Iran, la foto “simbolo delle proteste” non c’entra nulla con le manifestazioni

iran fake protesterUna donna a capo scoperto che tiene il suo velo sopra un bastone è largamente utilizzata sui social network per incarnare le manifestazioni. La foto è in realtà precedente ai primi cortei.
L’immagine circola largamente sui social network, ma anche sui numerosi media dall’inizio delle manifestazioni che scuotono l’Iran da giovedì 29 dicembre: in una strada iraniana, una giovane donna a capo scoperto sventola il suo velo sopra un bastone. Per molti, diventa un’immagine iconica del movimento.
 
Così la contestatrice iraniana impegnata per i diritti umani Maryam Namazie, che vive nel Regno Unito, elogia il gesto: “Una delle icone delle manifestazioni di ieri è stata una giovane donna con il suo hidjab obbligatorio su un baastone… Che visione meravigliosa!”
 
Negli Stati Uniti, nonostante l’immagine sia circolata ampiamente in tutti gli ambienti, l’hanno particolarmente utilizzata personalità e siti vicini all’alt-right (estrema destra), come Breitbart. Un disegno, anch’esso largamente diffuso, ha confermato il suo status di icona:
“Mercoledì bianco”
Tuttavia, come rimarcato da un nostro giornalista a Teheran, Ghazal Golshiri, questa immagine non è legata al movimento di protesta attuale.
La foto è stata pubblicata per la prima volta su Facebook e Instagram dalla giornalista iraniana che vive negli Stati Uniti Mashid Alinejad, giovedì 28 dicembre, insieme ad altre foto e a un video. Il giorno della prima manifestazione a Machhad. Ma Alinejad precisa che la foto è stata scattata il giorno prima, mercoledì 27, Enghelab Avenue, a Teheran. Tre giorni prima della prima manifestazione nella capitale iraniana, di sabato. Ella aggiunge che la giovane donna è stata arrestata, come “il gruppo di giovani che la sosteneva”.
Un video messo in rete permette per di più di vedere che la giovane non è circondata da manifestanti. I passanti e le auto circolano normalmente.
L’azione è in realtà legata al movimento “Mercoledì bianco” lanciato dalla signora Alinejad sui social network per protestare contro le restrizioni sull’abbigliamento femminile in Iran. Sulla sua pagina Facebook “My Stealthy Freedom”, la giornalista pubblica immagini e video di donne iraniane in bianco o senza velo.
 
(da Le Monde – Traduzione di Edoardo Nolli) 3 gennaio 2018

Al lavoro la fabbrica delle “fake news” dei media atlantisti sugli avvenimenti in Iran

Iran-fake-news
Iran Fake News
Pur di dimostrare che in Iran sia in atto una “rivolta spontanea”, i media occidentali, esperti nella manipolazione delle notizie, stanno facendo gli straordinari per diffondere false immagini riprese da fotogrammi di altre manifestazioni e indicarle come “immagini della rivolta” in Iran.
Nella loro opera di falsificazione, i media occidentali hanno utilizzato persino fotogrammi delle rivolte popolari avvenute nel Bahrein, spacciandole per foto prese di nascosto dagli oppositori del regime, come anche da altre manifestazioni avvenute in altre parti del mondo. In mancanza di foto di inconsistenti rivolte popolari in Iran, tutto “fa brodo” per i manipolatori dei media atlantisti, si cui tutto si può dire ma non che manchino di inventiva. Le notizie, se non ci sono, si inventano. Niente di nuovo: era accaduto  lo stesso con le famose rivolte popolari in Libia, sulla piazza verde di Tripoli, rivolte inesistenti ma ricostruite altrove.   Vedi: Palaestina Felix
D’altra parte la sobillazione in Iran ed il tentativo di destabilizzazione del paese, arci nemico del trio  USA-Israele-Arabia Saudita, è un boccone troppo ghiotto per non impostarci sopra una campagna di prefabbricazione di notizie false e deviate.
Iran Fake news Foto presa da Buenos Aires
Un grosso lavoro lo stanno facendo anche gli agenti infiltrati dei servizi di intelligence occidentali, CIA ed M16 in particolare, che da anni supportano e finanziano le cellule terroriste dei MKO, protagonisti di attacchi e attentati terroristici negli anni passati. La tecnica è quella ormai consolidata utilizzata dalla CIA sulla piazza di Maidan, a Kiev (Ucraina).
Si appostano cecchini mimetizzati che sparano sui manifestanti e sula polizia, si utilizzano commandos di elementi armati (armi fatte entrare dalla CIA) contro caserme della polizia, si inviano appositi gruppi di agitatori nelle piazze per creare caos disordini, si incendiano auto, negozi e si creano barricate. La abituale strategia utilizzata in Ucraina, in Georgia, in Libia ed in Siria, ed ultimamente anche in Venezuela (con alcune varianti) per determinare delle rivolte popolari e successivo cambio di regime a cui tutte le TV danno il massimo risalto.
Nel caso dell’Iran sarà difficile ottenere un cambio di governo  ma ci si è messo anche il presidente Trump a dare il suo contributo, aizzando dal suo buon ritiro in Florida i manifestanti a insorgere, un maldestro tentativo di sobillazione che rischia di avere l’effetto contrario, visto il personaggio, il più odiato dagli iraniani.
Il tentativo è stato talmente maldestro che la stessa grande stampa USA ha lanciato il monito a Trump scrivendogli “be quite” (stati zitto) dal New York Times, per l’evidente rischio di compromettere una azione di sobillazione coperta i cui mandanti devono rimanere segreti. Trump si vede che non è stato preavvisato dalla CIA con cui ultimamente non vanta buoni rapporti. Sembra che il nuovo capo della CIA abbia perso le staffe nel leggere i Twitter di Trump ed abbia dato in escandescenze. Questo però è l’aspetto farsesco della manifestazione….
Iran fake news : foto presa dalle agitazioni verificatesi nel Bahrein (come si evince da bahraindoctor)
Nel frattempo….
Da parte di  segretario del Consiglio superiore di sicurezza dell’Iran, con una dichiarazione ufficiale ha considerato che le manifestazioni di protesta nel paese sono realizzate nel contesto di una “guerra ibrida” che alcune potenze stanno conducendo contro l’Iran, come ha informato la BBC.
Secondo Shamjanì, gli USA il Regno Unito,  e l’Arabia Saudita sono dietro le recenti proteste verificatesi nel paese persiano. Queste potenze dirigono le campagne di manipolazione nei social media e sobillano le manifestazioni con messaggi aperti di incitazione alla rivolta contro il Governo.
Una buona parte di questi messaggi sono da attribbuire ad una regia del governo saudita, la restante parte deve essere imputata ad agenzie statunitensi e britanniche.  Quest aingerenza ha l’obiettivo di rallentare lo sviluppo economico dell’Iran e seminare il malcontento. Tuttavia Shamjanì ritiene che queste manifestazioni si andranno esaurire in poco tempo.
Le proteste erano iniziate partendo dalla città di Mashhad e si sono poi estese ad altre città dell’Iran, incluso Teheran, Isfahan e Rasht. Fino ad oggi ci sono state decine di arresti ed un numero di 20 vittime negli scontri.
Nel corso delle proteste sono stati notati  individui armati che hanno assaltato alcune stazioni di polizia e caserme ed altri che hanno lanciato bombe incendiarie. Le autorità militari iraniane ritengono che si tratti di elementi addestrati che hanno l’obiettivo di seminare il caos e creare scontri tra la popolazione e le forze di polizia.
Tutto come da copione……..
Fonti:   Hispan Tv         Al Mayadeen
Traduzione e sintesi: Luciano Lago Gen 02, 2018

Cia e Mossad dietro la rivolta in Iran? Lo scenario di oggi era già stato descritto con 6 mesi di anticipo dalla rivista Usa Politico

protestsiranCi sono anche la Cia e il Mossad israeliano a soffiare sul fuoco della rivolta in Iran? L’accusa è stata rilanciata dal Teheran Times, in un’intervista che il quotidiano in lingua inglese ha condotto con il columnist Stephen Lendman, un giornalista-ricercatore americano, di origine ebraica, molto noto per le sue battaglie libertarie. Tra le altre cose, anche i due leader della teocrazia persiana, la Guida Suprema Ali Khamenei e il Presidente Rohuani, pur da fronti sostanzialmente diversi, hanno scaricato sui “nemici esterni” la responsabilità di sostenere la ribellione. Se non proprio di averla addirittura progettata a tavolino. Per la verità, il sospetto (o la quasi certezza, a farla corta) è venuta agli analisti di mezzo mondo.
Anche perché, come ha subito registrato la nostra “Gazzetta”, Trump e i suoi collaboratori mostrano di avere la lingua lunga. Qualche tempo fa avrebbero sussurrato di volere “un cambio di regime” nel Paese degli ayatollah. L’azzardosa strategia, che comunque cavalca problemi sociali e politici reali dell’Iran, farebbe parte di un “pacchetto” di intese raggiunte sottobanco dalla Casa Bianca e dal leader israeliano Netanyahu. Nel mazzo ci sarebbe anche la sparata su “Gerusalemme capitale”, che ha sollevato un vespaio di polemiche e ha allargato il solco tra la diplomazia europea e la “foreign policy” dell’attuale Amministrazione Usa. Trump, in sostanza, starebbe premendo sull’acceleratore per gettare lo scompiglio in casa del nemico numero uno di Israele.
 
Lo spiffero è vecchio, ma è tornato a circolare proprio in questi giorni nei Palazzi che contano. E lo scenario che, guarda tu, si sta verificando oggi, era stato già anticipato in un articolo rivelatore pubblicato alla fine di giugno in uno dei più prestigiosi siti di analisi americana (“Politico”). Dunque, gli Stati Uniti pensano a un cambio di regime a Teheran, che metta in un angolo l’attuale teocrazia e lasci il campo a un governo che abbia meno mire espansionistiche nel Golfo Persico. Con grande gioia, soprattutto, dell’Arabia Saudita e di tutto il blocco sunnita. Israele, da parte sua, ha il chiodo fisso del Golan. E, per la proprietà transitiva, di Hezbollah e dei suoi grandi sponsor sciiti. Gli ayatollah.
 
