RATKO MLADIC, ABDELFATAH AL SISI E I FRATELLI MUSULMANI DI CASA NOSTRA

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/11/ratko-mladic-abdelfatah-al-sisi-e-i.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 27 NOVEMBRE 2017

Siamo tanti pesciolini rossi chiusi in una boccia che vedono il mondo attraverso le distorsioni del vetro concavo. Possiamo anche considerarci imprigionati in un labirinto di specchi deformanti che ci danno un’immagine manipolata di noi stessi, in primis, e di tutto ciò che ci circonda, in secundis. Dopodiché, fidandoci di quel che vediamo di noi stessi, siamo anche convinti che quel tavolino Luigi XVI  sia una qualche orrida formazione tumorale. Ci tengono in una costante condizione lisergica di cui l’espressione cinematografica più riuscita rimane il raccapricciante “Truman’s show”. Con la differenza che, quanto sotto il cielo finto che imprigionaTruman era tutto sorridente, consolatorio, rassicurante, disarmante, oggi quel che ci proiettano specchi e vetri deformanti sono finzioni da incubo, destabilizzanti, terrorizzanti, tanto da ridurre ognuno al suo particolare “si salvi chi può”. Sto parlando dell’ininterrotto assalto cui siamo sottoposti delle varie, ossessive, campagne, ordinate dai padroni ai loro politici e da questi ai media, ormai a edicole e schermi unificati.

Radko Mladic, Patrice Lumumba, Saddam Hussein, Muhammar Gheddafi, Sacco e Vanzetti, Che Guevara… Un segno di nobiltà in comune: fatti fuori dallo stesso boia.

Un video in onore del comandante delle truppe serbo bosniache:https://www.youtube.com/watch?v=MoVzBmx4Rzo&list=PLLgyWSOGXDeocGxUaJgQrBSqzUXVhBf8-&index=12

Christopher Black è l’avvocato canadese che ha difeso Slobodan Milosevic. Eravamo insieme quando D’Alema, oggi vindice della Sinistra, ieri giustiziere su ordine Nato, al pari  – si parva licet componere magnis – di Al Baghdadi su mandato USraele, bombardava famiglie, ospedali, treni e scuole a Belgrado e dintorni. E lui che mi spiegò la natura meretrice del Tribunale dell’Aja, uguale a quella del Tribunale sul Ruanda, dato che entrambi invertivano carnefici e vittime nell’esclusivo interesse, su comando e con soldi dei padrini dei primi. L’invereconda accolita di mercenari e prostitute mascherati da giudici e procuratori, nel tribunale inventato e pagato dal massimo responsabile del genocidio africano e del nazionicidio jugoslavo, aveva un solo scopo: inventarsi e inchiodare, a dispetto di falsità, prove e testimoni fabbricati nel laboratorio della Cia, colpevoli tra le vittime e innocenti tra i carnefici.

Per Slobo non si è mai riusciti, a dispetto dell’accanimento di una virago da seppellire nell’immondezzaio della storia, a provare la benché minima accusa. Si è fatto in modo che togliesse l’incomodo ed evitasse l’imbarazzo della sacrosanta assoluzione  di questo onesto difensore di tutti gli jugoslavi, facendolo morire in carcere. Giudici e boia insieme. Per Karadzic e Mladic si è dovuto ricorrere a Srebrenica, una roba tanto fraudolenta da fa impallidire il Golfo del Tonchino, i “dirottatori sauditi” dell’11/9, all’esecuzione di Osama, a Obama Nobel della pace. Carla Del Ponte, dall’abisso di vergogna in cui dovrebbe farla dibattere padre Dante, insiste a fare l’untore. Emula di Hillary quando si inebriò del linciaggio di Gheddafi, ha celebrato l’oscenità del verdetto su Mladic auspicandone uno analogo per Assad “e le sue armi chimiche”. Sono donne, le sto molestando, merito la gogna.

Carla del Ponte

Per ridurre in cenere bubbonica l’arpia svizzera dell’Aja rivolgetevi In calce una serie di fonti che demoliscono la False Flag Srebrenica, ordita per tenere in ginocchio in perpetuo i “colpevoli”, tutti i serbi, costringendoli ad accettare il giogo  che li trascinerà a capo chino in Europa e nella Nato.

E’ stato istruttivo constatare l’avvenuta omologazione tra voci di regime, di Impero e dei sedicenti oppositori, dall’orrida nuova “Repubblica” di estrema destra  che titola “Mladic, il boia d’Europa – Ergastolo al generale dei massacri nei Balcani “, al “manifesto”  (“Srebrenica, fu genocidio, esultano i familiari delle vittime”), organo prediletto da Soros, letto da gonzi e scritto da faine, insuperato campione di allineamento della “sinistra” alle strategie dell’Impero. Allineamento sui fondamentali geopolitici  mirati alla disgregazione politico-sociale (migranti, russofobia, hillarismo, molestie alle donne, ciberbullismo, False Flags, Fake News, guerre ai dittatori del Sud, neocolonialismo, bergoglismo…). Organo cortigiano, notevole per come in ogni sua pagina riesca a rinnegare  la testatina che porta in prima (ma poi ci sono i fumogeni delle rievocazioni dell’Ottobre…).

Il manifesto: assalti imperialisti? Macche, guerre civili. Resistenze popolari? Ma no,  il dittatore non cede

E’ così che ha accompagnato, chiamandolo venti volte  “guerra civile”, lo squartamento della Jugoslavia per mano Usa, Germania, jihadismo mercenario, Vaticano (e meno male che si celebra un’Europa “che ha garantito 70 anni di pace” la devastazione sedicennale dell’Afghanistan, quella dell’lraq, la disintegrazione della Libia, il martirio della Siria, la lobotomizzazione dei suoi lettori a forza di campagne elaborate nei covi della globalizzazione ipernazista. Nel suo commento all’immonda condanna di Mladic , vista sull’autoassolutorio sfondo delle  “guerre etniche e fratricide”, ovviamente tra barbari e selvaggi nazionalisti, non lo sfiora il dubbio che qualcuno abbia voluto fare a pezzettini inoffensivi e insignificanti un grande e prestigioso paese, socialista, armoniosamente pluriconfessionale, capofila del forte schieramento dei Non Allineati e barriera all’espansionismo verso est della globalizzazione finanzcapitalista.

Il bacio di Giuda

Si tratta forse di abbaglio, di malintesi diritti umani, di disorientamento  causato dall’uragano unipolare della mala informazione borghese a cui i modesti mezzi del giornale non hanno saputo contrapporre dati e fatti alternativi? Dubbio ingenuo alla luce di una clamorosa involuzione, da fiancheggiamento  con però qualche spunto critico, a incondizionata riproposizione di interpretazioni e valutazioni dell’ordine mondialista. Involuzione che è andata in parallelo con la sorprendente uscita del quotidiano dai suoi perenni assilli economici. Dubbi spazzati via anche dal riorientamento in America Latina, dove sul Venezuela condannato a morte dall’imperialismo, si caccia un’analista di sicura competenza e affidabilità, per sostituirla con chi si balocca tra torti e ragioni dell’aggressore e dell’aggredito. Oppure, in termini ancora più drastici, i dubbi diventano certezza, alla vista della penosa captatio benevolentiae nei confronti di Washington, operata con un reportage dalla Bolivia che, facendo leva su un indigenismo etnicista sollecitato dalle note Ong umanitarie, si riduce la Bolivia del resistente Morales, sotto tiro dei revanscisti yankee come Venezuela, Ecuador, Argentina, Brasile, a un pozzo nero di nequizie estrattiviste e, non ci crederete, di narcotraffico (una nuova strada  che non turba più di tanto appena 2000 persone, ma collega l’isolato paese all’Oceano e a un futuro di relazioni, diventa la via boliviana della droga!)

C’è poi, ciliegina sulla torta offerta agli assassini della Jugoslavia e dei suoi patrioti per celebrare l’eliminazione dal mondo e dalla verità di un altro testimone dei propri crimini, un finalino niente male per stile e pregnanza etica. La figlia di Mladic, dopo la morte del suo compagno in combattimento, non ha retto al dolore e si è tolta la vita. Non ha mai manifestato alcun contrasto, o attrito col padre. Ma tale Daniele Archibugi, coronando il suo peana al tribunale farsa e alla sua ex-procuratrice Del Ponte, chiude così: “Oggi la sentenza che ha condannato suo padre ha reso giustizia anche a lei”. Non provate un’ombra di ribrezzo?

Jihadisti macellai in Egitto? Al Sisi se l’è cercata

Passiamo dal capro espiatorio che deve coprire i crimini della Nato, al capro espiatorio che deve coprire i crimini della triade Usa-Israele Saudia. Inevitabilmente i giornaloni, ormai tutti di destra (e più gridano al lupo fascista, più ululano alla Luna per sviare da un fascismo peggiore del fascismo) e il giornalino  che si finge di sinistra per rastrellare i minchioni, hanno dato il meglio di sé. Con la tempesta di bufale su Regeni martire, veniva occultata non solo la vera identità del giovanotto  che in Egitto doveva applicare la lezione di John Negroponte e altri terminator anglosassoni, assembrati dai servizi nella centrale di spionaggio “Oxford Analytica”, ma anche l’orrenda guerra stragista lanciata dai Fratelli Musulmani (FM), sotto copertura Isis, all’Egitto laico e autodeterminato, nato dalla rivolta popolare contro l’integralista Mohamed Morsi, caro proprio a quei circoli in cui si identificava “Oxford Analytica”.

Contro Al Sisi disobbediente, dopo Regeni, i Fratelli Musulmani fattisi Isis

Le chiassate per Regeni, guidate dal menzognificio delle Ong dirittoumaniste, capeggiate da Amnesty International, sostituivano sulla scena egiziana agli orrori terroristici dei Fratelli Musulmani-Isis, con i massacri di civili copti e funzionari delle istituzioni, le presunte “atrocità del dittatore”, sparizioni, esecuzioni, torture, mezza popolazione in carcere, collasso sociale, come al solito documentate senza documenti da Amnesty, ma convalidate dal “manifesto” e da tutti i compari neocolonialisti.

Nota le differenze

 Intollerabile la realtà di un Egitto, sottratto al revanscismo colonialista impersonato dai FM, attestatosi in un ruolo di autonomo attore sulla scena internazionale, interventista in Libia per la salvaguardia dell’unità e della sovranità da strappare al colonialismo Usa-UE e in difesa dall’infiltrazione di bande jihadiste, refrattario alla guerra contro la Siria, solidale con l’Iraq riemerso dalla devastazione Usa-Isis con la liberazione del suo territorio dal mercenariato jihadista e curdo, interlocutore positivo dell’Iran e, soprattutto, aperto a una corposa collaborazione economica e militare con la Russia.

Ed ecco gli oltre 300 civili macellati dai fiduciari del colonialismo  nella moschea Sufi  di Al Rawdah a Bir al Abed, nel Sinai. Nessuna rivendicazione a 48 ore dall’assalto con esplosivi e mitragliatori, chè i FM non possono permettersi di rivendicare certi crimini per non perdere i futuri incarichi di protagonisti delle “soluzioni democratiche” nei paesi recalcitranti ai moduli occidentali. Ma non c’era bisogno di sventolare le bandiere nere dell’Isis perché tutti capissero chi fossero i mandanti.

Mandanti che in Egitto hanno dato il via alla più vasta operazione terroristica nel mondo arabo, dopo quelle di Siria e Iraq, e per gli stessi scopi delle altre: stroncare sul nascere, appena travolto Morsi dalla collera popolare, l’ennesimo tentativo di mantenere in piedi una proposta alle masse arabe, laica, indipendente, unitaria, sovrana.. E in questo caso, hanno lanciato l’attacco più sanguinario nella storia del paese, non solo nella regione, il Sinai, da anni aperta alle infiltrazioni di Hamas, fanteria del Qatar, e di Israele, con il pretesto di impedire la penetrazione di migranti africani  (Israele che quei migranti lì prende a fucilate, ma che da noi i suoi lobbisti auspicano che vengano accolti a milionate), ma anche, significativamente, a due giorni dal rifiuto opposto  al mattocchio saudita con le zanne, Mohamed bin Salman, di concedere i sorvoli per gli attacchi a Libano e Iran.

Come sempre in sintonia e sincronismo  con gli organi del talmudismo-atlantismo, il “manifesto”, con Chiara Cruciati, una che ti immagini con  brandelli di Al Sisi tra le fauci e sauditi e curdi (femministi, democratici, ecologici e soprattutto amerikkkani) nel medaglione a cuore appeso al collo, si è guadagnato la sua bella giornata di piantone Nato. Mentre giornaloni e televisionone  dovevano riconoscere allo spaventoso bagno di sangue almeno il rilievo della preminenza giornalistica (Il “Fatto Quotidiano” le prime tre pagine), la scala delle priorità sorosiane del “quotidiano comunista” lo collocavano su metà pagina nove, dopo la violenza sulle donne dalla prima alla sesta, lo Jus Soli e la Leopolda nella settima, e tutta l’ottava a “Cuba ricorda Fidel” (Quanto gli fa schifo l’antimperialista Bolivia di Morales, tanto gli è affine la nuova Cuba a stelle e strisce di Raul).

Ma quale colonialismo! Guerra civile, tutta colpa di Al Sisi

Quale è il succo dell’articolessa? Che Al Sisi, bravissimo nella guerra ai propri cittadini, ha fallito nella lotta al terrore di cui, peraltro, è direttamente responsabile, avendo lui causato la giusta collera dei FM. Se dunque i cittadini egiziani del Sinai vengono fatti a pezzi dai jihadisti, la colpa è tutta quanta del Cairo. Ma, d’altra parte, è proprio deprecabile che ora il presidente “golpista” si sia messo in testa di reagire “brutalmente” ai “soldati del Califfo”. Cruciati deve ammettere che le popolazioni del Sinai vengono massacrate anche perché stanno con Al Sisi, ma si libra leggera sulla contraddizione per cui è il cattivo Al Sisi ad alimentare il terrorismo jihadista da quelle parti. Nel suo compiacimento per la botta all’Egitto di questo presidente, la signora non si avvede che o la gente sta con Al Sisi  e contro i terroristi, o diventa terrorista perché sta contro Al Sisi. Tertium non datur.

