Amatrice, splendido appello di Sergio Pirozzi alla politica

ROBERTO ARDUINI 22 DICEMBRE 2016
 
Ennesima splendida iniziativa ideata dal sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, che questa mattina è intervenuto su Radio Cusano Campus nel corso del format ECG. Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, invita la politica sul territorio e lancia un appello che non dovrà assolutamente passare inosservato.
Sergio Pirozzi ha lanciato una nuova iniziativa per Amatrice: “Lancio un appello: il 27, il 28 e il 29 un deputato per ogni gruppo parlamentare venga a stare tre giorni insieme a me. Per accrescere le sue conoscenze e stare tutti insieme. Voglio dare questa opportunità straordinaria al Parlamento. Tutti insieme appassionatamente per tre giorni. Si dorme nei container, si fa un corso di formazione accelerato, per capire quello che succede quando c’è un dramma o disgrazia. Mi auguro che un parlamentare per ogni gruppo politico venga a stare tre giorni con me. Lancio questo appello, sarebbe una cosa straordinaria, in un momento in cui il popolo pensa che la politica stia distante dalla gente. Così i politici staranno al mio fianco, avranno un quadro a 360 gradi della situazione. Li invito a stare qui con me, tutti con gli scarponi, perché qui c’è il fango. Niente scarpe con i tacchi, niente scarpe con le suole. Stiamo insieme e lavoriamo. Questa può essere una grande esperienza umana per i parlamentari, che poi, non dimentichiamocelo mai, lavorano per il popolo”.
Il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, ha speso parole d’elogio per Renzi: “Con me è stato una persona squisita, mi ha ascoltato per diverse ore in diverse giornate, sia all’alba che di notte. Sono state riconosciute le nostre istanze, il 100% prima e seconda casa, il finanziamento del fondo commerciale che non c’è più a tempo, io penso che abbiamo il dovere di riconoscere, se siamo persone serie, l’impegno di un uomo. Il fatto che abbia dato al nuovo Premier, Gentiloni, la felpa di Amatrice sta a testimoniare l’attenzione di chi ci governa”.
Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, ha annunciato che Gentiloni il 24 sarà ad Amatrice: “Il 24 il Premier sarà ad Amatrice, ci vedremo per la prima volta”.

La ricercatrice risponde per le rime al ministro

Lo sfogo della ricercatrice D’Alessandro nei confronti del ministro Giannini mette in evidenza i problemi reali dei ricercatori e la retorica governativa.

di Davide Amerio.

Nel lago della nauseante retorica pro governativa (pro Renzi, pro Riformismo) ogni tanto si apre uno spiraglio di verità che illumina lo stato reale delle situazioni del paese.

Roberta D’Alessandro ricercatrice italiana emigrata in Olanda ha vinto un bando del European Research Council ottenendo un cospicuo finanziamento per le sue ricerche. Poco dopo il ministro del governo Renzi, , ha annunciato la notizia complimentandosi con la ricercatrice e gongolando sugli ottimi risultati dei  italiani.

Peccato che quelle ricerche siano valorizzate, finanziate e utilizzate, per la stragrande maggioranza dei casi, all’estero. L’Italia si fregia di un onore che non merita. In particolare questo governo. Così la D’Alessandro ha sottolineato (sui social) il suo disappunto per questo intervento del ministro, ribadendo che la Giannini non ha alcun diritto di rivendicare un successo dei ricercatori italiani apprezzati e valorizzati all’estero ma non Italia dove la meritocrazia non esiste.

Vada a chiedere alla vincitrice del concorso per linguistica informatica al Politecnico di Milano (con dottorato in estetica, mentre io lavoravo in Microsoft), quante grant ha ottenuto. Vada a chiedere alle due vincitrici del concorso in linguistica inglese, senza dottorato, alla Statale di Milano, quanti fondi hanno ottenuto. Vada a chiedere alla vincitrice del concorso di linguistica inglese, specializzata in tedesco, che vinceva il concorso all’Aquila (mentre io lo vincevo a Cambridge, la settimana dopo) quanti fondi ha ottenuto.

Un sfogo più che legittimo per i nostri ricercatori. La meritocrazia in Italia ha lo stesso peso della “questione morale”. Se ne parla molto ma si fa ben poco e quello fatto è sovente opinabile: pensiamo a quelle disposizioni che “premiano” il dirigente pubblico per aver adempiuto al proprio dovere (sic).

Questa questione del “merito” investe tutti gli ambiti delle nostre istituzioni a iniziare dal settore scolastico. Riconoscere il valore delle persone, e metterle in condizione di esprimere al meglio le proprie capacità, è un fondamento della società contemporanea e del progresso. Nel nostro sistema “feudale”, invece, contano le “appartenenze” più che le “capacità”. Sono preferiti gli “yes man” ai liberi pensatori (sopratutto in politica).

