La strategia della Elite dominante a Washington per portare Trump ad un conflitto con la Russia

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Forze speciali USA in Siria
 
Ci sono forti dubbi e varie ipotesi che circolano fra alcuni analisti, circa quali siano le reali intenzioni della Elite di potere a Washington nei prossimi passi di politica estera decisi da Trump sui teatri di guerra in Siria ed in Ucraina.
Di sicuro il Presidente Donald Trump si trova sotto ricatto da parte del gruppo dominante dei Neocons che sono indirettamente collegati con la campagna di delegittimazione del neo presidente che viene condotta a tutti i livelli dal sistema mediatico e dalle ONG (persino da Hollywood) che mobilitano le piazze con svariate manifestazioni anti-Trump.
Trump al momento sembra deciso a lottare e tenere duro ma la pressione si fa sempre più forte ed il gruppo dei neocons sembra che gli stia preparando qualche trappola sul teatro di guerra più delicato e complesso: in Siria.
Il tentavivo di creare il fatto compiuto, la provocazione che avrebbe potuto portare alla scintilla del conflitto diretto con la Russia, c’era già stato durante l’Amministrazione Obama ed avvenne precisamente 17 Settembre del 2016, quando l’aviazione USA e quella della coalizione alleata effettuò il bombardamento delle postazioni dell’Esercito siriano a Deir el Zor nella zona centrale della Siria, con un bilancio di 62 vittime ed un centinaio di feriti fra i reparti dell’Esercito siriano. Il bombardamento aveva permesso l’avanzata delle forze dell’ISIS che palesemente l’aviazione USA stava favorendo (come poi ammesso dallo stesso John Kerry).
 
Dalla ricostruzione degli eventi, oggi possiamo essere sicuri (ed i russi lo sanno) che quello non fu un “errore” come da giustificazione fornita dal Comando USA ma una azione voluta ed ordinata dal Pentagono per forzare la mano ad Obama e creare la scintilla del confronto diretto con la Russia. In sostanza si trattava del frutto di una lotta interna fra gruppo dei neocons ed il Pentagono, alle spalle di Barack Obama e di John Kerry che in quel momento non avevano interesse a provocare una reazione russa. Vedi: L’attaco USA a Deir Ezzor non è stato un errore
Fino ad oggi non si è saputo se, fra i reparti a Deir el Zor ci fossero militari russi (sarebbe stato facilmente possibile) e questa sarebbe stata a tutti gli effetti una azione di guerra contro le forze russe in Siria, schierate a difesa del Governo di Damasco.
Risulta ormai chiaro a tutti gli osservatori che, di fatto, le forze della coalizione USA svolgevano il ruolo di facilitatori dell’ISIS e degli altri gruppi terroristi come Al Nusra (quest’ultimo sostenuto ed armato direttamente dagli USA), con l’obiettivo di rovesciare il Governo di Damasco e procedere ad uno smembramento del paese arabo, importante per la sua posizione strategica, per le risorse di gas e petrolio scoperte di recente davanti alle sue coste. Il piano era chiaro e il Comando USA si muoveva in questa direzione fino all’arrivo delle forze russe che hanno “messo allo scoperto” il doppio gioco di Washington e fatto fallire i suoi piani.
 
Nelle prossime settimane, una volta che l’Amministrazione Trump decida come muoversi ed uscire dall’ambiguità, ordinando l’arrivo di nuove truppe USA sul terreno in Siria, non invitate dal Governo di Damasco e quindi illegali secondo la legge internazionale, ufficialmente per concquistare la roccafore dell’ISIS a Raqqa e per puntellare le truppe dell’Esercito siriano Libero, una formazione appoggiata dagli USA, sostenute anche dall’Esercito Turco, si vedrà come intende muoversi il nuovo comando USA.
 
In quel contesto, mentre le forze russe e siriane hanno ripreso il controllo della città di Palmira e Deir el Zor, le forze USA potrebbero decidere di muoversi con l’appoggio aereo e tentare una sortita contro le postazioni siriane-russe nella zona settentrionale della Siria per spianare la potenziale zona di occupazione, altrimenti denominata “zona di sicurezza”.
I russi non accetteranno mai di ritirarsi dalla Siria e rinunciare alle loro basi ed alle enormi risorse investite per mantenere la loro stretta alleanza con Damasco e sostenere l’integrità del paese. Ne sono la prova le installazioni missilistiche create di recente (documentate dai satelliti spia USA) nel paese che lasciano indicare la possibilità che Mosca voglia utilizzare la Siria anche come trampolino avanzato sul Mediterraneo per i suoi missili balistici di medio raggio puntati conto le basi Anglo-USA nel Mediterraneo. Questo senza contare le forze aeronavali schierate a Latiaka ed a Hmeimim, già dichiarata base permanente da Mosca.
 