Di chi abbia generato, coltivato, addestrato e pagato tutto il brigantaggio jihadista e lo abbia scatenato su chiunque non accettasse sul collo il tallone imperialista-reazionario, e quindi sull’Egitto, non v’è cenno. E non se ne fa menzione neppure in un dotto commento di Michele Giorgio che, da superesperto di cose mediorientali (purtroppo non si limita al campo israelo-palestinese, dove va forte), fa rientrare il tutto nello scontro interislamico tra wahabiti-takfiristi ed eretici sufi. La solita “guerra civile” e “religiosa” per niente lanciata da predatori killer neocolonialisti con la complicità di nababbi locali. No, no: il conflitto è tutto interno allo scontro arcaico tra sciti e sunniti, musulmani kosovaro-bosniaci e ortodossi serbi, hutu e tutsi, selvaggi dell’una e dell’altra tribù in Congo, cattolici e protestanti in Irlanda. Mentre la civiltà occidentale, costernata e impotente, sta a guardare.

Per Il Fatto è stato Khamenei

Tuttavia, a volte c’è qualcuno che al “manifesto” sottrae il primato della militanza al seguito delle armate imperialiste. “Il Fatto Quotidiano”, con tale Giampiero Gramaglia, ha corretto una cronaca abbastanza equilibrata del massacro di Bir al Abed, con una scoperta da svergognare quello dell’evoluzione della specie. Ci ha rivelato che chi sostiene i terroristi nel Sinai non è nientemeno che… l’iraniano Al Khameni! Proprio quello che, fino a un attimo prima, avevo speso la sua migliore gioventù a combattere l’Isis (Fratelli Musulmani) in Iraq e Siria. Proprio quello che, un attimo prima, il delfino pazzoide del re saudita aveva definito “l’Hitler del Medio Oriente”. Diavolo di un Khamenei, domani si recide le gonadi per far dispiacere ad Al Sisi. Ma diavolo anche di una stampa italiana, indomita, con la Boldrini alla testa,nella caccia alle Fake News.

Tornando al “manifesto”, che il suo vignettista, Mauro Biani, sia stato da questo clamoroso fatto del giorno distratto dalla sua ossessione monotematica sui migranti? Ma certo: ha celebratoin prima pagina il suo evento del giorno sfilando dalle giornate della moda di Milano una modella strafica, vestita Zara, con una rosa in mano e sopra scritto “25 Novembre”. Tutto torna.

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 Srebrenica, cosa è successo davvero

SREBRENICA, LA CIA E  LE MANIPOLAZIONI MEDIATICHE.                                                                  

PARLA R. BAER EX AGENTE CIA NEI BALCANI

http://www.cnj.it/documentazione/srebrenica.htm

http://www.stampalibera.com/?a=30037

Il genocidio di Srebrenica. Un falso

di Frabrizio Fiorini – 02/11/2009

Fonte: mirorenzaglia [scheda fonte]

http://rickrozoff.wordpresscom/2013/02/01/edward-herman-interview-srebrenica-as-tremendous-propaganda-trial/

AUDIO download: http://m.ruvr.ru/download/data/2013/01/31/1337142984/Robles_Herman_Part_1.MP3

http://english.ruvr.ru/2013_01_31/The-Srebrenica-massacre-was-a-gigantic-political-fraud-exclusive-interview/

The Srebrenica massacre was a gigantic political fraud – exclusive interview

Srebrenica: Have ICTY Figures Any Credibility Left?

1) Srebrenica – ciudad sin Dios (Libro en español par semanarioserbio.com)

2) A. Wilcoxson: ICTY Exaggerates Number of Prisoners Captured by Bosnian-Serbs in Srebrenica Operation

3) S. Karganovic: The Tolimir verdict at ICTY – A question of credibility

SREBRENICA
CIUDAD SIN DIOS

semanario serbio 2012

Libro en español par semanarioserbio.com – 2012 – Descarga gratuita (PDF 1,2MB)

http://www.semanarioserbio.com/modules.php?name=News&file=article&sid=4435

http://thesaker.is/special-report-the-truth-about-srebrenica-20-years-later/

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 15:45

I milioni di Facce della Fame in Yemen per il Blocco Saudita

 

Maledetti sauditi e tutti i politically correct nostrani al loro libri paga, solidali per ingrassare mafia capitale Per il popolo yemenita non spendete una parola???
Sono troppo debilitati per fuggire, ecco chi veramente muore di fame

milioni di Facce della Fame
I milioni di Facce della Fame in Yemen per il Blocco Saudita
Fonte: Comedonchisciotte
Due anni fa, l’intelligence tedesco mise in guardia il mondo dal rischio gravissimo che l’Arabia Saudita stava creando in questa regione. All’epoca sull’argomento scrissi un post,German Intelligence Warns – Saudi Arabia to Play “Destabilizing Role” in the Middle East Eccone un estratto:
L’Arabia Saudita sta rischiando di diventare il paese più destabilizzante nel mondo arabo, secondo quanto informa  l’intelligence tedesca.
Secondo il servizio di intelligence BND, lotte di potere interne e voglie di emergere come  principale forza araba minacciano di rendere  il maggior alleato dell’Occidente una fonte di instabilità.
Si legge su una nota rilasciata dalla BND alla stampa tedesca : “L’attenta posizione diplomatica dell’ attuale famiglia reale saudita sarà sostituita da una politica di intervento impulsivo”.
L’Arabia Saudita è già stata accusata di fornire armi e finanziamenti ai gruppi jihadisti che combattono in Siria, compreso lo stato islamico in Iraq e l’ISIS.
Il soggetto di questo ammonimento della intelligence altri non era che il principe della corona  Mohamed bin Salman, o MBS.  Io avevo avvertito dei pericoli specifici che la sua personalità razzista e sociopatica presentava da anni, e l’ultima purga finalmente lo ha ammesso sotto i riflettori e tutti hanno potuto vederli.
MBS  con le sue politiche sconsiderate e fallimentari ha già portato devastazioni in ampie zone della regione in particolare in  Yemen e Qatar. Il post di oggi si concentrerà sulla catastrofe umanitaria che sta avvenendo in Yemen, per gentile concessione del principe della Crown Saudita.
The New York Timesha riportato la scorsa settimana:
I tre giorni di blocco dei punti di ingresso in Yemen, posto dalla rabbia, minaccia di far sprofondare un paese già devastato dalla guerra in una carestia che potrebbe far morire di fame milioni di persone, ha dichiarato mercoledì  un alto responsabile delle Nazioni Unite.
La crisi dello Yemen è peggiorata da lunedì scorso, quando i Sauditi hanno imposto il blocco,  dopo che un missile è stato sparato dal gruppo ribelle Houthi – appoggiato dall’Iran, che ha combattuto contro la coalizione militare guidata dai Sauditi per quasi tre anni – raggiungendo il cuore del loro territorio.
Malgrado le assicurazioni dell’Arabia Saudita che questa misura sia solo temporanea, in attesa di verificare le procedure di controllo, praticamente tutti gli aiuti umanitari allo Yemen sono stati bloccati, e tra questi almeno tre aerei delle Nazioni Unite pieni di forniture di emergenza.
Mr. Lowcock ha detto che i Sauditi devono consentire immediatamente l’ingresso di cibo e medicinali in tutti i porti marittimi, l’immediata ripresa dei servizi aerei verso le città di Sana e Aden e che si devono dare  “garanzie di non interferire ulteriormente con questi servizi”.
Senza queste misure, ha affermato, lo Yemen cadrà nella ” più grande fame che il mondo abbia mai visto da molti decenni, con milioni di vittime”.
Il programma alimentare mondiale dell’agenzia delle Nazioni Unite, che ha  ha alimentato 7 milioni di persone ogni mese in Yemen, ora non è più in condizioni di farlo, ha dichiarato Lowcock. “Cio di cui abbiamo bisogno è rompere il blocco per salvare la vita di quelle persone”.
Il paese sta combattendo contro una acuta crisi di fame che ha colpito almeno 17 milioni di persone. Più di un terzo sono considerati vicini alla carestia ed inoltre in Yemen è scoppiato anche il flagello del colera con quasi 1 milione di ammalati.
“Le linee di approvvigionamento umanitario  verso lo Yemen devono rimanere aperte”, ha dichiarato Robert Mardini, direttore regionale della Croce Rossa per il Vicino e Medio Oriente. ” Cibo, medicinali e altri rifornimenti essenziali sono fondamentali per la sopravvivenza di 27 milioni di Yemeniti già indeboliti da un conflitto che è arrivato al suo terzo anno”.
 Dopo di che i sauditi hanno aperto il porto di Aden e il passaggio di Wadea, ma questo è assolutamente inadeguato.
Come notaAl Jazeera :
Venerdì, l’Ufficio ONU per il coordinamento per gli aiuti umanitari, OCHA, ha dichiarato che la coalizione stava ancora bloccando le consegne di aiuti ONU, tanto disperatamente necessarie allo Yemen, nonostante la riapertura di Aden e di Wadea.
“I movimenti umanitari in Yemen rimangono bloccati”, ha dichiarato il portavoce dell’OCHA Russell Geekie.
“La riapertura del porto di Aden non basta. Dobbiamo vedere  tolto il blocco da tutte le porte di accesso, in particolare Hodeida, sia per le importazioni umanitarie che per quelle commerciali “. Ha detto il Segretario alle forze dell’ONU Mark Lowcock  al Consiglio di Sicurezza, perché se questo blocco non sarà eliminato, lo Yemen  dovrà affrontare “la più grande fame che il mondo abbia visto da molti decenni, con milioni di vittime”.
Stylianides  faceva eco alle preoccupazioni di Lowcock: ” Lo Yemen sta soffrendo la peggiore crisi umanitaria del mondo, con più di due terzi della sua popolazione che ha bisogno di assistenza umanitaria” .
“La UE condivide le preoccupazioni espresse da Lowcock e chiede l’immediata e incondizionata riapertura nelle vie di accesso al paese per evitare che lo Yemen cada nella più grande fame degli ultimi decenni”, ha dichiarato Stylianides.
Quello che stiamo vedendo qui è potenzialmente la peggior carestia da decenni, ed è importante che qualsiasi americano,  indipendentemente dalla sua appartenenza politica, che abbia una dignità ammetta che le mani del nostro governo sono sporche di sangue.
Come ha scritto The Intercept :
L’Arabia Saudita conta molto sulla condivisione sia di intelligence, che di  forze militari U.S.Aper il rifornimento degli aerei da guerra della coalizione, e del  trasferimento   di bombe a grappolo American-made,  di missili e di altre munizioni che servono per colpire obiettivi in Yemen.
Il Congresso, comunque, non ha mai autorizzato un appoggio degli  U.S.A a questa guerra, che ha causato 10.000 morti civili e che in questi ultimi mesi è entrata in una spirale che sta portando alla peggior crisi umanitaria del secolo. Per due anni l’Arabia Saudita ed i suoi alleati hanno imposto un blocco in mare e in cielo tutto intorno allo Yemen. Ora, più di 7 milioni di  yemeniti stanno vedendo in faccia la morte per fame e migliaia,in  maggior parte bambini, stanno morendo di colera. Gli aerei della coalizione hanno ripetutamente colpito  mercati affollatiospedalicentrali elettriche  ed altri obiettivi civili.
Molti membri del Congresso hanno mostrato un interesse per questi fatti, facendo presente che sia assurdo che le amministrazioni  Obama e  Trump  si siano basate sulla autorizzazione concessa nel 2001 per l’ Uso della Military Force per giustificare il coinvolgimento U.S.A. in questo conflitto. Una autorizzazione decisa per contrastare solo i gruppi terroristici responsabili degli attacchi dell’11 settembre, non per intervenire in una guerra civile in Yemen.
Per 16 anni, l’esecutivo ha preso questa AUMF come giustificativo  legale per gli interventi nei conflitti in tutto il Medio Oriente e in Africa, una strategia che è legalmente discutibile. Ma l’uso che viene fatto dalla AUMF nel contesto dello Yemen è particolarmente bizzarro dato che l’obiettivo della AUMF è combattere Al Qaeda, mentre il gruppo AQAP – Al Qaeda nella penisola araba – combatte a fianco  della coalizione Usa-Saudita contro i ribelli Houthi.
Una accordo bipartisan  che voleva votare un’autorizzazione alla guerra, H.Con.Res.81 è stata malamente battuto  la scorsa settimana dopo un iniziale political momentum. Il 1° novembre, i legislatori hanno tolto a questo disegno di legge il suo status privilegiato, il che significa che il disegno di legge non godrà più della la facilitazione di un voto veloce. Il voto veloce era stato chiesto per invocare la legge sui poteri di guerra del 1973 per interrompere il coinvolgimento USA nella guerra dello Yemen.
Poiché questo disegno di legge non è più privilegiato, tornerà alla commissione per gli affari esteri della Camera, guidata dal californiano -repubblicano  Ed Royce, un legislatore che ha espresso il suo profondo sostegno alla campagna militare guidata da Sauditi. Sono pochi quelli che si aspettano che la legge vada avanti ora che è tornata in mano a  Royce. Lo scorso aprile, Royce lesse una dichiarazione di sostegno per la campagna dei Sauditi in Yemen e fece  inserire nel registro congressuale un articolo che riportava il punto di vista di un generale saudita.
La mossa per bloccare la  H.Con.Res.81 è stata apparentemente negoziata   sia dalla leadership democratica che da quella repubblicana e come parte del compromesso, ci sarà qualche dibattito congressuale sulla guerra, anche se non ci sarà nessunavotzione. Come ha  riportato in precedenza The Intercept, il Rep. Steny Hoyer, è stato uno dei leader democratici che si sono opposto a invocare il War Powers Act per portare a termine l’intervento degli Stati Uniti nella guerra.
Ci sono ancora degli sponsor che spingono e che sperano di convincere durante il dibattito a votare sulla guerra.
“I nostri interessi di sicurezza nazionale in Yemen non sono chiari, ma stiamo dando soldi e assistenza militare all’Arabia Saudita in modo che possano continuare la loro guerra in Yemen”, ha dichiarato Thomas Massie, R-Ky, uno dei 43 co-sponsor. “Questa azione militare non è mai stata autorizzata dal Congresso ed il popolo americano merita un dibattito aperto tra coloro che hanno eletto”.
Il Rep. Walter Jones, RN.C., anche lui co-sponsor della risoluzione, ha espresso la propria frustrazione per il rifiuto del portavoce Paul Ryan sulla votazione sulla guerra e la sua delusione per il fatto che questa soluzione di compromesso negoziata dalla direzione del Congresso non includerà una votazione finale.
“Parte della mia frustrazione è dovuta al fatto che il Congresso non rispetta le sue responsabilità costituzionali, quando manda ragazzi e ragazze a morire per questo paese, mentre ha il dovere costituzionale di discutere sulla n ecessità della guerra ” ha detto Jones. “Il voto per andare in guerra in Yemen, non possiamo nemmeno votare questa risoluzione. Per me questo è il modo in cui il Congresso non deve funzionare e non funzioniamo perché non rispettiamo la costituzione ».
Nel frattempo, molti dei cretini seduti al Congresso non possono essere disturbati per rispondere a domande sullo Yemen.
milioni di Facce della Fame2
Pubblicato daNowThis Politics
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 Una guerra incostituzionale che potrebbe portare alla peggiore carestia da decenni? Veramento, io ora sono troppo occupato per cercare di capire come fare qualche taglio alle tasse degli oligarchi.
Dopo tutto,  di cosa dobbiamo preoccuparci?  Ci sono tanti di quei soldi pche si possono fare con la guerra!
BERLINO —  Mentre ONU e  agenzie umanitarie internazionali  lanciano un allarme per il blocco saudita agli aiuti inviati in Yemen, europei e americani sono rimasti per lo più in silenzio. Le poche note uscite nelle capitali occidentali nelle ultime settimane non sono state altro che messaggi di sostegno per gli Yemeniti per la loro catastrofica crisi umanitaria  – ma in effetti sarebbe il contrario.
Due settimane fa, l’ex  Ministro della Difesa britannico Michael Fallon,  ha fatto una chiara valutazione della visione del governo sulla controversia. “Devo ripetere, tristemente, a questo comitato che,  ovviamente fare altre critiche dell’Arabia Saudita in questo Parlamento non sono utili”, ha detto Fallon al comitato parlamentare di difesa, durante la discussione per la prevista vendita di diversi aerei da combattimento all’ Arabia Saudita. (Fallon ha dato le dimissioni  per le molestie sessuali).
In risposta all’ attacco missilistico proveniente dal territorio dello Yemen, destinato all’Arabia Saudita, che ha scatenato l’ultima  escalation, Trump ha ignorato allo stesso modo la piaga dei civili in quel paese in guerra e invece ha continuato a complimentarsi per le armi Usa vendute all’Arabia Saudita.
Sia gli USA che GB hanno fatto più soldi che mai con le vendite di armi all’Arabia Saudita. I critici di Human Rights temono che l’Arabia Saudita non si sia comprato solo le armi ma anche la loro accettazione per queste politiche.
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Naturalmente l’attrazione che ha l’Arabia Saudita per i Paesi occidentali non riguarda solo la vendita di armi. Giovedi, Downing Street ha detto che fornirà alla ARAMCO – gigante della energia saudita – garanzie di credito di 2 miliardi di dollari per facilitare l’interscambio tra i due paesi. GB e USA stanno cercando di persuadere l’ Aramco a laniare una attesissima OPA (di centinaia di miliardi di dollari) sulle borse di Londra e  di New York, mentre il presidente Trump tweetta che questa mossa  sarebbe “Importante per gli Stati Uniti !”
Lo scorso anno negli Stati Uniti, l’amministrazione Obama sospese per lo stesso motivo la vendita di munizioni di precisione a Riyad, ma l’amministrazione Trump  crede  di poter riprendere queste  vendite.  A Maggio c’è stato un fermo  isolato alle esportazioni di armi USA verso il Regno, ma  Trump ha dato un sostegno sempre più forte alla leadership saudita. Allo stesso modo, la Germania sta ancora esportando attrezzature militari verso il Regno, anche se ora sembra esitare per le consegne dirette di armi.
Se questo non è MAGA, allora non so cosa sia.
Se i politici dela UE fossero determinati ad imporre un embargo sulle armi verso l’ Arabia Saudita, i parlamentari dovrebbero persuadere i governi di tutti gli Stati membri ad accettare questo divieto, ma con più di una dozzina di nazioni che  guadagnano soldi  con le esportazioni di armi e di attrezzature militari nel Regno, le possibilità di un embargo sono praticamente inesistenti
Ogni tentativi delle ONG di obbligare i governi a impegnarsi per un embargo per imposizione di un tribunale è stato bloccato, anzi tutto il movimento di supporto all’embargo ha subito una grande sconfitta quest’estate, quando l’alta corte di Londra ha dichiarato che la Gran Bretagna non è stata complice nei presunti crimini di guerra in Yemen, consentendo ai militari sauditi di usare armi britanniche.
Il tribunale si è rifiutato di dire come sia potuto giungere alla sua conclusione, e ha impedito al pubblico di prendere visione delle prove chiave.
Ha sempre senso seguire la pista dei soldi.
di Michael Krieger – 15/11/2017
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario

UN TAGLIO IN PANCIA? COME ACCADE CHE LE TECH VI FARANNO GLEBA (per i 28 che non guardano Report o l’Annunziata)

 

UN TAGLIO IN PANCIA
Là dove la furia anfetaminica esplosa in questa era delle TECH in Artificial Intelligence (A.I.) raggiunge livelli da esplosione coronarica, è proprio nella Salute. La gara per il Super Brevetto lì, fa sembrare le innovazioni di Facebook o le App di Samsung lumache che attraversano l’autostrada.
E, di nuovo, ecco perché voi sarete al 99% sfigati che guarderanno alle cure super TECH e A.I. come i bambini poveri della Londra di Dickens guardavano col naso appiccicato alle vetrine le torte nelle pasticcerie dei ricchi.
Una delle ultime a uscire è una TECH sputata da una stampante in 3D, che produce delle fasciature chirurgiche o da emergenza che 1) chiudono il taglio o trauma in un quarto del tempo 2) trasmettono con una mini A.I. ai medici i dati su ogni minuto rigenerativo, infezioni, complicanze ecc. in tempo reale 3) lasciano cicatrici spesso invisibili o comunque molto minori rispetto alla norma.
La ferita viene spalmata di una nuova sostanza, Cellulose Nanofibrils, che aiuta le proteine coinvolte nella cicatrizzazione del tessuto ad attaccarsi a una ‘benda’ adesiva (si appiccica alla ferita) creata da una stampante 3D (sembra un transistor pieno di circuiti). La ‘benda’ quindi accelera la produzione di tessuto cicatriziale a una velocità incredibile, e allo stesso tempo racconta a un computer in ospedale cosa sta accadendo al taglio operatorio o ferita ogni secondo, in dettagli mai avuti prima dalla Medicina.
Chiunque fra noi futura GLEBA abbia avuto la sfortuna di avere un bisturi che gli ha aperto la pancia o il torace o la faccia, sa perfettamente cosa si patisce nella guarigione del taglio, le mille dolorose medicazioni, le complicanze. Lasciamo perdere i dettagli. Ma questa nuova TECH riduce la sofferenza e gli incidenti enormemente. Ad esempio, i liquidi prodotti dalla lacerazione/taglio vengono riassorbiti quattro volte più velocemente delle tradizionali medicazioni chirurgiche. L’eventuale infezione interna o esterna viene scovata dalla A.I. della ‘benda’ quando è a livello primordiale, e segnalata al computer del medico, che tenterà di stroncarla sul nascere. Non come di solito quando si urla dal male o si è già pieni di pus. Infine, l’esito cicatriziale, come detto, è infinitamente meno visibile.
Fantastica TECH in A.I. eh? L’ha inventata un lab da marziani in Finlandia, si chiama VTT Technical Research Center. Ha stretti contatti col ministero della Sanità di Helsinki, quindi uno pensa: “Dai! Magari questa volta i buoni nordici dei super Servizi Sociali passano questa super TECH alla Croce Rossa Italiana, che la passa a noi TECH-GLEBA bypassando la Merkel.”.
No.
Già la Barnard-Realtà ti si sbatte in faccia sulla home del VTT, con questa frase: “Noi creiamo tecnologia per il business – per il bene della società”. Certo, e i Rothschild comprano tutti gli anni i giocattoli della Befana, per il bene dei bambini.
Infatti, basta scavare sotto la superfice di un mm, e sbuca la Barnard-Realtà in tutta la sua spietatezza, perché quando uno legge la parola Ventures… alé, i giochi sono fatti. La VTT Ventures è il braccio finanziario per gli investitori della VTT e quindi anche della ‘benda’ magica. Sorry. Mentre la pagina introduttiva mostrava il volto umano di queste ‘belle anime’, quella Ventures mostra la foto sopra, e la nuda verità:
DALL’ELETTRONICA, ALLA IoT, ALLE SCIENZE BIOLOGICHE, LE AZIENDE DEL NOSTRO PORTAFOGLIO CLIENTI CREANO IL MONDO DI DOMANI”. (dove tu sfigato non abiterai)
E poi segue in termini inequivocabili l’ancor più cruda ammissione che tutte queste ‘meravigliose’ TECH in A.I. che stanno trasformando il Pianeta saranno da pagare a peso d’oro. La troviamo in due slogan della VTT:
CERCHIAMO COSTANTEMENTE TALENTI NUOVI PER COMMERCIALIZZARE IDEE SIGNIFICATIVE”.
&
LE PIU’ BRILLANTI IDEE NORDICHE SOSTENUTE DA DIRITTI DI PROPRIETA’ INTELLETTUALE”.
L’ultima frase si traduce in: brevetti da pagare, come accaduto per decenni all’Africa per tutte le medicine salva vita, AIDS inclusa: non pagavano e allora che crepassero.
Ora, la Barnard-Realtà v’insegna che nell’avvento delle incredibili super TECH in A.I. c’è insita nell’organismo – proprio incastrata come un virus micidiale – una novità tragica, ve la rammento:
Il nuovo Pianeta Terra in A.I., con computer quantistici o al DNA o computer molecolari, con materiali marziani e prodigi robotizzati, coi networks neuronali ecc., viene costruito su tecnologie talmente complesse, ma talmente inimmaginabili e così segrete per fruttare brevetti, che anche il più abile scienziato esterno alle TECH Corporations non ci potrebbe capire nulla. Quindi non è che se la VTT, o NVIDIA, o Wymo, o Google-Alphabet, o Benevolent A.I., o Baidu, o Tencent ecc. ci negano la salvezza per lucro, noi possiamo rifarcela in casa come è accaduto coi farmaci generici. Ci arrivate a capire che cosa vuol dire questo?
Vuol dire che i Padroni del Pianeta di cui sopra avranno le Chiavi della vita, della Salute, delle industrie, dell’Ambiente, dell’Energia, di tutto, in mano. Ok? Non paghi? Crepi. E devi pagare perché, si rilegga sopra, tutti questi Padroni devono rispondere ad altri Padroni che gli hanno versato miliardi su miliardi, gli investitori, che li rivogliono duplicati a dir poco.
Quindi, lo dico con tragica serietà:
Dopo tutte le prove che vi ho scritto in decine d’articoli do-cu-men-ta-tis-si-mi sul paradigma finanziario dei Padroni delle Chiavi della vita sul Pianeta, chiunque nei media vi parli di queste super TECH in arrivo SENZA AVVERTIRVI DEI PERICOLI VERI (magari fosse solo la perdita d’occupazione), è o un ignorante da cacciare dall’Ordine dei Giornalisti, o è una m… (finisce per erda). Capito ragazzini di Report e signora Annunziata, che mi copiate mesi dopo e pure male?
Per favore, non fate figli. Non li vogliamo poi da adulti con sbraghi nella pancia da 30 cm, bendati alla cazzo da Sanità pubbliche alla fame, mentre guardano col naso appiccicato alle finestre i fortunati degli ospedali di VTT Technical Research Center.
Paolo Barnard
Fonte: www.paolobarnard.info
6.11.2017
* spunti da Applied Materials & Interfaces.
MA I RIMEDI CI SAREBBERO:
MA PURTROPPO IN ITALIA:

Autodistruzione di Trump, Hillary, Holliwood e tutto il resto…

HILLARY-SLLA-FORCA

Fonte: Maurizio Blondet
Come vi spiega la Botteri  molte sere,  un procuratore speciale di nome Robert Mueller sta raccogliendo le “prove”  che Putin ha influito sulle presidenziali Usa facendo eleggere Trump, e che Trump è colluso con Putin e gli interessi della Russia, nemica degli Stati Uniti. Ha già incriminato un faccendiere, Manafort, e  da  questo  sta allargando le indagini, che  lambiscono sempre più decisivamente il presidente in carica.
Ebbene:  esistono e si moltiplicano prove patenti che, invece, è stata Hillary Clinton a favorire gli interessi russi; insomma che è a lei che dovrebbero essere rivolte le accuse e le indagini di un procuratore speciale.  Ci sono documenti che vengono fuori,  e testimoni che stanno parlando, come la capessa del Comitato Elettorale Democratico Donna Brasile – ma niente scalfisce la narrativa:  è Trump il complice di Putin.
Non so se riesco a comunicare al lettore il terrore che prende un vecchio giornalista quando vede una così invincibile  spudorata  menzogna ufficiale, il  contrario esatto della verità. E’ lo stesso terrore di chi ha visto il totalitarismo sovietico all’opera.
e’ stata Hillary a vendere uranio a Mosca
 
