17enne tenta stupro in centro d’accoglienza

non-una-di-meno-675Non è violenza sulle donne, nessuna solidarietà e non denunciare che è razzismo.
 
 A seguire Savona, profugo 28enne indagato per violenza sessuale ai danni di una bambina di 8 anni
 
17enne tenta stupro in centro d’accoglienza
Pubblicato il: 17/02/2018 14:15
Un ragazzo di 17 anni, gambiano, è stato arrestato dalla polizia per violenza sessuale nei confronti di una operatrice di un centro di accoglienza per minori non accompagnati della periferia di Palermo. L’episodio sarebbe avvenuto qualche giorno fa quando il minore avrebbe attirato con un pretesto la donna nel seminterrato della struttura. Lì avrebbe tentato di violentarla ma l’operatrice è riuscita a liberarsi e chiedere aiuto. Immediata la segnalazione al 113 da parte della responsabile della comunità alloggio. I poliziotti hanno ascoltato la versione della vittima, confermata da chi l’aveva soccorsa dopo il tentativo di violenze, e il giovane è stato tratto in arresto.
Savona, profugo 28enne indagato per violenza sessuale ai danni di una bambina di 8 anni
L’episodio sarebbe avvenuto all’interno di un centro di accoglienza; la piccola anche lei richiedente asilo, si trovava nella struttura assieme alla madre
 
Ospite di un centro di accoglienza straordinaria per richiedenti asilo nella Provincia di Savona, avrebbe abusato sessualmente (si parla di carezze e palpeggiamenti) di una sua connazionale di 8 anni. E’ questa l’accusa della quale dovrà rispondere un 28enne nigeriano. A denunciare la presunta violenza è stata la madre della bambina, anche lei ospite assieme alla figlia all’interno della stessa struttura di accoglienza.
 
Questa mattina il giudice per le indagini Maurizio Picozzi ha fissato per giugno l’incidente probatorio durante la quale sarà ascoltata la bambina. L’uomo si trovava nella struttura assieme alla moglie e al figlio.

Striscione di minacce a Salvini: “Occhio, stavolta spariamo noi”

minacce salvinima per un fotomontaggio si manda la Digos a casa dell’autore. Per le minacce a Salvini? Per il proiettile alla Susanna Ceccardi, immagino nessuna, condanna.

Sputi, insulti e lancio di bottiglie di plastica: Meloni contestata a Livorno

Tolleranza ed eguaglianza strabica, come al solito, solo sulla base di posizioni politiche diverse, così come la condanna e solidarietà alle donne vittime di atti vili, non sono atti vili se le donne in questione non sono “dalla parte giusta” della storia.

Striscione di minacce a Salvini: “Occhio, stavolta spariamo noi”
 
Il leader della Lega, Matteo Salvini, atteso di fronte alla moschea di Umbertide. Appeso uno striscione di minacce ad un cavalcavia
Giuseppe De LorenzoGio, 08/02/2018 –
Matteo Salvini stamattina sarà ad Umbertide per protestare contro la costruzione della nuova moschea in Umbria, una delle più grandi in Italia.
 
Fa parte della nuova offensiva leghista in campagna elettorale, partita con l’annuncio del leader del Carroccio di voler “chiudere tutti i centri islamici illegali in Italia”. Ebbene, nella notte, in attesa dell’arrivo dell’indesiderato ospite, qualcuno ha appeso un cartello di minacce ad un cavalcavia: “Occhio Salvini, stavolta spariamo noi”.
 