La  dovrebbe favorire lo sviluppo delle capacità individuali (come previsto dalla nostra Costituzione), riconoscendo il merito di chiunque si impegna (con le proprie capacità che possono essere ridotte rispetto ad altri, perché non siamo tutti uguali) e quello di chi eccelle. Ma così non avviene. Le nostre strutture burocratiche (a ogni livello scolastico) sono più improntate a gestire centri di “potere” amministrativo e la carenza cronica di fondi, piuttosto che avere lo studente, e la qualità dell’insegnamento, come obiettivo primario.

Nel mondo progrediscono economicamente i paesi che valorizzano la cultura, la scuola, la . Il paese in cui si legge pochissimo, le scuole cadono in testa agli studenti e i ricercatori sono obbligati a recarsi all’estero è condannato alla marginalità politica, sociale ed economica sul piano internazionale. Altro che “ripresina!”.

(D.A. 14.02.16)

Maxirprocesso: “Sparagli in faccia!” gridavano gli agenti il 3 luglio alla Maddalena

post 5 novembre 2014 at 12:45

“Cèntrali, quei due!”, “Dài, tiraglielo dritto!”, “Lo vedi il bastardo li sotto? Vedi se riesci a centrarlo quando esce!” Non è un film di guerra. Sono le voci dei poliziotti il 3 luglio 2011.

di Fabrizio Salmoni – TG Valle Susa

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O anche “Cèntrali, quei due!”, “Dài, tiraglielo dritto!”, “Lo vedi il bastardo li sotto? Vedi se riesci a centrarlo quando esce!”, “Ma io glielo tiro per fargli male!” , con qualche variazione intrigante sul tema :”Ciccione di merda! (gentilmente al collega) E basta con sti cazzo di lacrimogeni!”, sono alcune frasi scelte dal repertorio dei poliziotti che fronteggiavano i manifestanti No Tav quel giorno a Chiomonte come evidenziati nel sonoro dei filmati dall’ avv. Bertone, uno di temperamento e modi miti ma capace di una inaspettata durezza nella sua arringa difensiva oggi in aula bunker.  Il tutto (e altro) per dimostrare la “risposta delle Forze dell’Ordine esagerata, sbagliata, illegittima” in quel sabato di Luglio 2011. Una violenza che viene dimostrata come preventiva, precedente a qualunque “assalto” di dimostranti. Tiri diretti anche su gente in atteggiamento passivo, “una gestione dell’ordine pubblico malandata e superficiale” dai dirigenti su piazza al Questore, al Prefetto e alla Procura che Bertone accusa di “aver voluto dare un’impostazione esagerata nei numeri e nelle misure”  e financo di aver usato falsità sui testi, di averli minacciati, sbeffeggiati e di aver negato documenti alle difese. “La Procura – ha proseguito Bertone – ha tentato di sviare il significato della giornata di protesta” con false affermazioni. I testi di polizia, in particolare il Dr. Di Gaetano, hanno mentito sui lanci di sassi alla Centrale elettrica il 27 Giugno perchè i filmati dimostrano che non ci sono stati, sull’uso delle granate lacrimogene a mano e su quello che fu definito “il taglio di un albero da far cadere sugli agenti” perchè quell’enorme albero avrebbe richiesto almeno un’ora per essere tagliato. I filmati sono stati tagliati e manipolati per nascondere immagini di agenti che sparavano ad altezza d’uomo, che tiravano pietre, che percuotevano duramente i fermati con bastoni fuori ordinanza.

Ha mentito – e qui il capolavoro di Bertone – anche il pm Rinaudo per avere dichiarato in udienza che i testi istituzionali (d’accusa) sono stati minacciati e cosi il difensore chiede clamorosamente che gli atti siano trasmessi alla Procura competente di Milano per eventuali provvedimenti contro il procuratore estremista. Cosi anche per Di Gaetano e l’agente Scarpello per dichiarazioni false. A quel punto, se invece che in aula bunker si fosse stati allo stadio si sarebbero alzati cori dagli spalti.

Ma Bertone non aveva ancora finito: doveva ancora  parlare della letalità dei gas Cs citando la relazione Zucchettidel Politecnico e attaccare l’ex Procuratore Capo Caselli per essersi opposto all’acquisizione delle informative dei Carabinieri sulla Martina Service e su Italcogerendendo inevitabile il domandarsi: “Dobbiamo escludere che quei subappalti siano andati a ditte mafiose?…La sensazione è che la Procura indaghi solo dove c’è la possibilità di conseguire risultati facili” (forte agitazione della pm Quaglino sul suo scranno).

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Nella totale reiterata assenza dei giornalisti delle testate mainstream, evidentemente interessati solo dalle argomentazioni dei pm per fare i loro titoli, l’arringa di Bertone giungeva terza dopo che già gli avv. Ghia e Bongiovanni avevano ricostruito rispettivamente fatti e percorsi politico-amministrativi che avevano portato all’ordinanza di sgombero della Maddalena.