Ricapitoliamo i fatti. Nel 2009,  mentre Hillary era ministra degli Esteri, una società canadese, controllata da un amico e donatore dei Clinton – Uranium One –  riesce a prendere il controllo del 20% delle miniere d’uranio statunitensi; una commissione speciale, che ha il compito di verificare la liceità delle vendite di attivi strategici nazionali a stranieri, dà tutte le autorizzazioni richieste.  Fanno parte di tale comitato  (Committee on Foreign Investment in the United States)  il ministro degli esteri o un suo rappresentante, il ministro della giustizia di Obama, un delegato della Casa Bianca, esperti e tecnici; essi hanno dato l’autorizzazione alla vendita dell’uranio ai canadesi, dopo la raccomandazione del capo dell’FBI, che era allora chi? Ma nient’altri che Robert Mueller!  Ossia lo stesso procuratore speciale che oggi cerca di incastrare Trump con l’accusa di  collusioni con Mosca.
Ormai è appurato che la società “canadese” era in realtà la facciata di copertura di una ditta russa, emanazione della statale Rosatom, presieduta  da un  amico di Putin. Lo sapeva già allora perfettamente l’FBI, che aveva tutte le prove di come questa ditta avesse versato mazzette in Usa e Canada. Anzi: un informatore dell’FBI aveva infiltrato la Uranium One e faceva rapporti  a federali su quello  che la ditta faceva veramente.  Ebbene:  costui ha ricevuto l’ordine di tacere. Da chi? Non può averlo ricevuto che da Mueller, allora capo dell’FBI  ed oggi accusatore di Trump, o dal ministro della giustizia di Obama, Eric  Holder. Adesso il ministro della giustizia di Trump ha dato all’informatore il permesso di parlare – a chi? – alla commissione giustizia del Senato  e della Camera.   Che non mostrano  una  gran fretta di ascoltarlo.
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Fatto sta che il governo Obama, era perfettamente al corrente del fatto che la ditta canadese era una facciata della Rosatom. Nonostante ciò, Hillary Clinton  – ministra degli esteri – fu tra quelli che diedero l’autorizzazione alla vendita dell’uranio americano. Subito dopo, il presidente della ditta “canadese” fece una donazione alla  famosa Clinton Foundation l’ente “senza scopo di lucro” e beneficente, sulla carta  che perpetua le glorie del marito ed ex presidente, Bill. A quanto ammontò la disinteressata donazione? Alla  modesta cifra di 145 milioni di dollari.
Insomma una tangente milionaria, data indirettamente alla moglie attraverso il marito. Oggi si sa che la Clinton Foundation è stata  usata spudoratamente come collettore di mazzette del genere, da  parte di privati e stati sovrani (per esempio  arabi) per avere un occhio di favore  sui loro affari da parte del Dipartimento di Stato.
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patetico
 
Oltretutto, appena data l’autorizzazione alla  vendita, l’ex presidente Bill Clinton è stato invitato a Mosca a tenervi una conferenza: dietro grazioso compenso di mezzo milione di dollari per mezz’oretta,  pagato da una importante banca russa vicina al Cremlino;  Bill fu perfino, allora, ricevuto da Vladimir  Vladimirovic.
Attenzione: non si tratta solo di un gigantesco caso di corruzione a  beneficio del Clinton. Poiché la corruzione ha riguardato la cessione di un attivo strategico nazionale,  come sottolinea l’analista Charles Gave, l’accusa può essere di tradimento a favore  di uno stato stranieri ostile, il che comporta la pena di morte: quella che fu comminata ai coniugi Rosenberg, mandati nel ’53  alla sedia elettrica per aver  ceduto a Stalin i segreti della fabbricazione della Bomba..
 
Obama sapeva
E’ istruttivo enumerare quanti e quali personalità potrebbero   essere chiamate in correità di Hillary per  tradimento: il ministro della giustizia di Obama (Holder), Obama stesso (non poteva non sapere), e Robert Mueller, l’allora capo dell’FBI  che sapeva tutto, e intimò all’informatore dell’FBI  di non dire niente. Quello stesso Mueller, non  ci stanchiamo di ripeterlo, che oggi è l’accusatore speciale di Trump per il presunto Russiagate.
Adesso Donna Brazile, la nuova presidente del Comitato Nazionale Democratico (succeduta a Debbie Wasserman Schultz (j), riconosciuta  colpevole di aver favorito  truffaldinamente  la Clinton contro l’altro candidato, Bernie Sanders, nelle primarie) sta scaricando i Clinton, padroni del Partito, ormai pericolosi.  Così  sappiamo, fra l’altro nuove cose:
Sul famigerato dossier che rivelava come, in un viaggio in Russia, Trump avesse avuto incontri con prostitute a Mosca (con “pioggia  d’oro”) che lo rendevano ricattabile e ricattato dai russi.  L’ex ambasciatore britannico a Mosca avrebbe dato questo dossier così compromettente a chi? Al senatore McCain, nemicissimo di Trump. McCain l’avrebbe  girato a James Comey, allora direttore dell’FBI (è succeduto a Mueller); Comey l’avrebbe mostrato ad Obama, e poi a Trump. Immediatamente il dossier è venuto a conoscenza dei media, che l’hanno diffuso.
E’ bene ricordare che quel dossier è stato confezionato  da un britannico di nome Christopher Steele, ex agente dei servizi MI6,  per anni mandato dai servizi britannici a Mosca, poi tornato a capeggiare al MI6 l’ufficio Russia.  Messosi in proprio e creata  la sua agenzia privata di informazioni,  Steele viene  contattato perché fabbrichi appunto un dossier compromettente su Trump – cosa che il   personaggio fa, probabilmente ascoltando suoi contatti nei servizi russi.
Ora sappiamo chi ha commissionato  il dossier a Steele, pagandoglielo anche: Hillary Clinton e i suoi complici al vertice del  Partito Democratico USA.  L’hanno fatto attraverso uno studio di avvocati,  per aggirare le norme che vietano ad un candidato di servirsi di stranieri per  la sua  campagna elettorale.
 
Comey (FBI) pagò il dossier diffamatorio
E’ un trucco, ricorda Charles Gave, che Hillary ha già usato. Per esempio nel 1992 quando assoldò uno studio di avvocati per spargere diffamazioni  su un bel numero di donne che avevano accusato  di stupro Bill Clinton.  E’ una vicenda che oggi assumerebbe un intenso interesse per i media, se volessero indagare,  sulla scia dell’altro accusato di stupri da famose attrici, quel Harvey Weinstein che è grande amico, donatore e  raccoglitore di fondi per la campagna di Hillary.  Interessante anche sapere che Kevin Spacey,  l’attore oggi rivelato pedofilo “predatore”,  insieme ai Clinton è stato ospite per anni dell’aereo privato del finanziere Jeffrey Epstein, il cosiddetto “Lolita Express”.  Epstein, j,  giudicato colpevole per  aver violato almeno un centinaio di ragazzine tredicenni, condannato a pene miti per aver risarcito le vittime con denaro,  portava ai suoi ospiti sul suo Lolita Express sia nella sua isola privata nei Caraibi, Little St James, sia in località delle isole Vergini o africane dove  gli ospiti  potevano sfogare i loro viziosi  istinti su  bambini e bambine al riparo da ogni conseguenza penale.  Insomma ci sarebbe tutto un filone d’inchiesta, con l’incubo (per i Clinton) del “Pizzagate” sullo  sfondo.
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Grandi amici, ed ospiti del “Lolita Express” (sotto, il piano di volo coi nomi dei passeggeri: Bill cLinton e Kevin Spacey)
Ma niente. I media non s’interessano. Non s’interessano nemmeno alla notizia che il direttore dell’Fbi Comey, quando ricevette da McCain il dossier di Steele,  versò all’ex agente MI6 ben 50 mila dollari perché continuasse a scavare sui presunti vizi di Trump a Mosca  – quando ormai Trump era stato eletto  e  il dossier visibilmente pieno di falsità.
I media invece hanno dipinto Comey come un alto  servitore dello Stato tutto d’un pezzo l’estate scorsa, quando Trump – presidente – lo ha licenziato dalla poltrona dell’FBI, e Comey è  subito stato richiesto in audizione dal Congresso dove ha diffamato Trump e riconfermato che  secondo lui c’è stata una “massiccia interferenza russa” nelle elezioni Usa, s’intende a favore di Trump – mentre  abbiamo visto che se mai, c’è stata a favore di Hillary Clinton.
Attenzione: il fatto che Comey abbia pagato un agente straniero (Steele) per manipolare   la situazione politica americana,  è in sé un delitto federale che vale 30 anni di galera, specie se  commesso dal capo del FBI.
In realtà, sappiamo perché l’ha detto lo stesso Comey, il vero motivo per cui Trump lo ha licenziato: a gennaio, appena eletto,  il neo-presidente chiamò Comey a cena alla Casa Bianca, e gli chiese lealtà: “Mi aspetto lealtà, ho bisogno di lealtà”.    E’ il minimo che un presidente possa chiedere, e Comey declinò l’impegno.
La domanda di Donald Trump assume un significato  tragico, alla luce dei fatti. Robert Mueller come procuratore speciale sul RussiaGate,   quello che ora cerca  le prove della sua collusione  con  Putin con metodi che ricordano quelli di Mani Pulite (incriminare, incarcerare per far parlare) lo ha nominato lui stesso, Trump  –  certo, su indicazione del vice-attorney generale Rod Rosenstein, che credeva un uomo leale.
Ora, Mueller è un   servente del Deep State se mai ce n’è uno: uomo fedele  della famiglia Bush, è  uno degli autori dei grandi (e grossolani) depistaggi sui veri autori dei mega-attentati dell’11 Settembre, impedendo che le indagini andassero nella giusta direzione; ha parimenti   sviato  l’indagine sulle lettere all’antrace, accusandone un innocente.
E’ ovvio che uno che ha aiutato i Bush a coprire la verità sull’11 Settembre, consideri un pericoloso nemico l’intruso Donald Trump, che durante la campagna elettorale ha  minacciato di togliere  il segreto sull’attentato, dando chiaramente ad intendere di non credere alla versione ufficiale.   Ma Trump evidentemente non sapeva chi fosse, si è fidato di Rosenstein.
Durante  la campagna elettorale, Trump aveva minacciato più volte di nominare un prosecutore speciale per stabilire le gravissime responsabilità di Hillary; non l’ha fatto, e non lo fa nemmeno adesso  – e si lamenta  che non lo faccia  il procuratore Jeff Sessions: un  altro  che ha nominato lui, dopotutto. Gliela aveva indicato qualcuno  che credeva leale.    Parimenti casuale appare la sua nomina del nuovo governatore della Federal Reserve, uno che era già nel board e gli è stato indicato, James Powell (almeno è il primo non-ebreo  dal 1987,  dopo Greenspan, Bernanke, Yellen…).
Insomma  sembra la  tragedia di un uomo sprovveduto che non ha attorno a sé una sola personalità che gli sia insieme leale e conosca la “macchina” e il Deep State e  le sue trappole.  Un repubblicano che il Partito Repubblicano   tradisce, ostruisce, sabota e che vuole morto.
“L’amministrazione Trump è tanto occupata ad autodistruggersi – commenta The Saker – che non si preoccupa più dell’Ucraina, del Kurdistan, e ciò implica che non si prende cura nemmeno davvero  del Santo dei Santi, Israele”.
Ma nello stesso tempo assistiamo all’autodistruzione della dinastia Clinton, del Partito Democratico, dei circoli globalisti che lo sostengono – travolti dalla tempesta di accuse di vizi sessuali innominabili, che non salvano nessuno.
Dopo Weinstein brutale stupratore, scopriamo  che  è  un ex trader del Soros Fund Management, Howie Rubin, 62 anni, sposato con tre figli, ad essere accusato da diverse ex  ragazze-copertina di Playboy  di averle violentate e torturate.  Attratte ad una festa nel superattico di Manhattan da 8 milioni di dollari, le ragazze scoprivano che il padrone era del tipo  sadico-dominante-bondage-disciplinante (in sigla, BDSM): le introduceva in una sala  trasformata in una  segreta (dungeon), piena di catene ed altri oggetti di tortura,   le legava, imbavagliava e picchiava selvaggiamente, poi le violentava duro, urlando: “Ti stupro come stupro mia figlia!”. Una delle ragazze fu pestata tanto, che “il suo impianto destro” – il seno finto – “si rovesciò”.  Le  andò meglio della vittima di Fatty Arbuckle.  Rubin l’ha risarcita con 20 mila dollari, facendole firmare un “Accordo di non-divulgazione”  (NDA, Non Disclosure Agreement).  Un avvocato complice del milionario finanziere ebreo faceva firmare alle ragazze questo impegno, NDA, prima degli incontri. Una obbligazione legale, legalissima,  a tacere. Le ragazze erano “pagate da 2  mila a 5 mila dollari”. Uno sfruttamento di una speciale povertà:  essere sulla copertina di Playboy  è una introduzione al bel mondo della prostituzione di lusso, a quelle ragazze – certamente provenienti da qualche landa contadina del MidWest – saranno sembrati molti quei soldi, e saranno state contente di conoscere gente così importante.
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Howard Rubin, trader di Soros, arrestato per orribili violenze e stupri.
 