Il riferimento, appare ovvio, è alle vicende di Macerata e alla folle caccia all’immigrato messa in campo da Luca Traini. “Mentre a Foligno stavamo esponendo le nostre idee, i nostri progetti per il futuro, e preparando le nostre battaglie – spiega Riccardo Marchetti, coordinatore nazionale Umbria per la Lega e candidato alla Camera – ad Umbertide qualche democratico appendeva sul cavalcavia dell’E45 questo striscione. E poi i brutti e violenti siamo noi. Saremo ancora più numerosi, non abbiamo paura, le idee sono a prova di proiettile!”.
Non è ancora chiaro chi abbia esposto il telo di minacce. Ma è evidente che la presenza di Salvini susciti sentimenti contrapposti in terra umbra. I lavori per la moschea di Umbertide si erano interrotti a causa della mancanza di fondi. Ma sono ripartiti ad inizio anno e il luogo di culto islamico dovrebbe vedere la luce entro la fine di maggio. I fondi, secondo quanto dichiarato dall’imam, Chafiq El Oqayly, proverrebbero tutti dall’Italia e sarebbero “tracciabili”. “Abbiamo ricevuto questi soldi perché i nostri fedeli continuano a donare – ha detto l’imam ad Altotevereoggi – e abbiamo contatti con diverse moschee, per esempio Bologna e Milano. La struttura di Madonna del Moro torna a crescere. La costruzione è oramai quasi al completo ed entro maggio verrà aperta”. Salvini permettendo.

 

Roma, rapina choc a Villa Ada: due rom picchiano una donna

donna anzianaavevano sbagliato strada anche loro, direbbe il magistrato di Torino. Solidarietà per la donna? Stop violenze sulle donne? Indignazione? Al massimo, solidarietà per i ragazzini rom.

 
Rapina choc in un palazzo a due passi da Villa Ada. Due nomadi di 14 anni hanno scalato uno stabile di via di Tor Fiorenza fino al quinto piano per introdursi in un appartamento picchiando la proprietaria, una donna sui sessant’anni. Il colpo si è verificato verso le 18.30. Nessuno si è accorto di nulla: nè i tanti passanti nè i residenti. I nomadi minorenni si sono trasformati in acrobati e si sono arrampicati sulle impalcature che avvolgono lo stabile in via di ristrutturazione. In questo modo hanno percorso in verticale una trentina di metri.
”Ero sola in casa – ha raccontato la proprietaria alle forze dell’ordine – quando ho sentito un rumore provenire dalla finestra del salotto. Ho tirato su la saracinesca: ho creduto di morire. Due giovani mi hanno aggredito. Mi hanno picchiata e scaraventata sul divano. Ero convinta che stando al quinto piano ero meno a rischio furti invece si sono arrampicati fino a casa mia”.
I rapinatori hanno minacciato di morte l’ostaggio e hanno messo a soqquadro la casa. Sono fuggiti con denaro in contante e gioielli di varia fattura. L’ostaggio ha chiamato i soccorsi ma quando è arrivata la polizia i minorenni erano già fuggiti molto probabilmente usando sempre le impalcature. E’ arrivato il personale di un’ambulanza che ha soccorso sul posto la signora apparsa affaticata e molto impaurita.
di Marco De Risi
 
Mercoledì 7 Febbraio 2018 – Ultimo aggiornamento: 08-02-2018 00:56

Stavolta che è il peggior femminicidio, non lo dicono

PREMESSA. Ogni comunità, gruppo etnico, nazione, villaggio, ha i suoi criminali. Noi italiani abbiamo dato tanto in molti settori, compreso quello criminale, dalla mafia che scioglie i bambini nell’acido al mostro di Firenze che dilaniava le coppiette in Toscana. Non ci siamo fatti mancare niente anche in questo campo, ma siccome da più parti mi è stato chiesto cosa pensassi dell’omicidio di Macerata e della componente “razziale” sottaciuta oggi dai media per motivi politici, allora dico la mia, con il beneficio d’inventario che ancora non sappiamo tutto dell’omicidio. In particolare mi viene chiesto sui social perchè un omicidio per futili motivi e perchè ad una donna, e perchè così efferato. L’accusato, tale Innocent (ironia…) Oseghale, avrebbe smembrato in pezzi la malcapitata e l’avrebbe riposta in più valige per occultare il cadavere. Ovviamente – che lo preciso a fare?  – il soggetto responsabile, il Signor Innocent, ha una componente di malvagità e di stupidità sua personale che NULLA ha a che fare col fatto di essere nigeriano. Tuttavia, occorre anche essere onesti, e riconoscere che in tutto il mondo vi sono gruppi etnici che riescono a distinguersi per la gratuità e la stupidità dei propri gesti malvagi. Questi gruppi etnici, o comunità, variano il loro atteggiamento nel tempo, cioè a seconda delle condizioni storiche che stanno vivendo hic et nunc.
 