Il primo, ribadendo l’importanza del contesto in cui sono maturate le illegittimità dell’intervento e le reazioni dei dimostranti, ha anche trovato il guizzo di contestare affermazioni dell’avvocato dello StatoPrinzivalli (sulla legittimità della presenza a Chiomonte del Legal Team), dei procuratori (sull’atteggiamento tenuto in aula nei confronti di testi, difese e imputati), dell’avvocato del sindacato di polizia Sap (quelli di Aldrovandi), Bertolino che si era lamentato di intimidazioni quando lo stesso Ghia ha subito danneggiamenti e minacce di stampo mafioso.
Ma soprattutto Ghia ha accusato la Procura di aver assunto e disegnato una realtà unilaterale e “aver conseguentemente condotto indagini per sostenere quella sua realtà”, di aver voluto suggestionare il Tribunale dipingendo come irrilevanti e falsi i testi a difesa e di avere a sua volta prodotto testi evidentemente falsi, in particolare i poliziotti Di Gaetano, Ramanoli (che vede l’imputato Fissore alla centrale elettrica stando sull’autostrada dall’altra parte della collina), Benelle che denuncia una ferita al piede provocata dall’imputato Fissore ma nei filmati lo si vede gagliardamente saltellare e correre su via Avanà, e Vitaliti che afferma di essere stato colpito da pietre in un luogo dove i filmati dicono che non c’era nessuno. Ha rilevato il condizionamento dei media sui decisori istituzionali (Questore e prefetto) e ha  attaccato ilprefetto Di Pace ricordando che, secondo sua stessa testimonianza, aveva promulgato l’ordinanza di sgombero senza informarsi e verificare lo stato della legittimità dei progetti, delle prescrizioni richieste dal Cipe e cosi via restituendoci l’immagine di un Di Pace svogliato che cede senza obiezioni alle pressioni della banda del Tav.

Ghia non finisce l’arringa senza prima aver ricordato la natura equivoca delle ditte appaltatriciGeomont, Martina Service e Italcoge, fallite pochi mesi dopo aver avuto gli appalti e con titolari quantomeno contigui alla criminalità organizzata.

In conclusione, inammissibili e da rigettare tutte le richieste di risarcimento (anche perchè considerate in blocco indistintamente sul numero degli imputati) e richiesta multipla di assoluzione per Fissore per non aver commesso il fatto.

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E’ toccato all’avv. Bongiovanni ripercorrere l’iter burocratico di provvedimenti e delibere che hanno portato alla decisione di sgomberare la Maddalena. La sequenza di decisioni illegittime a partire dai fatti di Venaus del 2005, che trova il picco nell’errore del Tar Lazio nel definire la sussistenza della Legge Obiettivo, è descritta in dettaglio nel nostro articolo di ieri        . Di nuovo nel mirino dell’avvocato entra il prefetto Di Paceche deliberò d’urgenza senza neanche aver letto i trattati con la Francia e con l’Ue violando cosi diversi elementi di costituzionalità.

Nell’insieme risulta che tutto l’affare è stato gestito male e illegittimamente solo per compiacere le richieste dei politici e della lobby del Tav.

Dopo un breve intermezzo tecnico con l’intervento dell’avv. Rasulo l’udienza è ripresa vigorosamente con l’arringadell’avv. Colletta. che si è dedicata a smontare gli argomenti dell’accusa in merito alla qualità dei testimoni, alla presunta “organizzazione militare o paramilitare” dei dimostranti, alla legittimità della Libera Repubblica della Maddalena. Diviene evidente dalle sue parole il collegamento “coerente” tra le violenze delle forze dell’ordine a Venaus 2005 (archiviate) e quelle attuali corredate oggi come allora di “sfacciata omertà” sugli episodi di violenze su strutture (tende) e sui fermati. Colletta torna ancora sulle violazioni dei protocolli per le intimazioni di sgombero e avvalendosi ancora della sinopsi dei filmati ribadisce “l’elevatissima irresponsabilità di chi ha diretto l’operazione e ordinato il lancio di lacrimogeni su gente inerme”.

