Attenti, arriva la censura: Google punisce il blog di Messora

messoraQuanto sta avvenendo in queste ore a Claudio Messora, autore del blog ByoBlu, è grave. Google AdSense gli ha comunicato l’interruzione immediata e irrevocabile del proprio servizio.
Cos’è Google AdSense? Semplifico al massimo per i non addetti ai lavori: è la pubblicazione automatica di inserzioni pubblicitarie  che garantisce un introito a chiunque sia disposto ad ospitarle. Più traffico, più pubblicità: gli importi sono minimi ma servono a garantire un po’ di redditività sia ai singoli utenti sia ai gruppi editoriali, che a loro volta ne fanno uso.
Claudio Messora, qualche ora fa, ha annunciato di aver ricevuto un’email da Google in cui viene accusato di aver pubblicato una “fake news” e in cui si annuncia la cancellazione immediata e non contestabile di AdSense. Naturalmente Google non dice a quale titolo si arroghi il diritto di discriminare tra notizie false e vere.
E sapete qual è la “fake news” imputata a ByoBlu? Il filmato di un intervento dell’onorevole Lupi tratto dal sito della Camera dei deputati italiani e pubblicato senza commenti sul blog!
Voi direte? Messora scherza e Foa ci è cascato.
Niente affatto: tutto vero. L’arbitrarietà della decisione di Google è scandalosa ma non sorprendente. I blog, i siti alternativi e i social media hanno svolto un ruolo decisivo nelle campagne referendarie sulla Brexit nel Regno Unito e sulla riforma costituzionale in Italia; e soprattutto  alle presidenziali statunitensi contribuendo alla vittoria di Trump.
Come ebbi modo di spiegare qualche mese fa, l’influenza della cosiddetta informazione alternativa ha assunto proporzioni straordinarie, approfittando della disillusione popolare nei confronti di troppe grandi testate tradizionali, che col passare degli anni hanno perso la capacità interpretare le necessità di una società in continua evoluzione, ammansendo il proprio ruolo di cane da guardia della democrazia, per eccessiva vicinanza al governo e alle istituzioni.
Non tutte le testate, sia chiaro e non in tutti i Paesi: ma in misura tale da generare una frattura fra sé e il pubblico, come dimostra il fatto che la grande maggioranza dei media inglesi era favorevole al Remain e che la totalità dei media sosteneva Hillary ed è stata incapace di prevedere la vittoria di Trump .
Un’onda si è alzata e spinge milioni di lettori a cercare fonti alternative sul web; alcune di qualità, altre meno, alcune credibili altre no, come peraltro è naturale e legittimo in democrazia.
Un’onda che l’establishment, soprattutto quello anglosassone, che è il più influente nella nostra epoca ora cerca di fermare. E nel peggiore dei modi.  La crociata avviata negli Usa e in Gran Bretagna contro fake news  e post verità è chiaramente strumentale ed è stata solertemente recepita in Europa (la risoluzione approvata dal Parlamento Ue contro la propaganda russa rientra in questa corrente) e in alcuni Paesi europei tra cui l’Italia, dove il presidente della Camera dei deputati  Laura Boldrini recentemente ha annunciato l’avvio di una campagna contro le bufale sul web.
Annunci che sono serviti a preparare l’opinione pubblica. Ora si passa dalle minacce ai fatti, attraverso i due Grandi Fratelli del web. Facebook, che ha già cominciato a segnalare come “pericolosi” alcuni blog (ad esempio, ma non è l’unico, quello di Maurizio Blondet), e Google che toglie ai siti anticonformisti la possibilità di finanziarsi, prendendo a pretesto , con sprezzo del ridicolo, proprio un post in cui viene diffuso un frammento di un dibattito del Parlamento presieduto dalla stessa Boldrini, quanto di più innocente e di ovvio ci sia in democrazia.
Resta il fatto che Google si arroga il diritto di giudicare e di censurare un sito libero, per ora solo finanziariamente. Domani, chissà.
Vi invito a guardare questo video di Messora, sono sei minuti di ottimo giornalismo. Giudicate voi.
E’ in pericolo la libertà di pensiero e di espressione. Io esprimo a Claudio Messora tutta la mia solidarietà. E la mia indignazione.
di Marcello Foa – 29/01/2017
Fonte: Marcello Foa
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=58208

Verso il totalitarismo. Il Web? Democrazia già censurata da Bce e Fmi

La post-verità di Pitruzzella non piace, ovviamente, alla rete. La “forza che spinge il fake-genuinepopulismo” e “minaccia la democrazia” avrebbe dunque bisogno di un garante del web? Grillo ha risposto parlando di “Inquisizione”, il nostro direttore Torriero scrive un editoriale dal titolo “Dio salvi il web” nel quale sottolinea come si tratti dell’ennesimo tentativo di imporre il pensiero unico. IntelligoNews ha intervistato il filosofo Diego Fusaro che ha espresso molto chiaramente il suo pensiero su questo tema…
L’idea di regolare il web deriva dal fatto che comincia a far paura se è vero che fenomeni come Brexit, la vittoria di Trump o del No al referendum italiano sono maturati, da un punto di vista dell’informazione, non certo sulla carta stampata e in tv?
Innanzitutto è ridicolo pensare che la democrazia sia in pericolo per la rete o per la circolazione di notizie non controllate. La democrazia è in pericolo, anzi è azzerata ad opera di enti che decidono come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Centrale Europea, le potenze che bombardano in nome del loro interesse economico. Questo mette a repentaglio, anzi ha già distrutto la democrazia. Non certo la rete. In secondo luogo è ovvio che cercano di mettere la mordacchia alla rete per evitare che ci sia la libertà di espressione di un sistema che sta sempre più perdendo il suo consenso e deve dunque ricorrere alla violenza”.
C’è dunque un cambiamento reale che porta a nuove risposte?
“Fin quando c’è l’egemonia col consenso non c’è bisogno della violenza. Quando il consenso inizia a scemare, si restringono gli spazi di libertà e inizia un dominio che si basa sempre più su forme repressive. Questo è ciò che ci attende. Il 2017 si apre malissimo non solo per l’attentato di Istanbul, ma anche per queste notizie. Ha ragione da vendere Torriero a riflettere su questo”.
Il criterio è l’offesa, la difesa del pluralismo? Ma come si fa a difendere il pluralismo attraverso la censura, non rischia di essere ideologica?
“Assolutamente, tra l’altro ci sono delle tesi che sono controverse, oggetto di discussione. Come puoi allora imporre una verità, chi la decide? Ad esempio la critica del sistema capitalistico dell’Ue, dei bombardamenti imperialistici è chiaro che sia oggetto di una divisione di interpretazione. Chi decide quella giusta? Non si può pretendere di metterne una al bando. Altrimenti siamo veramente in una situazione in cui la parola totalitarismo diventa finalmente attuale, nel senso pieno del termine…”.
 
Se a Diego Fusaro mettono il bavaglio, impedendogli di esprimere liberamente il suo pensiero, cosa fa il giorno dopo?
Continuo ad esprimerlo come ho sempre fatto. Fino ad ora ci si poteva esprimere, pur essendoci comunque forma di censura e diffamazione. Se uno ha subito quelle forme può continuare pacatamente ad andare avanti, nonostante questi nani che hanno bisogno di mettere la censura per evitare che emergano le verità. Se non sono riusciti a bloccare il pensiero libero mettendo a morte Giordano Bruno e Socrate, non vedo perché debbano riuscirci oggi. Il vero problema è che manca un pensiero libero all’altezza dei tempi. Questo è il problema”.
di Diego Fusaro – 03/01/2017
 
Fonte: Intelligo news

Contro il complottismo, il “Ministero della Verità”?

Vi sarà qualcuno che vigilerà per noi che, mentre possiamo stare tranquilli con “Il Corriere della Sera” o con Repubblica”, con Mentana o con Fazio, siamo in balia invece, in Internet e più precisamente nei social, di notizie “false” progettate apposta dai tanti complottisti che imperversano in rete.
 
