17enne tenta stupro in centro d’accoglienza

non-una-di-meno-675Non è violenza sulle donne, nessuna solidarietà e non denunciare che è razzismo.
 
 A seguire Savona, profugo 28enne indagato per violenza sessuale ai danni di una bambina di 8 anni
 
17enne tenta stupro in centro d’accoglienza
Pubblicato il: 17/02/2018 14:15
Un ragazzo di 17 anni, gambiano, è stato arrestato dalla polizia per violenza sessuale nei confronti di una operatrice di un centro di accoglienza per minori non accompagnati della periferia di Palermo. L’episodio sarebbe avvenuto qualche giorno fa quando il minore avrebbe attirato con un pretesto la donna nel seminterrato della struttura. Lì avrebbe tentato di violentarla ma l’operatrice è riuscita a liberarsi e chiedere aiuto. Immediata la segnalazione al 113 da parte della responsabile della comunità alloggio. I poliziotti hanno ascoltato la versione della vittima, confermata da chi l’aveva soccorsa dopo il tentativo di violenze, e il giovane è stato tratto in arresto.
Savona, profugo 28enne indagato per violenza sessuale ai danni di una bambina di 8 anni
L’episodio sarebbe avvenuto all’interno di un centro di accoglienza; la piccola anche lei richiedente asilo, si trovava nella struttura assieme alla madre
 
Ospite di un centro di accoglienza straordinaria per richiedenti asilo nella Provincia di Savona, avrebbe abusato sessualmente (si parla di carezze e palpeggiamenti) di una sua connazionale di 8 anni. E’ questa l’accusa della quale dovrà rispondere un 28enne nigeriano. A denunciare la presunta violenza è stata la madre della bambina, anche lei ospite assieme alla figlia all’interno della stessa struttura di accoglienza.
 
Questa mattina il giudice per le indagini Maurizio Picozzi ha fissato per giugno l’incidente probatorio durante la quale sarà ascoltata la bambina. L’uomo si trovava nella struttura assieme alla moglie e al figlio.

Il ministero della Verità ha deciso: Pamela conta meno degli spari di Traini

Traini PamelaHanno talmente paura che MAFIA CAPITALE che alimenta un flusso di denaro impressionante sul quale è reato indagare o porre domande, sono soldi del contribuente, che volevano chiudere il caso come morte di overdose.
Vi ricordate le parole pronunciate a Macerata dal ministro Minniti solo poche giorni fa, in occasione dell’uccisione e dello smembramento di Pamela Mastropietro ad opera di un immigrato nigeriano? In effetti è impossibile: il ministro dell’Interno, infatti, ha ritenuto di non doversi recare sul luogo di un delitto tanto efferato, derubricandolo evidentemente a mero fatto di cronaca, crudo, sì, ma privo di “contesto”, senza agganci con qualcosa che stia accadendo nella realtà italiana. Non così dopo la folle scorribanda di Luca Traini, nella medesima città.
Un episodio che ha acceso i riflettori su Macerata, ha portato in città Minniti, e soprattutto ha attivato la ricerca affannosa dei “mandanti morali”, del contesto ideologico, del retroterra politico. La megamacchina mediatico-politica si è mossa, in grande stile. Non esiste una graduatoria dell’orrore e della follia, sarebbe di cattivo gusto anche stilarla, ma i custodi del pensiero unico hanno dimostrato di avere invece in testa gerarchie molto chiare: i pezzi di Pamela caricati in due valigie “pesano” meno degli spari di Macerata.
Pamela non conta, non stimola riflessioni, sono “c.ose che capitano”, tragiche fatalità, ha incontrato la persona sbagliata nel momento sbagliato. Il raid di Traini no, quello è solo la punta di un iceberg di intolleranza e odio. Da Traini deve partire un processo morale, se non addirittura penale, contro tutta un’area politica, contro chiunque, in qualsiasi modo, si opponga all’immigrazione incontrollata. Contro ogni residuo di identità, contro ogni volontà di rimanere se stessi. A dettare la linea è stato subito Roberto Saviano, che prima ha definito Matteo Salvini il “mandante morale” degli spari (e il mandante morale dell’omicidio di Pamela chi è? Saviano?), poi ha mandato un foglio d’ordini alla stampa: “Invito gli organi di informazione a definire i fatti di Macerata per quello che sono: un atto terroristico di matrice fascista. Ogni tentativo di edulcorare o rendere neutra la notizia è connivenza”. Dire la verità, e cioè che Traini era uno psicopatico, con ossessioni tratte dall’immaginario di estrema destra, certo, ma comunque un matto, diventa quindi complicità. Eppure è questo che emerge, dai frammenti di vita di Traini che si riescono a mettere insieme a posteriori
 
Sappiamo che, secondo un amico, l’uomo “era andato in cura da uno psichiatra, che a quanto diceva lo aveva giudicato ‘border line’. Lui quasi era orgoglioso, a dimostrazione di quanto fosse ignorante e scemo. Aveva una situazione familiare disastrosa: il padre se n’era andato quando era piccolo e la madre, anche lei con grossi problemi, lo aveva cacciato di recente. Luca viveva con la nonna. Ho provato tante volte ad aiutarlo, a riportarlo sulla retta via. Ha fatto dei lavoretti, ma duravano sempre poco. Di solito come manovale, ma anche come buttafuori. Ultimamente aveva perso un altro lavoro”. Sul Resto del Carlino spunta un altro particolare inquietante: A qualcuno aveva anche confidato di professarsi ‘rettiliano’, ovvero coloro che credono nell’esistenza di uomini rettili”.
Ecco, di questo personaggio non si può dire che fosse pazzo. Il nigeriano che ha fatto a pezzi Pamela, quello sì, poverino, aveva dei grossi problemi. Non fatevi domande, per carità, sulla mafia nigeriana, sui riti e le credenze di tipo magico che la innervano, né sull’opportunità di continuare a importare alienati in casa nostra, che poi qui si alienano ancora di più.
 
Non fatevi domande, su Pamela e la sua tragica fine, non c’è niente da sapere e niente da chiedersi. È capitato, punto. Come quando cammini per strada e ti cade un vaso di fiori in testa. Era destino. Non ci sono domande da porsi, non ci sono mandanti, non ci sono ideologie. Il ministero della Verità ha già deciso, l’udienza è tolta.
 
