White Paper che l’ha preceduta, era contraria alla legge della UE. Prima la Gran Bretagna esce dalla UE, meglio sarà per i membri delle organizzazioni sindacali (sebbene alcuni cosiddetti leader dispiaccia essere cacciati fuori dal ricco treno di Bruxelles). Almeno poi potremmo vedercela direttamente coi nostri imprenditori.
di Henry Tougha – febbraio 6, 2018 – di Will Podmore, 02 febbraio 2018

Grecia fase finale: all’asta sul web tutto ciò che si può vendere, anche le case private

TSIPRAS RIDEe bravo il mio kompagno anti troika dalla parte dei poveri e degli ultimi, il vero volto delle sinistre, servi della finanza. Ma quali valori di Ventotene, questa è sempre stata la vera natura della UE.

Grecia fase finale: all’asta sul web tutto ciò che si può vendere, anche le case private
 
La Grecia di Alexis Tsipras affronta l’ultima parte della svendita totale del suo patrimonio e della sua civiltà. Sul mercato finisce la stessa democrazia.
 
ATENE – La Grecia di Alexis Tsipras è entrata nella «fase laboratorio»: vedere cosa succede ad un paese lasciato nelle mani dei creditori. Disse Milton Friedman: «Lo shock serve a far diventare politicamente inevitabile quello che socialmente è inaccettabile»: lo shock della Grecia risale al’estate del 2015 quando con la giacca gettata sul tavolo al grido di «prendetevi anche questa» il primo ministro Alexis Tsipras firmò la resa senza condizioni della sua nazione sconfitta. Umiliato di fronte al proprio paese e al mondo da Angela Merkel, volutamente. Sul tavolo, quella notte, non finì solo la Grecia, ma la stessa democrazia che l’occidente ha vissuto in quelli che il grande storico Hobsbawm ha definito «i gloriosi trent’anni». Il voto greco, consapevole, che rifiutava il commissariamento della Trojka ad ogni costo, ad ogni costo veniva tradito in cambio di un piano lacrime e sangue, ancor più punitivo perché doveva sanzionare l’ardire di un popolo intero che osava ribellarsi alla volontà suprema dell’Europa finanziaria. Che solo in quel caso e per pochi giorni gettò la maschera della finta solidarietà, dei traditi valori di Ventotene, e si manifestò nella pura essenza del terrorismo finanziario.
Senza un governo, comandano i tedeschi
 