Secondo il Capo dell’antitrust(?) Pizzinato, il ruolo assunto dai vari debunker (smascheratori di complotti) tipo Saviano, Gruber…non è più sufficiente, come non è più sufficiente confidare sulla buona volontà di Google, di facebook, di Twitter. Si rende necessario contro le “false”notizie creare un team di esperti nominati da Bruxelles che sappia cancellare le “false” notizie, senza dover ricorrere alla magistratura, un tribunale contro i complottisti, un “Ministero della verità” come ebbe a chiamarlo Orwell, il profeta Orwell che in effetti aveva l’idea di una società umana terrificante come quella verso cui staiamo precipitando
Ho il sospetto tuttavia che più che alla ricerca di notizie relative all’avvistamento di “alieni di gomma”, il Pizzinato, sulla scia di preoccupazioni che arrivano da Oltreoceano, sia interessato a tutte quelle falsità che ruotano attorno a personaggi come Obama (l’assassinio dell’ambasciatore russo; il golpe in Turchia; il sostegno ad Al-Qaeda e all’Isis; l’uccisione mirata di sospetti terroristi, le stragi di massa con i suoi droni), come Hillary Clinton (l’aggressione contro la Libia per contrastare la moneta africana che Gheddafi stava per varare, l’invasione della Siria per favorire da una parte l’espansionismo di Israele e dall’altra favorire la nascita di uno stato salafita) o a fatti che sebbene siano stati chiariti in modo esemplare dalle autorità competenti ( vedi torri gemelle-che poi sono tre, le stragi di Bataclan, di Nizza, di Berlino ad opera di terroristi individuati da passaporti e affini) continuano ancora ad essere oggetto di dibattito complottistico.
RIsulta evidente che il “Ministero della Verità” andrà alla ricerca di notizie “vere” e di ipotesi credibili per cancellarle e diffondere notizie “false” al servizio del potere, tipo “fosse comuni con diecimila morti uccisi da Gheddafi”, “Milosevic genocida” (nessuna notizia di stampa sulla riabilitazione), “aereo malese colpito in Ucraina dai militanti del Donbass”
L’attacco alla libertà di espressione entra, secondo me, nel vivo. Perché nel vuoto di una reale opposizione che sia coraggiosa e responsabile, militante e credibile, l’attacco della grande finanza, tramite i suoi burattini a Bruxelles, a Roma e nelle presidenze regionali, contro la Costituzione procederà con arroganza (vedi tra l’altro l’incredibile verdetto della Cassazione secondo la quale il diritto al profitto è motivo valido per i licenziamenti) interessando ovviamente non solo la seconda parte ma anche la prima. Operazione necessaria per abbattere qualsiasi parvenza di democrazia e toglierci la libertà di espressione e di movimento
 
Dobbiamo resistere fin da subito cercando grandi alleanze democratiche contro la nuova reazione rappresentata dalla ex sinistra in nome di una vera sinistra e di un fronte unito.
di Antonello Boassa – 01/01/2017
Fonte: L’interferenza

Della Post verita’ ed altri deliri

La sinistra mondialista, benpensante e demenzialmente corretta, ne ha inventata un’altra.
“Post-verita’” e’ la nuova parola per bollare il pensiero non conforme al politicamente boldrini-hatecorretto e restringere la liberta’ di espressione nei blog di libera informazione.
Il pretesto e’ quello della “diffusione dell’odio” e di fake news, che come recita il Presidente dell’Antitrust Pitruzzella, “favorirebbero l’ascesa del populismo e rappresenterebbero un pericolo per la democrazia”.
Il neologismo e’ gia’ presente sui quotidiani internazionali, come Guardian, Washington post, Times e sui giornaloni della semicultura italiana, Internazionale e Repubblica.
Il termine starebbe a significare: “bufala”, balla, bugia. Cosi’ il mondo radical chic, vuole censurare chi non si adegua al conformismo ideologico imposto dai media di regime.
Testimonial privelgiata della nuova iniziativa liberticida, Laura Boldrini la quale, dopo la rivoluzione del lessico, ha pensato bene di annoverare tra le sue battaglie anche “la lotta all’odio e alle bufale del web”.
 
Ora che Madonna Laura, ce l’abbia a morte col mondo degli internauti e’ anche comprensibile, visto che gliene hanno dette di ogni…., ma che desideri istituire una commissione parlamentare contro l’ ”hate speech’, in un paese che soccombe tra poverta’ economica, emergenza migratoria, terremoti, ci lascia quantomeno perplessi.
Laura Boldrini
Il presidente antitrust Giovanni Pitruzella ha addirittura invocato l’intervento di un istituzione pubblica, coordinanta direttamente da Bruxelles, sostenendo la necessita’ che le notizie vadano vagliate da un istitituto di vigilanza che censuri le “fake news”.
E’ ovvio a questo punto, cosa si nascondi dietro tale provvedimento: il tentativo di arrestare l’informazione alternativa che negli ultimi tempi, sta totalmente sovrastando la narrazione degli organi main/strem.
Il Brexit, e’ stato il primo campanello d’allarme. Nonostante tutta la propaganda mediatica avesse annunciato, catastrofi finanziarie e economiche incalcolabili, il popolo inglese aveva scelto per il No. La corona e’ restata li dov’e’ e nessun cataclisma paventato si e’ materializzato.
 
Il secondo schiaffo invece, e’ stata la vittoria di Donald Trump alle scorse presidenziali americane. Per mesi, i maggiori organi di informazione internazionali e nazionali hanno ripetuto ossessivamente che la vittoria del “Tycon” repubblicano, sessista e retrogrado, avrebbe rappresentato una catastrofe per il mondo intero.. Hanno diffuso numeri totalmente falsi che davano la Clinton come sicura vincente.
 
Persino i divi di Hollywood erano scesi in campo contro il miliardario californiano, da Di Caprio a Clooney.. De Niro, gli avrebbe voluto addirittura spaccare la faccia, mentre Madonna avrebbe promesso un fellazio con happy ending, a chiuque avesse votato per Hillary (le vie del femminismo sono infinite). Risultato? Madonna a bocca asciutta e Trump nuovo presidente degli Stati Uniti.
Ed infine anche il No al referendum costituzionale, come sessulto di sovranita’ da parte del popolo italiano.
Tali risultati, nella loro diversita’, sembrano dire una cosa sola alle elite: esse non hanno piu’ presa sulle volonta’ dei popoli che decidono e selezionano le informazioni tramite circuti alternativi.
Ma per i giornalisti televisivi alla Lerner o alla Mentana, sono solo “webeti”.
Se quindi vincono i partiti populisti, e’ solo perche’ i poveri elettori sono stati gabellati o hanno preso un gigantesco abbaglio.
Ora se tutto cio’ restasse confinato nei salotti radical chic di casa nostra, non dovremmo preoccuparci oltre ma, come ricorda F. M. Del Vigo, il passo successivo, dopo il bavaglio al web, potrebbe essere quello di dire chiaro e tondo agli elettori che sono una massa di imbecilli e che bisogna abolire il suffragio universale (ricordate come furono trattati gli elettori del Brexit e di Trump?).
Basta una parolina, post/verita’ ed il gioco e fatto. Perche’ la colpa e’ del popolo bue che crede alle bufale, non certo la loro, che non ne azzeccano una e diffondono solo menzogne impostegli dal padrone.. Come la favoletta dei “ribelli moderati” in Siria che combattono il regime del sanguinario dittatore Assad oppure della Russia che fa hackeraggio, truccando le elezioni americane.
Detta cosi’, sembra uno scenario fanta-politico, ma il rischio e’tutt’altro che remoto. Ricordiamo che Obama, dopo la sconfitta della Clinton, aveva pensato di emanare la “Direttiva per contrastare la Disinformazione e la Propaganda”.
 
I media main-stream, stanno perdendo colpi a causa della diffusione virale dei social net-work e di facebook. Quasi piu’ nessuno compra piu’ quotidiano cartaceo, i quali sono oramai percepiti come espressione di precisi interessi politici e finanziari.
Tale rivoluzione nel mondo dell’informazione e’ quindi la causa principale della crescita e dei partiti populisti e delle forze antisistema. . Per proteggere la “democrazia” dalla minaccia delle forze sovraniste, bisogna quindi procedere alla censura di chi diffonde “falsita’” nei siti di controinformazione.
Richiesta di TSO a parte per i cosiddetti tutori della democrazia, sappiamo benissimo, che a parte la Boldrini (quella e’ “ritardata” di suo), costoro conoscono bene il loro ruolo, che e’ quello della tutela dello status/quo.
Putroppo per loro, potranno ricorrere anche al piu’ giacobino e liberticida dei provvedimenti, potranno istituire commissioni, “board” contro l’omofobia o contro l’emergenza “populismo”, e via delirando.. Ma pensare di censurare l’informazione libera che circola su internet, sarebbe come pensare di svuotare l’oceano con un secchiello.
Non ce la faranno mai e cosi’ fancendo saranno travolti ancor piu’ velocemente di quello che credono.
 