Risulta quindi chiaro che un attacco contro le forze russe-siriane in Siria scatenerebbe la reazione russa ad ampio raggio ed il conseguente conflitto nucleare in un momento in cui Mosca si sente assediata dalla dislocazione delle truppe NATO presso i suoi confini.
In questo scenario si è inserita anche Israele che, mediante l’incontro di Trump con Netanyahu, ha sicuramente fornito a Trump l’urgenza di muovere le pedine contro l’Iran e di conseguenza di intervenire in Siria contro la presenza delle forze iraniane ed Hezbollah che sono vicine ai confini di Israele e che Tel Aviv considera una “minaccia alla sua sicurezza”.
Nel contesto attuale non è possibile nè realistica una qualsiasi pressione su Putin per convincere la Russia a staccarsi dall’alleanza con l’Iran e tanto meno ad abbandonare il sostegno alla Siria di Bashar al-Asad dove in questo momento è vincente.
Da qui l’idea nefasta dei neocons di creare una provocazione bellica per mettere con le spalle al muro Trump e la sua pretesa di normalizzare i rapporti con la Russia. Questa provocazione potrebbe concretizzarsi nel teatro siriano con un improvviso bombardamento missilistico ed aereo contro il quartier generale delle forze dell’Esercito siriano. Una azione di forza che scatenerebbe immediatamente la reazione russa che dispone delle rampe dei missili SS 300 ed SS 400 oltre ad alcune postazioni di missili SS-21 Tochka, missili tattici muniti di testata convenzionale che sono stati di recente inviati al porto di Tartous.
 
In questa ipotesi, possiamo essere sicuri che, dalle basi russe in Siria e nel Caucaso, come dalle unità navali nel Mediterraneo e nel Mar Caspio partirebbe una risposta bellica distruttiva da parte dei russi che andrebbe sicuramente a colpire le basi USA in Medio Oriente, le unità della VI flotta e le forze USA dislocate in Siria. nel giro di pochi minuti si avrebbe una mobilitazione delle forze nucleari russe e statunitensi da una parte e dall’altra dell’Atlantico con lo scoppio di una Terza Guerra Mondiale combattuta con armi termonucleari.
La domanda d’obbligo è quella se i personaggi dell’Elite di Washington siano consapevoli di quale sarebbe il risultato di un conflitto nucleare che non avrebbe vincitori ma causerebbe la distruzione totale di buona parte del pianeta e ricaduta radiottiva generale su tutte le regioni incluse quelle degli Stati Uniti. Alcuni sostengono che, nella mente distorta di questi signori (criminali), vi sia la convenzione di riuscire a dare il primo colpo (“first strike”) sulle difese russe che lascerebbe indenni per un 80% quelle USA. Da qui la convinzione di una mossa azzardata per arrivare ad un “redee rationem” con Mosca prima che diventi impraticabile un conflitto. Tutti gli specialisti militari dissentono da questa tesi che oltre tutto non tiene conto dell’elemento della triade, quello dei sottomarini nucleari che, da soli, sarebbero sufficienti a distruggere oltre la metà degli obiettivi militari e industriali negli USA.
Nel frattempo, nel clima di mobilitazione generale causato dalle manovre della NATO ai confini russi, le più massicce mai effettuate dalla Seconda Guerra Mondiale, circolano voci accreditate da fonti informate secondo cui il presidente Vlady Putin avrebbe già ordinato l’evacuazione del Cremlino, in vista di un conflitto, e lo spostamento dei comandi strategici in altra postazione, probabilmente in appositi rifugi bunker fra i monti Urali.
Putin sembra che abbia “mangiato la foglia” e stia preparando le sue difese, come si preparano i russi che sono già entrati in un clima di pre guerra.
 
Gli europei invece, ignari, continuano con i loro spensierati balli, le loro partite di calcio, ed i loro trastulli pensando che niente accadrà sul fronte orientale.
Fonti: South Front – Mar 05, 2017 di  Luciano Lago

Il Pentagono sta sabotando gli sforzi di Trump di arrivare ad una distensione con la Russia

US-Tanks-in-Poland-borderCarri Armati USA sul confine Russo-Polacco
Il Presidente Trump ha detto che vuole far migliorare le relazioni degli USA con la Russia e frenare le operazioni di ingerenza nei paesi mussulmani. Tuttavia risulta che in questo momento lui viene  sistematicamente scavalcato dal Pentagono.
Il comandante delle forze statunitensi in Europa,  General Ben Hodges, ha schierato i carri armati sulla frontiera della Polonia con la Russia e questi  hanno sparato a salve, in un modo che il generale definisce ” un messaggio inviato alla Russia”, non una semplice  esercitazione di addestramento.
Come Trump potrebbe normalizzare le relazioni con la Russia quando il comandante delle forze statunitensi in Europa sta minacciando la Russia con le parole ed i fatti?
Il Pentagono ha anche inviato veicoli blindati ai “ribelli moderati” in Siria, secondo le istruzioni date dal Colonello John Dorrian. Incapace di impedire che la Russia e la Siria possano vincere la guerra contro l’ISIS, il Pentagono si sta occupando di far deragliare le negoziazioni di pace.
La realtà è che il complesso militare-industriale sta utilizzando i suoi burattini in collegamento con la Camera dei Rappresentanti e con il Senato per generare nuovi conflitti con l’Iran e continuando a lanciare minacce contro la Cina.
Chiaramente, Trump non dispone del controllo della parte più importante della sua agenda- la pace con le potenze termo-nucleari e la fine delle ingerenze (regime-change)  nelle situazioni degli altri paesi.
Trump non può simultaneamente fare la pace con la Russia e fare la guerra contro l’Iran e contro la Cina. Il governo russo non è stupido. Non si venderà la Cina e l’Iran in cambio di un accordo con l’Occidente. L’Iran è uno stato ammortizzatore contro il jihadismo che potrebbe inondare le popolazioni mussulmane che vivono nella Federazione Russa.
La Cina è l’alleato militare ed economico più importante per la Russia ed è un alleato strategico contro il rinnovo delle ostilità degli Stati Uniti verso la Russia da parte di un successore di Trump, supponendo che Trump abbia successo nella riduzione delle tensioni fra USA e Russia. I neocons, con i loro piani di egemonia mondiale degli USA e la loro alleanza con il complesso di sicurezza militare-industriale, dureranno anche oltre l’Amministrazione Trump.
Dall’altra parte la Cina è una potenza in crescita militare ed economica, mentre l’Occidente corrotto e disumanizzato si trova in declino. Un accordo con l’Occidente vale poco o niente a confronto. I Paesi che trattano con l’Occidente si trovano esposti allo sfruttamento finanziario e politico, come insegna l’esperienza. Si trasformano  inevitabilmente in vassalli dell’Impero USA. Non esiste alcuna eccezione (vedi l’Europa, vedi il Giappone).
Il desiderio della Russia di fare parte dell’Occidente è sconcertante. La Russia deve costruire la sua sicurezza nelle relazioni con la Cina e l’Asia e lasciare che sia l’Occidente , desideroso di partecipare a questo successo, che venga alla Russia per chiedere un accordo.
Perchè essere un postulante quando può essere lei a decidere?
Fonte: Russia Insider -di  Paul Craig Roberts
Traduzione: Luciano Lago – Feb 02, 2017

Il Tradimento di Obama

obama deceptionBarack Obama è stato eletto sull’onda dell’entusiasmo derivante dallo slogan ‘Yes We Can’ (Si noi possiamo), ben presto però, la realtà dei fatti, ha obbligato l’amministrazione a fare i conti con l’influenza esercitata dallo ‘stato profondo’. Mostro mitologico a cinque teste, include essenzialmente Wall Street (Finanza), i grandi corporazioni industriali (Multinazionali), le agenzie di spionaggio (CIA, NSA, NRO, etc), il complesso militare (Industria Bellica) e i media mainstream (grandi gruppi editoriali e televisivi).
Tra i maggiori meriti di Obama, soprattutto durante la prima amministrazione, possiamo annoverare una forte propensione a non macchiare la sua bibliografia presidenziale con disastrose guerre quali Iraq e Afghanistan. Questo rifiuto ha delineato e definito enormemente le strategie di ingaggio nell’arena internazionale da parte degli Stati Uniti.
Un altro fattore di enorme importanza è riscontrabile con il tentativo di regolamentare e definire maggiormente i perimetri dell’alta finanza speculativa che portò alla crisi finanziaria del 2008. Il potere di un presidente è molto limitato in confronto ad un’entità potente quale la FED. In tal senso, i pochi sforzi di limitare il potere dei grandi gruppi finanziari e bancari sono immediatamente naufragati, obbligando Obama a seguire la leadership di Greenspan e la politica monetaria decisa dalla FED. Primo enorme tradimento del mandato popolare.
Infine, i ripetuti scandali spionistici relativi alla NSA e alle altre agenzie di intelligence, hanno costretto Obama ad adottare una retorica volta al contenimento del potere illimitato delle agenzie di spionaggio. Nella pratica però, l’amministrazione uscente ha fatto l’esatto opposto aumentando fortemente i poteri delle agenzie governative, con lo scopo preciso di perseguire e accompagnare così la nuova strategia bellica presidenziale. Secondo enorme tradimento nei confronti dell’elettorato.
Ripercorrendo i punti cardine dell’amministrazione uscente, è facile comprendere come, dei cinque conglomerati di potere, tre di essi, Media, Wall Street e agenzie di spionaggio abbiano avuto vita facile potendo contare su un presidente a disposizione di tali poteri forti.
Ciò viene facilmente riscontrato nelle decisioni intraprese in otto anni di presidenza. Difficile stabilire una certezza quale siano state le motivazioni dietro a questo approccio, resta però una certezza, Obama ha dovuto sottomettersi a determinati rami dello stato profondo per poter implementare certe strategie. Per Obama, principalmente, è sempre stata una questione di priorità, unito alla necessità di assecondare determinati ambiti dello stato profondo, nell’opera di evangelizzazione democratica (derivante dal concetto distorto di Eccezionalisimo Americano).
In questo senso, facilmente si intuisce come mai agenzie di spionaggio, apparati mediatici e speculatori finanziari abbiano avuto mano libera durante la gestione Obama. Il presidente uscente ha puntato su tre fattori principali durante la sua presidenza: avanzare il ruolo degli Stati Uniti nel mondo, una ripresa interna dell’economia e la rinuncia a guerre con truppe di terra. Obiettivi chiaramente incompatibili tra loro, specie se messi in relazione con i desiderata storici della politica estera americana (preservare il mondo unipolare a guida USA)
Per riuscire in questo obiettivo, necessariamente, ha avuto bisogno di un forte sostegno da parte delle grandi istituzioni finanziarie, nazionali ed internazionali, per organizzare la destabilizzazione economica e il terrorismo finanziario verso nazioni considerate ostili. Obiettivo, aprire la strada alle agenzie di intelligence e alla loro forma di aggressione mediante forme di soft-power (primavera araba, rivoluzione colorata, influenzare il voto). In tutto questo, l’apparato mediatico ha giocato un ruolo fondamentale amplificando la propaganda politica. Lo scopo, anche in questo caso, spianare la strada alle canoniche tecniche di manipolazione (mancanza di notizie, notizie distorte, percezione alterata della realtà, omissioni) per ottenere il sostegno delle popolazioni occidentali alle operazioni di cambio regime in Nord Africa, Medio Oriente ed Europa dell’Est.
Questa strategia di protezione della sua biografia, evitando ad ogni costo un intervento militare, ha infastidito fortemente il complesso militare industriale, oltre alle grandi corporazioni industriali (Petrolifere, Agricole ed Edili). Il bombardamento, l’invasione via terra, l’occupazione materiale e la distruzione delle infrastrutture di un paese sono grandi catalizzatori di appalti, assegnati regolarmente alle aziende private statunitensi (l’esempio dell’Iraq è emblematico). L’effetto sono centinaia di milioni di dollari di profitto. Lo stesso apparato bellico ha più capacità di espandere i suoi guadagni con guerre perpetue, di occupazione che impieghino armamenti e nuove tecnologie, frutto anch’essi di contratti multimilionari.
Le problematica maggiore sono comunque emerse in altri contesti, conseguenze di un approccio particolarmente esasperato al tema dei diritti umani. Argomentazione abusata nell’ultimo decennio sotto l’amministrazione Obama, ha spesso funzionato da pretesto per il bombardamento e il sostegno di rivoluzioni violente che hanno finito per distruggere diverse nazioni negli corso degli ultimi otto anni. Gli effetti della politica estera di Obama hanno peggiorato le tensioni globali, semplicemente cambiando metodi e mezzi. Terzo, enorme, tradimento del mandato elettorale.
Le maggiori conseguenze sul fronte interno, evidente riflesso di una strategia basata sull’uso di intelligence e media mainstream, sono state un aumento esponenziale del potere delle agenzie di spionaggio, degenerato con i ripetuti scandali rivelati da Snowden. Altrettanto si può dire in merito alla credibilità della Stampa con l’alterazione delle notizie per favorire un certo tipo di interpretazione della realtà. Infine, ovviamente, il salvataggio delle maggiori banche ha prodotto conseguenze disastrose nell’apparato finanziario ed economico. Il potere della FED (degenerato con i tassi di interesse bloccati a zero e la cosiddetta capacità di stampare denaro all’infinito), unito alla speculazione finanziaria, la distorsione mediatica delle notizie e una completa libertà per le agenzie di intelligence, lascia in eredità al nuovo presidente un paese con un’economia instabile, una crescita rasente lo zero ed una politica estera disastrosa per gli Stati Uniti e il resto del mondo.
Uno dei pochi meriti di Obama è stata la necessità di porre un freno alle intenzioni bellicose dell’apparato militare, attirandosi quindi spesso aspre critiche dalla parte più interventista del ‘deep state’ USA. In Siria, la mancata invasione del 2013 ha lasciato il segno tra la presidenza Obama e lo stato profondo che ha continuato a minare la credibilità dell’ex presidente fino all’ultimo giorno della sua permanenza alla Casa Bianca.
In Iraq, la necessità di marcare una differenza importante con Bush ha prodotto un ritiro forzato delle truppe americane, favorendo così l’ascesa di daesh. Che Obama abbia deciso in autonomia questa strategia o che sia stato tradito dagli apparati di intelligence, creatori di daesh a Camp Bucca, poco cambia. La strategia politica di Obama ha necessariamente dovuto concedere particolari deleghe di autonomia agli apparati di intelligence, tradendo puntualmente il mandato dei cittadini.
Obama ha concesso armi e finanziamenti ad elementi collegati a daesh ed al qaeda, offrendo una cooperazione continua con altri attori regionali (Arabia Saudita, Qatar e Turchia) per destabilizzare l’intera area Mediorientale e Nordafricana. Quarto gigantesco tradimento del mandato elettorale.
Il contrasto perenne tra una parte dello stato profondo e Obama ha raggiunto apici di tensione in merito alla vicenda Ucraina. Le forti pressioni dei neoconservatori sull’amministrazione hanno avuto poca fortuna nel innescare un’escalation delle tensioni nell’est del paese. Nonostante l’apparato di intelligence abbia sempre assistito Kiev nella sua famigerata operazione antiterrorismo e nella copertura di nefandezze di ogni genere (MH17?), l’apparato militare non ha potuto armare l’esercito Ucraino, con l’aiuto della NATO, come avrebbe voluto e sperato.
Una delle maggiori contraddizioni tra l’area euroasiatica e quella atlantica è stata l’errata interpretazione dei due maggiori esponenti. In Russia, ma spesso anche in altre nazioni mediorientali, Obama è stato percepito come un estremista che avrebbe voluto attivare i meccanismi per portare ad una terza guerra mondiale. Alla stessa maniera, Putin ha ricevuto la stessa interpretazione delle sue intenzioni da parte atlantica. Questa errata percezione della realtà ha spesso portato ad equivoci e mancanza di fiducia difficilmente risolvibili. A riprova di questa affermazione, la situazione di maggior pericolo, in termini di scontro tra potenze nucleari, si è avuto durante la crisi Ucraina. In Russia, Putin ha ricevuto critiche per un mancato intervento massiccio in Ucraina, Obama in patria ed in Europa è stato aspramente ostracizzato per non aver appoggiato Kiev con tutti i mezzi necessari. E’ stata la moderatezza di Putin ed Obama in determinati contesti, Siria e Ucraina in primis, ad evitare che i falchi al loro fianco potessero spingere ad un aggravarsi della crisi internazionale.
In conclusione, Obama ha spesso preferito utilizzare metodi alternativi, ma non meno dannosi, per imporre in qualche maniera una sua visione delle politiche internazionali. Spesso ha dovuto cedere la mano con azioni contro la sua volontà e probabilmente poco frutto di una sua iniziativa personale. Le sanzioni alla Federazione Russa, le operazioni con i Droni, l’inasprirsi del pattugliamento nel mar cinese del Sud-Est, il sostegno alle azioni Saudite in Yemen (vendita di armi), il salvataggio bancario dopo la crisi finanziaria e la permanenza di Guantanámo rientrano in questo ampio spettro. Vicende che hanno scalfito e danneggiato la reputazione di Obama. Azioni intraprese e offerte in dono al mostro a cinque teste, comunemente etichettato come stato profondo. Scelte che, in un modo o nell’altro, Obama è stato obbligato ad intraprendere per evitare una guerra dichiarata con le svariate entità del deep state. In sintesi, si è piegato al volere dei poteri forti, senza combattere, ma anzi adattandosi al contesto per trarne un beneficio personale.
Obama è certamente stato un presidente per certi versi peggiore di Bush in termini di politica estera e domestica. Va però riconosciuta la sua capacità nell’aver limitato la potenziale azione distruttiva-nucleare degli Stati Uniti, specie se rapportato ai desiderata di certi apparati del potere di Washington. L’accusa maggiore che si possa muovere ad Obama è non aver mantenuto fede alla promessa basilare espressa durante la campagna elettorale. Con la terminologia ‘Yes We Can’, Obama promise un cambiamento nell’approccio ai problemi degli Stati Uniti.  Invece di combattere l’establishment con una rivoluzione dal suo interno, ha preferito scendere a patti per avanzare il ruolo degli Stati Uniti nel mondo semplicemente cambiando approccio.
Ha scelto alleanze e tessuto trame per avanzare la sua biografia (polemica con Israele per gli insediamenti, il ritiro dall’Iraq e la fine dell’embargo con Cuba), senza mai però entrare in contrasto aperto con determinati settori dello Stato Profondo. Israele può essere considerata un’eccezione isolata.
Le conseguenze di questo approccio hanno generato effetti catastrofici che vediamo ogni giorno in diverse aree del globo. Le popolazioni di Stati Uniti ed Europa vivono una crisi esistenziale senza più fiducia nei media; le agenzie spionistiche vengono considerate oppressive ed invadenti nella sfera della privacy senza più alcuna credibilità; gli apparati militari-industriali producono hardware obsoleto ed inefficace, con costi di produzione iperbolici dettati da una vasta corruzione; i grandi gruppi corporativi hanno subito gli effetti di una guerra commerciali (rapporto problematico con il valore del petrolio) oltre al fallimento degli accordi commerciali come TTIP e TTP.
Obama, pur avanzando una candidatura di rottura nel 2008 e nel 2012, ha continuato nel solco dell’eccezionalismo americano, del popolo scelto da Dio bramando di educare il globo nella maniera appropriata. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Iran, Cina e Russia che hanno enormemente guadagnato fiducia e considerazione rispetto agli Stati Uniti grazie al loro approccio scevro di eccezionalismo.
Il tradimento di Obama, rispetto alle aspettative, sommato alle conseguenze nefaste della sua presidenza lo rendono, complessivamente, uno dei peggiori presidenti della storia degli Stati Uniti. Non sorprenda, quindi, l’elezione di Donald Trump. Un presidente, anch’esso, di rottura rispetto ad Obama. Una ripetizione del medesimo meccanismo elettorale che portò al trionfo di Obama nel 2008 al termina della presidenza Bush. Trump è stato eletto sulle ali dell’entusiasmo, con uno slogan che promette di rimettere gli Stati Uniti al centro del progetto nazionale e globale, sfidando quindi apertamente gli interessi del mostro a cinque teste dello stato profondo. Ancora una volta, folgoranti similitudini con la campagna elettorale dell’ormai ex presidente.
E’ probabile che anche Trump decida di allearsi con determinati componenti dello stato profondo dichiarando guerra ai restanti, avanzando così la sua visione strategica del futuro del paese. Un tracciato che assomiglia paurosamente alla tattica ed alle intenzioni iniziali di Obama. Il problema di fondo resta intrinsecamente legato all’opinione personale del presidente degli Stati Uniti che spesso si sente nominato quale guida morale e spirituale dell’intero globo, non solo degli Stati Uniti d’America. In tal caso, il risultato sarà il medesimo degli ultimi otto anni con una continua crescita del ruolo di Cina, Russia e Iran. L’epoca di Obama si chiude con un paradossale “No, you can’t” (no, non puoi), contrapposto all’iniziale “Yes we Can”. Trump dovrà stare attento a non subire una trasformazione simile, del suo slogan, con un passaggio dal “make america great again” (rendiamo gli Stati Uniti grandi di nuovo) al più realistico “make eurasia great again”.
Il mostro a cinque teste, comunemente chiamato Deep State, guida la politica domestica ed internazionale degli Stati Uniti da oltre cento anni, piegando il volere presidenziale e sabotando amministrazioni senza pietà. Se c’è qualcosa che già accomuna Obama e Trump è la difficoltà nel discostarsi dalla precedente amministrazione, riuscendo al contempo ad avanzare le intenzioni espresse durante la campagna elettorale. Missione impossibile?
di Federico Pieraccini – 21/01/2017 – Fonte: L’Antidiplomatico