E’ un quadro totalmente diverso quello che emerge dalle arringhe dei difensori, è certamente più ricco di argomentazioni di quello di un’ accusa che si limita a riscontrare reati nel lancio di una pietra senza guardare come  e perché i fatti si sono svolti per di più falsandone le tempistiche (grande idea quella delle riprese comparate con i tempi – potrebbe rivelarsi fondamentale) e mistificandone le motivazioni in chiave esclusivamente delinquenziale. Si gioca tutta li la partita davanti a una Corte che sembra un bassorilievo rupestre ma che potrebbe risentire delle polemiche “esterne” sui costi del Tav, su temi e discussioni che la banda del Tav voleva sopite definitivamente. Lo sapremo presto. In compenso, avvocati che sembravano schiacciati dalle logiche prepotenti dei pm e dalle infinite chiusure della Corte, nelle arringhe si sono dimostrati efficaci, tosti e generosi. All’altezza dei valsusini.(F.S. 4.11.2014)

In Val Susa nel 2011 una guerra chimica senza precedenti!

post5 novembre 2014 at 02:33

lacrimogeni maddalenaMaxiprocesso no tav a Torino in aula bunker, si va verso la conclusione: le difese dei 53 imputati hanno iniziato con le prime arringhe finali, si termina a gennaio quando verrà emessa la sentenza.

Ed emerge che la quantità di lacrimogeni sparati a Chiomonte il 26.6 e 3.7 2011 non ha precedenti in Italia.

270 lacrimogeni sparati il 27 giugno e 4357 sparati il 3 luglio.

Vuol dire in media uno ogni 20 secondi, per un’ora e mezza, il 27 giugno (alcune centinaia di manifestanti presenti) e uno ogni 4,5 secondi, per circa cinque ore il 3 luglio (decine di migliaia di manifestanti presenti).

Genova G8 il 20 ed il 21 luglio 2001 la media fu di un candelotto sparato ogni 5,6 secondi ma i manifestanti erano centinaia di migliaia, e in una città come Genova con vie, vento, bordo mare, posti per scappare. Alla Maddalena di Chiomonte posti per sfuggire non ce n’erano: era una conca, ed in manifestanti erano dieci volte di meno.

Possiamo dire tranquillamente che in Val Susa si sia sparato dieci volte di più che a Genova G8: una guerra civile chimica senza precedenti contro la popolazione, che fa impallidire non solo Genova G8 ma anche i numeri della Battaglia del Bogside in Irlanda a Derry dell’agosto del 1969 quando la RUC, la polizia nordirlandese, in due giorni sparò 1091 candelotti contro i manifestanti cattolici dando luogo ad uno scandalo internazionale ed alla costituzione addirittura di una commissione di inchiesta parlamentare.

Gli avvocati hanno presentato al tribunale video con decine di tiri diretti contro le persone, l’agente che dice al collega “io sparo per fare male, eh!”, autentiche barriere impenetrabili di gas bianco: elementi di ogni sorta per provare la aggressione chimica di cui tutti in quei giorni sono stati vittima, nel 2011 come in Irlanda nel 1969. Presto un report completo verrà pubblicato su queste pagine.

Quale che sia il risultato giuridico, resta un dato di fatto, il mostruoso sovradimensionamento dell’attacco chimico non può essere stato casuale, era necessario sgomberare i no tav dal luogo dei preziosi affari illeciti dell’alta voracità. Un giorno scopriremo chi lo ha ordinato.

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In Italia è un lavoro trovare lavoro

Marco Fontana, Redazione Online

Se guardiamo ai dati sull’efficacia dei nostri servizi per l’impiego, non rimane che mettersi le mani nei capelli. Oggi, in Italia, trova lavoro solamente il 3,4% dei disoccupati che si rivolgono ai centri nazionali per l’impiego – si sale ad un traballante 8-9% se si aggiungono le agenzie interinali, cioè il mondo del privato.
Sono numeri fallimentari, se si pensa che la media Ue si aggira intorno al 30%. In definitiva, trovare lavoro è diventato un lavoro.

È una Waterloo vera e propria, che non può in alcun modo essere giustificata da una spesa in termini di Pil minore rispetto ai partner comunitari: l’Italia spende l’1,80%, la Germania il 2,28%, la Danimarca il 3,71%. Una giustificazione che però piace molto sia al ministro del Lavoro Enrico Giovanni sia all’Unione Province italiane, che hanno più volte sottolineato il problema: L’Italia spende 500 milioni l’anno in servizi all’impiego contro i cinque miliardi del governo tedesco. Il nostro sistema di formazione è totalmente inadeguato rispetto altri Paesi europei. Il numero degli addetti ai cosiddetti servizi pubblici all’Italia sono 7.500, in Germania 115.000.

Questa appare esattamente come una scusa per chi punta esclusivamente a gestire ancora più risorse senza voler mettere mano, in modo serio, all’ottimizzazione di quelle che già possiede. L’aumento della spesa non può e non deve essere una soluzione, in particolare in un momento in cui il debito pubblico e i cogenti parametri europei stritolano i trasferimenti erariali. È necessario abbandonare l’idea di un sistema il quale, per non lasciare indietro nessuno, abbandona tutti o quasi al proprio destino, disperdendo in mille rivoli le risorse a disposizione, già depotenziate e ridotte. È necessario, invece, porre degli obiettivi chiari e soprattutto realistici da far raggiungere ai Cpi e al sistema dell’offerta privata, e premiare chi riesca ad ottenerli.