Se comunque il 2016 ha riserbato grandi sorprese, in questo 2017, con gli appuntamenti elettorali in vista, in Francia ed in Germania, potremmo davvero divertirci. Loro gia’ non ridono piu’.
di Antonio Terrenzio – 04/01/2017
 
Fonte: Conflitti e strategie

Pubblicata una “fake news” colossale. E ora che si fa, cari censori, chiudiamo i giornali?

Ogni volta che sento qualcuno proporre “agenzie indipendenti” per far rimuovere “false notizie” sul web, rabbrividisco. Tanto più in un’epoca in cui l’establishment sta tentando natale berlinodi accreditare la necessità di censure contro chi pubblica “bufale” e “post-verità”. Il riferimento più immediato è ovviamente alla significativa dichiarazione rilasciata al Financial Times, dal presidente dell’antitrust italiano, Giovanni Pitruzzella, subito denunciata da Beppe Grillo e da un esperto di comunicazione avveduto come Vladimiro Giacché, che vede giustamente rischi di controlli in stile “1984” di Orwell.
 
Ma la tendenza non è solo italiana; è sempre più forte in molti Paesi occidentali, come la Francia, come gli Stati Uniti. E’ tutto uno strepitare contro la disinformazione online, senza nemmeno una parola contro quello che invece rappresenta il vero problema: la disinformazione autorizzata ovvero le tecniche di spin doctoring che permettono di manipolare notizie e coscienze salvaguardando la forma; perché vengono diffuse dalle stesse istituzioni; approfittando – anzi, abusando – della loro autorevolezza.
 
Chi mi segue sa che da oltre 10 anni denuncio lo spin, che ho descritto nel saggio “Gli stregoni della notizia” e che è diventato un vero e proprio strumento di guerra asimmetrica. Guardate il paradosso: oggi politici e media mainstream denunciano i siti alternativi e i commenti sui social, con un’operazione che di persé è mistificatorie perché mischia tutto: siti di informazione, d’opinione, bufale (certo che ce ne sono), informazione ideologizzata. Ma non pronunciano una sola parola contro la manipolazione che viene generata dalle stesse istituzioni e che è pericolosissima e devastante perché è diventata uno strumento di guerra asimmetrica e incide profondamente nel rapporto tra Stato e cittadino, generando disgusto e diffidenza.
Eppure – insisto – la vera manipolazione non è quella di internet ma è quella ufficiale. Che, purtroppo, non diminuisce affatto.
 
Voglio sviluppare fino in fondo il ragionamento di Pitruzzella e quello di altre autorevoli pensatori anglosassoni, riferendomi a un esempio recente, quello degli attentati di Berlino. Tutti ricordiamo gli epici titoli sull’autista del Tir che avrebbe lottato fino all’ultimo per impedire la strage. Ne ho già accennato in un post ma val la pena di riprendere la notizia. Scegliete voi la fonte: Corriere della Sera, la Repubblica, la StampaRai, Mediaset, Sky…. Non fa differenza. Tutti i media ripresero con grande evidenza la notizia della Bild   Zeitung che, citando fonti investigative tedesche , scrisse che l’autista, seppur ferito, aveva tentato eroicamente di impedire che il Tir si schiantasse sul mercatino, lottando furiosamente con il terrorista a bordo.
Dopo qualche ora, questa dichiarazione fu avallata  dal ministro degli Interni del Land di Berlino Andreas Geisel, sebbene fosse doveroso dubitare della sua attendibilità, come rilevato da chi scrive e da altri osservatori: come faceva il terrorista a lottare furiosamente con un autista di 120 chili, riuscendo al contempo a guidare un Tir ed evitare che sbandasse? Roba da film di Hollywwod, senza peraltro riscontri oggettivi, perché nessuno ha visto il Tir “zigzagare”prima dello schianto. Anzi, nell’unico filmato lo si vede procedere dritto a tutta velocità.
 
Com’è andata a finire? Ora ci viene detto, ed è ancora una volta la Bild Zeitung ad informarci, che secondo i primi risultati dell’autopsia, l’autista sarebbe stato colpito dai proiettili tre ore prima dell’attentato, tre ore durante le quali ha perso molto sangue. Forse era già morto al momento dell’attentato, in ogni caso era incosciente e di certo non era in grado “di aggrapparsi al volante”.
Insomma: ci hanno raccontato una gigantesca frottola. Una spettacolare “fake news”. Attenzione: chi ce l’ha raccontata? Un giornalista troppo fantasioso? Un inaffidabile blogger? Macché: ad impiantarla ad arte  è stato uno spin doctor che lavora nelle istituzioni tedesche e poi certificata addirittura da un ministro locale.
E allora sorgono alcune domande.
 
Cos’hanno scritto i solitamente indignati debunker, tanto amati da politici come la Boldrini? Strepitano? Macché tacciono, come sempre in queste circostanze perché per loro la Verità è sempre solo quella formale, delle Istituzioni. E le Istituzioni, lo sanno tutti,  non possono mentire. E allora certe notizie spariscono dai siti dei moralisti del web, semplicemente non esistono. Perché non possono esistere.
 
Altra domanda: lo spin doctor che ha diffuso scientemente una balla pazzesca verrà indagato e processato? La risposta è, come sempre no, perché i politici che oggi chiedono misure severe contro i blogger, non hanno mai sollecitato punizioni per chi compie reati ben più gravi, mentendo in assoluta cattiva fede, abusando della credibilità delle istituzioni. Quella menzogna non può essere punita. Non è nell’interesse dei politici mainstream.
E come la mettiamo con i giornali e con le tv che hanno diffuso, con toni epici, una bufala colossale? Seguiamo ancora la logica di Pitruzzella: che facciamo, presidente? Chiudiamo Repubblica, Corriere, i tg Rai eccetera? Eh sì, percepisco il suo disagio
E’ facile prendersela con un blogger o un utente Facebook accusandolo di diffondere post-verità,  ma se vuole essere coerente dovrebbe oscurare i grandi siti e magari anche denunciare per falso le istituzioni tedesche. Che scena! Tutti i grandi giornali chiusi per manifesta manipolazione della realtà o obbligati a uscire con un bollino che ne certifica la non credibilità.
 
Impossibile? Ovvio non è così che si difende la democrazia e un’informazione davvero migliore. Chi invoca la censura non ha mai davvero a cuore la libertà d’espressione, ma persegue altri inconfessabili interessi. Incompatibili con i vostri.
 
Non fatevi ingannare, non fatevi intimidire.
 
di Marcello Foa – 03/01/2017 Fonte: Marcello Foa

Crociata anti bufala: situazione tragica ma non seria

La solita armata Brancaleone di eurocrati inetti, giornalisti pinocchi, intellettuali liberal, si prepara per l’ennesima crociata. Questa volta l’obiettivo sono le bufale, le fake news come va di moda chiamarle. Un calderone in cui vengono abilmente mescolate le notizie false consapevolmente spacciate per vere dai cacciatori di click, quelle semplicemente non verificate, quelle vere e verificate ma colpevolmente omesse dai media mainstream e le semplici opinioni dissenzienti. Un caos da cui non può palesemente venire alcunché di buono.  La domanda da porsi, tuttavia, come sempre quando si tratta dai miasmi usciti da queste cucine, non è tanto se si vi sia motivo di sperare (non c’è mai) quando se si debba temere e correre ai ripari.
 
Diciamo subito che non c’è preoccupazione a breve termine. Se però contestualizziamo questa brillante idea (la guerra alla bufala) con tutte le altre iniziative di limitazione della libertà di stampa e di espressione in corso ed in fieri, se poi leggiamo il tutto sullo sfondo degli sviluppi politici in atto nelle nostre società, dobbiamo concludere che motivo di preoccupazione esiste eccome. Cerchiamo di capire perché.
La guerra al fake oggi: chiacchiere e petardi bagnati.
Si è parlato di fake news in quattro occasioni: la stampa USA e alcuni politici europei hanno chiesto un intervento censorio a Facebook, la Camera dei Deputati Italiana ha organizzato un incontro con noti debunkers, il Presidente dell’Antitrust Pitruzzella ha rilasciato una discussa intervista al Financial Times e le autorità tedesche e ceche hanno annunciato la costituzione di “commissioni antibufala”. Tutto questo nel giro di un mese: è evidente che qualcosa bolle in fondo al calderone della cucina liberal, ma quello che è salito in superficie è, ad oggi, davvero poco.
 
