Enrico Bilderberg e la scomparsa dei fatti

enzo GrecoQueste Associazioni, tutto meno che umanitarie, parlando degli immigrati: li definiscono “roba” … i volontari a 10.000 euro al mese
(Immagine presa da Enzo Greco)

Enrico Bilderberg e la scomparsa dei fatti
Dopo aver detto sulla sua pagina Facebook che «Sul web c’è il Medio Evo, negazionisti, antivaccinisti, razzisti e cospiratori», ed aver raccolto migliaia di like, il direttore del Tg La7 Enrico Bilderberg aggiunge altre amenità piuttosto divertenti:
 
«Ma i soliti invasati hanno cominciato compulsivamente a scrivere “Chiedi scusa a Zuccaro”. Poveretti. Forse non sanno che il procuratore di Catania non ha nulla a che fare con l’inchiesta della magistratura di Trapani che ha portato al fermo della nave Iuventa. E che quella stessa inchiesta ha escluso qualsiasi fine di lucro nell’azione di quella Ong tedesca, che peraltro vive di crowdfunding (anche se dubito che gli invasati di cui sopra sappiano cos’è). Ora, sappiano costoro che qualche fesso ci sarà pure nel mondo delle Ong, come detto fin dal primo momento; ma che da qui a accusare quei giovani estremisti tedeschi, o addirittura tutte le Ong in quanto tali di guadagnare sull’accoglienza è un porcata, frutto di malanimo verso la stessa idea di solidarietà. Mai un solo indizio di lucro di una Ong è stato mostrato, mentre da mesi la macchina del discredito (Ong=coop=Buzzi) investe canagliescamente tutto un mondo fondato sul volontariato e le sottoscrizioni solidali.»
 
iuventa scafistiUn fermo immagine del video diffuso dalla Polizia di Stato, 02 agosto 2017. Sono tre gli episodi sui quali indaga la procura di Trapani e per i quali il gip ha disposto il sequestro preventivo della nave Iuventa della Ong tedesca Jugend Rettet.
In realtà i fatti sono ben diversi da come dice Mentana e stavolta anche il Corriere se ne accorge, quando dice che i trafficanti libici hanno effettuato almeno tre «consegne controllate» di migranti all’equipaggio della nave «Iuventa» con la complicità di alcuni ufficiali della guardia costiera di Tripoli.
 
La nave Iuventa infatti, della tedesca Jugend Rettet, è stata poi bloccata al largo di Lampedusa, e dopo i controlli sequestrata: «Documentati contatti con i trafficanti da parte dell’equipaggio». L’ordine di sequestro del peschereccio della Ong tedesca racconta che cosa accade al largo della Libia, e svela gli accordi illeciti con altre organizzazioni, ma anche il ruolo di «Save the children» che ha «segnalato» le irregolarità commesse da alcune associazioni. Ora si va avanti, perché il prefetto Vittorio Rizzi, capo della Direzione anticrimine della polizia, si muove in coordinamento con tutte le Procure titolari delle inchieste proprio per individuare i possibili collegamenti con le organizzazioni criminali.
L’informativa della polizia dà conto dell’accaduto: «Il gommone della Iuventa si è diretto verso le coste libiche e da quei luoghi è sopraggiunta una imbarcazione verosimilmente con trafficanti a bordo; il gommone e il barchino con i presunti trafficanti, dopo essersi incontrati, sono restati affiancati per qualche minuto; dopo qualche istante il gommone si è diretto verso la Iuventa mentre l’altro natante ha proceduto verso le coste libiche; successivamente quest’ultima imbarcazione è riapparsa sullo scenario, “scortando” un gommone carico di migranti ed arrestando la navigazione solo in prossimità della Iuventa. Proprio la dinamica con la quale avveniva questo secondo “viaggio” del barchino consentiva di acquisire piena contezza che le persone a bordo fossero dei trafficanti.»
I primi a denunciare le «irregolarità» di Jugend Rittet sono stati alcuni membri dell’equipaggio della «Vos Hestia», la nave di Save the children (una delle tre Ong che ha firmato il codice di comportamento del Viminale approvato anche dall’Ue) a bordo della quale c’era un agente sotto copertura.
Uno di loro ha tra l’altro dichiarato a verbale: «Tra le organizzazioni la più temeraria era sicuramente la Iuventa. Da quello che ho potuto vedere sul radar, avendo io accesso al ponte, arrivava anche a 13 miglia dalle coste libiche, circostanza anche pericolosa. La Iuventa è un’imbarcazione piccola e vetusta, fungeva da “piattaforma” ed era sempre necessario l’intervento di una nave più grande sulla quale trasbordare i migranti soccorsi dal piccolo natante».
Tutti FATTI che smentiscono clamorosamente le affermazioni di Mentana, che a questo punto si rivela un mistificatore della realtà e un pessimo giornalista.
twit ongPerfino Minniti si è deciso a dettare regole più severe per le ONG, forse perché il problema sta diventando esplosivo, e in prossimità delle prossime elezioni è necessario salvare il salvabile.
 
