Notre-Dame-des-Landes : que dit le rapport des médiateurs ?

Notre-Dame-des-Landes : aux origines du projet d’aéroport abandonné

https://reporterre.net/Le-plan-de-Jose-Bove-pour-Notre-Dame-des-Landes

Le plan de José Bové pour Notre-Dame-des-Landes

5 janvier 2018 / Entretien avec José Bové

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Les trois médiateurs chargés de sortir de l’impasse le dossier de Notre-Dame-des-Landes remettent mercredi leur rapport à Edouard Philippe, avant une “décision définitive” promise par Emmanuel Macron “au plus tard en janvier”.

Après avoir entendu pendant six mois plus de 200 personnes, partisans ou opposants au projet d’aéroport à Notre-Dame-des-Landes, mais aussi des spécialistes et des élus, les trois médiateurs remettent mercredi leur rapport au Premier ministre Edouard Philippe. Ils y font des recommandations au gouvernement, mais ne dictent aucune préférence. Europe 1 vous révèle les grandes lignes de ce rapport.

Une facture nettement plus salée pour Notre-Dame-des-Landes. Pour les autorités, il s’agissait d’une “médiation d’apaisement”, visant à une remise à plat complète du dossier, une analyse comparée qui se voulait impartiale et neutre. Les trois médiateurs – Gérard Feldzer, ancien pilote de ligne et proche du ministre de la Transition écologique Nicolas Hulot, Michel Badré, ingénieur membre du Conseil économique, social et environnemental (CESE), et la préfète Anne Boquet – ont donc étudié à fond l’option d’un réaménagement de l’actuel aéroport Nantes-Atlantique. Élément clé : le coût pour 9 millions de passagers. Selon leurs analyses, la rénovation serait quasiment deux fois moins chère que le transfert de l’aéroport à Notre-Dame-des-Landes. Elle coûterait au maximum 545 millions d’euros, contre 992 millions d’euros pour le déménagement.

Notre-Dame-des-Landes polluerait bien plus. Par ailleurs, le chantier imposerait de fermer la piste pendant deux mois. Celle-ci pourrait d’ailleurs être allongée de 500 mètres, pour 30 millions d’euros supplémentaires. Et dans leurs recommandations, les médiateurs n’excluent pas de la doubler par un axe est-ouest qui permettrait de limiter le survol de Nantes. Les trois médiateurs estiment que les avions d’un futur proche devraient faire baisser les nuisances sonores d’environ 40% autour de l’agglomération. Enfin, des experts ont dressé le comparatif de l’empreinte carbone des deux structures. Les émissions de CO2 de Notre-Dame-des-Landes seraient supérieures de 200 kilotonnes sur vingt ans par rapport à l’actuel aéroport.

Une décision attendue en janvier. Las de l’indécision politique, “pro” comme “anti” en appellent au “courage” du président de la République sur ce projet né au milieu des années 1960 et déclaré d’utilité publique en 2008. Il est indispensable au développement économique du Grand Ouest pour ses partisans, néfaste pour l’environnement et gaspilleur d’argent public pour ses opposants. “Une décision définitive sera prise au plus tard en janvier”, a indiqué Emmanuel Macron mardi, quand Nicolas Hulot avait évoqué une décision “avant Noël”. Durant la campagne présidentielle, le candidat Macron s’était montré plutôt favorable au nouvel aéroport, soutenu par quelque 55% des habitants de Loire-Atlantique lors du référendum local de juin 2016.

NDDL : comment les forces de l’ordre se préparent ? :

La ferrovia è un incubo Germania. «Stuttgart-21», 57 chilometri di rete in costruzione da 8 anni in Germania.

6 genn 17 Manifesto 

Per Merkel è un’infrastruttura decisiva, ma gli ambientalisti denunciano: devasterà il territorio

Sebastiano Canetta Berlino

https://ilmanifesto.it/la-ferrovia-e-un-incubo/

Tutti concentrati sulla barzelletta del nuovo aeroporto «Willy Brandt» che doveva aprire dieci anni fa e invece, se tutto andrà bene, sarà ultimato nel 2020.

Oppure appesi al clamoroso flop della corsa inaugurale del Tav Berlino-Monaco più lento di 2 ore del previsto. Eppure la vera Grande opera da incubo in Germania si chiama «Stuttgart-21»: 57 chilometri di ferrovia in costruzione da ben otto anni.
Un maxi-cantiere progettato nel 1994; doveva costare circa 4 miliardi di euro invece ha già sfondato quota 7,6. Di fatto, un vero e proprio buco nero nei conti pubblici non solo del Baden-Württemberg, mentre in parallelo si allargano le voragini nei monti del Giura, “scavati” dalle ruspe per far passare metà del tracciato dentro i tunnel.
Per il governo Merkel si tratta di un’infrastruttura strategica, asse portante del corridoio Parigi-Vienna. Ma secondo gli ambientalisti è solo «l’ennesima, inutile e dannosa opera di devastazione del territorio che distruggerà la biodiversità nel Sud-Ovest della Germania». 

Per questo il 15 gennaio scenderanno nella piazza della stazione centrale di Stoccarda, dando il via alla 400esima manifestazione di protesta.

DOMANI sarà il «giorno delle porte aperte» del cantiere: l’«Associazione ferrovia Stoccarda-Ulm» attende la visita di 20 mila persone. Un modo per far conoscere la prima tratta della nuova ferrovia ai residenti di Stoccarda: la via di mezzo tra l’operazione-simpatia e l’obbligo di trasparenza imposto dopo le accuse di opacità, dalla progettazione all’esecuzione fino alla spesa-monstre che non smette di lievitare.
Il 13 dicembre a Berlino nella torre delle Ferrovie a Potsdamer Platz il Supervisory board di Deutsche Bahn (Db) ha affrontato proprio l’ennesima esplosione dei costi di «Stuttgart-21». Mentre mercoledì scorso il Consiglio di vigilanza di Db ha dovuto discutere gli infiniti problemi del mega-progetto: l’impatto sull’attuale traffico dei treni locali, il caos provocato dai guasti alla linea, fino alla moltiplicazione del prezzo.
A partire dalla stazione di transito sotterranea (hub principale della ferrovia) ma anche dai 25 chilometri della linea ad alta velocità e soprattutto dagli oltre 30 di binari che correranno in galleria. Conti alla mano, i quattrini pubblici da aggiungere al preventivo ammontano a 1 miliardo e fanno crescere la ricevuta finale di «Stuttgart-21» a ben 7,6 miliardi. Senza contare l’impatto economico causato dallo slittamento dell’inaugurazione della ferrovia, ora fissata alla primavera del 2024.

DA QUI le pressioni sul governo federale come sul vertice di Db con la clamorosa accusa di Winfried Hermann, ministro dei trasporti del Baden-Württemberg eletto nelle liste dei Verdi. Uno sfogo in piena regola, senza sconti né distinzioni tra piccoli e grandi «attori» dell’opera.
«In Germania assistiamo al finanziamento pubblico di grandi progetti che si rivelano sempre più costosi del previsto e minano la credibilità della politica nei confronti dei cittadini – scandisce Hermann – le tabelle dei costi, al pari di quelle dei tempi, si rivelano così irrealistiche da essere continuamente superate, come nel caso di Stuttgart-21». Di conseguenza il Baden-Württemberg «non pagherà un cent in più dei 930,6 milioni di euro stanziati» avverte il ministro, pronto a ricordare a Berlino i casi analoghi dell’aeroporto Willy Brandt e della nuova Filarmonica sull’Elba ad Amburgo.

DI PARI PASSO procede la mobilitazione ambientalista, con la proposta di tracciati alternativi, meno impattanti e molto più economici. È il progetto «Umstieg-21» (cambiamento) che «costerebbe da 4 a 5 miliardi in meno del piano attuale» conferma Martin Vieregg, tra i maggiori esperti di traffico ferroviario in Germania. Contro-proposta supportata a Stoccarda anche con la «ciclo-demo» che parte ogni lunedì dal lago Feuersee e con la manifestazione settimanale nella piazza del castello cittadino.

MOBILITAZIONE più che permanente, sull’onda della prima grande «rivolta» di massa al maxi-progetto che risale al 2010. All’epoca scesero in piazza 100 mila persone contro l’ex sindaco Wolfgang Schuster che sei anni prima aveva promesso il referendum popolare nel caso le spese aggiuntive avessero superato i 200 milioni di euro. Consultazione comunque inutile, dato che l’opera non è finanziata solo da Stoccarda e la capitale sveva non ha la competenza per ridiscutere il tracciato.
Così, continua a fare fede il protocollo firmato ad aprile 2009 dall’ex governatore del Baden-Württemberg, Günther Oettinger, con il ministero federale dei trasporti e Db, che fissava a un massimo di 4,5 miliardi la spesa per l’opera. Contratto disatteso, e al vaglio della Corte dei conti tedesca che ipotizza che «Stuttgart 21» alla fine della giostra potrebbe costare la «bellezza» di 10 miliardi.
Con buona pace della proverbiale affidabilità, accuratezza e precisione tedesca, che si rivelano, davvero e banalmente, solo luoghi comuni.

