Sulla convocazione del Consiglio di Sicurezza all’ONU la Zajarova risponde agli USA

Maria-Zakarova-rispondeLa portavoce russa all’ONU
 
Sulla convocazione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, richiesta dagli USA per discutere della proteste avvenute in Iran, la portavoce russa Maria Zajarova ha voluto rispondere agli USA ricordando le manifestazioni di protesta avvenute di recente negli USA e la reazione delle autorità statunitensi su questi episodi.
La richiesta di convocazione era stata fatta dalla rappresentante USA all’ONU, Nikki Haley la quale ha annunciato l’intenzione di Washington di convocare il CSNU per discutere delle attuali manifestazioni in Iran e per amplificare “la voce del popolo iraniano”.
La Zajarova da parte sua non ha tardato a commentare la decisione statunitense:
“Non c’è dubbio che la delegazione americana avrà qualche cosa da raccontare al mondo. Nikki Haley ad esempio potrebbe condividere l’esperienza statunitense nella repressione delle manifestazioni di protesta”, ha scritto la Zajarova sulla sua pagina FB.
“Gli statunitensi ptrebbero raccontare “, ha proseguito la Zajarova, “come hanno proceduto agli arresti di massa e la soppressione del movimento “Occupa Wall Street” o sulla repressione delle proteste contro la polizia nella località di Ferguson nel 2014″.
Proteste in Iran
 
L’ondata di disordini e di  proteste si sono verificati negli ultimi giorni in Iran a partire dal 28 Dicembre. I manifestanti reclamavano miglioramenti economici ed hanno protestato per la risalita dei prezzi.
Le proteste erano iniziate a Mashad e si sono poi estese in altre città inclusa Teheran ed hanno dato luogo a molti arresti ed alcune vittime.
Le autorità iraniane hanno denunciato la presenza di agitatori e terroristi venuti dall’estero per fomentare i disordini ed il caos nel paese.
Fonte: Sputnik Mundo Gen 03, 2018

Iran, la foto “simbolo delle proteste” non c’entra nulla con le manifestazioni

iran fake protesterUna donna a capo scoperto che tiene il suo velo sopra un bastone è largamente utilizzata sui social network per incarnare le manifestazioni. La foto è in realtà precedente ai primi cortei.
L’immagine circola largamente sui social network, ma anche sui numerosi media dall’inizio delle manifestazioni che scuotono l’Iran da giovedì 29 dicembre: in una strada iraniana, una giovane donna a capo scoperto sventola il suo velo sopra un bastone. Per molti, diventa un’immagine iconica del movimento.
 
Così la contestatrice iraniana impegnata per i diritti umani Maryam Namazie, che vive nel Regno Unito, elogia il gesto: “Una delle icone delle manifestazioni di ieri è stata una giovane donna con il suo hidjab obbligatorio su un baastone… Che visione meravigliosa!”
 
Negli Stati Uniti, nonostante l’immagine sia circolata ampiamente in tutti gli ambienti, l’hanno particolarmente utilizzata personalità e siti vicini all’alt-right (estrema destra), come Breitbart. Un disegno, anch’esso largamente diffuso, ha confermato il suo status di icona:
“Mercoledì bianco”
Tuttavia, come rimarcato da un nostro giornalista a Teheran, Ghazal Golshiri, questa immagine non è legata al movimento di protesta attuale.
La foto è stata pubblicata per la prima volta su Facebook e Instagram dalla giornalista iraniana che vive negli Stati Uniti Mashid Alinejad, giovedì 28 dicembre, insieme ad altre foto e a un video. Il giorno della prima manifestazione a Machhad. Ma Alinejad precisa che la foto è stata scattata il giorno prima, mercoledì 27, Enghelab Avenue, a Teheran. Tre giorni prima della prima manifestazione nella capitale iraniana, di sabato. Ella aggiunge che la giovane donna è stata arrestata, come “il gruppo di giovani che la sosteneva”.
Un video messo in rete permette per di più di vedere che la giovane non è circondata da manifestanti. I passanti e le auto circolano normalmente.
L’azione è in realtà legata al movimento “Mercoledì bianco” lanciato dalla signora Alinejad sui social network per protestare contro le restrizioni sull’abbigliamento femminile in Iran. Sulla sua pagina Facebook “My Stealthy Freedom”, la giornalista pubblica immagini e video di donne iraniane in bianco o senza velo.
 
