Un pericolo pubblico si aggira per il mondo: l’America.

di Enrico Galoppini – 04/03/2013

Fonte: Europeanphoenix 

Non lo scopro certo io, ma non mi viene in mente altro mentre leggo che il Pakistan, risoluto ad andare avanti col progetto di gasdotto che lo metterà in comunicazione con l’Iran, viene fatto oggetto di “scongiuri” ed “avvertimenti” da parte del governo americano che più che altro hanno il sapore della minaccia.

Niente di sconvolgente, sia chiaro, ma ciò che lascia interdetti – a meno che uno ci abbia fatto l’abitudine a forza di vedere in azione questi pistoleri – sono il tono e la relativa arroganza che traspaiono dalle parole del portavoce del Dipartimento di Stato indirizzate al governo pakistano per indurlo a cambiare idea, anche se questo va contro l’interesse suo e dei suoi connazionali.

Ma piuttosto che di arroganza (un elemento immancabile nel modo di rapportarsi degli Stati Uniti col resto dell’umanità), bisognerebbe parlare di delirio d’onnipotenza.

Perché quando uno afferma di “aver reso chiaro a tutti i paesi del mondo, Pakistan incluso […], di evitare attività che potrebbero essere proibite da sanzioni dell’Onu o ‘sanzionabili’ dalla legge statunitense”, e per giunta lo fa nella capitale Islamabad, non si può considerarlo rappresentante d’una nazione che tra le sue virtù ha il senso della misura.

Né quello dell’ospitalità, nel senso che sarebbe buona norma un minimo di ‘educazione’ in casa d’altri.

Ma l’America si sente padrona dappertutto, “l’unica nazione indispensabile” (parole di un suo ideologo), il “faro della civiltà” e via incensandosi, fino all’onanistica definizione di “comunità internazionale”, che in realtà significa “l’America e i suoi lavapiatti”.

Per questo sventola sotto il naso a tutti “la sua legge” come parametro universale per giudicare se Tizio, Caio o Sempronio sono “fuorilegge” o meno (col relativo tragico corollario dell’America quale “poliziotto planetario”).

Cosa sia poi questa “legge”, è presto detto: il concetto di “legalità” si riduce a “quel che mi conviene”. Condensato in una frase: “I’m the law”, “Io sono la legge”.

L’America è così una specie di nazione-ego ipertrofico; un caso, unico nella storia, di collettività che sente, per il solo fatto di fare letteralmente “numero”, d’imporre a tutti quanti il suo personalissimo e relativissimo punto di vista.

Da un lato, vi è quindi l’incapacità degli america ni di concepire che altri la pensino diversamente, che tradotto nella vita degli Stati vuol dire impostare la vita politica, economica, sociale e culturale secondo differenti parametri e valori; dall’altro, l’assenza del benché minimo dubbio che quand’anche gli altri si mostrano d’accordo lo facciano solo per paura e/o convenienza (della cricca al potere).

Ma l’America va avanti, imperterrita, per la sua strada, pensando che il suo “modo di vita” e di vedere le cose sia l’unico, giustissimo, e che tutti non vedano l’ora di conformarvisi, gareggiando a chi è il miglior “alleato” ed entusiasta dei “valori americani”.

Come non avviene questo, gli stessi che prima filosofeggiavano di “legalità”, “diritto internazionale” e “rispetto dell’uomo”, s’innervosiscono e diventano feroci, mostrando il loro vero volto.

Questo comportamento, in psichiatria, è quello di un malato grave di mente, per di più violento e senza freni inibitori. E nessuno può pensare di essere al sicuro quando un energumeno del genere non solo è libero di circolare, ma si cerca di tenerselo buono, circuirlo con tutte le manfrine possibili e addirittura convincersi che sia normale! Pura illusione: arriverà il momento in cui tirerà fuori l’ascia o la motosega (come in quei film dell’orrore che piacciono tanto agli americani) riducendo a brandelli tutto e tutti, “amici” compresi (con quelli ci prova addirittura più gusto, tanto non li ha mai considerati tali e, anzi, li ha sempre disprezzati e visti come inferiori).

Se il buongiorno si vede dal mattino, si può affermare che nulla è cambiato dall’epoca del “Far West”. Quegli individui ritratti nel corrispondente genere filmico, sempre “minacciati” dai Pellerossa, riassumevano bene la “filosofia” dell’America, quella di dettar legge secondo il proprio p articolare metro di giudizio, abusivamente elevato al rango della “universalità” e dei “sacri principi”.

Quanto alle “sanzioni” (che sovente devono indurre il nemico di turno a compiere la “prima mossa” per poi dipingerlo come “l’aggressore”), è nient’altro che la riformulazione moderna del modo di fare di un’impresa che ha stabilito il suo dominio a partire dai mari, grazie ai servigi dei “pirati di Sua Maestà”, e che oggi rivivono sotto forme “legali” quali “confische” e “congelamenti” di beni delle nazioni sottoposte a “sanzioni” ed “embarghi”. Tra l’altro giustificati come punizione per comportamenti giudicati “immorali”, o addirittura sulla base di pretese intenzioni mai verificate né verificabili, secondo l’oliata prassi dell’attribuzione agli altri di quello che in realtà si sta facendo o si è in procinto di fare.

Dunque, la situazione è seria, seri ssima, eppure sembra che nessuno intenda correre ai ripari. Perché qui non si ha a che fare con un simpatico mattacchione, con un grullo, ma con la prima potenza militare del mondo che non ha alcuna voglia di convivere pacificamente con gli altri.

Eppure si continua a rispondere ai suoi deliri con giri di parole, prendendo sul serio le affermazioni di pazzi, giustificando ogni loro follia con la medesima retorica con la quale tentano malamente di schermarsi. Non è forse quello che si fa quando si è di fronte ad uno schizofrenico mentre vaneggia con un coltello da cucina in mano?

Bisognerà dunque che prima o poi, qualcheduno prenda da parte questo soggetto e, dopo aver cercato di farlo ragionare nei suoi rari momenti di lucidità gli spieghi che per il suo bene(quello degli altri non gli interessa) dovrebbe cambiare registro, dopo di che, una volta constatata l’indisponibilità ad accettare consigli e, sop rattutto, a curarsi (con l’ausilio di un’autorità religiosa, sempre che ve ne sia una capace di farlo…), imporgli un trattamento sanitario obbligatorio.

Hanno voglia a dire di continuo “God Bless America!”: bisogna vedere chi è quel “dio” che invocano!

Le cose sono due: o si tratta del loro ego collettivo spropositato, oppure l’entità invocata solennemente per dare le sue “benedizioni” è di ben altro segno, al che bisognerà prendere in considerazione di lasciar perdere la psichiatria e praticare un esorcismo. Ma in fin dei conti siamo in presenza dello stesso problema esaminato da due punti di vista diversi, quello di un’entità, l’America, che a furia d’essere utilizzato per determinati scopi “mondani” e fungendo da catalizzatore d’influenze nefaste rappresenta una fonte di sovversione e quindi di grave pericolo e tribolazione per tutti coloro che vi si trovano a contatto.

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=45147

Un pericolo pubblico si aggira per il mondo: l’America.ultima modifica: 2013-03-06T08:04:00+01:00da davi-luciano
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