Manovra al rush finale: addio alle buste paga in contanti, sgravi alle coop che assumono rifugiati

immigratilavorocoopED IL DUMPING SOCIALE DIVENTA LEGGE. NIENTE MALE KOMPAGNI, E MAFIA CAPITALE SI INGRASSA ANCORA DI PIù.
Proprio vero, le coop siamo noi, NOI CHE LE NUTRIAMO, la nuova forma della mafia
NO NO E’ SOLO SOLIDARIETA’ ed integrazione, NON UN SERVIZIO AL CAPITALISMO NEOLIBERISTA

Questa secondo voi è o no discriminazione con i milioni di disoccupati, di precari, di lavoratori a contratto a tempo determinato, a chi viene pagato in nero (che aumenteranno grazie sempre a questa manovra, dove non si può più pagare in contanti) . Ripeto: non è discriminazione questa?
Ps: il Capostazione aggredito da una risorsa, ha perso il lavoro perché dei bravi “antifascistiantirazzistigiùlefrontiere”, hanno fatto un video e denunciato il Capostazione di razzismo, perché ha osato prendere a male parole l’aggressore mentre veniva picchiato, invece di ringraziarlo ed offrirgli il caffè.
Ottimo lavoro da parte di questi figli di papà
Un contributo, fino a tre anni, per ridurre gli sgravi dei contributi previdenziali e assistenziali per le coop sociali che assumono nel 2018 a tempo indeterminato «persone a cui è stata riconosciuta protezione internazionale a partire dal primo gennaio 2016». Lo prevede un emendamento approvato in commissione. La proposta prevede l’erogazione di «un contributo entro il limite di spesa di 500mila euro annui a riduzione dello sgravio delle aliquote per l’assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale».

Maura Alpaca Bathory 20 dicembre alle ore 18:10 FB

Manovra al rush finale: addio alle buste paga in contanti, sgravi alle coop che assumono rifugiati
L’esame alla Camera slitta a giovedì. Rinviata al 2020 la direttiva sul commercio ambulante
 
Pubblicato il 20/12/2017
Ultima modifica il 21/12/2017 alle ore 07:09
 
La manovra è arrivata al rush finale ma l’esame alla Camera slitta ancora. La discussione generale sulla legge di Bilancio avrà inizio alle 9 di giovedì. Le votazioni sono previste non prima delle 13: da allora ogni momento sarà buono per porre la questione di fiducia. Queste le principali novità di giornata.
 
Stop buste paga in contanti
«Stop al pagamento in contanti. I datori di lavoro avranno l’obbligo di pagare lo stipendio tramite strumenti tracciabili: sarà così impedito ogni abuso futuro attraverso la prevenzione» spiega Titti Di Salvo, vicepresidente dei deputati del Partito Democratico e prima firmataria dell’emendamento alla manovra approvato in commissione Bilancio.
 
Più sgravi a coop che assumono rifugiati
Un contributo, fino a tre anni, per ridurre gli sgravi dei contributi previdenziali e assistenziali per le coop sociali che assumono nel 2018 a tempo indeterminato «persone a cui è stata riconosciuta protezione internazionale a partire dal primo gennaio 2016». Lo prevede un emendamento approvato in commissione. La proposta prevede l’erogazione di «un contributo entro il limite di spesa di 500mila euro annui a riduzione dello sgravio delle aliquote per l’assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale».
Via libera concorso per dirigenti delle agenzie fiscali
Le Agenzie fiscali potranno indire un nuovo concorso per dirigenti e creare nuove posizioni organizzative intermedie «per lo svolgimento di incarichi di elevata responsabilità, alta professionalità o particolare specializzazione» prevede un emendamento per la riorganizzazione interna di Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
 
Ok taglia-firme, osservatori Osce in sezioni
Via libera nella notte all’emendamento alla manovra presentato dal Pd per tagliare di un quarto l’obbligo della raccolta delle firme per i partiti non presenti in Parlamento. In base alla riformulazione della misura, «è ammessa la presenza di osservatori internazionali dell’Osce presso gli uffici elettorali di sezione `in occasione di consultazioni elettorali o referendarie».
Pd “salva” ambulanti, Bolkestein rinviata 2020
Nuovo rinvio per la piena entrata in vigore anche in Italia della direttiva Bolkestein sul commercio ambulante. Un emendamento del Pd approvato nella notte in Commissione Bilancio della Camera prevede che «al fine di garantire che le procedure per l’assegnazione delle concessioni del commercio su aree pubbliche siano realizzate in un contesto temporale e regolatorio omogeneo, il termine delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore della presente disposizione e con scadenza anteriore al 31 dicembre è prorogato fino a tale data».
 
Raddoppiato fondo vittime danni banche
«Il Fondo per le vittime dei reati finanziari sale, nel passaggio alla Camera, dai 50 milioni, inizialmente previsti, a 100 milioni. È stato approvato in commissione Bilancio un emendamento alla manovra «sui risparmiatori truffati dalle banche» che recepisce quanto proposto dai deputati, Sara Moretto, Federico Ginato e Giovanni Sanga. È quanto si legge in una nota. «Con questa sostanziale modifica – dice Moretto – le vittime potranno accedere al fondo anche attraverso una procedura di arbitrato presso l’Anac». «Mercoledì scorso – affermano i deputati Pd – insieme ad alcuni deputati veneti e al capogruppo Pd Ettore Rosato abbiamo incontrato una delegazione di risparmiatori. In quella sede ci eravamo impegnati a provare a intervenire sulle modalità di accesso al fondo, poiché la richiesta di una sentenza come requisito avrebbe reso inaccessibile il ristoro alla maggior parte dei risparmiatori traditi dalle banche venete». «Con questo emendamento – dicono ancora i deputati – diamo un segnale concreto ai tanti risparmiatori che mi contattano per chiedere risposte e dei quali comprendo la tragedia . Il Partito Democratico – conclude – con questa misura dimostra che sta dalla parte di chi ha subito la truffa, contro manager bancari che hanno lucrato sui risparmi di tanti cittadini mettendo in crisi il loro futuro».

Astigiano assunto per 1,95 ore a settimana “Una vergogna, ma è l’unico contratto che ha”

ma come, con tutti i “lottatori per il popolo”, per la solidarietà, per i diritti degli ultimi che polettici governano e che abbiamo nelle istituzioni come mai siamo a questi punti? Sarà colpa di casa pound, dei populisti e di chi minaccia questa splendida democrazia? Ma gli italiani non erano choosy? Se si può campare lavorando 2 ore a settimana per quelle cifre corrispondenti, perché non ci campano i nostri governanti mostrandoci come si fa?