Ma questi ricchi  usano un sesso fatto di pura violenza e brutalità; nemmeno un accenno di un preliminare, nemmeno un sorriso o una gentilezza; giù a stuprare  una bestia inferiore, un animale parlante con cui  non c’è da dire nulla se non sfogare la foia, senza ritegno che si ha davanti a un essere umano.
Persino l’ex presidente George HW Bush, il capostipite  della dinastia, grande vecchio repubblicano, uno che la sa lunga sulla morte di Kennedy,   93 anni, si è dovuto scusare perché – dalla sedia a rotelle – ha palpato il sedere di un paio di attrici.   Poi ha accusato Trump di “estremismo, faziosità e suprematismo bianco. Io ho votato Hillary”, ha concluso.
HILLARY-SLLA-FORCA
E’ un terremoto  morale e materiale che scuote “un po’ tutte le satrapie e i potentati dello Stato Profondo”, mi scrive da Washington l’amico Pascali: “la Cia ossia il Bush  Intelligence Center,  il FBI, il Dipartimento di Stato, i media, la macchina delle destabilizzazioni chiamata Soros, il sistema monolitico  unificato chiamato “bi-partitismo”, l’apparato di  riciclaggio chiamato Las Vegas, la rete di droga, guerra culturale, prostituzione e ricatto chiamata Hollywood,  il supremo sancta santo rum chiamato  Fed, sono scossi dalle fondamenta. Rabbia e paura colgono gli oligarchi del regime. A Washington c’è chi dice che la pubblicazione di alcuni documenti sull’assassinio Kennedy è una delle tante spade di Damocle che pende su costoro”
In questa,  accade che  il neocon de noantri ex comunista ex Cia  Giuliano Ferrara, il 2 novembre, pubblica su Il Foglio: “Trump ha fatto una campagna elettorale con l’aiuto di Putin: le prove”
Eccola la pistola fumante di Trump
Nella decomposizione demagogica americana un fatto non si può più negare: Trump ha fatto una campagna elettorale con l’aiuto di Putin. In attesa dei processi, le prove politiche esistono e sono queste
2 Novembre 2017 alle 06:16
Vorrei poter comunicare ai lettori il mio orrore. L’orrore  che si provava davanti alle menzogne totali, prive di ogni vergogna,   che  la Pravda enunciava contro capi del partito finiti in disgrazia, che processati “confessavano”  e venivano eliminati col colpo alla nuca. Perché questo Ferrara era un caporione comunista, figlio di caporioni stalinisti (suo padre Maurizio Ferrara direttore dell’Unità, sua madre segretaria di Togliatti); avesse vinto il comunismo, ci troveremmo Ferrara ad  operare le repressioni e i processi-farsa, o  a commentarli applaudendo alle condanne come direttore dell’Unità-Pravda. Per tempo diventato informatore della Cia  restando nel PCI, il Ferrara  è diventato neocon per amore d’Israele; ed  oggi  elenca “le prove” della collusione di Trump.
di Maurizio Blondet – 05/11/2017

SOUTENU PAR MOSCOU, LE PRESIDENT ASSAD AU CENTRE DE LA SOLUTION POLITIQUE EN SYRIE

 

SYRIA COMMITTEES/ COMITES SYRIE/

КОМИТЕТЫ СИРИИ/

2017 11 21/

SYRIA - Assad recu par poutine (2017 11 21) FR 2

Toutes les tentatives de mettre fin à la guerre se sont pour l’instant heurtées au sort de Bachar al-Assad, mais le président syrien, au pouvoir depuis 2000, apparaît désormais en position de force.

Remettant de fait le président syrien dans le jeu diplomatique, Vladimir Poutine l’a reçu lundi à Sotchi pour sa première visite en Russie, et à l’étranger, depuis octobre 2015. C’était juste après le lancement de l’intervention militaire russe qui a constitué un tournant dans le conflit.

LA DEFAITE ‘DEFINITIVE’ DES ENNEMIS DE DAMAS

Lancée en 2015, l’intervention militaire russe en Syrie a permis à l’armée syrienne de ravir au groupe Etat islamique (EI) la cité antique de Palmyre et de chasser les rebelles de leur bastion d’Alep, dans le nord. Les forces du régime ont chassé dimanche soir les jihadistes de Boukamal, leur dernier fief urbain en Syrie. “La phase active de l’opération militaire en Syrie s’achève”, a estimé le chef d’état-major de l’armée russe Valéri Guerassimov.

Selon les images retransmises à la télévision, le maître du Kremlin a “félicité” le président syrien pour ses résultats dans la lutte contre le terrorisme, proche d’une défaite “inévitable et définitive”. “En ce qui concerne notre travail commun dans la lutte contre le terrorisme en Syrie, cette opération touche à sa fin”, a-t-il assuré. “Je pense qu’il est maintenant temps de passer au processus politique”.

“Nous ne voulons pas regarder en arrière et nous sommes prêts à un dialogue avec tous ceux qui souhaitent vraiment aboutir à un règlement politique”, a souligné pour sa part Bachar al-Assad, selon ses propos traduits en russe, remerciant le président russe pour l’aide de la Russie dans la défense “de l’intégrité territoriale et de l’indépendance” de la Syrie.

Dans un discours retransmis à la télévision d’Etat, l’iranien Hassan Rohani a proclamé mardi la “victoire” sur l’EI, alors que l’armée iranienne combat également en soutien à l’armée syrienne. Il a expliqué lors d’un entretien téléphonique au président français Emmanuel Macron vouloir “éviter le démembrement des pays de la région” et non la “dominer”.

SYRIE: POUTINE ASSURE TRUMP QU’IL CHERCHE UNE SOLUTION “A LONG TERME”

Vladimir Poutine a assuré ce mardi Donald Trump qu’il œuvrait en faveur d’un “règlement politique à long terme” en Syrie après avoir reçu Bachar al-Assad et à la veille d’un sommet avec l’Iran et la Turquie. Après avoir aidé Bachar al-Assad à reprendre l’avantage sur le terrain face aux rebelles et aux jihadistes, le maître du Kremlin, principal soutien du gouvernement syrien, estime que la phase militaire “touche à sa fin” et cherche à relancer le processus de règlement politique. Il multiplie les contacts à quelques jours de pourparlers sous l’égide de l’ONU à Genève le 28 novembre, censés contribuer à mettre fin à une guerre ayant fait au moins 330.000 morts en six ans et des millions de déplacés.

Après avoir reçu lundi le président syrien, il s’est entretenu par téléphone avec le président américain malgré les relations calamiteuses entre Moscou et Washington. Selon le Kremlin, il a assuré “être prêt à œuvrer activement en faveur d’un règlement à long terme du conflit” sur la base des résolutions de l’ONU, tout en soulignant la nécessité de “maintenir la souveraineté, l’indépendance et l’intégrité territoriale de la Syrie”. Le 11 novembre, Poutine et Trump avaient publié un communiqué conjoint excluant toute “solution militaire” et appelant à une “solution pacifique” dans le cadre du processus de Genève, mais depuis, les escarmouches verbales sont quasi quotidiennes entre les deux pays sur la Syrie, où ils interviennent militairement.

Cet entretien intervient à la veille d’un sommet entre le président russe et ses homologues turc Recep Tayyip Erdogan et iranien Hassan Rohani dans la station balnéaire de Sotchi (sud-ouest). La Russie et l’Iran, alliés du gouvernement de Damas, et la Turquie, soutien des rebelles syriens, parrainent le processus d’Astana, qui a permis la mise en place des “zones de désescalade” dans les régions d’Idleb (nord-ouest), de Homs (centre), dans la Ghouta orientale, près de Damas, ainsi que dans le sud. Ces mesures ont permis d’abaisser la tension sur le terrain mais Moscou cherche désormais à trouver une issue politique à ces pourparlers jusqu’alors concentrés sur les questions militaires.

Photos :

Le président russe Vladimir Poutine avec son homologue syrien Bachar al-Assad à Sotchi, dans le sud de la Russie, le 20 novembre 2017.

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Ostia e la “mafia”: quando Buzzi diceva “Tassone (Pd) è solo mio”

quelli delle marcette per la legalità….

Il decimo municipio di Roma, quello di Ostia, al centro delle cronache in questi giorni, è l’unico municipio della capitale sciolto per infiltrazioni mafiose. L’ex presidente del municipio, Andrea Tassone, del Pd, è stato condannato in primo grado a 5 anni nell’ambito dell’inchiesta detta “Mafia Capitale”, anche se nella sentenza i giudici hanno riconosciuto l’esistenza di un’associazione a delinquere semplice, e non quindi mafiosa. Per quel che riguarda Ostia, al centro del processo c’erano i bandi per l’assegnazione della manutenzione e pulizia della spiaggia di Castelporziano e un altro per la potatura di alberi. Entrambi sono finiti alle cooperative di Salvatore Buzzi.
Il capitano del Ros, Federica Carletti, ha spiegato in aula, nel corso di una testimonianza, come funzionavano i bandi a Ostia: “Per la gara del Lotto 2 (spiaggia Castelporziano) parteciparono 5 cooperative e tutte erano riconducibili a Buzzi. Alla fine però soltanto lui si presentò al bando, gli altri servivano solo a dare una pluralità di soggetti in concorrenza, così come richiesto nella formulazione del bando”. Ma per far capire la situazione del litorale amministrato dal Pd, sono ancora più eloquenti le intercettazioni di Salvatore Buzzi finite negli atti del processo. “400mila per il verde ce li danno a noi – dice il ras delle coop Salvatore Buzzi in un’intercettazione ambientale del 16 maggio 2014 negli uffici di via Pomona – Le spiagge sono due lotti, 350 e 300, 300 a villa Maraini, 350 li pijamo noi. (..) Tassone è nostro, è solo nostro, non c’è maggioranza e opposizione, è mio”. E ancora: “Ostia se la semo presa, pijiano tutti i soldi da noi”, dice al collaboratore Emilio Gammuto in un’ambientale all’interno della macchina che lo sta portando ad Ostia.
Secondo il racconto del capitano Carletti, l’ex presidente Pd del X Municipio avrebbe intascato una “cifra non inferiore ai 30 mila euro per agevolare” le cooperative di Buzzi.
Ecco come amministrava Ostia il politico a cui la “giornalista antimafia” Federica Angeli, di Repubblica, rivolgeva su Facebook queste parole: “La tua onestà e il tuo dire no a pressioni e lobby non l’ho mai trovata in nessun politico. Vai avanti così. Sei davvero grande. Pulito. Forte. Determinato”. Parole che forse, alla luce di quanto emerso, calzerebbero invece alla perfezione per CasaPound, la cui capacità di “dire no alle lobby” è stata testimoniata in aula dalle… lobby stesse, ovvero da Salvatore Buzzi, che in una testimonianza ha raccontato: “Avevamo trovato uno stabile, stavano sempre alla ricerca di centri d’accoglienza. C’erano stati i fatti di Tor Sapienza (la rivolta contro l’arrivo dei profughi, ndr), vado a parlare con il presidente del Municipio, che mi dice: guarda Buzzi, ci dispiace, ci creerebbe un sacco di problemi perché lì c’era CasaPound”. Buzzi spiega allora di aver tentato, invano, di ammorbidire i dirigenti del movimento:Siccome li conosco avevo provato a chiamare Antonini (vice presidente di Cpi, ndr), che mi dice: ‘voi di sinistra avete perso il rapporto con il proletariato’. Ed era vero”, commenta Buzzi, ammettendo di aver fatto marcia indietro offrendo poi lo stabile all’Usb (gli “amici di Nieri”) per la realizzazione di un “ostello del proletariato”.
Roberto Derta – 10 novembre 2017

SOFT POWER (V): LA ‘GUERRE CULTURELLE’ OU LE COTE OBSCUR DU ‘SOFT POWER’ AMERICAIN

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Flash géopolitique – Geopolitical Daily/

2017 08 26/

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« Les USA sont passés de la barbarie à la décadence sans connaître le stade de la culture »

– Oswald Spengler (Philosophe du ‘Déclin de l’Occident’, 1923).

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Mais le ‘soft power’ américainà un côté obscur : la « guerre culturelle ». Menée avec les instruments du ‘soft power’, des décennies bien avant que le concept ne soit théorisé …

La guerre coloniale que les Etats-Unis mènent depuis plus d’un siècle contre les Peuples du monde, ce ne sont en effet pas seulement les bombes et les missiles de l’US Air Force ou les coups de force de la CIA et du State Department. C’est aussi la « guerre culturelle » – celle menée par Hollywood, Mc Donald’s, Coca-Cola, Disney et cie – conduite pour écraser les cultures et les Peuples, et imposer le néant consumériste de l’anti-civilisation yankee, le « Mc World » ou l’ « American way of life ». Car, pour nous, et comme le rappelait Spengler, les Etats-Unis sont passés directement de la Barbarie à la « Civilisation » décadente – celle du Hamburger – sans connaître la culture.

  1. STEVE FULLER (UNIVERSITE DE WARWICK) :

LA MACDONALDISATION DU MONDE EST « UN TERRORISME CULTUREL »

La guerre culturelle yankee, dont Mc Donald’s est le symbole phare, s’apparente, selon Steve Fuller, professeur de sociologie à l’Université de Warwick, à la « guerre idéologique », « où les gens se voyaient enjoindre de renoncer à leurs coutumes traditionnelles et d’adopter celles de l’Occident ». Fuller qualifie la « Macdonaldisation » de « terrorisme culturel ». George Ritzer, son collègue de l’Université du Maryland, dénonce, lui, dans « The MacDonaldization of Society », le « pouvoir obscène » de la multinationale de la Mal-bouffe et de ses complices hollywoodiens.