TORINO – LIONE I Sindaci della Valle di Susa scrivono al Governo francese

Comunicato Stampa

5 gennaio 2017

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=13524

Quest’opera non s’ha da fare …

… anche perché, se la Francia dichiarerà di volerla realizzare, la maggioranza della fattura la pagherà l’Italia


La Francia svelerà presto il futuro della Lyon Turin. A questo fine la Ministra dei Trasporti Elisabeth Borne ha affidato al Conseil d’Orientation des Infrastructures – COI, presieduto da Philippe Duron il compito di “definire entro la fine di gennaio 2018 una strategia sostenibile e una programmazione delle azioni da realizzare nel prossimo decennio”. Questa programmazione indicherà, tra gli altri progetti, il futuro della Lyon-Turin.

In questo contesto il Presidente dell’Unione Montana Valle Susa Sandro Plano ha inviato il 4 gennaio 2018 un articolato documento a Philippe Duron che conferma che “questo progetto avrebbe un impatto fortemente negativo sulla Valle Susa e sul bilancio dello Stato italiano”.

Questo atto si è reso necessario in quanto il COI non ha consultato ufficialmente alcun soggetto italiano favorevole o contrario al progetto Torino-Lione (cfr. pag. 42 del Rapport d’Etape). Tra gli altri è stato audito il Presidente di TELT, società mista franco-italiana, che però non ha titolo ad esprimere un parere franco e disinteressato sull’opportunità di realizzare questo progetto, dato che la sua missione è unicamente quella di portare avanti tutti gli atti indicati nelle istruzioni che le sono comunicate dai Governi italiano e francese, come precisato nel suo Statuto di TELT.

La decisione dell’Unione Montana della Valle Susa di scrivere direttamente al Governo francese è un atto politico che rafforza l’unità dell’opposizione alla Torino-Lione.

La lettera rende note “al Conseil d’orientation des infrastructures alcune valutazioni economiche e trasportistiche che consigliano di non procedere alla realizzazione del progetto Lyon-Turin, confermate dal gruppo di esperti altamente qualificati che integrano la Commissione tecnica dei Comuni della Valle Susa e di Torino”.

Il Presidente Plano ricorda che “Nel primo accordo di Torino 29.1.2001 (art. 1) Francia e Italia avevano saggiamente deciso che il progetto avrebbe dovuto essere realizzato alla saturazione della linea esistente: oggi questa linea, completamente ammodernata è utilizzata al 15%. Allo stato delle conoscenze, la prevedibilità della sua saturazione è impossibile da valutare. Siamo dunque ben lontani dalla necessità di dover iniziare lo scavo del tunnel abbandonando il tunnel esistente.”

La Pausa può dunque continuare ancora per molti anni nel rispetto di questa decisione anche perché, al momento attuale, né la Francia né l’Italia sono in grado di rispettare la fondamentale clausola dellAccordo del 2012 (art. 16) che impone ai due Stati “di mettere a disposizione del progetto tutti i fondi nazionali necessari alla sua completa esecuzione prima di iniziare lo scavo del tunnel”.

Il Presidente Plano ha inoltre richiesto che “una nuova analisi socio-economica europea sia realizzata per confermare l’inutilità della nuova relazione ferroviaria”.

Nel documento si afferma inoltre che “Le nostre analisi indicano che i costi di gestione del nuovo tunnel saranno moto elevati e prevediamo che, a causa della concorrenza dei tunnel di base realizzati dalla Svizzera, il gestore TELT dovrà ricevere delle importanti sovvenzioni dall’Italia e dalla Francia per evitare il fallimento”.

Circa i costi del tunnel, ricordiamo che questi sono posti in gran parte a carico del Bilancio italiano. L’Accordo di Roma del 30 gennaio 2012 (art.18) ha infatti previsto l’iniqua ripartizione del costo, per ora previsto in €8,6 miliardi: al netto del contributo europeo del 40%, le quote nazionali italiana e francese ammontano a €5,16 miliardi.

L’Italia dovrebbe pagare ben il 58% di questa fattura. E, data la prevalente collocazione del tunnel nel territorio francese (45 km in Francia contro i 12 km in Italia), ogni chilometro italiano del tunnel costerebbe €245 milioni, mentre ogni chilometro francese solo €48 milioni.

Il Presidente Plano ha affermato che “gli accordi sono modificabili alla luce di nuove e più approfondite valutazioni economiche e stime dettagliate dei traffici” e ha auspicato che “la riflessione del Conseil d’orientation des infrastructures non si basi unicamente sulle pregresse decisioni contenute negli accordi internazionali tra Francia e Italia”.

Nel documento viene ricordato al Presidente Duron che l’opposizione dei cittadini italiani a questo faraonico progetto è iniziata nel 1989 e prosegue senza sosta nonostante il dispiegamento da parte dello Stato italiano di un dispositivo di controllo militare del territorio mai visto nella storia italiana dal dopo guerra ad oggi. L’opposizione alla Torino-Lione è politicamente sostenuta dalle amministrazioni della maggioranza dei Comuni della Valle Susa e della Città di Torino, non ostante quanto affermato dai media, dal Presidente dell’Osservatorio tecnico e dal Commissario straordinario del Governo italiano.

In conclusione il Presidente Plano informa il Governo francese che l’Italia ha unilateralmente modificato l’Accordo del 2012 (art. 4), che stabiliva che il progetto dovrebbe essere realizzato in fasi funzionali, introducendo nella legge di ratifica di questo accordo il principio dei “lotti costruttivi” che permetterà all’Italia di non dovere assicurare il finanziamento integrale del progetto attraverso una legge pluriennale, rendendo così indeterminata la data di completamento dei lavori (si vede in questa decisione la ripetizione della Salerno Reggio Calabria).

Bussoleno, 4 gennaio 2018

Egregio Signor Philippe DURON

Presidente del Conseil d’Orientation des Infrastructures

Ministère de la transition écologique et solidaire

244 Boulevard Saint-Germain

75007 PARIS

Oggetto: Nuova Linea Ferroviaria Torino-Lione: parte comune franco-italiana


Egregio Presidente,

L’Unione Montana Valle Susa (Italia)[1] è l’associazione dei Comuni della Bassa Valle Susa, un territorio che inizia a circa 15 chilometri da Torino e confina ad ovest con la Francia.

L’Unione Montana Valle Susa ha preso atto e apprezza il buon senso della decisione del Governo francese di “fare una pausa” sul progetto ferroviario Torino-Lione e in particolare sul nuovo tunnel transfrontaliero. Consideriamo che questo progetto avrebbe un impatto fortemente negativo sulla Valle Susa e sul bilancio dello Stato italiano.

Il Conseil d’Orientation des Infrastructures, del quale Lei è Presidente, consegnerà alla fine di gennaio 2018 il risultato della sua riflessione e delle sue proposte per una pianificazione degli investimenti francesi in materia di trasporti e in particolare le su raccomandazioni sul progetto Torino-Lione per la sezione transfrontaliera e gli “accessi” della parte francese.

A tale scopo, le Conseil d’Orientation des Infrastructures ha svolto l’audizione di oltre cinquanta persone e organizzazioni francesi. Data la natura internazionale di questo collegamento, queste proposte avranno conseguenze dirette per la parte italiana del progetto.

Desideriamo contribuire alla riflessione in corso e portare alla vostra attenzione alcuni elementi di analisi.

Auspichiamo che la riflessione del Conseil d’orientation des infrastructures non si basi unicamente sulle pregresse decisioni contenute negli accordi internazionali tra Francia e Italia.

Crediamo che gli accordi siano modificabili alla luce di nuove e più approfondite valutazioni economiche e stime dettagliate dei traffici.

Avete audito[2] il Presidente di TELT, Promotore Pubblico responsabile della realizzazione e della gestione della sezione transfrontaliera della futura linea ferroviaria merci e passeggeri Torino-Lione. Crediamo che TELT non abbia titolo ad esprimere un parere franco e disinteressato sull’opportunità di realizzare questo progetto. In effetti la sua missione è unicamente quella di portare avanti tutti gli atti indicati nelle istruzioni che le sono comunicate dai Governi italiano e francese, ai sensi dell’articolo 2 dello Statuto di TELT.[3]

L’opposizione dei cittadini e degli eletti

L’opposizione dei cittadini italiani a questo faraonico progetto è iniziata nel 1989 e da allora prosegue senza sosta, nonostante il dispiegamento da parte dello Stato italiano di un dispositivo di controllo militare del territorio mai visto nella storia italiana dal dopo guerra ad oggi.