(da Le Monde – Traduzione di Edoardo Nolli) 3 gennaio 2018

Al lavoro la fabbrica delle “fake news” dei media atlantisti sugli avvenimenti in Iran

Iran-fake-news
Iran Fake News
Pur di dimostrare che in Iran sia in atto una “rivolta spontanea”, i media occidentali, esperti nella manipolazione delle notizie, stanno facendo gli straordinari per diffondere false immagini riprese da fotogrammi di altre manifestazioni e indicarle come “immagini della rivolta” in Iran.
Nella loro opera di falsificazione, i media occidentali hanno utilizzato persino fotogrammi delle rivolte popolari avvenute nel Bahrein, spacciandole per foto prese di nascosto dagli oppositori del regime, come anche da altre manifestazioni avvenute in altre parti del mondo. In mancanza di foto di inconsistenti rivolte popolari in Iran, tutto “fa brodo” per i manipolatori dei media atlantisti, si cui tutto si può dire ma non che manchino di inventiva. Le notizie, se non ci sono, si inventano. Niente di nuovo: era accaduto  lo stesso con le famose rivolte popolari in Libia, sulla piazza verde di Tripoli, rivolte inesistenti ma ricostruite altrove.   Vedi: Palaestina Felix
D’altra parte la sobillazione in Iran ed il tentativo di destabilizzazione del paese, arci nemico del trio  USA-Israele-Arabia Saudita, è un boccone troppo ghiotto per non impostarci sopra una campagna di prefabbricazione di notizie false e deviate.
Iran Fake news Foto presa da Buenos Aires
Un grosso lavoro lo stanno facendo anche gli agenti infiltrati dei servizi di intelligence occidentali, CIA ed M16 in particolare, che da anni supportano e finanziano le cellule terroriste dei MKO, protagonisti di attacchi e attentati terroristici negli anni passati. La tecnica è quella ormai consolidata utilizzata dalla CIA sulla piazza di Maidan, a Kiev (Ucraina).
Si appostano cecchini mimetizzati che sparano sui manifestanti e sula polizia, si utilizzano commandos di elementi armati (armi fatte entrare dalla CIA) contro caserme della polizia, si inviano appositi gruppi di agitatori nelle piazze per creare caos disordini, si incendiano auto, negozi e si creano barricate. La abituale strategia utilizzata in Ucraina, in Georgia, in Libia ed in Siria, ed ultimamente anche in Venezuela (con alcune varianti) per determinare delle rivolte popolari e successivo cambio di regime a cui tutte le TV danno il massimo risalto.
Nel caso dell’Iran sarà difficile ottenere un cambio di governo  ma ci si è messo anche il presidente Trump a dare il suo contributo, aizzando dal suo buon ritiro in Florida i manifestanti a insorgere, un maldestro tentativo di sobillazione che rischia di avere l’effetto contrario, visto il personaggio, il più odiato dagli iraniani.
Il tentativo è stato talmente maldestro che la stessa grande stampa USA ha lanciato il monito a Trump scrivendogli “be quite” (stati zitto) dal New York Times, per l’evidente rischio di compromettere una azione di sobillazione coperta i cui mandanti devono rimanere segreti. Trump si vede che non è stato preavvisato dalla CIA con cui ultimamente non vanta buoni rapporti. Sembra che il nuovo capo della CIA abbia perso le staffe nel leggere i Twitter di Trump ed abbia dato in escandescenze. Questo però è l’aspetto farsesco della manifestazione….
Iran fake news : foto presa dalle agitazioni verificatesi nel Bahrein (come si evince da bahraindoctor)
Nel frattempo….
Da parte di  segretario del Consiglio superiore di sicurezza dell’Iran, con una dichiarazione ufficiale ha considerato che le manifestazioni di protesta nel paese sono realizzate nel contesto di una “guerra ibrida” che alcune potenze stanno conducendo contro l’Iran, come ha informato la BBC.
Secondo Shamjanì, gli USA il Regno Unito,  e l’Arabia Saudita sono dietro le recenti proteste verificatesi nel paese persiano. Queste potenze dirigono le campagne di manipolazione nei social media e sobillano le manifestazioni con messaggi aperti di incitazione alla rivolta contro il Governo.
Una buona parte di questi messaggi sono da attribbuire ad una regia del governo saudita, la restante parte deve essere imputata ad agenzie statunitensi e britanniche.  Quest aingerenza ha l’obiettivo di rallentare lo sviluppo economico dell’Iran e seminare il malcontento. Tuttavia Shamjanì ritiene che queste manifestazioni si andranno esaurire in poco tempo.
Le proteste erano iniziate partendo dalla città di Mashhad e si sono poi estese ad altre città dell’Iran, incluso Teheran, Isfahan e Rasht. Fino ad oggi ci sono state decine di arresti ed un numero di 20 vittime negli scontri.
Nel corso delle proteste sono stati notati  individui armati che hanno assaltato alcune stazioni di polizia e caserme ed altri che hanno lanciato bombe incendiarie. Le autorità militari iraniane ritengono che si tratti di elementi addestrati che hanno l’obiettivo di seminare il caos e creare scontri tra la popolazione e le forze di polizia.
Tutto come da copione……..
Fonti:   Hispan Tv         Al Mayadeen
Traduzione e sintesi: Luciano Lago Gen 02, 2018