« MARGARET WERTHEIM » :

 L’AMERICANISATION DU MONDE EST « UN SIDA CULTUREL »

L’Américanisation du monde est un sida culturel, comme le déclare la critique Margaret Wertheim, Australienne installée à Los Angeles : « la culture américaine ressemble à un virus, de surcroit particulièrement pathogène. A bien des égards, on pourrait la comparer au HIV, le virus du sida. Cette culture ne cesse de se dupliquer, et se montre particulièrement habile à parasiter la machinerie de production de ses hôtes. S’il est si difficile de venir à bout du HIV, c’est parce qu’il prend le contrôle des fonctions cellulaires de l’organisme infecté pour produire de nouvelles copies de lui-même, et retourne contre son hôte ses propres défenses immunitaires. Pareillement, la culture fast-food, le rock, la télévision et le cinéma américains infectent l’organisme  culturel des autres nations, parasitant les capacités de production locales pour réduire leurs efforts à de simples contrefaçons. Ce processus de réplication virale se répète dans le monde entier, les normes de la culture populaire américaine étouffant la flore et la faune locale ».

Dans « Pourquoi le Monde déteste-t-il l’Amérique ? », Ziauddin Sardar et Merryl Wyn Davies analysent le rôle des hamburgers et autres menus américains » dans la destruction des repères culturels des peuples agressés : « La mondialisation dirigée par les Etats-Unis cherche à remplacer ces repères par des produits culturels américains. Le raz de marée de cette culture consumériste est capable de tout assimiler et d’exercer sur les peuples d’énormes pressions pour qu’ils changent de mode de vie, abandonnent tout ce qui donne un sens à leur existence, se débarrassent non seulement de leurs valeurs mais de leur identité, de leurs relations, de leur attachement à l’Histoire, à des lieux, à des manières d’être et d’agir. Le « pouvoir obscène » de la « culture du hamburger » place les cultures locales dans un étau. Les multinationales américaines assurent la promotion de leurs produits en suivant une stratégie multiforme qui fait appel au rock, à la télévision, à des styles spécialement crée, et lui permet d’occuper tout l’espace culturel disponible ».

  1. STEVE FULLER (UNIVERSITE DE WARWICK) :

UN « BIOTERRORISME », LE GENOCIDE PLANIFIE DES CULTURES ET DES LANGUES

Le véritable terrorisme est là ! Il est américain, planifié, et vise au génocide des cultures et des langues. Steve Fuller explique que « pour bien comprendre l’influence de l’Amérique sur le reste du monde, il nous faut considérer ses pratiques culturelles » comme un « bioterrorisme »:

« En premier lieu, le bioterrorisme n’a pas d’objectif spécifique. On ne gagne pas une campagne de ce genre ; on espère simplement que la diffusion du virus perturbera au maximum la société visée. Elle peut aussi créer les conditions qui permettront de parvenir à un but différent. En second lieu, les bioterroristes se contentent de lancer la campagne ; le gros des « opérations guerrières » est ensuite le fait des victimes eux-mêmes, qui s’infectent mutuellement lors de leurs interactions quotidiennes. En troisième lieu, à mesure que la campagne progresse, que ces effets pathogènes se combinent à d’autres, il devient virtuellement impossible d’identifier un seul agent responsable, toutes les victimes étant alors devenues complices de cette diffusion. McDonald’s illustre superbement ce genre de terrorisme culturel. Considérez le panneau placé devant chacune de ses boutiques : « Des milliards de gens servis ». Et non « nourris ». Du point de vue du marketing, c’est un slogan extrêmement frappant. Il désigne un objectif qui n’est autre que la simple prolifération des burgers, sans référence aucune à la réaction de ceux à qui ils sont destinés. Mais, comme nous le savons, cette prolifération à un effet dévastateur sur la plus grande partie de la planète – les autochtones sont contraints d’adopter les pratiques de la culture américaine, leur environnement, physique ou culturel, est frappé. En fait, quand ils commencent à se comporter comme des géants de la restauration rapide, à s’infecter mutuellement avec leurs attitudes et leurs comportements (obésité, problèmes cardiaques, etc.), ils s’exposent davantage encore à d’autres interventions américaines. Le temps que les dégâts soient vraiment sérieux, un nombre suffisant d’entre eux aura bénéficié personnellement de ces interventions pour qu’il soit difficile de faire marche arrière ».

« Le « terrorisme biologique » de la culture du hamburger, le « Mc World », a réduit la géographie culturelle du monde à un espace américain totalitaire, tuant les langues, l’architecture, l’industrie cinématographique, la télévision, la musique et l’art de la majorité des pays », concluent Sardar et Davies.

QUAND HOLLYWOOD EST UNE ANNEXE DU PENTAGONE

* Voir aussi LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ SOFT POWER (IV):

QUAND HOLLYWOOD, PILIER DU ‘SOFT POWER’ AMERICAIN, S’EN VA-T-EN GUERRE

sur http://www.lucmichel.net/2017/11/20/luc-michels-geopolitical-daily-soft-power-iv-quand-hollywood-pilier-du-soft-power-americain-sen-va-t-en-guerre-2/

Dans la guerre culturelle yankee, Hollywood et ses dérivés médiatiques, comme MTV, jouent un rôle décisif. Et font directement le lien avec la guerre classique menée par le Pentagone et le state Department, notamment en assurant la propagande et en préparant psychologiquement les masses aux agressions militaires américaines.

Le film de la série « James Bond », « Die another day », en est la parfaite illustration.

Après avoir cultivé pendant quatre décennies l’esprit anti-soviétique de la Guerre Froide, et salué les islamistes afghans, James Bond préparait cette fois les esprits à une future agression contre la République Populaire Démocratique de Corée (RPDC), fleuron de l’ « Axe du mal » depuis Bush, et l’une des cibles désignées du bellicisme yankee après l’Irak.

Hollywood s’est fait une spécialité des caricatures racistes des ennemis des Etats-Unis. Après le méchant Russe (qui avait succédé au méchant Soviétique) ou le psychopathe arabe, figures de style déclinées dans des milliers de films, dont les James Bond, le cinéma yankee s’en était pris aux « criminels serbes » (voir « Behind Ennemy Lines ») ou africains (« La chute du Faucon noir » sur la Somalie). Le nouveau James Bond s’en prenait cette fois à un nouvel ennemi de l’Amérique, promis à un avenir certain : le psychopathe Nord-coréen, dégénéré physiquement et mentalement. Une caricature ignoble et raciste, que l’on croyait jusqu’ici réservée aux films de série B à destination des admirateurs débiles des Chuck Norris et autres Rambo.

Cette attaque intervenait au moment où la RPDC venait d’être inscrite à l’agenda du State Department. Pyong-Yang, qui entend préserver son système socialiste et son indépendance nationale, démarait sa politique néo-gaulliste de dissuasion nucléaire. La RPDC venait aussi de remplacer le Dollar par l’Euro dans ses opérations financières, exemple dangereux et contagieux. Tout cela était intolérable pour Washington.

Lorsque l’on connaît les rapports étroits entre Hollywood et le Pentagone et leur collaboration sans faille, il ne reste guère de place au hasard. « Die Another Day » est bien aussi une opération de guerre, qui prépare psychologiquement la prochaine agression yankee. Le clip obsédant de la chanson de Madonna, qui accompagnait le lancement de ce « James Bond », véhiculait les mêmes clichés racistes et participait directement à la même opération.

L’Histoire révèle l’imposture hollywoodienne. Car sur la péninsule coréenne, ce n’est pas la RPDC qui menace la Paix et viole le droit, mais bien les Etats-Unis depuis la fin des années 40 : massacre de civils sud-coréens par l’US Army, guerre chimique et biologique, accumulation d’armes de destruction massive, nucléaires notamment… Le clip de Madonna, lui, présentait une exécution à la chaise électrique par des bourreaux nord-coréens en uniformes de l’Armée populaire de la RPDC. Précisons que ce mode d’exécution immonde est inconnu en Corée du Nord. Mais largement utilisé aux Etats-Unis !

N’OUBLIONS PAS LA GUERRE CLASSIQUE

La guerre culturelle ne doit pas nous faire oublier la guerre classique. Celle où les bombardements ne sont pas le fait du déluge cathodique d’Hollywood, mais ceux des bombardiers et des missiles de l’US Air Force et de ses supplétifs de l’OTAN.

Cette guerre, c’est celle qui a frappé notamment les peuples martyrs somali, afghan, irakien ou libyen.

A LIRE SUR LE SUJET :

– Ziauddin Sardar et Merryl Wyn Davies, « POURQUOI LE MONDE DETESTE-T-IL L’AMERIQUE », Fayard, Paris, 2002.

– William Blum, « L’ETAT VOYOU », Paris, Parangon, 2002.

– Georges Ritzer, « THE MCDONALDIZATION OF SOCIETY », Thousand Oaks, Pine Oak Press, 1993.

– Eric Schlasser, « FAST FOOD NATION », Londres, Allen Lane, 2002.

– Jolm Tomlinson, « CULTURAL IMPERIALISM », Londres, Pinter, 1991.

– Peter Wollen, « Cinema/Americanism/The Robot », in James Naresnare et Patrick Brantlinger (éd.), « MODERNITY AND MASS CULTURE », Bloomington, Indiana University Press, 1991.

VOIR :

* Voir sur EODE-TV/ LUC MICHEL:

SUR LE ‘SOFT POWER AMERICAIN’

– (SOFT POWER PARTIE 3)

sur https://vimeo.com/242648562

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

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EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

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SOFT POWER (IV): QUAND HOLLYWOOD, PILIER DU ‘SOFT POWER’ AMERICAIN, S’EN VA-T-EN GUERRE

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Flash géopolitique – Geopolitical Daily/

2017 11 20/

LM.GEOPOL - SOFT POWER IV hollywood et pentagone (2017 11 16) FR (2)

Hollywood, show-business, médiamensonges et propagande de guerre de l’OTAN :

Les tristes exemples significatifs de Georges Clooney et d’Angelina Jolie …

Avec le scandale Ocampo (ex PG de la pseudo CPI, dont la corruption et les actions illégales sont apparues au grand jour en octobre dernier), Georges Clooney était mis en cause pour sa collaboration avec l’appareil politico militaire américain, Pentagone et State Department.

On découvrait alors le vrai visage de clooney, cet acteur d’hollywood qui a participé avec le pseudo ‘CPI’ à la traque de Kadhafi et du président soudanais el Bechir !

* lire (en Anglais) :

HOW ACTOR CLOONEY WAS ASKED BY INTERNATIONAL PROSECUTOR OCAMPO TO SPY ON COLONEL GADDAFI IN LIBYA!?

sur http://www.elac-committees.org/2017/10/11/elac-alac-committees-how-actor-clooney-was-asked-by-international-prosecutor-ocampo-to-spy-on-colonel-gaddafi-in-libya/

MEDIAMENSONGES & PROPAGANDE :

HOLLYWOOD S’EN VA-T-EN-GUERRE … (LE CAS DE ANGELINA JOLIE)

Sur Le Point (Paris, 11 septembre 2012), et dans la même ligne que les révélations de cette année sur Clooney et encore Angelina Jolie, on puvait lire ce qui suit : « Les violences ont aussi poussé des dizaines de milliers de personnes à fuir. Selon le Haut-commissariat de l’ONU pour les réfugiés (HCR), le nombre de réfugiés syriens a dépassé 250.000 personnes, dont 85.197 en Jordanie, pays où se trouvaient mardi le chef du HCR, Antonio Guterres, et son émissaire spéciale, Angelina Jolie. A son arrivée dans la nuit, l’actrice américaine, accompagnée de militaires jordaniens, a rencontré des familles récemment arrivées à la frontière jordanienne. »

Hollywood – la Division cinéma de la Propagandastaffel du Pentagone – s’en allait-en-guerre une fois de plus … L’impérialisme à prétexte humanitaire made in NATO doit être vendu aux masses des métropoles impérialistes. C’est la rôle de la propagande humanitaire made in Hollywood. Et Angelina Jolie servait la soupe des rats du CNT-ASL, de leurs maîtres de l’OTAN et de leurs complices de l’ONU ! Après avoir servi celle du CNT en Libye.

UNE VISITE ORGANISEE POUR SERVIR LA PROPAGANDE DE L’OTAN

« Les violences depuis mars 2011 ont poussé des dizaines de milliers de personnes à fuir le pays », nous disait l’AFP. La violence d’un coup d’état armé par l’OTAN, appuyé par les djihadistes d’al-Qaida et le terrorisme de masse des groupes islamistes, oubliait de préciser l’AFP. Bémol sychologique dans la guerre médiatique menée contre Damas, Angelina Jolie visitait donc ce 11 septembre 2011 un camp de réfugiés en Jordanie. On notera que les infos sur cette visite étaient soigneusement mixées à des brèves sur « les violences et les massacres » de l’Armée syrienne, divers communiqués de l’ASL et des échos de la « bataille d’Alep ».

Ainsi, exemple éclairant, LE POINT (Paris, 11 septembre) illustrait d’une photo de l’actrice en Jordanie un article intitulé « Nouveaux bombardements à Alep, au coeur de la bataille en Syrie » : (http://www.lepoint.fr/monde/nouveaux-bombardements-a-alep-au-coeur-de-la-bataille-en-syrie-11-09-2012-1504935_24.php)

Il fallait aller à la fin de l’article du POINT pour entendre parler de Jolie. Et sa visite était expliquée au travers de citations et statistiques bidon du soi-disant « Observatoire syrien des droits de l’Homme » (sic), l’OSDH, officine créé par le MI5 et le MI6 à Londres, autour d’un militant islamiste isolé. Ce réseau fantôme, sans aucun contacts en Syrie, dont les « infos » bidonnées viennent directement de Thames House (le siège du service britannique MI5), est ainsi devenu la source principale des agences occidentales et des médias de l’OTAN.

ACTRICE ET DIPLOMATE (SIC) :

ANGELINA JOLIE DEJA VUE EN SERBIE, LIBYE ET SYRIE AU SERVICE DE LA PROPAGANDE DE L’OTAN ET DES USA

“Nous encourageons la communauté internationale – notez la langue de l’OTAN – à faire tout ce qui est en son pouvoir pour aider ces réfugiés”, avait déclaré l’actrice au camp de Zaatari, en soulignant qu'”il y a beaucoup à faire”. Angelina Jolie a été nommée envoyée spéciale du Haut Commissariat des Nations unies pour les réfugiés (HCR) en avril 2011, avec statut diplomatique (sic).