Dentro l’Amministrazione Trump si starebbero confrontando due linee: una (che pare vincente) sparata contro i politici col turbante; l’altra, forse minoritaria, molto più prudente, che ricorda il fallimento del colpo di Stato sponsorizzato nel 1953 dalla Cia. Forse fu proprio in base a questo “undicesimo comandamento” (“ogni rivoluzione fallita provoca una restaurazione ancora più forte”) che Obama, nel 2013, alle Nazioni Unite, proclamò solennemente il principio della non interferenza Usa negli affari interni di Teheran. Ora, invece, a sentire Lendman, i “trumpiani” avrebbero già cotto, mangiato e digerito la prudenza del mai tanto compianto Barack, contribuendo a fare esplodere un’altra devastante crisi di cui proprio non si sentiva il bisogno, in un’area già tranquilla di suo come un nido di calabroni.
 
Ne chiede conto e ragione anche Putin, che si è sentito con Netanyahu e ha concordato un incontro a breve per parlare di Medio Oriente. E di Iran. La questione-chiave è che l’algoritmo della catastrofe è dietro l’angolo. Quando Obama decise di raggiungere un’intesa di massima con gli ayatollah lo fece a ragion veduta: i suoi advisor gli dissero che era fondamentale mettere un freno al dilagare del terrorismo di matrice sunnita. E poi, aggiunse qualcuno, una tattica di reciproca neutralizzazione tra il blocco saudita e quello sciita avrebbe potuto garantire se non la pace, almeno un proficuo “status quo”.
 
Adesso, la scuola geostrategica che si porta appresso Trump ha rigirato la frittata, alimentando il polverone che già gravitava su tutto il Medio Oriente. E se tre indizi fanno una prova, come diceva Agatha Christie, allora il “twitter” postato da Trump solleva una marea di sospetti: “Il popolo iraniano sta finalmente combattendo contro il suo brutale e corrotto regime. Tutti i dollari che Obama ha dato stupidamente a questi governanti sono stati spesi in armi e terrorismo o sono finiti nelle loro tasche. La gente non ha cibo, non ha diritti umani e l’inflazione è alle stelle. Gli Stati Uniti osservano”. Oppure organizzano?
 
di Piero Orteca – Remocontro  Notizia del: 03/01/2018

Iran: un’altra “rivoluzione colorata” in arrivo?

riv colorata iranovviamente se protestassimo in Occidente per il carovita, tipo in Europa per ogni memorandum o finanziaria lacrime e sangue o stangata, sicuramente tutti sosterrebbero i manifestanti invitando i governi a dimettersi giusto?

I neo-con, i media statunitensi a loro vicini e il presidente degli Stati Uniti stanno chiedendo agli americani di stare con il “popolo iraniano” e con i “manifestanti” nella loro “lotta per la libertà”.
Il motivo per cui questa storia suona incredibilmente familiare è perché abbiamo visto la stessa scena in Egitto, in Libia e in Siria, e anche nella stessa Iran alla fine degli anni 2000. Le proteste che diventano violente, una successiva repressione violenta o riportata come tale, e il peso della propaganda americana contro il governo bersaglio; sono tutte ripetizioni della “Primavera araba”. Null’altro che lo schema di rivoluzione/destabilizzazione usato dall’Occidente in paesi di tutto il mondo per decenni, in particolare negli ultimi venti anni.
CHE COSA VOGLIONO I MANIFESTANTI?
Le presunte richieste dei manifestanti sembrano abbastanza ragionevoli e legittime. Fino a questo momento, i media occidentali hanno riferito che l’argomento principale dei dimostranti si concentra sulle preoccupazioni economiche, cioè sul calo degli standard di vita; sulla disoccupazione; e sull’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Tuttavia, giunti oggi al terzo giorno di proteste, i media occidentali hanno iniziato a riferire che i manifestanti chiedono la fine della dittatura religiosa e delle politiche sia dell’Ayatollah Khamenei che del presidente Rouhani. Secondo alcuni articoli, le manifestanti donne sono arrivate al punto di gridare “morte a Khamenei” e hanno versato il loro hijab per costruire bandiere di fortuna. Altri dicono che i manifestanti sono concentrati sulla corruzione del governo.
Tuttavia, bisogna farsi delle domande. La prima domanda è “queste proteste nascono spontaneamente in Iran?”. Non si sa ancora. L’Iran è certamente una dittatura religiosa e molti iraniani vogliono la libertà dal dominio religioso. Va comunque ricordato che gli Stati Uniti e Israele hanno dichiarato apertamente il desiderio di vedere l’influenza iraniana infranta e, recentemente, nel 2009, gli Stati Uniti hanno tentato di progettare una rivoluzione colorata nel paese. I primi tre giorni del Movimento Verde in Iran assomigliavano molto ai primi tre giorni di questo movimento in corso.
Chiaramente le preoccupazioni economiche sono un grosso problema in Iran: un paese la cui economia ha sofferto per anni sotto le sanzioni occidentali e incapace di capitalizzare la Banca Nazionale. La disoccupazione ufficiale in Iran è di circa il 12%, ma è probabile che il tasso reale sia molto più alto. Nonostante l’abolizione di alcune sanzioni, non vi è quasi crescita economica nel paese: un altro risultato delle politiche economiche e commerciali neoliberiste. Tuttavia, vale la pena notare che Khamenei è stato anche critico nei confronti della scarsa economia e della gestione delle questioni economiche da parte del governo, nonostante sia al centro delle proteste.
 
Queste richieste non suonano irragionevoli, comunque le si veda. Tuttavia, le proteste religiose arrivano in un momento molto strano. L’Iran ha recentemente liberalizzato le sue leggi in materia di copricapi femminili, quindi perché protestare ora contro le leggi religiose?
Inoltre, un’attenzione particolare deve essere rivolta al concetto di “corruzione del governo”: un segno distintivo delle rivoluzioni colorate. Ci sono anche dubbi sugli slogan che vengono cantati dai manifestanti. In primo luogo, i manifestanti chiedono che l’Ayatollah e il presidente si dimettano. In altre parole, chiedono il cambio di regime. Questo è esattamente ciò che anche gli Stati Uniti, il GCC, la NATO e Israele vogliono che accada.
In secondo luogo, numerosi manifestanti stanno urlando “Lasciate stare la Palestina” e “Non per Gaza, non per il Libano, darei la mia vita (solo) per l’Iran”. Ancora una volta, i manifestanti stanno reiterando richieste di politica estera identiche a quelle volute da gli Stati Uniti, la NATO, il GCC e Israele. Tutto questo in una protesta che dovrebbe riguardare le preoccupazioni economiche.
Moon of Alabama, in un articolo intitolato “Iran – Regime Change Agents Hijack Economic Protests”, scrive:
 
“Le proteste contro le politiche economiche neoliberiste del governo Rohani in Iran sono giustificate. La disoccupazione ufficiale in Iran è superiore al 12% e non vi è quasi alcuna crescita economica. Le persone nelle strade non sono le uniche a non essere soddisfatte di questo. Il leader supremo dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei, che ha ripetutamente criticato il record economico del governo, ha detto oggi che la nazione sta lottando contro “prezzi elevati, inflazione e recessione” e ha chiesto ai funzionari di risolvere i problemi con determinazione. Giovedì e oggi gli slogan di alcuni manifestanti hanno trasformato la richiesta di aiuti economici in un appello per il cambio di regime.
Oggi, venerdì, il giorno di riposo settimanale in Iran, diverse altre proteste si sono svolte in altre città. Secondo la Reuters circa 300 dimostranti si sono radunati a Kermanshah dopo quello che Fars ha definito “una chiamata all’anti-rivoluzione” e hanno gridato “i prigionieri politici dovrebbero essere liberati” e “Libertà o morte”, mentre distruggono alcune proprietà pubbliche. I filmati, che non è stato possibile verificare, hanno mostrato proteste in altre città, tra cui Sari e Rasht nel nord, Qom a sud di Teheran e Hamadan a ovest.
 
Mohsen Nasj Hamadani, vicecapo della sicurezza nella provincia di Teheran, ha detto che circa 50 persone si sono radunate in una piazza di Teheran e la maggior parte ha lasciato dopo essere stata interrogata dalla polizia; ma alcuni che hanno rifiutato sono stati “temporaneamente detenuti”, ha riferito l’agenzia di stampa ILNA.
Alcune di queste proteste hanno vere ragioni economiche ma vengono dirottate da altri interessi: nella città centrale di Isfahan, un residente ha detto che dei manifestanti si sono uniti a una manifestazione tenutasi dagli operai delle fabbriche. “Gli slogan sono passati rapidamente dall’economia a quelli contro (il presidente Hassan) Rouhani e il leader supremo (Ayatollah Ali Khamenei)”, ha detto il testimone al telefono. Le proteste puramente politiche sono rare in Iran […] ma le dimostrazioni sono spesso tenute dai lavoratori per i licenziamenti o il mancato pagamento degli stipendi, e le persone che detengono depositi in istituti finanziari non regolamentati e in bancarotta.
Alamolhoda, il rappresentante dell’Ayatollah Khamenei nel nord-est di Mashhad, ha detto che alcune persone hanno approfittato delle proteste di giovedì contro l’aumento dei prezzi per recitare slogan contro il ruolo dell’Iran nei conflitti regionali. “Alcune persone erano venute per esprimere le loro richieste, ma improvvisamente, in una folla di centinaia, un piccolo gruppo che non superava i 50 gridava slogan devianti e orrendi come “Lascia andare la Palestina”,”Non Gaza, non il Libano, io do la mia vita (solo) per l’Iran”, ha detto Alamolhoda.
 
