MIGRANTI, LA FILIERA DEL CRIMINE DON ZERAI E FRATEL DEL RIO, SANTI SUBITO

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MONDOCANE

GIOVEDÌ 10 AGOSTO 2017

Le ragioni di Lombroso

L’antropologo Cesare Lombroso (1836-1909) aveva ragione e aveva torto. Aveva ragione nell’individuare indicazioni sul carattere delle persone dai tratti facciali e cranici. Aveva torto a concludere che si trattava di caratteristiche genetiche, strutturali in partenza e valide una volta per tutte. Molti hanno poi correttamente ritenuto che la teoria di Lombroso, seppure anche in questo caso mai di valore assoluto, andava applicata a quanto sui visi delle persone si è andato formando in conseguenza della vita vissuta, dei pensieri e sentimenti nutriti, degli atti compiuti e delle vicende occorse. Ad alcuni è dato di mascherare per un buon tratto, magari con l’aiuto dei cerusici, gli effetti di tale vissuto. Pensiamo ad Obama, un pluriassassino e un falsario come nella Casa Bianca non erano ancora mai entrati, le cui fattezze solo ora iniziano a mostrare i primi segni rivelatori di tanta abiezione.

Ma è abbastanza ragionevole considerare che alla nascita tutti i visi sono innocenti e puri, diciamo una pagina pulita su cui ancora nulla è stato scritto, né dall’esterno, né dall’interno. E’ dopo qualche decennio, che su quella pagina incominciano ad apparire, più o meno espliciti, i segni di cosa uno è stato e ha fatto. Esempi  di quanto di più turpe, depravato, deforme, la propria condotta e il proprio spirito possa, lombrosianemente, incidere su un volto, originariamente creato, dicono certuni, a immagine e somiglianza di un loro perfetto dio, se ne trovano quanti se ne vuole nell’empireo delle nostre classi dirigenti. Se pochi arrivano all’abiezione estetico-morale di un George Soros o di un Henry Kissinger, molti ne inseguono con successo gli esiti morfologici. Pensate a Sharon, a Gianni Agnelli, a Andreotti, alla regina Elisabetta, allo stesso Trump, a Eltsin, a Scilipoti, a Migliore, al padre di Renzi…

Facevo queste estemporanee considerazioni quando l’occhio m’è caduto sull’ennesimo “santo subito” del “manifesto” e del dirittoumanismo da tanti migranti al chilo, il prete eritreo, ma forse etiopico, Mussai Zerai, di cui, nella faccia pasciuta e liscia, parte uno sguardo che, piuttosto che “santo subito”, mi suggerisce un “qui gatta ci cova subito”. Lui e la sua agenzia di sollecitazione, ritrovamento e collocamento di migranti africani, Habeshia, costituisce uno dei più efficienti push and pull factor della fenomenologia migratoria. Ora l’occhiutissima, per quanto prudente, procura di Trapani lo ha avvisato di reato e il “salvatore di 4000 naufraghi” rischia di finire sul banco degli imputati di tratta di esseri umani, accanto a eccellenze dell’ “Operazione Svuotare Africa e Medioriente – Affogare l’Europa del Sud”, dall’élite mondialista affidata a Soros, come Jugend Rettet, MSM e, non ancora, ma speriamo presto, Save the Children, MOAS, Open Arms, Sea Eye e tutti gli altri privatizzatori del fenomeno e dei relativi trasporti e trasbordi. Gente le cui funzioni all’interno della citata Operazione il “manifesto” e suoi comparielli cercano affannosamente di occultare con l’urlo assordante, ossessivo, che vorrebbe essere ipnotico, di “salvataggi, salvataggi”.

Malta umana per l’edificio del potere

Sono sempre più numerose e rivelatrici le prove  del malaffare che unisce le Ong ai trafficanti nella filiera criminale che parte dalla promozione di partenze nei paesi d’origine e finisce nella guerra politica, economica e sociale condotta contro il Sud Europa utilizzando come strumento, non tanto gli spasmodicamente propagandati “disperati” di indefinite guerre e miserie (mai noti i responsabili con nome e cognome), quanto una varietà di soggetti dal retroterra niente affatto omologabile. Soggetti che tutti gli attori della filiera riducono a merce umana da utilizzare, come fosse il dollaro, o gli attentati terroristici, o le bombe, o il jihadismo, o la clava dell’austerità, per gli aggiustamenti di potere interni e geopolitici.