Nel nuovo reame globalizzato la Grecia è il primo esperimento compiuto di «stato disciolto»: il governo della sinistra, solo pochi anni fa definito estremista, ha assunto il ruolo finale: l’assorbimento del conflitto sociale che si scatena a fronte di una colonizzazione. Il 2018 sarà l’anno dove l’esproprio della ricchezza pubblica e privata diventerà in Grecia molto più veloce, e aggredirà i rimasugli di patrimonio restanti.
Gli immobili vengono messi all’asta e i compratori stranieri – banche, privati e perfino istituzioni – possono prendersi un’isola, un appartamento, una spiaggia, un’opera antica: qualsiasi cosa. Il tutto a prezzi stracciati, a meno del 5% del loro valore.
Anche le case all’asta sul web
Finiscono all’asta, sul web, come una cosa qualsiasi, perfino le prime case se superano una determinata superficie. Il tutto nel plauso della parte ricca del paese, che potrà accaparrarsi i beni della classe media, per non parlare di quella povera, a prezzi stracciati. Nella democrazia di facciata del governo Tsipras i poveri sono sempre più poveri, e i ricchi sono sempre più ricchi. Sembra di parlare degli Stati Uniti, e invece è la Grecia, un paese nobile e antico, su cui si fonda l’intera cultura occidentale, che si trova ad un passo dalle nostre coste. Per molti aspetti laddove è fondato il nostro passato si vede il nostro futuro. C’è una qualche differenza tra un comune italiano, come quello di Torino ad esempio, e lo stato greco? Entrambi sono assediati dai debiti, contratti per mitigare l’impatto della deindustrializzazione globalizzante, entrambi sono sotto il controllo delle banche che dettano i piani di governo: a suon di privatizzazioni, svendite di patrimonio e licenziamenti collettivi. La trappola del debito è una tagliola, entro la quale viene ferita la democrazia. I piani di rientro sono agende incontrovertibili, totali, spietate. Rispetto i quali ogni programma elettorale è soccombente.
Ultimo sforzo, poi il deserto
I commentatori filo governativi sottolineano che il 2018 sarà l’anno «dell’ultimo sforzo» per arrivare alla fine del commissariamento da parte dei creditori. Per dare un’idea di cosa si parla: un governo di estrema sinistra, si fa per dire, ha approvato delle norme che restringono la libertà di sciopero. Di fatto in Grecia diventa illegale, perché per la proclamazione degli scioperi dovrà partecipare alle assemblee il 50% degli iscritti ai vari sindacati di categoria. E questa è solo l’ultima parte di un processo che ha già pesantemente colpito lo stato sociale, le pensioni, i salari, i beni pubblici, e il diritto del lavoro. Imbarazzante, tra l’altro, l’asse politico tra Alexis Tsipras e Emmanuel Macron: ennesima prova dello sbandamento culturale della sinistra incapace di inquadrare un orizzonte politico differente da quello dei banchieri.
Italia come la Grecia?
Ovviamente il governo greco confida che nell’agosto del 2018 la Trojka, in virtù del piano di rientro greco, vada via, e lasci il paese libero di finanziarsi sul mercato globale. Ma se anche fosse, questo non migliorerebbe la situazione della Grecia, ormai allo stremo. Il debito pubblico greco, da «vendere» sul mercato obbligatoriamente a tassi elevati, finirebbe nuovamente all’estero. E il processo si ripeterebbe esattamente uguale agli ultimi sette anni. Ovviamente vi sarà un’espansione del Pil e una ripresa dei contratti di lavoro a prezzi stracciati. Il governo, la democrazia, non servirebbe più a nulla: se non a creare un simulacro. L’esperimento greco, la palla di cristallo in cui si può vedere il futuro dell’Italia se non vi sarà una drastica inversione politica, è davanti a noi.
28 gennaio 2018 diariodelweb.it
di Maurizio Pagliassotti.

65ENNE ITALIANO DISOCCUPATO, SFRATTATO E SENZA LUCE SI IMPICCA IN CASA SUA A PARMA

65enne sfrattatoFebe Polluce -Anticamente un uomo che non era in grado di far fronte ai suoi debiti veniva venduto come schiavo. Grazie a dio, ora abbiamo il diritto e la civiltà: se non puoi pagare, malgrado i meno 10 gradi di temperatura esterna ti staccano luce e riscaldamento corrente, o ti sfrattano buttandoti in mezzo alla strada a morire di freddo
 
65ENNE ITALIANO DISOCCUPATO, SFRATTATO E SENZA LUCE SI IMPICCA IN CASA SUA A PARMA
 
by informazionelibera · 23 gennaio 2018
Un altro omicidio di Stato a Parma: Un italiano di 65 anni perde il posto di lavoro, viene sfrattato e gli tolgono pure l’energia elettrica. L’uomo in preda alla disperazione si toglie la vita impiccandosi nella sua abitazione. Non era un immigrato abusivo, nessuno aiuto dalle istituzioni.
Dramma della disperazione a Parma: nel pomeriggio di ieri, giovedì 21 settembre, un 65enne, senza lavoro, si è tolto la vita impiccandosi della sua abitazione. La luce nella sua abitazione era staccata da giorni e i tecnici stavano per staccare anche le altre utenze. Lo sfratto, nel frattempo, era diventato esecutivo.
 