Obiettivo del suo Codice di comportamento è quello di impedire che le Ong vadano a prelevare i migranti spingendosi in acque libiche o comunque al limite del confine marittimo, tant’è che viene  fissata una distanza minima dalla costa che non potrà essere superata. Del resto Magistratura, Parlamento, e Frontex  hanno dimostrato che spesso gli equipaggi decidono di spegnere i transponder per non essere identificati dalla guardia costiera libica, procedura che sarà vietata, così come non sarà più possibile segnalare la propria presenza con i razzi luminosi agli scafisti
Delle nove organizzazioni non governative sappiamo che solo poche hanno finora firmato, “Save the Children” e “Moas” hanno accettato subito, le altre o non si sono presentate, o hanno opposto un netto rifiuto, sotto la guida della più autorevole di tutte, “Medici senza frontiere”, che nel 1999, per la sua benemerita attività, vinse il Premio Nobel per la pace. Ma ora che il Parlamento ha deciso di organizzare l’intero progetto di attività delle navi italiane nelle acque libiche, quale forza avrà quel Codice di condotta?
Sappiamo anche che su due dei 13 punti le Ong hanno opposto un netto rifiuto: l’obbligo di ospitare agenti armati a bordo delle loro navi e l’impossibilità di trasbordare i migranti salvati su altre navi: dovrebbero condurli loro stessi in porto e questo, come ha osservato “Medici senza frontiere” rallenterebbe di molto l’attività di salvataggio.
 
Ma il Codice Minniti non ha valore di legge, non è un vero regolamento, perché non agevola la messa in pratica di norme primarie, non è nemmeno un accordo, dato che non c’è stata trattativa fra le parti. Ne sono certi gli avvocati e i giuristi dell’Asgi, associazione che da diversi lustri si occupa di immigrazione: «Il codice di comportamento è una bolla di sapone, e la mancata sottoscrizione non potrà avere alcuna conseguenza giuridica, se non nei casi e nei limiti già sanciti da norme nazionali e internazionali».
 
Una delle minacce contro le Ong ribelli sarebbe quella di chiudere loro l’accesso ai nostri porti, prospettata da alcune forze politiche.  Ma, se le navi in questione battono bandiera italiana, il rifiuto non potrà essere opposto, e nemmeno se queste navi hanno a bordo persone bisognose di aiuto. La navigazione in alto mare è libera, e il capitano di una nave ha l’obbligo di soccorrere imbarcazioni tanto di migranti quanto di turisti, che siano in pericolo. Non c’è Codice di comportamento che tenga. Insomma, si rischia un grosso pasticcio giuridico, a livello internazionale.
Numeri allarmanti comunque, anche senza tirare in ballo il «push factor», cioè la spinta ad aumentare le partenze da parte degli scafisti, consapevoli che grazie alle Ong è sufficiente portare i migranti al limite delle acque territoriali libiche. Una dinamica liquidata come indimostrabile pochi mesi fa e ora divenuta parte dell’agenda di governo, dopo essere finita sul tavolo del summit trilaterale di Parigi.
«Quanto al dottor Zuccaro» dice ancora Mentana «sono in attesa che dia un seguito a quelle parole ascoltate una mattina di tre mesi fa a Agorà: “A mio avviso alcune Ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti, e so di contatti. Un traffico che oggi sta fruttando quanto quello della droga. Forse la cosa potrebbe essere ancora più inquietante. Si perseguono da parte di alcune Ong finalità diverse: destabilizzare l’economia italiana per trarne dei vantaggi”. Non ha mai mostrato un minimo labile indizio al riguardo. E non ha spiegato perché ha fatto quella sparata, lui che dovrebbe parlare per atti. So che molti sperano che sia come promette lui, che il mondo della solidarietà sia marcio, anche se non capisco il perché di tanto odio preconcetto. Ma fare questo mestiere vuol dire ragionare sui fatti e sulle storie, non sulle pulsioni viscerali»
Il procuratore capo di Catania Carmelo Zuccaro è stato crocifisso da Mentana, oltre che dai  presidenti delle Camere, dal ministro della Giustizia Orlando e dal Csm.
E ora, come se niente fosse, lo stesso governo fa sua quella denuncia e la trasforma in questione politica europea, una sorta di rivincita silenziosa per il procuratore di Catania. E nessuno, a parte Frontex, Di Maio, che le definì i “taxi del mare”, Meloni, Salvini e lo stesso Zuccaro, diceva una parola.
 