Negli ultimi 10 anni il lavoro precario ha registrato un incremento del 45,5%
È l’unico lavoro che ha, dopo mesi di disoccupazione, e non può certo permettersi di perderlo. Quindi sceglie l’anonimato, ma non davanti al sindacato al quale denuncia «le condizioni vergognose» che ha dovuto accettare
 
Il «monte ore»
 
Il contratto che gli è stato proposto da una grande azienda astigiana prevede un impiego nel settore dei servizi per 1,95 ore a settimana per un totale di 8 ore e 44 minuti al mese. Nessun arrotondamento: si lavora per tre giorni a settimana, per 65 minuti a giornata. Non un minuto in più, nè uno in meno. «Ha firmato il contratto perchè è l’unica offerta che si è concretizzata dopo mesi di ricerche – spiega il segretario generale Nidil Cgil Asti, Giorgia Perrone -. Ci ha detto che sperava anche le ore potessero aumentare, prima o poi. Ma ad oggi così non è stato. Il contratto è stato prorogato, ma il monte ore è rimasto lo stesso, purtroppo».
Il «micro lavoro»
tabella paghe minime
Si chiama «micro lavoro» ed è la nuova frontiera del precariato. Quando la domanda supera l’offerta, si è disposti ad accettare qualunque impiego a qualunque condizione pur di scrollarsi di dosso il peso della disoccupazione.
«Questo non è l’unico caso del genere che ho dovuto trattare – aggiunge Perrone -. Ad Asti come in altre parti d’Italia. Soprattutto nell’ultimo periodo assistiamo ad un moltiplicarsi di questa forma di lavoro disumana in cui la persona è chiamata ad esercitare pratiche di vita estreme per arrivare alla fine del contratto di lavoro, per quanto indecente questo possa essere».
Una recente indagine dell’università di Oxford ha mappato il microlavoro nel mondo. I Paesi con la più alta concentrazione di microlavoratori sono Filippine, India, Bangladesh e Pakistan. «Come fare a pagare l’affitto, le bollette, con 8 ore e 44 minuti al mese? – chiede Perrone – siamo in presenza di condizioni di lavoro disumane in cui la persona è chiamata ad accettare condizioni di vita estreme per arrivare alla fine del contratto di lavoro. Chi si affaccia ora al mondo del lavoro, così come chi ci si ritrova improvvisamente dopo 20-30 anni di servizio, può trovarsi a dover valutare queste offerte indecenti».
 
Qualche dato
« Proprio oggi (ieri, 10 dicembre, ndr) sono stati pubblicati i dati sul lavoro precario della Fondazione Di Vittorio – aggiunge Perrone –. Sono 4 milioni 492mila gli italiani che si trovano nella cosiddetta area del disagio occupazionale (vale a dire coloro che in modo involontario svolgono un lavoro temporaneo o a tempo parziale), con un incremento del 45,5% rispetto al 2007». Il più alto degli ultimi dieci anni.
Pubblicato il 12/12/2017 Ultima modifica il 12/12/2017 alle ore 17:39 laura secci
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L’Italia del rancore

censis rancoreUn sentimento di rancore diffuso pervade l’Italia: la ripresa alimenta i profitti ma non i redditi di una popolazione afflitta da disoccupazione, precarietà del lavoro, declassamento sociale.
 Il Censis certifica: l’Italia è affetta da rancore, diagnosticato come un male sociale che alimenta populismo e sovranismo, se non il fantasma ricorrente del fascismo. I dati macroeconomici evidenziano una crescita del Pil nel 2017 intorno all’1,5%, ripresa trainata dal settore manifatturiero, dall’export e dal turismo. Tuttavia, cresce anche il dissenso sociale, si accentuano le diseguaglianze e il rancore diffuso contro le istituzioni, i partiti, l’Europa.
Questa ripresa, peraltro assai contenuta e non strutturale, dato che il tasso di crescita italiano è inferiore a quello degli altri paesi della UE, non ha dato luogo ad incrementi del reddito nella popolazione, né rimesso in moto la mobilità sociale, bloccata da decenni. Emerge infatti dal rapporto del Censis che oltre l’80% degli italiano ritiene assai improbabile salire nella scala sociale e circa il 70% teme ulteriori declassamenti.
La crisi ha determinato trasformazioni sistemiche: ha generato un modello socio – economico neoliberista, con evidenti sconvolgimenti nel corpo sociale, data la scomparsa progressiva del ceto medio e spinto sotto la soglia di povertà larga parte del vecchio proletariato.
Un diffuso senso di rancore pervade la popolazione, che, secondo il Censis nella società “è di scena da tempo, con esibizioni di volta in volta indirizzate verso l’alto, attraverso i veementi toni dell’antipolitica, o verso il basso, a caccia di indifesi e marginali capri espiatori, dagli homeless ai rifugiati. È un sentimento che nasce da una condizione strutturale di blocco della mobilità sociale, che nella crisi ha coinvolto pesantemente anche il ceto medio, oltre ai gruppi collocati nella parte più bassa della piramide sociale”. Inoltre, come viene rilevato da tale rapporto, “se la crisi ha avuto effetti psicologici regressivi con la logica del “meno hai, più sei colpito”, la ripresa finora non è ancora riuscita a invertire in modo tangibile e inequivocabile la rotta . La distribuzione dei suoi dividendi sociali appare finora adeguata a riaprire l’unica via che potrebbe allentare tutte le tensioni: la mobilità sociale verso l’alto”.
La gente comune non percepisce la ripresa, i cui effetti sembrano solo incrementare i profitti delle elites. Il disagio sociale, le tensioni latenti, alimentano un rancore generalizzato, che esprime un dissenso misto a rassegnazione, non prospettandosi soluzioni alternative ad un declassamento sociale che appare inarrestabile.
Contestare i partiti, la casta, i governi, è ormai considerato irrilevante. La politica è subordinata ai diktat della oligarchia finanziaria europea, quasi scomparsa la critica sociale e la militanza, perché non si riesce a concepire un futuro diverso da quello del capitalismo assoluto. La totale sfiducia nella politica è così espressa nel rapporto del Censis: “l’84% degli italiani non ha fiducia nei partiti politici, il 78% nel Governo, il 76% nel Parlamento, il 70% nelle istituzioni locali, Regioni e Comuni. Il 60% è insoddisfatto di come funziona la democrazia nel nostro Paese, il 64% è convinto che la voce del cittadino non conti nulla, il 75% giudica negativamente la fornitura dei servizi pubblici”.
I governi del PD e la destrutturazione del mondo del lavoro
 