Adriano Scianca 4 febbraio 2018

Pamela, sepolta dal cinismo di media e politica

pamela mastropietroC’è qualcuno a cui interessa davvero di Pamela Mastropietro? Della sua vita, del suo destino, del dolore dei suoi genitori? Una ragazza di appena 18 anni, dapprima caduta nel tunnel della droga, ora barbaramente, selvaggiamente uccisa a Macerata, probabilmente dopo essere stata violentata, e il suo corpo smembrato. Per il suo omicidio è stato arrestato un giovane nigeriano, Innocent Osenghale; le prove a suo carico, da quel che si legge, sembrano schiaccianti.
Ma è proprio a questo punto che si cominciano a perdere le tracce di Pamela sui media e anche nella politica. Perché le circostanze e l’autore dell’omicidio danno il via al solito squallido teatrino ideologico. Per i nostri media laicisti sembra proprio che l’omicidio di Pamela (curiosamente in questa circostanza nessuno usa la parola “femminicidio”) sia un po’ meno grave visto che a commetterlo è un immigrato africano.
Certo, c’è anche chi ne approfitta un po’ per alimentare la propria campagna elettorale in chiave anti-immigrazionista; certo, di omicidi efferati ne commettono anche gli italiani, ma accusare di razzismo e xenofobia chiunque fa notare l’anomalia e l’inaccettabilità della presenza di un immigrato senza permesso di soggiorno che vive indisturbato in un piccolo centro e ancora più indisturbato nello stesso piccolo centro spaccia droga, è semplicemente folle. Non è un caso isolato, purtroppo: di casi di cronaca nera provocati da immigrati nelle stesse condizioni ne abbiamo registrati già diversi, ed è solo la punta di un iceberg: chiunque può vedere gruppi più o meno grandi di immigrati irregolari che vagano per città piccole e grandi facendo nulla o anche spacciando droga. E se la gente non si sente sicura, ha paura, non è per xenofobia o per razzismo.
Ma poi, su una situazione già avvelenata e in cui Pamela, il suo corpo smembrato, è già sullo sfondo, ecco arrivare un altro giovane, Luca Traini, decisamente border-line e forse anche oltre, che decide di tentare una strage di immigrati sparando dalla sua auto. Alla fine il bilancio è di sei feriti. Non c’è nulla al momento che faccia pensare all’azione di un qualche gruppo estremista, sembra proprio l’atto di uno psico-labile esaltato dall’omicidio commesso pochi giorni prima. Ma ecco che a questo punto Pamela sparisce completamente dalla vista; dalle più alte cariche dello Stato all’ultimo degli opinionisti diventa tutto un allarme-razzismo, proclami che sfiorano il ridicolo, la chiamata alla mobilitazione anti-fascista. E non parliamo neanche dei deliri dello scrittore Roberto Saviano. Dai media i sei immigrati feriti vengono subito coccolati ed esaltati, della ragazza fatta a pezzi e messa in due valigie non c’è più traccia.
In realtà non interessa a nessuno neanche della storia e della realtà che vivono i sei immigrati feriti, tutto e tutti diventano pretesto per le diverse battaglie politiche e ideologiche. E quindi, esaurita la forza propulsiva della cronaca, si dimenticherà anche questo caso senza che nulla sia stato fatto almeno per minimizzare le condizioni che possono portare a queste tragedie: lo spaccio e il consumo di droga, l’immigrazione senza controllo e le attività illecite degli immigrati. Almeno fino al prossimo caso, quando le reciproche indignazioni si riaffronteranno ancora sopra qualche altro cadavere.
Per quel che ci riguarda, il nostro pensiero torna a Pamela, a una vita di 18 anni stroncata dal vuoto esistenziale riempito con le droghe e dalla violenza di un uomo che non sarebbe neanche dovuto essere lì. Per lei ora possiamo solo pregare per la sua anima – in ogni caso l’aiuto più grande che chiunque può darle -, ma molto altro c’è da fare per evitare che accadano altre tragedie di questo genere.
 
Riccardo Cascioli 05-02-2018

Cesena, ama l’immigrato e lo ospita a casa sua: la pesta, si droga e la stupra

stupro3No all’odio, amateli.  Siate loro devoti. Quando la violenza sulle donne è politically correct. Si attendono ancora le scuse per questa brutalità su una donna, ma nessuno le chiede. Si attende indignazione, ma segue solo silenzio e censura. Nessuno chiede chi siano i responsabili morali che debbano vergognarsi.Boldrini qualcosa da dichiarare? Nessuna critica è ammessa, nessuna indignazione ma solo supina accettazione, chiamata solidarietà, per l’aggressore. SIA MAI CHE VENGANO MESSI IN DUBBIO I FIUMI DI DENARO CHE INGRASSANO LE COOP DI MAFIA CAPITALE


Cesena, ama l’immigrato e lo ospita a casa sua: la pesta, si droga e la stupra

30 Gennaio 2018
Si è innamorata di lui, un richiedente asilo ospite in un centro di Sorrivoli, in provincia di Cesena. Ma ben presto la storia d’amore per lei si è trasformata in un incubo, in un legame malato fatto di botte, continue vessazioni fisiche e psicologiche, furti e stupri. All’inizio lui – secondo il racconto della vittima -, era gentile. La trasformazione è avvenuta nel giro di un paio di mesi. Arrivato nella cittadina romagnola, l’uomo, 25enne e originario di un paese africano, aveva trovato ospitalità nel centro per profughi lo scorso ottobre ed aveva subito avanzato la richiesta dello status di richiedente asilo. Poco dopo ha conosciuto lei, una cesenate di 43 anni. Dall’amicizia alla storia d’amore il passaggio è stato breve. Nel giro di poche settimane è arrivata però la risposta negativa al giovane africano ospite del centro: gli era stato respinto anche l’Appello sullo status di rifugiato. Davanti alle sue lacrime, motivate dalla sua vicina uscita forzata dalla casa per rifugiati, la donna ha deciso di ospitarlo a casa sua. Una scelta d’amore che si è trasformato ben presto in ben altro.
Una volta messo piede nel suo appartamento, l’uomo ha abbandonato i modi gentili ed ha iniziato a padroneggiare. Subito le ha allestito la casa a tempio privato per pregare. In sostanza, si era impadronito della sua abitazione. In quei locali di pochi metri quadrati, le era stato concesso di frequentarne la metà. Una regola da rispettare se non voleva ricevere ogni volta insulti e botte. Il compito di portare a casa i soldi, peraltro, spettava solo alla 43enne che, per mantenere lo straniero, si è vista costretta a trovare anche un secondo lavoro. In poco tempo la donna ha speso circa seimila euro, tra risparmi e stipendi. Soldi che, da quanto è emerso, servivono al 25enne per i suoi vizi, hashish compreso, o per pagare per esempio gli ingressi in palestra. La donna in cambio riceveva solo botte e minacce di morte.
Quando una notte, spinta da un sano colpo di orgoglio, lei ha cercato di scappare di casa (sua), lui se n’è accorto ed è andato a riprendersela e l’ha trascinata a casa. Ed erano volate le solite parole da padre-padrone: «Come ti permetti di lamentarti donna, tu devi solo lavorare. Stai zitta, o ti ammazzo». Sono queste le frasi all’interno del fascicolo d’accusa.
Stanca delle violenze, la cesenate ha ritentato poco dopo la fuga, ma anche in questo caso è andata male: lui le ha tolto il telefono e persino le chiavi della sua auto. Così si è rifugiata dentro alla camera da letto, ma per ribadire la sua supremazia di maschio, la risposta del profugo è stata quella di stuprarla più volte. Solo giorni dopo la donna è riuscita a scappare e a varcare la soglia del Commissariato di Polizia di Cesena. Gli agenti, raccolta la denuncia, l’hanno scortata fino a casa, ma anche davanti alle divise l’uomo ha continuato a inveire e a minacciarla. Così sono scattate le manette per violenza sessuale, minacce, violenza privata, rapina e stalking.
 