Intanto l’indagine di Catania è passata da «conoscitiva» a «penale», infatti dopo le Procure di Trapani e Palermo, anche quella di Catania ha iscritto nel registro degli indagati alcune delle persone coinvolte, e il fulcro dell’indagine riguarda le comunicazioni tra scafisti e personale delle Ong.
Evidentemente la sferzata di Zuccaro, che chiedeva maggiori mezzi d’indagagine, è servita, perché il fascicolo aperto a Catania riporta l’ipotesi di reato prevista dal sesto comma dell’articolo 416 bis: associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina. Un reato che prevede una pena da cinque a quindici anni per chi promuove l’associazione e da quattro a nove per chi ne fa anche solo parte.
 
Zuccaro da parte sua non sembra commentare né gli sviluppi dell’inchiesta né quelli politici che ora confermano la sua denuncia, e incassa la rivincita con riserbo: «In questo momento commenti aggiuntivi sarebbero in contrasto con l’interesse delle indagini».
 
Ma intanto Enrico Bilderberg cosa fa? Non dovrebbe scusarsi con i suoi lettori e telespettatori una buona volta? Della libertà d’informazione si è fatto un’opinione del tutto personale, che non ci è consentito di conoscere? Oppure pensa che i fatti debbano coincidere con le sue opinioni?
 
 
Rosanna Spadini 05.08.2017

Migranti, sentenza choc: permesso di soggiorno speciale per i non rifugiati

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IL DUMPING SOCIALE E’ LEGGE.

oltre a mafia capitale international finanziata dai contribuenti italiani, ORA SI AGGIUNGE IL SETTORE FORMAZIONE, chissà appannaggio di chi, non ci vorrà una scienza per indovinarlo. Così.le COOP che “ospitano” a spese nostre questi migranti, fanno anche da ufficio di collocamento offrendoli ad un costo promozionale completano il cerchio dell’ingrasso. Peccato non paghino vitto e alloggio ai ragazzi disoccupati italiani, ma non è razzismo e discriminazione, E’ SERVILISMO CAPITALISTA.


Sarebbe bello per chi si occupa di economia poter parlare di come superare l’attuale modello economico tanto fallimentare quanto tenuto artificiosamente e ostinatamente in vita. Sarebbe bello e soprattutto utile concentrarsi sui modelli di sviluppo alternativi, ma purtroppo la situazione di emergenza che stiamo vivendo impone al nostro senso civico e morale di non abbassare la soglia di attenzione sulla questione dei migranti.

Già perché non c’è “solo” il vaso di Pandora delle ONG che è stato scoperchiato, con tanto di business collaterale di gommoni cinesi venduti on line come “refugee boat”, lo ius soli sempre in agguato pronto per essere approvato. No, mentre tutti siamo basiti dalle prove delle organizzazioni pseudo umanitarie che trattano amichevolmente con gli scafisti , come se fossero dei colleghi, da Torino arriva, piuttosto in sordina, una notizia choc: il rilascio dei permessi di soggiorno speciale per i migranti che lavorano con il riconoscimento dei “percorsi di integrazione sociale attraverso gli inserimenti lavorativi”. Si tratta di protezione umanitaria della durata di due anni a migranti che non rispondono ai requisiti per ottenere il diritto allo status di rifugiato.