I rinnovati flussi dalla Siria e dall’Iraq sono diretta e voluta conseguenza degli attentati Isis e paralleli bombardamenti Usa sui civili che, nel silenzio dei ferventi soccorritori di naufraghi davanti alla Libia, stanno svuotando le maggiori città irachene e siriane. Si fa posto per i mercenari curdi e si priva il futuro di questi paesi delle forze della ricostruzione e rigenerazione. Tre milioni di morti iracheni, 8 milioni di sradicati interni e all’estero, mezzo milione di morti siriani, 6 milioni di sfollati interni, 2 milioni di profughi. Non male per chi si accinge a fare di quelle floride nazioni discarica e pompa di benzina. Peccato che nessun Zerai, nessun Del Rio, nessuna delle solite anime belle, truccate di umanitarismo, che oggi “sul manifesto” firmano per le Ong, si sia mai vista sotto l’ambasciata americana, o israeliana, o saudita, da cui pure varrebbe la pena salvare qualche naufrago.

Africa, come la vogliono

Poi ci sono coloro che gli Usa e la “comunità internazionale” hanno condannato all’inedia, come l’Eritrea, quelli a cui sono inibiti ogni sviluppo autonomo e pacifico dall’intervento militare coloniale diretto (Mali, Ciad, RCA, Niger), o per surrogati etnici o jihadisti (Nigeria, Sud Sudan, Somalia). Mezza Africa, poi, è costretta a venir via dalla perdita dell’elemento costitutivo dell’economia continentale, l’agricoltura, sottratta per il 40% di tutti i terreni fertili alla sussistenza e consegnata, con tanto di villaggi bruciati e popolazioni deportate, all’agroindustria intensiva delle multinazionali. Tutti delitti dei soliti ignoti, del fato. Eppure quanti nomi ci sarebbero da mettere in fila: Usa, Ue, Onu, Monsanto, Exxon, Glaxo, Microsoft, Lockheed, Boeing, Obama, Clinto, Bush, Trump, Cia, Goldman Sachs….

A chi dovesse indugiare, a chi volesse dedicare alla propria comunità sociale, culturale e, pardon, nazionale, i propri strumenti conoscitivi, ivi formatisi,  per arricchire il patrimonio collettivo e garantirgli continuità nello spazio e nel tempo, a chi anche avesse preservato un minimo agio economico, arriva l’offerta dei pifferai  del primo anello della filiera: “Hai 10mila dollari? C’è un doganiere alla frontiera, un camionista sul ciglio del deserto, un carceriere in Libia, uno scafista sulla costa, una Ong a un tiro di sasso e poi l’eldorado europeo. Lo stesso trovato dagli albanesi, dai marocchini, dalle moldave. Nei vari passaggi avrai lasciato il tuo gruzzolo, ma che fa. Le prospettive sono tante, per le donne c’è la mafia nigeriana della prostituzione, per gli uomini i caporali, a volte travestiti da manager, per i minori le immense risorse del pedoporno, per tutti lo spaccio, per molti il Centro d’Espulsione.

L’artiglieria umanitarista, quella che ogni giorno spara a palle infuocate da quasi metà della foliazione del “manifesto”, si articola nelle sterminate espressioni operative dell’Open Society Foundation di George Soros. Fondazione che rappresenta una voce eminente, non sempreconfessata,  del bilancio di quasi tutte le Ong umanitarie, LGBT, Arci e affini, e di tutte le forze del regime change, a partire da Otpor a Belgrado, passando per i battaglioni nazisti a Kiev, per le università di Budapest, per le Ong dei diritti umani come Arci Gay o la Fondazione Bator in Polonia, testè esaltata, insieme ad altre della lobby talmudista, dal “manifesto”.