Migliorare le performance dei servizi per l’impiego non è, tra l’altro, una missione impossibile. Sarebbe sufficiente, infatti, guardare al Piemonte per scoprire che la soluzione esiste già: si chiama “Io Lavoro”, la più grande job fair nazionale che due volte all’anno, nell’arco di sei giorni, agevola l’incontro diretto tra domanda e offerta.

Alcuni numeri possono essere utili a capire meglio questa realtà. In Piemonte, il flusso annuale (relativo al 2012) delle persone che si presentano ai Cpi è stato di oltre 108.000 persone, una cifra che si riduce a 30.000 se si guarda a chi effettivamente ha beneficiato di una qualche azione di servizio concreta. Le segnalazioni alle aziende da parte dei Cpi – parliamo sempre di dati rilevabili a sistema – sono state 9.000 (è da notare comunque che una persona potrebbe essere stata segnalata più di una volta). Se fossimo in altri Paesi, le assunzioni effettive dovrebbero essere 2700: invece, dai dati a disposizione, si evince che nel suddetto anno sono state circa 700.

Nell’edizione primaverile di “Io Lavoro”, avvenuta a marzo in un’intensa tre-giorni, sono transitate 13.000 persone, mentre 6.000 hanno preso contatto con le oltre 90 aziende ospitate. A seguito dei colloqui, il 28% è risultato occupato nel periodo successivo alla manifestazione. Per intenderci, si tratta di circa 2.000 persone. È un dato incredibile per l’Italia, in particolare se si paragona alla performance precedentemente evidenziata dai Cpi piemontesi nel giro di un anno.

Si tratta di soggetti diversi? Assolutamente no: sono i medesimi soggetti ad animare i servizi di “Io Lavoro”. L’investimento è in proporzione maggiore rispetto a quello garantito per il sistema in generale? No, anzi è molto più contenuto. A cambiare sono solo la “regia”, affidata all’Agenzia Piemonte Lavoro (braccio armato dell’assessorato al Lavoro della Regione Piemonte) e l’obiettivo: ingaggiare imprese interessate a trovare forza lavoro e agevolarle nella ricerca di competenze e capitale umano vestito su misura sulle loro esigenze. Una formula resa vincente grazie soprattutto a una rete di servizi di qualità, che poggia su supporti informatici all’avanguardia.

La differenza sta quindi tutta nel fissare obiettivi seri da raggiungere, se si vuole continuare ad essere centro di spesa. Non si comprende perché nessuno guardi a questo esempio (e ai numerosi altri che vengono sperimentati nelle varie Regioni) e invece si preferisca continuare a parlare del modello tedesco: un sistema completamente diverso da quello italiano, pertanto non calabile nella realtà del Belpaese.

http://italian.ruvr.ru/2013_11_12/In-Italia-e-un-lavoro-trovare-lavoro/

A distanza di pochi giorni scarcerati due feroci camorristi a causa della giustizia lumaca.

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chissà cosa ne pensa quello stinco di santo della soc civile tal Luigi De Magistris….

Due scandalose scarcerazioni in due giorni: Lunedi è uscito dal carcere per scadenza dei termini di fase Luigi Ferrara, killer ergastolano di Napoli, e il giorno successivo, martedi`, sempre a Napoli, un elemento di spicco della criminalita` organizzata campana (S. Maggio del clan Mazzarella) è stato liberato per inosservanza dei parametri fissati dalla legge nella tempistica della custodia cautelare. 


Staff nocensura.com
http://www.nocensura.com/2013/07/a-distanza-di-pochi-giorni-scarcerati.html

Extracomunitario aggredisce coppia e tenta di prendere il loro bimbo

 Extracomunitario aggredisce coppia e tenta di prendere il loro bimbo

Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSlug 12, 2013
FIUMICINO (ROMA), 12 LUG – Un uomo ha preso prima di mira e ha aggredito una coppia di turisti americani in procinto di partire per Philadelphia (Stati Uniti) e ha tentato di portare via il loro bambino seduto sul passeggino.
Teatro del singolare episodio il Terminal 5 dell’aeroporto di Fiumicino. A bloccare l’uomo, un centrafricano di 30 anni, sono stati gli uomini della Polizia di frontiera.
http://www.imolaoggi.it/?p=55851#comment-15985

Corte Europea: se sei Cristiano puoi essere discriminato

Se sei cristiano e autoctono, la cosiddetta Corte europea dei Diritti dell’Uomo – tutto in maiuscolo mi raccomando – non ti ritiene degno di protezione. E di essere ascoltato.