Cosa significa?
 
Significa che le condizioni culturali e materiali d’esistenza di un gruppo sociale determinano gran parte dei comportamenti dei suoi componenti, ma anche che, fortunatamente, al modificarsi di queste condizioni culturali e materiali anche questi comportamenti mutano. Insomma, i comportamenti dei gruppi presi in esame non dipendono dal dna, ma da condizioni di base che variano nel tempo. Nel caso di molti nigeriani DI OGGI, alcune cose mi sentirei di dirle come osservatore, cioè come persona che nella sua attività sindacale ed avendo anche vissuto alcune esperienze personali come lavoratore occasionale da ragazzo, ha avuto modo di conoscere diversi africani, e soprattutto nigeriani.
 
La gran maggioranza delle famiglie tradizionali Igbo e Africane è patrilineare e patriarcale e molte famiglie sono poligame. Un fattore più culturale che religioso. La donna sposata prende il cognome del marito e si trasferisce a casa di lui, non avvviene mai l’opposto e deve convertirsi alla religione del marito se è diversa dalla sua.
 
Il compito di educare un bambino vale per la donna, ma anche per l’intera comunità in cui vive, ogni anziano ha il “diritto e dovere” di richiamare l’attenzione ma anche di punire un bambino che sbaglia. La famiglia non è considerata completa senza figli. Una donna che non ha figli è considerata una disgraziata. Una fallita.
 
La famiglia allargata africana porta a considerare ogni anziano “padre” o “zio”, madre o zia, a secondo del rapporto di parentela o amicizia di quella persona con la famiglia. Ci sono interi villaggi e comunità che non si sposano tra di loro perché considerati figli della stessa famiglia, e quindi per evitare di commettere l’incesto.
 
Quale ruolo della donna emerge da questo scenario? Che la donna è nettamente inferiore all’uomo. Non ci sono cazzi. La cosa curiosa è che, di tutte le nigeriane che ho conosciuto, si notava una certa tendenza alla ribellione e i maschi della famiglia, o i fidanzati, si dovevano mostrare particolarmente energici e decisi, per imporsi sulle “loro” donne. In altri termini, ho notato una cosa molto strana e inquietante, una contraddizione – che mi piacerebbe fosse confermata o smentita da qualche lettore. La donna nigeriana per la mia esperienza vuole fare sempre di testa sua. Si dimostra abbastanza legata a stereotipi femminili, soprattutto di tipo estetico. I maschi di riferimento reagiscono però in modo perentorio a certe intemperanze. Le donne alla fine cedono sempre, ma solo di fronte a uomini energici in tal senso e tendono a sottovalutare quei maschi che non lo sono. Insomma, per quel che ho avuto modo di vedere, le donne nigeriane non cambiano facilmente idea a seguito di un ragionamento condiviso o di una scoperta che hanno fatto, ma solo se qualche autorità superiore (spesso il maschio, ma può essere anche un anziano/a) si incazza di brutto. Allora, e solo allora, cambiano comportamento… una cosa che ho sempre trovato incredibile, per come sono abituato io in questo paese e per com’è nella mia cultura. Io, a esempio, posso cambiare idea o comportamento per paura o perchè qualcuno mi ha spiegato meglio la faccenda, oppure per empatia. Nella cultura nigeriana pare che cambino idea e comportamenti solo per paura di una autorità.
 
Nelle zone rurali, soprattutto del nord, le donne lavorano in genere più dell’uomo. Esse costituiscono infatti il 60% della forza lavoro e producono fino all’80% delle derrate alimentari. Quando la donna svolge un lavoro retribuito (sono poche ad avere questa fortuna) riceve una paga notevolmente più bassa di un uomo a parità di mansione.
 