e non solo

Il quale “giornale comunista”, ancora firmato da qualche “comunista”dallo stomaco di amianto, non si fa scrupolo di muoversi in perfetta sintonia e sui binari da lui fissati con il più efferato bandito della speculazione finanziaria di tutto il globo terracqueo. Quel George Soros che allestì il convegno navigante (le operazioni in mare gli sono congeniali) del 1992 sullo yacht della Regina, il “Britannia”, dove, in combutta con una panoplia di briganti della finanza mondiale e di massoni, con la complicità di rinnegati italioti come Mario Draghi (direttore del Tesoro) e Nino Andreatta, ministro del Bilancio che aveva il merito di aver privatizzato la Banca d’Italia separandola dal Tesoro, attaccò la lira, fece bruciare a Ciampi 40mila miliardi e deprezzò la lira del 30%. E fu la tavola apparecchiata per i predatori a prezzi di saldo del nostro apparato industriale, prima pubblico, poi privato, garantito dagli Amato, Prodi, D’Alema, Berlusconi e via via tutti gli altri. Gente da processo per alto tradimento. Ma al “manifesto” va bene così. Come andranno bene anc he i milioni con cui Soros ha foraggiato il golpe nazista a Kiev.

Questa artiglieria si è ora dotata di due nuove bocche di fuoco. Quella del santo subito don Mussie Zerai, consegnato dagli inquirenti di Trapani, emuli del mangiatore di bambini cristiani Settimio Severo, al martirio della Chiesa dell’Accoglienza Universale; l’altro è Graziano del Rio, per grazia di Dio e volontà di Soros ministro dei Trasporti e, quindi, del mare.

Vediamo il primo. Spiaggiato in Italia e poi in Svizzera, ma soprattutto in Etiopia, all’età di 17 anni, in fuga dall’Eritrea in lotta di liberazione contro, guarda un po’, proprio l’Etiopia e, da allora mai rientrato in Eritrea di cui pur tuttavia racconta, fin nei più intimi dettagli, il regno dell’orrore, della tortura, delle migliaia in carcere, dei campi alla Auschwitz. Al punto da aver ottenuto dall’UE, caso unico dopo quello concesso dagli Usa aigusanos cubani in fuga dalla rivoluzione, la concessione automatica a tutti i migranti eritrei dell’asilo politico.Pull factor non da poco, pari per efficacia al push factor delle sanzioni Usa-Onu-Ue all’unico paese africano che non accetta presenze militari Usa, né crediti ricattatori FMI e BM.. E’ qual è il riferimento africano del don, il suo buen retiro? Ovviamente l’Etiopia, regime sanguinario, massacratore delle minoranze, in particolare Oromo, paradiso dei devastatori con dighe (Impregilo) e con il land grabbing (cinesi, indiani, sauditi), assalitore periodico, su commissione Usa, dell’Eritrea, responsabile di quasi centomila morti eritrei nel corso delle varie aggressioni tra il 1952 e oggi.

Un nuovo padre Dall’Oglio, come lui santo subito

Questo equivalente africano del noto Padre Dall’Oglio, il predicatore della Chiesa di Bergoglio visto sulla tribuna Isis di Raqqa arringare tagliagole e loro supporter a stelle e strisce perché cristianamente sgozzassero Assad, ha dedicato la sua vita a tre cose: diffamare l’Eritrea in linea con le motivazioni che Obama produceva a supporto delle sanzioni e della successiva guerra di sterminio umanitaria; agganciare più eritrei possibili per contrastare, col ricatto dell’asilo politico, la forza e la compattezza della comunità eritrea in Italia ed Europa che si riconosce nelle istituzioni e nel destino seguito dalla madrepatria; diffondere per tutta l ‘Africa, insieme al numero del suo cellulare, la consapevolezza che, attraversati indenni il deserto, scampati ai briganti nelle terre di attraversamento, pagati i vari oboli utili a finanziare la filiera, imbarcati su un qualche mezzo degli scafisti, basta un trillo a Don Mussie Zerai e, in un batter d’occhio, sempre che prima non affondi, ti arriva il natante che ti soccorre, rifocilla e deposita ai piedi del governo più accogliente del mondo. Vengano, signori, vengano…Che ci stai a fare in un paese che i miei amici vanno comunque ad annientare?