IL SUPPORTO DEI NEOCONSERVATORI
 
E’ interessante notare come il Presidente degli Stati Uniti abbia immediatamente dato il suo supporto alle proteste, incoraggiando gli americani a schierarsi con i manifestanti e le loro richieste. Questo supporto proviene da un uomo che vede raramente una protesta che non sia diretta contro di lui. Nel frattempo, gli organi Neo-Con come FOX News continuano a chiedere agli americani di sostenere i coraggiosi “combattenti per la libertà” in Iran. Quando i neo-con richiedono sostegno alle proteste, è giusto mostrarsi scettici.
È anche importante mettere in discussione quanto siano popolari queste proteste. Mentre i principali media occidentali e varie organizzazioni terroristiche sostengono la presenza di migliaia per ogni manifestazione, i video e le immagini mostrano in tutto un centinaio di manifestanti. Le proteste sono iniziate solo un mese dopo che la Casa Bianca e Tel Aviv si sono incontrati per discutere di una strategia sull’Iran.
 
“Una delegazione guidata dal Consigliere per la sicurezza nazionale di Israele si è incontrata con alti funzionari americani alla Casa Bianca all’inizio di questo mese per una discussione congiunta sulla strategia per contrastare l’aggressione dell’Iran in Medio Oriente”, ha scritto l’agenzia Haaretz.
 
AXIOS fornisce qualche dettaglio sulla riunione: “Gli Stati Uniti e Israele tengono d’occhio i diversi sviluppi nella regione e specialmente quelli che sono collegati all’Iran. Abbiamo raggiunto una comprensione della strategia e della politica necessaria per contrastare l’Iran. Le nostre intese riguardano la strategia generale, ma anche obiettivi concreti, modalità d’azione e mezzi che devono essere utilizzati per ottenere tali obiettivi”.
Questa apparente rivoluzione colorata potrebbe essere il risultato di quell’incontro USA / Israele?L’idea che una rivoluzione colorata possa essere tentata in Iran non è una fantasia. Sarebbe una ripetizione della storia. Ricordate, nel 2009 già si tentò di lanciare la cosiddetta “Rivoluzione verde”, ma fu repressa duramente dal governo iraniano.
 
IL “SENTIERO VERSO LA PERSIA”
 
Il piano per un attacco occidentale/israeliano contro l’Iran, insieme al teatro di presunte tensioni israelo-americane che porteranno a un attacco e a una guerra totale, è in corso da un po’ di tempo. Ad esempio, nel 2009, la Brookings Institution, un’importante società bancaria e militare-industriale, ha pubblicato un rapporto dal titolo “Which Path To Persia? Options For A New American Strategy For Iran”, in cui gli autori hanno delineato un piano che non lascia dubbi sul desiderio finale dei governi e delle istituzioni occidentali.
Il piano prevede la descrizione di un certo numero di modi in cui l’oligarchia occidentale sarebbe in grado di distruggere l’Iran, compresa l’invasione e l’occupazione militare. Tuttavia, il rapporto tenta di delineare una serie di metodi che potrebbero essere implementati prima che l’invasione militare diretta si mostri necessaria, incluso fomentare la destabilizzazione all’interno dell’Iran attraverso l’apparato proteste, disordini violenti, terrorismo per procura e “attacchi aerei limitati” condotti da Stati Uniti, Israele o entrambi.
 
Come recita il rapporto:
“Poiché il regime iraniano è ampiamente avversato da molti iraniani, il metodo più ovvio e accettabile per decretarne la fine sarebbe aiutare a promuovere una rivoluzione popolare sulla falsariga delle “rivoluzioni di velluto” che hanno rovesciato molti governi comunisti nell’Europa orientale a partire dal 1989. Per molti sostenitori del cambiamento di regime, sembra evidente che gli Stati Uniti dovrebbero incoraggiare il popolo iraniano a prendere il potere nel proprio nome e che questo sarebbe il metodo più legittimo per cambiare il regime. Dopo tutto, quale iraniano o straniero potrebbe rifiutarsi di aiutare il popolo iraniano a soddisfare i propri desideri?
 
Inoltre, la storia dell’Iran sembrerebbe suggerire che un tale evento sia plausibile. Durante il Movimento costituzionale del 1906, durante la fine degli anni ’30, probabilmente durante gli anni ’50, e ancora durante la Rivoluzione iraniana del 1978, coalizioni di intellettuali, studenti, contadini, mercanti bazar, marxisti, costituzionalisti e religiosi si mobilitarono contro un regime impopolare. Sia nel 1906 che nel 1978, i rivoluzionari ottennero il sostegno di gran parte della popolazione e, così facendo, prevalerono. Questa è la ragione per cui il popolo iraniano ha bisogno di credere che un’altra rivoluzione sia fattibile.
 
Ovviamente le rivoluzioni popolari sono eventi incredibilmente complessi e rari. C’è poco consenso accademico su ciò che provoca una rivoluzione popolare, o anche le condizioni che le facilitano. Anche i fattori spesso associati alle rivoluzioni, come la sconfitta militare, l’abbandono delle forze armate, le crisi economiche e le divisioni all’interno dell’élite sono stati eventi regolari in tutto il mondo e nel corso della storia, ma solo pochissime volte hanno portato a una rivoluzione popolare. Di conseguenza, tutta la letteratura sul modo migliore per promuovere una rivoluzione popolare -in Iran o altrove- è altamente speculativa. Tuttavia, è l’unica opzione politica che offre la possibilità che gli Stati Uniti possano eliminare tutti i problemi che affronta a causa dell’Iran, farlo a un costo accettabile, e farlo in un modo che sia accettabile per il popolo iraniano e la maggior parte del resto del mondo.”
 
CONCLUSIONI
Anche se la situazione in Iran è appena iniziata, sembra che sia in corso un’altra “rivoluzione colorata”. Mentre molte delle richieste sono legittime, tutti i segnali puntano verso il complotto occidentale nel tentativo di spezzare l’Iran. Distruggere l’Iran distruggerebbe anche Hezbollah, indebolirebbe la Siria e la Russia, e rinforzerebbe Israele. Se ciò riuscirà o meno dipenderà dalla capacità dell’Iran di schiacciare la rivolta. Se si può imparare qualcosa dalla rivoluzione del 2009, è che l’Iran si muoverà rapidamente e distruggerà le proteste con il pugno di ferro. Tuttavia, se le proteste che si svolgono oggi in Iran sono davvero una rivoluzione colorata e se l’Occidente ne è coinvolto, il “Sentiero verso la Persia” vedrà probabilmente un’escalation di attività, violenza e, in definitiva, uno scontro anche diretto con l’esercito americano.
 
(da Global Research – traduzione di Federico Bezzi) 2 gennaio 2018

L’ondata neoliberista travolge l’Argentina: aumentano fino al 500% le tariffe di acqua, trasporti, elettricità e telefonia

proteste Marcì
“Argentina, Macri brinda alla repressione: «Chi lancia una pietra è disposto a uccidere» Ah però se è per destabilizzare nazioni al grido libertà e democrazia per metterci i fantocci del Washington Consensus va bene lanciare pietre, sgozzare, assassinare, vedi Libia, Siria ed ora Iran.
In pochi mesi il governo Macri ha effettuato forti aumenti nei principali serivzi pubblici del paese e realizzato licenziamenti di massa”
Quando sostenete le “rivoluzioni colorate” sappiate che sostenete QUESTO, perché questa è l’essensa della cosiddetta democrazia, potere alle elites di rapinare e reprimere il popolo. La repressione in atto in Argentina NON INTERESSA L’ONU E NESSUN ATTO DI PROTESTA SOTTO L’AMBASCIATA ARGENTINA. Come mai? Ancora una riprova che la DEMOCRAZIA è un impianto inteso SOLO a garantire la libertà delle corporations e finanza di rapinare e ridurre in schiavitù le popolazioni.

L’ondata neoliberista travolge l’Argentina: aumentano fino al 500% le tariffe di acqua, trasporti, elettricità e telefonia

 
In pochi mesi il governo Macri ha effettuato forti aumenti nei principali serivzi pubblici del paese e realizzato licenziamenti di massa
La parola d’ordine è «normalizzare l’economia», dove il termine normalizzare significa riportare indietro le lancette della storia, tornare alla «larga noche neoliberal» che drammi inenarrabili ha prodotto a queste latitudini.
 
Il mese di aprile non inizierà sotto un buon segno per gli argentini, infatti, il governo neoliberista di Mauricio Macri ha decretato aumenti fino al 500% delle tariffe dei principali servizi pubblici. Vale a dire acqua, elettricità, carburante e trasporti in Argentina.
Il quotidiano Pagina 12 informa che le tariffe relative al servizio idrico subiranno un aumento del 500%, quelle del gas incrementeranno del 300%, mentre i trasporti del 150%.
 
Nel caso dell’acqua l’aumento è richiesto dall’azienda statale Agua y Saneamientos Argentinos (Aysa), che già in varie occasioni durante il mandato della presidente Cristina Fernández de Kirchner aveva insistito per ottenere un sostanzioso incremento.
Una richiesta sempre respinta dal governo kirchnerista che aveva come obiettivo primario quello di proteggere il popolo argentino.
Il Ministro dell’Energia, Juan José Aranguren, ha confermato che gli aumenti del gas saranno del 300%. Forti incrementi si segnalano anche nel settore dei carburanti: Luis Malchiodi presidente della Federación de Entidades de Combustible de Argentina ha annunciato che la nafta aumenterà di pari passo con l’inflazione.
Stangata in arrivo anche per la telefonia fissa: le autorità hanno concordato con le compagnie telefoniche aumenti del 186%, come informa TeleSur. «Si tratta del primo aumento accordato dal Potere Esecutivo dopo 14 anni di tariffe congelate». Questo il commento del quotidiano Pagina 12.
 
Queste misure vanno a sommarsi ai licenziamenti di massa e alla stretta repressiva imposta dal regime neoliberista di Mauricio Macri.
 