Infatti, tre cristiani britannici licenziati dai propri datori di lavoro per le loro convinzioni religiose, si sono vista respinta la loro battaglia legale presso la Corte europea.
Shirley Chaplin, Gary McFarlane e Lillian Ladele hanno infatti perso l’appello.

Chaplin, 57 anni, un’infermiera geriatria di Exeter, è stata spostata in un lavoro amministrativo dopo che ha rifiutato di togliere un crocifisso dal collo. Secondo la Corte, questo non era discriminatorio, perché necessario per l’igiene e la sicurezza dei pazienti e del personale. La Croce, insomma, è “pericoloso”

Ladele, 52 anni invece, è un cancelliere di un ente locale, ed era stata punita dal Consiglio di Islington a Londra per aver rifiutato di svolgere cerimonie di unione civile di cosiddette “coppie” gay; anche McFarlane, 51 anni, di Bristol era andato incontro ad un provvedimento simile.

La corte ha stabilito che le azioni di entrambi i datori di lavoro sono giustificate, dati i loro obblighi per prevenire la discriminazione contro le persone che utilizzano i loro servizi. Insomma, per non “discriminare” i gay, è giusto discriminare i Cristiani. Dittatura delle minoranze.

Festeggiano le associazioni degli omosessuali: “Il Regno Unito ha leggi di uguaglianza più complete del mondo che già includono una forte protezione per i credenti e sarebbero stati fatalmente compromessi, in particolare per le persone LGBT, da una sentenza a favore dei tre cristiani”.

Come sempre: siamo tutti uguali, ma gli omosessuali sono un po’ più uguali degli altri. Loro, e gli immigrati di ogni colore e religione. Questi tribunali sovranazionali – come tutti i trattati e le convenzioni – sono fatte per reprimere i diritti della maggioranza. Finché è ancora tale.

Quando sentiremo qualche Vescovo, ancora meglio il Papa, dire ciò che è evidente, ovvero che la Ue è una costruzione massonica contro i valori e contro natura?
http://voxnews.info/2013/05/28/corte-europea-se-sei-cristiano-puoi-essere-discriminato/

Mukhtar Abljazov, “perseguitato politico”

 

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“Invece, un incidente ci sarebbe stato se Roma non avesse risposto alle richieste di Astana, poiché il ‘perseguitato politico’ in questione, appunto Mukhtar Abljazov, è sì ben perseguitato in Kazakhstan, Paese da cui è fuggito. Ma è fuggito nel Regno Unito dopo aver sottratto diversi miliardi di dollari della BTA Bank, la banca che aveva contribuito a fondare in Kazakhstan grazie alla privatizzazione di una ex-banca pubblica. In sostanza, Abljazov è l’ennesimo speculatore che ha saccheggiato l’economia di una delle Repubbliche dell’ex-URSS. Ed infatti, per far comprendere chi detta i toni di quest’ennesima storielletta sui ‘diritti umani violati’, ecco Radio Free Europe/Radio Liberty (RFE/RL), la radio gestita dalla CIA e da George Soros, elogiare l’eroica figura di Abljazov, ex-tecnocrate del processo avviato da Nursultan Nazarbaev, presidente del Kazakhstan, per modernizzare la nazione: “Abljazov a gli altri avevano rotto i ranghi, adducendo a motivo il disincanto per la corruzione endemica che prosperava nelle cerchie che si muovevano attorno a Nazarbaev”. Va ricordato che Nazarbaev, una decina di anni fa, espulse tutte le ONG legate agli USA e allo speculatore miliardario statunitense George Soros, da cui l’acrimonia di questi paladini della ‘democracy&liberty’ e dei relativi dipendenti verso Nazarbaev e il Kazakhstan.

Nel novembre 2001, Abljazov e altri suoi colleghi banchieri fondarono la Democratic Choice of Kazakhstan (DCK), movimento di opposizione al governo Nazarbaev. La DCK era composta da boss politici e ricchi affaristi che rivendicavano soprattutto il ‘decentramento del potere politico’, ovvero la balcanizzazione del Kazakhstan. Nel luglio 2002, Abljazov fu dichiarato colpevole di “abuso di potere compiuto in qualità di ministro” (accusa più che fondata, vista la carriera successiva di questo ennesimo eroe di cartone della democracy-export) e condannato a sei anni di prigione. Ovviamente i soliti Parlamento europeo e Amnesty International si mobilitarono, su ordine di Soros, per salvare la quinta colonna statunitense in Kazakhstan. Comunque, il ‘perseguitato politico’ Abljazov, già nel 2003 era a Mosca, e nel periodo 2005-2009 fu il presidente del consiglio di amministrazione della BTA Bank. Insomma, contrariamente a quello che ci raccontano e ci racconteranno le varie agenzie di propaganda atlantiste, Abljazov non è mai stato in carcere; anzi Abljazov avrebbe speso “milioni di dollari per finanziare gruppi di opposizione e mass media indipendenti” in Kazakhstan, secondo un altro agente d’influenza al servizio di Washington, Evgenij Zhovtis, capo del Kazakhstan International Bureau for Human Rights and Rule of Law.

