INTERVISTA CON UN ECONOMISTA CONTRO – VLADIMIRO GIACCHE’: L’EURO, L’UE, LA GERMANIA, LA GRECIA, IL LAVORO, LA DEMOCRAZIA, LA SOVRANITA’, I MIGRANTI…..

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2018/01/intervista-con-un-economista-contro.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 31 GENNAIO 2018

Vladimiro Giacchè, della cui amicizia mi onoro da lunga data, è uno dei più autorevoli economisti europei. Ha svolto i suoi studi universitari a Pisa e a Bochum, in Germania, è laureato in filosofia alla Normale ed è presidente del Centro Europa Ricerche.  In Italia e in Germania è considerato una delle voci più critiche dell’assetto istituzionale europeo e dell’ordinamento finanziario basato sull’euro, con particolare riferimento al ruolo della Germania, specialmente nei confronti del Sud d’Europa. Dell’intervista che mi ha concesso alcuni brani sono inseriti nel mio nuovo docufilm “O la Troika o la Vita – Epicentro Sud – Non si uccidono così anche i paesi?” E a proposito di paesi, popoli, nazioni, culture da uccidere, ho trovato che uno dei libri più drammaticamente istruttivi su come la classe dirigente tedesca, nelle sue varie espressioni politico-partitiche, ha devastato e vampirizzato la parte del suo popolo riunito nella DDR, Repubblica Democratica Tedesca, sia l’irrinunciabile “Anschluss”, pubblicato da Imprimatur nel 2013. Se ne possono trarre ampie indicazioni su cosa Berlino, il suo retroterra atlantico e i suoi strumenti finanziari abbiano riservato alla Grecia e stiano riservando all’Italia.

FG   Popolari, Ligresti, Monte dei Paschi…Siamo al collasso del sistema bancario italiano?

VG  Sicuramente la situazione attuale, la nuova normativa della cosiddetta Unione Bancaria Europea è qualcosa che ha penalizzato in misura molto drastica il nostro sistema. In particolare, i tedeschi sono riusciti nel capolavoro di tenere fuori dalla Vigilanza Europea la gran parte delle loro banche che fanno credito alle imprese. Inoltre, la Germania, per dire solo una cifra, aveva dato 259 miliardi di euro alle sue banche. Noi praticamente niente. Ma la proibizione del bail-in vale per tutti allo stesso modo. Morale della favola: tutti gestiscono le loro crisi e le risolvono con fortissimi aiuti di Stato. Noi no. Gli altri fanno il loro gioco, noi non facciamo il nostro.Perché in Italia c’è questa idea dell’Europa per cui ogni passo ulteriore verso l’integrazione è una cosa positiva (gli “Stati Uniti d’Europa” dell’ultrà atlantico-sionista Bonino, dopo il richiamo-ingerenza del commissario UE Moscovici, divenuto obiettivo imprescindibile anche per il già dissidente Renzi. N.d.r.). IN realtà, se le regole non sono simmetriche, se non valgono allo stesso modo per tutti e aumentano gli squilibri all’interno dell’Europa, quel tipo di integrazione no  si vede perché la dovremmo accettare.

FG  Questo ci porta direttamente alla Grecia e all’annichilimento che è stato inflitto a quel paese.

VG  Ci hanno detto che la colpa era della Grecia che si era indebitata troppo. Dimenticando che se uno si indebita troppo c’è qualcun altro che gli sta facendo troppo credito. Questa crisi deriva anche dal fatto che a un certo punto i paesi del Centro Europa prestavano agli altri, in particolare a quelli della periferia e non prestavano per fare beneficienza. Prestavano perché i tassi erano più alti, così guadagnavano un po’ di più e potevano così reinvestire i profitti ottenuti esportando nelle periferie. Se uno va a vedere, le esportazioni tedesche sono enormemente cresciute a partire dall’introduzione dell’euro. Ci dicevano che tutto questo era una cosa fantastica, che dimostrava come l’euro fosse la più grande invenzione del secolo. Monti è arrivato a dire che la Grecia rappresentava il più grande successo dell’euro.

In realtà, cosa stava succedendo? C’era una serie di paesi che importavano di più grazie alla moneta unica perché questa elimina il rischio di cambio e abbatte i costi di transazione. Ma i paesi importatori accumulavano uno squilibrio sempre maggiore della loro bilancia commerciale. E anche un aumento del debito pubblico. Questo aumento è stato coperto dai crediti fatti da Germania e Francia, che però nel 2008/9 sono state colpite dalla crisi iniziata negli Stati Uniti con i subprime, e hanno cominciato a ridurre le loro esposizioni.

FG  Secondo te, dietro a tutta questa operazione, culminata con quanto abbiamo visto in Grecia e che si affaccia anche all’orizzonte nostro, quale potrebbe essere la strategia, quale l’obiettivo?

VG  Non so se c’è un disegno. Sicuramente c’è un’architettura che ha come perno la moneta unica. Questo è un punto fondamentale di cui quasi tutti si sono accorti molto in ritardo. Mundell, che ha anche vinto un Nobel  su questi temi, ha detto una cosa un po’ più violenta: ha detto “l’euro è Reagan in Europa”. La moneta unica fa sì che non siano più possibili aggiustamenti del cambio tra i paesi che la adottano. Quindi potrai ricuperare competitività solo in due mondi: facendo più investimenti, che è un modo buono, oppure svalutando il lavoro, pagandolo di meno.

FG  Che è la procedura vigente.

VG  Che è la procedura vigente. Con un’aggravante. Quando si entra in questa mistificazione per cui è il debito pubblico la causa di tutto (mentre la crisi nasceva da squilibri della bilancia commerciale), agli Stati in crisi si impedisce di fare investimenti pubblici. Da noi così è successo esattamente il contrario di quanto si sarebbe dovuto fare: si è chiesto di fare manovre restrittive precisamente quando avresti dovuto fare quelle espansive. Il risultato, controintuitivo solo per chi non capisce niente di economia, anche se ha studiato e insegnato alla Bocconi, è molto semplice: alla fine di questo processo tu avrai  impoverimento e maggiore debito di prima.

Così facendo la competitività su quale terreno si gioca? Si gioca sulla svalutazione salariale, sul dumping sociale e sul dumping fiscale, sul fatto che le imprese pagano sempre meno tasse, in una competizione al ribasso. E nel frattempo cosa succede? Per attaccare il debito cosa faccio? Riduco i servizi sociali (ossia il salario indiretto), faccio andare la gente in pensione sempre più tardi (e così riduco il salario differito).

Ma questo ingenera un altro problema. Il nostro paese – come tutti i paesi industrialmente avanzati – ha una componente molto forte di domanda interna sul prodotto complessivo. Succede che questa domanda crolla e succede che tutti i produttori che producevano solo per l’interno vanno a crisi e molti di loro sono costretti a chiudere.

Non si tratta di teoria. Con la crisi abbiamo subito una distruzione di capacità produttiva, in particolare dell’industria, che si aggira sul 20%; gran parte di questa distruzione è avvenuta nella fase dell’austerity.

FG  Come spesso, noi siamo stati un laboratorio. Fin dal 1992, epoca dell’attacco di Soros alla lira, di Mario Draghi al Tesoro e della successiva svendita progressiva del nostro patrimonio industriale sotto Amato, Prodi, D’Alema…Si può uscire da questa situazione abbandonando l’euro, o ci sono altre ipotesi di sopravvivenza?

?

VG  O cambia il contesto, o tutta l’Europa si trasformerà in una grande Germania, cioè in una serie di paesi che hanno una domanda interna molto debole e che puntano tutto sulle esportazioni. Cosa che storicamente fa la Germania, ma che presuppone che altri facciano politiche espansive. Si tratta di mercantilismo, ossia di una politica economica non cooperativa, che per definizione non è generalizzabile.

FG  Cambiare il contesto vuol dire basta con l’austerity, con la distruzione del lavoro, il precariato, i minijob alla tedesca, la moneta unica…

Non è vero quello che spesso si sente dire, che una moneta è solo una moneta. Una moneta non è mai solo una moneta. Una moneta è l’espressione di determinati rapporti giuridici. L’euro è l’espressione dei rapporti giuridici che sono iscritti nei trattati europei e che ci dicono che il valore supremo è la stabilità dei prezzi. Ma ciò è una cosa non solo diversa, ma opposta, incompatibile, con quello che ci dice la Costituzione della Repubblica italiana. Cioè che il valore è il diritto al lavoro. Secondo i trattati europei questo valore deve essere subordinato alla stabilità dei prezzi. Allora, se per tenere bassi i prezzi io devo avere un disoccupazione all’11%, nel contesto dei trattati europei va bene così. Una configurazione di questo tipo dei trattati è una gabbia mortale.

FG   Questo significa che i discorsi di certi personaggi, tipo Varoufakis e tutti quelli che parlano di una UE riformabile e riformata, su un riscatto che ci verrebbe da un’altra Europa, non rappresentano altro che una tenaglia utopica. Inoltre, quali spazi di democrazia possono rimanere in una configurazione del genere?