Ma nella maggior parte dei casi il lavoro svolto dalle donne nelle zone rurali non è neppure retribuito. Il 40% delle donne è analfabeta, schiave dei padri prima e dei mariti poi.
 
La scarsa considerazione riservata alla donna è inoltre riscontrabile nella gestione dell’eredità paterna, infatti, questa non viene suddivida tra le figlie ma viene distribuita tra i parenti prossimi (ovviamente maschi) e alla donna verrà assicurato un posto solo nella famiglia del marito.
 
Ancora molto diffusa è la mutilazione degli organi genitali femminili e anche la pratica di concedere in matrimonio una donna indipendentemente dalla sua volontà anche quando è ancora una bambina.
 
Sul fattaccio di cronaca occorrerà ancora attendere, come già detto, ma al momento – per quella che è stata la mia esperienza – non so proprio di cosa dovremo sorprenderci. La poveretta ha detto di no a una qualche richiesta, e lui l’ha uccisa, ma non si tratta, come nei casi che tanto piacciono a “chi l’ha visto” e “quarto grado”, di un diniego legato alla passione, all’amore, o al pagamento degli alimenti. Per i vari Innocent, le donne dicono di no con una certa consuetudine, e cambiano idea solo se bastonate…
Beninteso, anche nella nostra cultura (e per fortuna) esistono dei “ruoli”, dei “punti di riferimento”, delle bussole, ma, in primo luogo, essi sono elastici. In secondo luogo, nel tempo hanno assunto la funzione di connotare di senso la nostra esistenza, e non come strumenti di sopraffazione.
Se davvero qualcuno pensa come ineluttabile la migrazione (e per me non è per niente un fenomeno ineluttabile), è bene che faccia i conti con la disomogenietà tra le culture e che faccia una scelta, chiara e forte.
A mio modo di vedere, alcune culture non sono integrabili nel senso classico del termine. Albanesi e rumeni, ad esempio, sono integrabili e la seconda generazione è già integrata alla grande. Anche i senegalesi. Altri gruppi no, non sono integrabili, ma le loro culture devono essere modificate con l’asprezza delle nostre leggi, che dovrebbero considerare come aggravanti il fatto di non avere cittadiananza italiana, in particolare per i reati contro la persona, ma anche gli illeciti contro la proprietà e il disturbo della quiete pubblica.
A mio modo di vedere per alcune culture deve essere preparato con cura  un percorso, e molto rigido, solo al termine del quale potrà essere considerata la piena integrazione nel paese ospitante. Non so se qualche partito politico dica qualcosa del genere, non è una questione elettorale, anche se a molti piace in questi giorni buttare tutto in vacca parlando di programmi politici.
Se qualcuno però vuole afrettarsi a derubricare quel che dico a razzismo è invitato a curarsi da uno bravo! Qualcosa del genere l’ho visto applicato in Svizzera, ove si parlano 3 lingue ufficiali e dove sono stati ospitati molti migranti con profitto reciproco nel corso dell’ultimo secolo. Se i nigeriani che scelgono di vivere in Italia non abbandoneranno una quota significativa della loro cultura (così come fatto dagli italiani e dai turchi in Svizzera) e non saranno COSTRETTI con la forza ad abbracciare la nostra, aspettatevi negli anni una moltiplicazione di fatti di cronaca come quello di Macerata e una deriva italiana da ghetto americano.01/02/2018 Massimo Bordin

Cesena, ama l’immigrato e lo ospita a casa sua: la pesta, si droga e la stupra

stupro3No all’odio, amateli.  Siate loro devoti. Quando la violenza sulle donne è politically correct. Si attendono ancora le scuse per questa brutalità su una donna, ma nessuno le chiede. Si attende indignazione, ma segue solo silenzio e censura. Nessuno chiede chi siano i responsabili morali che debbano vergognarsi.Boldrini qualcosa da dichiarare? Nessuna critica è ammessa, nessuna indignazione ma solo supina accettazione, chiamata solidarietà, per l’aggressore. SIA MAI CHE VENGANO MESSI IN DUBBIO I FIUMI DI DENARO CHE INGRASSANO LE COOP DI MAFIA CAPITALE