Viva Viva San Graziano delle processioni

L’altro howitzer dell’armata che cannoneggia all’insegna del Sinite parvulos venire ad mesi chiama Graziano del Rio, ministro dei trasbordi in mare perchè neanche un parvulo o un magnulo sia privato dell’occasione di raccogliere pomodori, o aspettare in baita, o davanti alla stazione di Milano, che arrivi Juncker a trarlo d’impiccio. I giornali di questi giorni afosi, infuocati solo dal clima e dalle iniziative terroristiche parigine, atte a prolungare per l’ennesima volta  lo stato d’emergenza e, dunque, mettere in campo forze adeguate per far passare la mannaia della loi travail, se la spassano alla vista del remake de “I duellanti”. Capolavoro stavolta in versione farsa: Minniti contro Del Rio. L’uno, di evidente tradizione PCI, l’altro virgulto dell’eterno democristianino. Nell’ormai consolidato contesto del rovesciamento di ogni cosa ideologica, politica, linguistica, nel suo contrario, quello di destra, forcaiolo, respingente, sovranista e repressore, è Minniti; quello di sinistra, umanitario, accogliente, multiculturalista, integrazionista, assimilazionista, è Del Rio.

Di sinistra è coprire con l’ipocrisia e le bugie i veri e propri crimini contro  l’umanità perpetrati contro l’Africa e gli africani, connivenza Ong inclusa. Di destra è chiedere cortesemente agli operatori privati nel marasma del mediterraneo e del sud del mondo allestito dai loro padrini, di accettare un minimo di regole perché nel quadro, che peraltro ne è già zeppo, non s’infilino malintenzionati. E già. Questi sono riusciti a far diventare parolacce quanto è costato la vita e un bel po’ di sangue e pene a decine di italiani che, in armi, in carcere, in parola, si battevano per la sovranità, per la patria, la nazione. Mica per l’Unione Europea. Quella l’hanno fatta dei manigoldi alle spalle nostre. A italiani, francesi, russi e a milioni di africani, asiatici, arabi, latinoamericani, che con queste parole sulle loro bandiere, hanno dato ai padroni della sovranità in esclusiva la migliore lezione dell’intera vicenda umana.

Due paroline ancora su Graziano Del Rio. Ma non era lui quel sindaco di Reggio Emilia che ha scandalizzato e fornito di pesanti sospetti la nostra opinione pubblica non democratizzata quando, sindaco di una città ad alto tasso di criminalità ‘ndranghetista, per questo sotto osservazione della DDA di Bologna, secondo i giornali sarebbe stato visto al ristorante in compagnia con una gruppo di imprenditori sui quali aleggiava, come nuvola di Fantozzi, un forte olezzo di ‘ndrangheta?

Capitò nel 2013. Può capitare. Anche se sarebbe stata una ricaduta. Giacchè nel 2009, come Del Rio ha ammesso a denti stretti alla DDA, il sindaco della città ex-rossa s’era recato in devota processione a omaggiare i santi patroni di Cutro in Calabria. Quelli stessi che, per la DDA, imperversano nel reggiano (e dappertutto nel Nord). Che ci fa un sindaco di Reggo nella roccaforte della ‘ndrangheta della provincia di Crotone? In processione? Quando si sa bene cosa significhino quelle processioni. E certi “inchini”. Diversi prefetti sono saltati sulla sedia per molto meno. Poi l’ex-DC Del Rio insorge contro il suo stesso governo, componente ex PCI, in difesa di personaggi accusati dalla magistratura di operare d’intesa con malfattori.

Cambiasse mai qualcosa in questo paese dell’eterno ritorno. Democristiano..

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:41

MIGRANTI, LA FILIERA DEL CRIMINE DON ZERAI E FRATEL DEL RIO, SANTI SUBITOultima modifica: 2017-08-11T08:16:00+02:00da davi-luciano
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