Stavolta che è il peggior femminicidio, non lo dicono

PREMESSA. Ogni comunità, gruppo etnico, nazione, villaggio, ha i suoi criminali. Noi italiani abbiamo dato tanto in molti settori, compreso quello criminale, dalla mafia che scioglie i bambini nell’acido al mostro di Firenze che dilaniava le coppiette in Toscana. Non ci siamo fatti mancare niente anche in questo campo, ma siccome da più parti mi è stato chiesto cosa pensassi dell’omicidio di Macerata e della componente “razziale” sottaciuta oggi dai media per motivi politici, allora dico la mia, con il beneficio d’inventario che ancora non sappiamo tutto dell’omicidio. In particolare mi viene chiesto sui social perchè un omicidio per futili motivi e perchè ad una donna, e perchè così efferato. L’accusato, tale Innocent (ironia…) Oseghale, avrebbe smembrato in pezzi la malcapitata e l’avrebbe riposta in più valige per occultare il cadavere. Ovviamente – che lo preciso a fare?  – il soggetto responsabile, il Signor Innocent, ha una componente di malvagità e di stupidità sua personale che NULLA ha a che fare col fatto di essere nigeriano. Tuttavia, occorre anche essere onesti, e riconoscere che in tutto il mondo vi sono gruppi etnici che riescono a distinguersi per la gratuità e la stupidità dei propri gesti malvagi. Questi gruppi etnici, o comunità, variano il loro atteggiamento nel tempo, cioè a seconda delle condizioni storiche che stanno vivendo hic et nunc.
 
Cosa significa?
 
Significa che le condizioni culturali e materiali d’esistenza di un gruppo sociale determinano gran parte dei comportamenti dei suoi componenti, ma anche che, fortunatamente, al modificarsi di queste condizioni culturali e materiali anche questi comportamenti mutano. Insomma, i comportamenti dei gruppi presi in esame non dipendono dal dna, ma da condizioni di base che variano nel tempo. Nel caso di molti nigeriani DI OGGI, alcune cose mi sentirei di dirle come osservatore, cioè come persona che nella sua attività sindacale ed avendo anche vissuto alcune esperienze personali come lavoratore occasionale da ragazzo, ha avuto modo di conoscere diversi africani, e soprattutto nigeriani.
 
La gran maggioranza delle famiglie tradizionali Igbo e Africane è patrilineare e patriarcale e molte famiglie sono poligame. Un fattore più culturale che religioso. La donna sposata prende il cognome del marito e si trasferisce a casa di lui, non avvviene mai l’opposto e deve convertirsi alla religione del marito se è diversa dalla sua.
 
Il compito di educare un bambino vale per la donna, ma anche per l’intera comunità in cui vive, ogni anziano ha il “diritto e dovere” di richiamare l’attenzione ma anche di punire un bambino che sbaglia. La famiglia non è considerata completa senza figli. Una donna che non ha figli è considerata una disgraziata. Una fallita.
 
La famiglia allargata africana porta a considerare ogni anziano “padre” o “zio”, madre o zia, a secondo del rapporto di parentela o amicizia di quella persona con la famiglia. Ci sono interi villaggi e comunità che non si sposano tra di loro perché considerati figli della stessa famiglia, e quindi per evitare di commettere l’incesto.
 
Quale ruolo della donna emerge da questo scenario? Che la donna è nettamente inferiore all’uomo. Non ci sono cazzi. La cosa curiosa è che, di tutte le nigeriane che ho conosciuto, si notava una certa tendenza alla ribellione e i maschi della famiglia, o i fidanzati, si dovevano mostrare particolarmente energici e decisi, per imporsi sulle “loro” donne. In altri termini, ho notato una cosa molto strana e inquietante, una contraddizione – che mi piacerebbe fosse confermata o smentita da qualche lettore. La donna nigeriana per la mia esperienza vuole fare sempre di testa sua. Si dimostra abbastanza legata a stereotipi femminili, soprattutto di tipo estetico. I maschi di riferimento reagiscono però in modo perentorio a certe intemperanze. Le donne alla fine cedono sempre, ma solo di fronte a uomini energici in tal senso e tendono a sottovalutare quei maschi che non lo sono. Insomma, per quel che ho avuto modo di vedere, le donne nigeriane non cambiano facilmente idea a seguito di un ragionamento condiviso o di una scoperta che hanno fatto, ma solo se qualche autorità superiore (spesso il maschio, ma può essere anche un anziano/a) si incazza di brutto. Allora, e solo allora, cambiano comportamento… una cosa che ho sempre trovato incredibile, per come sono abituato io in questo paese e per com’è nella mia cultura. Io, a esempio, posso cambiare idea o comportamento per paura o perchè qualcuno mi ha spiegato meglio la faccenda, oppure per empatia. Nella cultura nigeriana pare che cambino idea e comportamenti solo per paura di una autorità.
 