Cesena, ama l’immigrato e lo ospita a casa sua: la pesta, si droga e la stupra

30 Gennaio 2018
Si è innamorata di lui, un richiedente asilo ospite in un centro di Sorrivoli, in provincia di Cesena. Ma ben presto la storia d’amore per lei si è trasformata in un incubo, in un legame malato fatto di botte, continue vessazioni fisiche e psicologiche, furti e stupri. All’inizio lui – secondo il racconto della vittima -, era gentile. La trasformazione è avvenuta nel giro di un paio di mesi. Arrivato nella cittadina romagnola, l’uomo, 25enne e originario di un paese africano, aveva trovato ospitalità nel centro per profughi lo scorso ottobre ed aveva subito avanzato la richiesta dello status di richiedente asilo. Poco dopo ha conosciuto lei, una cesenate di 43 anni. Dall’amicizia alla storia d’amore il passaggio è stato breve. Nel giro di poche settimane è arrivata però la risposta negativa al giovane africano ospite del centro: gli era stato respinto anche l’Appello sullo status di rifugiato. Davanti alle sue lacrime, motivate dalla sua vicina uscita forzata dalla casa per rifugiati, la donna ha deciso di ospitarlo a casa sua. Una scelta d’amore che si è trasformato ben presto in ben altro.
Una volta messo piede nel suo appartamento, l’uomo ha abbandonato i modi gentili ed ha iniziato a padroneggiare. Subito le ha allestito la casa a tempio privato per pregare. In sostanza, si era impadronito della sua abitazione. In quei locali di pochi metri quadrati, le era stato concesso di frequentarne la metà. Una regola da rispettare se non voleva ricevere ogni volta insulti e botte. Il compito di portare a casa i soldi, peraltro, spettava solo alla 43enne che, per mantenere lo straniero, si è vista costretta a trovare anche un secondo lavoro. In poco tempo la donna ha speso circa seimila euro, tra risparmi e stipendi. Soldi che, da quanto è emerso, servivono al 25enne per i suoi vizi, hashish compreso, o per pagare per esempio gli ingressi in palestra. La donna in cambio riceveva solo botte e minacce di morte.
Quando una notte, spinta da un sano colpo di orgoglio, lei ha cercato di scappare di casa (sua), lui se n’è accorto ed è andato a riprendersela e l’ha trascinata a casa. Ed erano volate le solite parole da padre-padrone: «Come ti permetti di lamentarti donna, tu devi solo lavorare. Stai zitta, o ti ammazzo». Sono queste le frasi all’interno del fascicolo d’accusa.
Stanca delle violenze, la cesenate ha ritentato poco dopo la fuga, ma anche in questo caso è andata male: lui le ha tolto il telefono e persino le chiavi della sua auto. Così si è rifugiata dentro alla camera da letto, ma per ribadire la sua supremazia di maschio, la risposta del profugo è stata quella di stuprarla più volte. Solo giorni dopo la donna è riuscita a scappare e a varcare la soglia del Commissariato di Polizia di Cesena. Gli agenti, raccolta la denuncia, l’hanno scortata fino a casa, ma anche davanti alle divise l’uomo ha continuato a inveire e a minacciarla. Così sono scattate le manette per violenza sessuale, minacce, violenza privata, rapina e stalking.
 