Situé à la frontière syrienne, le camp de Zaatari, l’un des plus importants de Jordanie, était (et est) toujours connu pour ces conditions de vie très difficiles. C’est là notamment que l’armée française a installé un hôpital d’urgence en août dernier. Qui avait aussi été dénoncé dès 2011 par Damas comme une base des services secrets français.

On se rappellera que l’actrice-diplomate – comme dit ELLE (resic) – a aussi été très engagée dans la propagande anti-serbe en Bosnie.

Le scénario que Jolie avait joue en Syrie contre le gouvernement du président ASSAD, Jolie le jouait déjà en 2011 contre la Libye de Kadhafi. Au moment où l’OTAN développait sa grande campagne de médiamensonges sur les « populations civiles à protéger » (resic) : « Sans relâche Angelina Jolie crie son soutien à la population libyenne, qui traverse en ce moment une période de profonds troubles et de violences extrêmes. Inquiète pour l’avenir du peuple libyen (sic), l’actrice fait entendre sa voix pour faire du sort des réfugiés une question d’ordre international », écrivait NEWS DE STARS (çà s’invente pas, Paris, 4 avril 2011). « Face aux violences que subit le peuple libyen depuis plusieurs semaines (resic), l’actrice a décidé de prendre les choses en main, ajoutait le website français. Devant l’urgence de la situation – des dizaines de milliers de réfugiés en danger – Angelina Jolie lance aujourd’hui un appel au niveau international pour leur venir en aide ». « Au sujet de la Libye mais également de la Côte d’Ivoire – l’autre grosse opération de l’OTAN à ce moment là – qui subit elle aussi de profonds bouleversements ».

JOLIE ET LE SOI-DISANT « PRINTEMPS ARABE » : LA VOIX DE SON MAÎTRE !

Lorsqu’il s’agit de parler du soi-disant « Printemps arabe », Jolie, bien drillée, véritable chienne médiatique de l’OTAN et du PENTAGONE, c’est la Voix de son maître ! Eléments de langage et discours formaté, on croirait entendre du BHL ou du Fabius …

En Octobre 2011, alors que la Libye livrée par l’OTAN au CNT et aux gangs islamiques – dont l’un des leaders, passé d’al-Qaida à Guantanamo puis au service de l’OTAN, ou l’inverse, Habdelhakim Belhadj, a été appointé « gouverneur militaire de Tripoli » vpar les généraux français de l’OTAN -, Jolie déclarait au TELEGRAPH (Londres, 11 octobre 2011) :

«Je suis venue en Libye pour plusieurs raisons, pour voir un pays en transition à tous les niveaux, et assister aux efforts en vue du plein accomplissement de la promesse que porte le “Printemps arabe”» (…)  Le pays a devant lui plusieurs défis, dont ceux des personnes déplacées, des réfugiés, du règne du droit, du système sanitaire, de la santé et d’autres besoins humanitaires», a-t-elle ajouté. Oubliant de préciser que c’est le coup d’état de l’OTAN du 15 février 2011 qui a précipité la guerre civile et l’intervention étrangère, détruisant une Jamahiriya qui avait le plus haut niveau de vie et de développement de toute l’Afrique. Selon l’ONU que prétend servir l’actrice.

Interrogée par des journalistes « dans le hall d’un hôtel de Tripoli », précisait le TELEGRAPH elle « fait l’éloge de l’extraordinaire contribution des Libyens ordinaires, que ce soit dans l’armée rebelle ou au sein du Conseil national de transition (CNT), dans le but déterminé de changer leur Nation (…) Ce qui est extraordinaire, c’est que beaucoup de gens (…) avaient pris leur retraite, couraient les restaurants ou encore vendaient des vêtements de bébé (sic) avant de s’engager dans les rangs des révolutionnaires (resic) (…) Ils ont tous quitté leur emploi pour travailler ici, pour le bien de leur pays». La voici au service d’autres « révolutionnaires » made in NATO-Alqaida, en train de détruire la Syrie.

JOLIE AU SERVICE DE LA GUERRE CONTRE LES ENNEMIS DES USA

En réalisant son film «Au pays du sang et du miel», l’actrice américaine avait en effet déjà choisi un sujet polémique, reposant sur les fondamentaux d’un conflit qui opposa Serbo-Yougoslaves et Bosniaques entre 1992 et 1995. Film qui suivait servilement l’acte d’accusation du pseudo TPIY contre le général serbe Madlic. Dont une déclinaison caricaturale est le héros principal. On croirait du BHL dans son immonde film « Bosna ».

Des Bosniaques islamistes, soutenu à l’époque par les USA, l’OTAN mais aussi les Saoudiens.

Même le très anti-serbe FIGARO (Paris, 21 février 2012) devait critiquer le parti-pris caricatural du film, qui ne disait pas un mot sur l’islamisme militant du Régime d’Izetbegovic, et travestit l’histoire : « Qui a connu la Bosnie en guerre pourra regretter un certain manichéisme. À chaque jour qui passe, l’agressé ressemblait un peu plus à l’agresseur ; les hôtels de montagne réquisitionnés par les dirigeants serbes à Pale, sur les hauteurs de Sarajevo, avaient moins de lustre que les vieux palais filmés par Angelina Jolie ; la passivité des puissances occidentales a entraîné un appui progressif de la mouvance islamiste à la résistance bosniaque, largement ignoré ici. »

On notera encore que le film avait même été dénoncé par le Ministre de la culture de Bosnie, pourtant membre d’un gouvernement sous contrôle direct de l’OTAN et de l’ONU (qui peut démettre députés, ministres, gouvernements, et interdire les partis politiques, comme le Parti Radical Serbe de Seselj en son temps). Le ministre de la Culture – qui avait interdit Jolie de tournage en Bosnie, le fim avait été réalisé ailleurs – expliquait : « Nous ne pourrons pas empêcher que le film soit tourné ailleurs, mais nous pouvons au moins exprimer notre réprobation devant le tournage d’un film qui ne raconte pas la vérité et qui blesse un grand nombre de victimes ».

Jolie a aussi participé aussi aux campagnes russophobes sur la Tchétchénie. En 2003 – elle a alors 28 ans – Angelina allait à la rencontre de déplacés tchétchènes dans le camp de Bella en Ingouchie. Elle s’est alors « prononcée d’une manière précise sur la déportation éventuelle de réfugiés tchétchènes » (sic).

L’EMISSION QUI COMPLETE L’ANALYSE :

ANATOMIE DU « SOFT POWER » AMERICAIN ET DE SES METHODES

* Voir sur EODE-TV/ LUC MICHEL:

SUR LE ‘SOFT POWER AMERICAIN’

– (SOFT POWER PARTIE 3)

sur https://vimeo.com/242648562

Photos :

Jolie avec des Barbus du CNT à Misrata en octobre 2011.

Pour les libyennes de Misrata, c’est la burqa dans un des fiefs les plus radicaux des islamistes en Libye occupée (photo : « vote » pour le conseil municipal de Misrata en mars 2012 … Vous n’en avez pas entendu parler, normal même les officiers de l’OTAN étaient effrayés)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

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* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

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* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

WEBSITE http://www.eode.org/

ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (XII) : COMMENT WASHINGTON VEUT SE SAISIR DE LA CRISE ANGLOPHONE AU CAMEROUN ET PARRAINE LES LOBBIES SECESSIONNISTES !?

 

Luc MICHEL pour PANAFRICOM/

Enquêtes sur la Déstabilisation de l’Afrique (XII)/

2017 11 20/

PANAF - LM AFROENQUETE XII usa vs cameroun (2017 11 20) FR

Washington qui joue depuis l’automne 2014 les pyromanes au Cameroun (Sommet USA-African Leaders) (1), organise et finance le principal lobby anti-Yaoundé, la NDI (financée sur le budget de l’Etat américain, une des « vitrines légales de la CIA) (2), du camerouno-américain Cristoher Fomunyoh (3), entend aujourd’hui jouer les pompiers intéressés au Cameroun (4).

« CAMEROUN ANGLOPHONE LA DIPLOMATIE AMERICAINE VIGILANTE » :

LE TERRORISME PRETEXTE A WASHINGTON POUR TENTER DE SE SAISIR LA « CRISE ANGLOPHONE »

« La crise en cours dans la partie anglophone du Cameroun inquiète les États-Unis. Interpellée par des élus de l’État de New York, Nikki Haley pourrait se saisir de la question. La représentante permanente des États-Unis aux Nations unies, Nikki Haley, va-t-elle se saisir du dossier de la crise anglophone au Cameroun ? Selon nos sources, la diplomate s’est dite « ouverte à la réflexion » après que 24 élus de l’État de New York à la Chambre des représentants l’ont interpellée par courrier le 17 octobre », commente Jeune-Afrique (25 octobre 2017), sous le titre « Cameroun anglophone la diplomatie américaine vigilante ».

Derrière l’opération, un certain « Cameroon American Council » :

« Alertés par l’association Cameroon American Council, dirigée par Sylvie Bello, ces élus – 18 démocrates et 6 républicains –, inquiets de la « détérioration des conditions de vie de la minorité anglophone », ont réclamé à la diplomatie américaine un communiqué destiné à la diaspora camerounaise. Parmi eux, le républicain Dan Donovan et le démocrate Thomas Suozzi, membres du Comité des affaires étrangères de la Chambre des représentants et de son sous-comité sur l’Afrique, les droits de l’homme et les organisations internationales.

L’IMPERIALISME ANGLO-SAXON DERRIERE LES LOBBIES SECESSIONNISTES DE LA SOI-DISANT « EMBAZONIE »

Les USA et leurs alliés au sein de « l’impérialisme anglo-saxon » (Canada, mais aussi Nigeria et Afrique du Sud), une réalité géopolitique plus que jamais d’actualité, sont en effet les parrains des lobbies sécessionnistes de la soi-disant « Embazonie ».

« Les groupes de la diaspora dans la banlieue américaine (de Washington) soutiennent une nation africaine dissidente (séparatiste), commente (avec une indécente jubilation) ce 7 novembre 2017 la revue d’intelligence ‘Quartz Afrique’ (USA,) :

« Le mois dernier, à la veille du 1er octobre, des dizaines de Camerounais du Sud se sont rassemblés dans une salle à Greenbelt, Maryland, à environ 30 minutes de Washington DC, pour déclarer l’indépendance de leur région d’origine de la République du Cameroun. Les jeunes enfants portaient des petits drapeaux bleus et blancs de la région renommée, Ambazonia, tandis que d’autres se drapaient avec des plus grands drapeaux pour danser. Alors que les événements dans la ville de banlieue se sont terminés à 3 heures du matin, au Cameroun avec le décalage horaire (5 heures de plus) la jubilation continuait dans les villes de Buea et de Bamenda, au sud du Cameroun. Mais ce qui a commencé comme une célébration dans le sud du Cameroun s’est terminé par la mort de 17 personnes après des affrontements avec les forces de sécurité. Le gouvernement camerounais ne reconnaît pas les tentatives de créer une région séparatiste ou une autonomie. »

Derrière la « crise anglophone », une diaspora anglophone prise en mains par les spécialistes de la manipulation de foules en détresse :

« La campagne pour un Etat du Sud-Cameroun séparatiste vient après des années de frustration dans la région anglophone qui dit avoir été marginalisée politiquement et économiquement dans un pays dominé par son gouvernement national francophone », écrit encore ‘Quartz Afrique’. « Les tensions entre les régions remontent à l’époque coloniale, il y a près de soixante ans, lorsque l’actuelle République du Cameroun a été formée à partir de la combinaison de l’ancienne colonie britannique avec la grande colonie française.

Comme il devient de plus en plus dangereux pour les manifestants dans le sud du Cameroun d’exprimer leur espoir d’une nation indépendante, beaucoup de leurs homologues de la diaspora se sont également mobilisés ».

Selon le recensement américain de 2014, il y avait 36.000 camerounais vivant aux États-Unis entre 2008 et 2012. Le rapport n’a pas distingué de quelle région du Cameroun ils provenaient, mais une estimation non officielle par ‘Bongo’ place le nombre de Camerounais du Sud actuellement majoritaires dans la diaspora camerounaise en Amérique du Nord (USA et Canada).

LE ROLE DES RESEAUX SOCIAUX ET DU NET DANS LA PHASE ACTUELLE DE LA « REVOLUTION DE COULEUR » RAMPANTE AU CAMEROUN

Comme partout depuis 18 ans (première « révolution de couleur » en 2000 en Yougoslavie, qui va en imploser), en EUYrasie, au Proche-Orient (« Printemps arabe ») et depuis 2014 en Afrique (« printemps africain »), le net et les réseaux sociaux servent d’ « organisateur collectif » (selon la théorie léniniste récupérée par les réseaux amé&ricains). Derrière cette mobilisation les spécialistes de la Centrale OTPOR/CANVAS à Belgrade (les tombeurs de Milosevic en 2000) et leurs succursales africaines à Dakar (Yen a Marre) et à Ouagadougou (Balai citoyen et CAR). Mais aussi les moyens illimités des Réseaux du milliardaire Sorös (Open society foundations, OSIWA) et des fondations de l’OTAN (comme la Friedrich Ebert Stiftung ou la Konrad Adenauer Stiftung).

Ecoutons encore ‘Quartz Afrique’, qui confirme l’organisation depuis les USA des grèves insurrectionnelles et des émeutes du Southern Cameroon :

« Ces dernières années, ces tensions ont atteint leur paroxysme. Et ceux qui vivent à l’étranger, originaires de la région anglophone, utilisent maintenant Facebook et WhatsApp et un service de diffusion par satellite pour partager des détails sur les tactiques de désobéissance civile. Un exemple est appelé « Ghost Towns », lorsque les entreprises et les écoles du Sud du Cameroun ferment, et que la région, qui représente 20% de la population du Cameroun, s’immobilise ».