Con Abljazov, i prestiti effettuati dalla BTA Bank dal 2005 al 2009 crebbero rapidamente, ma non altrettanto i depositi bancari, trascinando la banca nell’insolvenza. Tra il 2003 e il 2007, i crediti insoluti della BTA Bank crebbero del 1.100%.

(…)

Ma nonostante tutto, e forse grazie al fatto di aver formulato accuse indimostrate contro Nazarbaev, Abljazov si vide attribuire l’asilo politico nel Regno Unito. La richiesta di estradizione proveniente dal Kazakhstan fu quindi ignorata. Nel novembre 2012, una corte britannica ingiunse ad Abljazov di versare 1,63 miliardi di dollari e relativi interessi, disponendo “contro Abljazov nuovi blocchi giudiziari dei beni per un ammontare illimitato e nuovi ordini di blocco in relazione ad alcuni altri imputati“. Difatti Abljazov vive a Londra in una casa di lusso, protetto dall’imperialismo inglese in vista di future possibili rivoluzioni colorate in Asia centrale. In effetti, la vicenda del rimpatrio da Roma della moglie e della figlia del bancarottiere ‘democratico’, non a caso viene collegata, proprio dalla stampa inglese, ai buoni rapporti economico-commerciali che l’Italia ha stabilito con il Kazakhstan. Un nuovo tentativo di far subire all’Italia un’altra debacle strategica, e questa volta mortale, poiché dopo la Libia, restano all’Italia quali fonti energetiche disponibili l’Algeria e il Kazakhstan, appunto. L’inconsistenza di questo governo, pieno di anime belle e guidato da una nullità come Enrico Letta, nipotino di suo zio Gianni, non promettono nulla di buono per il Paese.

Abljazov, infatti, attraverso un’intervista a La Stampa del 5 luglio 2013, ha chiesto ad Enrico Letta di far luce sull’episodio. Il servizievole Presidente del Consiglio dei ministri non si è fatto attendere nel rispondere positivamente alle pretese del criminale protetto da Londra. Il premier ha dichiarato di aver chiesto privatamente delucidazioni al ministro dell’Interno e vicepremier Angelino Alfano. Non avendo ottenuto risposta, Letta ha reiterato la richiesta pubblicamente. Emma Bonino, ministro degli Esteri, ha definito la vicenda una “figura miserabile” per l’Italia, opportunamente dimentica la figura miserabile racimolata da lei e dal suo governo con il Presidente boliviano Evo Morales, al cui velivolo hanno negato il passaggio nello spazio aereo italiano. Ma si sa, nel canile italiano i cagnetti dirittumanitaristi vengono addestrati ad eseguire gli ordini del padrone e a ringhiare contro i suoi nemici. Compiti in cui eccellono i meticci di sinistra.”

 Da L’oligarca processato, i noti amici e Letta di Alessandro Lattanzio.

http://byebyeunclesam.wordpress.com/2013/07/11/mukhtar-abljazov-perseguitato-politico/

Questa classe politica non è in grado di risolvere alcun problema.

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=sWXu6jB3RKc#at=696

E’ essa stessa il problema. Il Governo delle Larghe Intese, voluto fortemente da lei, tutela soltanto lo status quo e gli interessi di Berlusconi, che in qualunque altra democrazia occidentale non sarebbe ammesso ad alcuna carica pubblica, e tanto meno in Parlamento.
La Nazione è una pentola a pressione che sta per saltare, mentre, ormai da mesi, il Governo Letta si balocca con il rinvio dell’IMU e la cancellazione di un punto dell’IVA senza trovare una soluzione. I numeri dello sfacelo sono sotto gli occhi di chiunque voglia vederli, e sono drammatici. Il tasso di disoccupazione più alto dal 1977, il crollo continuo della produzione industriale, che si attesterà a meno tre per cento nel 2013, la continua crescita del debito pubblico che è arrivato a 2.040 miliardi di euro, il fallimento delle imprese che chiudono con il ritmo di una al minuto, una delle tassazioni più alte d’Europa, sia sulle imprese che sulle persone fisiche, gli stipendi tra i più bassi della UE, il crollo dei consumi, persino degli alimentari, l’indebitamento delle famiglie.