Facebook: accusato dalla stampa (peraltro senza uno straccio di prova) di aver avvantaggiato Trump, Zuckemberg ha sulle prime risposto come si conviene al proprietario di un’azienda che, a causa della sconfitta della Clinton (su cui aveva massicciamente puntato), ha perso il 7% del suo valore: “siete matti?”(letteralmente).
Qualche giorno dopo, però, un pazzoide ha sparato una sventagliata di colpi di arma da fuoco in una pizzeria di Washington, il Comet Ping Pont, protagonista di una storiella cospirazionista circolata sui social prima delle elezioni (è qui, dicono questi credibili resoconti, che Hillary Clinton e John Podesta avrebbero mercanteggiato neonati per sacrifici umani & satanic parties). (Si, stiamo parlando di questo). (E, certo: se questi snob annoiati non frequentassero davvero le demenziali cene a base di piscio e sperma fritto di sedicenti artiste serbe fuori di testa, nessuno presterebbe attenzione a questi fake).
 
Comunque, nonostante la sparatoria non abbia provocato feriti o vittime, i meglio giornalisti della stampa mondiale ci hanno ricamato un po’ su ed hanno caricato sul groppone di Mark la responsabilità del fattaccio, così che Facebook è sceso a più miti consigli, annunciando, con un comunicato, la propria intenzione di creare un sistema di “spunte” per segnalare le notizie “non verificate”.
Peggio la pezza del buco: non solo la “verifica” studiata da Facebook dovrebbe essere fatta a cura di media mainstream farciti di panzane e totalmente screditati, ma l’intera operazione sarebbe gestita da The Pointer Institute, una realtà immediatamente denunciata da Zerohedge come emanazione della galassia Soros. Si è già capito, in definitiva, che i “controlli” di Facebook, se mai esisteranno, saranno o del tutto ininfluenti, o esercitati da soggetti talmente compromessi che l’effetto finale potrebbe essere l’esatto opposto di quello sperato.
E nonostante questo la gente non capisce ancora quanto danno possano fare le bufale online.
 
La Guerra di Laura: Poteva mancare la Presidente Laura Boldrini, madrina honoris causa di qualsiasi iniziativa controversa dell’emisfero nord? Non poteva. E così alla Camera dei Deputati si è tenuto il famoso incontro sulle fake news già da tempo annunciato dalla Presidente e dalla stampa al seguito con grande fanfara: presenti giornalisti, debunkers, tuttologi assortiti. Unica, scontata, conclusione: Laura Boldrini, il politico italiano che più ha basato la propria notorietà sulla provocazione e sulla ricerca della reazione scomposta, una personalità di cui tutti ignorerebbero l’esistenza se non fosse per le sue dichiarazioni  che paiono pensate apposta per provocare regolarmente uno strascico di polemiche online sui social, una che, in sostanza, dovrebbe ringraziare il cielo per ogni bufala che gira sul suo conto, ha ricevuto il serto del martirio dai meglio cacciafrottole de noartri. Fine del teatrino.
 
Pitruzzella goes to Hollywood: Un giorno di fama mondiale l’ha avuto anche il Garante dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, sparato da Palermo alla redazione del Financial Times a pontificare sulla creazione di una Super Agenzia Europea (una specie di orgasmo dell’eurocrate) che dovrebbe “riconoscere le bufale, rimuoverle e fare multe, se necessario”. La lotta alla bufala, sostiene Pitruzzella, non può essere lasciata a Facebook perché (lo ha detto veramente!) “il controllo delle informazioni non è compito per entità private. E’ storicamente compito dei poteri pubblici” (ad esempio, in Italia, del Minculpop). Purtroppo per Pitruzzella il suo sogno orwelliano, sempre che sia realizzabile, avrebbe bisogno di una costruzione legale ed organizzativa ad oggi del tutto assente. Del resto il fondo scritto ieri dallo stesso Pitruzzella per il Corriere della Sera (un estratto qui) denuncia chiaramente che il Nostro non ha la più pallida idea di ciò di cui sta parlando (basti dire che viene evocata come esempio attinente la tragica vicenda di Tiziana Cantone) e declassa la sua intervista da macchinazione totalitaria a eccessivo consumo di Nero d’Avola al pranzo di Santo Stefano.
 
Fake & Krauten: si è parlato molto, negli ultimi giorni, anche del progetto del Governo Tedesco di mettere assieme una unità di contrasto alle false notizie prima delle prossime elezioni (e pazienza se il vero problema del governo tedesco non sono le notizie false, ma quelle vere, come il Rapporto sulla Povertà recentemente censurato).
 
E’ grande, ha le orecchie a punta , parla tanto e sgrammaticato, ma non è un Troll Russo.
 
Si tratterebbe, in ogni caso, di iniziative non coercitive, completamente ignorate dall’opinione pubblica, come il mitico account Twitter @EUvsDisinfo, un ridicolo ricettacolo di video demenziali su come scoprire i troll russi (sono grandi e verdi, hanno le orecchie a punta, scrivono tanto ma sbagliano i congiuntivi) e di articoli “obiettivi” scritti da think tank collaterali alla NATO. Il classico tipo di spesa pubblica per una propaganda ottusa con l’unico prevedibile effetto di fare infuriare i contribuenti.
In conclusione: per ora, calma e gesso. Non sta succedendo nulla. Eppure la Crociata contro le Bufale è inquietante. Per due motivi. Uno riguarda l’occidente nel suo complesso, l’altro l’Unione Europea.
Ennesimo sintomo della crisi dell’occidente.
Prima di tutto questa ennesima allucinazione mediatica è il segno definitivo dello scollamento in atto fra le elite e le masse in tutto l’occidente. Il processo è ormai chiaro e probabilmente irreversibile.
Vivete su Marte o a Strasburgo? Ecco il riassunto. Dopo la fine della guerra fredda, dopo la cosiddetta “fine della storia” marcata dal trionfo del liberismo, politica ed informazione hanno marciato al passo scandito dall’economia.  In un primo momento le masse si sono accodate, perché ingannate sulla natura del processo in atto e sedotte dal fogno del desiderio infinito di consumo.
In quegli anni l’informazione, con la collaborazione di uno stuolo di “tecnici” a gettone, si è giocata tutta la sua credibilità spacciando menzogne sulle provette di Colin Powell, sulle armi di distruzione di massa di Saddam, sulle magnifiche sorti e progressive dell’Unione Europea, sulla efficienza dello stato minimo e sulle meraviglie dell’immigrazione incontrollata. Nel frattempo la politica si è suicidata rinunciando a progettare il futuro e consegnandosi a piazzisti ed esperti di marketing che hanno gareggiato nel consegnare ai privati tutte le leve di comando della società. Ma poi, con il passare del tempo, si sono riscossi i dividendi del liberalismo: guerra, disuguaglianza, rapina, povertà, caos. Gli yesman nelle istituzioni hanno fatto sempre più fatica a imbellettare il maiale, e i media a spacciarlo per una bambola da sogno. Alla fine, nel 2016, dopo 25 anni esatti di trattamento all’olio di ricino, la corda si è spezzata: le masse si sono rese conto che i rappresentanti hanno tradito il mandato e l’informazione le ha ingannate ed hanno disertato.  Brexit, Trump, referendum italiano. Un solo, assordante, messaggio: non vi voteremo mai più!
 
La rappresentazione visiva della fine della stampa occidentale.
In teoria questi tre sonori, inequivocabili ceffoni avrebbero potuto produrre un ripensamento. Certo, le elite avrebbero dovuto riconoscere la responsabilità della catastrofe, cambiare rotta, fare autocritica, ma cavalcando le sacrosante richieste dei popoli si sarebbero potute salvare: in fondo gli specialisti sopravvivono ad ogni rivoluzione. Era una strada percorribile? Io credo lo fosse. Comunque ormai è chiaro che non si andrà in questa direzione.
 