VG  Sono sempre più esigui, lo stiamo vedendo in concreto. Alla Grecia è stato impedito di fare un referendum quando c’era Papandreu. Poi gli è stato concesso di farlo , ma tre giorni dopo il referendum il governo ha dovuto rinnegare quanto il voto gli aveva detto. Tra le cose su cui hanno capitolato c’è la privatizzazione massiccia di tutto l’apparato pubblico greco (quello che da npoi sta nei programmi enunciati di Berlusconi come di Calenda e Padoan. N.d.r.)

Io credo che invece si tratta di fare una cosa diversa- Di fare sì che il settore pubblico, lo Stato si riappropri dei propri diritti e anche del diritto di porre dei vincoli ai mercati. Ciò però comporterebbe di modificare radicalmente i trattati europei e non credo si tratti di un’ipotesi realistica, dato che per ogni minima modifica ci vuole l’unanimità dei paesi.

FG  Cambiando argomento: cosa c’è dietro a questo fenomeno cosiddetto epocale, la migrazione di massa che l’Europa e il maestro delle destabilizzazioni imperiali, Soros, ci impongono di accogliere? Oltre a tutto in maniera iniquamente sbilanciata a sfavore dell’Italia. Credo che ci sia motivo per sospettare di una vera e propria filiera criminale che incomincia con lo svuotamento dei paesi del Sud delle generazioni che dovrebbero costruirne il futuro.

VG   Si, questo è sicuramente un elemento fondante. Le cause e i fini sono diversi. Tra le prime c’è stata sicuramente la distruzione della Libia, un tassello importante nella devastazione e ricolonizzazione dell’Africa. Quanto a noi, un’immigrazione incontrollata non è gestibile politicamente, socialmente, economicamente. Dire questo è una cosa di banale buon senso, e non ha nulla di “razzista”, come qualcuno dice. Al contrario: perché dovremmo considerare una cosa positiva il fatto che – come ricordi tu – l’Africa sia privata delle sue giovani generazioni, e quindi del proprio futuro? Per quanto riguarda poi i paesi di destinazione di questi flussi migratori, ancora una volta la situazione è di una profonda asimmetria nell’Unione europea. L’Italia e la Grecia sono lasciate a gestire da sole un fenomeno gravissimo e di dimensioni imponenti. Non è permesso loro neanche il controllo delle frontiere. Sta succedendo che all’interno dell’Europa alcuni Stati, alcune classi, alcuni poteri aumentano la propria forza e altri vedono diminuire la loro. C’è una dialettica sia di classe, sia tra  nazioni. C’è un vero e proprio scontro tra potenze, tra quelle più forti e quelle meno forti, che tende a riprodurre dinamiche neocoloniali anche all’interno della stessa Unione Europea. Il tutto mascherato e avvolto in questa bandiera blù con le sue 12 stelle. Bandiera che in realtà è spesso la copertura della prepotenza di alcune potenze forti contro altre che si stanno dimostrando, anche per colpa delle loro classi dirigenti, molto più deboli.

FG  Toccherebbe perciò stracciarla, quella bandiera….

VG  Per prima cosa dovremmo capire che quella bandiera è qualcosa di totalmente diverso da un simbolo dell’internazionalismo, come purtroppo molti anche a sinistra appaiono propensi a credere.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:26

COMMENT MOSCOU S’ELOIGNE CHAQUE JOUR DAVANTAGE DE TEL-AVIV !?

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 01 31/

LM.GEOPOL - Russie Israel (2018 01 31) FR (2)

Le cycle géopolitique précédent avait vu, depuis l’implosion de l’URSS, Moscou manifester une neutralité bienveillante vis-à-vis de Tel-Aviv. La victoire russe dans la guerre de Syrie aux côtés de l’Axe de la Résistance – Damas, Téhéran et le Hezbollah libanais – , l’alliance eurasiatique Moscou-Pékin qui s’oriente vers un Axe Moscou-Pékin-Téhéran, mais aussi l’alliance étroite entre les USA et Israël et l’hostilité des israéliens à la Syrie des Assad (1), ont changé tout cela.

Lire aussi sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ GRAND JEU AU PROCHE-ORIENT: POUTINE ‘NOUVEAU TSAR’ DE L’ORIENT (III).

LM.GEOPOL - Russie Israel (2018 01 31) FR (4)

LA FIN DE LA NEUTRALITE BIENVEILLANTE AVEC ISRAEL

Sur http://www.lucmichel.net/2017/12/20/luc-michels-geopolitical-daily-grand-jeu-au-proche-orient-poutine-nouveau-tsar-de-lorient-iii-la-fin-de-la-neutralite-bienveillante-avec-israel/

Malgré un forcing diplomatico-politique de Netanyahu, plein de maladresses (notamment des tentaives de pression vers Moscou, le fossé entre la Russie et Israël ne cesse de s’approfondir. Parmi ces maladresses, il y a la campagne des médias israéliens, alimentés par les officines de désinformation de Tsahal (comme ‘Debka’), pour tenter de persuader les russes de la « nocivité de l’alliance iranienne ». En vain, Téhéran étant un des pivot géopolitiques de l’expansion eurasiatique (1) …

SYRIE ET IRAN : LES ESPOIRS DECUS DE NETANYAHU

Le Premier ministre israélien a rencontré ce lundi 29 janvier le président russe Vladimir Poutine. Selon l’agence de presse ‘Fars News’, le bureau du Premier ministre israélien a annoncé que « cette rencontre a eu lieu au Musée juif de Moscou où les deux hommes ont eu un court entretien ».

Benjamin Netanyahu avait auparavant affirmé avoir l’intention de parler avec le président russe Vladimir Poutine sur « les activités de l’Iran dans la région ». Avant de prendre l’avion à destination de Moscou, Netanyahu avait prétendu, dans son style qui rappelle celui de Trump, que « l’Iran essayait d’affirmer sa présence en Syrie et d’y créer une base militaire ». Devant les journalistes, Netanyahu avait aussi prétendu qu’Israël préparait déjà des mesures en réaction à la conduite de l’Iran. Le Premier ministre israélien avait continué ses allégations sans fondement sur l’Iran, en disant que l’Iran « envisageait de transformer le Liban en une énorme base de missile » (sic). Netanyahu avait prétendu « qu’il parlerait aussi avec Poutine » de ce qu’il avait appelé « les efforts iraniens en vue de frapper Israël par des missiles à haute précision depuis le territoire libanais ».

Il avait ajouté maladroitement que « ses multiples visites en Russie s’effectuaient dans le cadre des coordinations militaires entre les armées israélienne et russe concernant la Syrie ».

Côté russe, le service de presse du Kremlin a annoncé que « Netanyahu et Poutine doivent s’entretenir des questions liées à l’augmentation des coopérations bilatérales économiques, commerciales et culturelles, ainsi que de la situation au Moyen-Orient et surtout en Syrie ».

Le journal israélien ‘Haaretz’ avait écrit auparavant que « Netanyahu avait aussi l’intention de parler avec Poutine du Plan global d’action conjoint (PGAC, accord sur le nucléaire iranien) et sur le délai établi par le président américain Donald Trump pour un changement de cet accord », ce que les Iraniens ont toujours catégoriquement rejeté.

Restait à voir si le Premier ministre israélien allait réussir à dissuader Moscou de son alliance avec l’Iran en ce qui concerne la crise syrienne ?

LE PARI PERDU DE NETANYAHU EN RUSSIE

À peine 48 heures après avoir rencontré le président russe, Vladimir Poutine, le Premier ministre israélien, Benjamin Netanyahu « semble ne pas se sentir satisfait, et ce, en dépit des apparences ».

L’Intéressé avait axé ses pourparlers avec le chef du Kremlin sur l’Iran et la Syrie. Lundi soir, au sortir de cette rencontre, Netanyahu avait tenté d’afficher sa satisfaction en affirmant que ses entretiens avec son hôte avaient été « bons » et « profonds », mais le « show » n’a convaincu personne : au lieu de rapporter les supposées réponses de Poutine à ses inquiétudes, comme il se devait de se faire, Netanyahu a repris ses allégations contre l’Iran, allant jusqu’à les assortir de « menace de guerre ». Signe que la colère l’a remporté sur tout autre sentiment.

En effet, dans ses rêves les plus fous, Netanyahu verrait désormais l’Iran « ériger un énorme site balistique dans le sud du Liban »

(resic) en violation totale de la souveraineté libanaise, sur quoi il n’a cessé de mettre l’accent, puisqu’en Syrie, « les Iraniens craindraient les frappes israéliennes ». On se souvient de ce même Netanyahu qui accusait l’été dernier l’Iran de vouloir « construire une usine d’armement dans le Sud syrien » et de « nuire ainsi à la sécurité israélienne ». C’était l’époque où l’Iran, la Russie et la très opportuniste Turquie travaillaient ensemble à l’idée des « zones de désescalade en Syrie », époque où Israël a senti avoir perdu la guerre.