Ora è chiaro: Cinquestelle è come il Pd

Inutile raccontare quello che è successo in questi giorni all’interno del M5s. È su tutti i giornali e la rete impazza. Per dirlo in breve: la classica figura de mierda. Grillo cerca di diventare la escort di Verhofstadt e di Monti, ma il prezzo è troppo alto e l’accordo salta.
Ora, che il Movimento fosse cambiato lo sostengo da tempo, confesso a volte speravo Schettino-Grillo-guida-Nave-Cinquestelle_RITdi essermi sbagliato, speravo di poter dire di aver esagerato con le mie critiche. Ma quello che è successo in questi giorni supera ogni previsione: vendersi a Bruxelles per un piatto di lenticchie, sperando di ottenere in cambio qualche posto di prestigio, qualche poltrona in qualche commissione di rilievo e per avere più finanziamenti. Tutto qui. In Italia contro le poltrone, le alleanze e il finanziamento pubblico, ma in Europa pronti ad allearsi con il diavolo pur di avere in cambio qualche poltrona e di intascare i soldi di Bruxelles.
E il tutto deciso in barba a qualsiasi trasparenza. Lasciamo pure perdere lo streaming, qui la decisione è stata presa dalla Casaleggio & Associati con l’imprenditore Borrelli deputato al Parlamento europeo, senza che neppure gli altri parlamentari sapessero qualcosa della votazione sul blog. Le logge massoniche sono più democratiche. La votazione in rete si è trasformata in una farsa, tutto era già stato concordato, male a quanto pare. D’altronde facessero votare oggi il suicidio collettivo degli iscritti anche quella decisione verrebbe approvata. Un disastro di immagine, per un Movimento che era nato dalla rete e voleva sfruttare tutte le sue potenzialità democratiche.
 
Ma almeno le cose sono diventate chiare. Il M5s è oltre la destra e la sinistra solo nel senso che è diventato un partito di centro che aspira in Italia a sostituire il Pd al governo per fare le stesse cose, o forse ancora peggio. Dal momento che è privo di una classe dirigente, non è escluso che un governo pentastellato ci porti Mario Monti al ministero dell’Economia e Oscar Giannino a quello del lavoro.
Proprio mentre in Europa soffia un forte vento euroscettico, Grillo, per un pugno di euri in più, si mette controvento. Un errore politico pazzesco. Le elezioni politiche, anche se non sono dietro l’angolo, si avvicinano. Per una forza politica autenticamente sovranista-identitaria si aprono praterie infinite.
 
P.S. Dopo la figuraccia c’era il rischio di rimanere senza un becco di un quattrino, tra gli indipendenti, al di fuori di ogni Gruppo, ed ecco allora la decisione di ritornare di nuovo nel gruppo degli euroscettici, come se niente fosse successo. Insomma la cosa più importante non sono i princìpi, ma gli Euri…
 
Resta una domanda retorica: ma la rete che ha votato contro Farage non doveva essere consultata per l’immediato ritorno nel suo gruppo?
di Paolo Becchi – 11/01/2017
Il movimento 5 stelle a un bivio?
Un eurodeputato grillino ha lasciato il Movimento 5 Stelle per andare nel gruppo di Salvini-LePen: si va verso un’unione di populismi?
Si va, forse, verso uno scollamento della componente populista del M5S, quella più vicina alle idee di Grillo, rispetto alle altre presenti nel movimento.
Quali sono i punti in comune (se ci sono) tra Lega e M5S?
 
In entrambe si esprime, sia pur in modi diversi, la mentalità populista, soprattutto per quanto concerne l’individuazione dei suoi bersagli polemici più tipici: le oligarchie politiche, economiche, sociali e culturali, ma anche per l’insofferenza verso la politica dei compromessi e delle mediazioni.
 
Salvini e il Carroccio auspicano un’alleanza, Grillo potrebbe cedere in vista delle politiche?
 
Se la componente interna più tentata dal “politicamente corretto” non insorgerà, potrebbe accadere, ma dipenderà molto dalla legge elettorale.
 
Il M5S ha un’anima di sinistra e ambientalista e un’altra più vicina alla destra. Che cosa possono raccontare all’ex Stalingrado d’Italia come Livorno e a una parte della base rimasta a sinistra?
 
Il discorso politico di Grillo è sempre stato chiaramente teso a scavalcare il discrimine sinistra/destra e a denunciarne l’anacronismo. Chi ha scommesso sul M5S sperando di vederlo rianimare una sinistra radicale in crisi, a mio parere, ha commesso un errore. La trasversalità è essenziale al movimento.
 
Com’è composto l’elettorato grillino: più centrodestra o centrosinistra?
 
Un terzo di ex dell’una parte, un terzo dell’altra, un terzo di ex astenuti. Tutti attratti dal discorso anti-establishment.
 