«Questa storiaccia evidenzia un doppio problema – commenta Fabrizio Ragni, consigliere provinciale di Forza Italia -: da una parte la questione degli sbarchi incontrollati, dall’altra una cultura che, guarda caso, porta ad aumenti esponenziali di reati anche di questo tipo. Non dico che tutti i profughi sono stupratori e violenti, ma le cronache ogni giorno, da nord a sud, raccontano che i protagonisti spesso sono loro. La cosa assurda, è che una volta entrati in Italia, poi non vengono più controllati. Il nuovo governo di centro destra dovrà fare una profonda azione per limitare gli accessi a questo tipo di persone irregolari e con una indole comunque violenta». E non è un caso che a Carpi abbiano organizzato dei “corsi di seduzione” per profughi per spiegare loro che una donna può anche dire di “no” ma non per questo deve essere stuprata o picchiata.
 
di Simona Pletto

Orrore su questo Treno. 20 Migranti circondano una donna, ecco cosa le hanno combinato!

a quanto pare è un’abitudine. D’altronde, nessuno si indigna perché sarebbe istigazione all’odio “riprenderli” per questo comportamento.


Orrore su questo Treno. 20 Migranti circondano una donna, ecco cosa le hanno combinato!
 
Era un treno che da Termoli portava a Pescara, ed è stato palcoscenico di scene quasi da film Horror.
Il treno è stato per alcuni momenti interminabili in balìa di alcuni migranti facinorosi.
Incredibile ciò che hanno combinato.
 
Una donna controllore stava semplicemente facendo il suo lavoro, e proprio per questo per lei è finita male.
La donna entrata nel vagone di questi scalmanati, ha chiesto come da prassi il biglietto, da lì in poi le cose sono velocemente e improvvisamente precipitate.
 
Dagli insulti si è passati a delle vere e proprie scorribande.
Su il Giornale infatti leggiamo che:
A testimoniare la vicenda una giornalista presente nel momento delle aggressioni. “Sono salita alla stazione di Vasto-San Salvo e il treno era affollato da migranti provenienti da Termoli e diretti a Pescara – spiega la signora al Centro – Il capotreno, una donna, ha chiesto il biglietto a tutti i passeggeri. Da parte dei migranti ha ricevuto in risposta una risata beffarda. La capotreno ha insistito e a quel punto è stata aggredita verbalmente“.
Non solo. Convinti di rimanere impuniti, i migranti hanno pure sbeffeggiato i presenti e il controllore. Secondo quanto raccontato da alcuni dei presenti al Centro, infatti, gli immigrati “ridevano e facevano quello che volevano. Più di una volta hanno ripetuto che tanto nessuno li avrebbe puniti”.
Una storia choc che si va ad aggiungere a quelle provenienti da Bassano del Grappa, dove tre giorni fa la baby gand di nordafricani è tornata a colpire dopo che già ad inizio ottobre aveva seminato il panico in un treno proveniente da Venezia e in un supermercato della zona.
Dopo che il controllore ha allertato la polizia, i migranti si sono dati alle scorribande.
 
Sì, perché non è finita di certo lì.
La giornalista continua il racconto choc di questi momenti di vero e proprio terrore.
 
“Diversi pendolari con l’abbonamento sono rimasti in piedi, negli angoli, spaventati.
A Lanciano è salito un altro capotreno ma anche altri nordafricani e la scena è stata la stessa. Da solo, il controllore non ha potuto tenere testa a tanti uomini che lo fronteggiavano rifiutandosi di pagare il biglietto. È stato davvero terribile viaggiare con persone che sembravano fuori controllo.
 
Confesso di avere avuto paura come del resto tutte le persone su quel quel treno. Ritengo e spero che a Pescara, il gruppo abbia trovato ad attenderli la Polfer e che nei loro confronti siano stati adottati adeguati provvedimenti”.
 
Foto Credit: Il Giornale

“Mi fatte vedere il biglietto per favore?”: nigeriani ridono in faccia alla capotreno poi la schiaffeggiano

-treno-controlliNon è un’aggressione ad una donna? Lavoratrice? Ci rendiamo conto a cosa sono esposte queste lavoratrici? I sindacati tanto politically correct e femministi hanno qualcosa da dire? Nemmeno indignazione e solidarietà per questa lavoratrice? Silenzio? Come mai sto silenzio? Chi sono i responsabili morali di questa violenza autorizzata?

“Mi fatte vedere il biglietto per favore?”: nigeriani ridono in faccia alla capotreno poi la schiaffeggiano
gennaio 28, 2018.
 