E’ la prima volta in Italia. Un precedente pericoloso e esplosivo, che apre la strada a quello che da tempo si temeva: la legalizzazione di un esercito industriale di riserva pronto per essere sfruttato. L’iniziativa è partita da cento aziende torinesi che hanno scritto una lettera al prefetto, al sindaco e al governatore: “Metteteci nelle condizioni di assumere i migranti”.

Migranti avviati al lavoro
Dietro l’iter che in pochi mesi ha portato le richieste da parte dei datori di lavoro a essere accettate e ad aprire la strada a un nuovo percorso giurisprudenziale c’è, come di consueto, il lavoro di mediazione di un’organizzazione no profit, Senzastrada, che si batte per dare lavoro ai clandestini. Cosa avrà spinto le aziende e gli operatori commerciali torinesi a offrire lavoro a degli immigrati che non fuggono da guerre e condizioni tali da giustificare lo status di rifugiato, preferendoli al 40% di giovani disoccupati italiani? Una nuova forma di razzismo al contrario -per cui italiano è brutto mentre nero è sinonimo di progressismo e filantropia- o condizioni di lavoro ai limiti del disumano che solo chi non ha mai conosciuto lo stato di diritto del lavoratore può accettare?

Forse entrambe le motivazioni, di certo ora esiste il precedente giuridico per realizzare quell’esercito di lavoratori/schiavi, sottopagati e senza diritti, che dalla caduta del keynesismo rappresenta l’obiettivo ultimo degli economisti neoliberisti.

Disoccupati italiani in fila all’Ufficio di Collocamento
Si importano masse di giovani aitanti e disposti a tutto, si concede un permesso di soggiorno di due anni, vengono sfruttati senza diritti e con paghe da Terzo Mondo e, una volta esaurito il loro compito, vengono rimpiazzati con flussi migratori sempre vigorosi, che intanto generano profitti e speculazioni su cui si arricchisce il nuovo floridissimo mercato nero. Per i disoccupati italiani non c’è speranza, la legge della concorrenza applicata alla merce umana non fa sconti e per i prodotti fuori mercato non resta che la sostituzione.

di  Ilaria Bifarini Fonte: Scenari Economici- Ago 08, 2017
http://www.controinformazione.info/migranti-sentenza-choc-permesso-di-soggiorno-speciale-per-i-non-rifugiati/

Venezuela: cartina di tornasole della sinistra

venzuela popoloQuando la sinistra latinoamericana si difende e magari osa addirittura vincere sia sul piano politico che su quello militare, diventa “antidemocratica”, “autoritaria”, e via pontificando. Da sempre la sinistra evolve e si qualifica in relazione agli avvenimenti di portata internazionale. Così fu, tanto per fare l’esempio fu famoso, per il Partito Comunista d’Italia fondato nel gennaio del 1921 al Congresso di Livorno come scissione del Partito socialista che ebbe come motivazione determinante il diverso atteggiamento nei confronti della Rivoluzione sovietica e dell’URSS allo stato nascente. Dalla lotta al fascismo alla Resistenza  alla Costituzione repubblicana, per molti decenni forte e radicata in tutti i settori sociali, oggi, la sinistra in Italia è ridotta a ben poca cosa, per effetto della fine del PCI, che certamente ebbe basi obiettive ma che fu accelerata e condotta in modo inconsulto dalla scellerata direzione politica di Occhetto e dei suoi ancora peggiori successori. E per effetto della sua visione sostanzialmente subalterna alla classe dominante che ha impedito di elaborare una linea all’altezza delle trasformazioni epocali in atto oramai da lungo tempo.