«Questa storiaccia evidenzia un doppio problema – commenta Fabrizio Ragni, consigliere provinciale di Forza Italia -: da una parte la questione degli sbarchi incontrollati, dall’altra una cultura che, guarda caso, porta ad aumenti esponenziali di reati anche di questo tipo. Non dico che tutti i profughi sono stupratori e violenti, ma le cronache ogni giorno, da nord a sud, raccontano che i protagonisti spesso sono loro. La cosa assurda, è che una volta entrati in Italia, poi non vengono più controllati. Il nuovo governo di centro destra dovrà fare una profonda azione per limitare gli accessi a questo tipo di persone irregolari e con una indole comunque violenta». E non è un caso che a Carpi abbiano organizzato dei “corsi di seduzione” per profughi per spiegare loro che una donna può anche dire di “no” ma non per questo deve essere stuprata o picchiata.
 
di Simona Pletto

Noemi, Pamela, discriminazione mediatica ed ipocrisia. Generalizzare, quando è politically correct va bene, e quando è da condannare

Pamela assassinoNoemi e Pamela.  Due storie parallele e simili.
 
La prima sfruttata fino all’ultimo da TG e “info intrattenimento” per dimostrare la “violenza maschile” e sulle donne.
Morboso attaccamento ai particolari senza mai evidenziare i suoi problemi famigliari e di droga.  Ma non per rispetto.
Perché non erano utili al feticcio del “femminicidio” da sventolare.
Noemi rimane sugli schermi e apre alcuni TG tutt’ora.
Pamela.
Vittima dei tempi e dell’ingenuità che nei 18 anni ci sta tutta e che oggi qualcuno vorrebbe affibbiare come colpa.  L’eroina è un mostro “gentile ” che ti annulla anche a 50 anni. Figuriamoci a 18.
Pamela non apre i TG né pomeriggi “info intrattenitori” . Nel TG 3 finisce dopo il commissariamento della FIGC.
Le pagine femministe tacciono e nel silenzio urlano tutta l’ipocrisia che non ci sta in un “manifesto firmato da 180 attrici contro gli abusi”. Pamela scompare nel mantra politicamente corretto ,nonostante sia stata smembrata, vilipesa, illusa.
 
La sua colpa sta nel suo aguzzino e nella melanina.  Oggi non esistono carnefici che non siano maschi bianchi.
Il resto va dietro la lavagna del ” razzismo “.
 
E allora via a parlare di ” drogata” “ragazza difficile” “con una famiglia pessima” “era in overdose e lui si è spaventato”.
 
Il razzismo sta in questo..
In due vite parallele.
Una utile al mainstream quotidiano e al politicamente corretto.
L’altra no .
Pamela ci insegna,se ancora ce ne fosse bisogno, che l’informazione ha smesso di essere tale da tempo.
È propaganda.
 
E che il femminismo moderno è un contenitore isterico di ipocrisia.
 
 
Se il 40% degli stupri totali commessi in Italia vengono ascritti a immigrati, non bisogna generalizzare perchè la responsabilità è sempre individuale e mai collettiva.
 
Se il 31% degli omicidi commessi in Italia vedono esecutori stranieri, non bisogna generalizzare perchè la responsabilità è sempre individuale e mai collettiva.
 
Se oltre il 52 % delle.rapine violente con percosse e torure commesse in Italia vedono autori stranieri,, non bisogna generalizzare perchè la responsabilità è sempre individuale e mai collettiva.
 
Se ogni attentato terroristico porta sempre alla stessa matrice, non bisogna generalizzare perchè la responsabilità è sempre individuale e mai collettiva..
 
Insomma, non esiste evidenza che possiate presentare ai comunisti, senza che loro vi liquidino così.
Non bisogna generalizzare MAI, perchè la responsabilità è sempre individuale e mai collettiva…….
Salvo che uno squilibrato bianco ed italiano non si avvolga in una bandiera tricolore e spari dei colpi a titolo personale verso afrcani, nel qual caso allora la responsabilità diviene all’improvviso collettiva con Salvini che viene indicato quale “mandante morale” generalizzando su ogni elettore di destra ravvendendoci un complice, e con tutto il paese che non vota comunista chiamato dalla sinistra a chiedere scusa e magari ritirare la LEGA dalla scena politica lasciando spazio al.PD.
Dalla bacheca di Fabio Armano.

Rapine ai passanti: “Mi ha colpito al viso poi ho visto la mia amica a terra” Dieci aggressioni in due ore. I racconti choc delle vittime. Quattro gli arresti

firenze 10 aggressioni due oreTra le vittime di queste brutalità anche donne e uomini anch’essi alcuni stranieri.
Fiaccolata in solidarietà? Manifestazione contro le violenze? Parole di condanna? Niente. SILENZIO, NESSUNO che si chiede di chi sia la responsabilità morale anzi….
MA QUANTO SI POTRA’ ESSERE IPOCRITI? Sappiamo bene che nessuna critica al sistema di accoglienza è ammessa, si capisce, ci sono MILIONI di euro in ballo.