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  La repressione delle proteste contro la riforma delle pensioni di Macri è brutale. Il regime neoliberista…
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IL SUGGERITORE DI BERGOGLIO SUI MIGRANTI E’ UN BILDERBERG DI GOLDMAN SACHS

peter-sutherland21MAFIA CAPITALE UEBERALLES. Un banchiere alla Commissione migrazioni, oh quanto deve stargli a cuore la sorte degli ultimi e dei poveri…
L’Unione Europea deve fare del suo meglio per minare l’omogeneità dei suoi stati membri”, dettò nel giugno 2012
ah ma allora le migrazioni non sono volte a “salvare vite umane” ma ad attaccare “le omogeneità delle nazioni”. Pensavo che alla base della tolleranza ci fosse proprio il rispetto delle differenze….così raccontavano un tempo.
Dichiara ancora: E’ una dinamica cruciale per la crescita economica” ah quindi di nuovo, il fine a sostegno delle migrazioni selvagge non è quindi il “salvataggio” di vite umane?

Nei suoi discorsi ossessivi a favore dell’immigrazione senza limiti e il suo torvo, iracondo discorso di Natale  a difesa postuma dello Jus Soli, Bergoglio “sembra ispirarsi più a Soros che a Cristo”, ha commentato il filosofo Fusaro,  accusando El  Papa di mettersi sempre più al servizio della “mondializzazione e dello sradicamento capitalistico”.  Come mi ha ricordato un amico lettore, “Francesco” ha un ispiratore – o suggeritore o “gestore” –   più diretto di Soros. Un personaggio cui El Papa  ha dato in febbraio la presidenza della International Catholic Migration Commission,  e  che ha reso consigliere della Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA). Un filantropo umanitario dell’abolizione dei confini che è anche, come dubitarne?, un banchiere  d’affari. Ed è anche molto, molto di più.
S’introduca qui Peter Sutherland,  da almeno 20 anni presidente non (più) esecutivo di Goldman Sachs ma ultra-esecutivo del Bilderberg (sta nello “steering committee, ossia nella direzione che  del Gruppo elabora  l’agenda politica  e i fini da raggiungere); ebreo di madre, sionista, ex presidente  della BP (British Petroleum) e contemporaneamente Rappresentante Speciale dell’ONU per le Migrazioni, tutte cariche che non ha lasciato quando”Francesco” lo ha incoronato presidente della Catholic Migration Commission.
Ma è molto di più, Sutherland. E’ stato Commissario europeo alla Concorrenza quando presidente della Commissione era Delors;  è stato direttore del WTO, Organizzazione Mondiale del Commercio, ossia del tribunale mondiale del commercio globale senza confini né dazi, che praticamente ha creato da sé.
E’ capo del Global Forum on Migration and Development, da cui 160 paesi prendono le direttive sulla migrazione.
Insomma è il globalista totale e assoluto,  con le mani in pasta in tutte le entità sovrannazionali ad un tempo (ONU, WTO, UE,   forse la massima eminenza grigia della “mondializzazione   e  dello sradicamento capitalistico”  nell’interesse della finanza transnazionale.
Quasi dimenticavo: Sutherland è anche  presidente onorario  della Trilateral Commission e capo della London School of Economics, nonché  Cavaliere di Malta e membro dell’Opus Dei. Non si fa mancare nulla in posizioni di potere.
“La UE deve minare le omogeneità nazionali”, per Sutherland.
 
Le sue idee:
L’Unione Europea deve fare del suo meglio per minare l’omogeneità dei suoi stati membri”, dettò nel giugno 2012.  Parlava in qualità di presidente del Global Forum on Migration davanti alla sottocommissione inglese dei Lords, che stava indagando sull’aggravarsi improvviso delle ondate migratorie.
 
La risposta essenziale all’invecchiamento delle popolazioni in Germania o nei paesi del Sud Europa è, “ed esito a dirlo perché il concetto è stato attaccato, lo sviluppo di stati multiculturali”.  Il problema,   ha spiegato, sono le popolazioni, che “ancora  coltivano un senso della loro omogeneità   e differenza dagli altri. Ed è precisamente questo che l’Unione Europea, a mio parere, deve fare di tutto per  erodere”. In  nome di cosa?
 
“Della futura prosperità”, rispose. “ Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda sono  società  di migranti e quindi si adattano più prontamente a chi viene da un diverso mondo culturale.  E’ una dinamica cruciale per la crescita economica”.
 
Disse anche, Sutherland, che “si è passati dagli stati che scelgono i migranti, ai migranti che scelgono gli stati”,  per cui la capacità della UE  di “competere a livello globale” è a rischio…ma  d’altra parte, ha ingiunto: la UE deve smettere di selezionare solo migranti “altamente qualificati”   perche  “alla base di tutto, gli individui devono avere libertà di scelta” di dove muoversi.
(Qui per l’articolo della BBC , EU should ‘undermine national homogeneity’ says UN migration chief  http://www.bbc.com/news/uk-politics-18519395
Come si vede,   è proprio l’ideologia di “Francesco”, confusione e contraddittorietà compresa;  l’ideologia delle Bonino e Boldrini e  dei Manconi, del circo mediatico progressista.
Da qui si vede bene come ad ispirarle sia il capitalismo mondializzato finanziario; per il  quale le “omogeneità” , ossia le identità storiche e culturali che fanno i popoli vari e diversi, sono un ostacolo  e un intoppo, una pretesa odiosa, perché il consumatore globale tipo dev’essere letteralmente “senza identità”,  senza comunità,  “aperto” alle “esperienze”, cosmopolita, nomade e senza “tabù”, senza “pregiudizi” (e senza scrupoli),  di sesso variabile.  Nella esortazione di Sutherland che la UE  eroda,  mini,  indebolisca le “omogeneità” c’è   il disprezzo per la cultura  – ciò che fa à degli uomini esseri umani – come di sovrastruttura inutile e dannosa alla libertà di consumo.
 
Allo stesso modo papa Francesco, giorni  fa, ha sproloquiato: “Gli europei non sono una razza nata qui, hanno radici migranti”, evocando una  condizione anteriore alla civiltà e alla cultura – anche per lui, come per il presidente di Goldman Sachs,  la “omogeneità” culturale (quel che fa di ungheresi degli ungheresi,  la coesione di una comunità  e identità comune    saldata dalla storia, dalla lingua, persino dalle sue specifiche arti)  un fastidioso orpello che “resiste” alla “integrazione” senza limiti, una “mancanza di carità” contro la “accoglienza” – che oltretutto, completa il guru  Bilderberg  di El Papa, ci rende “meno competitivi sui mercati mondiali”.
Ora El Papa ha affidato la Commissione Cattolica sulla Migrazioni al banchiere d’affari  e al Bilderberg  –   ostile alle “omogeneità” culturali, e che si adopererà quanto può per “indebolirle”  (il verbo che ha usato è “undermine”), scalzarle, come se già non fossero abbastanza minate.  Per i papisti cattolici ingenui, quindi,  la questione da ideologica può venire fraintesa come morale: una questione di bene e di male.
 
Nella confusione etica che lo stesso Bergoglio ha sparso a piene mani, la “omogeneità” nazionale di un popolo  è equiparata al male morale, e male sarà volerla salvaguardare.   Spero che almeno si possa chiedere questo: se l’omogeneità è un male, perché Sutherland   auspica che venga scalzata in Europa, ma non la impone ad Israele, stato che difende con l’apartheid la  propria  identità, che  si  rifiuta di estendere la cittadinanza ai palestinesi perché questo snaturerebbe il “carattere ebraico  di Israele”, ossia la  propria omogeneità?   E’ strano che tutto ciò di cui i noachici debbono liberarsi perché  vizio deplorevole, sia invece pregiato, bello e giusto per i talmudici. Maurizio Blondet 27 dicembre 2017

Rockfeller: “Siamo stati noi a finanziare il movimento femminista. E vuoi saper perchè?”

Aaron Russo, regista hollywoodiano e amico dei Rockefeller, quando nel 2005 scoprì di essere un malato terminale di cancro, dedicò gli ultimi anni della sua vita a girare un video documentario-testamento sul signoraggio e il nuovo ordine mondiale che diffuse liberamente e gratuitamente su internet.
 
In questo documentario parlò anche del movimento femminista e del ruolo fondamentale dei Rockfeller in tutto questo.
 
Uno spezzone dell’intervista è possibile vederla in questo video:
 
Ecco le sue dichiarazioni, quello che voglio precisare è che nessuno parla di diritti negati o di qualche assurda differenza tra uomo e donna. Il discorso fila se si vede sotto un altro aspetto, quello del capitalismo di una società che si adatta ad esso è ai suoi padroni.
Quando chiesero a Rockfeller dell’importanza di quello che era stato il movimento femminista lui rispose.
“Siamo stati noi a finanziarlo.
 
E vuoi saper perchè?
 
Primo se la donna lavora fuori possiamo tassare anche il suo lavoro cosa che non accadrebbe se fosse a casa.
 
Secondo Possiamo togliere i bambini fin dall’infanzia dall’educazione della famiglia
 
La famiglia poi? Poco redditizia.
 
Abbiamo bisogno di una donna libera al fine di colpire l’istituzione familiare e creare una generazione di persone prive di legami affettivi stabili. E lo sai bene anche tu, più una società è disgregata più i consumi aumentano.
 
Sessualità libera della donna doveva essere il motto in cambio dell’annullamento di tutti gli altri diritti della persona.”
Breve riflessione personale: credo che non ci sia stato nulla di sbagliato nel movimento femminista, forse bastava solo rieducare le nuove generazioni ma, l’unico problema è il tempo che ci viene rubato, è il tempo che non passiamo con la nostra famiglia e che passiamo a produrre. Ecco la vera rivoluzione: rivedere il sistema e soprattutto “ridistribuire” il tempo, perché no! Non siamo nati solo per lavorare. dicembre 27, 2017

Asimmetrie

 

articolo sul futuro dell’Italia attraverso i fratelli greci, corredato da molte immagini che per motivi di spazio toglierò qui, lasciando la descrizione per comprendere cosa ritraeva e se interessati si possono visionare al link in fondo. L’immagine a fianco Asta di immobili. Atene, novembre 2017 (stampa greca)

Bravo kompagno TOriginal File Name: 2017120657.jpgsipras, dalla parte del popolo contro le banche sfratta LA SUA GENTE. Però accoglie tanti “profughi” tanto delle sorti dei greci dopo che hanno fatto la cosa giusta votando il solito GIUDA non importa nulla a nessuno. Ma non è stata strumentalizzazione no eh.. Già, la troika, quella BRAVA E BUONA CHE FA GLI INTERESSI DELLE GENTI E POPOLI EUROPEI, NARRANO le sinistre che sono politically correct e tanto tanto solidali ed antipopuliste.
 