« Aujourd’hui encore, c’est Sochi et la perspective d’une fin de la guerre en Syrie qui met Tel-Aviv hors de lui et qui le pousse à délirer », dit avec raison la presse iranienne. Surtout que selon certaines sources, la clause 11 – que la Russie a tenu à inclure dans l’avant-texte de la déclaration finale des pourparlers – insiste sur le droit du peuple syrien de se faire restituer « le Golan » (annexé illégalement par Israël après la Guerre des Six jours) en « ayant recours à des mécanismes légaux reconnus par la charte de l’ONU et le droit international », et cela n’est pas du tout pour plaire aux Israéliens. « Dire que la guerre syrienne, Israël et ses alliés l’ont déclenchée pour que le Golan soit annexé à Israël et que cette perspective est plus que jamais inaccessible », commente ‘Fars News’ !

L’axe israélo-américain, aidé par ses alliés du golfe Persique (3), a d’ailleurs lancé une vague de pressions sans précédent pour que la Conférence de Sotchi soit une défaite. Le site ‘Debka’ (qui se voudrait un ‘Stratfor’ israélien, mais n’est qu ‘une officine de désinformation de Tsahal et du Mossad), proche des milieux du Renseignement de l’armée israélienne, parlait, juste avant la rencontre Netanyahu-Poutine, « des mesures prises par la Russie et destinées à mettre à la porte de la Syrie, le Hezbollah et l’Iran »

(sic) et à faire d’Assad « un président de pacotille » (resic).

DES PROPOS INCENDIAIRES A LA REALITE GEOSTRATEGIQUE …

La déception est grande au sein du camp américain où en dépit de tous les actes de sabotage les pourparlers viennent de commencer à Sotchi.

« Les Israéliens feraient donc mieux de revoir leur politique « syrienne » à défaut de quoi ils pourraient avoir à faire face à de plus graves problèmes » :  il y a deux jours, la presse russe citait le président Assad qui dit « ne plus hésiter à prendre pour cible l’aéroport ‘Ben Gourion’ » en Israël, si « les chasseurs israéliens se payaient une nouvelle fois le luxe de bombarder le sol syrien ».

Les propos d’Assad ont été pris au sérieux puisque les voix s’élèvent au sein de l’armée israélienne pour dire à Netanyahu de mettre de l’eau dans son vin : « bombarder l’aéroport ‘Ben Gourion’ revient à déclarer la guerre à Israël. Il faut que nous gardions notre sang-froid », soulignent certains officiers de l’armée israélienne. Le Premier ministre vient de perdre à nouveau un pari, celui de pousser Poutine à changer de camp.

PREMIER SIGNAL FORT DE L’HOSTILITE RUSSE :

ABBAS SE RAPPROCHE DE MOSCOU ET LA RUSSIE S’INVITE DANS LA QUESTION ISRAELO-PALESTINIENNE

Ce 30 janvier, quelques heures après la rencontre entre Poutine et Netanyahu, Mikhaïl Bogdanov, vice-ministre russe des Affaires étrangères et Abdul Hafiz Noafel, ambassadeur de l’Autorité palestinienne se sont rencontrés à Moscou, et « ont insisté sur l’unité palestinienne ». Bogdanov a affirmé « avoir également parlé avec l’ambassadeur palestinien des relations russo-palestiniennes ». « Les solutions censées renforcer l’unité palestinienne ont également été évoquées », a souligné le vice-ministre russe.

Abdul Hafiz Noafel, a aussi déclaré, ce mardi, que « la visite du président, Mahmoud Abbas, à Moscou prévue en février, sera axée autour de la discussion des mécanismes proposés pour la gestion du dossier des négociations et la position internationale à l’égard du processus politique ». Dans une interview accordée à la radio officielle ‘La Voix de la Palestine’, Naofel a ajouté que « le rôle de la Russie dans le processus de négociation sera également discuté lors de cette visite ».

L’ambassadeur palestinien à Moscou a encore évoqué une réunion tenue ce lundi avec le représentant spécial du président de la Fédération de Russie pour le Proche Orient, Mikhaïl Bogdanov, pour préparer la visite du président de l’Autorité palestinienne. Le 19 janvier dernier, l’ambassadeur palestinien avait déclaré à ‘Anadolu’ qu’Abbas « effectuera une visite de deux jours à Moscou le 12 févrie »r, soulignant qu’il discutera avec les responsables russes de « l’accélération de la présentation d’une vision ou d’une nouvelle initiative pour la paix ». L’ambassadeur palestinien a affirmé que 3cette décision revêt une grande importance notamment après la décision américaine au sujet de Jérusalem », « et le retrait progressif des Etats-Unis du processus de paix ».

Le 6 décembre, le président américain Donald Trump avait annoncé la reconnaissance de Jérusalem-Est et Ouest comme capitale d’Israël et le transfert de l’ambassade des Etats-Unis de Tel-Aviv à la ville occupée (4). Les négociations de paix entre Israël et la Palestine sont bloquées depuis 2014 à cause du refus de Tel-Aviv de mettre fin à la colonisation et d’accepter les frontières d’avant 1967 comme base à la Solution à deux Etats.

SECOND SIGNAL FORT DE L’HOSTILITE RUSSE :

« MOSCOU BARRICADE LE CIEL SYRIEN »

« Moscou barricade le ciel syrien » titre ce mercredi ‘Prerss TV’ !

«Les drones permettent aux forces russes de maîtriser tout le territoire syrien», a en effet annoncé ce 30 janvier le ministre russe de la Défense.

Lors d’une Conférence « sur la performance des forces russes en Syrie », le ministre russe de la Défense a fait état du « déploiement de près de 70 drones russes dans le ciel syrien par jour ».

Sergueï Choïgou a évoqué « le rôle décisif des forces navales russes dans les opérations de ce pays en Syrie » avant de souligner : « Jusqu’à présent la flotte maritime russe a effectué 171 opérations et les navires et sous-marins ont lancé plus de 100 missiles de croisière Kalibr contre les fiefs des terroristes en Syrie. » Il a également ajouté que le porte-avions Amiral-Kouznetsov, qui portait les avions russes lors des opérations des forces de ce pays en Syrie, a réussi « à détruire 1.252 bases des terroristes ».

La flotte maritime russe, qui comporte près de dix navires et sous-marins, est active dans la mer Méditerranée. Précisément sur une diagonale géostratégique Sébastpol (Crimée) – Tartous (Syrie), qui conditionne la présence russe en Méditerranée. Un Axe pour laquelle Moscou lutte depuis Catherine la Grande ! Et qui explique pourquoi les dossiers de Crimée et de Syrie sont des questions géopolitiquement essentielles à la puissance russe …

Depuis 2015, la Russie mène des opérations anti-terroristes en Syrie et elle a infligé de lourdes défaites aux terroristes. Vladimir Poutine a annoncé, le mois dernier, le retrait d’une partie significative des forces russes en Syrie, quelques jours après l’annonce par Moscou de la « libération totale » du pays de l’emprise des terroristes. Et pourtant, elle continue à combattre les résidus de Daech. Il y a deux jours, les avions russes ont frappé une zone à Alep contre laquelle l’armée turque comptait lancer une offensive dans le cadre de son opération « Rameau d’olivier ».

Présence stratégique essentielle de la base navale russe en Syrie et alliance géopolitique, elle aussi essentielle, avec Téhéran en Caspienne et en Eurasie, voici pourquoi Israël pèse peu dans l’équation orientale de Moscou …

NOTES :

(1) Voir sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ SYRIE D’UNE GUERRE A L’AUTRE (V):  ISRAEL GRAND PERDANT DE LA GUERRE QUI SE TERMINE EN SYRIE

Sur http://www.lucmichel.net/2018/01/16/luc-michels-geopolitical-daily-syrie-dune-guerre-a-lautre-v-israel-grand-perdant-de-la-guerre-qui-se-termine-en-syrie/

(2) Voir sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ LA MER CASPIENNE : PIVOT STRATEGIQUE DE L’INTEGRATION EURASIATIQUE VERS L’IRAN

Sur http://www.lucmichel.net/2017/12/26/luc-michels-geopolitical-daily-la-mer-caspienne-pivot-strategique-de-lintegration-eurasiatique-vers-liran/

(3) Voir sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ AXE WASHINGTON – TEL-AVIV – RYAD : ‘TRUMP S’ALIGNE SUR LE SCENARIO DE NETANYAHU’ CONTRE L’IRAN Sur http://www.lucmichel.net/2017/10/20/luc-michels-geopolitical-daily-axe-washington-tel-aviv-ryad-trump-saligne-sur-le-scenario-de-netanyahu-contre-liran/

(4) Voir sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ RECONNAISSANCE DE JERUSALEM COMME CAPITALE D’ISRAEL: TRUMP LACHE SA BOMBE GEOPOLITIQUE SUR LE PROCHE-ORIENT !