 
Firenze, africani massacrano italiani- Il sindaco “Tutelare la reputazione degli immigrati!”
26 gennaio 2018
Rapine ai passanti: “Mi ha colpito al viso poi ho visto la mia amica a terra”
Dieci aggressioni in due ore. I racconti choc delle vittime. Quattro gli arresti
 
FIRENZE, MAROCCHINI PESTANO PASSANTI: SINDACO PD SI PREOCCUPA DEI MAROCCHINI
“Un uomo mi si è avvicinato e mi ha detto ‘Stai ferma o ti sparo’” racconta con un filo di voce una studentessa di 22 anni. Chiacchierava con il fidanzato, seduta su una panchina di piazza Indipendenza quando, intorno alle 2.20, uno dei componenti della banda la minaccia, spintona e poi la scaraventa a terra. Lui cerca di difenderla ma contro tanta violenza c’è poco da fare.
 
“Mi hanno colpito al viso poi ho visto la mia amica a terra” dice incredulo il turista cileno. Era in compagnia dell’amica colombiana quando in via Faenza è stato derubato e aggredito.
 
E non è andata meglio al visitatore turco, sorpreso alle spalle in piazza della Signoria: “Uno mi ha messo un piede sul collo – le sue parole -, l’altro mi ha dato quattro calci”.
Sono i racconti delle vittime, persone scelte a caso, come in una specie di roulette russa della violenza. Dieci in tutto, picchiati e rapinati in due ore nel centro storico fiorentino: uomini e donne, senza nessuna distinzione, tra i 19 e i 46 anni.
Scena da Arancia Meccanica nel cuore storico della città. Gli autori sarebbero quattro giovani nordafricani, arrestati dai carabinieri dopo un rocambolesco inseguimento fino ai giardini della Fortezza da Basso.
Si tratta di un algerino di 26 anni e tre marocchini: due diciottenni e un 26enne, tutti senza fissa dimora, irregolari in Italia e con diversi precedenti alle spalle.
Intanto le indagini proseguono, i carabinieri vogliono chiarire se i quattro siano responsabili di altre violente aggressioni avvenute nel centro storico dal mese di gennaio: dieci sono i casi sul tavolo.
 
Si sospetta, infatti, che dietro i due pestaggi choc denunciati la notte di Capodanno da un ragazzo fiorentino e da un turista romano, entrambi finiti in ospedale col naso rotto, ci possa essere la mano della stessa banda.
 
Ma riavvolgiamo la pellicola. Il ‘giallo’ comincia alle 24.10 nel piazzale di Porta al Prato: un giovane si avvicina al gruppo di stranieri per chiedere una sigaretta e in tutta risposta è stato preso a calci e pugni e poi rapinato di giacca, portafoglio, cellulare e persino delle scarpe.
 
Nelle due ore successive, i quattro sono tornati a colpire con modalità analoghe tra via Pietrapiana, piazza della Signoria, piazza della Repubblica, piazza Indipendenza, via Roma, via de’ Cerretani e via Faenza.
In via Pietrapiana, venti minuti dopo, la gang è riuscita a derubare un 43enne del cellulare mentre in piazza della Signoria (intorno all’1.10) è andata peggio a un turista turco di 20 anni: mentre passeggia solo in centro viene aggredito, percosso e rapinato.
 
Sono passati solo 20 venti minuti: una ragazza di 27 anni mentre passeggia col fidanzato viene presa a calci e pugni in piazza della Repubblica e poi scippata della collana d’oro. Il compagno spintonato e buttato a terra.
 
Solo un quarto d’ora dopo, un ventisettenne in via Roma e, a ruota, un fiorentino di 28 anni: anche lui percosso e rapinato del cellulare. Via Faenza, esterno notte. Sono le 2.10: nell’obiettivo delle belve questa volta c’è una turista colombiana di 33 anni.
 
I quattro malviventi prima prendono a testate l’amico e poi spintonano la donna a cui portano via borsa e cellulare. Un film dell’orrore che finisce in piazza Indipendenza alle 2.20. “Mai visto nulla del genere. Sembravano belve” i commenti dei testimoni.
 
Ovviamente il sindaco PD non pensa alle vittime, ma al ‘buon’ nome della cosiddetta comunità marocchina: “Grazie ai carabinieri – dice il sindaco di Firenze Dario Nardella – a nome di tutta la città per questa reazione immediata, forte e incisiva”. Nardella ha anche parlato con l’ambasciatore del Marocco in Italia Hassan Abouyoub che si è impegnato a venire presto a Firenze per incontrarlo e affrontare insieme la questione, riporta una nota di Palazzo Vecchio, “di una minoranza che rischia di connotare negativamente e ingiustamente la comunità marocchina presente in città”.

Gentiloni, ricostruzione sisma 2016 e “corretta informazione”

La-CoopNonSeiTuSicuramente gli sporadici video sulle condizioni dei terremotati sono fruttto di “propaganda fascista” contro il governo dei giusti. Gentiloni chiede la censura e nessuno si indigna. Decisamente percepibile la differenza di attenzione rivolta alle vittime del terremoto dell’Aquila rispetto alle vittime del sisma del 24 agosto 2016 E SEGUENTI, nessun comitato delle cariole etc. Effetto governo amico?

TG5 VIDEO Casette? Invivibili! Lo scandalo delle casette inutilizzabili consegnate ai terremotati. del 29 DIC 2017

TGCOM24 Terremoto: consegnate casette difettose e sporche nelle Marche di Luca Pesante 26 DIC 2017

STUDIO APERTO
Nelle casette, a meno dieci Amatrice, Capodanno difficile per le famiglie nelle casette.
30 DIC 2017 Caldaie montate all’esterno congelate

VEDI ANCHE PRECEDENTE SULLE CONDIZIONI DEI TERREMOTATI E SUGLI APPALTI

300 CASETTE POST SISMA NON SALDATE DALLE COOP AL COSTRUTTORE, MA I POLITICI LE INAUGURANO CON ENFASI. IMPERVERSA IL MONOPOLIO COOP NEGLI APPALTI PUBBLICI, SALTANO ALTRI 50 POSTI DI LAVORO“

Terremoto, Gentiloni: «Segnali di ripresa»

Umbria, il presidente del Consiglio ne ha parlato in occasione della conferenza di fine legislatura: «Sono meno tranquillo sui ritardi e sul ‘corpo a corpo’ con gli intoppi burocratici»

L’occasione per parlarne – poco meno di due minuti – è stata la conferenza di esposizione del bilancio di fine legislatura. E il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha dedicato parte del suo ampio discorso anche alla scia sismica del 2016 e alle diverse zone del centro Italia ancora in difficoltà a oltre un anno dalla scossa più forte, quella del 30 ottobre: «I segnali di ripresa sono tanti».