L’opposizione alla Torino-Lione è politicamente sostenuta dalle amministrazioni della maggioranza dei Comuni della Valle Susa e della Città di Torino, non ostante quanto affermato dai media e dal Presidente dell’Osservatorio tecnico e Commissario straordinario del Governo italiano.

Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione europea, dai media, dai rappresentanti della Commissione Intergovernativa franco italiana, dalla Transalpine, Presidente dell’Osservatorio tecnico, dal Commissario governativo italiano e da TELT, l’opposizione pacifica e non violenta dei cittadini e dei loro eletti è stata in questi anni tanto efficace da ritardare le attività di LTF/TELT al punto che solo gli studi e i lavori di carattere geognostico sono stati parzialmente terminate quest’anno a 17 anni dal primo Accordo di Torino.

Ricordiamo che le previsioni ufficiali fatte al momento della firma del primo accordo del 2001 affermavano che il tunnel sarebbe stato aperto al traffico ferroviario nel 2012.

La nostra valutazione

Da molti anni analizziamo questo progetto con professionalità e lo conosciamo in modo approfondito.

Abbiamo inoltre chiesto al gruppo di esperti altamente qualificati che compone la Commissione Tecnica [4] dei Comuni della Valle Susa e di Torino di validare la nostra opposizione con valutazioni economiche e trasportistiche.

Desideriamo di conseguenza rendere noti in modo sintetico al Conseil d’orientation des infrastructures alcuni elementi della nostra expertise che consigliano di non procedere alla realizzazione del progetto Lyon-Turin.

Inutilità del progetto

Per ciò che concerne l’ambiente, siamo convinti che la linea ferroviaria esistente ha la capacità di permettere da subito il riporto modale su questa direttrice così contribuendo alla riduzione dei gas ad effetto serra.

Il bilancio tra l’ipotetica diminuzione dei gas a effetto serra nell’esercizio della nuova linea ferroviaria e le emissioni dei cantieri per la sua costruzione è previsto nella migliore delle ipotesi molto oltre l’anno 2058.[5]

La linea esistente, totalmente rinnovata con un investimento di più di €400 milioni, ha una capacità di oltre 20 milioni di tonnellate ossia di più di sei volte la domanda di traffico attuale, mentre secondo l’Osservatorio Tecnico presso il Governo italiano la sua capacità può arrivare fino a 32 milioni di tonnellate.[6].

Il tempo di percorrenza tra Parigi e Milano può essere effettuato in 5 ore e 15’, utilizzando la linea esistente. Mentre il tempo di 4 ore presentato da TELT è calcolato da Parigi a Milano senza effettuare alcuna fermata.

Auspichiamo che una nuova analisi socio-economica europea sia realizzata per confermare l’inutilità della nuova relazione ferroviaria.

Circa la qualità del servizio e l’efficienza, il progetto non contribuisce alla riduzione della congestione dei nodi ferroviari, e i colli di bottiglia (circonvallazione di Lione, Chambéry e Torino) sono molto distanti dal tunnel transfrontaliero.

Le nostre analisi indicano che i costi di gestione del nuovo tunnel saranno moto elevati e prevediamo che, a causa della concorrenza dei tunnel di base realizzati dalla Svizzera, il gestore TELT dovrà ricevere delle importanti sovvenzioni dall’Italia e dalla Francia per evitare il fallimento, come è stato il caso dell’impresa incaricata di gestire il tunnel Figueras-Perpignan[7], di fronte ad un traffico insufficiente.

L’Unione Europea assegna la priorità dei suoi finanziamenti a progetti che hanno “un valore aggiunto europeo e vantaggi significativi per la società e non riceve un finanziamento adeguato dal mercato”.[8] [9]

Questi criteri sono assenti dal progetto di Torino Lione. Il nuovo tunnel sostituirà quello esistente, quindi non crea un collegamento mancante. Il collegamento non elimina i colli di bottiglia della circonvallazione settentrionale di Lione e di Torino e non aumenta l’interoperabilità ferroviaria già attiva sulla linea esistente.

L’Analisi Costi Benefici del progetto mostra un risultato molto debolmente positivo attraverso l’introduzione di elementi di costo fuorvianti (incidentalità dei mezzi pesanti) ed è stata realizzata prima dell’accordo per il primo finanziamento europeo quando avrebbe dovuto essere realizzata prima della domanda del finanziamento.

Inoltre si tratta di un’analisi non affidabile in quanto è stata eseguita da Oliviero Baccelli, docente non accademico della Bocconi, che è membro del Consiglio di Amministrazione di TELT e ha quindi un conflitto di interessi nello svolgimento di questa perizia.[10]

Il finanziamento europeo in corso scade nel 2019 ed è relativo ad una limitata porzione dei lavori sulla parte comune franco-italiana della sezione internazionale.

Gli impegni di Francia e Italia

Desideriamo ricordare alcuni degli impegni sottoscritti da Francia e Italia e una modifica unilaterale dell’Italia che non permettono la realizzabilità del progetto.

Nel primo accordo del 2001[11] Francia e Italia avevano saggiamente deciso che il progetto avrebbe dovuto essere realizzato alla saturazione della linea esistente: oggi questa linea, completamente ammodernata con un investimento italiano e francese di circa €400 milioni è utilizzata al 15%. Allo stato delle conoscenze, la prevedibilità della sua saturazione è impossibile da valutare. Siamo dunque ben lontani dalla necessità di dover iniziare lo scavo del tunnel abbandonando il tunnel esistente.

La Pausa può dunque continuare ancora per molti anni nel rispetto di questa decisione.

Con il secondo accordo del 2012[12] Francia e Italia, – vista i ritardi nella realizzazione dell’opera e al fine di rendere la sua esecuzione certa e celere, si erano accordate attraverso l’art. 16 di mettere a disposizione del progetto tutti i fondi nazionali necessari alla sua completa esecuzione prima di iniziare lo scavo del tunnel.

I finanziamenti francese e italiano per l’insieme dei lavori definitivi del tunnel non sono attualmente disponibili.

Allo stato, Francia e Italia non rispettano questa clausola fondamentale. In attesa della Legge sull’orientamento delle mobilità, TELT non dovrebbe essere autorizzata di impegnare i lavori definitivi sui cantieri in Francia e in Italia.

Allo stesso tempo Francia e Italia si sono impegnate a non richiedere all’Unione europea fondi supplementari oltre al costo certificato (art. 18 dell’acordo del 2012) e l’Unione europea non ha stanziato fondi per attività che dovessero essere realizzate oltre il 2019. Il finanziamento europeo presuppone che la Francia sia in grado di finanziare la sua parte.

Il progetto dovrebbe essere realizzato in diverse fasi funzionali, come dettagliatamente indicato nell’art. 4 dell’accordo del 2012[13]. Ma l’Italia ha modificato unilateralmente questa modalità di realizzazione dei lavori introducendo il concetto di lotti costruttivi nella Legge di Ratifica[14] dell’accordo del 2015[15], che permetterà all’Italia di non dovere assicurare il finanziamento integrale del progetto attraverso una legge pluriennale, rendendo così indeterminata la data di completamento dei lavori.

Augurandoci che il nostro contributo sia considerato nella vostra riflessione, vi preghiamo di accettare, Signor Presidente e egregi membri del Conseil d’orientation des infrastructures, l’espressione della nostra più alta considerazione.

ing. Sandro Plano

Presidente

Unione Montana Valle Susa

[1] http://www.unionemontanavallesusa.it/

[2] Hubert du Mesnil, Presidente di TELT, audito il 22 novembre 2017

[3] Statuto di TELT http://www.telt-sas.com/wp-content/uploads/2016/11/Statuts-TELT_010716.pdf

[4] Scienziati, professori universitari e tecnici che prestano la loro attività a titolo gratuito.

[5] Impatto ambien­tale della Nuova Linea Fer­ro­via­ria Torino-Lione M. Cle­rico, L. Giunti, L. Mercalli, M. Ponti, A. Tar­ta­glia, S. Ulgiati, M. Zuc­chetti (2014) http://www.notav.info/post/impatto-ambientale-della-nuova-linea-torino-lione-3/

[6]  http://www.ambientevalsusa.it/PresentTartagliaTAV-01-12-07.pdf    http://presidenza.governo.it/osservatorio_torino_lione/quaderni/Quaderno1.pdf

[7] https://www.lesechos.fr/16/09/2016/LesEchos/22278-076-ECH_tgv—Perpignan–Figueras–une-ligne-en-faillite.htm#

[8] Art. 3 del Regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013

[9] Art. 4 del Regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013

[10] http://www.gruppoclas.com/it/news_dett.asp?cat=notiz&id=436

[11] Accordo di Torino 29.1.2001, it Articolo 1. Objet Les Gouvernements français et italien s’engagent par le présent accord à construire ou à faire construire les ouvrages de la partie commune franco-italienne, nécessaires à la réalisation d’une nouvelle liaison ferroviaire mixte marchandises-voyageurs entre Lyon et Turin et dont la mise en service devrait intervenir à la date de saturation des ouvrages existants.