Sur http://www.lucmichel.net/2017/12/07/luc-michels-geopolitical-daily-reconnaissance-de-jerusalem-comme-capitale-disrael-trump-lache-sa-bombe-geopolitique-sur-le-proche-orient/

(Source : Fars Today – Press TV – Presse russe – Debka – Times of Israel – EODE Think-Tank)

Photo :

Poutine et Netanyahu au Musée juif de Moscou, Poutine et Abbas, leader de l’Autorité palestinienne, lors d’une précédente visite à Moscou.

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

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ECOLOGIE RADICALE : LE CAPITALISME EST FONDAMENTALEMENT ANTI-ETHIQUE : VOLKSWAGEN ET FORD ACCUSES DE TESTER LE DIESEL SUR DES SINGES ET HUMAINS

# LUCMICHEL. NET/

singes3

 

“Je suis écoeurée d’apprendre les révélations sur les tests d’émissions concernant les humains et les singes”

– Barbara Hendricks, ministre allemande de l’Environnement.

“De telles expériences sont injustifiables d’un point de vue éthique”

 – Steffen Seibert, le porte-parole du gouvernement allemand.

“La confiance en l’industrie automobile est à nouveau écornée (…) ces expériences « devaient uniquement servir à la promotion des constructeurs”

– Christian Schmidt, ministre des Transports et de l’Agriculture.

Volkswagen a cherché à dissimuler les résultats des tests mesurant sur des singes les émissions du diesel, car ils montraient que celles des véhicules récents étaient « plus nocives » que celles des anciens, affirme mercredi le quotidien Bild. Les résultats de ces expérimentations « ne devaient jamais sortir » car ils étaient « trop dévastateurs », affirme le quotidien allemand, qui publie des documents internes au laboratoire américain les ayant menés.

« Nous avons adressé ce rapport final il y a plusieurs mois et (les responsables de Volkswagen) l’ont contesté parce qu’il ne correspondait pas à leurs attentes », écrivait ainsi en août 2016 Jacob McDonald, dont le laboratoire avait été mandaté par l’EUGT, organisme de recherche financé par Volkswagen, ses concurrents Daimler, BMW et l’équipementier Bosch.

Ces tests, initialement révélés par le journal américain New York Times, ont eu lieu en 2015, a indiqué mercredi à l’AFP Volkswagen. Les animaux étaient enfermés dans des cages de verre où ils inhalaient quatre heures durant les gaz d’échappements d’une Beetle, successeur de la Coccinelle et modèle phare de Volkswagen, et d’un Ford Pick-Up plus ancien. Les essais devaient démontrer l’innocuité des nouveaux moteurs diesel, mais ont au contraire mis en évidence que les animaux ayant inhalé les émanations d’un diesel supposé plus propre « présentaient plus de signes inflammatoires que ceux qui ont respiré l’ancien », a indiqué un expert à Bild.

Dans un courriel, Jacob McDonald proposait de ne pas évoquer dans le rapport final les mauvais résultats obtenus par les moteurs récents et d’insister sur l’absence de danger de « l’ancienne technologie ». Le rapport avait été adressé en juin 2017 à l’EUGT, en liquidation depuis le scandale du « dieselgate » en 2015, et qui ne l’a jamais publié, indique Bild. « Il est regrettable que l’image du diesel (…) soit une nouvelle fois écornée » (sic), a déclaré à la chaîne de télévision allemande n-tv le patron de Volkswagen, Matthias Müller.

Le numéro un mondial de l’automobile a réagi au scandale en suspendant mardi de ses fonctions son lobbyiste en chef Thomas Steg pour son rôle dans l’organisation des tests. Mercredi, son concurrent Daimler a lui aussi suspendu son ex-représentant au sein du directoire de l’EUGT, et a annoncé mener une enquête interne sur les tests. Selon le quotidien Handelsblatt, il s’agit d’Udo Hartmann, responsable de la protection de l’environnement au sein du constructeur.

Malgré ce nouveau scandale, Volkswagen « maintient sa confiance dans le diesel » (resic). « Nous continuerons (…) à investir dans cette technologie et tenterons de réhabiliter le diesel », a ajouté M.

Müller.

Fin 2015, le premier constructeur mondial a été secoué par le scandale d’émissions polluantes du « dieselgate », après avoir reconnu avoir équipé 11 millions de ses voitures diesel d’un logiciel faussant le résultat des tests anti-pollution et dissimulant des émissions dépassant jusqu’à 40 fois les normes autorisées.

Luc MICHEL / Люк МИШЕЛЬ /

(avec AFP/ 2018 01 31)

 * Ma position pour l’Ecologie radicale (Deep Ecology) :

Lire sur LUC MICHEL/ ЛЮК МИШЕЛЬ/

LA NATURE A DES DROITS … L’ÉCOLOGIE RADICALE ET MOI !

http://www.lucmichel.net/2017/03/31/luc-michel-la-nature-a-des-droits-lecologie-radicale-et-moi/

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Intimidazione poliziesca anche a Villarodin-Bourget che ha detto NO alla Torino- Lione

Segnalo questa frase che dà il senso del controllo poliziesco anche in Francia nei confronti degli oppositori, in questo caso a danno del Vice Sindaco Philippe Delhomme.

…..Le autorità stanno guardando con attenzione Villarodin-Bourget, che è attualmente coperto dalla neve caduta in abbondanza da dicembre. 

Dieci giorni fa, il vice sindaco Philippe Delhomme ha ricevuto la visita a sorpresa dei gendarmi nel suo chalet. 

“Avevano saputo che avevo invitato per una conferenza No TAV degli amministratori italiano della Valle di Susa”, dice quello che è anche un insegnante di storia e geografia a Modane. Volevano sapere cosa si stava tramando. Temono che una ZAD si stabilisca qui. “…..

…..Les autorités surveillent avec attention Villarodin-Bourget, actuellement recouverte par la neige tombée en abondance depuis décembre. Il y a dix jours, Philippe Delhomme a reçu la visite surprise des gendarmes dans son chalet. « Ils avaient appris que j’avais lancé une invitation pour une conférence aux élus italiens No-TAV du val de Suse, raconte celui qui est aussi prof d’histoire-géo à Modane. Ils voulaient savoir ce qui se tramait. Ils redoutent qu’une ZAD s’installe ici. »…..

PresidioEuropa No TAV

Lyon-Turin : le village qui dit non Privée de ses sources d’eau, menacée par des mètres cubes de remblais : en Maurienne, la commune de Villarodin-Bourget, 520 habitants, paie un lourd tribut à la construction de la ligne ferroviaire. L’opposition au Lyon-Turin s’y organise.

Par Eliane Patriarca –
31 janvier 2018

L’abandon du projet d’aéroport à Notre-Dame-des-Landes (NDDL) les fait rêver. A quelques kilomètres en amont de Modane, à l’entrée de la Haute-Maurienne, les habitants de Villarodin-Bourget combattent eux aussi un de ces grands projets qu’ils étiquettent « inutiles et imposés » : le Lyon-Turin ferroviaire. « NDDL, c’est un peu une jurisprudence. Peut-être va-t-on arrêter de décider à notre place et enfin s’interroger sur le bien-fondé d’un projet décidé en 1991 sur la base de prévisions de trafics surestimées ? », espère le maire-adjoint Philippe Delhomme. Le parallèle avec l’aéroport avorté du Grand Ouest s’arrête toutefois ici. Dans les montagnes savoyardes, nulle ZAD pour incarner l’opposition et attirer l’attention des autorités publiques et des médias. Nul signe extérieur d’insurrection. Juste une commune pacifiquement rebelle, la seule de la vallée de la Maurienne à oser s’opposer à ce projet d’une ligne à grande vitesse dont 80% de l’activité serait consacrée au fret et qui nécessite le percement d’un tunnel de 57 kilomètres sous les Alpes.

Et pourtant… Les autorités surveillent avec attention Villarodin-Bourget, actuellement recouverte par la neige tombée en abondance depuis décembre. Il y a dix jours, Philippe Delhomme a reçu la visite surprise des gendarmes dans son chalet. « Ils avaient appris que j’avais lancé une invitation pour une conférence aux élus italiens No-TAV du val de Suse, raconte celui qui est aussi prof d’histoire-géo à Modane. Ils voulaient savoir ce qui se tramait. Ils redoutent qu’une ZAD s’installe ici. »

Le conflit de « la descenderie »

Car Villarodin-Bourget, qui compte 520 habitants (près de 6000 l’hiver), présente les caractéristiques d’un potentiel foyer de contestation. « Commune support d’ouvrage » pour le chantier du Lyon-Turin ferroviaire, elle est celle qui a le plus souffert des travaux préparatoires et qui sera la plus affectée côté français par le chantier. A l’été 2016, la caravane cycliste contre les « Grands Projets Inutiles », partie du val de Suse, y avait d’ailleurs fait étape.