Ciò che invece è successo e a cui stiamo assistendo è un avvitamento, un arroccamento, una chiusura suicida. La politica ha concluso che se gli elettori non votavano le riforme il problema è che le riforme non erano abbastanza numerose e traumatiche. Hanno deciso che la soluzione è più riforme. Le teste d’uovo della informazione tradizionale, da parte loro, hanno pensato che se la gente non legge più un giornale nemmeno ad infilarglielo sotto la porta di nascosto, nottetempo, non è colpa del fatto che la carta stampata è piena di frottole, ma che le frottole non sono abbastanza numerose, o abbastanza fantasiose: “Putin non solo non li spaventa più, ma li entusiasma?” paiono aver pensato. “Potremmo inventare gli hacker, o i bufalari. O magari gli hacker bufalari di Putin! E quando arriveranno a commentare i nostri pezzi sommergendoli sotto tonnellate di pernacchie e di insulti potremmo invocare l’intervento delle autorità. Chiamare la forza. Si, può funzionare!”. Questo devono aver pensato. Pare di vederli.
Siamo dunque arrivati al momento in cui le masse subalterne, che vivono nel mondo reale, sono divenute insensibili non solo alle blandizie ed alle promesse, ma anche alle minacce, mentre le elite urbane e globalizzate, vittime della propria stessa propaganda, considerano i popoli governati estranei o addirittura nemici. Questa spaccatura, comunque la si guardi, è pericolosa. Gli assediati sembrano avere solo due opzioni: la resa o la repressione violenta. Molto dipenderà dal contesto intellettuale, istituzionale e politico, in cui agiscono.
 
Perché l’Unione Europea è un grosso problema.
 
E veniamo così all’Unione Europea. A prima vista sembrerebbe una istituzione abbastanza democratica o, se non proprio democratica (la Commissione Europea è espressione della volontà popolare più o meno come i funzionari imperali al tempo di Teodosio), almeno abbastanza inoffensiva da garantire un esito soddisfacente della crisi. “E’ vero, facciamo tanti disastri” sembrano dirci gli Eurocrati “Ma non siamo cattivi. Siamo tanto buffi, carini e coccolosi. Portateci a casa con voi. Vedrete: vi faremo compagnia.”. E’ davvero così? Purtroppo no.
 
Direttamente dall’aldilà: Karl Popper assiste alle conseguenze pratiche delle proprie riflessioni
 
Per quanto apparentemente troppo stupida per essere pericolosa, l’Unione Europea rappresenta sempre nel fatti una macelleria sociale, e nei principi il risultato di una elaborazione ideologica tutt’altro che rassicurante.  L’architrave che regge questo circo Barnum è infatti quel liberalismo da “società aperta” teorizzato da Karl Popper, un pensatore che considera il concetto di verità intrinsecamente totalitario. Secondo la visione del filosofo austriaco una società politica deve accettare che la verità non faccia parte del discorso pubblico, poiché la verità è un concetto autoritario e la sua scoperta impone il silenzio e la cessazione della ricerca.
 
Nel giardino delle delizie di Popper il campo della verità è occupato dalle opinioni, dai punti di vista parziali, che competono nel mercato dell’epistemologia così come i capitali fanno in quello dell’economia. Effetto collaterale: la soppressione della verità porta ovviamente alla guerra al totalitarismo, una categoria in cui viene ricondotto qualsiasi sistema politico affermi una verità, a prescindere dal merito e dal contenuto della verità affermata. Chi vuole costruire un mondo diverso non è amico né di Popper né dei suoi epigoni odierni.
 
La lotta al totalitarismo produce, traslata nella prassi dei documenti ufficiali dell’Unione Europea, sia quella che Costanzo Preve chiamò “religione olocaustica intesa all’asservimento simbolico dell’Europa, chiamata ad espiare per sempre”: Auschwitz come simbolo supremo del rifiuto della comunità nazionale (a vantaggio del progetto atlantico, mentre Hiroshima e Dresda sono ovviamente spiacevoli e sfortunati inciampi), sia la rinuncia programmatica alla libertà di immaginare un mondo “altro”. Estraneità che trova la sua concretizzazione ideale e geografica nell’oriente. Nella Russia, già comunista, identitaria, comunitaria, irriducibilmente idealista, o nella Cina, grande antagonista geopolitico, capitalista ma statuale.
 
Ecco come il superamento della nazione produce l’asservimento ad ovest e la guerra ad est. L’Unione che “assicura 70 anni di Pace” (agisce retroattivamente, esistendo da poco più di venti, e per questo è pronto al tavolo un Nobel su ordinazione servito con puntialità dai camerieri di Stoccolma) nasce in realtà per la guerra continentale contro Cina e Russia, nemici naturali dell’Oceania di Orwell. Dall’intima dinamica della lotta al cosiddetto totalitarismo sorge quindi un progetto permeato di strisciante autoritarismo. Lo stesso Popper (che George Soros considera con qualche ragione suo maestro) ha fornito una “clausola di salvaguardia” che consente alla più edenica delle creazioni politiche questa evoluzione: il paradosso della tolleranza. Leggiamo:
 
 
A dire la verità l’Oceania di 1984 si fermava al canale della Manica. Un raro caso di distopia ottimista
 
“La tolleranza illimitata” scrive Popper in La società aperta e i suoi nemici “porta alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro gli attacchi degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi. In questa formulazione, io non implico, per esempio, che si debbano sempre sopprimere le manifestazioni delle filosofie intolleranti; finché possiamo contrastarle con argomentazioni razionali e farle tenere sotto controllo dall’opinione pubblica, la soppressione sarebbe certamente la meno saggia delle decisioni. Ma dobbiamo proclamare il diritto di sopprimerle, se necessario, anche con la forza.”
 
E’ su queste basi ideali che, nei primi anni con fare insinuante e approccio molliccio, e più recentemente, mano a mano il cambio di pelle progredisce, con sempre maggiore assertività, l’Unione Europea ed i suoi paesi membri affermano verità incontrovertibili (lotta al “negazionismo totalitario”) sottraendole all’analisi degli storici, bandiscono i partiti comunisti e socialisti, limitano l’espressione delle opinioni (il contrasto del temibile hate speech), presidiando queste iniziative con i  codici penali. Sempre il codice penale e la repressione sono destinati a contrastare il “terrorismo”, una fattispecie di reato abbastanza generica ed estesa a condotte talmente anticipatorie da prestarsi, in potenza, quale opportuno strumento per la repressione di ogni forma di dissenso. Nemmeno i morti e i ricordi sfuggono all’”Amore” dei veri democratici: in tutta l’Europa orientale vengono dissacrati i monumenti all’Armata Rossa, rinominate strade, rimossi monumenti, riscritti i libri di storia, mentre si celebra lagiornata europea dei giusti” vittime di Nazismo e Comunismo (che ovviamente pari sono). E’ una tendenza chiara ed inquietante, che approda necessariamente alla affermazione di un “eccezionalismo” europeo (“Europa potenza indispensabile” cit. Federica Mogherini), fratello minore di quello di oltre Atlantico.
Incredibile abbiano fallito. Parevano così rassicuranti.(foto)
 
Queste sono le coordinate ideologiche in cui si muove una dirigenza ormai totalmente screditata ed incapace di immaginare le opportune correzioni di rotta. Un contesto in cui anche tentativi velleitari e puerili e idee strampalate come la “Crociata contro le Bufale” i “Ministeri della Verità e dell’Amore” miranti, in ultima analisi, alla repressione violenta dal dissenso, potrebbero sembrare a qualcuno disperato, quando la crisi si aggraverà, una via di uscita praticabile.
Dopo la fine dell’Unione Europea
Tutti questi strumenti repressivi, tutta questa ideologia avvelenata, sarà poi pronta per chi verrà dopo la catastrofe europea. Visto che i “tecnici”, i “saggi”, gli “esperti”, in una parola gli “specialisti” quelli che, in ultima analisi, fanno funzionare la macchina della società, si sono chiusi in una torre d’avorio e hanno rifiutato di porre mano alla riparazione dei danni da loro stessi provocati, è fatale che le elite che verranno dopo il crollo di quella torre saranno (le avvisaglie già si vedono) tecnicamente sprovvedute e politicamente imprevedibili. Costoro si troveranno fra le mani questi strumenti di repressione già pronti, ed il rischio di un loro utilizzo largo ed indiscriminato a questo punto sarà grave.
 