Un’altra aggressione ai danni di un controllore nel pisano: un capotreno donna di 31 anni chiede il biglietto a quattro clandestini nigeriani, loro con la solita mancanza di rispetto, prepotenza, maleducazione e insolenza, tipica delle risorse boldriniane, prima le ridono in faccia, poi l’aggrediscono con uno schiaffo talmente violento da mandarla all’ospedale.
Pisa, 28 gennaio 2018 – «Buongiorno, mi fate vedere il biglietto, per favore?». Una frase concisa, pronunciata con la giusta dose di fermezza e cortesia. Tanto è bastato a scatenare l’inferno.
 
La capotreno – una ragazza di 21 anni – si trova davanti quattro passeggeri, molto probabilmente nigeriani. Quattro uomini senza biglietto, saliti alla stazione di Pisa e diretti a Lucca, che non sembrano nemmeno ascoltarla facendosi beffe della divisa che indossa. Prima fingono di non capire, le rispondono in una lingua incomprensibile lasciandole intendere che non sanno l’italiano: poi iniziano a scambiarsi occhiate e sorrisetti che tradiscono la loro malafede.
 
La giovane dipendente Trenitalia è ligia al dovere. Non ha intenzione di farsi intimorire e ripete scandendo la la frase: vuole vedere subito il biglietto perché senza biglietto non è possibile viaggiare. Con coraggio e determinazione «convince» i quattro stranieri, che non vogliono tirare fuori neppure i documenti, ad alzarsi e a dirigersi verso la porta. La stazione di San Giuliano Terme fortunatamente è vicina.
Tra insulti e risolini derisori tre scendono dal treno, mentre il quarto continua a fare resistenza. Inizia il diverbio. Il nigeriano (un energumeno di un metro e 90) urla di voler arrivare a distinazione. Dalle parole passa ai fatti. Tira una spinta alla ragazza poi uno schiaffo talmente violento da procurarle danni anche all’orecchio e quindi si dà alla fuga lungo il binario. La capotreno verrà trasportata in ambulanza al pronto soccorso di Lucca. Sul caso indaga la Polfer che sta passando al setaccio le immagini riprese dalle telecamere di bordo attraverso le quali poter arrivare all’identità dell’uomo.
 
Con fonte La Nazione
Redazione riscatto nazionale.net

Orrore ad Abbiategrasso: Rom 19enne rapisce e stupra per 3 giorni una bambina

rom ragazzina stupratala kultura che piace ai moralmente superiori


27 gennaio 2018
La storia è di quelle che fanno ritenere l’integrazione una pia intenzione che resterà sulla carta. Come riferisce Il Giorno la storia ha come teatro Abbiategrasso, dove una bambina di 13 anni di etnia rom romena ha subito un sequestro ad opera di un connazionale di 19 anni.
Quest’ultimo avrebbe adocchiato la ragazzina ad una festa. Quindi l’ha rapita con l’aiuto di tre amici segregandola nella propria casa di Sant’Angelo Lodigiano. Qui l’avrebbe tenuta, sempre stando alle indagini condotte dai carabinieri, per tre giorni violentandola, e con madre e zia che lo spalleggiavano.
Tra i rom – scrive sempre Il Giorno – questo rituale è chiamato «Fugii», e prevede la possibilità per un uomo di abusare di una ragazzina, mentre la diretta interessata e la famiglia di lei devono accettare la decisione.
I familiari della ragazzina violentata hanno sporto denuncia ai carabinieri non vedendola rincasare dopo la festa. Ma dopo tre giorni è stata la stessa famiglia del rapitore a telefonare in tutta tranquillità ai genitori della bambina per invitarli ad andare a riprenderla.
 