[12] Accordo di Roma 30.1.2012,it Articolo 16 – Principes Le présent titre a pour but de préciser les modalités de financement entre les Parties des prestations réalisées pendant la construction des ouvrages définitifs de la partie commune franco-italienne.

La disponibilité du financement sera un préalable au lancement des travaux des différentes phases de la partie commune franco-italienne de la section internationale. Les Parties solliciteront l’Union européenne pour obtenir une subvention au taux maximum possible pour ces réalisations.

[13] Accordo di Roma 30.1.2012,it Article 4  – La Partie commune franco-italienne de la nouvelle liaison ferroviaire Lyon-Turin est composée, suivant le plan figurant en annexe 1 au présent Accord (cette annexe faisant partie intégrante du présent Accord) : a) en France, d’une section de 33 kilomètres environ franchissant le massif de Belledonne et comprenant les tunnels à double tube de Belledonne et du Glandon ; b) d’un tunnel à double tube de 57 kilomètres environ entre Saint-Jean-de-Maurienne, en France, et Suse – Bussoleno, en Italie, creusé dans les Alpes, sur les territoires français et italien et incluant trois sites de sécurité à La Praz, Modane et Clarea ; c) d’une section à l’air libre d’environ 3 kilomètres en territoire italien à Suse ; d) d’un tunnel à double tube d’environ 19,5 kilomètres situé sur le territoire italien entre Suse et Chiusa San Michele ; e) en France et en Italie, des ouvrages de raccordement à la ligne historique ; f) ainsi que des ouvrages annexes (gares, installations électriques, etc.) nécessaires à l’exploitation ferroviaire et de ceux dont les Parties conviendraient ultérieurement qu’ils doivent être inclus dans cette partie commune franco-italienne. Ces ouvrages seront réalisés en plusieurs phases fonctionnelles.

[14] Legge 5 gennaio 2017 n. 1 (cfr. Art. 3) : Ratificazione  dell’Accordo di Parigi 2015, Protocollo addizionale firmato a Venezia l’8 marzo 2016, Regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016.

[15] Accordo di Parigi  24.02.2015

LUC MICHEL SUR LE WEBSITE ‘LES 7 DU QUEBEC’ : ‘L’IRAN PROCHAINE VICTIME D’UNE ‘RÉVOLUTION DE COULEUR’!’ …

# LUCMICHEL. NET/

 

LM.NET - 7QUEBEC iran

Le très influent site québecquois (une gauche marxiste, mais ouverte) cite ce 4 janvier 2018 les analyses du géopoliticien Luc MICHEL sur les « révolutions de couleur » à propos de la « révolution des œufs » en Iran (dixit les médias de l’OTAN) (*) …

* A lire sur Les 7 du Québec :

http://www.les7duquebec.com/7-dailleurs-2-2/liran-prochaine-victime-dune-revolution-de-couleur/

Extrait :

« Depuis trois jours nous publions des articles sur les manifestations populaires qui ont lieu en Iran. La précipitation avec laquelle les médias occidentaux à la solde du grand capital, ainsi que l’empressement du Président Trump à appuyer ces agitations, enfin, les procédés employés dans ces agitations s’apparentant aux méthodes utilisées dans les pseudos « Révolutions de couleur » http://www.les7duquebec.com/7-dailleurs-2-2/revolution-de-couleur-contre-liran/  que Luc Michel décrit abondamment dans certains textes parus ici :  http://www.les7duquebec.com/7-dailleurs-2-2/enquetes-sur-la-destabilisation-de-lafrique/ . »

SECESSION AU SOUTHERN CAMEROON (II) : LE REPORTAGE CHOC DE ‘TV5 MONDE’ SUR LES TERRORISTES ‘AMBAZONIENS’

PANAFRICOM/ 2018 01 04/

Revude de Presse/

TV5 MONDE / JOURNAL AFRIQUE :

AU CAMEROUN, CARNET DE GUERRE EN “AMBAZONIE”

Cameroon-Briefing-19-Oct-17

« l’Ambazonie, nom inspiré par cette baie d’Ambas, dans le sud-ouest Cameroun. Une colonie britannique puis possession allemande avant de redevenir sous une tutelle anglaise. Une histoire utilisée aujourd’hui par ceux qui contestent la réunification du Cameroun francophone et anglophone, il y a maintenant 45 ans ».

* Extrait 1 :

« Le 1er octobre, un groupe armé de sécessionnistes camerounais autoproclamait une république anglophone dénommée “Ambazonie”. C’est là que se concentrent les combats qui secouent le Cameroun depuis plus d’un an et qui se sont intensifiés ces dernières semaines. Enquête. 

A travers le hublot, la jungle. Sur des centaines de kilomètres carrés, une forêt presque vierge est traversée par les cours sinueux des rivières dans le Sud-Ouest du Cameroun. En contrebas, l’une des deux régions anglophones du pays, celle qui se trouve désormais au cœur d’une guerre larvée près de la frontière avec le Nigeria. Dans l’hélicoptère de l’armée camerounaise, l’heure est aux dernières vérifications des cartes de la région avant le prochain atterrissage. Un voyage vers l‘épicentre de la crise qui secoue le Cameroun depuis un peu plus d’un an et qui a connu une sanglante escalade ces dernières semaines avec l’apparition d’un groupe armé de sécessionnistes qui ont autoproclamé le 1er octobre une république anglophone dénommée “Ambazonie” où se concentrent les combats. »

Colonel Didier Badjeck, porte-parole de l’armée camerounaise :

« C’est la zone la plus sensible où il y a eu plusieurs combats. Et ici, c’est un combat qui est particulier, un combat de guérilla. Nous avons mis des forces qui sont appropriées et qui peuvent mener ce genre de combats. Et une fois que c’est sécurisé, nous tenons la zone pour exprimer notre souveraineté. »

* Extrait 2 :

« Guérilla urbaine mais aussi guérilla rurale qui a déjà coûté la vie à une quinzaine de militaires camerounais ces deux derniers mois. Dans le huis clos de cette forêt, la dernière grande bataille en date a eu lieu dans le village de Dadi, un ancien fief des séparatistes repris par l’armée. Pas de bilan officiel, mais de source militaire, des dizaines de sécessionnistes auraient été tués (…)Dadi, un bourg devenu un symbole. Celui de la première tentative d’occupation militaire du territoire camerounais par les séparatistes de l’Ambazonie (…) Dadi, village fantôme devenu symbole :

Dans la cour de ce qui fut un centre d’instruction pour miliciens anglophones de l’Ambazonie, des armes ont été retrouvées par les militaires, dans ce village ratissé depuis maintenant plusieurs jours. Des fusils de chasse plutôt très répandus dans cette région. »

Achille Binong, Officier police dans le village de Dadi :

« Vous voyez là des armes de fabrication artisanale. Ils ont des armes de guerre également. Ici, nous avons trouvé également ces armes par centaines dans ce village et c’étaient des armes essentiellement orientées vers les forces de défense et de sécurité utilisées par l’armée qui était en train d’être mise sur pied par ces assaillants. Ce sont des armes dangereuses. Si vous n’êtes pas protégés dans les 20 à 30 mètres, c’est un carnage ! »

* Extrait 3 :

« C’est ici (à Dadi), il y a quelques semaines, qu’une vidéo a été produite par les séparatistes anglophones. Elle montrait un responsable de la république autoproclamée d’Ambazonie passer en revue des troupes. Ce document a officialisé la création d’un groupe armé bien décidé à s’en prendre aux symboles de l’Etat du Cameroun dans cette partie du pays. Mais depuis, sur cette place, le drapeau camerounais flotte à nouveau.