Un’ulteriore dimostrazione di quanto sia oggi ridotta male la sinistra italiana è oggi costituita dal suo atteggiamento nei confronti di ciò che avviene in Venezuela. Abbiamo una vasta gamma di prese di posizione sostanzialmente liquidatorie. Pare quasi che la sinistra latinoamericana (il discorso non si ferma ovviamente al Venezuela, ma riguarda altre esperienze importantissime in corso, prima fra tutte la Bolivia di Evo Morales) piaccia a certi nostri sedicenti intellettuali, solo quando viene repressa sanguinosamente, sconfitta e costretta all’esilio. Parafrasando  quello che secondo alcuni disse una volta il generale Sheridan, secondo questi sedicenti intellettuali, l’unico militante di sinistra latinoamericano è quello morto, incarcerato e torturato, che ci mette in condizione di sembrare tanto buoni, compassionevoli e democratici. Quando invece la sinistra latinoamericana si difende e magari osa addirittura vincere sia sul piano politico che su quello militare, diventa “antidemocratica”, “autoritaria”, e via pontificando. Per non parlare di certi “specialisti” oramai babbioni incartapecoriti che misurano la temperatura ai “regimi”, scuotendo mesti e delusi il capoccione e concludendo che “non si tratta certo di socialismo”. Loro sanno bene di che parlano dato che in lunghe vite hanno accumulato fallimenti su fallimenti, di cui pagano oggi il prezzo le giovani generazioni in balia di un capitalismo neoliberista che non fa certo prigionieri ma distrugge costantemente il loro futuro e insieme quello del nostro e di altri Paesi.

Altro grosso equivoco riguarda il ruolo delle Forze Armate. Secondo certi geni, parrebbe che militari e poliziotti siano sempre e comunque dalla parte sbagliata, specialmente se operano in Paesi distanti dal “faro” della civiltà occidentale che, sempre secondo costoro, rappresenterebbe la democrazia per antonomasia.

Fortunatamente non è così. In Portogallo furono i militari a rovesciare la dittatura pluridecennale di Caetano. In Russia Lev Trotzky costruì l’Armata Rossa con il contributo determinante di reparti interi dell’esercito zarista che erano passati dalla parte giusta della barricata. In Italia negli anni Settanta le Forze armate e quelle di polizia, carabinieri compresi, furono attraversate da un grande movimento democratico di massa che si ispirava all’allora fortissimo e luminoso esempio della classe operaia. I militari bolivariani che in Venezuela hanno difeso con successo le loro basi dagli attacchi di mercenari e paramilitari dicono di sé, giustamente, di essere “popolo in armi”. E occorre augurarsi che costituiscano a loro volta un esempio per i colleghi di altri Paesi dell’America Latina e del Terzo Mondo e di altri mondi.

Domenica 30 luglio il popolo venezuelano, nonostante i dubbi dei soloni del manifesto che hanno pensato bene di licenziare la loro redattrice militante Geraldina Colotti, ha fatto un passo importante verso la sconfitta definitiva delle destre e verso il socialismo. La spaccatura del Paese, che tanto preoccupa tali soloni, non è certo un fatto nuovo e deriva dalla dinamica stessa della lotta di classe sia sul piano nazionale che su quello internazionale. Dal 30 luglio però, e questo sono in molti a non capirlo, si è messa in moto una dinamica importante di riaggregazione popolare attorno all’Assemblea Nazionale Costituente.

Certamente l’hanno capito, molto meglio di quelli del manifesto, i caporioni del capitalismo internazionale, i funzionari messi dalla finanza a guida di Paesi importanti, come il nostro, che hanno scatenato una vera e propria guerra santa contro il Venezuela bolivariano, reo di voler continuare ad esistere, realizzando i diritti e le aspirazioni del suo popolo e mostrando nei fatti la possibilità di un’alternativa ai disastri del neoliberismo imperante. Chi anche in Italia non sta dalla parte di Maduro e del Venezuela bolivariano non è certamente degno di far parte della sinistra che dobbiamo rifondare. Si parli di questo, non di nomi, organigrammi e alchimie squallide, continuando l’atroce andazzo  che ha distrutto la sinistra più importante e forte del mondo occidentale e continua ad ipotecarne pesantemente ogni possibile rinascita. Sicuramente la sinistra deve conoscere anche altre importanti discriminanti, ad esempio sulla questione delle migrazioni, ma questa dell’appoggio alle esperienze rivoluzionarie è di natura fondamentale.
Notizia del: 08/08/2017 di Fabio Marcelli

http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-venezuela_cartina_di_tornasole_della_sinistra/82_21144/

 