Un motivo in più per opporsi all’imbarbarimento senza fine del nostro sistema politico e comunicativo. “Possa tu vivere in tempi interessanti” mai la maledizione cinese è sembrata più puntuale e più sinistra.
di Marco Bordoni – 04/01/2017
Fonte: SakerItalia

Non condannate “Left”, è il naturale epilogo di una sinistra che molla Peppone per abbracciare Soros

Chi siano gli “elmetti bianchi” e quale sia stato il loro compito nella guerra in Siria è noto ma la stampa, operando da grancassa della coalizione anti-Assad, li ha sempre dipinti come degli angeli che mettevano la loro vita al servizio di quella degli altri, salvando tutti, persino i miliziani fedeli a Damasco, se ne avessero avuto bisogno. Bene, qualche breve nota biografica. La Syria Civil Defense (SCD) – i cui membri sono chiamati comunemente “elmetti bianchi” – è una organizzazione civile finanziata dagli Stati Uniti e dal Syrian National Council (l’opposizione armata siriana nata nell’agosto 2011 per combattere contro il governo di Bashar al-Assad): viene fondata in Gran Bretagna e inizia la sua attività nel 2013, grazie a finanziamenti statunitensi e britannici. Fondatore degli “elmetti bianchi” è questo signore Risultati immagini per james le mesurier
James Le Mesurier, un ex ufficiale dell’esercito britannico. Nato a Singapore e cresciuto in Inghilterra, dopo aver superato brillantemente la sua formazione militare presso la prestigiosa Royal Military Academy di Sandhurst, è stato destinato al reparto d’elites dei Royal Green Jackets, reggimento di fanteria dell’esercito britannico in forza al quale ha compiuto missioni operative in Irlanda del Nord, in Kosovo e infine in Bosnia. Lasciato l’esercito, ha lavorato per le Nazioni Unite, poi l’Unione europea e infine ha abbracciato la causa umanitaria, fondando l’organizzazione di protezione civile Syria Civil Defense (SCD), la cui sede principale attualmente è a Dubai. Insomma, di tutto si può parlare tranne che di spontaneismo. E se questa grafica, Risultati immagini per james le mesurier
 
preparata da un’emittente inglese, non dalla tv di Damasco, ci mostra su quali contatti di bassissimo livello possano godere gli “elmetti bianchi”, questi video
ci mostrano in realtà quale sia stata la loro funzione: propaganda allo stato puro contro Assad prima e poi contro l’intervento russo al fianco delle truppe di Damasco, iraniane ed Hezbollah.  Bene, questa left
 
è invece la foto pubblicata nella pagina Facebook dal settimanale Left, sorto dalle ceneri di Avvenimenti, già allegato dell’Unità e autodefinitosi “A sinistra senza inganni”. Per questi signori, nel numero in edicola domani, gli “elmetti bianchi” sono le persone dell’anno del 2016. Insomma, chi ha fiancheggiato i terroristi in Siria, merita un premio, un riconoscimento pubblico. Ora, in un Paese dove quatti quatti ci scodellano la soluzione preconfezionata del caso Regeni quando abbiamo ancora la testa obnubilata dai fumi enogastronomici del Natale, può accadere di tutto ma la cosa grave non è “Left” (il quale, immagino, sia letto dai redattori e da pochi congiunti di buon cuore), è cosa “Left” rappresenti.
Ovvero, la degenerazione di una sinistra che in nome della globalizzazione come valore assoluto ha gettato alle ortiche Peppone per abbracciare George Soros. E se ne vanta, oltretutto.
E’ la stessa sinistra blairiano-clintoniana che si è bevuta la narrativa della pulizia etnica in Kosovo (dove, stranamente, il fondatore degli “elmetti bianchi” operava in un reparto d’elite, immagino in sostegno dei terroristi-narcos dell’UCK), salvo tornare brevemente pacifista in favore di telecamera quando tre suoi guru rispondenti ai nomi di Piero Pelù (quello delle matite cancellabili al referendum che oggi si scopre fare investimenti con il circolo renziano), Jovanotti e Ligabue hanno deciso che era ora di dire “mai più” alla guerra.
 
Il Mio Nome è Mai Più
In compenso, per 72 giorni la Serbia è stata devastata dai bombardamenti NATO, benedetti da un governo di sinistra che ha aperto le porte di Aviano ai caccia.
Motivo scatenante dell’intervento?
La falsa strage di Racak, smentita a guerra finita dal patologo del Tribunale Penale Internazionale per la ex-Jugoslavia, Emilio Perez Pujol (intervista al Sunday Times e a Le Monde) ma tramutata in casus belli dalla coppia d’oro del mondialismo da Terza Via, ovvero Madeleine Albright e Richard Hoolbroke. Disgregata a dovere la Jugoslavia, restava la Serbia a dare fastidio ai piani egemonici della NATO ad Est e nei Balcani: et voilà, una bella “guerra umanitaria”, ossimoro che è la carta d’identità della sinistra rappresentata da “Left” e dalla sua copertina.
E vogliamo parlare di come la sinistra di lotta e di governo si sia adeguata alle esigenze atlantiste dell’intervento in Afghanistan prima, per vendicare l’11 settembre (casualmente responsabilità, almeno finanziaria, saudita, ovvero principale alleato Usa nel Golfo), in Iraq poi, guerra giustificata dalle fialette piene di Aulin di Colin Powell e infine di tutte le cosiddette “primavere arabe”, sponsorizzate da Dipartimento di Stato e Soros Foundation?
Non si può parlare di buona fede, perché ognuna di queste guerre ha portato con sé e lasciato sul terreno prove sufficienti a smontare i motivi istituzionali e rivelarne l’agenda nascosta: se supportano quelle guerre, quelle strategie, quelle scelte geopolitiche, è perché o le si condivide o si è in malafede e, quindi, ontologicamente dalla parte del più forte. Siamo passati da una sinistra che vedeva complotti CIA ovunque negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta e una sinistra che dei desiderata della CIA è paradossalmente un’emanazione mediatico-politica.
Siamo passati dall’adorazione per l’URSS alla criminalizzazione tout court di Vladimir Putin, con cotè di applausi e occhi lucidi a ogni nuova sanzione comminata contro Mosca. Siamo passati dal denunciare la repressione britannica in Irlanda del Nord, brandendo Bobby Sands come esempio, a dedicare la copertina del settimanale “a sinistra senza inganni” a quegli stessi “elmetti bianchi” fondati da uno che in Ulster sparava e metteva in pratica operazioni psyops di guerra psicologica.
 
La Terza Via, il grande inganno della globalizzazione, ci ha portato a questo: incarnare, declinare e incastonare nel contesto globale come progressista ciò che in realtà è potere allo stato puro, imperialismo, terrorismo finanziario, destabilizzazione.
L’orrore di conradiana memoria oggi è il mainstream, mascherato da umanitarismo. A testimonianza di questo c’è la nuova arma della sinistra: la post-verità, le “fake news”, il “linguaggio d’odio”, ovvero bollare come bufale tutte le notizia che escono dallo schema narrativo di Usa e soci e che vanno a infrangere il totem del politicamente corretto.
Quanti ospedali pediatrici distrutti dai russi hanno pianto su “L’Unità”, su “Repubblica” e sicuramente su “Left”? Ora scopriamo che erano utilizzati dai cosidetti ribelli moderati come deposito per le armi e scopriamo anche che “Medici senza frontiere” non ha mai avuto alcun ospedale in Siria e che non comunica le coordinate delle strutture che supporta, nonostante il suo presidente lanciasse accuse pesantissime come queste
nei confronti delle truppe di Damasco. E la post-verità sarebbe quella dei blog e della stampa indipendente? Le bufale sarebbero quelle di chi sta con Putin e non con Al-Baghdadi o Al-Nusra?
 
La questione è culturale, prima che strategica. Una sinistra che ha contrabbandato e svenduto i diritti dei lavoratori per quelli LGBT, accettando la riduzione in schiavitù di massa dei voucher in nome delle unioni civili (andate a vedere quante ne sono state celebrate dall’ok al Ddl Cirinnà e quanti milioni di voucher sono stati venduti) e della dittatura del piagnisteo è null’altro che il cavallo di Troia della mercificazione totale della società, schematizzata in genere e non più percepita in classi.
Una sinistra che scambia un pianificato piano di destabilizzazione per accoglienza, ha violentato e ucciso se stessa: accettare che la nuova rivoluzione sia quella globalista del “no borders” e non più quella dell’uguaglianza sociale e dei diritti reali per chi ha davvero bisogno – e non per chi viene qui a svernare da Paesi non in guerra, chiedendo wi-fi più potente e pasti gourmet in attesa di andare a sfruttare, da vero parassita, il welfare tedesco o svedese – equivale ad abdicare dallo status di pensiero politico per adagiarsi in quello più comodo (e, a volte, remunerativo) di gadget del pensiero unico.
Chi paga infatti il conto di questa situazione? Le periferie e i ceti deboli, non certo chi abita in centro o magari a Capalbio, paradiso della sinistra in tweed che i migranti non li ha voluti ma ha preferito scomodare amicizie politiche per ottenere lo stesso risultato cui anelavano gli abitanti di Gorino con i loro blocchi stradali. Ci vuole classe anche nell’essere “razzista”, l’ipocrisia è bene supremo e motore immobile. Bollare come fascista il fatto che la sicurezza sia il primo dei diritti che i ceti meno abbienti reclamano è suicida, tanto più che quel campo è divenuto non a caso feudo e bacino elettorale della destra, più o meno centrista). Dichiarare gli “elmetti bianchi” persone dell’anno è soltanto l’epilogo naturale di un processo metastatico iniziato anni fa. Ma occorre prendere atto che il cambio di paradigma scompagina molte logiche, ottunde molte menti e incattivisce molti animi: anche a destra, dove un anti-comunismo d’antan spinge molti a vedere nella Russia di Putin la minaccia rossa, patologia che negli anni Settanta portò molti “fascisti” a fare il gioco della CIA e di Gladio in chiave anti-sovietica. State sereni, ci sarà tempo per riflettere. E pentirsi amaramente.
Di Mauro Bottarelli , il 29 dicembre 2016

Ha ragione la Boldrini, combattiamo insieme le bufale. Anzi, facciamone proprio “Piazza pulita”

La presidentessa della Camera, Laura Boldrini, pochi giorni fa è stata lapidaria: “Anticipo che sto per lanciare un appello ai cittadini italiani, a tutti quelli che vogliono dare una loro partecipazione contro la disinformazione e le notizie false per la tutela del loro diritto a essere informati correttamente. Il tema delle bufale è fondamentale sul fronte dell’odio via internet e sui social network”. Ha ragione, su tutta la linea. Tanto più che, come mostrano queste foto,
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il suo appello in tal senso a Facebook ha funzionato, visto che a breve il social network si doterà di un rilevatore di fake news, al fine di evitarne il propagarsi a macchia d’olio. A gestire, come terza parte indipendente il processo di fact checking, sarà il Poynter Institute e questo screenshot
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ci mostra chi ha finanziato questo progetto per scoperta di fake news: oltre al National Endowment for Democracy, think tank ombrello che raggruppa tutte le associazioni impegnate nell’organizzazione di primavera colorate per conto del Dipartimento di Stato, c’è anche la Open Society Foundation di George Soros. Che ne dite, c’è garanzia sufficiente di imparzialità nel processo del fact-checking che potrebbe portare alla cancellazione dei vostri post e, magari, al blocco del vostro account? Per questo, se la presidentessa Boldrini mi permette, vorrei aiutarla a combattere questa piaga e, sempre se mi è concesso, partirei facendolo da un fronte di enorme attualità e controversia: il conflitto in Siria e la liberazione di Aleppo. Comincerei da qui,
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ovvero da Bana Alabed, un ragazzina di Aleppo che con i suoi tweet ha commosso il mondo intero, raccontando gli orrori della guerra e l’assedio che stava patendo con la sua famiglia. Bana ha solo 7 anni ma, come può constatare andando a vedere ciò ch scrive su Twitter, padroneggia un inglese degno di James Bond (capirà dopo il perché di questo paragone). Certo, la mamma Fatemah la aiuta ma rimane comunque impressionante. Almeno quanto il numero di followers che ha, ben 310mila. C’è però un problema, per l’esattezza questo:
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qualcuno si è preso la briga di controllare i metadati e ha scoperto che l’account di Bana è registrato nel Regno Unito. Un po’ distantino da Aleppo, non le pare illustrissima presidentessa Boldrini? Inoltre, sempre guarda caso, si scopre che il padre di Bana è membro delle brigate islamiche al-Safwa, gruppo molto vicino agli “Elmetti bianchi”, eroico corpo di protezione civile che il mondo ringrazia e ammira per il loro impegno nella salvezza delle vittime dei bombardamenti di quei facinorosi di russi, iraniani e truppe siriane. Oddio, questi video

Brilliant! Unedited, fake White Helmets ‘rescue’ video
Netflix and the White Helmets, hand in hand with al Qaeda
White Helmets’ bizarre ‘mannequin challenge’ in Syrian warzone

mi pare che mettano un attimo in discussione la narrativa ufficiale, lei cosa dice, presidentessa? Non sarebbe il caso di denunciare con viva e vibrante indignazione questa bufala?

E cosa dire di quest’altra foto,
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anch’essa iconica e che ha visto adottare simbolicamente questo “Aleppo boy” da tutto il mondo? E’ un falso? Probabilmente no ma qualche dubbio sorge dopo aver visto questo video,

nel quale il fotografo che ha immortalato lo scatto, Nour al-Din al-Zenki, è in compagnia di una banda di jihadisti, mentre si apprestano a sgozzare un bambino palestinese di 12 anni. Nel video c’è tutto, anche la giustificazione un po’ traballante di Sara Flounders, la numero uno dell’International Action Centre con cui il fotografo-attivista collaborava. Cosa dice, oltre alla foto non sarebbe carino che l’opinione pubblica – anche con risalto mediatico minore, per carità – conoscesse anche il curriculum politico di chi l’ha scattata, tanto per valutarne credibilità e reali finalità con strumenti qualificanti? E che dire di quest’altra fotografia,
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cittadini di Aleppo che lanciano appelli video, sottolineando più volte che sono spaventati dall’arrivo dell’esercito siriano (in effetti, sotto quattro anni di regime dell’Isis, la città ha vissuto un periodo di splendore e sviluppo indimenticabili, quasi rinascimentale) e che quello che stanno girando potrebbe essere il loro ultimo contributo filmato dalla città assediata? Bene, questo altro video

dimostra che non sono cittadini normali, bensì attivisti e blogger anti-Assad con parecchia capacità di finire nelle news occidentali in prime time con i loro video di propaganda. Eccheccazzo, illustrissima presidentessa Boldrini, non le pare che qui con le fake news, la post-verità e la propaganda si stia andando un po’ oltre? Ah già, quelle sono armi dei russi, i quali hanno anche fatto vincere Donald Trump con gli attacchi hacker e favorito la Brexit promettendo vodka gratis a migliaia di alcolizzati britannici. Comunque, Aleppo è città martire e va aiutata. Soprattutto, servono generi alimentari e occorre che questi finiscano a chi ne ha davvero bisogno. Questo video

ci mostra infatti come dopo la iattura della liberazione della città, quella che i media di tutto il mondo descrivono come una carneficina, la gente di Aleppo si stia recando nel quartier generale dell’Isis alla ricerca di cibo, visto che gli aiuti che arrivavano nella città venivano confiscati, stipati in questa sorta di magazzino e venduti a peso d’oro al mercato nero. Come si fa a non aver nostalgia di un periodo di simile floridezza e passione per il bene comune?

Particolarmente attivi sul fronte delle bufale sono poi i media sauditi, come ad esempio Al Arabiya, la quale ha pubblicato il 14 dicembre questo articolo
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nel quale annunciava “una copertura non stop dei recenti eventi di Aleppo nel dettaglio”. Come si può vedere, l’articolo è corredato con una foto che ritrae i già citati eroici “elmetti bianchi”, mentre estraggono un ragazzino dalle macerie di un edificio. Peccato che come potete notare, la stessa foto
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fosse a corredo di un articolo pubblicato dal quotidiano Aliwaa il 25 novembre di quest’anno, tanto per dimostrare la veridicità della copertura non stop di Al Arabiya. E ancora, il 13 dicembre, in pieno assedio di Aleppo, la popolare pagina Facebook in arabo “Memories ツ ツ” postava questa fotografia
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che otteneva 14mila likes, quasi 400 commenti e oltre 10mila condivisioni. A corredo della foto c’era la seguente frase: “Signore, abbiamo perso tutta la speranza, a parte quella in te. E abbiamo perso la fiducia in tutto, a parte che in te. Ci affidiamo a te per salvare il popolo di Aleppo dal disastro”. Incrociate le notizie di giornali e tg sull’assedio finale della città (tutte a senso unico) con questo post e immediatamente, quasi a livello pavloviano, si pensa a una catastrofe umanitaria, con gente incapace di fuggire. Peccato che invece fossero stati preparati corridoi umanitari da siriani e russi e che, soprattutto, la stessa foto
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risalga a un articolo della BBC in versione araba del 15 marzo del 2014, nel quale raccontavano le prese di posizione di molte celebrità in favore della fine della guerra in Siria. E sempre “Memories ツ ツ”, ancora il 13 dicembre, pubblicava quest’altra foto
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chiedendo di pregare per Aleppo: 3mila likes, un centinaio di commenti e 1000 condivisioni. Cosa pensa, Presidentessa, al riguardo? Ovviamente, bambini morti ad Aleppo per colpa dei combattimenti. No, invece, la foto è la stessa pubblicata il 21 luglio 2014 dal popolare blogger @MazenAlhddabi dopo un raid israeliano nella Striscia di Gaza. Sono bambini palestinesi morti due anni e mezzo prima ma per tutti i followers di quella pagina erano bambini siriani ammazzati da raid russi o mitra di Assad. Che ne penserà la presidentessa Boldrini?

Ma anche a casa nostra non scherziamo, visto che questo video

ci mostra l’appello per Aleppo della giornalista/esperta di politica estera, Rula Jebreal, andato in onda giovedì sera durante la trasmissione di La7, “Piazza pulita”. Ascoltatelo se, come il 99% degli italiani, il giovedì sera avete di meglio da fare che guardare Corrado Formigli, ne resterete colpiti. Si scopre, infatti, che la liberazione di Aleppo ha portato con sé esecuzioni sommarie, carneficine, rastrellamenti, sparizioni e addirittura stupri etnici perpetrati dalle truppe siriane, con venti donne di Aleppo che si sarebbero suicidate pur di non finire in mano alle milizie di Assad. Ora, io non so dove Rula Jebreal abbia trovato queste notizie, lei dice dal confine tra Libano e Siria (c’è da dire che ha un occhio di falco per vedere cosa succede ad Aleppo, visto che la città si trova quasi al confine con la Turchia) ma non c’è alcun riscontro di questo, da nessuna parte.
jebreal Un po’ come i famosi colpi di artiglieria che non permettevano ai civili e ai ribelli arresisi di evacuare la zona Est: giovedì i pullman verdi hanno lavorato incessantemente sotto l’occhio vigile dei militari russi. Ieri i bombardamenti sono ripresi ma indovinate da parte di chi? Anche perché, intuitivamente, cosa avrebbero da guadagnare truppe siriane, russi e iraniani da una strage di civili, dopo aver liberato la città e creato i corridoi? Se volevano fare una strage, avrebbe colpito a tappeto settimane fa, senza preoccuparsi dei civili usati come scudi umani da Al-Nusra, non vi pare? Oggi, poi, magicamente le evacuazioni sono riprese, dopo una nuova tregua: forse, le voci di arresti da parte dei siriani di addestratori anche occidentali mescolati tra le fila dei ribelli, ha portato qualcuno a più miti consigli. Eppure la signora Jebreal scomoda con assoluta leggerezza parole come “genocidio” e “moderno olocausto”, quasi certamente ignorandone il significato intrinseco.
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Resta un fatto e questo è riscontrato e riscontrabile: sotto l’Isis, stupri, impiccagioni, decapitazioni, lapidazioni, lanci di omosessuali dai tetti degli edifici e altre amenità da Grand Guignol in salsa salafita erano all’ordine del giorno, erano la legge ma non abbiamo sentito appelli come questo da parte della signora Jebreal, nessun j’accuse con toni così apocalittici? Cito testualmente dall’appello: “E’ dal 2011 che seguo questo conflitto dall’interno ma nessuno mi ha mai preparato alla barbarie, alla ferocia e alla carneficina che sta accadendo in queste ore ad Aleppo. Questa rivoluzione è iniziata nel 2011, quando i cittadini siriani, in maniera pacifica, chiedevano al regime riforme politiche, giustizia sociale, pane e libertà. E il regime ha seguito una strategia: rilasciare dalle prigioni i jihadisti, mentre massacrava e trucidava tutti gli attivisti pro-democrazia”.
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Ora, io capisco che i danni provocati dalla legge Basaglia non sono di competenza della presidentessa della Camera, così come evitare che chi avrebbe bisogno di amorevole aiuto finisca in tv in prima serata ma non vi pare che la ricostruzione sia vagamente miope, di parte e omertosa riguardo alcuni piccoli, insignificanti particolari? Tra i quali, ad esempio, l’appoggio sistematico – diretto o indiretto – di cui hanno potuto godere i terroristi dell’Isis grazie a governi stranieri che vogliono fortemente la testa di Assad per ragioni geopolitiche, primo dei quali quello che regola la vita nel Paese scelto per il suo lavoro dalla signora Jebreal? La quale, dopo aver cominciato la sua carriera con Michele Santoro, facendo le interviste in studio ad “Annozero”, è sparita dalla circolazione mediatica italiana per un po’, trasferendosi appunto negli Usa, dove è diventata analista di politica estera, intervistata in questo ruolo addirittura dalla CNN.
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Ora, al netto delle bufale on-line che Zuckerberg intende smascherare insieme a Soros e al National Endowment for Democracy, non vi pare che quanto andato in onda su La7 in prima serata sia quantomeno scandaloso nella sua faziosità, propaganda anti-russa e anti-Assad, oltre che nella negazione della realtà e mancanza di contraddittorio? Perché questo video

ci mostra come i cittadini di Aleppo non si siano proprio messi a piangere in massa quando le truppe siriane e iraniane hanno cacciato l’Isis e liberato la città, non vi pare? Perché non sono io a dire che quanto millantato dalla Jebreal sia palesemente distorto (se non integralmente falso) ma una giornalista indipendente e seria, la canadese Eva Bartlett, la quale il 9 dicembre scorso ha tenuto una conferenza stampa alle Nazioni Unite di ritorno dalla Siria, nel corso della quale ha sbugiardato clamorosamente tutti i media mainstream presenti. Vi invito a guardare il video integrale, lo trovate qui.

Magari la signora Jebreal, pur mantenendo la narrativa dello stupro etnico perpetrato dai miliziani di Assad, tasto su cui ha calcato elegantemente la mano, avrebbe potuto limitarsi ad aggiungere, en passant e per un minimo di deontologia professionale, che prima della liberazione non è che Aleppo fosse proprio Disneyland o Las Vegas. Così, tanto per completezza d’informazione e un minimo sindacale di senso del pudore. Ma si sa, come tutti i grandi professionisti, Rula Jebreal ha un carattere forte, indomito e questo video,

sempre tratto da una puntata di “Piazza pulita”, lo dimostra mi pare in maniera evidente, così come tratteggia in punta di dialogo la sua stabilità emotiva e intellettuale. Che altro aggiungere, illustrissima presidentessa Boldrini? Rimango umilmente a sua disposizione nella sacrosanta lotta contro le bufale, le fake news e la propaganda. Se vuole cominciare la sua crociata, penso di averle offerto abbastanza materiale. Ma dubito lo farà. La lascio quindi ai diritti dei migranti, al femminicidio, alla comunità LGBT, al gender nelle scuole, all’integrazione, ai nomi di cariche e professioni con desinenze ridicolmente declinate al femminile e alle altre materie degne della sua attenzione. La ricerca della verità su Aleppo e sulla “guerra civile” siriana – talmente civile da essere stata combattuta, sul fronte anti-Assad, da mercenari provenienti da una decina abbondante di Paesi – è roba da fascisti. Magari anche xenofobi e omofobi. Ma, soprattutto, amici di Putin. La colpa più grave.

di Mauro Bottarelli – 18/12/2016 Fonte: Rischio Calcolato

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=57938