Le pays imaginaire de sécessionnistes :

Sur la désormais fameuse vidéo, on y voit aussi le drapeau de l’Ambazonie, sur fond bleu et blanc, avec treize étoiles. Un pays encore imaginaire, mais pour lequel les sécessionnistes ont déjà leur hymne. Une parade comme un défi lancé aux autorités camerounaises qui ont fait suivre ce rassemblement, minute par minute, grâce à un dispositif de surveillance aérienne comme le montre des photos que nous nous sommes procurées. Cette branche militaire des sécessionnistes anglophones est soupçonnée d’être déjà à l’origine d’au moins une quarantaine d’attentats dans les régions anglophones du Cameroun. Une crise qui a dégénéré dans la violence, très loin des revendications de départ de syndicats d’avocats et d’enseignants réclamant une meilleure prise en compte de leur identité par l’Etat. Neutraliser ces milices des séparatistes anglophones radicalisées, c’est l’obsession du Général Melingui, commandant militaire de la région, en quête quotidienne de renseignements face à un ennemi insaisissable. »

Général de brigade Melingui Nouma, commandant militaire du sud-ouest anglophone :

« Nous savons qu’ils sont entraînés par des étrangers, notamment quelques mercenaires blancs dont je ne donnerais pas la nationalité. Il y a aussi quelques Camerounais, quelques déserteurs de notre armée qui les ont rejoints et qui forment ces gens-là.  Ça risque de se transformer complètement en un conflit asymétrique où on fait face, non pas à une armée régulière, mais à des hordes qui sortent de gauche à droite et qui viennent faire quelques coups d’éclats puis se replient dans leur base arrière. »

* Extrait 4 :

« Sur le terrain, la riposte s’organise face à ce nouveau “front terroriste” désigné comme tel par le gouvernement camerounais. Pour y faire face, des patrouilles mixtes police/armée chargées de veiller sur la création de nouveaux postes de combat, le long de cette piste qui mène au Nigeria. Ce pays voisin sert de base arrière aux séparatistes qui y ont trouvé un repli au milieu de 7000 réfugiés camerounais, déjà officiellement recensés de l’autre côté de la frontière. « Cette route qui mène au Nigéria, explique le capitaine Gaston Ngotio, chef de détachement de Dadi, c’est sensiblement deux et demie, trois kilomètres… Avant hier, il y a eu une infiltration dans le village et c’est certainement ceux qui sont partis avec les armes. Donc quand il y a déjà infiltration, ça veut dire que c’est une attaque. Ils venaient comme ça nous surprendre. Mais ils n’ont pas eu le courage de nous affronter. On les a dispersés… On les a repoussés … »

Valentine Akpana Odepo, chef du second degré d’Akwaya :

« L’Ambazonie pour nous, c’était quelque chose qui venait avec un vent très fort. Mais après on a vu que c’était un mirage. On n’y croit plus. C’était un rêve où on se disait qu’il y avait quelqu’un qui est hors du pays, qui viendrait avec beaucoup de choses, on ne l’a jamais vu, on ne sait pas comment il est. »

* Extrait 5 :

Issa Tchiroma Bakary, ministre de la Communication et porte-parole du gouvernement :

 « Quelle forme doit prendre l’Etat au Cameroun ? Une question institutionnelle à laquelle le porte-parole du gouvernement entend donner la réponse officielle des autorités. Entre condamnation des sécessionnistes, et volonté affichée d’un dialogue mais avec des lignes rouges. Il y a eu des violences, des bâtiments incendiés, des écoles incendiées, des élèves battus à mort, des populations intimidées, prises en otage par la violence orchestrée, organisée par les sécessionnistes. »  « Nos compatriotes des deux régions, du nord-ouest et du sud-ouest, dans leur immense majorité n’adhérent pas aux idées de ces extrémistes violents sécessionnistes, raconte le ministre, qui en vérité, par leurs pratiques et leur modus operandi ne sont ni plus ni moins que des terroristes. J’ai dit qu’il n’y avait pas de sujet tabou. Venez avec toutes les questions qui taraudent votre esprit, qui traversent votre esprit et parlons-en. La seule chose qui demeure non négociable, c’est l’intégrité territoriale de notre nation. »

(Source : TV5 Monde, attention Média de l’OTAN ! Lire avec esprit critique …)

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COMMENT WASHINGTON ET TEL-AVIV ENTENDENT PROLONGER LA GUERRE EN SYRIE ET DESTABILISER DAMAS ET TEHERAN !?

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 01 04/

planus 2

« Se faire enseigner par l’adversaire est un honneur et un devoir »

– Général Karl Hausofer (1869-1946),

(le géopoliticien des « Blocs continentaux »).

planus 4

La soi-disant « guerre au terrorisme » de la Coalition américaine en Syrie n’est qu’un prétexte : les buts de Washington et de son allié israélien sont de prolonger la guerre et de déstabiliser Damas par le chaos …

DAMAS DENONCE DES « SCENARIOS ALTERNATIFS » AMERICAINS

Le Vice-président de la Commission des Affaires étrangères du Parlement syrien, Ammar al-Assad, a souligné que « tous les plans américains avaient neutralisés et que Washington tentait désormais de mettre en place des scénarios alternatifs pour camoufler la victoire de l’armée syrienne sur le terrorisme ».

Lors d’un entretien téléphonique avec Rossiya Segodnia, ce lundi 1er janvier, le député syrien a déclaré que « plus que tout autre pays dans le monde, les États-Unis sponsorisent le terrorisme dans le monde ». « Il est illogique de parler des tentatives américaines de transformer la Syrie en un autre « Afghanistan ». Les États-Unis ont créé Daech, mais ils ont échoué dans la réalisation de leurs objectifs ; voilà pourquoi ils ont transféré les chefs de Daech de Hassaké vers un lieu inconnu. Ils ont déjà déplacé les daechistes de la banlieue de Deir ez-Zor, tandis que l’armée syrienne contrôlait plus de 95 % du territoire syrien ».

« L’armée syrienne combat aujourd’hui à l’est de Deir ez-Zor où des résidus de Daech sont encore présents à l’est de Khabour qui est sous contrôle américain. Il semblerait que le chef de Daech Abou Bakr al-Baghdadi, réfugié dans cette zone, poursuit sa vie normalement, sous la protection américaine. Ils sont en train de concevoir des plans et les États-Unis sont le fer de lance d’Israël dans la région pour porter atteinte à l’armée syrienne et diviser le pays », a encore révélé le député syrien.

« Le gouvernement syrien sait très bien ce qui est planifié, nous avons donc des scénarios et plans alternatifs pour faire face à tout revirement de la situation sur le terrain. L’armée est présente dans toutes les provinces et contrôle 98 % du territoire syrien. Tout comportement irresponsable aura de lourdes conséquences pour les États-Unis et leurs intérêts, parce qu’ils sont en train de mettre en œuvre de nouveaux plans, qui tomberont toujours à l’eau comme dans le passé », a souligné le responsable syrien.

LA PRESSE ISRAELIENNE CONFIRME :

« WASHINGTON : NOUS L’AVONS CLAIREMENT DIT AUX ISRAELIENS. NOUS RESTONS EN SYRIE » (TIMES OF ISRAEL)

« Washington : ‘Nous l’avons clairement dit aux Israéliens. Nous restons en Syrie’ », titrait hier le ‘Times of Israel’ : « Une source a dit que la plus grande inquiétude d’Israël lors des récentes négociations à la Maison Blanche est l’enracinement de Téhéran dans le pays arabe ».

« L’inquiétude la plus préoccupante d’Israël lors d’une récente rencontre à Washington portant sur la coopération future face à la menace iranienne a été l’enracinement de la République islamique en Syrie et les plans américains mis en oeuvre pour contrer les ambitions de Téhéran », a fait savoir la ‘Dixième chaîne’ israélienne vendredi. Un haut responsable de l’administration américaine a déclaré à la Dixième chaîne que « le conseiller israélien à la Sécurité nationale, Meir Ben-Shabbat, voulait savoir, au cours de cette rencontre qui a eu lieu le 12 décembre à la Maison Blanche, si les Etats-Unis se préparaient à retirer leurs forces de Syrie. Les Israéliens, a-t-il dit, s’inquiètent de savoir si les Etats-Unis prévoient de rester impliqués en Syrie au niveau militaire ainsi qu’au niveau diplomatique pour mettre un terme à la guerre civile ».

« Nous avons clairement répondu aux Israéliens », a expliqué à la ‘Dixième chaîne’ le responsable américain qui n’a pas été identifié. « Nous restons en Syrie avec nos troupes et nous serons impliqués dans un éventuel accord diplomatique dans le pays ». De plus, la ‘Dixième chaîne’ a fait savoir que « cette approche a été ultérieurement ratifiée par le président américain Donald Trump à l’occasion de discussions internes à la Maison Blanche ». La ‘Dixième chaîne’ a tout d’abord fait savoir jeudi « qu’Israël et les Etats-Unis avaient signé un protocole d’accord offrant une pleine coopération pour gérer les initiatives nucléaires de l’Iran, ses programmes de missiles et autres activités menaçantes ».

« Le document a été signé le 12 décembre à la Maison Blanche, marquant l’apogée de discussions intensives entre les représentants des hiérarchies des renseignements et de la défense israéliens et américains, avec à leur tête les conseillers nationaux à la Sécurité des deux pays, H. R. McMaster et Ben-Shabbat », a expliqué la ‘Dixième chaîne’. Citant deux responsables américain et israélien, le reportage a indiqué que « le document devait se traduire par des avancées sur le terrain en reprenant les positions définies par Trump dans son discours du 13 octobre sur l’Iran, au cours duquel il a décertifié l’accord sur le nucléaire ».