La scoperta del cadavere è stata fatta dalla madre anziana, che si era recata nella sua abitazione insieme ad un tecnico dell’Iren. Un dramma nel dramma per la donna con la quale il 65enne conviveva fino a poco tempo fa. La madre è entrata ed ha visto la scena: il figlio aveva deciso di legarsi una fune al collo e di fissarla ad un tubo del gas. Per lui non c’è stato nulla da fare.
 
Sul posto sono arrivati i poliziotti, il medico legale e la Polizia Scientifica che hanno escluso altre piste. Il 65enne, oltre alla madre, lascia anche una figlia.
 
 

Sori, uomo trovato impiccato in una casa cantoniera

chi è il mandante morale di un ennesimo suicidio per povertà? I poveri sono degni di attenzione solo se vengono con la nave, la nostra democrazia non li produce i poveri, sia mai. Ma non chiamatela ipocrisia

„Trovato impiccato in una casa cantoniera, mistero sull’identità
Il tragico ritrovamento, avvenuto a Sori, risale al pomeriggio di mercoledì: l’uomo non aveva con sé documenti d’identità o altri oggetti in grado di identificarlo
25 gennaio 2018 11:07

Resta senza identità l’uomo che nel pomeriggio di mercoledì è stato ritrovato privo di vita in una casa cantoniera di Sori, il collo stretto in un cappio appeso al soffitto. L’ipotesi più probabile al momento è che si sia trattato di suicidio, ma i carabinieri non sono ancora riusciti a risalire alla sua identità e dunque a ricostruire il passato.

Stando ai primi esami condotti sul corpo, si tratterebbe di un uomo di circa 40 anni, con tutta probabilità un senzatetto, anche alla luce dell’assenza di oggetti personali e documenti. A dare l’allarme sono stati proprio alcun clochard che, cercando riparo nella casa cantoniera, hanno fatto la macabra scoperta.

Il magistrato di turno ha già aperto un’inchiesta, affidata ai carabinieri di Santa Margherita Ligure. Nelle prossime ore verrà effettuata l’autopsia per accertare le cause della morte, e i militari attendono di avere le impronte digitali per tentare di risalire all’identità dell’uomo sfruttando i database, ma in assenza di documenti e testimoni l’identificazione è possibile soltanto se l’uomo era già stato schedato. “

Tragedia sul Monte Beigua, 34enne trovato impiccato
4 novembre 2016

Malore per strada, senza tetto muore poco dopo
5 dicembre 2017

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Il gelo uccide i clochard, appello della comunità di Sant’Egidio

senzatetto freddosono morti numerosi senza tetto quest’inverno, ma non chiamatela strage. Siamo un paese civile e democratico no? Qui sotto riportate solo alcune di queste morti, non se ne deve parlare. Per loro niente solidarietà, niente posto in albergo.Tra di loro ci sono anche stranieri, ma stranieri di serie B, quelli che non fruttano 35 euro al giorno come i due senza tetto polacchi morti a Firenze.

Ancora freddo e neve in Italia, il gelo fa 8 morti in due giorni
Sette morti per il gelo nel Centro Sud, sei clochard e una donna

Clochard muore di freddo su una panchina ai Giardini Peragallo di Pegli È IL SECONDO IN DICEMBRE 20 dicembre 2017

Clochard muore per il freddo ad Avellino. Ecco i piani dei Comuni  6 gennaio 2017
Sant’Egidio lancia una raccolta di coperte. Nell’ultima settimana tre morti per il freddo.

Estorsioni ai senzatetto per farli dormire nell’aeroporto di Linate, arrestate due bulgare

Clochard carbonizzato a Verona, minori stranieri indagati: “era uno scherzo”

Le donne moralmente superiori che hanno a cuore la parità, si chiedono quante donne vivono sotto ai ponti? O pensano che non ci siano?