I carabinieri di Abbiategrasso, che già stavano indagando, hanno arrestato tutte le persone implicate. Il 19enne si trova ora nel carcere di Lodi. La mamma e la zia del ragazzo, invece, sono state rinchiuse nel carcere di Vigevano, mentre per i tre presunti complici del giovane è arrivato la misura cautelare dell’obbligo di dimora.
 
www.riscattonazionale.it

Borgo, scippa e trascina un’anziana: arrestato nigeriano

scippo-anziana1Responsabilità morale di quest’aggressione? Vittima una donna, per giunta anziana, cosa assai grave (ed ha scippato una ragazza durante la fuga) ma non per i moralmente superiori, niente solidarietà

Non contento poco dopo, alla fermata della metropolitana, ha rubato la borsa ad una ragazza per poi essere bloccato dalla polizia
Commissariato Centrale in servizio di Volante ha arrestato,, il cittadino nigeriano Nwede Victor, 24enne richiedente asilo politico e domiciliato presso il Cara. di Mineo, per rapina aggravata e furto aggravato in pregiudizio di due donne. In particolare, a seguito della segnalazione pervenuta al numero unico di emergenza, gli agenti hanno bloccato l’uomo che aveva appena rapinato un’anziana, la quale, nel tentativo di resistere al violento scippo, è stata strattonava e trascinata dall’energumeno, riportando lesioni medicate al pronto soccorso dell’ospedale “Vittorio Emanuele” e giudicate guaribili in 15 giorni.
 
L’uomo è riuscito ad impossessardi della borsa contenente 40 euro,  il telefono cellulare e i documenti della vittima. Evidentemente non soddisfatto del “risultato”, , nei pressi della fermata della metropolitana del Borgo, con  una mossa fulminea è riuscito a strappare di mano ad una ragazza la borsa contenente la somma di euro 380, il telefono cellulare e documenti vari.
 
I poliziotti però hanno fermato il ladro in via Zuccaro e dopo una perquisizione personale hanno trovato la refurtiva che è stata restituita alle due donne  Al termine delle formalità di rito, l’arrestato è stato rinchiuso nel carcere di piazza Lanza.
31 gennaio 2018

Giornalista di La7 aggredita nel centro di Rosarno: “Migrante mi ha inseguita con un martello”

vittima donna, giornalista. Aggressore: un “migrante”. Silenzio, nessuna solidarietà, nessuna condanna. L’ordine dei giornalisti tace. Non è come la capocciata di Spada al giornalista di Nemo, perché? Cosa ci sarà mai di diverso? Non è violenza questa? Per altro, ai danni di una donna?giornalista La7 aggredita

Violenta aggressione contro una giornalista di La7 nella vecchia tendopoli di San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria. Dominella Trunfio stava facendo un reportage, insieme al suo operatore quando un migrante le ha fratturato un dito con un martello
 
Violenta aggressione contro una giornalista di La7 nella vecchia tendopoli di San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria.
 
Dominella Trunfio stava facendo un reportage, insieme al suo operatore, per il programma L’aria che tira di Myrta Merlino quando un migrante le ha fratturato un dito con un martello.
 
“Dopo mezz’ora che siamo entrati nella vecchia tendopoli, un migrante ha cercato di colpire alle spalle l’operatore che mi accompagnava, Franco Cufari e nel tentativo di togliergli il martello, lui ha preso il mio polso e mi ha fatturato un dito”, ha raccontato la Trunfio.“È seguita una breve colluttazione in cui il migrante ha cercato in tutti i modi di prendere e rompere la nostra telecamera. Per fortuna c’è stato uno scambio di telecamere tra me e il mio operatore e io sono riuscita a prendere la telecamera e a scappare”, ha aggiunto la giornalista. Ma non è finita qui.“Mentre scappavo un altro gruppo di migranti ha iniziato a lanciarci dei sassi. Ci siamo salvati – ha concluso la Trunfio – perché abbiamo parcheggiato la macchina abbastanza vicino e ci siamo riusciti a barricarci in auto”. La baraccopoli di San Ferdinando è nota per essere stata interessata da un incendio nel quale ha perso la vita una giovane originaria della Nigeria e altre due persone sono rimaste ferite.
Francesco Curridori Mer, 31/01/2018 – 18:28
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