UN ACCORD CONJOINT EN TERMES DE STRATEGIE ET DE POLITIQUE CONCERNANT L’IRAN ET LA SYRIE, CONCLU ENTRE LES ETATS-UNIS ET ISRAËL

Lors de cette rencontre « secrète » à la Maison Blanche, « les Etats-Unis et Israël ont formulé et signé un accord conjoint en termes de stratégie et de politique concernant l’Iran. Et ils ont spécifiquement convenu d’établir des équipes conjointes pour gérer les différents aspects de la menace iranienne », précise le ‘Times of Israel’.

Selon le reportage de la ‘Dixième chaîne’, « une première équipe commune sera chargée de gérer les activités iraniennes en Syrie et le soutien apporté à Téhéran à l’organisation terroriste du groupe chiite libanais du Hezbollah. Une autre équipe gérera les activités diplomatiques et de renseignements visant à s’attaquer aux ambitions nucléaires iraniennes. Une troisième équipe conjointe, selon les informations, aura pour mission de gérer le programme de missiles balistiques iranien et ses efforts visant à construire des systèmes de missiles de précision en Syrie et au Liban. Et enfin, une quatrième équipe supervisera les préparations en vue d’éventuelles escalades avec l’Iran et/ou le Hezbollah ».

McMaster et Ben-Shabbat ont signé le document conjoint, a fait savoir le reportage, citant un « haut responsable du gouvernement américain » ainsi que de « hauts-responsables israéliens ». Citant les responsables israéliens, la ‘Dixième chaîne’ a fait savoir que la réunion avait confirmé que les Etats-Unis et Israël « voient de la même manière les tendances et les processus dans la région » et qu’ils ont « dorénavant trouvé un accord sur la stratégie et la politique nécessaires pour les aborder ».

Israël a exprimé « une inquiétude croissante sur le cessez-le-feu négocié par les Etats-Unis et la Russie dans le sud de la Syrie, disant qu’il ne prend pas suffisamment en compte les ambitions militaires dans la zone ». Le Premier ministre Benjamin Netanyahu a averti que « l’accord ne suffit pas à empêcher le plan iranien de l’établissement d’une présence à long-terme perturbatrice sur la frontière nord d’Israël », quelque chose dont il a affirmé que « l’Etat juif ne le tolérerait pas ».

DES PLANS ESQUISSES DEPUIS PLUS DE DIX MOIS

H.R. McMaster, conseiller américain à la sécurité nationale, lieutenant général de l’armée américaine (l’un des chefs de file de ce « club » de 121 généraux et amiraux américains, qui ont choisi et conduit Trump vers la présidence) avait déjà annoncé ces plans pendant le Forum mondial 2017 de l’AJC (l’American Jewish Committee), un lobby pro-israélien influent, à Washington, D.C., le 4 juin 2017.

H.R. McMaster avait alors affirmé que « le changement du Moyen Orient est une “opportunité” pour Israël ». « La dynamique changeante du Moyen Orient promeut un environnement où Israël peut avoir de meilleures relations avec ses voisins arabes et raviver le processus de paix avec les Palestiniens », avait alors indiqué ce haut responsable américain à des responsables juifs. « Affirmant ainsi un thème qui a marqué une grande partie du voyage du président américain Donald Trump dans la région » (en mai dernier), commentait alors le ‘Times of Israel’. Ces « meilleures relations », c’est le nouvel Axe géopolitique Wasington – Riyad – Tel-Aviv (1) … « Aujourd’hui, nous observons une réévaluation des relations régionales, particulièrement entre Israël et plusieurs de nos partenaires arabes, tous amis de l’Amérique, mais trop souvent adversaires les uns des autres, avait-il encore dit. Aujourd’hui, leurs intérêts convergent. C’est une opportunité. »

McMaster avait passé un temps considérable à raconter le voyage de Trump au Moyen Orient en mai dernier, où il était allé en Arabie saoudite, en Israël et en Cisjordanie. Ce voyage avait pour objectif de poser les fondations de ce nouvel Axe géopolitique.

McMaster avait aussi dit que « les activités de l’Iran avaient réaligné les intérêts de nombreux pays de la région », faisant référence aux états arabes sunnites modérés, notamment l’Arabie saoudite, avec qui Israël a cherché à forger des partenariats sur une méfiance partagée envers Téhéran ». « Ces 40 dernières années, l’Iran a changé de tactiques et d’approche opérationnelle, agissant par son réseau d’intermédiaires terroristes, construisant sa capacité balistique, prenant des mesures provocatrices dans le Golfe et ailleurs, et travaillant à affaiblir perpétuellement ses voisins arabes, et à les engager dans un conflit sectaire », avait-il encore dit.

« Dans cet environnement complexe, Israël s’est adapté et a incroyablement bien fait, en partie parce que le pays a toujours reconnu et agi sur des opportunités, quand d’autres n’ont pu y voir que des difficultés », avait-il affirmé. « Les partenariats conséquents formés pour contrer l’axe iranien, a estimé McMaster, ont constitué une nouvelle opportunité ». McMaster a dit au public que « l’administration attendait des actions définitives de ses alliés régionaux contre le terrorisme et l’extrémisme », sans donner plus de précisions. « Aucun d’entre nous, encore moins le président, ne sera impressionné par de simples mots, a dit McMaster. Nous attendons de voir des actes et nous tiendrons les uns et les autres responsables pendant que nous renforçons nos partenariats existants et en forgeons de nouveaux. Nous encouragerons et récompenserons le succès, et nous traiterons l’inaction et le manque de progrès conformément [à cette politique] », a-t-il ajouté.

 (Source : Times of Israel – Dixième Chaîne – SANA – EODE Think-Tank)

NOTES :

(1) Voir sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ AXE WASHINGTON – RIYAD – TEL-AVIV : LA VIEILLE ALLIANCE HONTEUSE ENTRE SAOUDS ET ISRAELIENS NE SE DISSIMULE PLUS !

sur http://www.lucmichel.net/2017/11/17/luc-michels-geopolitical-daily-axe-washington-riyad-tel-aviv-la-vieille-alliance-honteuse-entre-saouds-et-israeliens-ne-se-dissimule-plus/

Photo :

Le président américain Donald Trump, à droite, et le Premier ministre Benjamin Netanyahu à l’aéroport Ben Gurion, à la fin du voyage de Trump, le 23 mai 2017.

H.R. McMaster, conseiller américain à la sécurité nationale, pendant le Forum mondial 2017 de l’AJC, à Washington, D.C., le 4 juin 2017.

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

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JUS SOLI E MILITARI IN AFRICA: LE DUE FACCE SPORCHE DEL COLONIALISMO

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2018/01/jus-soli-e-militari-in-africa-le-due.html

MONDOCANE

VENERDÌ 5 GENNAIO 2018

Mi associo agli auguri arrivatimi da tanti amici per feste debabbonatalizzate, che permettano a tutti, specie nel Sud del mondo, sottoposto alla predazione e al genocidio del nuovo colonialismo,, di festeggiare a casa propria senza i push and pull factors dei deportatori e, come al solito, per un anno migliore di questo e peggiore del successivo. E, soprattutto, senza lo sciroppo tossico dell’ipocrisia buonista, arma del nemico e metastasi malthusiana del tempo sorosiano.

Le feste dei padroni: gabelle e censure
Il regime criptorenzista e mafiomassonico inaugura l’anno nuovo con l’ulteriore potenziamento dell’imperialismo neoliberista e totalitario: 500 professionisti del militarismo sub imperialista italiota in Niger, per allargare le nostre missioni militari al prezzo di €1.504.000.00 sottratti a pensioni, sanità, scuola, ambiente e per assistere Usa e Francia nell’occupazione/distruzione/rapina di quel paese, deposito di uranio e minerali vari. Nuovo capitolo dell’espansionismo militare USA/Israele/UE nel Sahel e in tutto il continente. Sul piano interno ci ha elargito ulteriori furti, a vantaggio delle multinazionali amiche, sulle bollette di gas e luce e pedaggi autostradali. Di questi ultimi possiamo ringraziare il ministro Delrio, costruitosi una carriera da sindaco di Reggio Emilia quando, da un’area infestata di ‘ndrangheta, si recava in missione alle feste padronali di Cutro, Calabria, terra d’origine di quegli infestanti.