Étendue sur deux versants, la commune fait partie du parc national de la Vanoise. Côté ubac, le village de Villarodin et la station de ski de la Norma ; côté adret, le Bourget. Et au milieu coule une rivière, l’Arc. Sous la neige, on aperçoit vaguement un terre-plein bétonné, en contrebas du Bourget. C’est l’entrée de la « descenderie », l’objet du premier conflit. Cette galerie, réalisée entre 2003 et 2007 par la société Tunnel euralpin Lyon-Turin (Telt), le promoteur chargé de la réalisation de la section transfrontalière, s’enfonce sous la montagne pour rejoindre le tracé du futur tunnel. En phase de construction, la descenderie sera utilisée pour excaver le tunnel de base et remonter les déblais. Une fois l’ouvrage en fonction, elle servira à la ventilation et à l’accès des équipes de maintenance et de secours.

Les quatre années de chantier de la descenderie restent un cauchemar pour les habitants : ballet incessant de camions, de jour comme de nuit, tirs de mines, flots de poussière lâchés par l’unité de concassage… « Ils [les promoteurs du Lyon-Turin] avaient dit que les déblais seraient évacués par bande transporteuse, rappelle le maire Gilles Margueron, mais elle n’a fonctionné que trois mois, ils ont tout transporté en camions. » « Ils avaient promis de ne pas faire de tirs d’explosifs la nuit, mais on était sans arrêt réveillés », ajoute Philippe Delhomme.

« En creusant, ils avaient capté les sources qui alimentaient le village »

Un beau matin, Villarodin-Bourget s’est aussi retrouvée « à sec », les fontaines taries tout comme une partie du réseau communal d’eau potable. « En creusant, ils avaient capté les sources qui alimentaient le village », explique le maire-adjoint. Telt reconnaît la responsabilité du chantier dans l’assèchement de la commune et construit, en compensation, un aqueduc de cinq kilomètres pour acheminer l’eau d’une source d’altitude, sous le col de la Masse. Mais trop peu minéralisée, celle-ci doit être mélangée à de l’eau venue de la Norma pour être potable.

Pas de quoi néanmoins rassurer les élus locaux. « La source du col de la Masse n’est pas pérenne car elle provient de névés. Or ici, nous sommes dans le pôle de sècheresse de la Savoie avec un déficit pluviométrique marqué . S’ils ont préféré financer une nouvelle canalisation plutôt que de nous rendre les sources, avance Philippe Delhomme, c’est qu’ils vont avoir besoin d’eau en quantité phénoménale pour le forage du tunnel et l’avancée du tunnelier ! » Une interprétation que Telt rejette vigoureusement. « L’eau ne disparaît pas !, rétorque Eric Vaillaut, responsable de la concertation avec les collectivités locales. Elle reste dans le massif. Elle est pompée en permanence dans la descenderie puis rejoint des bassins de décantation avant d’être rejetée dans l’Arc. » « D’ailleurs, l’association de pêche de Villarodin utilise les bassins pour élever des truites », souligne-t-il.

Après les poissons, les moutons

Au bord de la rivière justement, se dresse une drôle de colline aux contours bien réguliers sous la neige : c’est là que Telt a entassé 500 000 mètres cubes de déblais. « Ils avaient promis qu’ils seraient stockés provisoirement puis enterrés ou valorisés pour les voies ferrées », affirme le maire. Malgré l’opposition vigoureuse des habitants et du parc de la Vanoise, le dépôt est resté « dans une zone à fort risque d’inondation ». « On ne peut plus s’en débarrasser car la butte a été terrassée, végétalisée », soupire l’élu. Là encore, Telt se défend en jouant la carte écolo. Après les poissons, les moutons : « Aujourd’hui, grâce au succès de la révégétalisation du site, des agriculteurs y font paître leurs troupeaux », vante Eric Vaillaut.

La commune n’en a pas fini avec les avanies : Telt va implanter la zone de chantier du tunnel de base dans le secteur des Moulins, un terrain composé de dizaines de parcelles de jardins en cours d’expropriation. « On aura une carrière à ciel ouvert au coeur des trois villages et cela durant dix à quinze ans, sans parler du défilé des camions !, déplore Gilles Margueron. Pour nous qui vivons essentiellement du tourisme, c’est un coup dur. » Les élus s’opposent aussi à l’ensevelissement de la commune sous le monceau de déblais que Telt leur réserve : 3 à 4 millions de mètres cubes devraient être entreposés sur une zone aujourd’hui recouverte de pins sylvestres. « Telt va revaloriser un maximum de déblais, sous forme de granulats pour le béton ou les chaussées, minimise Eric Vaillaut. Notre objectif n’est pas de les mettre en tas ! » 

« On pensait que c’était la bonne solution pour délester l’autoroute des camions » 

Les élus de Villarodin ont beau se battre pied à pied contre le projet, ils enchaînent les défaites : malgré une majorité de voix contre durant l’enquête publique en 2010, et la preuve apportée que les enquêtes d’impact environnemental avaient été bâclées, le préfet délivre la déclaration d’utilité publique. La commune écope des déblais honnis. « On a été obligé par l’Etat d’inscrire dans notre plan local d’urbanisme une zone réservée Lyon-Turin », se résigne le maire. Conséquence, Telt peut racheter les terrains expropriés pour une bouchée de pain : « De 50 centimes d’euros le mètre carré pour la bonne terre des jardins de la zone des Moulins, on a seulement obtenu de monter à 2 euros », ajoute amer Gilles Margueron.

Longtemps, la majorité des habitants et des élus ont été favorables au Lyon-Turin, se souvient l’élu, qui dirige l’école de ski de la Norma. « On pensait que c’était la bonne solution pour délester l’autoroute des camions. A vrai dire, on ne savait pas grand chose du projet », reconnaît-il. En Maurienne, les habitants sont plutôt taiseux sur le sujet. « Ils ne bougent pas tant qu’ils n’ont pas un caillou dans leur jardin, regrette le maire. Alors que le projet concerne toute la région, les Alpes ! »

Le fatalisme résigné d’une vallée habituée aux grands chantiers imposés par l’Etat – des barrages hydroélectriques à la construction du tunnel du Fréjus puis de l’autoroute de Maurienne – le dispute à l’espoir d’une manne économique. Telt fait miroiter la création de 6 000 à 10 000 d’emplois directs et indirects sur la durée du chantier de construction du tunnel soit dix années, dont une majorité sera réservée aux Mauriennais « Mais quid des emplois qui seront supprimés ? », interroge Philippe Delhomme qui évoque à titre d’exemple la fermeture annoncée des gares de Modane et de Saint-Michel-de-Maurienne.

Pour garder sa liberté d’expression et de contestation, le conseil municipal a décidé de bloquer l’argent issu de la vente de terrains communaux expropriés sur un compte à la Caisse des dépôts. « On n’y touchera pas, assure le maire. On ne veut pas collaborer au chantier. » Dans cette même logique, les élus ont aussi voté le refus des aides et compensations financières que Telt distribue aux communes de Maurienne. Un fonds d’accompagnement et de soutien territorial (Fast) de 32 millions d’euros, mis en place par l’Etat en 2015, est géré par Telt pour les mesures compensatoires et l’aide au développement territorial. Quant au « contrat de territoire » Grand Chantier signé en 2016 par l’Etat, la région, le département de la Savoie et le syndicat du pays de Maurienne, il alloue 40,7 millions d’euros d’ici à 2020 à l’accompagnement du chantier et du territoire. « Comment voulez-vous que les communes osent s’opposer ensuite ? », interroge Philippe Delhomme. Même Villarodin-Bourget a cédé une fois au rouleau compresseur de la tentation, confesse Gilles Margueron : « On a accepté de l’aide pour la construction de la maison d’assistance maternelle ». Une petite brèche qu’Eric Vaillaut ne manque pas de souligner. « Villarodin-Bourget a profité du Fast pour ce projet. On sait que le maire ne nous aidera pas, précise-t-il. Mais on continue de discuter avec lui. »

Du “nymbisme” à l’intérêt général

A Villarodin-Bourget, l’opposition s’est initialement cristallisée autour des nuisances, « sur la seule défense de notre territoire », reconnaît Gilles Margueron. Lorsqu’il est élu en 2008, avec une équipe municipale opposée au Lyon-Turin, mais isolée dans la vallée, il cherche du soutien auprès des No-Tav du val de Suse, qui connaissent le projet sur le bout des doigts. Les élus rencontrent aussi la figure de la coordination française contre le Lyon-Turin, Daniel Ibanez. « Là, on a compris qu’on nous avait menti : le trafic des camions dans la vallée n’a pas été multiplié par cinq comme on nous l’annonçait dans les années 1990 et il y a bien une solution alternative avec la ligne ferroviaire existante ! », résume Philippe Delhomme.