Tranquillo, ma non su tutto Il ‘premier’ ha sottolineato in primis la «sequenza senza precedenti di eventi sismici, così come le risorse e le norme che abbiamo messo in campo». Bene, poi il giudizio sintetico sugli aspetti positivi e negativi: «Di questo – in riferimento all’impegno del governo – sono tranquillo. Meno invece sui ritardi, sui tempi di realizzazione e sul ‘corpo a corpo’ continuo che facciamo noi e i sindaci con le strozzature e gli intoppi burocratici».

I segnali di ripresa Infine – Gentiloni si rivolge ai giornalisti – il presidente del Consiglio ha chiesto aiuto ai media per far passare un messaggio: «Ma non perché – ha specificato – ci sia qualcosa da silenziare, si deve informare. Bensì per mettere in luce i tantissimi segnali di ripresa di vita nelle zone colpite dal sisma. Credo che non sia solo un dovere del governo: penso che il dare una speranza ed evidenziare i segnali di ripresa di vita e delle attività economica sia un dovere dell’intera comunità nazionale».
28 Dic 2017 12:06 FONTE

L’algoritmo verità dei padroni della menzogna

algoritmo veritàNon si sa se ridere o piangere. Purtroppo, è una cosa seria, se il termine si può applicare alle questioni riguardanti il governo italiano. “Stiamo lavorando con uno scienziato di fama internazionale alla creazione di un algoritmo verità che, tramite l’intelligenza artificiale, riesca a capire se una notizia è falsa”. Non si tratta di una battuta o della fanfaronata di qualche dottor Stranamore, bensì delle parole di Marco Carrai, potente esponente del cosiddetto giglio magico, l’accolita degli intimi di Matteo Renzi, considerato tra i massimi esperti italiani di cybersicurezza. Imprenditore del ramo, fu a un passo dalla nomina ai vertici dei servizi di sicurezza informatica del governo del Rottamatore fiorentino.

Il giornale Il Fatto Quotidiano adombra una sua vicinanza ai servizi segreti israeliani. Un brano di un’intervista del marzo scorso è illuminante, con la descrizione di una cena presso l’ambasciatore dello Stato ebraico in Italia, che presentò così Carrai ai suoi commensali romani: “Non sapete neanche il suo nome, ma vi assicuro che è tra gli uomini più importanti del vostro Paese.

Apparve lei. Quali interessi ha in Israele, perché viene accostato al Mossad?” Risposta: “Sono molto legato a Israele e mi riconosco nella sua storia e identità. È un luogo sempre sull’orlo di una guerra, dove però si riesce a creare innovazione come solo in California. Le mie società trovano lì larga parte del loro sapere. Non sono purtroppo il primo né sarò l’ultimo che, essendo vicino a Israele, viene dipinto come vicino al Mossad. Preferisco essere accostato impropriamente al Mossad piuttosto che al Ku Klux Klan. E quindi me ne faccio una ragione.”

ansa – renzi – Matteo Renzi partecipa al tradizionale scoppio del carro Con Marco Carrai (sx) 20 aprile 2014 ANSA/MAURIZIO DEGL INNOCENTI

Valuti il lettore se prestar fede ai dubbi del giornale di Travaglio e Padellaro o all’imprenditore renziano originario del Chianti. Fatto sta da qualche giorno, rilanciata addirittura dal New York Times, è esplosa una polemica che accusa di diffusione di bugie, false notizie (adesso è obbligatorio chiamarle fake news) piattaforme informatiche e siti di informazione legati – guarda caso – all’opposizione italiana, Lega e Movimento 5 Stelle. Nel frattempo, qualcuno, con ammirevole tempismo – honni soi qui mal y pense (sia punito chi fa cattivi pensieri, è il motto dell’Ordine della Giarrettiera) – ha presentato in Senato un disegno di legge volto a colpire con pesanti multe e gravi peni detentive i propalatori “di notizie false che suscitano allarme sociale, spesso immesse nel circuito dei social network per condizionare l’opinione pubblica di un Paese”. Obiettivo dei proponenti, i benemeriti senatori democratici Luigi Zanda, antico collaboratore di Cossiga, ergo stretto conoscitore del mondo dei “servizi” e delle barbe finte, e Rosanna Filippin, avvocato di Bassano del Grappa prestata al servizio della Patria, è sanzionare chi commette questo tipo di delitti contro la Repubblica.

Il bue dà del cornuto all’asino: il potere, nella sua versione politica, così come i suoi rappresentanti nel sistema informativo, tecnologico, finanziario e multinazionale, è infatti il maggior fornitore di notizie false al mondo. Poiché la grande rete Internet ha dimostrato la capacità di aprire spazi di libertà, dibattito, diffusione di notizie non filtrate dagli interessi del potere, attitudine a offrire visioni dei fatti diverse, spesso divergenti dalla verità ufficiale, basta libertà, occorre chiudere la porta ad ogni sorta di opposizione al sistema. La verità non deve essere più ricercata né indagata: si torna alla Pravda di sovietica memoria – che significa appunto verità- e si passa alle maniere forti, poiché verità è menzogna, libertà è schiavitù e ignoranza è forza. Principi invertiti, scolpite nel marmo della sede del Partito al potere nella distopia di Orwell, che fanno il paio con un’altra intuizione dello scrittore inglese, nella Fattoria degli animali: in tempi di menzogna universale, dire la verità è un atto rivoluzionario. E sempre più pericoloso, aggiungiamo noi.

La cosiddetta e sedicente democrazia è diventata feroce quanto e più delle dittature classiche, allorché si tratta di reprimere chi si discosta dalla Verità/PravdaIl filosofo Diego Fusaro ha scritto che l’ordine dominante non reprime il dissenso, ma opera affinché esso non si costituisca. Fa in modo che il pluralismo del villaggio globale si risolva in un monologo di massa. (Pensare altrimenti). Evidentemente, siamo entrati in una fase ulteriore, di vera e propria proibizione, mascherata, ovviamente, da buone intenzioni, virtuose profferte di protezione dei cittadini dai nuovi cattivi, ovvero i diffusori di falsità, “fake news”.

Strano davvero che i proprietari, divulgatori, controllori dell’intero sistema tecnologico, informativo e di intrattenimento generale sentano il bisogno di sprangare le poche porte aperte al dissenso. Da un lato, è un fatto positivo, il segno che nel mondo non tutto è sotto il controllo dell’Impero, e che la controinformazione ha centrato i suoi obiettivi, ha colto alcuni bersagli. La reazione è pesante, e non resta che sperare, come Holderlin, che “dove cresce il pericolo, cresce anche ciò che salva”.