E’ tuttavia errato sostenere che i governi targati PD, ossia Letta, Renzi e Gentiloni siano stati i governi dei grandi proclami e delle promesse mancate. Il programma di riforme dell’economia e della società imposto dalla UE è stato in larga parte realizzato, determinando rilevanti trasformazioni nella società italiana.
E’ stata infatti attuata una riforma strutturale del lavoro in Italia, mediante l’introduzione del Job Act. E’ stato abolito nei fatti, insieme con l’articolo 18, il contratto di lavoro a tempo indeterminato, estendendo la precarietà a tutti i settori occupazionali. Il contratto collettivo di lavoro è stato ormai quasi del tutto soppiantato dalla contrattazione aziendale che deroga in modo sostanziale alla normativa generale, i diritti sindacali sono di fatto largamente compressi. I casi di lavoratori sottoposti a sfruttamento intensivo con retribuzioni ai limiti della sopravvivenza sono all’ordine del giorno.
Il tasso di occupazione registra una debole risalita, ma trattasi nella stragrande maggioranza di lavoro precario. I voucher, introdotti dal governo Renzi per il lavoro occasionale, hanno in realtà legalizzato il lavoro nero e compresso al minimo le retribuzioni. L’abolizione dei voucher ha tuttavia comportato l’incremento esponenziale del lavoro intermittente o a chiamata. Si è estesa a macchia d’olio la cosiddetta “gig economy”, ossia i piccoli lavori offerti dalle piattaforme, svolti da lavoratori formalmente autonomi, ma pagati a cottimo e senza alcuna tutela retributiva e previdenziale.
Non a caso viene rilevato dal Censis l’aumento degli addetti alle vendite e servizi personali (+ 10,2%), il personale non qualificato (+11,9%), gli addetti alla logistica e al trasporto delle merci(+11,4%). Registrano invece un calo gli impiegati, gli artigiani, i liberi professionisti (specie tra i giovani).
 
Tra le riforme renziane va annoverata anche “la buona scuola”, con la quale viene introdotta l’alternanza scuola – lavoro, che, col pretesto di agevolare l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, comporta l’utilizzo dei giovani per lavori non qualificati presso le imprese senza alcuna retribuzione. Questo è l’ennesimo aspetto della formazione infinita cui sono sottoposti giovani che, effettuando continui stage presso le aziende, sono in realtà utilizzati come manodopera gratuita o quasi. Tale forma di sfruttamento è particolarmente diffusa presso la pubblica amministrazione. I giovani sono destinati ad arricchire infinitamente i loro curricula, senza altre prospettive di occupazione, se non quella del precariato a vita.
Occorre rilevare inoltre che l’innovazione tecnologica ha avuto un impatto decisamente negativo sull’occupazione e ha penalizzato soprattutto i gruppi sociali più disagiati. Ma il progresso tecnologico non ha oggi alcuna ricaduta sociale, produce solo l’incremento del profitto del capitale a danno del lavoro.
Scrive a tal proposito Marta Fana in “Non è lavoro è sfruttamento – Laterza 2017″: ” Livellare verso il basso i diritti e il lavoro non farà altro che aumentare i già inquietanti livelli di povertà in Italia (ma non solo), per tutti quelli che non hanno potere in questo sistema economico. Bisognerà tenerne conto senza distrazioni quando si discute di crescita economica, perché in un contesto simile, nella migliore delle ipotesi, lo sfruttamento di molti produrrà un aumento del reddito nazionale, del Prodotto interno lordo sulle spalle di quella maggioranza che non trarrà alcun beneficio da tale crescita. Quel che viene negato è il progresso sociale. Questo sistema deflattivo che impoverisce il lavoro è direttamente proporzionale alle disuguaglianze, nel lavoro e nella società, che si perpetuano nel tempo e aggrediscono l’intera sfera riproduttiva: dal welfare al consumo”.
Il rancore come condizione esistenziale permanente
La destrutturazione del welfare e la devoluzione alla UE della sovranità economica e monetaria degli stati, attuate mediante un processo riformatore tuttora in progressiva avanzata, hanno determinato l’abolizione di tutti i meccanismi di redistribuzione del reddito creati dagli stati onde preservare degli equilibri sociali consolidati.
In realtà, il declassamento dei ceti medi non è dovuto tanto alla fine delle politiche di redistribuzione del reddito (politiche abrogate dalla UE al fine di contenere la spesa pubblica, il deficit, ridurre il debito), ma al progressivo decremento del potere di acquisto delle retribuzioni. Alla classe lavoratrice non sono stati distribuiti negli ultimi 20 anni gli incrementi di produttività e di reddito scaturiti dalla innovazione tecnologica nella produzione, che sono invece stati assorbiti dai profitti e dalle rendite finanziarie.
Il capitalismo non è inclusivo, ma elitario, non genera progresso né emancipazione sociale. La classe lavoratrice non ricava alcun beneficio da questa ripresa: ecco la causa del rancore diffuso nel popolo italiano. Il rancore è il prodotto dell’individualismo strutturale prodotto dalla società neoliberista. Il rancore non determina rabbia sociale, ma è solo conseguenza dell’interiorizzazione di un disagio individuale, una sorta di permanente astio interiore scaturito dal senso di impotenza che pervade una società frantumata dall’atomismo sociale. Esso non conduce alla organizzazione politica del dissenso sociale, ma esprime uno stato esistenziale depressivo, un senso di individuale incapacità a realizzare un cambiamento della propria condizione umana e sociale.
Il rancore è un fenomeno degenerativo del dissenso, spesso generatore di guerre fra poveri tra loro in lotta per la sopravvivenza. Conduce a forme di aggregazione politica con falsi obiettivi, quali gli immigrati: trattasi di forme di dissenso del tutto funzionali al sistema. Il rancore alimenta la conflittualità tra individui disagiati, è un fenomeno connaturato all’ordine oligarchico del capitalismo.
Senso di impotenza e rancore sono stati esistenziali tipici di un individuo smarrito, di una collettiva solitudine di massa, di una condizione di una umanità priva di valori comuni di riferimento. Il fondamento di ogni comunità si individua nei valori etico – morali di riferimento, in cui l’individuo perviene al proprio riconoscimento, sia individuale che sociale. E’ questa assenza di valori che genera la mancanza di riconoscimento.
La società di mercato riconosce solo il valore economico del lavoro – merce e quindi l’esclusione dal mercato determina l’emarginazione, l’isolamento dell’individuo – massa. Essere fuori mercato significa inoltre essere escluso anche dai diritti politici: le masse escluse dal mercato del lavoro non sono portatrici di interessi economici degni di rappresentanza politica. Gli esclusi dal mercato sono quindi politicamente ininfluenti.
Il rancore dominante, non può condurre di per sé forme di aggregazione politica alternative al capitalismo, ma comunque determina un distacco dal sistema di un dissenso non più governabile: dal rancore nasce il rifiuto di questo sistema, rifiuto irreversibile potenzialmente produttivo di nuovi orizzonti di dissenso sistemico.
 