MEDITERRANEO – VENEZUELA: UOMINI E TOPI

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/08/mediterraneo-venezuela-uomini-e-topi.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 7 AGOSTO 2017

Insistendo nella mia campagna, nobilmente venefica e correttamente politicamente scorretta, contro i falsari, ipocriti, infiltrati, infingardi, onanisti del pulviscolo sinistro e di richiamo a quelli sedicenti della sponda opposta che tuttavia sui primi spargono foglie di fico, annuncio che, dopo aver rosicchiato il fondo nel corso degli ultimi anni nel segno di Soros, la più grande mistificazione giornalistica del pur poco limpido panorama storico e attuale italiano ha in questi giorni sfondato il fondo.

Il manifesto non raschia, sfonda.

Prima di passare all’argomento sul quale “il manifesto”, perfezionando il trapanamento del fondo, ha esercitato la punta d’acciaio, il Venezuela degli inviati all’ombra della Casa Bianca e di Langley sostituiti, con schietta adesione al Jobs Act, alla reproba caracasiana Colotti, mi s’impone un parallelo. Di Geraldina Colotti non condivido l’affermazione categorica, orba se non cieca, dell’integrità delle Brigate Rosse e affini (mica eravamo nella Germania di Baader-Meinhof, eravamo nell’Italia di Cia, mafia e P2), che mi pare piuttosto una non necessaria difesa della propria integrità. Ma le sue corrispondenze dall’America Latina sono stati in Italia l’unico controcanto cartaceo e audiovisivo, professionalmente impeccabile, al diluvio che pecore e scagnozzi al seguito della riconquista imperialista del continente hanno belato e latrato dall’inizio dell’assalto a Maduro e alla rivoluzione bolivariana. E che i nuovi washingtoniani del “manifesto” hanno ripreso con la solita perizia dell’infiltrato scaltro che dà un colpetto al cerchio e una mazzata alla botte.

Anche a me è capitato, tanto per confermarci nella convinzione che quanto si dice di sinistra, o con faccia tosta inaudita “comunista”, grattando anche poco poco (volendo grattare, vero Dinucci e Co.?), si rivela il volto sporco dell’ opportunismo, se non della controrivoluzione. 2003, dalle parti di maggio. La solita canea tuona contro Cuba (ancora in piedi) per aver arrestato spioni, terroristi e provocatori pagati dall’incaricato d’affari Usa. Per tutti, dal Corriere all’Avvenire, erano nobili “dissidenti”, “intellettuali”, “giornalisti”. Anche Bertinotti, appena emerso da un congresso in cui aveva abolito l’imperialismo, sposato il sub Marcos e Luca Casarini e proclamato la non-violenza, anche retroattiva per i partigiani. Avevo una rubrica su “Liberazione”, Mondocane, e quella puntata sfuggì al maggiordomo Sandro Curzi e rivendicò a Fidel il diritto di proteggere popolo e quanto restava della rivoluzione dagli sguatteri dell’imperialismo. Mi si licenziò come Geraldina. Su due piedi, alla faccia di norme, leggi e contratto. E di un granello anche microscopico di decenza morale. Procedimenti di destra per chi della destra ha assunto gli orizzonti.

Geraldina se lo poteva aspettare. Quando i duri scendono in campo, i molli gli raccattano le palle.

Torniamo alla stupro del fondo. Un bell’ “approfondimento” verso abissi maleodoranti “il manifesto” l’ha compiuto il giorno 6 agosto 2017 con uno sfondamento su quattro fronti: una velina sulla Somalia, in continuità con gli spurghi obamiani sull’Eritrea renitente alla sottomissione, dove tutto il terrorismo è degli Shabaab che colpiscono i mercenari dell’Amisom, forza interafricana che da anni brutalizza i somali per puntellare il fantoccio Imposto (per “il manifesto”, eletto) da neocolonialismo a guida Usa. Di lieve passaggio si parla poi dei comprensibilissimi bombardamenti Usa sui civili somali (finalizzati, come a Mosul, Raqqa e Deir Ezzor, a colmare i barconi dei trafficanti libici e le barcone dei trafficanti Ong). E neanche un’ombra di passaggio si dedica a chi ha scientemente e pervicacemente ridotto la Somalia nello stato contro cui gli Shabaab si ribellano. Per esempio la Folgore e i carabinieri, passati alle cronache per il fugone dalla Somalia dopo avervi lasciato tracce su prigionieri torturati e donne violentate.