Asimmetrie
Panagiotis Grigioriou ha partecipato il 2 e 3 dicembre al convegno organizzato a Montesilvano (PE) da Asimmetrie e, viaggiando, per mare dalla Grecia, ha potuto notare quanto l’Italia sia ancora – fortunatamente – ad uno stadio precedente di distruzione rispetto al suo paese. In altri articoli pubblicati nel mese di novembre, era stata descritta, tra le altre cose, la condizione disperata anche di chi lavora, in Grecia, ridotto spesso in povertà da stipendi da fame, o addirittura bloccato da datori di lavoro che non pagano del tutto (inchiesta di Der Spiegel tradotta da Vocidallestero).
Oggi i greci vedono sempre più spesso le proprie case messe all’asta ed acquistate per frazioni del loro valore da fondi esteri, in quella che, secondo Panagiotis, è la Fase II dell’azione distruttrice della Troika, finalizzata a spogliare i cittadini ellenici di tutte le loro proprietà (sia private che pubbliche) in modo da favorire il disfacimento dell’idea stessa di Grecia indipendente. Processo, questo, che viene posto in essere dalla geopolitica mondiale anche attraverso la forzata conclusione di accordi sull’altra grande vittima dell’euro-austerità bancaria, ovvero Cipro, da trasformare in un protettorato dalle istituzioni inutili e quindi sotto tutela. E allora diventa chiaro che l’austerità, l’euro, la Troika etc non erano “meri” meccanismi di dominazione economica, ma dissimulavano finalità ancora più ampie, di mutamento del quadro geopolitico del mediterraneo, e quindi europeo.
Alberto Bagnai (a sinistra) e Panagiotis Grigoriou, simposio A-Simmetrie. Italia, Pescara 3 Dicembre 2017
Piogge e venti. Un tempo credevamo di prepararci per il Natale. La scorsa settimana, gli amministratori coloniali della troika erano al loro consueto quartier generale ad Atene, l’hotel Hilton, per ricevere i ministri locali. Erano qui principalmente per monitorare l’esatta continuazione del programma di distruzione delle loro prede. Il 2018 sarà l’anno in cui il processo di de-ellenizzazione dell’economia, (e) che passa attraverso il sequestro della proprietà privata e pubblica dei Greci, accellererà. I para-ministri di Tsipras sorridono sempre davanti alle telecamere, e i greci li odiano. Sì, l’odio, come dire, la scomparsa assoluta del gesto politico.
Asta di beni dopo il sequestro. Tribunale di Atene, Novembre 2017 (stampa greca)
 
Le aste, ora elettroniche, dei beni immobiliari sequestrate dalle banche e dalle “autorità fiscali greche” hanno soddisfatto una richiesta … storica e insistente della Troika. I media hanno riferito che più di 18.000 immobili saranno liquidati, solo per la prima tranche. Va notato che coloro che perdono le loro proprietà (di solito, appartamenti e case, loro residenze primarie), non hanno il diritto di “riscattarle” al 5% del loro valore (attraverso un accordo con “loro” banche), come nemmeno possono farlo gli altri cittadini greci.
E questo perché gli acquirenti (quelli ammessi a “comprare” le attività al 5% del loro valore), provengono esclusivamente da quei famosi fondi di diritto estero, o in alcuni casi dai loro associati greci, selezionati uno per uno.
In effetti, tutto fa pensare che 2018 sarà l’anno in cui il processo de-ellenizzazione dell’economia (sequestro di beni privati e pubblici greci compreso), accelererà. I beni pubblici e privati gradualmente passeranno nelle mani dei nuovi proprietari del paese. Si colpisce così la spina dorsale economica, simbolica trave portante della società greca, poiché perdere la proprietà della casa in un paese dove lo stato non è (giustamente) storicamente considerato l’ultimo protettore, perdere il tetto è come perdere la propria stessa famiglia. Allo stesso tempo, è proprio questo processo che renderà i lavoratori greci, schiavi dei padroni rimasti del paese, che siano i futuri padroni tedeschi o altri, a meno che il progresso dei robot non decida diversamente (e questo ) prima del previsto.
 
Le seconde case dei greci vicino alla costa e sulle isole, diventeranno col tempo le prime case dei cittadini europei in pensione, mentre le abitazioni principali dei Greci già sequestrate saranno perse per sempre. Così, e questo è già molto evidente, anche alcune attività legate al mare, al turismo, all’agricoltura ed altre sono già in procinto di passare sotto controllo straniero. Si può dire che “questo è il risultato di un fallimento globale, un debito pubblico e privato così enorme che in più è … sotto il sole bruciante della globalizzazione” ragionamento volutamente semplificato e riduttivo, perché è un elemento essenziale nella guerra psicologica e asimmetrica che la Grecia o altri paesi, popoli e società subiscono e subiranno.
Asta vendita di immobili. Atene, novembre 2017 (stampa greca)
 
Tsipras “Creatura di Frankenstein”. Quotidiano “Kathimerini”, 2 dicembre 2017
 
Quindi sappiamo che attraverso questo processo alcuni faranno bottino, così, spudoratamente fregandosene delle nostre osservazioni. Queste stesse persone stanno già godendo in qualità di consulenti, liquidatori (come la società Qualco, proprietà di Orestis cugino del Ministro delle Finanze Tsakalotos, per esempio) e dipendenti degli studi legali più specializzati, localmente impegnati in loco dagli acquirenti, in modo da … concludere il lavoro, con la partecipazione delle istituzioni greche che dovrebbero proteggere i cittadini (polizia, giustizia, notai). Va notato che la legge chiamata “Legge Katseli”, dal nome del Ministro in carica nei primi anni del memorandum, che proteggeva i sequestri delle abitazioni principali, è stata in gran parte modificata, così da diventare praticamente inefficace.
Abbiamo l’impressione che se questo “governo” non venisse rovesciato, se i cittadini non dovessero reagire … o se una guerra civile non dovesse scoppiare (immaginando uno scenario scenario terribile ed estremo) in definitiva un una certa crescita economica, come quella evocata dai nostri ministri, potrebbe alla fine concretizzarsi. Certo … la classe media greca sarà stata prima completamente distrutta, ed i Greci non beneficeranno di questo ritorno alla crescita, eccezion fatta per questa nuova “elite” in divenire, anche in parte legata alla vecchia casta di nepotismo politico-finanziario e francamente mafiosa … come novelli Efialte costantemente tornati a nuova vita..
I greci non beneficeranno di questo ritorno della crescita e degli investimenti, che alla fine accadrà, così come la proprietà pubblica e privata non sarà greca. Così, certi capitali già arrivano, per esempio, per comprare appartamenti ed edifici proposti in lotti. E questa nuova “elite”, vivrà in zone più protette, lontano da plebei … e migranti, come negli altri paesi nelle Americhe e in Asia, e in modo che possiamo persino scommettere che l’economia della colonia finirà per generare ripetuti “surplus”. Come Racine probabilmente avrebbe detto a suo tempo: “E, per renderci felici, perderà per strada i miserabili” è un metodo anche questo….
 
Tsipras virtuoso della capriola, premiato a Parigi. Quotidiano “Kathimerini”,novembre 2017
 
Residenti di Mandra, arrabbiati contro Rena Dourou. Consiglio regionale, Atene, novembre 2017 (stampa greca)
 
La desolazione a Mandra dopo le inondazioni. Novembre 2017 (stampa greca)
E ancora, [la necessità di una] una rinegoziazione del debito greco diventerà senza dubbio finalmente chiara ai nuovi padroni del paese, come un modo per favorire il riavvio dell’economia greca, a spese dei cittadini degli altri paesi della disastrosa Unione europea, visto che dal 2012, le banche private francesi e tedesche sono state salvate … dal debito greco (tale è stato, sin dalle origini, lo scopo del “gioco”, non certo il “salvataggio della Grecia” , come confermato anche dalle recenti dichiarazioni di un certo Jeroen Dijsselbloem).
Questa nuova situazione è già abbastanza consolidata, i salari sono un quarto rispetto a quelli di prima del 2010, i contratti collettivi sono stati aboliti, e dalla scorsa settimana, gli amministratori coloniali della Troika allargata hanno ottenuto (tra le altre misure, incluso il raddoppio dell’importo delle ammende relative alle infrazioni al codice della strada) … dai burattini di Tsipras una notevole limitazione del diritto dei lavoratori allo sciopero, cambiando infine il processo decisionale all’interno delle aziende e, rendendo illegale ogni sciopero iniziato solo dai sindacati di settore, e non dai sindacati aziendali, caso per caso.
I greci hanno già capito che “loro” confederazioni sindacali hanno svolto lo stesso sociale ruolo della  valvola in una pentola a pressione, soprattutto nei primi anni dell’Occupazione (della troïka). Questo, dopo aver organizzato tra il 2010 e il 2013, molti scioperi ed eventi i più disparati, di solito divisi, come previsto, nascosti dietro un linguaggio vetero-rivoluzionario. Questi “sindacati”, tra l’altro finanziati anche dai fondi UE, ora possono scomparire, avendo compiuto la missione assegnata, poiché in realtà più di trenta anni di riformismo, e le recenti manifestazioni di un giorno ad Atene e Salonicco non cambieranno più la situazione.
 