E’ una Caporetto e sul Piave non c’è nessuno, sono tutti nei Palazzi a rimandare le decisioni e a fare annunci. Il Parlamento è espropriato dalle sue funzioni, la legge elettorale detta Porcellum è incostituzionale e i parlamentari sono stati nominati a tavolino da pochi segretari di partito. Il Governo fa i decreti legge senza che sia dato il tempo minimo per esaminarli e il Parlamento approva a comando. Non siamo più da tempo una repubblica parlamentare, forse neppure una democrazia.
Il debito pubblico ci sta divorando, paghiamo di interessi circa 100 miliardi di euro all’anno, che crescono ogni giorno. Solo quest’anno per non fallire dovremo vendere 400 miliardi di euro di titoli. Le entrate dello Stato sono di circa 800 miliardi all’anno, un euro su otto serve a pagare gli interessi sul debito. Né Berlusconi, né Monti, né Letta hanno bloccato la spirale del debito pubblico, che cresce al ritmo di 110 miliardi all’anno. Gli interessi sul debito e la diminuzione delle entrate fiscali, dovute al fallimento di massa delle imprese, alla disoccupazione e al crollo dei consumi, rappresentano la certezza del prossimo default.
Non c’è scelta. Il debito pubblico va ristrutturato. Gli interessi annui divorano la spesa sociale, gli investimenti, la ricerca. E’ come nella Storia Infinita, dove il Nulla divorava la Realtà: l’interesse sul debito sta divorando lo Stato Sociale. Si può rimanere nell’euro, ma solo rinegoziando le condizioni. O attraverso l’emissione di eurobond che ritengo indispensabile o, in alternativa, con la ristrutturazione del nostro debito, una misura che colpirebbe soprattutto Germania e Francia che detengono la maggior parte del 35% dei nostri titoli pubblici collocati all’estero. Non possiamo fallire in nome dell’euro. Questo non può chiederlo, né imporcelo nessuno. A fine 2011 i titoli di Stato italiani presenti in banche o istituzioni estere erano il 50%, le nostre banche grazie al prestito della BCE dello scorso anno, prestito garantito dagli Stati e quindi anche da noi, si sono ricomprati circa 300 miliardi dall’estero, tra titoli in scadenza e rimessi sul mercato, questo invece di dare credito alle imprese. E siamo scesi al 35%. E’il miglior modo per fallire. Quando ci saremo ricomprati tutto il debito estero e non avremo più un tessuto industriale collasseremo e la UE rimarrà a guardare, come è successo in Grecia. Ora disponiamo di un potere contrattuale, ora dobbiamo usarlo.

L’Italia ha l’assoluta necessità di aiutare le imprese con misure come il taglio dell’Irap, una tassazione al livello della media europea, con servizi efficienti e meno costosi, con la protezione del Made in Italy assegnato solo a chi produce in Italia e con l’eventuale applicazione di dazi su alcuni prodotti. Allo stesso tempo è urgente l’introduzione del reddito di cittadinanza, nessuno deve rimanere indietro. Ci preoccupiamo dei problemi del mondo quando non riusciamo ad assistere gli anziani e non diamo possibilità di lavoro ai nostri ragazzi che devono emigrare a centinaia di migliaia.

Reddito di cittadinanza e rilancio delle PMI sono possibili da subito con il taglio ai mille privilegi e alle spese inutili. Ne elenco solo alcuni.

Eliminare le province, portare il tetto massimo delle pensioni a 5.000 euro, tagliare finanziamenti pubblici ai partiti e ai giornali, riportare la gestione delle concessioni pubbliche nelle mani dello Stato, a iniziare dalle autostrade, perché sia l’Erario a maturare profitti e non aziende private come Benetton o, dove questo non sia possibile, ridiscutere le condizioni, eliminare la burocrazia politica dalle partecipate dove prosperano migliaia di dirigenti, nazionalizzare il Monte dei Paschi di Siena, eliminare ogni grande opera inutile come la Tav in Val di Susa e l’Expo di Milano, ridurre drasticamente stipendi e benefit dei parlamentari e di ogni carica pubblica, cancellare la missione in Afghanistan, fermare l’acquisto degli F35. Potrei continuare a lungo. Queste misure non possono essere prese dall’attuale classe politica perché taglierebbe il ramo su cui si regge.
Questo Parlamento non è stato eletto dagli italiani, ma dai partiti e dalle lobby. Non può affrontare una situazione di emergenza nazionale, di economia di guerra, perché deve rispondere ai suoi padrini, non ai cittadini.

Le chiedo perciò di fare abrogare l’attuale legge elettorale in quanto incostituzionale, di sciogliere il Parlamento e di ritornare alle urne. L’autunno è alle porte insieme al probabile collasso economico. I problemi si trasformeranno da politici a sociali, probabilmente incontrollabili. Non c’è più tempo. Lei ha volutamente tenuto sulle sue spalle grandi responsabilità quando avrebbe potuto e forse dovuto declinarle. Lei è ormai diventato lo scudo, il parafulmine di partiti che non hanno saputo né governare, né riformarsi e da ritenersi, nel migliore dei casi, degli incapaci. Non è questo il suo compito, ma quello di rappresentare gli interessi del popolo italiano.”