Facciamo qualche esempio pratico. Uno dei cavalli di battaglia dell’aggressiva campagna contro le “fake news” è il ruolo della Russia. L’ossessione americana contro il Cremlino, la Russia e Vladimir Putin ha raggiunto estremi che, se non fossero frutto di un preciso, criminoso, cinico disegno geopolitico, dovrebbero essere affidati alla psichiatria. La Russia avrebbe determinato, attraverso false notizie, l’elezione di Donald Trump, la Russia è dietro la Brexit, valanghe di “trolls”, ossia messaggi informatici pirata provenienti dalla steppa volti a disturbare o fomentare gli animi invadono la rete in Inghilterra, Putin è il suggeritore del separatista catalano Puigdemont e via delirando.

Premesso che i russi sono effettivamente ottimi conoscitori dei segreti delle reti tecnologiche, come sanno milioni di utenti dei loro antivirus, l’attacco mosso dall’Occidente agli interessi politici, strategici, economici e nazionali della Russia da quando, dopo oltre un decennio di sottomissione seguita alla dissoluzione dell’Unione Sovietica , l’Orso moscovita si è svegliato dal letargo, non conosce soste, non si ferma davanti a nulla – tanto meno dinanzi alla verità- ed è oggettivamente il più grave elemento di rischio per la pace mondiale. Nulla da stupirsi, dunque, se da Mosca usano le armi che hanno per fare controinformazione, e sono diventati così bravi che la galassia multilingue Russia Today ha superato, per utenti e credibilità, i grandi canali informativi sedicenti indipendenti d’ oltre atlantico, come la CNN. Per il resto, devono essere davvero dei geni, in riva al Volga e al placido Don, per decidere l’esito delle elezioni presidenziali della capitale dell’Impero, gettare fuori dall’Unione Europea l’ex potenza egemone del passato, l’Inghilterra, ed essere i registi occulti e direttori d’orchestra di tutto ciò che non piace dalle parti di New York (e Tel Aviv).

E’ sin troppo ovvio ricordare le pesanti intromissioni statunitensi, dirette sfacciate e di lunga durata nella politica, nell’ economia e nelle contese elettorali di mezzo mondo, sino all’organizzazione di colpi di Stato, utilizzo delle reti sociali per fomentare le primavere arabe, le rivoluzioni arancione nell’area ex sovietica, il finanziamento provato ad organizzazioni islamiste. Agli immemori, dovremmo rammentare la fake news più grande, cioè la bugia sfacciata con tanto di polverina mostrata al mondo intero, relativa alle armi di distruzione di massa di Saddam che hanno giustificato una guerra le cui devastazioni sono ancora vive sulla pelle di quanto resta dell’Irak.

Da anni, dominano la scena delle informazioni ed operazioni riservate le Organizzazioni Non Governative, quasi tutte americane, finanziate senza risparmio da ambienti economici e finanziari globalisti o direttamente da fondi riservati delle agenzie spionistiche occidentali. La loro capacità di influenzare le opinioni pubbliche del mondo, orientare il taglio delle notizie, costruire verità di comodo sono risapute. Lavorano per loro ben retribuiti gruppi di pressione con al vertice i migliori cervelli del pianeta, i famosi pensatoi o “think tank”.

In uno di essi ci siamo imbattuti cercando notizie di prima mano su eventi internazionali. Si chiama European Values, Valori Europei, ha come simbolo un cavallo rampante ed ha sede nella Repubblica Ceca. Il Pegaso praghese riconosce di ricevere sovvenzioni da donatori privati (oh!) e di essere proclive alla politica degli Stati Uniti. Il suo compito (“un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo”, dicevano i Blue Brothers) consiste nello svelare le mene del Cremlino contro l’Europa. Periodicamente, gli imparziali studiosi cechi, sempre a caccia di “fake news”, anzi trattandosi di questioni russe, di disinformacija, conferiscono un polemico premio Putin al politico o intellettuale preso di mira, definito, alla sovietica d’antan, utile idiota.

Stavolta è toccato al catalano Puigdemont, che, nella scala elaborata dai “debunkers” cechi (debunker è colui che smaschera le bugie dei cattivi) ha ottenuto ben 4,25 punti su un massimo di 5. Insomma, anch’egli è un agente al soldo dei torvi moscoviti nemici dei “valori europei”. Al contrario, in un passato recente, sono giunti pubblici segnali assai condiscendenti verso il separatismo catalano da parte israeliana; gli interessi di alcune monarchie arabe del Golfo sono fortissimi nella regione di Barcellona; recentissima è stata la pubblica celebrazione, nella Generalitat catalana, dei trecento anni dalla fondazione della massoneria. La presidente Forcadell, nel corso della cerimonia solenne, ha esaltato il debito dell’indipendentismo locale nei confronti della libera muratoria regionale, la più influente della Spagna, tra i cui esponenti figurano i massimi dirigenti politici e finanziari della Catalogna.

Valori Europei monitora attentamente la catena informativa Russia Today e segnala ben 2.000 politici americani ed europei che vi sono stati ospitati. Indica l’attore Steven Seagal, letteralmente, come “fantoccio del Cremlino”. Dopo avere svelato le trame di Putin in Inghilterra, Austria, Ungheria e Repubblica Ceca, il sito pubblica una corposa guida dell’influenza russa con capitoli per ciascuno stato dell’Unione Europea. L’Italia non ne esce bene, in quanto “Kremlin friendly”, ma si cita con sollievo la presenza di alcuni istituti geopolitici attivi sul versante occidentalista, si deplora l’esito negativo del referendum costituzionale del 2016, perduto da Renzi. La presidente della Camera Laura Boldrini è vista di buon occhio in quanto punta di lancia nella lotta contro le false notizie.

La parte più interessante della guida – forse adottata come livre de chevet dagli incliti senatori Zanda e Filippin, difensori della Verità Ufficiale ed Imperiale e corrieri dello Zar democratico, riguarda la risposta dei paesi europei all’” aggressione russa in Ucraina”, la necessità, da parte degli Stati e della società civile di mobilitarsi per contrastare l’influenza ostile del Cremlino e “proteggere il processo elettorale democratico”. Ovviamente, si insiste sulla necessità di “contrarrestare il discorso di odio e le notizie false nelle piattaforme online”. E’ interessante osservare che una semplice ricerca in rete presenta European Values accanto ad organizzazioni come la potentissima Open Society, la struttura promossa da un noto cavaliere senza macchia della Democrazia, della Libertà e della Verità come George Soros, che recentemente vi ha fatto confluire gran parte del suo immenso patrimonio.