Nelle zone rurali, soprattutto del nord, le donne lavorano in genere più dell’uomo. Esse costituiscono infatti il 60% della forza lavoro e producono fino all’80% delle derrate alimentari. Quando la donna svolge un lavoro retribuito (sono poche ad avere questa fortuna) riceve una paga notevolmente più bassa di un uomo a parità di mansione.
 
Ma nella maggior parte dei casi il lavoro svolto dalle donne nelle zone rurali non è neppure retribuito. Il 40% delle donne è analfabeta, schiave dei padri prima e dei mariti poi.
 
La scarsa considerazione riservata alla donna è inoltre riscontrabile nella gestione dell’eredità paterna, infatti, questa non viene suddivida tra le figlie ma viene distribuita tra i parenti prossimi (ovviamente maschi) e alla donna verrà assicurato un posto solo nella famiglia del marito.
 
Ancora molto diffusa è la mutilazione degli organi genitali femminili e anche la pratica di concedere in matrimonio una donna indipendentemente dalla sua volontà anche quando è ancora una bambina.
 
Sul fattaccio di cronaca occorrerà ancora attendere, come già detto, ma al momento – per quella che è stata la mia esperienza – non so proprio di cosa dovremo sorprenderci. La poveretta ha detto di no a una qualche richiesta, e lui l’ha uccisa, ma non si tratta, come nei casi che tanto piacciono a “chi l’ha visto” e “quarto grado”, di un diniego legato alla passione, all’amore, o al pagamento degli alimenti. Per i vari Innocent, le donne dicono di no con una certa consuetudine, e cambiano idea solo se bastonate…
Beninteso, anche nella nostra cultura (e per fortuna) esistono dei “ruoli”, dei “punti di riferimento”, delle bussole, ma, in primo luogo, essi sono elastici. In secondo luogo, nel tempo hanno assunto la funzione di connotare di senso la nostra esistenza, e non come strumenti di sopraffazione.
Se davvero qualcuno pensa come ineluttabile la migrazione (e per me non è per niente un fenomeno ineluttabile), è bene che faccia i conti con la disomogenietà tra le culture e che faccia una scelta, chiara e forte.
A mio modo di vedere, alcune culture non sono integrabili nel senso classico del termine. Albanesi e rumeni, ad esempio, sono integrabili e la seconda generazione è già integrata alla grande. Anche i senegalesi. Altri gruppi no, non sono integrabili, ma le loro culture devono essere modificate con l’asprezza delle nostre leggi, che dovrebbero considerare come aggravanti il fatto di non avere cittadiananza italiana, in particolare per i reati contro la persona, ma anche gli illeciti contro la proprietà e il disturbo della quiete pubblica.
A mio modo di vedere per alcune culture deve essere preparato con cura  un percorso, e molto rigido, solo al termine del quale potrà essere considerata la piena integrazione nel paese ospitante. Non so se qualche partito politico dica qualcosa del genere, non è una questione elettorale, anche se a molti piace in questi giorni buttare tutto in vacca parlando di programmi politici.
Se qualcuno però vuole afrettarsi a derubricare quel che dico a razzismo è invitato a curarsi da uno bravo! Qualcosa del genere l’ho visto applicato in Svizzera, ove si parlano 3 lingue ufficiali e dove sono stati ospitati molti migranti con profitto reciproco nel corso dell’ultimo secolo. Se i nigeriani che scelgono di vivere in Italia non abbandoneranno una quota significativa della loro cultura (così come fatto dagli italiani e dai turchi in Svizzera) e non saranno COSTRETTI con la forza ad abbracciare la nostra, aspettatevi negli anni una moltiplicazione di fatti di cronaca come quello di Macerata e una deriva italiana da ghetto americano.01/02/2018 Massimo Bordin
Stavolta che è il peggior femminicidio, non lo diconoultima modifica: 2018-02-07T21:03:48+01:00da davi-luciano
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