« Les élus de Villarodin-Bourget ont constaté que claquer 26 milliards pour ce projet c’est irresponsable !, confirme Daniel Ibanez. Les prévisions des promoteurs du Lyon-Turin tablaient sur un trafic de 2,7 millions de poids lourds par an entre la France et l’Italie. Aujourd’hui, en cumulé aux tunnels du Mont-Blanc et du Fréjus, il n’en passe que 1,36 million ! Depuis vingt ans, tous les services de l’Etat – du conseil général des Ponts et Chaussées à l’inspection générale des Finances – dénoncent ces hypothèses de trafic surestimées et rappellent que la ligne ferroviaire existante sous le tunnel du Fréjus n’est ni saturée ni obsolète ! »

A Villarodin-Bourget, la contestation a mûri au fil des années, passant du «nymbisme » à l’opposition franche et globale. La commune remet aujourd’hui en cause l’utilité publique même d’un projet pharaonique et irréversible une fois le tunnel sous les Alpes creusé. Les élus attendent désormais les préconisations sur le Lyon-Turin du rapport Duron sur les grandes infrastructures de transports, promis ces jours-ci. Avec l’espoir, cette fois-ci de gagner une bataille.

Le tunnelier se remet à creuser

Le tunnelier qui creuse la galerie de reconnaissance de la future liaison ferroviaire Lyon-Turin, tout près de Modane, à Saint-Martin-La-Porte en Savoie, amorce une « reprise progressive » du forage, selon Tunnel euralpin Lyon-Turin (Telt), la société chargée de la réalisation du tunnel transfrontalier sous les Alpes. Comme Mediacités le signalait le mois dernier, Federica – c’est son surnom – était depuis fin octobre à l’arrêt, pour la deuxième fois en un an. Après avoir foré deux kilomètres depuis septembre 2016, elle avait besoin, selon Telt, d’une « opération de maintenance » qui devait durer deux mois.

La roue de coupe nécessitait en fait de sérieuses réparations. La réfection a duré trois mois. Le passage de la machine en vitesse de croisière d’excavation est prévu pour le 1er février.

DE L’AUTRE CÔTÉ DES ALPES

En Italie, les No-TAV, pour « Treno ad alta velocità », et notamment la quasi totalité des 70 000 habitants du val de Suse, s’opposent au projet depuis vingt-cinq ans, par des manifestations massives, des sabotages de chantiers mais aussi des recours juridiques. Le gouvernement italien a transformé le chantier du Lyon-Turin, situé dix kilomètres après la sortie du tunnel du Fréjus, en un camp militarisé, avec barrières antiémeutes, barbelés et grilles coulissantes pour en défendre l’accès.

LE DÉSERT DE SAVOIE

Le relief très cloisonné de la vallée influe sur son climat par l’effet d’abri qu’il procure. Avrieux, avec des précipitations moyennes annuelles inférieures à 521 millimètres, est au coeur du pôle de sécheresse de la Savoie, avec Villarodin-Bourget (moins de 800 millimètres).

“PAS DANS MON JARDIN”

Le nymbisme, néologisme issu de l’acronyme Nymby (« Not in my backyard » ou « Pas dans mon jardin ») désigne le phénomène de rejet d’un projet par les populations vivant à proximité immédiate.

MOSCOU DE RETOUR SUR LES CHAMPS DE BATAILLE DE LA GUERRE FROIDE

EODE-TV/ 2017 01 30/

Le Géopoliticien Luc MICHEL :
analyse le grand retour de Moscou en Afrique, dans le cadre de l’extension mondiale de la « nouvelle Guerre froide 2.0 ». Il explique comment la « Russie retrouve les champs de bataille de la Guerre froide des Années 1960-1989 entre Soviétiques et Américano-occidentaux ». u des USA …

LE GRAND RETOUR DE LA RUSSIE EN AFRIQUE.
OU COMMENT LA NOUVELLE GUERRE FROIDE 2.0 ARRIVE SUR LE CONTINENT AFRICAIN !

La guerre froide – la nouvelle « Guerre froide 2.0″ – est de retour en Afrique ! Le Think-Tank STRATFOR (proche du Pentagone et du Lobby militaro-industriel US) consacrait avant-hier une intéressante analyse au retour de la Russie sur les champs de bataille de la confrontation entre les USA et les soviétiques. Une analyse qui révèle les inquiétudes de Washington sur le grand retour de Moscou en Afrique. En commençant par l’Afrique sub-saharienne … (Extrait d’une longue analyse à paraître ce 19 janvier)

* MOSCOU DE RETOUR SUR LES CHAMPS DE BATAILLE DE LA GUERRE FROIDE/ PARTIE I (DANS ‘REPORTAGE’ SUR PRESS TV, IRAN, 19 JANV. 2018)

« L’EXTENSION MONDIALE DE LA NOUVELLE GUERRE FROIDE »

sur https://vimeo.com/252349360

Press TV :
« La Russie retrouve les champs de bataille de la Guerre froide des années 1960-1989.
Le géopoliticien Luc Michel analyse le grand retour de Moscou en Afrique, dans le cadre de l’extension mondiale de la « nouvelle Guerre froide 2.0. Il explique comment la « Russie retrouve les champs de bataille de la Guerre froide des années 1960-1989 entre Soviétiques et Américano-occidentaux. Cette analyse vous est présentée en deux parties. Écoutons la première partie, qui décrit le terrain où cette guerre revit de ses cendres. »

* MOSCOU DE RETOUR SUR LES CHAMPS DE BATAILLE DE LA GUERRE FROIDE/ PARTIE II (DANS ‘REPORTAGE’ SUR PRESS TV, IRAN, 20 JANV. 2018)

« QUELLES SONT LES STRATEGIES RUSSES CONTRE LES USA EN AFRIQUE ? » sur https://vimeo.com/252349171

Press TV :
« Le think tank Stratfor, proche du Pentagone et du lobby militaro-industriel US, consacrait avant-hier une intéressante analyse au retour de la Russie sur les champs de bataille de la confrontation entre les USA et les Soviétiques. Dans cette deuxième partie de notre interview, Luc Michel, géopoliticien, évoque comment la Russie est en train de choisir ses alliés et comment elle dessine son champ de bataille contre les USA. »

ALLER AU FOND DU DOSSIER :

* Lire en Anglais sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ AFRICAN GEOPOLITICS:
HOW ‘RUSSIA REVISITS AN OLD COLD WAR BATTLEGROUND’
(SEEN FROM THE USA)
sur http://www.lucmichel.net/2018/01/17/luc-michels-geopolitical-daily-african-geopolitics-how-russia-revisits-an-old-cold-war-battleground-seen-from-the-usa/

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PERCHE’ E’ DERAGLIATO IL TRENO A PIOLTELLO : LA RAGIONE DI QUESTO INCIDENTE E’ LA MANCANZA DEL SISTEMA ANTI DERAGLIAMENTO


Perché è deragliato il treno a Pioltello

Il treno non era dotato di sistema anti deragliamento


I Comitati popolari contro le Grandi Opere (No TAV della Valle Susa e No Tunnel TAV di Firenze) richiamano l’attenzione dei mezzi di informazione sul deragliamento del treno di pendolari a Pioltello.

Il grave incidente ferroviario avvenuto il 25 gennaio 2018 su una linea utilizzata da lavoratori, studenti e pendolari, sollecita ancora una volta la necessità di investire prioritariamente sulla sicurezza della circolazione dei treni su tutta la rete ferroviaria.

La Magistratura e le perizie individueranno forse la causa prima del deragliamento del treno.

Ciò che inquieta è che tutti i treni, ivi compresi quelli dei pendolari, non siano ancora attrezzati con il sistema anti deragliamento che costa meno di mille euro per vagone [1].[2]

Questi “rilevatori di deragliamento” fermano immediatamente il treno in caso di fuoriuscita dai binari anche di un solo carrello. Se le carrozze del treno di Trenord avessero avuto questo apparecchio, il deragliamento del treno sarebbe avvenuto a bassa velocità. Ma Trenord quando pensa alla sicurezza dei passeggeri installa delle telecamere sui treni nuovi, come scrive il Corriere della Sera il 16 novembre 2016[3].

La necessità di installare sui treni questo importante sistema di sicurezza è già stato posto dall’Associazione dei familiari delle 32 vittime della strage di Viareggio del 29 giugno 2009, che da anni richiede che questo apparecchio sia installato anche sui treni merci, oltre che sui treni regionali e passeggeri.

Il P.M. Salvatore Giannino[4], durante la requisitoria del processo per il disastro ferroviario di Viareggio che provocò 32 vittime, ha parlato dell’antisvio, quel sistema che, applicato su ogni vagone, segnala immediatamente il deragliamento, fermando il convoglio.

La sicurezza è un diritto di tutte e tutti al di là di qualsiasi logica economica e di profitto: il Movimento No TAV e il Comitato No Tunnel Tav hanno chiesto ancora una volta con forza che si investa in sicurezza e manutenzione, invece che in grandi opere inutili e dannose, come il tunnel di Base di 57 km sulla Torino Lione e il tunnel sotto la città di Firenze.