Italiana 65enne vive sotto un ponte “non ho i soldi per l’affitto”

Senzatetto di 73 anni muore di freddo a Genova

Il gelo uccide i clochard, appello della comunità di Sant’Egidio
CRONACA 06.01.2018

video di la7

L’ultimo morto, probabilmente per il freddo, ieri a Roma vicino alla stazione Tiburtina. in tutto tre solo ieri deceduti in varie citta italiane per il freddo. E in queste ore si rialza la voce delle associzioni che aiutano i poveri i senza dimora affinche le istituzioni siano più sensibili di fronte alle situzioni di emergenza
di Carmelo Schininà

Italiano senza lavoro morto di freddo mentre il Vescovo dava 25 alloggi a profughi

chi non rende soldi a mafia capitale non è degno di solidarietà, per i moralmente superiori

Brescia: senzatetto italiano morto di freddo, a pochi metri il resort che ospita i profughi

CHI SONO I MANDANDI MORALI DI QUESTI OMICIDI?
 
Italiano senza lavoro morto di freddo mentre il Vescovo dava 25 alloggi a profughi
25 gennaio 2018
 
FONTE: TRENTO TODAY
SENZATETTO MUORE DI FREDDO, VESCOVO OFFRE 25 APPARTAMENTI A FINTI PROFUGHI
 
Scandaloso. La diocesi metterà a disposizione 25 alloggi per ospitare richiedenti asilo che oggi sono alloggiati presso il capo della Protezione Civile di Marco, Rovereto. Questo l’annuncio del vescovo di Trento Lauro Tisi al termine della visita, che si è tenuta oggi.
 
“E’ una situazione che ci interpella e ci chiede di trovare soluzioni – ha detto il vescovo intervistato a radio Trentino In Blu (clicca qui per ascoltare l’intervista) – l’appello è alle comunità, meglio parlar poco e muoversi, tutti, a partire da me”.
“Sono qui oggi a nome di tutti i preti che hanno aperto le loro canoniche – ha detto Tisi – Certo, quattordici persone in un container è una situazione che parla da sola, così non va. Ci sono però tante altre problematiche esistenziali olte il disagio, ripeto: è una situazione che ci interpella tutti, dobbiamo tutti quanti chiederci cosa si possa fare”.
 
E così i fancazzisti africani in fuga dalla guerra in Siria avranno i loro appartamenti.
 
Intanto, nei giorni scorsi, un senzatetto di 42 anni è stato trovato morto nel garage di un supermercato a Rovereto, in Trentino. Una residente l’ha trovato esanime sotto due coperte, senza nemmeno un materasso o dei cartoni a cercare di limitare l’impatto delle basse temperature. Ha chiamato il 118 ma i sanitari non hanno potuto che constatare il decesso.
 
Insomma, 25 case per i finti profughi africani perché c’è la guerra in Siria. E invece muoiono i senzatetto di freddo.

L’ondata neoliberista travolge l’Argentina: aumentano fino al 500% le tariffe di acqua, trasporti, elettricità e telefonia

proteste Marcì
“Argentina, Macri brinda alla repressione: «Chi lancia una pietra è disposto a uccidere» Ah però se è per destabilizzare nazioni al grido libertà e democrazia per metterci i fantocci del Washington Consensus va bene lanciare pietre, sgozzare, assassinare, vedi Libia, Siria ed ora Iran.
In pochi mesi il governo Macri ha effettuato forti aumenti nei principali serivzi pubblici del paese e realizzato licenziamenti di massa”
Quando sostenete le “rivoluzioni colorate” sappiate che sostenete QUESTO, perché questa è l’essensa della cosiddetta democrazia, potere alle elites di rapinare e reprimere il popolo. La repressione in atto in Argentina NON INTERESSA L’ONU E NESSUN ATTO DI PROTESTA SOTTO L’AMBASCIATA ARGENTINA. Come mai? Ancora una riprova che la DEMOCRAZIA è un impianto inteso SOLO a garantire la libertà delle corporations e finanza di rapinare e ridurre in schiavitù le popolazioni.