“Il Parlamento – WC”. Quotidiano “Kathimerini”, dicembre 2017
 
Dibattito sul futuro di Cipro e la Grecia. Atene, 29 novembre 2017
 
Dibattito Dimitris Belandís (a sinistra) e Dimitris KONSTANTAKOPOULOS. Atene, 29 novembre 2017
E proprio quando … le manifestazioni stavano finendo, dopo coloro che manifestavano la loro rabbia in aula dopo il sequestro e la vendita all’asta delle loro proprietà, sono arrivati anche gli abitanti di Mandra che (dopo le inondazioni subite lo scorso novembre), hanno fatto irruzione nella sessione plenaria del Consiglio regionale sotto la presidenza della molto Syrizista Rena Dourou; le discussioni si sono vivacizzate di nuovo.
E per renderci felici, ci rimetterà il miserabile … e con esso il suo paese. In Grecia, regna un’atmosfera di rabbia sorda e di odio, così come di disperazione. A questo contesto, si aggiunge il triste teatro delle ombre degli eventi regionali e internazionali, che noi ora vediamo chiaramente.
 In un dibattito pubblico in cui sono stato di recente ad Atene, si è parlato della messa in  liquidazione della Repubblica di Cipro, come richiesto dalla potenze marittime (Stati Uniti e Gran Bretagna, con la gentile collaborazione delle Nazioni Unite e l’UE). Un processo (quasi) senza precedenti, già trattato qui su questo blog nel mese di dicembre 2016 (tre articoli dedicati alla pseudo-pacificazione di Cipro attraverso “negoziati” a Ginevra nel dicembre 2016-gennaio 2017).
 
L’attualità di questo dibattito è nasce dalla recente pubblicazione dell’analisi dell’esperto di  geopolitica e giornalista Dimitris KONSTANTAKOPOULOS, su questo argomento. Tra i partecipanti a questo dibattito, Dimitris Belandís, giurista, avvocato, che si dimise dal Comitato centrale SYRIZA nel luglio del 2015, ha sottolineato la totale incostituzionalità degli accordi che si realizzano sotto i nostri occhi, così come le palesi violazioni della Carta delle Nazioni Unite, e questo è solo l’inizio.
 
Filo spinato al porto di Patrasso. Dicembre 2017
 
Autorità Portuale e la bandiera greca. Porto di Patrasso, dicembre 2017
 
Trasporti … pacifici. Porto di Patrasso, dicembre 2017
Ricordiamo rapidamente che il putsch (di cui nessuno parla) è in pieno svolgimento (dal 2016), e mira a porre fine alla esistenza della Repubblica di Cipro, con il pretesto di trovare una “soluzione” per problema cipriota.
Si tratta senza dubbio del ‘piano Annan’ (ONU 2004) appena rimaneggiato, ricordando anche che la sovrarappresentazione politica della popolazione turco-cipriota rispetto al suo peso demografico (18% prima dell’invasione dell’esercito turco nel 1974 e della conseguente occupazione della parte nord dell’isola), nell’ambito del piano Annan, è stata uno dei motivi del rifiuto da parte dei greco-ciprioti nel referendum del 2004.
 
Se realizzato, questo piano creerà un’entità piuttosto strana, una teratogenesi in più, come nessun altro stato al mondo (ad eccezione probabilmente della Bosnia o di Timor Est). Il piano prevede la creazione (in un’isola relativamente piccola) di vari parlamenti e senati, con un sistema di veti incrociati e [prevedibilmente] continui, che garantirà posti di lavoro a migliaia di avvocati e, allo stesso tempo  impedirà al nuovo Stato di funzionare’.
Il nuovo stato non avrà un proprio esercito, ma una sorta di polizia internazionale per mantenere l’ordine tra gli abitanti. Il progetto costituisce una grave violazione di tutte le disposizioni in materia contenute nella Carta delle Nazioni Unite, nel diritto europeo, internazionale e costituzionale. Questo mostro giuridico trae la sua legittimità … dalla sua stessa logica, la quale pretende di risolvere il conflitto tra la maggioranza e la minoranza a Cipro trasformando uno stato indipendente, sovrano e democratico, in una sorta di protettorato postmoderno.
Gli esecutori, Alexis Tsipras e soprattutto Nicos Anastasiades (Presidente di Cipro) dal gennaio 2017 sono “fortemente incoraggiati” a firmare l’accordo. Quanto a Cipro, ci sono già molte reazioni che rifiutano questa “confederazione”, per cui il colpo di stato consiste nel dotare questo primo accordo (che non è stato ancora raggiunto) di un valore legale (che il Presidente Anastasiadis non può fornire, perché l’accordo sancisce la dissoluzione dello Stato del quale è Presidente), il tutto evitando e bypassando il necessario svolgimento di un referendum a Cipro.
 
 Rifornimento. Porto di Patrasso, dicembre 2017
 
 Camion ispezionato alla ricerca dei migranti. Porto di Patrasso, dicembre 2017
 
Guidatore in guardia al proprio camion. Porto di Patrasso, dicembre 2017
 
Salvo che Cipro e Grecia sono i due paesi maggiormente colpiti dalla Troika, la gente è stanca, la psiche sufficientemente “modellata” dall’ingegneria sociale, accelerata da quando c’è l’austerità … come regime politico. Il libro di KONSTANTAKOPOULOS porta il dibattito verso l’evidenza, quella che, ovviamente, i greci riconoscono verso la quale, tuttavia, sono impotenti: Nei programmi la Troika, è presente [anche] un implacabile ordine del giorno geopolitico.
 
Ed è proprio su questo aspetto della realtà che Dimitris Belandís ha anche illustrato, di sfuggita, le sue idee politiche: “SYRIZA, non è sinistra” è vero, ma ora è anche poco rilevante, se non insignificante, smitizzare il contenuto politico di SYRIZA, di Tsipras e di Nuova democrazia di Mitsotakis, siamo oltre … se non… siamo già spariti.
Ciò che la sinistra (prima che la società greca) non ha compreso (o non ha voluto capire) è che non si trattava solo di un finanziarismo e di un’austerità neoliberista (o ordoliberale), che era ed è sempre stato chiaro fin dall’inizio. Si deve notare che la cosiddetta austerità imposta alla Grecia l’ha privata del 27% del PIL in sette anni (più della quota del PIL francese persa durante la prima guerra mondiale, per esempio), e che lo stesso massacro non è stato imposto ad altri paesi sottoposti al regime della troïka, come il Portogallo.
 
Questo indebolimento completo della Grecia (popolazione, ricchezza, istituzioni, cultura, demografia, reattività come possibilità di rinnovamento della classe politica in modo democratico), non è un mero “effetto neoliberista,” perché dopo otto anni di totalitarismo ora si privano i greci del nocciolo duro della loro sovranità, nell’istante in cui li si priva della loro proprietà pubblica e privata e, in ultima analisi, della loro democrazia. Il progetto attacca ora, l’indipendenza stessa della Grecia (dal 1830) e di Cipro (dal 1960), che non è mai stata pienamente accettata dalle potenze occidentali “gerenti” del Mar Mediterraneo (Regno Unito e Stati Uniti), è che, secondo loro, dovrebbe ora scomparire del tutto.
Patrasso e la prima neve sulle montagne. Dicembre 2017
 
Nei pressi di Atene, passato abbellito. Fine novembre 2017
 
Mare Adriatico. Dicembre 2017
 
Questa è la vera agenda geopolitica dell’austerità, e non è solo una questione di lotta di classe, ahimè. Questo è particolarmente vero in quanto le attuali élite geopolitiche della globalizzazione finanziarista è essenzialmente un’elite del caos, e non della stabilità, anche in Europa. Gli ultimi accordi conclusi tra il burattino Tsipras e gli Stati Uniti sul rafforzamento accelerato del ruolo delle basi militari degli Stati Uniti a Creta (e presto nel nord della Grecia), comprese le potenziali armi nucleari che vi saranno installate (per non parlare degli accordi tenuti segreti anche ai membri cosmetici del “Parlamento” greco, così come a noi), non lasciano presagire niente di pacifico in un futuro che, stando ai fatti, sembra imminente.
Ed eccoci alla fine di un processo e, pure, all’inizio di un altro, in un contesto di guerra asimmetrica, non dichiarata, larvata e prossima a venire, che coinvolge le potenze marittime occidentali, l’Iran, la Russia e la Cina. Meglio si comprende, allora, la tattica Tsipras (e di Tsipras) è proprio di mettere la Grecia nella Fase II del programma di annientamento, dopo la fase-I realizzata tra il 2010 (inizialmente dal fantoccio Papandreou) ed il 2015. Giova ricordare che l’arrivo al potere di SYRIZA fu grazie al proposito di porre fine ai memoranda, attraverso l’idea generale “di restituire la dignità, far tornare la speranza far vincere la democrazia.” Poveri cittadini.
Lo choc fu enorme come previsto, e il lutto non finisce mai. Poiché il crimine del secolo è stato commesso dai truffatori Syrizisti (tale è sicuramente il pensiero della maggioranza dei greci), i cittadini così pesantemente ingannati sono sospettosi di tutto il “loro” personale politico e dei media. Il clima diventa più inquinato che mai, i servizi segreti (e quelli meno segreti) delle potenze straniere controllano i media, e anche alcuni baroni della politica di nepotismo locale come dell’economia, tra cui SYRIZA e il suo alleato dei “Greci Indipendenti” oggi nuovi campioni in questo campo. Nel frattempo, il burattino Mitsotakis sa che il suo tempo scatterà un minuto dopo il momento in cui Washington, Berlino e Bruxelles giudicheranno che il pupazzo Tsipras non sarà più utilizzabile.
Recentemente (due settimane fa), uno scandalo politico-finanziario e diplomatico è scoppiato quando si è appreso che alcune attrezzature militari (munizioni), era in procinto di essere vendute dalla Grecia all’Arabia Saudita. In seguito, un certo Papadopoulos (sconosciuto al grande pubblico), e vicino al ministro della difesa (leader del partito alleato di Syriza di “Greci Indipendenti”) Kammenos, si è presentato come il presunto intermediario (ben pagato per i suoi servizi). In base a come il caso è stato presentato dai media, Papadopoulos avrebbe imbrogliato sul suo incarico, e la vendita è stata infine congelata e poi annullata, considerando anche (per le apparenze), la guerra che l’Arabia Saudita conduce in Yemen.
 
Protesta e sgomento per il sequestro della casa. Atene, novembre 2017 (stampa greca)
 
Una certa stampa di oggi. Atene, dicembre 2017
 
Guardando le vetrine. Atene, novembre 2017
 
Intanto, l’”opposizione” (Nuova Democrazia) e sostanzialmente il clan Mitsotakis, ha presentato al “Parlamento” dei documenti compromettenti, classificati ancora come riservati, [secondo cui] i servizi segreti greci (?) e di altri paesi sarebbero coinvolti … nel caso, che può quindi rivelarsi un imbroglio [ndt: in italiano nel testo] totale. A meno che non ci siano altri casi pendenti, più gravi e dei quali è meglio che i greci non sappiano nulla… probabilmente per metterli davanti a un nuovo fatto compiuto.
 
Le nostre acque sono agitate e salmastre. Questo è anche il motivo per cui l’associazione (Think Tank) “a/Simmetrie” mi ha fatto l’onore di invitarmi in qualità di relatore al simposio che ha appena organizzato con il patrocinio dell’Università degli Studi di Abruzzo, con sede a Pescara, svoltasi il 2 e 3 dicembre, sotto il titolo “Euro, Mercati e Democrazia. Più Italia: la globalizzazione e l’austerità – quale ruolo per l’Italia?”. Voglio ringraziare anche pubblicamente “A / Simmetrie”, il suo iniziatore, professore di economia presso l’Università di Pescara Alberto Bagnai e l’Università di Abruzzo per l’invito, ed anche per la gestione materiale del mio viaggio, senza la quale sarebbe stato impossibile partecipare.
E parlo di viaggio e non di spostamento perché la particolarità è stata di effettuarlo su strada (800 km Andata e Ritorno tra Atene e Pescara) e in barca da Patrasso ad Ancona, abbandonando volontariamente . .. il sacrosanto aereo, solitamente usato in tali viaggi. Questo viaggio così strutturato, mi ha dato l’opportunità di vedere certe cose e di sentire che si dice della Grecia; viaggiare in Italia (e non solo) rimane un viaggio nel tempo nella geopolitica della crisi. L’Italia e la Grecia non si trovano nello stesso punto del ciclo con le loro rispettive situazioni, questo è evidente.
 
Prof. Alberto Bagnai. Pescara, il dicembre 2017
Dibattito sull’austerità. Pescara, 3 dic 2017
 
… Copie del passato e del presente. libreria di Atene, novembre 2017
Ouzo novembrino. Cortili impreziositi del passato in Attica
 
Questi viaggi lasciano anche la porta socchiusa per vedere qualche delitto della nostra modernità (che gli aerei e gli aeroporti, asettici, non consentono), come, ad esempio, nel porto di Patrasso quando si osservano “dal vivo”, i disperati tentativi dei migranti per nascondersi tra gli assi dei camion carichi. Gli autisti vigilano ansiosi sui loro mezzi, agenti di polizia e guardie di sicurezza fanno il loro lavoro…, anche i contrabbandieri dovrebbero essere lì da qualche parte. Viaggiare su strada è anche un modo di vedere, infine, come le autostrade italiane sono sempre così trafficate, mentre quelle in Grecia sono vuote dal 2010. Poi, in Italia la preparazione al Natale, le pubblicità e l’atmosfera ricordano la Grecia degli anni prima della crisi, alcune pubblicità italiane sarebbero da tempo impresentabili … per i greci.
 
Nel corso della conferenza, sono stato intervistato dal professor Alberto Bagnai per il suo pubblico, informato e curioso degli affari greci, sulla situazione del paese, e ho insistito su alcuni fatti ormai evidenti, poiché inerenti la fase I, ed altri relativi alla fase II del “caso greco”.
Ho insistito soprattutto sul calendario specifico dell’austerità, purtroppo ben nascosto nell’agenda geopolitica, e sulla neutralizzazione (e canalizzazione) delle reazioni popolari contro l’uccisione della democrazia, avvenuta ad esempio, facendo adottare al “Parlamento” il testo del memorandum Tsipras (agosto 2015), lungo 7.500 pagine, ed imposto dalla Troika. Un testo, va specificato, redatto in inglese e tradotto solo in parte in greco da un traduttore automatico, ma che colpisce quasi tutti i settori di attività, la democrazia, i diritti umani, come la vita dei Greci che i parlamentari, certamente, non hanno letto. “In ogni caso, non c’era umanamente il tempo per leggerlo,” hanno dichiarato alla stampa nel 2015 alcuni ministri Syrizisti.
 
Tornato in paese, il nord dell’isola di Corfù, dicembre 2017
Ritorno al paese. Igoumenitsa, nord-ovest della Grecia. Dicembre 2017
 
Le asimmetrie economiche che, prima o poi si dimostrano paraventi per le asimmetrie geopolitiche, e portando il ragionamento fino in fondo, ho mostrato che in ultima analisi, il popolo greco sta subendo una forma di aggressione simile ad una guerra asimmetrica. Così e francamente [è emerso] il timore degli amici italiani (per lo meno quelli i cui occhi e orecchie sono già aperti), che il loro paese possa “accettare” un futuro sotto la troïka, aumentando così il dosaggio di austerità che il paese di Garibaldi ha già subito. Certamente la geopolitica riguardante l’Italia non è paragonabile a quella della Grecia o di Cipro, salvo che il ragionamento (irrazionale) di base (austerità metademocrazia, sottomissione) sembra immutabile, a prescindere dei paesi interessati.
Al termine del processo, di cui l’euro è un caposaldo, c’è la morte della democrazia, la morte di ogni governo dell’economia di un determinato territorio da parte dei suoi cittadini, ed è la fine di qualsiasi controllo del proprio tempo (cioè del futuro) e, quindi, la sconfitta di ogni speranza, almeno di rompere l’intero guscio … (europeista). Ecco perché io non credo in “un’altra Europa possibile,” e ancora meno in “Plan-B”, triste a dirsi, forse, difficile da ammettere, ma è così.
Animali senza padrone Italia. Pescara, dicembre 2017
 
Se non altro, il viaggio è stato per me l’occasione di uscire dal quadro psico-letale della Grecia moderna e non è poco, allora, poter vedere, come si suol dire, un po’ di mondo, prima che sparisca del tutto.
 
Gli ultimi giorni di bel tempo nel mese di novembre e del suo ouzo [da bere] sulle spiagge di Atene sono lontani, e tornando a casa, ho trovato il nostro appartamento disperatamente freddo, perché senza riscaldamento dal 2012, ed i nostri animali, che vicini avevano curato durante la nostra … osservazione partecipativa [ndt: tecnica di analisi sociale, che prevede che l’osservatore stia dentro il sistema oggetto di osservazione e partecipi alla sua vita] in Italia.
 
Poi pioggia e vento. Nei tempi andati ci si preparava anche al Natale, solo che ogni illusione conosce prima o poi la sua fine. Tornando in Grecia, ci si sente come impantanati in una melassa che ostacola ogni riflessione, che avvelena la più piccola felicità quotidiana, e rende allo stesso tempo, ogni visione degli esseri umani e dei paesaggi, come oscurata da un velo di lutto.
 
Tuttavia, ho potuto raccontare al nostro Mimi e soprattutto al nostro piccolo Hermes, detto il Trismegisto (ha già … quattro mesi), che anche in Italia, a volte, ci sono animali senza padrone. Geopolitica o no … Missione compiuta. Ritorno a casa e ritornano anche le difficoltà per l’inverno! Povero blog … nell’esatto splendore della sua sopravvivenza …
 
Hermes ritrovato. Dicembre 2017
Articolo originale QUI
Sul sito www.asimmetrie.org saranno a breve disponibili i video integrali degli interventi dei vari oratori, tra cui quello di Panagiotis Grigoriou.
 
Traduzione a cura di FRANZ-CVM – sul mio blog è disponibile un “frasario essenzialedel convegno citato.
Resoconti più istituzionali dei lavori sono disponibili su questo stesso sito da parte di Fabio Conditi e su Intellettuale Dissidente da parte di Guido Rossi.
 
13 dicembre 2017 DI PANAGIOTIS GRIGORIOU greekcrisis.fr

In una struggente lettera a Babbo Natale, un bambino greco chiede tanto da mangiare

lettera alexisIl 36,7% dei bambini, in Grecia, vive in povertà e/o a rischio di esclusione sociale.
L’unicef e tutto il mondo tanto solidale non ha niente da dire? I bimbi e le famiglie greche non meritano una vita dignitosa? Non meritano vitto ed alloggio gratis se in difficoltà? NO. L’accogliente antifascista TSIPRAS pensa a far mangiare le banche e siccome è una scelta giusta per la democrazia  SILENZIO. E’ stato eletto il personaggio giusto per l’elites, che cali quindi la censura sul popolo greco.
La letterina di Alexis, un bambino di una scuola elementare greca
“Caro Babbo Natale, sono Alexis e sto facendo la quarta elementare. Sono stato un bambino bravo. Quest’anno vorrei che mi portassi molto cibo, così la mia mamma non dovrà più piangere. Non ha il lavoro. Se non puoi, vorrei che portassi un giocattolo a mio fratello che sta male. Ti voglio tanto bene“
Il 36,7% dei bambini, in Grecia, vive in povertà e/o a rischio di esclusione sociale.
In Italia le cose non sono migliori. Su 5 milioni di persone in assoluta povertà, il 12,5% sono minori. Contando poi quelli che sono ad esclusione sociale, il numero purtroppo è destinato a salire. Ci sono persone che chiedono solo di poter mangiare, un bene che uno Stato dovrebbe garantire a tutti, ma continuiamo a preoccuparci di tematiche vecchie di 70 anni pur di non ammettere il fallimento di questo Paese. Prima di richiedere quei “diritti civili” di cui tanti si riempiono la bocca.
commento di Maura Alpaca Bathory su fb 19 dicembre 2017

KTG – In una struggente lettera a Babbo Natale, un bambino greco chiede tanto da mangiare
di Henry Tougha – dicembre 18, 2017
Keep Talking Greece pubblica la lettera di un bambino greco di una scuola elementare di Patrasso, nella quale chiede a Babbo Natale molto cibo. La lettera è stata rilanciata via Facebook da un’organizzazione umanitaria, scatenando una gara di solidarietà. Ma la triste situazione, come ricordano i volontari, è che quella lettera rappresenta la situazione di oltre un terzo dei bambini in Grecia, un paese in cui la fame è tornata a essere un pericolo concreto.
 
di Keep Talking Greece, 15 dicembre 2017
 
Tutti i bambini a cui è stato chiesto di scrivere una letterina per Babbo Natale hanno chiesto probabilmente la cosa più ovvia: i giocattoli. Ad eccezione di un bambino, Alexis, di 8 anni.
Caro Babbo Natale, sono Alexis e sto facendo la quarta elementare. Sono stato un bambino bravo. Quest’anno vorrei che mi portassi molto cibo, così la mia mamma non dovrà più piangere. Non ha il lavoro. Se non puoi, vorrei che portassi un giocattolo a mio fratello che sta male. Ti voglio tanto bene“, ha scritto il ragazzino.
 
La struggente lettera per Babbo Natale è stata scritta da un bambino in una scuola elementare di Patrasso, nella parte occidentale della Grecia.
Secondo tempo24.gr la lettera di Alexis è stata pubblicata dalla ONG [Organizzazione Non-Governativa, NdT] Shining Star (Foteino Asteri) che si occupa del benessere dei bambini, sul suo account Facebook.  Molti greci si sono offerti di aiutare la famiglia di Alexis.
Ma la lettera è solo indicativa della triste situazione in cui si trovano molti bimbi in Grecia, dove il 36,7% dei bambini è a rischio di povertà ed esclusione sociale.
 
C’è sempre un Alexis nel vostro quartiere, nell’appartamento di fianco al vostro, nella classe o nella scuola di vostro figlio. Aiutate Alexis o fate una donazione a un’organizzazione di volontariato.

Biden: “Il Cremlino interferì in Italia sul referendum costituzionale”

renzi bidenDi Maio vola a Washington: “Fedeli agli Usa, non a Mosca”

Italy’s Prime Minister Matteo Renzi (L) meets U.S. Vice President Joe Biden at Villa Taverna in Rome, Italy November 27, 2015. REUTERS/Alessandro Bianchi

a seguire da “La stampa” Biden: “Il Cremlino interferì in Italia sul referendum costituzionale”

se non è fake news questa…certo che le cosiddette democrazie avanzate, quelle che esportiamo a suon di bombe sono così “comprabili” ?

Chi cazzo ha preso i soldi di Putin senza darci un euro?!?!

Secondo Joe Biden (l’ex vice presidente degli Stati Uniti), Vladimir Putin aiutò i sostenitori del No a vincere il referendum costituzionale. Eppure ricordo benissimo che Obama sosteneva il Sì, come puparo di Renzi. Ricordo che il No non aveva praticamente nessun sostenitore “importante” nei mass media e nei poteri forti, tutti schierati per il Sì.

Ricordo che Renzi aveva dalla sua tutti i pezzi grossi, oltre a nani, ballerine e orsi danzanti (persino Vasco Rossi chiese di non usare la sua canzone “C’è chi dice no” per la campagna del No), e che Matteo e Maria Elena erano talmente sicuri di vincere da promettere le loro dimissioni in caso di sconfitta. Ricordo che la campagna per il No l’abbiamo fatta noi cittadini, singolarmente, senza soldi, parlando con le persone per le strade, discutendo giorno per giorno sui social network per spiegare perché bisognava votare No.

Quindi la mia domanda è: chi cazzo ha preso i soldi di Putin senza darci un euro?!?!
9.11.2017 Carmine Monaco
https://www.facebook.com/carmine.monaco/posts/10159897318600093?pnref=story

Biden: “Il Cremlino interferì in Italia sul referendum costituzionale”

La denuncia dell’ex vice presidente Usa: l’offensiva non è finita. Ora la Russia sta aiutando Lega e Cinque Stelle in vista delle elezioni
I «no» al referendum costituzionale del 12 aprile 2016 hanno sfiorato il 60%

La Russia ha interferito con il referendum costituzionale italiano dell’anno scorso, e sta aiutando la Lega e il Movimento 5 Stelle in vista delle prossime elezioni parlamentari. La denuncia viene dall’ex vice presidente degli Stati Uniti Joe Biden, in un articolo pubblicato sulla rivista «Foreign Affairs» insieme all’ex vice assistente segretario alla Difesa Michael Carpenter.

Il saggio si intitola «How to Stand Up to the Kremlin», ossia come fronteggiare il Cremlino, e il catenaccio chiarisce l’obiettivo: «Difendere la democrazia contro i suoi nemici». Durante l’amministrazione Obama, il vice presidente era molto coinvolto negli affari internazionali, e aveva ricevuto in particolare l’incarico di gestire la crisi ucraina. Visto quanto sta avvenendo negli Usa con l’inchiesta sulla collusione tra la campagna elettorale di Trump e Mosca, molti osservatori hanno interpretato questo articolo come la conferma che Biden sta ancora considerando la possibilità di candidarsi alla Casa Bianca nel 2020.

Di Maio: “Soldi dai russi? Fake news, Biden e il Pd imparassero a perdere”

Il testo sostiene che Putin ha lanciato una campagna interna e internazionale per conservare il potere, basata su corruzione, ingerenza militare e politica. Secondo Biden la forza del capo del Cremlino è più apparenza che sostanza. L’economia russa dipende ormai esclusivamente dal petrolio e dal gas, e il calo dei prezzi l’ha profondamente danneggiata, al punto che la capitalizzazione sul mercato di Gazprom è scesa dai 368 miliardi del 2008 ai 52 di oggi. Il consenso politico è molto fragile, e per conservarlo Putin ha puntato su due cose: repressione dell’opposizione, e favoreggiamento della classe corrotta di oligarchi che lo aiutano a restare al potere. Ha creato una «democrazia Potemkin, in cui la forma democratica maschera il contenuto autoritario».

Questa strategia di sopravvivenza ha un importante aspetto internazionale, per almeno tre ragioni: difendersi dall’America, impedire ai Paesi vicini di passare nell’altro campo, e destabilizzare le democrazie occidentali. Biden scrive che gli Stati Uniti non hanno mai cercato di rovesciare Putin, ma lui si è convinto che hanno fomentato le rivolte in Serbia, Georgia, Ucraina, Kirgyzistan, mondo arabo, e le proteste scoppiate tra il 2011 e 2012 in varie città russe. Quindi considera Washington il suo nemico principale, e per difendersi ha orchestrato la campagna di disinformazione finalizzata a influenzare le presidenziali del 2016. Nello stesso tempo non può permettersi che i Paesi vicini, quelli nella sfera considerata di «interesse privilegiato russo», passino dalla parte occidentale, perché darebbero un esempio negativo agli stessi cittadini russi desiderosi di democrazia, libertà e sviluppo. Così si spiegano i vari interventi diretti, tipo Montenegro, Georgia, Ucraina, Moldova, dove ha usato i tentativi di colpo di stato o la forza militare.

Oltre alla difesa della Russia e dei territori vicini, la strategia di Putin comprende anche l’attacco dell’Occidente, per destabilizzarlo dall’interno e renderlo meno capace di contrastare Mosca. In questo quadro si inseriscono le iniziative lanciate per interferire con le elezioni. In Francia l’offensiva è fallita, ma «la Russia non si è arresa, e ha compiuto passi simili per influenzare le campagne politiche in vari Paesi europei, inclusi i referendum in Olanda (sull’integrazione dell’Ucraina in Europa), Italia (sulle riforme istituzionali), e in Spagna (sulla secessione della Catalogna)». Quindi Biden denuncia gli aiuti del Cremlino alla destra estrema in Germania, e aggiunge: «Un simile sforzo russo è in corso per sostenere il movimento nazionalista della Lega Nord e quello populista dei Cinque Stelle in Italia, in vista delle prossime elezioni parlamentari». A questo proposito bisogna ricordare che l’ex vice presidente era alla Casa Bianca, quando nell’autunno del 2016 il dipartimento di Stato inviò una missione a Roma per informare l’ambasciata di Via Veneto sui sospetti di ingerenze del Cremlino, ed era con Obama quando poco dopo ricevette l’allora premier Renzi a Washington.

Biden cita l’Internet Research Agency di San Pietroburgo come uno degli strumenti usati per diffondere ovunque le fake news, e denuncia anche l’uso della corruzione. Ad esempio nel gennaio scorso le autorità di New York hanno accusato la Deutsche Bank di aver riciclato 10 miliardi di dollari dalla Russia, e pochi giorni fa il procuratore Mueller ha chiesto alla banca tedesca di fornire informazioni sui conti che hanno presso di lei Trump e i suoi familiari. L’ex manager della campagna presidenziale, Manafort, è stato incriminato proprio per riciclaggio.

Biden non discute i motivi che potrebbero aver spinto l’attuale capo della Casa Bianca a essere disponibile verso il Cremlino, ma avverte che se lui non difenderà gli Usa e l’interno Occidente da questa offensiva, il Congresso, i privati e gli alleati dovranno farlo al suo posto, per salvare la democrazia liberale.
Pubblicato il 08/12/2017 paolo mastrolilli
http://www.lastampa.it/2017/12/08/italia/politica/biden-il-cremlino-interfer-in-italia-sul-referendum-costituzionale-kga1zMpSJhKCS2yv3aMdMN/pagina.html