Fermiamo lo spreco di denaro pubblico!


[1] http://www.knorr-bremse.it/it/railvehicles/products/trainsafety/edt101.jsp Il rilevatore di deragliamento riconosce l’asse deragliato attraverso il rilevamento e la valutazione degli urti delle ruote sulle traversine. Il treno viene fermato automaticamente attraverso una frenata rapida. L’obiettivo è quello di limitare i danni derivanti da un deragliamento.

[2] Il Tirreno Trenitalia sperimenta l’antisvio ma l’avvocato di Ferrovie in aula dice che è pericoloso http://iltirreno.gelocal.it/regione/2014/07/10/news/trenitalia-sperimenta-il-nuovo-dispositivo-anti-deragliamento-1.9573057?refresh_ce

DELIBERA TORINO-LIONE: COSTI AGGIORNATI AL 2017 – L’ITALIA PAGHEREBBE IL TUNNEL 293,5 MILIONI DI EURO AL KM – MAPPA PROGETTO

Torino – Lione

COSTI AGGIORNATI AL 2017

Costo Certificato 2012 – Costo valuta corrente 2017

L’aumento è del 19,8 %

CIPE Delibera n. 67/2017 –  Gazzetta Ufficiale 24 gennaio 2018  – Serie generale – n. 19

Nuova linea ferroviaria Torino-Lione sezione internazionale – parte comune Italo-Francese. Sezione transfrontaliera  (CUP C11J05000030001) – Autorizzazione alla realizzazione per lotti costruttivi e all’avvio del 1° e del 2° lotto costruttivo.

L’ing. Ivan Cicconi nel 2012 aveva già fatto molto bene i conti e scriveva, tra l’altro:

Torino-Lione: il primato del costo al chilometro

“Non è inoltre da sottovalutare il fatto che il prevedibile aumento complessivo dei costi, stante la ripartizione percentuale pattuita, la diversa lunghezza delle tratte ed il contributo del 40% europeo necessariamente fisso, si rifletterebbe in modo decisamente negativo per l’Italia.

Ipotizzando un aumento del solo 100% dei costi della intera galleria di base, cinque volte inferiore a quello registrato per la Torino-Milano, il costo a chilometro per l’Italia salirebbe da 235 a 628 milioni di euro al km, circa il 200% in più.”

Una profezia che si sta avverando: per l’Italia il costo al chilometro del tunnel è già di 293,5 milioni. La Francia, sempre a corto di soldi, dovrà pagare solo 57,9 milioni di km. 

Qui una riflessione di settembre 2017  di PresidioEuropa No TAV ormai superata dalla realtà dell’aggiornamento dei costi comunicato dal Governo italiano.

IL PROGETTO TORINO – LIONE: IMPEGNO ITALIA/FRANCIA – GEOGRAFIA – CHI PAGA – COSTO 2017 – TELT – PROPRIETA’ – PRIVATIZZAZIONE

impegno Italia/Francia – geografia – chi paga – costo 2017 – TELT – proprietà – privatizzazione

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=13883 – 24 gennaio 2018


La Torino-Lione è un progetto che viene da lontano. Al di là delle affermazioni dei promotori, si possono individuare questi obiettivi:

–     costruire un’opera apparentemente indispensabile,

–     fare pagare il costo certificato ai cittadini europei (40%), e il resto – varianti e inflazione – agli italiani e ai francesi in parti uguali (cfr. Accordo 2012),

–     costituire un Promotore definito “pubblico”, di fatto un’impresa multinazionale di diritto francese (TELT), che assuma la proprietà delle opere e disponga del potere di affidare ai privati la gestione dell’infrastruttura,

–     privatizzare due linee ferroviarie.


INDICE

1 – L’impegno a realizzare l’opera e la geografia del progetto

2  – Il costo del progetto aggiornato al 2017

3 – Il crescente potere di TELT

4 – La proprietà delle opere è di TELT

5 – Il modello di privatizzazione adottato: il PPP

6 – La geografia della linea storica del Fréjus e la sua privatizzazione

7 – La linea di valle da Bussoleno ad Avigliana

8 – Mappa generale del Progetto


1- L’impegno a realizzare l’opera, la geografia del progetto

L’Accordo di Torino del 2001, all’Art.1 impegna Italia e Francia a realizzare le opere della parte comune italo-francese di una nuova linea ferroviaria mista passeggeri-merci tra Lione e Torino che “dovrà essere messa in servizio alla saturazione delle opere esistenti.”

La geografia del progetto è contenuta nell’Accordi Italia-Francia[1] di Torino del 2001[2] poi modificata con l’Accordo di Roma del 2012[3] che ne precisa le varie parti in modo più minuzioso.[4]

Oltre al Tunnel di Base, queste sono le altre sezioni della parte comune italo-francese: 33 km tra i paraggi di Montmélian in Francia – compresi i tunnel di Belledonne km 19,7 e del Glandon km 9,5 – e 22 km tra Susa-Chiusa S. Michele in Italia, compreso un tunnel di 19,5 km dell’Orsiera, che non ricevono alcun sostegno europeo.

2 – Il costo del progetto aggiornato al 2017[5]

Dalle informazioni del CIPE[6], ad oggi il costo del progetto transfrontaliero è di € 9,6 miliardi con un aumento medio dell’11,9% sull’importo di € 8,6 miliardi certificato.

Ma l’aumento calcolato sulle quote nazionali risulta essere del 19,8%, perché il contributo europeo non avrà alcuna variazione.

Sulla base di una equa ripartizione dei costi, il costo/km del progetto sarebbe di € Mil.168,4, all’Italia costerebbe € Mil. 293,5, mentre alla Francia solo € Mil. 57,9. Si tratta di uno squilibrio tra i due Paesi di circa € Mld 3 che non può essere accettato. Vedremo nelle prossime settimane quale destino riserverà la Francia alla Lyon-Turin, poi potremo riprendere con altri argomenti questa divisione dei costi.

Credo che dovremo comunicare queste cifre, argomentandole adeguatamente in funzione delle variazioni per inflazione dei costi stimati per le opere rinviate, in particolare per i circa 53 km di tunnel bitubo in Francia e in Italia: dato che queste opere sono state o saranno cancellate, potrebbe essere indispensabile un nuovo accordo tra Italia e Francia per il riequilibrio della ripartizione dei costi del tunnel di base.

3 – Il crescente potere di TELT

Il potere di TELT, ereditato da LTF, si è accresciuto. Si tratta di una società di diritto francese, definita “entità aggiudicatrice”, alla quale sono stati dati poteri eccezionali ai sensi dell’art. 6.2 dell’Accordo del 2012 e della Direttiva europea 2004/17/CE[7],

– unico responsabile nei confronti di Italia, Francia e UE per la direzione strategica e operativa, la conclusione, il seguito dell’esecuzione, la realizzazione, lo sfruttamento della sezione transfrontaliera del progetto,

– TELT ha la qualità di gestore della sezione transfrontaliera e potrà delegare completamente o in parte le missioni che deve assicurare, concludendo accordi con altri gestori di infrastrutture italiani o francesi.[8]

Dato che TELT ha la proprietà delle opere della sezione transfrontaliera da St-Jean-de-Maurienne a Bussoleno fino al dissolvimento della società (Art.11 dell’Accordo del 2012), siamo di fronte ad una vera e propria privatizzazione della nuova linea tra Bussoleno/Susa e Saint-Jean-de-Maurienne, e di quella storica del Fréjus (Cfr. Par. 6).

Sul fronte delle privatizzazioni Mazzoncini (a.d. di RFI) ha recentemente affermato[9] che è essenziale che RFI rimanga pubblica, e il Governo è d’accordo su questa posizione. Mentre Virano ha confermato che TELT sta già studiando una PPP sugli impianti tecnologici del tunnel e sulla gestione della linea, che di fatto consegnerebbero la gestione della NLTL ad un terzo.

4 – La proprietà delle opere è di TELT

L’art. 11 dell’Accordo del 2012 è molto chiaro: “Le opere costitutive della sezione transfrontaliera diventano proprietà del Promotore pubblico. All’estinzione del Promotore pubblico le opere di sua proprietà diventano di proprietà dello Stato sul cui territori sono situate.”

Dato che TELT è stata costituita nel 2015, ai sensi del suo Statuto[10] cesserà nel 2114.

Questa è una delle ragioni per le quali i pagamenti asimmetrici tra Italia e Francia realizzano di fatto un regalo (nel migliore dei casi un prestito senza interessi per un secolo o più, se la durata di TELT verrà prorogata)[11].