Insomma, è in pieno svolgimento una sistematica operazione di discredito, criminalizzazione del dissenso con annessa repressione penale e finanziaria di chiunque osi mettere in dubbio, criticare, sottoporre a verifica indipendente qualunque aspetto della “narrazione” ufficiale del sistema globalista di mercato fattosi impero. Nel mondo invertito, le vittime diventano carnefici, i padroni di tutto vengono presentati come i difensori del Bene, del Giusto e del Vero, impegnati in una lotta all’ultimo sangue contro un’improbabile Spectre planetaria che fabbrica e diffonde h. 24 menzogne per manipolare i gonzi contro il benevolo regime mondialista. Siamo dinanzi ad un totalitarismo inedito, soffice, avvolgente, apparentemente leggero come una piuma, ma diversamente spietato contro chi resiste.

Alla politica non è più assegnato neppure l’antico ruolo di cameriere di chi comanda davvero, ma solo quello di sgherro, poliziotto cattivo, giusto repressore non di un semplice dissenso, ma di un attentato alla verità, il cui unico depositario, alla faccia della libertà, della democrazia e del libero pensiero, è il Potere. Non pensarla come è prescritto si converte in delitto di odio, poiché il potere ha sempre la necessità di indicare un nemico assoluto, qualcuno cui revocare d’imperio e tra gli applausi del pubblico la qualifica di essere umano. Parole illuminanti, al riguardo, restano quelle di Carl Schmitt sul nemico assoluto nella Teoria del Partigiano. Un potere che, per restare nella metafora russa, dovremmo chiamare con affetto e deferenza batjuska, piccolo padre, premuroso, provvidente, pensa per noi e conosce ciò che è bene per tutti.

In Italia la marcia inarrestabile delle leggi penali contro il libero pensiero prosegue, coadiuvata dalla psico polizia del mondo accademico, giornalistico e dello spettacolo. Dopo la legge Mancino, dopo le norme che colpiscono le convinzioni legate alle inversioni sessuali ribattezzate omofobia, e naturalmente la legge Fiano che castigherà calendari e immagini di un regime finito tre quarti di secolo fa, arriva l’algoritmo verità!

La scienza schierata sulla trincea del bene: un sollievo. Un modello matematico preconfezionato da qualcuno su indicazione di qualcun altro identificherà la verità, la separerà dalla menzogna come il grano dal loglio. Utilizzeranno l’intelligenza artificiale, ovvero la disciplina che studia fondamenti, metodologie e tecniche atte a riprodurre i processi mentali umani. Viene voglia di cavarcela con una battuta, e concludere che c’è bisogno di un’intelligenza artificiale per inventare bugie sempre nuove e magari per fornire, in perfetta neolingua orwelliana, la definizione scientificamente inconfutabile e postmoderna della verità: ciò che conviene al potere!

In Germania, come sempre, sono arrivati prima di noi: infatti un giornalista è stato condannato a sei mesi di carcere per aver pubblicato una verità del passato. Ha postato in rete la fotografia – reale- del Gran Muftì di Gerusalemme durante il suo incontro con i gerarchi nazisti nel 1941. E’ un fatto storico, ma, dicono i giuristi tedeschi, indegni successori di Savigny e della scuola storica del diritto, è delitto di odio, giacché mette in cattiva luce i mussulmani. E’, dunque, una fake news sui generis, da reprimere penalmente. Questo non è il futuro che ci aspetta: è già il presente.

Del resto, anche in Italia le multe pesantissime previste dal duo Zanda-Filippin funzioneranno egregiamente da autocensura. Nessuno rischierà la rovina economica propria, della famiglia e della sua azienda per sfidare il Bene ed il Vero costituiti in pubblica accusa, tribunale, ufficiale giudiziario. Due minuti di odio obbligatorio a reti unificate verso i nemici di Lorsignori, i nuovi Emmanuel Goldstein avversi al Partito Liberale Universale dell’Impero della Verità, rassicureranno quotidianamente il Popolo Consumatore.

Tempi ancora più bui dei presenti si avvicinano a grandi passi, nell’indifferenza del gran ballo Excelsior di ciò che rimane di popoli che hanno fatto la scienza, la storia, la cultura, in una parola la civiltà. Ridotti a prestar fede all’algoritmo-verità dei padroni della menzogna, prigionieri dell’intelligenza artificiale, dopo aver gaiamente rinunciato a quella ricevuta dal Creatore, con la politica serva e complice ridotta a negare la verità di ieri per proclamare la menzogna di domani. Homo sapiens…

di Roberto Pecchioli – 01/12/2017  Fonte: Ereticamente

https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=59821

Le vere fake news, quelle che producono guerre

propaganda fake newsAlla trasmissione “L’aria che tira”, de La7, il deputato Andrea Romano del Partito democratico ha compiuto un triplo salto mortale in tema di fake news.

Citiamo testualmente. Dal secondo -1:20 a al secondo -0:55, Romano spiega: “La Nato, l’organizzazione internazionale che ci tutela in qualche modo dal punto di vista militare, è da qualche anno che investe soldi contro le fake news, ma non tanto per fare censure ma perché esse rappresentano uno strumento di conflitto geopolitico normalmente organizzato dalla Russia. O addirittura qualche giorno fa è venuto fuori che anche il Venezuela, che c’ha i suoi guai, era coinvolto nei motori di fake news“.

Tralasciamo la fake news sul coinvolgimento del Venezuela nelle fake news: giorni fa il sito venezuelano Mision verdad aveva al contrario smascherato i finanziamenti statunitensi (Usaid, Ned, Dipartimento di Stato e Dip. della difesa) a chi poi produce bufale sul Venezuela per l’appunto. Quindi è semmai il contrario, deputato.

Tralasciamo anche l’eufemismo con il quale Romano definisce la Nato: una specie di Madre Teresa, però più efficace nel proteggerci sotto il suo manto. 

Ma che della Nato si dica che combatte presunte fake news, è davvero un po’ troppo forte. Visto che quell’organizzazione e i suoi Stati membri di menzogne ne producono in quantità. Anche di recente. E sono fake news mortali, perché legittimano l’avvio di guerre e la loro prosecuzione. Il caso della Libia e della Siria è paradigmatico.

Peccato che in materia, il vignettista Vauro, anch’egli presente in trasmissione, si sia ricordato solo della fake news di Bush e Powell nel 2003 riguardo all’Iraq; dove non fu direttamente la Nato a bombardare. E questa sua sincera dimenticanza è un’ennesima prova che negli ultimi anni ben pochi fra gli ex pacifisti si sono impegnati a contrastare  le vere fake news, quelle che con le quali l’Asse delle Guerre Nato/Golfo agisce. Le hanno contrastate così poco che nemmeno le ricordano.

di Marinella Correggia – 08/12/2017 Fonte: sibialiria

https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=59865

Sondaggio: “Gli italiani hanno paura del fascismo”. Nicola Porro sputtana Repubblica: “Ma sapete che…?

bandiera imperosotto: Il pericolo farsista
Quasi la metà degli italiani, per la precisione il 46%, pensa che il fascismo oggi sia (molto o abbastanza) diffuso nel Paese. E’ quanto emerge dal sondaggio di Demos”, scrive Ilvo Diamanti su Repubblica. Continua: “Secondo i dati suscita molta inquietudine“. Ma questo nel sondaggio non c’è. “Il fascismo, infatti, viene percepito come un fenomeno diffuso da quasi il 60 per cento degli studenti”. Insomma, Repubblica nei titoloni di prima pagina e pagina 2 parla di “paura” e “pericolo fascismo” ma nell’articolo non ce n’è traccia, si parla solo di “diffusione”.
 
Nicola Porro, su Twitter, li sfotte: “Repubblica: fascisti un italiano su due ha paura. La paura a pag.2 diventa pericolo. Poi leggi il testo del sondaggio e paura e pericolo non ci sono. Boh”. Già…
9 Dicembre 2017
Il pericolo farsista

Siamo alla paranoia ideologica virale. Una bandiera del Secondo Reich, che era una monarchia costituzionale ottocentesca, tenuta in caserma da un ragazzo carabiniere di vent’anni, diventa il pretesto del giorno per gridare al Nazismo risorgente, che non c’entra un tubo con la bandiera e con la storia del secondo Reich.

L’uso fake della storia sconfina nel delirio persecutorio.

Ma non basta. In pieno autunno del 2017, un benemerito compagno ha scoperto una cosa tremenda: il 20 maggio del 1924, la città di Crema conferì su proposta della giunta locale la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini.

L’orrenda scoperta ha subito compattato il valoroso popolo de sinistra – enti, associazioni, partiti e sindaca, oltre l’ineffabile Anpi – che ha intimato di provvedere subito a ritirare l’atto osceno in luogo pubblico.

Togliendo la cittadinanza onoraria di Crema a Mussolini avremo finalmente un Duce scremato. Tempestivo, non c’è che dire, se ne sentiva l’urgenza, 93 anni dopo.

Ma come dice un proverbio politicamente corretto, Chi va piano va Fiano e va lontano. E’ tutta una gara in Italia per scoprire e revocare la cittadinanza onoraria al Duce in un sacco di comuni.
Pensavo a questo eroico atto di ribellione al fascismo da parte della città cremosa mentre leggevo per il terzo giorno consecutivo commenti, anatemi e mobilitazioni contro il pericolo fascista dopo la sconcertante “azione squadrista” compiuta a pochi chilometri da Crema, a Como.

La Repubblica, per esempio, ha schierato il suo episcopato per condannare il fascismo risorgente e chiamare a raccolta l’antifascismo eterno. Sui tg c’è stato un tripudio di demenza militante a reti unificate. Non avevo intenzione di scriverne, mi pareva immeritevole d’attenzione, ma la paranoia mediatico-politica non accenna a scemare.

1) Ora, per cominciare, quell’irruzione in un’assemblea pro-migranti non è di stampo squadrista semmai di stampo sessantottino. Gli squadristi, come i loro dirimpettai rossi, non irrompevano per leggere comunicati e andarsene senza sfiorare nessuno.

L’abitudine di interrompere lezioni, assemblee, lavori è invece tipicamente sessantottina e poi entrò negli usi degli anarco-situazionisti, della sinistra rivoluzionaria, dei centri sociali, ecc. Gli “skin” in questione ne sono la copia tardiva, l’imitazione grottesca.

2) Secondo, i comunicati. Trovate pure demente e mal recitato, quel comunicato che gli impavidi neofascisti hanno letto interrompendo la riunione filo-migranti. A me fa sorridere, se penso ai comunicati degli anni di piombo.

Vi ricordate? Davano notizie o annunci di assassini, accompagnavano attentati ed erano a firma Br, Primalinea e gruppi affini. Quando penso a quei comunicati, deliranti ma corrispondenti ad azioni deliranti e sanguinose, trovo farsesco il remake a viso aperto di quattro fasci e l’allarme mediatico che ne è seguito.

3) Terzo, la violenza di irrompere e interrompere. Succede ancora, nelle università, in luoghi pubblici, verso chi non piace ai movimenti di sinistra radicale, lgbt, centri sociali o affini. È capitato anche a me, girando l’Italia, di trovare aule universitarie e luoghi pubblici in cui non riesci a parlare o parli sotto scorta, tra interruzioni, proclami e incursioni.

Di questo teppismo i giornali e i tg non ne parlano mai. E nessuna di queste anime belle che gridano indignate al pericolo fascista, ha mai espresso una parola di solidarietà e di condanna.

Lo dico anche al pinocchietto fiorentino che esorta la comunità nazionale a indignarsi tutta e non solo la sua parte politica, per l’episodio di Como, anzi per la strage virtuale: lui non ha mai speso una parola per stigmatizzare episodi di segno opposto, assai più numerosi e più violenti e pretende che l’Italia insorga compatta per una robetta del genere?

Diamine, ci sono ogni giorno storie di violenza e di morti, aggressioni in casa, e la comunità nazionale intera deve mobilitarsi unita di fronte a un episodio verbale così irrilevante?

In realtà, voi informazione pubblica, voi governativi, voi giornaloni e associati, siete i primi spacciatori di bufale o fake news. Perché prendete una minchiata qualsiasi e la fate diventare La Notizia della Settimana, ci imbastite teoremi, prediche, rieducazioni ideologiche, campagne e mobilitazioni antifasciste.

Se il pericolo che corrono le nostre istituzioni ha tratti così farseschi, allora il primo pericolo è la ridicolizzazione della storia e della democrazia da voi operata quando sostenete che sono messe a repentaglio da episodi così fatui e marginali.

Non sapete distinguere tra una bomba e una pernacchia. E finirete spernacchiati.

di Marcello Veneziani – 03/12/2017