Lastricata la via verso lo Stato di polizia, già ampiamente consolidato, mediante la criminalizzazione del conflitto dal basso verso l’alto, con la campagna contro le fake news (critiche e divergenze dall’establishment) e gli hate speeches, discorsi di odio (leggi antagonismo sociale, politico, culturale), e accentuata la conflittualità orizzontale artificiale (generi, generazioni, autoctoni-alloctoni, falsi antifascisti-finti fascisti, normali-populisti), è arrivato il bavaglio a quel che resta della libera stampa, cioè la rete. Intercettazioni che rivelino i traffici di una classe di gangster affidate all’interpretazione di carabinieri e poliziotti, sottratti alla valutazione del potere giudiziario, presunto indipendente, e con previsione di carcere per giornalisti indiscreti. Addio alle risate tra furfanti che pregustano speculazioni sulla tragedia dell’Aquila. Addio al complotto di Renzi col generale dei CC Adinolfi in cui si ventila la ghigliottina a Letta.

Le voci del padroneNon che di questa catena di montaggio di vere fake news che sono i giornaloni e le telvisionone, ci sia molto da difendere o salvare. Un lettore de “Il Fatto Quotidiano”, giornale nel quale un fustigatore del potere domestico come Travaglio convive allegramente con squalificati e rozzi sguatteri dei poteri internazionali (che nulla hanno da invidiare a quelli dell’altro giornalismo di “opposizione “, “il manifesto” : vedere i loro comuni compitini sorosiani e Cia su Iran, Siria, Russia, Cina, curdi, Egitto/Regeni, Ong), ha scritto parole memorabili: “A furia di faziosità (leggasi “servilismo”. N.d.r), fake news politiche e commenti dei soliti quattro santoni, la casta giornalistica ha esaurito ogni residuo di credibilità. Le informazioni confezionate al servizio di qualche fazione sono solo materiale di propaganda da usare al bar il giorno dopo… tifosi urlanti delle rispettive curve, megafoni aizzatori o moderatori a seconda della convenienza…” 

Se voci del coro reazionario, come il Corriere della Sera, La Stampa o Sky, ribadiscono un livello professionale sotto zero quando, per esempio sul tentato regime change in Iran, esaltano i bikini e le gonne corte dei felici tempi dello Shah, più furbi effetti collaterali dell’imperialismo, come “il manifesto”, postisi la foglia di fico di un esperto equilibrato come Michele Giorgio, poi ne annegano la cronaca nei commenti (incaricati di fare opinione) di due arnesi rispettivamente della destabilizzazione interna e della diffamazione esterna. Ce n’è una, a proposito delle “curve” menzionate dal lettore del “Fatto”, anzi, è proprio la tribuna centrale, quella delle autorità, a cui poi tutti quanti si rivolgono strepitando gli stessi slogan, un tifo comune. Il tifo per l’accoglienza senza se e senza ma di chiunque ci arrivi da Sud e da Est, sradicato da bombe e predatori occidentali, deportato dalla filiera Ong e destinato a manodopera schiavista di complemento al nostro precariato dai solidali accoglitori senza se e senza ma.

Jus soli e spedizioni antIterrorismo
L’uno è peggio dell’altro. Il primo, a dispetto del fatto che la cittadinanza è già riconosciuta a condizioni ragionevoli, come in Germania o Svizzera, pretende fin dalla nascita l’esproprio della propria identità e l’assimilazione a chi ti controlla. Come il battesimo. Le seconde, fingendo una guerra farlocca contro ascari da noi stessi messi in campo, servono a occupare, devastare e rubare, con il concorso di governi locali sottomessi a forza di potenza militare e corruzione. Entrambe consolidate tecniche del colonialismo. 

Ma, voi universali accoglitori, vi rendete conto che contribuite a creare le condizioni perchè la gente debba essere sradicata dalla sua storia, identità, cultura, perchè le sue terre e i suoi ambienti sono stati resi invivibili dai nostri predatori occidentali, per poi venire scagliata addosso ad altre società e servire da manovalanza al ribasso e dumping sociale? Proprio come, all’inverso, succede con le delocalizzazioni di produzioni in aree di massimo sfruttamento. Come vi permettete di parlare di integrazione e assimilazione che non significano altro che spogliare i soggetti deportati della loro identità, storia, cultura, coesione sociale, per essere snaturati e diventare Dalit, casta subordinata ai colonizzatori? 

Alla resa dei conti, è sempre una questione di lotta di classe. Gruppi dirigenti che, assistiti dal colonialismo, sono lieti di liberarsi degli strati di popolazione, soprattutto giovani, che potrebbero contestarne politiche e poteri; dominanti del mondialismo che, deportando e neutralizzando soggetti di una potenziale lotta di classe e per la sovranità popolare/nazionale, mantengono le condizioni di dipendenza e subordinazione dei dominati, sia nelle colonie che nella metropoli.

Guardatevi in giro e vedete quale razza di integrazione lo spostamento di masse portatrici di altri riferimenti civili e sociali ha portato. Tra italiani importati e sudtirolesi colonizzati, dopo un secolo, non esiste comunicazione, nè amalgama, ma solo distanza, diffidenza e ostracismo a chi osa matrimoni inter-etnici. Tra pakistani, indiani, caraibici e britannici si tratta, a dispetto del succedersi delle generazioni, di isole del tutto separate perfino urbanisticamente. Così tra turchi e tedeschi, dove, nel quartiere berlinese di Moabit, cantato da Brecht, i palazzi dalle forme e dall’anima guglielmina guardano su un’ininterrotta teoria di locali dai profumi, costumi e frequentatori levantini, gli uni perennemente estranei e incongrui agli altri, con gli importati in eterno subordine, salvo qualche zio Tom (vedi sindaco di Londra). Idem da 300 anni in Usa tra neri e bianchi. Idem a Milano tra cinesi e autoctoni. I termini integrazione, assimilazione, meticciato, multiculturalismo, sono definizione del padrone/maestro/superiore che ti mette sotto; sono false, ipocrite e di schifosa natura razzista.

Assimilazione, integrazione uguale antropofagia
Ammantare tutto questo di buonismo e catturare i gonzi per farne i propri colonizzatori di complemento è stata la grande invenzione di un mondialismo che ha bisogno di livellare, annullare, amalgamare, deidentificare, desovranizzare e disunire le comunità consolidate dalla storia, plebizzare masse che diventino indistinte e prive di coscienza di sè. Solo così, e tramite l’ausilio tecnologico dei Frankenstein di Silicon Valley, che spersonalizza esasperando il narcisismo individualista e, al tempo stesso, lacera il rapporto con il reale e la coesione sociale , si eliminano gli ostacoli alla mondializzazione e alla relativa dittatura degli orchi del capitale. 

Ogni Jus Soli “concesso” qui è uno jus soli negato nel proprio paese. 
E il milione di giovani quadri siriani deportati dalla Merkel per tenere in piedi l’export tedesco, sarebbero serviti meglio all’umanità tutta se fossero rimasti in patria a difenderla dagli stessi colonizzatori che poi li “accolgono”. E i milioni di africani, afghani, bengalesi che finiscono nei nostri campi e nelle nostre fabbriche, o nelle mense Caritas di un immenso caporalato, avrebbero dovuto costruire il futuro dei loro paesi e non lasciarli alla mercè della Monsanto e dell’Exxon.

Questi giovani vengono depredati delle loro terre e dell’agricoltura di sussistenza dalle monoculture del land-grabbing. Vengono privati di un contributo alla loro evoluzione sociale e politica. Persa la terra, insieme alla loro millenaria cultura, finiscono inurbati nelle bidonville delle metropoli dove trovano Ong e missionari che gli prospettano il Bengodi in Europa. Poi, lungo la filiera da qui attraverso trafficanti e Ong varie, ci rimettono i 20-25.000 dollari rastrellati nella famiglia e si ritrovano nei campi libici (di cui Ong importatrici e Amnesty ci raccontano orrori peggiori di quelli, veri, di Abu Ghraib) e, da lì, nel bivacco di Como o della stazione di Milano. Dove su di loro lacrimano i nostri cuori. Fattisi il lifting solidale, sul volto deturpato da secoli di crimini contro l’umanità, e sparatisi il botulino griffato buonismo, continuano a fare i colonialisti delle superiori civiltà, i Manconi, lo scioperante della fame, le Boldrini l’eroina anti-fake news sgradite all’Impero, i Bergoglio del blablabla umanitario senza impegno,, i Medici senza frontiere ma con tanti elmetti bianchi…

Già, Luigi Manconi. Mio vecchio compagno in Lotta Continua. Tanto si è arrampicato sui diritti umani che come minimo Soros e tutta l’èlite mondialista gli devono un invito alla prossima adunata segreta di Bilderberg. Ha sciopericchiato per quattro giorni, a babbo (jus soli) morto, guadagnandosi quanti voti di “sinistra” e quanti paginoni del “manifesto” bastino per perpetuargli un aureo futuro. Poi ha smesso. Qualcuno gli ha ricordato che Bobby Sands e i suoi Dieci di sciopero della fame sono morti. Dopo 60 giorni. Ma quelli facevano sul serio. Per una causa vera.