Iran: un’altra “rivoluzione colorata” in arrivo?

riv colorata iranovviamente se protestassimo in Occidente per il carovita, tipo in Europa per ogni memorandum o finanziaria lacrime e sangue o stangata, sicuramente tutti sosterrebbero i manifestanti invitando i governi a dimettersi giusto?

I neo-con, i media statunitensi a loro vicini e il presidente degli Stati Uniti stanno chiedendo agli americani di stare con il “popolo iraniano” e con i “manifestanti” nella loro “lotta per la libertà”.
Il motivo per cui questa storia suona incredibilmente familiare è perché abbiamo visto la stessa scena in Egitto, in Libia e in Siria, e anche nella stessa Iran alla fine degli anni 2000. Le proteste che diventano violente, una successiva repressione violenta o riportata come tale, e il peso della propaganda americana contro il governo bersaglio; sono tutte ripetizioni della “Primavera araba”. Null’altro che lo schema di rivoluzione/destabilizzazione usato dall’Occidente in paesi di tutto il mondo per decenni, in particolare negli ultimi venti anni.
CHE COSA VOGLIONO I MANIFESTANTI?
Le presunte richieste dei manifestanti sembrano abbastanza ragionevoli e legittime. Fino a questo momento, i media occidentali hanno riferito che l’argomento principale dei dimostranti si concentra sulle preoccupazioni economiche, cioè sul calo degli standard di vita; sulla disoccupazione; e sull’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Tuttavia, giunti oggi al terzo giorno di proteste, i media occidentali hanno iniziato a riferire che i manifestanti chiedono la fine della dittatura religiosa e delle politiche sia dell’Ayatollah Khamenei che del presidente Rouhani. Secondo alcuni articoli, le manifestanti donne sono arrivate al punto di gridare “morte a Khamenei” e hanno versato il loro hijab per costruire bandiere di fortuna. Altri dicono che i manifestanti sono concentrati sulla corruzione del governo.
Tuttavia, bisogna farsi delle domande. La prima domanda è “queste proteste nascono spontaneamente in Iran?”. Non si sa ancora. L’Iran è certamente una dittatura religiosa e molti iraniani vogliono la libertà dal dominio religioso. Va comunque ricordato che gli Stati Uniti e Israele hanno dichiarato apertamente il desiderio di vedere l’influenza iraniana infranta e, recentemente, nel 2009, gli Stati Uniti hanno tentato di progettare una rivoluzione colorata nel paese. I primi tre giorni del Movimento Verde in Iran assomigliavano molto ai primi tre giorni di questo movimento in corso.
Chiaramente le preoccupazioni economiche sono un grosso problema in Iran: un paese la cui economia ha sofferto per anni sotto le sanzioni occidentali e incapace di capitalizzare la Banca Nazionale. La disoccupazione ufficiale in Iran è di circa il 12%, ma è probabile che il tasso reale sia molto più alto. Nonostante l’abolizione di alcune sanzioni, non vi è quasi crescita economica nel paese: un altro risultato delle politiche economiche e commerciali neoliberiste. Tuttavia, vale la pena notare che Khamenei è stato anche critico nei confronti della scarsa economia e della gestione delle questioni economiche da parte del governo, nonostante sia al centro delle proteste.
 
Queste richieste non suonano irragionevoli, comunque le si veda. Tuttavia, le proteste religiose arrivano in un momento molto strano. L’Iran ha recentemente liberalizzato le sue leggi in materia di copricapi femminili, quindi perché protestare ora contro le leggi religiose?
Inoltre, un’attenzione particolare deve essere rivolta al concetto di “corruzione del governo”: un segno distintivo delle rivoluzioni colorate. Ci sono anche dubbi sugli slogan che vengono cantati dai manifestanti. In primo luogo, i manifestanti chiedono che l’Ayatollah e il presidente si dimettano. In altre parole, chiedono il cambio di regime. Questo è esattamente ciò che anche gli Stati Uniti, il GCC, la NATO e Israele vogliono che accada.
In secondo luogo, numerosi manifestanti stanno urlando “Lasciate stare la Palestina” e “Non per Gaza, non per il Libano, darei la mia vita (solo) per l’Iran”. Ancora una volta, i manifestanti stanno reiterando richieste di politica estera identiche a quelle volute da gli Stati Uniti, la NATO, il GCC e Israele. Tutto questo in una protesta che dovrebbe riguardare le preoccupazioni economiche.
Moon of Alabama, in un articolo intitolato “Iran – Regime Change Agents Hijack Economic Protests”, scrive:
 
“Le proteste contro le politiche economiche neoliberiste del governo Rohani in Iran sono giustificate. La disoccupazione ufficiale in Iran è superiore al 12% e non vi è quasi alcuna crescita economica. Le persone nelle strade non sono le uniche a non essere soddisfatte di questo. Il leader supremo dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei, che ha ripetutamente criticato il record economico del governo, ha detto oggi che la nazione sta lottando contro “prezzi elevati, inflazione e recessione” e ha chiesto ai funzionari di risolvere i problemi con determinazione. Giovedì e oggi gli slogan di alcuni manifestanti hanno trasformato la richiesta di aiuti economici in un appello per il cambio di regime.
Oggi, venerdì, il giorno di riposo settimanale in Iran, diverse altre proteste si sono svolte in altre città. Secondo la Reuters circa 300 dimostranti si sono radunati a Kermanshah dopo quello che Fars ha definito “una chiamata all’anti-rivoluzione” e hanno gridato “i prigionieri politici dovrebbero essere liberati” e “Libertà o morte”, mentre distruggono alcune proprietà pubbliche. I filmati, che non è stato possibile verificare, hanno mostrato proteste in altre città, tra cui Sari e Rasht nel nord, Qom a sud di Teheran e Hamadan a ovest.
 
Mohsen Nasj Hamadani, vicecapo della sicurezza nella provincia di Teheran, ha detto che circa 50 persone si sono radunate in una piazza di Teheran e la maggior parte ha lasciato dopo essere stata interrogata dalla polizia; ma alcuni che hanno rifiutato sono stati “temporaneamente detenuti”, ha riferito l’agenzia di stampa ILNA.
Alcune di queste proteste hanno vere ragioni economiche ma vengono dirottate da altri interessi: nella città centrale di Isfahan, un residente ha detto che dei manifestanti si sono uniti a una manifestazione tenutasi dagli operai delle fabbriche. “Gli slogan sono passati rapidamente dall’economia a quelli contro (il presidente Hassan) Rouhani e il leader supremo (Ayatollah Ali Khamenei)”, ha detto il testimone al telefono. Le proteste puramente politiche sono rare in Iran […] ma le dimostrazioni sono spesso tenute dai lavoratori per i licenziamenti o il mancato pagamento degli stipendi, e le persone che detengono depositi in istituti finanziari non regolamentati e in bancarotta.
Alamolhoda, il rappresentante dell’Ayatollah Khamenei nel nord-est di Mashhad, ha detto che alcune persone hanno approfittato delle proteste di giovedì contro l’aumento dei prezzi per recitare slogan contro il ruolo dell’Iran nei conflitti regionali. “Alcune persone erano venute per esprimere le loro richieste, ma improvvisamente, in una folla di centinaia, un piccolo gruppo che non superava i 50 gridava slogan devianti e orrendi come “Lascia andare la Palestina”,”Non Gaza, non il Libano, io do la mia vita (solo) per l’Iran”, ha detto Alamolhoda.
 
IL SUPPORTO DEI NEOCONSERVATORI
 
E’ interessante notare come il Presidente degli Stati Uniti abbia immediatamente dato il suo supporto alle proteste, incoraggiando gli americani a schierarsi con i manifestanti e le loro richieste. Questo supporto proviene da un uomo che vede raramente una protesta che non sia diretta contro di lui. Nel frattempo, gli organi Neo-Con come FOX News continuano a chiedere agli americani di sostenere i coraggiosi “combattenti per la libertà” in Iran. Quando i neo-con richiedono sostegno alle proteste, è giusto mostrarsi scettici.
È anche importante mettere in discussione quanto siano popolari queste proteste. Mentre i principali media occidentali e varie organizzazioni terroristiche sostengono la presenza di migliaia per ogni manifestazione, i video e le immagini mostrano in tutto un centinaio di manifestanti. Le proteste sono iniziate solo un mese dopo che la Casa Bianca e Tel Aviv si sono incontrati per discutere di una strategia sull’Iran.
 
“Una delegazione guidata dal Consigliere per la sicurezza nazionale di Israele si è incontrata con alti funzionari americani alla Casa Bianca all’inizio di questo mese per una discussione congiunta sulla strategia per contrastare l’aggressione dell’Iran in Medio Oriente”, ha scritto l’agenzia Haaretz.
 
AXIOS fornisce qualche dettaglio sulla riunione: “Gli Stati Uniti e Israele tengono d’occhio i diversi sviluppi nella regione e specialmente quelli che sono collegati all’Iran. Abbiamo raggiunto una comprensione della strategia e della politica necessaria per contrastare l’Iran. Le nostre intese riguardano la strategia generale, ma anche obiettivi concreti, modalità d’azione e mezzi che devono essere utilizzati per ottenere tali obiettivi”.
Questa apparente rivoluzione colorata potrebbe essere il risultato di quell’incontro USA / Israele?L’idea che una rivoluzione colorata possa essere tentata in Iran non è una fantasia. Sarebbe una ripetizione della storia. Ricordate, nel 2009 già si tentò di lanciare la cosiddetta “Rivoluzione verde”, ma fu repressa duramente dal governo iraniano.
 
IL “SENTIERO VERSO LA PERSIA”
 
Il piano per un attacco occidentale/israeliano contro l’Iran, insieme al teatro di presunte tensioni israelo-americane che porteranno a un attacco e a una guerra totale, è in corso da un po’ di tempo. Ad esempio, nel 2009, la Brookings Institution, un’importante società bancaria e militare-industriale, ha pubblicato un rapporto dal titolo “Which Path To Persia? Options For A New American Strategy For Iran”, in cui gli autori hanno delineato un piano che non lascia dubbi sul desiderio finale dei governi e delle istituzioni occidentali.
Il piano prevede la descrizione di un certo numero di modi in cui l’oligarchia occidentale sarebbe in grado di distruggere l’Iran, compresa l’invasione e l’occupazione militare. Tuttavia, il rapporto tenta di delineare una serie di metodi che potrebbero essere implementati prima che l’invasione militare diretta si mostri necessaria, incluso fomentare la destabilizzazione all’interno dell’Iran attraverso l’apparato proteste, disordini violenti, terrorismo per procura e “attacchi aerei limitati” condotti da Stati Uniti, Israele o entrambi.
 
Come recita il rapporto:
“Poiché il regime iraniano è ampiamente avversato da molti iraniani, il metodo più ovvio e accettabile per decretarne la fine sarebbe aiutare a promuovere una rivoluzione popolare sulla falsariga delle “rivoluzioni di velluto” che hanno rovesciato molti governi comunisti nell’Europa orientale a partire dal 1989. Per molti sostenitori del cambiamento di regime, sembra evidente che gli Stati Uniti dovrebbero incoraggiare il popolo iraniano a prendere il potere nel proprio nome e che questo sarebbe il metodo più legittimo per cambiare il regime. Dopo tutto, quale iraniano o straniero potrebbe rifiutarsi di aiutare il popolo iraniano a soddisfare i propri desideri?
 
Inoltre, la storia dell’Iran sembrerebbe suggerire che un tale evento sia plausibile. Durante il Movimento costituzionale del 1906, durante la fine degli anni ’30, probabilmente durante gli anni ’50, e ancora durante la Rivoluzione iraniana del 1978, coalizioni di intellettuali, studenti, contadini, mercanti bazar, marxisti, costituzionalisti e religiosi si mobilitarono contro un regime impopolare. Sia nel 1906 che nel 1978, i rivoluzionari ottennero il sostegno di gran parte della popolazione e, così facendo, prevalerono. Questa è la ragione per cui il popolo iraniano ha bisogno di credere che un’altra rivoluzione sia fattibile.
 
Ovviamente le rivoluzioni popolari sono eventi incredibilmente complessi e rari. C’è poco consenso accademico su ciò che provoca una rivoluzione popolare, o anche le condizioni che le facilitano. Anche i fattori spesso associati alle rivoluzioni, come la sconfitta militare, l’abbandono delle forze armate, le crisi economiche e le divisioni all’interno dell’élite sono stati eventi regolari in tutto il mondo e nel corso della storia, ma solo pochissime volte hanno portato a una rivoluzione popolare. Di conseguenza, tutta la letteratura sul modo migliore per promuovere una rivoluzione popolare -in Iran o altrove- è altamente speculativa. Tuttavia, è l’unica opzione politica che offre la possibilità che gli Stati Uniti possano eliminare tutti i problemi che affronta a causa dell’Iran, farlo a un costo accettabile, e farlo in un modo che sia accettabile per il popolo iraniano e la maggior parte del resto del mondo.”
 
CONCLUSIONI
Anche se la situazione in Iran è appena iniziata, sembra che sia in corso un’altra “rivoluzione colorata”. Mentre molte delle richieste sono legittime, tutti i segnali puntano verso il complotto occidentale nel tentativo di spezzare l’Iran. Distruggere l’Iran distruggerebbe anche Hezbollah, indebolirebbe la Siria e la Russia, e rinforzerebbe Israele. Se ciò riuscirà o meno dipenderà dalla capacità dell’Iran di schiacciare la rivolta. Se si può imparare qualcosa dalla rivoluzione del 2009, è che l’Iran si muoverà rapidamente e distruggerà le proteste con il pugno di ferro. Tuttavia, se le proteste che si svolgono oggi in Iran sono davvero una rivoluzione colorata e se l’Occidente ne è coinvolto, il “Sentiero verso la Persia” vedrà probabilmente un’escalation di attività, violenza e, in definitiva, uno scontro anche diretto con l’esercito americano.
 
(da Global Research – traduzione di Federico Bezzi) 2 gennaio 2018

Scontri tra CasaPound e centri sociali davanti a Palazzo Marino a Milano

scontrimilano9352ecco che DISTRIBUIRE VOLANTINI (non entrare con armi spianate in comune) chiedere le dimissioni di un sindaco PD INDAGATO diventa atto fascista ed ovviamente, spuntano i difensori del Pd con lo slogan Nessuno è illegale ossia tradotto VIVA MAFIA CAPITALE TANTO CARA ALLE CASSE DELLE COOP
Come a Genova, appena persa dal Pd, viene indetta una manifestazione antifascista, chissà chi li avrà convocati, strane coincidenze. Ovviamente l’apertura di una sede di CP è un problema che affligge gli italiani molto sentito, un problema che non lascia le famiglie arrivare a fine mese e non le lasciano dormire la notte..
 
A Genova hanno anche avuto il coraggio di usare la parola LAVORO, da quando non fanno manifestazioni per difendere il salario, il lavoro, il DIRITTO AD UN REDDITO DI CITTADINANZA, e lo tirano fuori per una manifestazione antifascista in una città appena persa dal Pd?
Scontri tra CasaPound e centri sociali davanti a Palazzo Marino a Milano. Interviene la polizia
Scontri in piazza della Scala e in piazza San Fedele in pieno centro a Milano si sono verificati, verso sera, tra esponenti di CasaPound e giovani dei centri sociali. L’intervento della polizia, in tenuta antisommossa, ha impedito che i disordini degenerassero e tutto si è poi risolto con l’allontanamento dei due gruppi.
Le tensioni erano cominciate nel tardo pomeriggio all’interno di Palazzo Marino, sede del Comune, dove i militanti di CasaPound avevano distribuito volantini contro il sindaco Sala, per chiederne le dimissioni in relazione alle indagini su Expo, e sono diventate fuori dall’edificio una vera e propria colluttazione con gli esponenti dei centri sociali, in particolare di «Nessuno è illegale», lì per manifestare a favore dell’accoglienza ai migranti. L’incontro è stato quindi casuale. Tra l’altro nello spazio dedicato al pubblico dell’aula consiliare un simpatizzante del movimento di estrema destra ha fatto il saluto romano suscitando subito le proteste dei rappresentanti di centrosinistra.
Comunque quando le due aree politiche si sono incrociate nell’ingresso del palazzo sono sono dovuti intervenire i vigili a dividerli. Gli esponenti di CasaPound avevano lanciato in Consiglio comunale dei volantini contro il primo cittadino. Mentre in Consiglio andava in scena la protesta, in piazza della Scala esponenti di Nessuno è illegale», manifestavano a loro volta ma per i migranti. Sono partiti subito spintoni e solo l’intervento dei vigili ha scongiurato la rissa. Quindi all’esterno sono dovuti intervenire gli agenti che hanno dovuto far uso dei manganelli per dividere le due fazioni. La polizia ha poi creato un cordone di sicurezza tra i due gruppi. I militanti di estrema destra sono stati fatti passare dall’edificio dove hanno sede i gruppi consiliari, che si trova a fianco di Palazzo Marino e che ha una uscita sul retro mentre il presidio dei centri sociali si è disperso.
Consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione hanno diffuso un comunicato congiunto per stigmatizzare la protesta organizzata da CasaPound. Nella nota i consiglieri Franco D’Alfonso (Noi per Milano), Luigi Amicone (Forza Italia), Filippo Barberis (Pd) e Anita Pirovano (Sinistra per Milano) chiedono che «sia fatta chiarezza in merito alle gravissime provocazioni consumatisi oggi in Aula Consiliare ad opera di un gruppo di militanti di Casa Pound, che hanno cercato di impedire lo svolgimento del Consiglio Comunale». I consiglieri chiedono al sindaco ed alle autorità competenti «di prendere tutte le iniziative necessarie ed appurare come sia stato possibile quanto avvenuto e soprattutto di prendere ogni necessaria misura perché lo sfregio alla democrazia municipale non abbia più a ripetersi».

LA PROTESTA NEGLI STATI UNITI DOPO I BOMBARDAMENTI: “GIÙ LE MANI DALLA SIRIA”

usa protesta contro raid siriaquando le proteste contro Trump sono organizzate da Soros il regime mediatico è martellante, se gli amerikani protestano contro i raid sulla Siria CENSURA

LA PROTESTA NEGLI STATI UNITI DOPO I BOMBARDAMENTI: “GIÙ LE MANI DALLA SIRIA”

Centinaia di statunitensi sono scesi in strada nelle città di tutto il paese per esprimere la loro forte opposizione al bombardamento della base aerea siriana Shayrat nella provincia di Homs, effettuato ieri.
Nonostante la natura in gran parte pacifica delle manifestazioni, sono stati segnalati arresti.
Le proteste, avviate già ieri, per la maggior parte sono stati organizzati dalla Coalizione ANSWER, un’organizzazione contro la guerra e il razzismo.
 
L’organizzazione chiede una  mobilitazione nazionale ed esige “di  porre fine alla guerra degli Stati Uniti contro la Siria” e la nuova epidemia di “aggressione” in Medio Oriente.
Le dimostrazioni sono state convocate a New York, Los Angeles, Washington D.C., Jacksonville, Boston, Chicago, Dallas, San Francisco e altre città.
New York
A Manhattan, i manifestanti si sono riuniti nei pressi della Trump Tower e nella storica Union Square.
 
Pubblicato da RT en Español
“No alla guerra in Siria”, “Giù le mani dalla Siria!” e “Ci rifiutiamo di accettare USA fascisti” in alcuni striscioni che sventolano tra la folla.
 
Gli Stati Uniti hanno lanciato 59 missili da crociera Tomahawk contro la base aerea Shayrat.
Los Angeles
“Il bombardamento della Siria non protegge le persone.
Le uccide”, si legge nei cartelli indirizzati al Presidente degli Stati Uniti Donald Trump a Los Angeles.
Jacksonville
Nella città di Jacksonville, Florida, 6 persone sono state arrestate dopo scontri tra coloro che manifestavano contro e a favore del recente attacco aereo degli Stati Uniti, hanno riferito i media locali.
Boston
A Boston, Massachusetts, la gente è scesa in strada portando cartelli con scritte come: “No agli attacchi USA contro la Siria”, “Pace in Siria”, “Accoglienza, no missili” e “Solidarietà ai siriani”, tra gli altri.