« (Internet) est devenu le point de ralliement », a déclaré Kingsley Ashu, une militante vivant à Dallas : « Nous utilisons WhatsApp pour envoyer des messages aux nôtres. Facebook est l’outil de médias sociaux le plus dynamique pour transmettre notre message chez nous. »

‘Quartz Afrique’ poursuit son analyse : « Le gouvernement du président Paul Biya a restreint l’accès à Internet dans le sud du Cameroun pendant au moins deux longues périodes au cours de l’année écoulée, en réponse à l’activisme croissant en ligne, mais ceux qui sont à l’étranger ont aussi trouvé une solution. Harriet Fomuki, une Camerounaise du Sud vivant dans le Massachusetts estime que les résidents de la diaspora ont recueilli au moins 100 000 $ depuis mars 2017, avec des individus faisant des dons singuliers aussi important que 1 000 $. » « La liberté ne va pas de soi, nous devons nous battre pour cela », a déclaré Caleche Bongo, 38 ans. « Alors vous vous battez avec votre portefeuille, vous vous battez avec votre salaire. »

Excités par les rapports bidon des Ong des Réseaux Sorös (Amnesty, ICG, HRW et cie), les camerounais anglophones des USA financent la « révolution de couleur » : L’estimation de Harriet Fomuki « n’inclut pas le montant des Camerounais du Sud dans le Massachusetts qui a augmenté l’année dernière après la série de protestations qui ont entraîné la mort d’au moins deux personnes et la détention de plus de 100 autres, selon Amnesty International.

Alors que les images des victimes tournaient sur les médias sociaux, Fomuki, 42 ans, qui travaille en tant qu’infirmière, s’est sentie obligée de faire quelque chose aux États-Unis.

« J’ai envoyé un message à notre communauté, et je me suis dit “S’il vous plaît, quelqu’un peut-il faire quelque chose ? Est-ce que quelqu’un peut nous rassembler et voir si nous pouvons récolter des fonds pour les envoyer au Sud du Cameroun ?”, A demandé Fomuki dans un message WhatsApp. En un rien de temps, environ 40 Camerounais du Sud se sont rassemblés chez un leader communautaire et ont recueilli près de 4 000 $ » (dixit ‘Quartz Afrique’).

LE ROLE COORDINATEUR DU ‘SOUTHERN CAMEROONS AMBAZONIA CONSORTIUM UNITED FRONT’ (SCACUF)

Le plus grave c’est que ce sont les radicaux sécessionnistes du SCACUF qui dirigent la manoeuvre, avec une aile extrémiste partisane de la lutte armée ! A commencer par les grèves et les procés, le mouvement des avocats et des enseignants anglophones …

« Le SCACUF agit comme un organe directeur pour unir les organisations luttant pour l’indépendance et, via son site web, le consortium sollicite des dons ou des « parrainages » pour les enseignants et les avocats du Sud Cameroun touchés par les grèves dans les écoles et les tribunaux », précise encore ‘Quartz Afrique’.

ORGANISER UN LOBBY POUR SAISIR L’ONU ET LE CONGRES AMEREICAIN

« Mais la majeure partie de l’argent collecté par les Camerounais du Sud dans la diaspora cette année a servi à payer Foley Hoag, un cabinet d’avocats américain spécialisé dans le droit international qui aide la région à porter son cas devant la communauté internationale ».

Le 16 octobre, le Comité des droits de l’homme des Nations Unies (déjà en pointe contre Bujumbura et Kinshasha) « a passé en revue la République du Cameroun pour voir si elle respectait le Pacte international relatif aux droits civils et politiques » (PIDCP). Les défenseurs sud-camerounais ont soumis « un document affirmant que le gouvernement camerounais a violé le droit international par la discrimination institutionnelle des Camerounais du Sud, avec les abus des forces de sécurité ainsi que la torture et les meurtres ». Les conclusions du comité seront disponibles le 09 novembre 2017.

Junior Mekinda, un consultant en communication vivant dans le Bronx, affirme que « les Camerounais francophones sont en faveur d’un Cameroun égalitaire, mais ne croient pas que la séparation des régions soit la réponse. Pour lui, la résolution réside dans un mouvement collectif entre les deux parties du Cameroun pour faire entendre leur voix lors des élections présidentielles de 2018 ». « Nous devons lutter contre le système, lutter contre le gouvernement, ne pas se battre les uns contre les autres. » Avec la NDI en embuscade, dont le Directeur Afrique Fomunyoh se voit en candidat unique de l’opposition. Quel aveu !

A noter encore que le reportage de ‘Quartz Afrique’ fait partie d’une vaste campagne internationale de propagande et de médiatisation de la sécession de « l’Ambazonie ». Voir ce vendredi 17 novembre, le reportage de la TV France 24 sur « le président de l’Ambazonie » (sic), qui y appelle à la « lutte armée » …

(Sources : Quartz Africa – Jeune Afrique – EODE Africa)

Photo :

Le « président (américain) de l’Ambazonie » (sic) Sisiku Ayuk Tabe (du Minesota).

LUC MICHEL / PANAFRICOM

NOTES

(1) Cfr. mon analyse : EODE THINK TANK/ GEOPOLITIQUE/ LE SOMMET ‘USA-AFRICAN LEADERS’ OU LES MAUVAISES VUES DE WASHINGTON SUR L’AFRIQUE

Sur http://www.lucmichel.net/2014/08/15/eode-think-tank-geopolitique-le-sommet-usa-african-leaders-ou-les-mauvaises-vues-de-washington-sur-lafrique/

Voir une de mes trois émissions sur le Sommet de Washington coproduite avec AFRIQUE MEDIA :

EODE-TV & AFRIQUE MEDIA/ LES USA PREPARENT-ILS UN « PRINTEMPS AFRICAIN » ?/ LE SOMMET USA-AFRICAN LEADERS DECRYPTE (1) Sur http://www.lucmichel.net/2014/08/15/eode-think-tank-geopolitique-le-sommet-usa-african-leaders-ou-les-mauvaises-vues-de-washington-sur-lafrique/

Et lire : VOUS AVEZ-DIT NEOCOLONIALISME US ?

http://www.lucmichel.net/2014/08/15/eode-think-tank-geopolitique-le-sommet-usa-african-leaders-ou-les-mauvaises-vues-de-washington-sur-lafrique/

(2) NED et NDI sont organismes d’état US (créé par Ronald Reagan et Madleen Albright dans les Années 1980), financé sur le budget américain, que certains analystes qualifient de « vitrine légale de la CIA ». En collaboration avec une de ses filiales, la NDI (lui aussi un organisme d’état US, financé sur le budget américain), l’USAID, l’Open Society de Söros et un ensemble d’ONG et médias que l’on retrouve depuis 15 ans dans les « révolutions de couleur » en Eurasie et le « printemps arabe », les réseaux de la NED rayonnent sur le monde. Des centaines d’activistes, de syndicalistes, de journalistes surtout y sont pris en main.

Car pas de « révolution de couleur » sans une intense préparation médiatique, à la fois au niveau du pays déstabilisé, mais aussi international. Support dans les grandes capitales occidentales. Rapidement les groupes de jeunes activistes sont organisés, sur le modèle des Serbes d’OTPOR/CANVAS (les tombeurs de Milosevic en 2000, la première des révolutions de couleur). Pour le pseudo « printemps africain », tout aussi vite la conformisation de la presse africaine est mise en place, d’autant plus facilement qu’un vaste réseau d’ONG, Instituts et médias existe déjà. Soutenu, financé, organisé à la fois par les Réseau Söros (notamment la Fondation OSIWA, «Open Society Initiative for West Africa », en Afrique du Sud) et la NED, la NDI et leurs pseudopodes. La suite fait l’actualité de dizaines de pays livrés à la déstabilisation …

(3) Cfr. Luc MICHEL, PANAFRICOM/ ENQUETES SUR LA DESTABILISATION DE L’AFRIQUE (X) : NDI AMERICAINE ET FONDATION TFF AU CAMEROUN. LE DIRECTEUR CHRISTOPHER FOMUNYOH PROCHAIN PRESIDENT DU  CAMEROUN?

sur http://www.lucmichel.net/2017/09/25/panafricom-enquetes-sur-la-destabilisation-de-lafrique-x-ndi-americaine-et-fondation-tff-au-cameroun-le-directeur-christopher-fomunyoh-prochain-president-du-cameroun/

(4) Voir sur PANAFRICOM-TV/

LUC MICHEL: POURQUOI LES ‘VITRINES LEGALES DE LA CIA’ (NDI & CIE) CIBLENT LE CAMEROUN ?

QUE CACHE LA DESTABILISATION DU CAMEROUN SOUS PRETEXTE D’ANTAGONISME FRANCOPHONES VS ANGLOPHONES ?

sur https://vimeo.com/199892727

(première version éditée en novembre 2017 pour EODE-AFRICA) ________________

* Page spéciale :

Luc Michel – Enquetes sur la Destabilisation de l’Afrique https://www.facebook.com/LucMICHEL.destabilisationafricaine/

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

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* PANAFRICOM

WEBTV http://www.panafricom-tv.com/

BREAKING NEWS : MUGABE CHOISIT UNE SORTIE HONORABLE ET DEMISSIONNE

PANAFRICOM/ 2017 11 19 (18h49 gmt)/

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Ecoutez le discours télévisé de Mugabe pour sa démission, son soutien à l’Armée et à la ZANU-PF et son a

Zimbabwe: Robert Mugabe a “accepté de démissionner” !

Depuis le début, l’Armée (qui est celle de la guerre de libération nationale) ne faisait pas un putsch mais une purge, menée avec les durs de la ZANU-PF. L’Armée a dès les premières heures affirmé qu’elle voulait « une sortie honorable », dans le respect, pour le vieux président …

Poussé vers la sortie par l’armée, la rue, son parti, après trente-sept ans au pouvoir, Robert Mugabe, 93 ans, sera parvenu à prolonger son bail à la tête du Zimbabwe jusqu’à ce dimanche soir. Mais la pression était devenue intenable et son clan risquait d’être dépossédé de ces dernières portes de sortie en cas d’entêtement. Le vieux président a donc dû annoncer qu’il rendait les armes, dimanche soir, en direct sur la chaîne de télévision d’Etat ZBC.

Plus tôt dans la journée, les événements se sont précipités et l’étau s’est définitivement resserré autour de Robert Mugabe, désavoué par son propre parti, la Zanu-PF qui a menacé de le destituer s’il ne quittait pas la présidence du pays “d’ici lundi”. Lors d’une réunion d’urgence, la direction du parti lui a en effet statutairement retiré son mandat de président du parti et l’a remplacé par Emmerson Mnangagwa, 75 ans, l’ancien vice-président dont le limogeage le 6 novembre a précipité la crise actuelle. Ce dernier, un dur surnommé “le crocodile”, a également été nommé candidat officiel de la Zanu-PF à l’élection présidentielle de 2018, en remplacement du chef de l’Etat, dont il a longtemps été le bras droit. L’ambitieuse et impopulaire épouse du chef de l’Etat, Grace Mugabe, 52 ans, a quant à elle été purement et simplement exclue du parti.

“ENFIN, LE BON CHOIX”

Ces décisions “marquent le début d’une nouvelle ère”, a lancé un cadre du parti, Obert Mpofu, qui présidait la réunion exceptionnelle de la Zanu-PF, et dont les annonces ont été vivement applaudies par les cadres du parti. Elles ont également été saluées par une population avide de changements. “Même si sa décision arrive tard, la Zanu-PF a enfin fait le bon choix”, se réjouissait Trymore Chabata, un vendeur de rue, pour qui “Mugabe est un problème depuis longtemps”.

Samedi, des dizaines de milliers de personnes ont déferlé dans les rues pour appuyer l’intervention de l’armée et demander au vieil autocrate de partir. “Repose en paix Mugabe”, “Non à la dynastie Mugabe” (visant sa femme Grace), proclamaient des affiches brandies lors de cette manifestation, l’une des plus grandes jamais organisées depuis l’indépendance du Zimbabwe en 1980.

LE MAUVAIS GENIE DU PRESIDENT : LE ROLE ET LE POIDS DE MME MUGABE

Les militaires ont décidé de passer à l’action après la destitution il y a deux semaines du vice-président Emmerson Mnangagwa, ennemi juré de la Première dame. Ils n’ont pas accepté la perspective que Grace Mugabe, dirigeante de la puissante Ligue des femmes du parti, se retrouve en position de favorite pour succéder, le moment venu, à son mari. Grace Mugabe “et ses proches associés ont profité ces cinq dernières années de la santé fragile” du président pour “usurper le pouvoir et piller les ressources de l’Etat”, a dénoncé Obert Mpofu. “Il est fâcheux que le président lui ait permis d’usurper son autorité, détruisant ainsi le parti et le gouvernement”, a renchéri la ligue des jeunes de la Zanu-PF. Jusqu’à présent, l’armée, qui dément avoir mené “un coup d’Etat”, avait multiplié les gestes de bonne volonté pour obtenir un départ à l’amiable du président Mugabe. Elle l’a même laissé se rendre vendredi à une cérémonie de remise de diplômes universitaires à Harare. Les militaires ont tout fait pour “le traiter avec respect et dignité”, selon Anthoni van Nieuwkerk de l’université de Witwatersrand à Johannesburg, afin de mettre au plus vite un terme à ce coup de force militaire.

La crise politique au Zimbabwe inquiète toute la région. Mardi, plusieurs dirigeants de pays membres de l’organisation de la SADC (Communauté de développement économique de l’Afrique australe), dont le président sud-africain Jacob Zuma (en fin de dernier mandat) et son homologue angolais Joao Lourenço (nouvellement arrivé), doivent se réunir à Luanda pour en débattre.

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