I 5 Stelle hanno virato su molti temi, perdendo purezza e alcuni dei loro valori (onestà-à-à). Gli elettori puniranno questo pragmatismo?
Potrebbero punire operazioni come quella più recente all’Europarlamento, perché ogni accostamento al “sistema” e ai suoi esponenti apparirebbe, a una quota significativa di elettori M5S, un vero tradimento. Credo che Grillo sia stato indotto, in questo caso, ad un grave errore e debba rimediare al più presto riabbracciando la linea populista di cui è stato per dieci anni un efficace interprete.
di Marco Tarchi – 11/01/2017
 
Fonte: Diorama letterario

Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima…

Dopo la colossale figura di palta, anziché una letterina di scuse per avere esposto tutto il Movimento 5 Stelle al pubblico ludibrio, a un fallimento politico colossale e avere rovinato irrimediabilmente i rapporti nel Gruppo Politico dove M5S Europa risiede, l’Efdd, arriva questo testo sul blog di Beppe Grillo:
 
L’establishment ha deciso di fermare l’ingresso del MoVimento 5 Stelle nel terzo gruppo più grande del Parlamento Europeo. Questa posizione ci avrebbe consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del nostro programma. Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi. Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima. Grazie a tutti coloro che ci hanno supportato e sono stati al nostro fianco. La delegazione del MoVimento 5 Stelle in Parlamento Europeo continuerà la sua attività per creare un gruppo politico autonomo per la prossima legislatura europea: il DDM (Direct Democracy Movement).
Per una volta lasciatelo gridare a me: Gombloddoh! (e per scriverne io, ce ne vuole. eh?). I poteri forti non vi hanno permesso di vendervi ai poteri forti! Ma ve l’ha scritto Crozza?
L’establishment ha deciso? Si chiama politica. Quella che evidentemente qualcuno lì dentro ha cercato di fare e che ha fallito miseramente. Ma davvero pensavate di poter fare una trattativa con gli squali più accaniti dell’euro-fanatico ultraliberismo che sono espressione di quel mondo che ha stritolato la Grecia e che ha posseduto ogni Governo italiano, come L’esorcista, dal 2011 in poi? Siete ragazzi partiti dai banchetti, siete lì per difendere e rappresentare quelli che ai banchetti ci sono ancora, non per stringere la mano a Mario Monti sperando che gente che possiede più think-tank di quanti capelli abbia in testa non ve la sbrani.
Questa posizione vi avrebbe consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del vostro programma? Ma credete che continuare a recitare una farsa insostenibile fino alla fine servirà a limitare i danni? Il vostro programma contiene 7 punti, dovreste saperli a memoria! Tra questi sette punti, per dirne due, c’è l’abolizione del fiscal compact e c’è il referendum sull’euro. Davvero pensavate che entrare nell’Alde vi avrebbe consentito, seduti nel banchetto insieme a Mario Monti, di abolire “meglio” il Fiscal Compact? Davvero pensavate che fare comunella con quelli che “l’euro è irreversibile” vi avrebbe consentito di perseguire “meglio” la storiella del referendum sull’euro? Ma c’è un limite all’idea che gli attivisti M5S siano completamente deficienti?
Avete fatto tremare il sistema come mai prima? Avete fatto ridere il sistema come mai prima! Avete fatto la figura dei cioccolatai, dei dilettanti allo sbaraglio. Siete andati da Monti in ginocchio sui ceci e vi siete fatti rispondere un “Vaffa”! E avete cercato di venderla come se 17 vergini stessero per trasferirsi al Castello di Dracula, perché così almeno avrebbero tutelato meglio il loro sangue. Avete fatto scrivere al povero Grillo, che vi è stato a sentire, un papello per convincere sprovveduti attivisti che “entrare nell’Alde” era la cosa migliore, perché “l’EFDD sarebbe morto”, quando l’EFDD, il gruppo politico dove state e che è frutto del grande lavoro del 2014, è lì tranquillo tranquillo fino al 2019 e nessuno lo tocca, quindi avevate tutto il tempo.
E adesso invece sì, che l’EFDD è morto.
E voglio proprio vedere con che faccia ci ritornate, da Nigel Farage, dopo avere spernacchiato l’uomo che, al contrario di voi, ha vinto la sua battaglia politica e ha portato tutto il Regno Unito fuori dalla UE, nonostante minacce di morte e attentati cui è scampato per miracolo. Con che faccia lo saluterete, lassù, tra i corridoi del piano del gruppo, dopo che Grillo gli ha dato il ben servito questa mattina sul blog? Gli direte “Hi Nigel. of course, you know. it was a joke“?
E se non starete più nell’EFDD perché ormai sareste ridicoli a sedere negli stessi banchi, cosa farete? Andrete nei “non attached“, il gruppo dei non iscritti? Allora sì che non avrete più niente, soldi.. uffici.. tempi di parola.. diritto di esprimere relatori nelle commissioni. Bravi! Complimenti! Grande successo politico.
 
Dovevate chiedere scusa. E per una volta, chi si è reso responsabile di questa tragicommedia che ha tutto il sapore di aspirazioni personali fatte passare per un interesse collettivo, si dimetta!
di Claudio Messora – 10/01/2017
 
Fonte: Byoblu