5 – Il modello di privatizzazione adottato: il PPP[12]

Il progetto della Torino-Lione è finanziato dall’UE, dalla Francia e dall’Italia, la preoccupazione che appare negli accordi è tuttavia quella di accogliere in questo lucroso affare i capitali privati: ma solo dopo che la realizzazione dell’opera ha superato le fasi del rischio geologico, con l’usuale motivazione “di limitare l’incidenza sulle finanze pubbliche”.

Il PPP è una delle opzioni auspicate già nel Libro bianco europeo del marzo 2011.[13]

LAllegato n. 2 Accordo di Roma 30.1.2012 “Principi del montaggio giuridico, economico e finanziario dell’opera” lo richiama: “il montaggio finanziario del progetto dovrà ricercare il miglior modo di mobilitare i capitali privati”.

Nel Regolamento CEF 1316/2013 è scritto: “(40) … i PPP sono stati considerati un sistema efficace per realizzare i progetti infrastrutturali garantendo … la Commissione si è impegnata a migliorare l’accesso dei PPP …” [14]

Già in un dossier per la stampa di LTF del 2013[15] anticipava la necessità del PPP: “Si parla dei rischi connessi alla costruzione unicamente per i lavori di genio civile. In tutti i casi studiati[16], i lavori di armamento (binari, catenarie, segnalamento …) sono attribuiti ad un partner privato, che sarà in seguito incaricato di gestire l’armamento nel quadro di un Partenariato Pubblico Privato”.

E’ dunque previsto che al termine della costruzione del tunnel, ma prima della posa delle infrastrutture che lo rendono “ferroviario”, TELT, in quanto promotore e gestore della NLTL (Cfr. Art. 6.2 Accordo di Roma 30.1.2012,it) procederà a « delegare tutte o alcune delle missioni che le sono affidate”, ad esempio, cessione di parte dei servizi della linea ad altri soggetti da lei scelti in via esclusiva, come indicato all’art. 6.2 dellAccordo di Roma 30.1.2012,it.

6 – La geografia della linea storica del Fréjus e la sua privatizzazione

L’Art. 2 dell’Accordo di Roma del 2012 stabilì che “La linea storica del Fréjus è la sezione della linea ferroviaria tra le stazioni di Modane e Bardonecchia, stazioni escluse.”

L’Art. 24 dell’Accordo di Roma del 2012 ha creato i presupposti giuridici per trasferire in futuro a LTF/TELT la qualità di gestore della linea storica del Fréjus.

L’Art. 1 dell’accordo di Parigi 2015 ha confermato la definizione geografica della linea storica del Fréjus già indicata nell’Art. 2 dell’Accordo del 2012: “La linea storica del Fréjus” è la sezione della linea ferroviaria tra le stazioni di Modane e Bardonecchia, stazioni escluse.”

Ma nel successivo Art. 6 Accordo di Parigi 24.02.2015 è stata modificata la definizione dell’art. 2 dell’Accordo 2012: l’itinerario della linea storica diviene la sezione della linea ferroviaria “tra le interconnessioni con la nuova linea”, ossia tra Bussoleno e Saint-Jean-de-Maurienne, così trasferendo in prospettiva a TELT la qualità del gestore dell’infrastruttura della linea storica del Fréjus.  Una vera e propria privatizzazione.

7 – La linea di valle da Bussoleno a Avigliana

Nell’Accordo del 2012, art. 4 è scritto: “In una prima fase sarà realizzata la parte transfrontaliera tra Susa e Saint-Jean-de-Maurienne. A complemento (ma senza dare dei tempi), RFI realizzerà i lavori di miglioramento della capacità della linea storica tra Avigliana e Bussoleno” (valutati € 81 milioni, Cfr. Accordo 2012, articoli 4 e 18).[17]

In un documento ufficiale del 2017[18] è proposta la progettazione definitiva dell’adeguamento della Linea Storicatra Avigliana e Bussoleno per la sua entrata in esercizio alla data di attivazione del tunnel di base. Abbiamo quindi qualche anno per discutere di questo progetto.

Ricordiamo a questo proposito che la linea ferroviaria tra Torino e Bardonecchia in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino del 2006 permetteva il transito di 79 treni passeggeri al giorno (un aumento di 69 treni rispetto alle 10 corse tradizionali).[19]

RFI e il Commissario straordinario dell’opera affermano nel giugno 2016: “Arrivati a Bussoleno, i treni imboccheranno la linea storica per 23,5 chilometri. Con una spesa di circa 200 milioni, gli attuali binari – che in quel tratto corrono in piano – saranno ammodernati così da gestire il passaggio di treni con sagoma PC80, cioè lo standard internazionale e per ridurre le vibrazioni, grazie a barriere antirumore e sistemi che riducono le vibrazioni.[20]

A questo proposito ecco la risposta che l’Assessore Balocco della Regione Piemonte ha dato ad una interrogazione della Consigliera Frediani il 1° luglio 2015 [21] [22]Per quanto riguarda la questione della progettazione del tratto Avigliana-Bussoleno, cioè l’adeguamento della storica e degli interventi di mitigazione sulla stessa linea e per quanto riguarda gli sviluppi sulla tratta nazionale, devo dire che i due punti si collegano, in quanto il progetto preliminare della tratta nazionale è fermo al CIPE dal 2011 e c’è una fase d’approfondimento progettuale, che dovrà andare in CIPE, come pare, non troppo avanti nel tempo. Si tratta ovviamente del progetto preliminare.”

8 – Mappa Mappa n. 1 Accordo di Roma 30.1.2012


[1] Tutti gli Accordi della Torino-Lione

[4] Crasi articoli 2 e 4 Accordo 2012 : Aux fins du présent Accord, on entend par : A) « section internationale », l’ensemble des ouvrages, installations et équipements ferroviaires construits et à construire entre Saint-Didier-de-la-Tour et le nœud ferroviaire de Turin. Elle est constituée de trois parties : – la partie française, entre les environs de Saint-Didier-de-la-Tour et les environs de Montmélian, – la partie commune franco-italienne, entre les environs de Montmélian en France et de Chiusa S. Michele en Italie (ci-après « la partie commune franco-italienne »), est composée, suivant le plan figurant en annexe 1 au présent Accord (cette annexe faisant partie intégrante du présent Accord) : a) en France, d’une section de 33 kilomètres environ franchissant le massif de Belledonne et comprenant les tunnels à double tube de Belledonne et du Glandon ; b) d’un tunnel à double tube de 57 kilomètres environ entre Saint-Jean-de-Maurienne, en France, et Suse – Bussoleno, en Italie, creusé dans les Alpes, sur les territoires français et italien et incluant trois sites de sécurité à La Praz, Modane et Clarea ; c) d’une section à l’air libre d’environ 3 kilomètres en territoire italien à Suse ; d) d’un tunnel à double tube d’environ 19,5 kilomètres situé sur le territoire italien entre Suse et Chiusa San Michele ; e) en France et en Italie, des ouvrages de raccordement à la ligne historique ; f) ainsi que des ouvrages annexes (gares, installations électriques, etc.) nécessaires à l’exploitation ferroviaire et de ceux dont les Parties conviendraient ultérieurement qu’ils doivent être inclus dans cette partie commune franco-italienne. Ces ouvrages seront réalisés en plusieurs phases fonctionnelles. Dans une première phase, objet du présent Accord, sera réalisée la section transfrontalière, incluant les gares de Saint-Jean-de-Maurienne et de Suse, ainsi que les raccordements aux lignes actuelles conformément au plan annexé. En complément, Rete Ferroviaria Italiana (ci-après « RFI ») réalisera des travaux d’amélioration de la capacité sur la ligne historique entre Avigliana et Bussoleno. La consistance des phases suivantes sera définie par les Parties dans le cadre d’accords ultérieurs. – la partie italienne, des environs de Chiusa S. Michele au nœud de Turin. B) « section transfrontalière », la section de la partie commune comprise entre Saint-Jean-de- Maurienne en France et Suse – Bussoleno en Italie ; E) « Ligne historique du Fréjus », la section de ligne ferroviaire située entre les gares de Modane et de Bardonnèche, y compris le tunnel historique du Fréjus, gares exclues.

[8] Accordo 2012 – Art. 6.2. Il Promotore pubblico ha la qualifica di gestore dell’infrastruttura della sezione transfrontaliera ai sensi della direttiva 2001/14/CE e potrà delegare tutte o alcune delle missioni che gli sono affidate in tale qualità, concludendo accordi con altri gestori di infrastrutture dei due Stati. Nell’ipotesi in cui il Promotore pubblico decidesse di procedere a tale delega della messa in Servizio dell’opera, tale decisione dovrebbe essere presa almeno 2 anni prima della messa in Servizio.

[13] LIBRO BIANCO Bruxelles, 28.3.2011 COM (2011) 144 definitivo – Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti  Per una politica dei       trasporti competitiva e sostenibile  http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0144:FIN:it:PDF

[15] Il dossier Stampa di LTF – luglio 2013, Cfr. Pag. 16 http://lyonturin.eu/documents/docs/Dossier-de-presse-LTF-fevrier-2014.pdf: