NIGERIA, IL CANNIBALISMO PER MAGIA NERA. Un rapporto della Commissione Canadese per l’Immigrazione.

 il 12 febbraio 2018
In Nigeria li chiamano “ritualistics”. Sono una piaga  che la polizia non sa, e forse teme kultura d'avanguardiadi contenere. Qui sotto un rapporto  della Commissione canadese per i rifugiati e gli immigrati (traduzione automatica)
Nigeria: prevalenza dell’omicidio rituale e del sacrificio umano; risposta della polizia e dello stato (2009-2012)
20 novembre 2012
corpo donna parti mancanti
1. Panoramica
Secondo varie fonti, le uccisioni rituali in Nigeria vengono eseguite per ottenere parti del corpo umano da utilizzare nei rituali ( Daily Trust, 21 giugno 2010, Osumah e Aghedo, giugno 2011, 279, Sahara Reporters 3 luglio 2012), pozioni ( Daily Trust 21 giugno 2010; Questo giorno 26 settembre 2010) e incantesimi ( The Punch 10 agosto 2012; Sahara Reporters 3 luglio 2012).
Il quotidiano di Lagos This Day spiega che “i ritualisti, conosciuti anche come cacciatori di teste, vanno alla ricerca di parti umane su richiesta degli erboristi, che li richiedono per i sacrifici o per la preparazione di varie pozioni magiche” (26 settembre 2010) . Allo stesso modo, il Daily Trust di Abuja indica che le parti del corpo umano vengono portate dagli erboristi che eseguono i rituali (21 giugno 2010). Tali riti sono motivati secondo la convinzione che possono portare potere e ricchezza a un individuo ( Leadership 30 aprile 2012, The Punch, 10 agosto 2012, Daily Trust, 21 giugno 2010). Le fonti indicano anche che si ritiene che gli incantesimi rendano invincibile una persona ( The Punch 10 agosto 2012) e li proteggano da insuccessi, malattie, incidenti e “attacchi spirituali” ( Daily Trust 21 giugno 2010).
 
Secondo il quotidiano Punzon , “molti” nigeriani “sono stati fatti credere” nell’efficacia di tali rituali (10 agosto 2012). Il Daily Trust indica che “molti esperti” attribuiscono la prevalenza dell’omicidio rituale alla “continua credenza tra molti nigeriani, … anche educati, nel soprannaturale” (21 giugno 2010). Allo stesso modo, un articolo pubblicato da Sahara Reporters, una “comunità online di giornalisti e sostenitori sociali” nigeriani (25 luglio 2010), afferma che la credenza nel potere dell’omicidio rituale “è molto forte tra la popolazione locale [della Nigeria meridionale] incluse persone di diverse fedi e background educativi “e non solo tra” analfabeti fetish tradizionali “(3 luglio 2012).
 
In un articolo accademico sul rapimento in Nigeria, i ricercatori della Ambrose Alli University di Ekpoma, Edo State e l’Università del Benin a Benin City affermano che gli obiettivi tradizionali del rapimento rituale sono “bambini, matti e disabili” (Osumah e Aghedo Giugno 2011, 279). Allo stesso modo, l’articolo del Sahara Reporters afferma che “membri vulnerabili della società”, come donne, bambini, anziani e persone con disabilità, così come familiari di rituali, sono presi di mira e uccisi (3 luglio 2012). Secondo un sociologo dell’Università Bayero di Kano intervistato da Agence France-Presse, “i preti fetish [in Nigeria] sono noti per favorire le parti del corpo dei bambini per pozioni ricche di richiamo rapido” (4 luglio 2009).
2. Prevalenza
Secondo questo giorno , gli omicidi rituali sono “una pratica comune” in Nigeria (26 settembre 2010). Questa affermazione è parzialmente confermata dall’articolo del Sahara Reporters, che afferma che l’omicidio rituale è comune nella Nigeria meridionale (3 luglio 2012). The Daily Trust scrive che le uccisioni rituali continuano ad essere praticate in Nigeria e sono diventate più diffuse dal 1999

Ritual KillersYoung lady murdered, heart, intestines removed (Very Graphic Photo)

ritual murderAnother young lady has fallen a victim of ritual killers as she was murdered and her heart and intestines removed.

Published: 29.02.2016 Isaac Dachen

The body of the murdered girl

The quest for money, wealth and power seems to have overtaken the reasoning of many people in this age as they can go to any length to get what they want, including killing their fellow human beings.

Read More: “Desperation: Body of young lady allegedly murdered for money ritual found in Port Harcourt (Graphic Photo)”

This was the case with these very disturbing photographs that were shared on Twitter over the weekend by a usere with the name Aliyu Kwarbai, where an an unfortunate young lady fell a victim of the mindless killers who murdered her, ripped open her stomach and removed the intestines as well as her heart which was also removed.

Read More: “Rituals: 2 more female corpses found in Ikorodu”

The gory incident was said to have happened in a community in the eastern part of Nigeria.

See the tweet here.

Confermato: gli Emirati Arabi finanziano il traffico umano per fare pressione sull’Europa


Feb 07, 2018
 
Migranti nei centri in Libia
 
Un alto funzionario dell’Ufficio di Immigrazione della Libia ha informato questo martedì che gli Emirati Arabi Uniti (EAU) sostengono e finanziano il traffico umano di migranti dall’Africa verso l’Europa per utilizzare queste persone come strumento di pressione contro i paesi europei a proprio beneficio.
 
Senza entrare in dettagli il funzionario ha riferito chegli Emirati Arabi Uniti non hanno una stretta relazione diretta con i commercianti e trafficanti ma offrono soltanto appoggio finanziario al traffico umano per motivi politici”.
L’ufficiale libico, che ha voluto mantenere l’anonimato, basa le sue accuse sulle testimonianze rilasciate dai migranti che si trovano nel centro per i rifugiati alloggiati ion Libia, ed ha precisato che gli Emirati stanno equipaggiando i trafficanti con nuovi veicoli in grado di muioversi agevolmente in aree desertiche, li riforniscono di armi ed aiutano i principali trafficanti a fuggire dopo aver portato a termine i loro viaggi.
Migranti in arrivo su coste italiane
 
Circa le motivazioni che spingono Abi Dabi a sostenere questo traffico, la fonte assicura che si tratta di motivazioni politiche, presumendo che gli emirati promuovono le migrazioni di cittadini africani verso l’Europa per utilizzrli come leva di pressione contro i paesi europei e materializzare così i propri obiettivi politici. E’ noto che gli Emirati sono un paese satellite dell’Arabia Saudita e che questa potenza favorisce l’emigrazione di grandi masse islamiche verso l’Europa dove sono in azione gli iman, formati in Arabia Saudita, per diffondere l’ideologia religiosa wahabita e salafita che è quella vigente a Rijad e nei paesi del Golfo.
Tuttavia lo stesso funzionario spiega che gli Emirati non sono il solo paese implicato nel traffico umano, visto che tale traffico è agevolato anche da gruppi che si trovano in Libia, da altre organizzazioni che sono nel Sudan e nella Nigeria, per quanto le motivazioni di alcuni e di altri non sono le medesime. Allo stesso tempo il funzionario ha segnalato che tra i favoreggiatori e complici del traffico ci sarebbe anche una influente tribù dell’Eritrea.
 
L’Europa, dal Gennaio del 2015, assiste ad un massiccio afflusso di migranti dai paesi africani e dal Medio Oriente, la maggioranza dei quali mettono a rischio la loro vita attraversando il mare dalla Libia verso le coste dell’Italia. Un numero imprecisato di questi migranti ha perso la vita durante il trasferimento in mare.
 
Vari gruppi di difensori dei Diritti Umani, come Amnesty International, hanno criticato la gestione di questo fenomeno fatta dall’Unione Europea.
Fonte: Hispantv
Traduzione: Luciano Lago

Microcredito e migrazioni di massa: la finanziarizzazione della disperazione

migration loanMolto interessante. Dove trovi 6000 dollari se sei in un paese povero, per di più in guerra? Per i senzatetto italiani nessun LOAN. Per i disoccupati italiani nessun Loan, solo cartelle di Equitalia.
ED ECCO UN ALTRO TASSELLO DI MAFIA CAPITALE INTERNATIONAL, CHIARO PERCHE’ OGNI OBIEZIONE SIA DA CENSURARE E REPRIMERE?? SOLDI, anche se la chiamano solidarietà

È una domanda che tutti, almeno una volta, ci siamo posti: chi finanzia i costosi viaggi della morte che spingono migliaia di disperati su imbarcazioni di fortuna, tra mille peripezie e l’incognita dell’approdo?
 
Molti giornalisti si sono impegnati nella ricostruzione dei calvari degli emigranti per arrivare al porto di partenza, delle condizioni schiavistiche cui sono sottoposti dalla criminalità locale. Ma rimane irrisolto il tassello iniziale di queste tragiche diaspore, ossia la disponibilità di somme di denaro ragguardevoli, esorbitanti se rapportate al tenore di vita locale, per intraprendere il viaggio. Le inchieste in merito sono limitate e le nostre domande cadono nel vuoto.
Nel cercare di comprendere questo enigmatico fenomeno ci viene in aiuto uno studio condotto dalla sociologa Maryann Bylander in Cambogia tra il 2008 il 2010. Analizzando la frequenza e le modalità di emigrazione della popolazione  si scopre una correlazione diretta tra espansione del microcredito e aumento dei flussi migratori verso l’estero.
Stesso nesso si riscontra in un altro Stato del Terzo Mondo, il Bangladesh, paese di origine di circa un decimo dei migranti che ogni anno arrivano in Italia (oltre 10 mila nel solo 2017).
E’ qui che, grazie all’appoggio di illustri sostenitori come i Clinton e Bill Gates e con il sostegno della stessa Banca mondiale, venne creata nei primi anni ’80 la Grameen Bank, istituto finanziario che concedeva denaro alle persone più indigenti, impossibilitate ad avere accesso al credito, con il fine “filantropico” di offrirgli un futuro migliore. I prestiti concessi si tramutarono in un incentivo all’emigrazione per la popolazione locale, priva degli strumenti e delle possibilità di investire le somme ricevute in modo proficuo e di poterle restituire con i dovuti interessi. In men che non si dica si è venuto a creare il business dei cosiddetti “migration loans”, un affare d’oro per organizzazioni non governative come BRAC (Bangladesh Rural Advancement Commitee), leader nel settore.
Il sito istituzionale dell’organizzazione  bengalese – attualmente la più grande al mondo e prima nella classifica delle cento migliori ONG secondo il Global Journal nella specifica sezione “Migration loans” dichiara : “In Bangladesh, le scarse opportunità di lavoro per una popolazione in età lavorativa in crescita comportano che molti giovani, uomini e donne si trasferiscano all’estero per lavorare. Sebbene sia spesso un investimento che vale la pena fare, i costi iniziali per andare all’estero sono considerevoli (…) BRAC offre alle persone in cerca di lavoro all’estero prestiti per emigrare, progettati per soddisfare le esigenze di finanziamento dei lavoratori migranti in modo gestibile e conveniente. Il programma di microfinanza controlla anche la validità dei contratti e dei documenti di viaggio per garantire che i clienti non siano vittime di frodi da parte di agenti non autorizzati. (…) A giugno 2016, BRAC ha contribuito a finanziare 194.000 lavoratori migranti che cercano lavoro all’estero.
 
Ma non solo, oltre a fornire i finanziamenti e l’assistenza per emigrare, l’organizzazione non governativa più grande al mondo si occupa anche di come ottenere il rimborso e il pagamento del prestito. Nella stessa sezione del sito, infatti, sotto la dicitura “Prestiti di rimessa” si legge: “BRAC fornisce ulteriore supporto alle famiglie dei migranti sotto forma di prestiti di rimesse. Questi prestiti sono progettati per offrire maggiore flessibilità alle famiglie che fanno affidamento sulle rimesse mensili inviate da un familiare che guadagna all’estero.” Tali prestiti, spiega l’ONG, consentono alle famiglie di accedere a somme di denaro forfettarie per fare investimenti o spese mentre aspettano di ricevere le rimesse inviate dall’estero. Si tratta “di scommesse sicure per la famiglia e per BRAC perché i clienti hanno un flusso di guadagno assicurato con cui pagare costantemente le rate ogni mese.” Tra giugno 2014 e giugno 2016 BRAC ha offerto questo servizio a oltre 40.000 famiglie.
 
Un business sul business quello di BRAC, che opera non solo in Asia ma anche in America Latina e in molti paesi dell’Africa. Vengono concessi finanziamenti non per lo sviluppo dell’economia locale, bensì per incentivare l’emigrazione, secondo un infondato modello di sviluppo economico che vede nelle rimesse da parte dei migranti una fonte di crescita per il paese d’origine. In realtà è provato che tali rimesse, laddove riescano a ripagare il debito contratto dalla famiglia per il viaggio all’estero, vengono destinate per lo più al fabbisogno e ai consumi primari e non agli investimenti e alla attività produttive locali. Non sono rari i casi drammatici di vite immolate per ripagare il prestito, dall’aumento dei suicidi riscontrato in alcune zone dell’India alla vendita di organi da parte di cittadini bengalesi.
Un affare d’oro quello delle rimesse – a latere del quale prolifera il settore delle agenzie di recupero del credito – che ha visto un incremento in termini globali di oltre il 50% in soli 10 anni, per una cifra complessiva di 445 miliardi di rimesse nel solo 2016, il 13% delle quali è stato inviato in Africa (dati Ifad). E proprio verso questo continente inviare denaro sotto forma di rimesse è particolarmente oneroso, con commissioni che vanno dal 10 fino al 15%.
 
Un sistema perverso e ben oleato di finanziamenti, tassi di interesse e commissioni che fa della disperazione il proprio fulcro.
 
È la finanziarizzazione della povertà e delle vite umane, una delle tappe più sciagurate di un modello economico globale antisociale e regressivo.

DOPO ANNI UN MILIONE E 500.000 PERSONE IN PIAZZA AD ATENE

macedonia è GreciaVoice of Europe:”in Grecia 60.000 migranti afghani ricevono tutti i mesi 400 euro dall’UE.” L’UE prima devasta la Grecia con la Troika, e poi elargisce aiuti ai migranti. Ora vi chiedo: se esplode una guerra tra greci e migranti, chi è il mandante morale?

DOPO ANNI UN MILIONE E 500.000 PERSONE IN PIAZZA AD ATENE
 
Da Piazza Syntagma (Costituzione) di Atene si è levata la protesta contro TUTTI i partiti e il governo che vogliono riconoscere Skopje con il nome Macedonia per facilitarne l’entrata nella NATO e nella UE!
 
Contro iI Memorandum, la Troika, l’Unione Europea e gli USA…
 
Il popolo gridava: “Indipendenza Nazionale, Sovranita’ Nazionale, Liberta’ e Democrazia…
 
Oratore principale il simbolo della Resistenza Greca Mikis Theodorakis, che la sera prima aveva subito un attacco alla sua abitazione da parte di gruppi tsiprini, con scritte che accusavano i promotori della manifestazione di essere dei ‘sinistroidi fascisti’.
Grazie a Nikos per foto e info in diretta

Grecia: i lavoratori costretti a restituire la tredicesima

grecia-crisi-debitodirei sia assai evidente perché le borse, i magnati liberisti, il capitalismo ami tantissimo i governi di sinistra e detesti i “populisti”. Da noi la situazione non è affatto diversa. Date un’occhiata ai fallimenti del 2017.


Grecia: i lavoratori costretti a restituire la tredicesima
 
Continuare a parlare della Grecia è più che mai cruciale, dopo che abbiamo letto post come questo e come questo. Ora dal blog Keep Talking Greece arriva un’altra testimonianza raggelante sulle condizioni dei lavoratori in questo paese, dove, per citare l’antropologo Panagiotis Grigoriou, è in corso un processo “che renderà i lavoratori greci schiavi dei padroni rimasti”. Questo articolo ne mostra i segni con inoppugnabile evidenza, scontrandosi con chi sproloquia di “ripresa della crescita greca” e di “cura dell’austerità che ha funzionato”. In un paese dove la disoccupazione giovanile supera il 40% e i salari sono precipitati fino a garantire a mala pena la sussistenza, la capacità dei lavoratori di resistere ai ricatti è praticamente sparita: fino al punto che si è obbligati a restituire in contanti quello che era stato messo per legge in busta paga.
Diversi datori di lavoro hanno trovato una “ricetta” per riempire i loro registratori di cassa durante i giorni di Natale: hanno chiesto indietro la tredicesima che sono obbligati – per legge – a pagare ai dipendenti.
 
Le proteste dei dipendenti sono atterrate una dopo l’altra negli uffici dei sindacati.
 
Patrasso, i lavoratori nei negozi di vendita al dettaglio, ristoranti e imprese di pulizia si sono lamentati con il sindacato dei dipendenti del settore privato che i loro datori di lavoro hanno richiesto indietro il bonus di Natale.
Diverse denunce hanno raggiunto i sindacati anche a Larissa, nella Grecia centrale. Il presidente del Centro per il lavoro locale ha affermato che “non credo di esagerare se dico che nel settore della ristorazione il fenomeno ha toccato l’80% dei lavoratori”.
 
Tra l’altro ha aggiunto che “una grande catena di negozi ha preteso che fosse restituita la tredicesima, minacciando di licenziare i lavoratori se non avessero obbedito”, aggiungendo che “purtroppo i datori di lavoro richiedono indietro anche parte degli stipendi, adducendo come pretesto le difficoltà economiche”.
Il problema è che i dipendenti non possono dimostrare di aver dovuto restituire il piccolo extra, poiché nella maggior parte dei casi sono costretti a restituire il bonus in contanti subito dopo averlo ritirato al bancomat.
Episodi simili sono stati segnalati anche nell’isola di Creta.
 
Secondo quanto riferito, alcune catene di supermercati hanno costretto a restituire il bonus natalizio, dando in cambio agli impiegati un sacchetto di prodotti alimentari.
Non è il primo anno che i datori di lavoro richiedono indietro il bonus natalizio, equivalente a uno stipendio mensile.
 
La Grecia è in crisi economica, e questo rende i datori di lavoro creativi in modo decisamente pessimo, a prescindere da quello che impone la legge sul lavoro.
di Rododak – gennaio 9, 2018 – di Keep Talking Greece, 28 dicembre 2017

PRESIDENTE NIGERIA: “NON DATE ASILO A NIGERIANI, DA NOI SCAPPANO DELINQUENTI”

sarà mica razzista pure lui? A noi antirazzisti sembra tanto strano che i paesi africani abbiano un ordinamento giuridico al quale i cittadini di tale paese debbano attenersi? E suona tanto strano che omicidio e stupro siano reati anche là? E che chi commette reati finisce in galera? Ed è ovvio che vogliano fuggire? Capisco solo che quando i media a prescindere li ritiene profughi senza manco sapere chi realmente siano e da cosa fuggono, mettono a repentaglio altre persone, ma guai a parlare di responsabilità morale, concetto da usare solo a senso unico.

In un’interessante intervista concessa al britannico Telegraph, il presidente della NigerPresidente Nigeriaia, Buhari, spiega come ad abbandonare il suo Paese siano in gran parte i criminali, e che non avrebbero alcun motivo di chiedere Asilo, visto che in Nigeria non ci sono guerre.
 
Parlando con il corrispondente Colin Freeman durante un viaggio a Londra, Buhari ha avvertito i suoi concittadini di “smettere di cercare Asilo politico all’estero”, perché i nigeriani che “partecipano all’esodo di clandestini verso l’Europa, lo stanno facendo solo per ragioni economiche, e non perché in pericolo.”*
Ha continuato dicendo che “a causa del numero di nigeriani detenuti per violazioni della legge in tutta Europa, è improbabile ottenere molta simpatia all’estero!”
“Alcuni nigeriani affermano che è troppo difficile tornare a casa, ma hanno anche reso difficile ad europei e americani accettarli, a causa del numero di nigeriani nelle prigioni di tutto il mondo accusati di traffico di droga o di traffico di esseri umani”, ha detto.
Non credo che i nigeriani abbiano motivo di lamentarsi. Possono rimanere a casa, dove sono richiesti i loro servizi per ricostruire il paese.”
Una persona sensata. A dimostrazione che da questi Paesi arriva da noi il peggio.
by informazionelibera · 26 gennaio 2018

La UE impone una legislazione antisindacale alla Grecia

tsipras sirizala Ue è democrazia e benessere, è diritti e libertà. Guai stare dalla parte del popolo, le sinistre lo sanno bene ed obbediscono.

Mentre in Italia ci si affanna per la campagna elettorale e si cercano improbabili mandanti morali di gesti da psichiatria criminale, CounterPunch ci ricorda che in Grecia il governo di Syriza, obbediente all’Unione Europea, sta portando avanti la distruzione dei diritti dei lavoratori. I provvedimenti di limitazione del diritto di sciopero (di cui abbiamo già parlato recentemente) imposti da entità esterne durante un periodo di crisi, sono un fatto gravissimo, ma sono esattamente in linea con i provvedimenti da sempre voluti dalle istituzioni europee.
Seguendo le istruzioni della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale, lunedì 15 gennaio il governo greco è riuscito a fare approvare la legislazione più antisindacale d’Europa.
La mossa è stata richiesta, assieme ad altre misure draconiane, come condizione per l’ultima tranche di quello che viene definito il “salvataggio” [bailout, NdT] della Grecia, ma che in realtà è solo il salvataggio delle istituzioni finanziarie europee, che hanno incautamente spinto i greci a indebitarsi.
 
Il punto fondamentale richiesto dal governo di Syriza era che le azioni sindacali dovessero essere approvate con il voto favorevole di almeno la metà più uno del numero totale dei membri dei sindacati nel luogo di lavoro [mentre prima la soglia era di un terzo, NdT], e a prescindere dall’effettiva partecipazione al voto. Questo provvedimento è ancora peggiore di quelli previsti dall’accordo sindacale Trade Union Act entrato in vigore nel Regno Unito nel marzo 2016.
Sorprendentemente (o forse no) il Trade Union Congress [la federazione sindacale britannica, NdT] non ha speso una sola parola su tutto questo, mentre continua a spargere allarmismo sugli effetti che la Brexit dovrebbe avere sui diritti dei lavoratori. Mentre il Trade Union Congress continua con le sue chiacchiere, l’Unione Europea sta stringendo le viti sul più basilare di tutti i diritti dei lavoratori, il diritto di sciopero, e sta usando la Grecia come banco di prova per le politiche che vorrebbe attuare in tutti i paesi membri.
Senza il diritto di intraprendere azioni di sciopero, i lavoratori non hanno alcuna protezione tranne quella del tribunale, e i tribunali dei capitalisti tendono decisamente a favorire gli imprenditori.
La Corte Europea di Giustizia ha decretato (nel caso Laval, 18 dicembre 2007) che gli imprenditori hanno il diritto di importare lavoratori da paesi UE a basso salario verso paesi UE ad alto salario, pagandogli il salario del più economico dei due paesi, indipendentemente da qualsiasi accordo di contrattazione collettiva presente nel paese a salari maggiori. Ha decretato inoltre (nel caso Viking, 11 dicembre 2007) l’illegalità di qualsiasi politica industriale tesa a impedire l’esternalizzazione verso i paesi a basso costo.
 
Nel caso Alamo-Herron (18 luglio 2013), in cui alcuni membri del sindacato Unison erano stati trasferiti fuori dalle amministrazioni locali, ha decretato che indipendentemente da ciò che dicesse il loro contratto, i benefici contrattati collettivamente a favore dei lavoratori degli enti locali potevano essere ignorati dai loro nuovi datori di lavoro. “Questo caso è un attacco spaventoso alla contrattazione collettiva ed è almeno altrettanto grave dei casi Laval e Viking”, ha scritto John Hendy, il celebre avvocato del lavoro britannico.
Hendy ha poi aggiunto che “la UE è diventata un disastro per i diritti collettivi dei lavoratori e dei loro sindacati”.
Come abbiamo già detto, organizzazioni sindacali forti sostenute da efficaci politiche industriali quando necessarie sono l’unico modo per garantire e difendere i progressi sui posti di lavoro. La UE si limita a mormorare sui “diritti”, e nel frattempo aggredisce alla base e con determinazione le organizzazioni dei lavoratori.
 
Non una sola riga del Trade Union Act introdotto dal governo Cameron, o ancora peggio della White Paper che l’ha preceduta, era contraria alla legge della UE. Prima la Gran Bretagna esce dalla UE, meglio sarà per i membri delle organizzazioni sindacali (sebbene alcuni cosiddetti leader dispiaccia essere cacciati fuori dal ricco treno di Bruxelles). Almeno poi potremmo vedercela direttamente coi nostri imprenditori.
di Henry Tougha – febbraio 6, 2018 – di Will Podmore, 02 febbraio 2018

Grecia fase finale: all’asta sul web tutto ciò che si può vendere, anche le case private

TSIPRAS RIDEe bravo il mio kompagno anti troika dalla parte dei poveri e degli ultimi, il vero volto delle sinistre, servi della finanza. Ma quali valori di Ventotene, questa è sempre stata la vera natura della UE.

Grecia fase finale: all’asta sul web tutto ciò che si può vendere, anche le case private
 
La Grecia di Alexis Tsipras affronta l’ultima parte della svendita totale del suo patrimonio e della sua civiltà. Sul mercato finisce la stessa democrazia.
 
ATENE – La Grecia di Alexis Tsipras è entrata nella «fase laboratorio»: vedere cosa succede ad un paese lasciato nelle mani dei creditori. Disse Milton Friedman: «Lo shock serve a far diventare politicamente inevitabile quello che socialmente è inaccettabile»: lo shock della Grecia risale al’estate del 2015 quando con la giacca gettata sul tavolo al grido di «prendetevi anche questa» il primo ministro Alexis Tsipras firmò la resa senza condizioni della sua nazione sconfitta. Umiliato di fronte al proprio paese e al mondo da Angela Merkel, volutamente. Sul tavolo, quella notte, non finì solo la Grecia, ma la stessa democrazia che l’occidente ha vissuto in quelli che il grande storico Hobsbawm ha definito «i gloriosi trent’anni». Il voto greco, consapevole, che rifiutava il commissariamento della Trojka ad ogni costo, ad ogni costo veniva tradito in cambio di un piano lacrime e sangue, ancor più punitivo perché doveva sanzionare l’ardire di un popolo intero che osava ribellarsi alla volontà suprema dell’Europa finanziaria. Che solo in quel caso e per pochi giorni gettò la maschera della finta solidarietà, dei traditi valori di Ventotene, e si manifestò nella pura essenza del terrorismo finanziario.
Senza un governo, comandano i tedeschi
 
Nel nuovo reame globalizzato la Grecia è il primo esperimento compiuto di «stato disciolto»: il governo della sinistra, solo pochi anni fa definito estremista, ha assunto il ruolo finale: l’assorbimento del conflitto sociale che si scatena a fronte di una colonizzazione. Il 2018 sarà l’anno dove l’esproprio della ricchezza pubblica e privata diventerà in Grecia molto più veloce, e aggredirà i rimasugli di patrimonio restanti.
Gli immobili vengono messi all’asta e i compratori stranieri – banche, privati e perfino istituzioni – possono prendersi un’isola, un appartamento, una spiaggia, un’opera antica: qualsiasi cosa. Il tutto a prezzi stracciati, a meno del 5% del loro valore.
Anche le case all’asta sul web
Finiscono all’asta, sul web, come una cosa qualsiasi, perfino le prime case se superano una determinata superficie. Il tutto nel plauso della parte ricca del paese, che potrà accaparrarsi i beni della classe media, per non parlare di quella povera, a prezzi stracciati. Nella democrazia di facciata del governo Tsipras i poveri sono sempre più poveri, e i ricchi sono sempre più ricchi. Sembra di parlare degli Stati Uniti, e invece è la Grecia, un paese nobile e antico, su cui si fonda l’intera cultura occidentale, che si trova ad un passo dalle nostre coste. Per molti aspetti laddove è fondato il nostro passato si vede il nostro futuro. C’è una qualche differenza tra un comune italiano, come quello di Torino ad esempio, e lo stato greco? Entrambi sono assediati dai debiti, contratti per mitigare l’impatto della deindustrializzazione globalizzante, entrambi sono sotto il controllo delle banche che dettano i piani di governo: a suon di privatizzazioni, svendite di patrimonio e licenziamenti collettivi. La trappola del debito è una tagliola, entro la quale viene ferita la democrazia. I piani di rientro sono agende incontrovertibili, totali, spietate. Rispetto i quali ogni programma elettorale è soccombente.
Ultimo sforzo, poi il deserto
I commentatori filo governativi sottolineano che il 2018 sarà l’anno «dell’ultimo sforzo» per arrivare alla fine del commissariamento da parte dei creditori. Per dare un’idea di cosa si parla: un governo di estrema sinistra, si fa per dire, ha approvato delle norme che restringono la libertà di sciopero. Di fatto in Grecia diventa illegale, perché per la proclamazione degli scioperi dovrà partecipare alle assemblee il 50% degli iscritti ai vari sindacati di categoria. E questa è solo l’ultima parte di un processo che ha già pesantemente colpito lo stato sociale, le pensioni, i salari, i beni pubblici, e il diritto del lavoro. Imbarazzante, tra l’altro, l’asse politico tra Alexis Tsipras e Emmanuel Macron: ennesima prova dello sbandamento culturale della sinistra incapace di inquadrare un orizzonte politico differente da quello dei banchieri.
Italia come la Grecia?
Ovviamente il governo greco confida che nell’agosto del 2018 la Trojka, in virtù del piano di rientro greco, vada via, e lasci il paese libero di finanziarsi sul mercato globale. Ma se anche fosse, questo non migliorerebbe la situazione della Grecia, ormai allo stremo. Il debito pubblico greco, da «vendere» sul mercato obbligatoriamente a tassi elevati, finirebbe nuovamente all’estero. E il processo si ripeterebbe esattamente uguale agli ultimi sette anni. Ovviamente vi sarà un’espansione del Pil e una ripresa dei contratti di lavoro a prezzi stracciati. Il governo, la democrazia, non servirebbe più a nulla: se non a creare un simulacro. L’esperimento greco, la palla di cristallo in cui si può vedere il futuro dell’Italia se non vi sarà una drastica inversione politica, è davanti a noi.
28 gennaio 2018 diariodelweb.it
di Maurizio Pagliassotti.

Sulla convocazione del Consiglio di Sicurezza all’ONU la Zajarova risponde agli USA

Maria-Zakarova-rispondeLa portavoce russa all’ONU
 
Sulla convocazione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, richiesta dagli USA per discutere della proteste avvenute in Iran, la portavoce russa Maria Zajarova ha voluto rispondere agli USA ricordando le manifestazioni di protesta avvenute di recente negli USA e la reazione delle autorità statunitensi su questi episodi.
La richiesta di convocazione era stata fatta dalla rappresentante USA all’ONU, Nikki Haley la quale ha annunciato l’intenzione di Washington di convocare il CSNU per discutere delle attuali manifestazioni in Iran e per amplificare “la voce del popolo iraniano”.
La Zajarova da parte sua non ha tardato a commentare la decisione statunitense:
“Non c’è dubbio che la delegazione americana avrà qualche cosa da raccontare al mondo. Nikki Haley ad esempio potrebbe condividere l’esperienza statunitense nella repressione delle manifestazioni di protesta”, ha scritto la Zajarova sulla sua pagina FB.
“Gli statunitensi ptrebbero raccontare “, ha proseguito la Zajarova, “come hanno proceduto agli arresti di massa e la soppressione del movimento “Occupa Wall Street” o sulla repressione delle proteste contro la polizia nella località di Ferguson nel 2014″.
Proteste in Iran
 
L’ondata di disordini e di  proteste si sono verificati negli ultimi giorni in Iran a partire dal 28 Dicembre. I manifestanti reclamavano miglioramenti economici ed hanno protestato per la risalita dei prezzi.
Le proteste erano iniziate a Mashad e si sono poi estese in altre città inclusa Teheran ed hanno dato luogo a molti arresti ed alcune vittime.
Le autorità iraniane hanno denunciato la presenza di agitatori e terroristi venuti dall’estero per fomentare i disordini ed il caos nel paese.
Fonte: Sputnik Mundo Gen 03, 2018