Patrie

Non mancheranno coloro, troll a parte, che riterranno giustificato darmi dello spietato xenofobo e razzista per essermi espresso contro la politica delle migrazioni promosse dall’accoglienza. Il giochino è metterti sullo stesso piano di un Salvini, che è poi quello che hanno inventato per dare una faccia brutta, volgare, deforme a chi si oppone al misciume della globalizzazione e al cappio UE. Dovrebbero riflettere che, diversamente, dai buoni e bravi accoglitori, io le parti di quelli che migrano le conosco quasi tutte. E conosco chi le abita. Ed è costretto a venirne via. E perché. 

Ho iniziato nel 1967, Guerra dei Sei Giorni contro la Palestina e tutti gli arabi (800mila “migranti” sparsi nel mondo) e non ho smesso più, fino ad oggi: Eritrea (migliaia di migranti da un paese libero e ben messo, sequestrati e rapiti nel paese dei balocchi dallo zuccherino dell’asilo politico automatico). Passando tra libici, sudanesi, somali, ivoriani, vietnamiti, senegalesi, siriani, iracheni, ecuadoriani, honduregni, messicani, guatemaltechi, tutti destinati alla deportazione verso “l’assimilazione, l’integrazione, il meticciato, il multiculturalismo”. Tutti nel fosso accanto allo stradone. Ho visto in Senegal lo scoglio davanti all’isola di Gorée, da cui per quattro secoli è partita la tratta degli schiavi. Quella di oggi parte da Dakar. Ho visto cos’erano prima, questi esseri umani, cos’era il loro paese prima e cosa dopo. Ho anche visto come lo sradicamento, in forme diverse, colpisca tanto loro come noi: toglierci la storia e il futuro, toglierci la comunità e il suo progetto, toglierci il nome e l’anima. Spianarci tutti. Toglierci la patria con tutto quello che significa. Che non è la caricatura che ne danno sia i micrcoimperialisti dello chauvinismo, sia coloro che, per salivare la via della mondializzazione, sono arrivati ad avere in uggia perfino la parola sovranità. “Un volgo dispero che nome non ha”. 

L’accusa di razzismo e xenofobia la rivolgano allo specchio. Così gli rimbalza.

 

ANALYSE GEOPOLITIQUE PROSPECTIVE : 2018. OU VA LE MONDE ? VA-T-ON VERS UNE IIIe GUERRE MONDIALE ?

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 01 01/

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Mes meilleurs vœux à tous mes lecteurs !

Voici la première analyse de 2018 de mon Quotidien géopolitique. Déjà 117 éditions de ce GEOPOLITICAL DAILY, depuis son lancement en septembre 2017, l’équivalent d’un gros livre de 600 pages et un succès de lecture qui prouve que la Géopolitique peut rencontrer un grand public. L’actualité de la Géopolitique et de la Géoéconomie, les analyses prospectives, les tendances de la Géopolitique vues de Moscou, Washington ou Pékin, les textes importants, le tout vertébré par ma vision du Monde (Weltanschauung), géoidéologique : celle de l’Axe Eurasie-Afrique …

  1. OU VA LE MONDE ?

ANALYSE PROSPECTIVE D’UNE DECENNIE DECISIVE

Il faudrait un livre pour aborder toutes les questions soulevées par la marche du monde actuelle vers le chaos. J’ai réalisé pour vous spécialement cette video de 50 minutes qui rencontre toutes ces questions :

Voir sur PCN-TV & PANAFRICOM-TV/

https://vimeo.com/249196343

Parmi les nombreuses questions soulevées :

* Le concept géopolitique de l’Axe Eurasie-Afrique: une idée en mlarche ?

* Va-t-on vers une 3e Guerre mondiale ?

* Que représente la « Guerre Froide 2.0 » ?

* Que représente aujourd’hui la superpuissance américaine ?

* Le XXIe siècle sera-t-il un nouveau siècle américain ?

* Pourquoi les théories « déclinistes » sur les USA (Todd, Negri et cie) se sont-elles avérées finalement fausses ?

* Comment les USA ont-ils répondu au déclin sur les plans géoéconomiques et géostratégiques ?

* Pourquoi les USA ne sont pas un nouvel « Empire romain », mais un impérialisme néo-carthaginois ?

* Comment se constitue un Bloc anti-américain autour de l’Organisation de Coopération de Shanghai, Modcou et Pékin ?

* Pourquoi les « nouvelles routes de la Soie » sont-elles une révolution géoéconomiques ?

Que représente le « Néoeurasisme » et d’où est-il issu ?

* Eurasie et Afrique vont-ils vers un avenir commun et un gigantesque bloc de puissance géopolitique ?

* Pourquoi le conflit millénaire entre la Terre et la Mer, Puissance continentale et thalassocratie, Rome et Carthage, Moscou (la IIIe Rome) et Washington, est encore et toujours le conflit géopolitique majeur du XXIe siècle ?

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

* PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

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* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

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POURQUOI LA GUINEE EQUATORIALE EST AGRESSEE ? (II): LUC MICHEL DECRYPTE LA TENTATIVE DE COUP D’ETAT (‘ZOOM AFRIQUE’ DU 31 DEC. 2017)

 

PANAFRICOM-TV/

POURQUOI LA GUINEE EQUATORIALE EST AGRESSEE ? (II):

LUC MICHEL DECRYPTE LA TENTATIVE DE COUP D’ETAT EXTERIEURE AVEC DES MERCENAIRES CONTRE LE PRESIDENT OBIANG NGUEMA MBASOGO (‘ZOOM AFRIQUE’ DU 31 DEC. 2017)

sur https://vimeo.com/249319108

Ge 2 ge coup

Le géopoliticien Luc MICHEL, proche de Malabo, décrypte la nouvelle tentative de coupd’état extérieure avec des mercenaires contre le Président Obiang Nguema Mbasogo et rectifie les fausses infos de certains médias camerounais :

* Que sait-on de la tentative de putsch de mercenaires tentée ce 27 décembre 2017 depuis la frontière camérounaise ?

* Qui sont les participants déjà impliqués à ce stade ?

* Pourquoi une campagne de déstabilisation contre la Guinée Equatoriale est-elle organisée ces derniers jours et semaine, depuis Madrid et Paris (notamment la création d’un « Conseil national de transition » par la Fraction Severo Moto de la CORED) ?

Luc MICHEL écrivait ce 28 décembre au soir :

« Premières info vérifiées et photos exclusives :

Tentative de putsch armé contre Malabo, avec des mercenaires (notamment tchadiens et centrafricains) via la frontière avec le Cameroun à Ebebeyin !

La situation est sous contrôle, nombreuses arrestations par l’Armée et les forces de sécurité camerounaises et équato-guinéennes mobilisées, des armes, des stocks de munition et des documents saisis … Les 18 premières personnes arrêtées ainsi que les armes et munitions saisies sont actuellement en route pour Yaoundé, 27 autres déjà interpellés et conduits vers Ebolowa.

Au village mefoup situé à cinq kilomètres de Kye-ossi département de la vallée du Ntem, des sources non négligeables signalent la présence du lieutenant colonel déchu équato-guinéen ESSONO MASSIAS. Il vivrait entre akamsi au Gabon et ce village que sépare le fleuve Kye. Il est soutenu par l’opposant principal Gabriel NSE OBIANG, leur intention serait un coup de force pour déloger le président Obiang Gnuema Mbasogo dans les prochains jours.

(Correspondances de Mongomo, Malabo et Cameroun) »

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POURQUOI LA GUINEE EQUATORIALE EST AGRESSEE ? (I): UNE CIBLE GEOPOLITIQUE DU BLOC OCCIDENTAL (‘ZOOM AFRIQUE’ DU 30 DEC. 2017)

PANAFRICOM-TV/

Ge 1 ge coup
POURQUOI LA GUINEE EQUATORIALE EST AGRESSEE ? (I):
UNE CIBLE GEOPOLITIQUE DU BLOC OCCIDENTAL (‘ZOOM AFRIQUE’ DU 30 DEC. 2017)

sur https://vimeo.com/249318891

PRESS TV (Iran), dans sa rubrique « Presse Afrique », pose la question « Guinée équatoriale: A quoi rime la tentative de coup d’Etat en Guinée équatoriale ? »

… et résume les analyses du Géopoliticien Luc MICHEL, proche de Malabo, sur les raisons géopolitiques, économiques et idéologiques de l’agression constante du Bloc américano-occidental, et en particulier de Washington, Paris et Madrid (l’ancien colon), contre la Guinée Equatoriale, cœur du « Néopanafricanisme », héritière de Kadhafi et poisson-pilote des alliances géopolitiques alternatives (Russie, Chine, Iran) en Afrique …

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