di Luigi Tedeschi – 04/12/2017 Fonte: Italicum

 Lavoro prima agli immigrati. Nelle scuole la Fedeli assume stranieri come bidelli

elezione-presidente-repubblicaRoma, 7 ott 2017 – Disoccupazione giovanile alle stelle? Dati sulla disoccupazione generale sempre più allarmanti? Nessun problema, il ministro dell’Istruzione senza titoli Valeria Fedeli, ha la ricetta che fa per voi, anzi per loro. Tramite un suo decreto ha stabilito infatti una corsia preferenziale per gli immigrati come lavoratori nelle scuole. Con un semplice permesso di soggiorno gli stranieri hanno ora la possibilità di accedere alla graduatoria Ata per le scuole con requisiti più vantaggiosi per ottenere il posto. Basta essere “titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente”.
A rivelarlo è il quotidiano La Verità, che ha intervistato il presidente nazionale del sindacato Feder.ata, Giuseppe Mancuso: “Negli ultimi anni si sono persi posti di lavoro nel settore del personale non docente della scuola. I pensionati – ha specificato Mancuso – non sono stati rimpiazzati e circa 15- 20.000 precari attendono un inserimento stabile: sono precari che hanno già avuto una formazione e hanno un’esperienza del lavoro, molto delicato, da compiere nella scuola”. Nella scuola pubblica da anni, come ben noto, c’è un problema di stabilizzazione per docenti e bidelli, tra precariato e incertezze continue. E il ministro dell’Istruzione come pensa di porre rimedio a tutto ciò? Assumendo gli immigrati.
È decisamente irrazionale – afferma il presidente di Feder.ata – scavalcare i precari italiani che attendono da anni e immettere cittadini di altri Paesi che possono avere tutte le qualità e anche titoli equivalenti ma non possono avere l’esperienza già maturata sul campo dai precari italiani”. Irrazionale e, aggiungiamo noi, decisamente vergognoso. Eppure la Fedeli ha deciso sul serio così, puntando a regalare posti di lavoro come bidelli nelle scuole ai nuovi arrivati piuttosto che regolarizzare gli italiani che da anni si barcamenano nei meandri della burocrazia statale in attesa appunto di stabilizzarsi. Il ministero dell’Istruzione apre quindi le graduatorie di terza fascia per il personale Ata anche a profughi ed extracomunitari. In questo modo circa 20 mila precari italiani, come gli aspiranti bidelli, rischiano di essere scavalcati dagli immigrati.
 
Alessandro Della Guglia

Migranti, sentenza choc: permesso di soggiorno speciale per i non rifugiati

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IL DUMPING SOCIALE E’ LEGGE.

oltre a mafia capitale international finanziata dai contribuenti italiani, ORA SI AGGIUNGE IL SETTORE FORMAZIONE, chissà appannaggio di chi, non ci vorrà una scienza per indovinarlo. Così.le COOP che “ospitano” a spese nostre questi migranti, fanno anche da ufficio di collocamento offrendoli ad un costo promozionale completano il cerchio dell’ingrasso. Peccato non paghino vitto e alloggio ai ragazzi disoccupati italiani, ma non è razzismo e discriminazione, E’ SERVILISMO CAPITALISTA.


Sarebbe bello per chi si occupa di economia poter parlare di come superare l’attuale modello economico tanto fallimentare quanto tenuto artificiosamente e ostinatamente in vita. Sarebbe bello e soprattutto utile concentrarsi sui modelli di sviluppo alternativi, ma purtroppo la situazione di emergenza che stiamo vivendo impone al nostro senso civico e morale di non abbassare la soglia di attenzione sulla questione dei migranti.

Già perché non c’è “solo” il vaso di Pandora delle ONG che è stato scoperchiato, con tanto di business collaterale di gommoni cinesi venduti on line come “refugee boat”, lo ius soli sempre in agguato pronto per essere approvato. No, mentre tutti siamo basiti dalle prove delle organizzazioni pseudo umanitarie che trattano amichevolmente con gli scafisti , come se fossero dei colleghi, da Torino arriva, piuttosto in sordina, una notizia choc: il rilascio dei permessi di soggiorno speciale per i migranti che lavorano con il riconoscimento dei “percorsi di integrazione sociale attraverso gli inserimenti lavorativi”. Si tratta di protezione umanitaria della durata di due anni a migranti che non rispondono ai requisiti per ottenere il diritto allo status di rifugiato.

E’ la prima volta in Italia. Un precedente pericoloso e esplosivo, che apre la strada a quello che da tempo si temeva: la legalizzazione di un esercito industriale di riserva pronto per essere sfruttato. L’iniziativa è partita da cento aziende torinesi che hanno scritto una lettera al prefetto, al sindaco e al governatore: “Metteteci nelle condizioni di assumere i migranti”.

Migranti avviati al lavoro
Dietro l’iter che in pochi mesi ha portato le richieste da parte dei datori di lavoro a essere accettate e ad aprire la strada a un nuovo percorso giurisprudenziale c’è, come di consueto, il lavoro di mediazione di un’organizzazione no profit, Senzastrada, che si batte per dare lavoro ai clandestini. Cosa avrà spinto le aziende e gli operatori commerciali torinesi a offrire lavoro a degli immigrati che non fuggono da guerre e condizioni tali da giustificare lo status di rifugiato, preferendoli al 40% di giovani disoccupati italiani? Una nuova forma di razzismo al contrario -per cui italiano è brutto mentre nero è sinonimo di progressismo e filantropia- o condizioni di lavoro ai limiti del disumano che solo chi non ha mai conosciuto lo stato di diritto del lavoratore può accettare?

Forse entrambe le motivazioni, di certo ora esiste il precedente giuridico per realizzare quell’esercito di lavoratori/schiavi, sottopagati e senza diritti, che dalla caduta del keynesismo rappresenta l’obiettivo ultimo degli economisti neoliberisti.

Disoccupati italiani in fila all’Ufficio di Collocamento
Si importano masse di giovani aitanti e disposti a tutto, si concede un permesso di soggiorno di due anni, vengono sfruttati senza diritti e con paghe da Terzo Mondo e, una volta esaurito il loro compito, vengono rimpiazzati con flussi migratori sempre vigorosi, che intanto generano profitti e speculazioni su cui si arricchisce il nuovo floridissimo mercato nero. Per i disoccupati italiani non c’è speranza, la legge della concorrenza applicata alla merce umana non fa sconti e per i prodotti fuori mercato non resta che la sostituzione.

di  Ilaria Bifarini Fonte: Scenari Economici- Ago 08, 2017
http://www.controinformazione.info/migranti-sentenza-choc-permesso-di-soggiorno-speciale-per-i-non-rifugiati/

L’ossessione delle coop? Dare lavoro ai migranti

migranti al lavoroci devono pagare le pensioni così che poi noi ce la spassiamo alle Maldive. Per questo i corsi di formazione non li fanno per i ragazzi italiani, poi sono choosy. I giovani migranti si accontentano di meno, quando non devi pagare bollette vitto e alloggio è più facile però-
L’ossessione delle coop? Dare lavoro ai migranti
 
Milano 26 Luglio – Proponiamo i falsi miti buonisti di una sinistra che conosce solo ideologie, analizzati con severità e rigore in un articolo di Giuseppe De Lorenzo su Il Giornale.
“Il Financial Times, autorevole organo del capitalismo occidentale, aveva avuto il coraggio di scriverlo qualche anno fa: i flussi migratori abbasseranno i salari.
E lo stesso sosteneva il politologo francese Henri Hude: “O si delocalizzano i posti di lavoro che costano troppo, o si fanno venire dei lavoratori che si potranno pagare di meno”. Semplice e lineare.
Non tutti però sono d’accordo. Il partito del “gli immigrati ci pagano le pensioni” non credono che l’afflusso di migranti possa provocare danni al mercato del lavoro in un Paese dove 37 giovani su 100 non hanno un impiego e l’11% non gode di uno stipendio mensile. E così l’attenzione sovente si concentra sulle opportunità da dare ai richiedenti asilo ospitati nelle strutture di accoglienza anziché ai disoccupati italiani.
 
I profughi in mezza Italia vengono stati usati dai Comuni per le attività più variegate: pulizia dei giardini, servizio di pedibus per i bambini dell’asilo, volontariato e via dicendo. Tutto con la complicità delle cooperative sociali che li hanno a carico. Ben contente di trovargli pure un’occupazone (magari nelle loro fila).
 
L’ultimo caso viene da Oderzo, paesino in provincia di Treviso. Qui il sindaco leghista Maria Scardellato ha criticato aspramente la decisione di una società locale di offrire i propri ospiti alle aziende per uno stage da 400 euro al mese. “Migranti usati come schiavi dalle cooperative”, ha detto il primo cittadino.
 
A lasciare di stucco, infatti, è la missiva spedita dall’associazione alle aziende locali in cui emerge a pieno ciò che i buonisti non vogliono vedere. “Si tratta di ragazzi gentili, umili, volenterosi, con ottima resistenza fisica e che non avanzano alcuna pretesa dal punto di vista retributivo, professionale o di turnazione”. Chiaro, no? “Nessuna pretesa retributiva”. Perché allora pagare salario, contributi e tasse per un italiano in fila alle agenzie interinali quando c’è chi si accontenta di molto meno? “Capiscono e parlano italiano – scrive la coop – ed inoltre sono iscritti a Garanzia Giovani Veneto, oltre che al centro di impiego. Il progetto Garanzia Giovani dà la possibilità alle aziende di assumere i ragazzi tramite un contratto di stage (per la durata minima di 3 mesi) con una retribuzione di 400 euro al mese. Già alcuni dei nostri ragazzi sono stati inseriti in aziende del territorio. Hanno tutti i documenti in regola per lavorare (permesso di soggiorno e codice fiscale)”. Non l’ha presa molto bene l’assessore regionale al Lavoro del Veneto, Elena Donazzan (Fi).
“Il progetto si rivolge esclusivamente ai residenti in Veneto ed è uno strumento che abbiamo messo in campo per aiutare i nostri ragazzi in cerca di occupazione, non certo per simili iniziative”. Non è la prima volta, però, che le associazioni impegnate nell’accoglienza cercano di sfruttare le maglie delle leggi italiane per trovare un impiego ai profughi.
A ottobre del 2016 il responsabile di Legacoopsociali Emilia-Romagna, Alberto Alberani, aveva proposto al governo di iscrivere i migranti al Servizio Civile Nazionale per poi farli sfacchinare nelle coop a spese dello Stato.
L’idea era quella di far firmare ai richiedenti asilo un contratto di 12 mesi con un impegno settimanale dalle 24 alle 36 ore. Lo stipendio mensile doveva ammontare a 14,46 euro netti al giorno, che al mese fanno 433,80 euro. Più o meno la stessa cifra ipotizzata dalla società triestina per gli stage di chi “non ha pretese retributive”. Alla faccia degli italiani che vorrebbero conservare il diritto ad una vita dignitosa.
 
Per carità: la legge prevede che gli immigrati dopo due mesi in Italia possano iniziare a lavorare qualora trovino un impiego. Spesso finiscono col bighellonare tutto il giorno nei centri di accoglienza, lautamente coccolati a spese dei contribuenti. Ma c’è anche ci ha pensato di farne un altro uso. La cooperativa Versoprobo di Vercelli, per esempio, a marzo decise di utilizzare i propri ospiti per le opere di ristrutturazione di un hotel dove avrebbe voluto aprire una nuova struttura per profughi. I migranti scaricarono il camion senza compenso o contratto e così in qualche modo l’azienda risparmiò sui costi di ristrutturazione risparmiandosi la fatica, e l’onere, di pagare regolarmente un operaio. Magari italiano. Di quelli che “non vogliono fare più quei mestieri”.

Operai precari contro i garantiti. In fabbrica la guerra tra poveri

composadeccola la democrazia tutto diritti e libertà da preservare da populisti e la “minacciosa” Casapound. Non c’è niente da fare, inutile ribadire che il dumping sociale innescato ed inasprito introducendo manodopera a basso costo dai paesi stranieri DANNEGGIA ANCHE I LAVORATORI MIGRANTI, sei razzista lo stesso. Viene il dubbio che chi obietta urlando al razzismo ABBIA MOLTO A CUORE GLI AFFARI di questi prenditori.

Operai precari contro i garantiti. In fabbrica la guerra tra poveri

Mantova, i lavoratori in esubero delle cooperative bloccano l’ingresso dell’azienda. Gli altri dipendenti protestano e scoppia la rissa. La polizia usa i lacrimogeni
Lunedì scorso la tensione alla Composad di Viadana ha raggiunto l’apice ed è intervenuta la polizia
Ci sono 6 indiani, un pakistano e un marocchino. Stanno sul tetto di un capannone di un’azienda da lunedì scorso. Hanno perso il lavoro con una cooperativa che gestiva il reparto imballaggi. Boulediem Aburradia è il marocchino. Ha un cappello di paglia per ripararsi dal sole che non serve a niente quando piove: «Mi hanno detto che sono un esubero. Io sono solo uno che vuole lavorare. Sono in Italia da 11 anni. Per 10 ho lavorato qui dentro. E da qui non me ne vado». All’inizio quelli che avevano perso il posto erano 271. Una parte – 150 a tempo determinato, altri 50 con contratto a termine di 3 mesi – sono rientrati in azienda con un’altra cooperativa. Chi è rimasto fuori è salito sul tetto per protesta. Oppure staziona davanti a questa azienda in un presidio permanente che va avanti da 4 settimane, in un vialone tutto capannoni vicino a Viadana che è vicina Mantova dove adesso sono in fila sedie di plastica e tendoni e una cucina da campo.
Ci sono 200 operai italiani. Stanno dentro questa azienda con la camionetta della polizia sulla porta. Vogliono lavorare e hanno paura di perdere il posto. Il reparto imballaggi è quasi fermo. Lunedì quelli di fuori non facevano entrare i camion. Allora sono usciti quelli di dentro. Poi è arrivata la polizia. Tutti hanno spintonato tutti. La polizia ha usato i lacrimogeni. Giuliano Grossi del reparto Logistica e spedizioni lavora qui dentro da 15 anni. Dice che non si può avere paura di andare a lavorare. Dice che la paura più grande è non avere più il lavoro: «Siamo in difficoltà con le commesse esterne. Bisognava continuare a trattare. Le cose non si risolvono andando sui tetti o facendo i presidi, facendosi scudo di donne e bambini. Noi che lavoriamo qui dentro siamo loro ostaggi. Siamo impotenti nel tutelare il nostro posto di lavoro con il rischio di perderlo».
 
C’era una volta la lotta di classe. Adesso c’è la lotta «nella» classe. Tutti contro tutti alla Composad di Viadana che dicono sia un bel posto dove lavorare anche se si fanno i turni di 24 ore e le macchine a controllo numerico non si fermano mai. Fanno mobili in kit e li vendono in tutto il mondo. Li fanno proprio qui dentro anche se poi li vendono all’Ikea, alla Leroy Merlin, nei Brico center, nei centri commerciali francesi della Conforama e pure ai giapponesi di Smile. A sentirli, quelli di dentro e quelli di fuori, hanno le stesse preoccupazioni e dicono le stesse cose. Perchè la lotta «nella» classe non è tra gli operai e i padroni come si faceva una volta. Adesso è tra gli operai garantiti e gli operai precari, tra i dipendenti e gli esternalizzati. Anche se nessuno lo dice apertamente è pure tra gli italiani e gli immigrati, anche se oramai parlano il dialetto mantovano meglio dei mantovani che non lo parlano più.
 
Dietro a questo pasticcio ci sarebbe una storia di appalti e commesse, di cooperative che si ritirano e poi perdono la gara, di consorzi che si fanno e si disfano. All’inizio i lavoratori interinali facevano capo alla Viadana Facchini. Che poi ha perso l’appalto vinto dalla Clo di Milano. La Clo di Milano allora si è alleata con la Viadana facchini e ha costituto la 3L per avere i facchini di prima ma più di 200 non ne voleva. Si sono messi di mezzo i sindacati. Tutti hanno firmato l’accordo meno quelli del Cobas. Stefano Re dei Cobas non ha firmato: «Da qui non ci spostiamo fino a che non abbiamo rassicurazione che tutti rientrino in azienda». In realtà ci sarebbe pure altro. Gli stipendi di maggio non sono stati pagati dalla cooperativa. E non ci sono garanzie sulle buone uscite di chi decidesse di cercare un altro lavoro.
 
Fallou Diao ha 50 anni, è arrivato dal Senegal che ne aveva 19, un posto di lavoro ce l’aveva e non capisce perchè non può più riaverlo: «Ho guidato il carrello per 10 anni al reparto imballaggi. 1200 euro al mese. Perchè non vado più bene?». Quelli di fuori dicono che gli «scartati» sono i più sindacalizzati. Quelli di dentro dicono che non si possono riportare in fabbrica chi va sui tetti o i 35 che sono stati denunciati dalla polizia negli spintonamenti di lunedì. Alessandro Saviola, presidente del Gruppo Mauro Saviola che controlla Composad, nella vicenda ci entra di striscio ma dice le stesse cose dei lavoratori di dentro: «Non ne possiamo più, noi vogliamo soltanto lavorare. Lo Stato non ci tutela». Le identiche parole, uguali alla sillaba di Rani Saroj, indiana del Punjab, oramai talmente mantovana che tutti chiamano Emma: «Sono in Italia da 13 anni. Da 7 lavoro con la cooperativa per 980 euro al mese. Anche mio marito lavorava con la cooperativa e lo hanno messo fuori. Abitiamo a Dosolo con i nostri 2 figli. Non facevamo nemmeno i turni insieme. Adesso ci hanno detto che forse solo uno di noi due potrà rientrare in fabbrica. Chissà come ci sceglieranno?».
30/06/2017 alle ore 07:05
 
fabio poletti
inviato a viadana (mantova)

Le priorità della Ue: “Trovare lavoro ai profughi entro 9 mesi”. E agli italiani?

migranti lavoromafia capitale estende il business…formazione ed ancora dumping sociale. Dato che la mafia dell’accoglienza percepisce 35 euro al giorno per persona, che queste persone lavorino a gratis, dicono i promotori dello sfruttamento, che sono gli stessi che guardacaso si oppongono al reddito di cittadinanza UNIVERSALE, ossia senza paletti che non essere senza reddito.
Le priorità della Ue: “Trovare lavoro ai profughi entro 9 mesi”. E agli italiani?
Bruxelles,  – Non trovi lavoro? Fatti tuoi. Se però sei un immigrato, l’Ue si farà in quattro per trovarti un impiego, senza tanti problemi burocratici. Ce lo dice la commissaria Marianne Thyssen, che, in un’intervista alla Stampa, mostra perfettamente il vero volto delle istituzioni di Bruxelles.
Il discorso parte da un falso storico riportato nella domanda del quotidiano torinese: “lavoro e inclusione possono aiutarci a battere la jihad in Europa? I killer occasionali di solito sono nati in Europa. Forse se non si fossero sentiti esclusi non sarebbero arrivati a scelte così tragiche”.
Idiozie: i killer di Londra si sono conosciuti perché lavoravano nello stesso ristorante, non hanno fatto amicizia sotto ai ponti. Avevano un impiego dignitoso. Salah Abdeslam gestiva un locale, era perfettamente integrato. Non ci sono storie di vera miseria e disperazione, nella biografia dei soldati del Califfato. Ad ogni modo, la Thyssen non la pensa così, e anzi replica: “Non c’è dubbio che sia così. Bisogna riformare il sistema di istruzione per preparare le nuove generazioni alle competenze del futuro”.
E se gli immigrati non trovassero lavoro lo stesso, allora bisogna agire con la forza: “Ogni paese europeo che accoglie un profugo ha il dovere di dargli l’accesso al mercato del lavoro entro nove mesi, cancellando qualunque ostacolo burocratico. Abbiamo proposto di scendere a sei mesi, qualche Paese fa già meglio di sua iniziativa”. Un impegno che stona con l’assenza di qualsivoglia politica in favore del lavoro degli autoctoni. E poi cosa vuol dire “cancellare qualunque ostacolo burocratico”? Che bisogna passare sopra alle leggi? Se la burocrazia è troppa, la si elimini, ma per tutti, non solo per gli immigrati.
Notare, inoltre, che la conversazione è iniziata parlando delle seconde generazioni, mentre ora si parla di “profughi”, cioè di gente appena arrivata, che spesso non sa la lingua, non conosce la cultura, non ha specializzazione alcuna. In Germania ci hanno già provato a riempirsi di immigrati sperando che fossero i nuovi operai a sostenere la crescita tedesca. Solo dopo ci si è accorti che la gran parte degli immigrati accolti non parlano il tedesco, hanno scarse qualifiche e spesso sono molto giovani.
Le confederazioni dei datori di lavoro hanno proposto di mandarli di nuovo a scuola, il che significa nuove spese a carico dello Stato. Fatto sta che, mesi fa, Continental ha avviato un programma di stage per 50 lavoratori migranti, ma dopo un anno solo il 30% dei posti è stato assegnato. Deutsche Post ha offerto 1.000 posti per uno stage indirizzato in modo specifico ai rifugiati, ma ha ricevuto solo 235 richieste di partecipazione. Se ne contano a centinaia di casi simili. Ma l’Europa, a quanto pare, continua a fare gli stessi sbagli.
di  Giorgio Nigra Giu 09, 2017

Una bugia ormai troppo grossa perfino per Goebbels

ovviamente chi contesta mafia capitale è un razzista xenofobo

Ecco l’ultimo itinerario, documentato dal sito Marine Traffic, e ricavato grazie ad una semplice e gratuita ricerca di pochi minuti e un merge tra immagini, della nave Aquarius, giunta trionfalmente con il suo carico di carne umana nel porto di Catania dopo aver fatto scalo a Malta (!) come dimostra la sottostante tabella dei movimenti. 946 persone da Bangladesh, Nigeria, Costa d’avorio e Guinea Conakry ma anche da altri Paesi dell’Africa Sub-sahariana, quindi senza alcun vero titolo per venire in Europa.
Aquarius è di SOS Mediterranee, ONG tedesca con l’impulso irrefrenabile di aiutare a deportare gente da un continente all’altro.acquarius position
 
Non mi interessa la solita prosa lacrimogena che viene dedicata a questa ennesima impresa del combinato ONU-ONG-Innominabili S.p.A. dagli ineffabili giornalacci che eseguono solo gli ordini, ripetendo una bugia (“salvati nel Canale di Sicilia”) che ormai è diventata troppo grossa perfino per Joseph Goebbels. Mi interessano i fatti, e quello che può essere documentato mediante il monitoraggio del traffico marino su siti come Marine Traffic o Vessel Finder è quello di un gigantesco servizio di traghettamento di deportati che rappresenta la versione moderna delle navi negriere e allo stesso tempo un gigantesco Sbarco in Sicilia di truppe dormienti, secondo il principio delle “armi di migrazione di massa”.
Traffico condotto perfettamente alla luce del sole ma ricoperto dalla putrida glassa della menzogna mediatica che spudoratamente insiste con i “salvataggi”, il “golfo di Sicilia” e “le donne e i bambini” quando si tratta al 90% di maschi non accompagnati.
Grazie al monitoraggio di questa flotta di navi negriere si ha la prova inconfutabile di un acquarius position2atto ostile nei confronti della nazione Italiana, utilizzata come porto di sbarco da navi straniere e battenti bandiere di comodo, dalle origini misteriose e dagli altrettanto fantomatici finanziamenti (ma dietro sappiamo che c’è il nostro Judenrat preferito).
Ostilità non solo accettata dalle nostre autorità ma coadiuvata, visto il ruolo delle navi CP (Capitaneria di porto) che si spingono fino ai luoghi di ritrovo per scafisti e che sono anch’esse perfettamente tracciabili, per chi ha voglia di farlo.
Strabene ha fatto nei giorni scorsi il blogger Luca Donadel a realizzare un video sull’argomento da più di 300.000 visualizzazioni sull’argomento, utilizzando quindi un mezzo più masticabile dal grande pubblico rispetto al semplice articolo da leggere. Ricordo però, per amor di cronaca, che il ragazzo è arrivato per ultimo, visto che i primi a scrivere sui viaggi sospetti delle ONG erano stati nel novembre 2016 il sito Gefira, (con gli articoli Caught in the act: NGOs deal in migrant smuggling“, The Americans from MOAS ferry migrants to Europe), Maurizio Blondet che, mannaggia a lui, è sempre sul pezzo, con l’articolo “ONG fanno contrabbando “industriale” di clandestini?”e la vostra umile sottoscritta, sempre in dicembre, con Il famoso “salvati nel Canale di Sicilia”, ovvero un disegnino animato vale più di mille disegnini statici dove traducevo i due articoli di Gefira e ripubblicavo il loro video già postato da Blondet. Questo per coloro che mi segnalano il video di Luca dicendo: “Guarda qui che scoop!”
 
A rega’…
Il grande merito di Luca è stato quello di riuscire, utilizzando il messaggio video e il grande successo di pubblico ottenuto, a far uscire dalle fogne i soliti debunkaroli che però hanno miseramente fallito nel tentativo di, appunto, debunkarlo e hanno dovuto ritirarcisi, nelle fogne, in buon ordine.  E che vuoi debunkare quando c’è il tracking che ti fotte?
seawatch 1Ecco, per esempio, il risultato di una mezz’orata di tracking stamattina su Marine Traffic. Lo vedete il raduno attorno a quel punto vicino al largo della costa libica? La OOC Panther, OOC Tiger, Sea Watch 2 e Siem Pilot sono tutte navi che hanno già traghettato migliaia di clandestini in Italia. Alcune di esse si vantano di “pattugliare” il Mediterraneo in cerca di profughi.
Il video di Luca certifica che le autorità italiane sanno benissimo che arriverà un carico di esseri umani deportati dall’Africa all’Europa, perché addirittura viene loro telefonato la sera prima, ma non fanno nulla per evitarlo, anzi, mandano le motovedette e lo Sbarco in Sicilia 2.0 continua ininterrotto.
 
Verso il raduno degli scafisti stamattina si dirigeva anche la Iuventa (ufficialmente olandese) ovvero “la nave dei ventenni che salverà i migranti”, secondo la propaganda.
iuventa
E Frontex che dovrebbe fronteggiare ed opporsi al traffico di esseri umani? C’è una chicca su Wikileaks che lo riguarda. Questo cablo del 2007 inviato da Dakar, Senegal, alla segreteria di Stato USA, firmato da un certo Smith.
Traduco:
“Il tenente colonnello Alioune Ndiaye è il rappresentante senegalese presso FRONTEX, che è l’autorità UE attraverso la quale Italia, Spagna e Portogallo forniscono assistenza e materiale al Senegal per attuare il pattugliamento delle sue coste. Ndiaye ha detto che nel 2006 vi sono state due o tre partenze al giorno, la maggior parte delle quali da St. Louis. Grazie all’aumento del pattugliamento, le partenze sono diminuite fino ad una ogni quindici giorni e in quel caso dall’estremo sud di Mbour, il che aumenta il tempo di viaggio da 3-4 giorni a 10-12.
A conferma di ciò che ci ha detto Balde, Ndiaye sostiene che le partenze avvengono soprattutto di notte ma che, la mattina successiva, un volo di sorveglianza di FRONTEX può rapidamente identificare il barcone pieno di persone. Una nave di FRONTEX quindi intercetta la piroga e la dirige nuovamente verso il Senegal. Nel 2007, più di 10.000 persone sono state fermate da FRONTEX. Nel mese di settembre è stata intercettata una piroga con 179 persone a bordo, delle quali 125 senegalesi, 32 gambiani, 14 guineani, 6 maliani e i restanti da altri paesi africani.”
cablo partenze
 
Cosa dimostra questo cablo? Che le partenze, VOLENDOLO, posso essere fermate. Che di fatto oggi non vengono fermate ma incoraggiate e che FRONTEX è parte del problema. Trovate voi la morale della storia.
Guest post tratto da Orizzonte degli Eventi by Barbara Tampieri (Lameduck)
Di FunnyKing , il 21 marzo 2017

Francia: quell’alleanza fra industriali e socialisti per dare al capitalismo il suo “esercito proletario di riserva”

pci francese«L’immigrazione pone seri problemi oggi. Dobbiamo affrontarli e rapidamente prendere le misure necessarie. È stato raggiunto il limite. Questo è il motivo per cui noi diciamo: dobbiamo fermare l’immigrazione, altrimenti getteremo altri lavoratori nella disoccupazione. Preciso: dobbiamo fermare l’immigrazione ufficiale e clandestina. [Gli immigrati] vengono stipati in ghetti in cui convivono lavoratori e famiglie dalle tradizioni, lingue e modi di vivere differenti. Questo crea tensioni e talvolta scontri tra immigrati provenienti dai vari paesi. Questo rende difficili i loro rapporti con i francesi. [..] I carichi di assistenza sociale per le famiglie immigrate immerse nella miseria diventano insopportabili per i bilanci comunali».
A pronunciare queste parole di fuoco non è un leghista all’ultimo raduno di Pontida. Fu Georges Marchais, segretario dal 1972 al 1994 del Partito Comunista Francese in un discorso del 27 marzo 1980.
La Francia aveva iniziato a importare manodopera a basso costo dalle ex colonie a partire dagli anni Sessanta, quando la piena occupazione e la solida organizzazione sindacale avevano dato ai lavoratori francesi (e ai loro compagni immigrati da altri paesi europei fra cui moltissimi italiani) un solido potere contrattuale nei confronti del padronato. E il padronato reagì: mentre i lavoratori che in precedenza (e in numero molto minore) arrivavano da altri paesi europei come l’Italia, la Spagna e il Portogallo, la Polonia e la Cecoslovacchia erano spesso già sindacalizzati e avevano una forte coscienza di classe, sarebbe stata l’importazione di masse umane dalle ex colonie francesi a consentire la creazione quell’«esercito proletario di riserva» in grado di mettere in concorrenza i lavoratori fra loro e obbligarli ad accettare salari più bassi e a rinunciare a molti diritti sociali.
Negli anni Sessanta datano i primi trattati bilaterali fra Parigi e le ex colonie maghrebine per favorire l’immigrazione di lavoratori, mentre ci si applica per aprire canali analoghi anche per i lavoratori dell’Africa nera. Nel 1968 nasce una Direzione per la popolazione e le migrazioni in seno al ministero del Lavoro. Non a caso proprio in quegli anni si diffonde l’idea che l’Europa avesse degli obblighi morali nei confronti delle ex colonie, e che l’emigrazione da esse fosse una conseguenza diretta del colonialismo: un falso storico, poiché fra la decolonizzazione e le prime ondate migratorie dall’Africa sarebbe passata un’intera generazione. L’unico rapporto diretto è quello linguistico: gli ex sudditi coloniali parlavano francese e sarebbero stati impiegati più rapidamente nel ciclo produttivo come concorrenti sleali nei confronti dei lavoratori autoctoni.
 
Fino al 1972 comunque la possibilità di avere un permesso di soggiorno in Francia era subordinata all’impiego. I lavoratori immigrati che perdevano il posto dovevano essere rimpatriati. Fra 1972 e 1973 manifestazioni e scioperi degli immigrati spingono tuttavia il governo a concedere sanatorie per i clandestini. Negli anni Settanta la politica cerca di arrestare il flusso di immigrati, perfino pagando per il loro ritorno in Africa, invano.
 
Nel 1980 iniziano le manifestazioni eclatanti (spesso promosse da preti protestanti e cattolici) a favore dei clandestini, i «sans papier», mentre alcune sigle sindacali non comuniste e la sinistra filo-occidentale, il Partito Socialista, si schierano contro i rimpatri. Con l’elezione nel 1981 di François Mitterrand alla presidenza della Repubblica le politiche francesi si allineano su posizioni immigrazioniste: viene vietata l’espulsione degli immigrati di seconda generazione e si iniziano a concedere i diritti politici ai nuovi arrivati. Da quel momento la Francia sarà l’avanguardia europea per le politiche filo-immigrazioniste.
 
Fonte: “Storia in Rete”, n. 132-134, ott.-dic.2016, pp. 32-33.
Posted on gennaio 22, 2017   di Emanuele Mastrangelo
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