L’ondata neoliberista travolge l’Argentina: aumentano fino al 500% le tariffe di acqua, trasporti, elettricità e telefonia

 
In pochi mesi il governo Macri ha effettuato forti aumenti nei principali serivzi pubblici del paese e realizzato licenziamenti di massa
La parola d’ordine è «normalizzare l’economia», dove il termine normalizzare significa riportare indietro le lancette della storia, tornare alla «larga noche neoliberal» che drammi inenarrabili ha prodotto a queste latitudini.
 
Il mese di aprile non inizierà sotto un buon segno per gli argentini, infatti, il governo neoliberista di Mauricio Macri ha decretato aumenti fino al 500% delle tariffe dei principali servizi pubblici. Vale a dire acqua, elettricità, carburante e trasporti in Argentina.
Il quotidiano Pagina 12 informa che le tariffe relative al servizio idrico subiranno un aumento del 500%, quelle del gas incrementeranno del 300%, mentre i trasporti del 150%.
 
Nel caso dell’acqua l’aumento è richiesto dall’azienda statale Agua y Saneamientos Argentinos (Aysa), che già in varie occasioni durante il mandato della presidente Cristina Fernández de Kirchner aveva insistito per ottenere un sostanzioso incremento.
Una richiesta sempre respinta dal governo kirchnerista che aveva come obiettivo primario quello di proteggere il popolo argentino.
Il Ministro dell’Energia, Juan José Aranguren, ha confermato che gli aumenti del gas saranno del 300%. Forti incrementi si segnalano anche nel settore dei carburanti: Luis Malchiodi presidente della Federación de Entidades de Combustible de Argentina ha annunciato che la nafta aumenterà di pari passo con l’inflazione.
Stangata in arrivo anche per la telefonia fissa: le autorità hanno concordato con le compagnie telefoniche aumenti del 186%, come informa TeleSur. «Si tratta del primo aumento accordato dal Potere Esecutivo dopo 14 anni di tariffe congelate». Questo il commento del quotidiano Pagina 12.
 
Queste misure vanno a sommarsi ai licenziamenti di massa e alla stretta repressiva imposta dal regime neoliberista di Mauricio Macri.
 
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Telesur  I media locali riferiscono che ci sono diversi feriti dopo la repressione contro i lavoratori dell'”Ingenio La Esperanza”. I lavoratori dello zucchero Ingenio…
 
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Cosa progetta Israele in Argentina?
di Thierry Meyssan – Voltairenet   Nel diciannovesimo secolo, il governo britannico esitava a creare Israele nell’attuale Uganda, in Argentina o in Palestina. L’Argentina era allora…
 
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Macrì “riforma” le pensioni. Dura repressione e video shock di un pensionato schiacciato da una camionetta
La criticata riforma del programma pensionistico voluta da Macrì in Argentina è stata approvata questo martedì. Nonostante le proteste di massa e la brutale repressione della polizia…
Notizia del: 15/12/2017    Fonte: www.tiempoar.com.ar
Repressione in Argentina, la denuncia del Nobel Pérez Esquivel: «Non possiamo continuare così, ci sono morti e feriti»
«Non possono continuare a reprimere la gente. (Il ministro della sicurezza, Patricia) Bullrich deve essere allontanata. La gendarmeria ha puntato le sue armi contro il popolo. Questo non è democratico, chiediamo che lo Stato di diritto sia rispettato e che i diritti umani siano rispettati»
  La repressione delle proteste contro la riforma delle pensioni di Macri è brutale. Il regime neoliberista…
Notizia del: 15/12/2017
Brutale repressione in Argentina, colpiti giornalisti e deputati: con Macrì tornano gli spettri del passato
La polizia argentina ha duramente represso una manifestazione nei pressi del Parlamento per impedire il passaggio dei protestanti delle organizzazioni sociali, dei sindacati, delle organizzazioni dei diritti...
Notizia del: 14/12/2017
Argentina, Cristina contro la brutale repressione della polizia. “Così non si governa”
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Telesur L’ex-presidente e attuale senatrice dello stato argentino, Cristina Fernández de Kirchner…