Di prammatica e, nel contesto, facile facile, la stilettata alla Corea del Nord che con quattro missili in mare salvaguarda la propria esistenza da chi la circonda, e circonda il mondo intero, di basi (forze d’occupazione, 90 in Italia), esercitazioni e installazioni missilistiche, tipo il THAAD, proprio ai piedi del Nordcorea. Nulla ha da aggiungere “il manifesto” ai consiglieri militari (McMaster) di Triump quando si stracciano le vesti sulle “mortali minacce” di Kim Jong Un.. Chi tace, si sa, acconsente.

Per nulla sorprendente, alla luce di una russofobia storica (Astrid Dakli, albanese con la bava alla bocca, ricordate?) che non ha nulla da invidiare alle creatività paranoide di Hillary e dei suoi scagnozzi e padrini nello Stato Profondo, che il fidato giornale rilancia l’ennesima bufala di Novaja Gazeta, il quotidiano della “martire” Politovskaja che, oltreche lì, spargeva le sue intemerate contro Putin sull’ emittente Cia Radio Liberty/Free Europe. Giornale credibilissimo, dunque, che, a dispetto della repressione di ogni libertà di stampa dello Zar, esce regolarmente e oggi può pure imbastire un caso sul fermo di un immigrato clandestino ricercato in Uzbekistan. Niente fonti, niente verifiche, ma oltre ogni dubbio, maltrattamenti e pestaggi da parte dei secondini russi. Lo dice, e come potrebbe non dirlo, Amnesty International e, noblesse oblige, lo dice “il manifesto”.

Pinzillacchere, quisquilie rispetto all’armata di carri armati e la flotta di bombardieri che “il manifesto” lancia contro chi ha osato mettere in dubbio, no, addirittura sospettare, macchè, perfino, oddio!, indagare, accusare, confiscare, esibire prove di reati immondi, santi rigogli dell’umanitarismo europeo. Piccoli eroi della guerra che, a nome di dominanti globali, Soros e soci e subalterni, conducono contro chi pretende di essere lasciato in pace e a casa. Noi come campione di questa congerie abbiamo nientemeno che Roberto Saviano. Quello che, con libro e film, insegna ai napoletani come fare il boss. Mediatori del meticciato a perdere che, a costi immani e a prebende pur esse cospicue di operatori e finanziatori, agevolano la tratta di esseri umani a partire da chi li induce o costringe a lasciar casa, terra, famiglia, identità e, passando per traversie varie, compreso il do ut des tra trafficanti e Ong, arriva tra caporali e imprenditori schiavisti che, secondo Tito Boeri, gli fanno produrre l’1% del PIL

Scoperto con il sorcio tedesco di “Juventa” in bocca, anziché chiedere scusa ai suoi lettori per avergli fatto passare manigoldi della tratta umana per soccorritori, “il manifesto” si è attaccato alle pantegane Medici senza Frontiere e Save the children, appena un attimo prima che pure queste venissero inchiodate dagli inquirenti. Sfiga.

E così, anche per oggi, “il manifesto” ha fatto la sua porca figura e il suo porco lavoro. Sotto a chi tocca. Parliamo di Venezuela, recente tacca sul fucile con cui sinistri e destri sparano alla verità.

Venezuela: uomini e topi. E papi

Basta sapère chi c’è dietro la cosiddetta opposizione venezuelana per sapere chi va sostenuto, costi quel che costi. Dietro e con i golpisti del 2016-17, gli stessi del 2002 (Capriles, Lopez, Ledezma) che obliterarono presidenza, parlamento e tutte le istituzioni e instaurarono una dittatura sotto la guida di Bush, del suo consigliere Kissinger (quello dell’operazione nazista Condor), del segretario di Stato Colin Powell (quello delle armi di distruzione di massa di Saddam, a proposito di fake news), ci sta lo Stato Profondo Usa, cioè quel carcinoma planeticida composto da servizi segreti, armieri, banchieri e imprenditori apicali come i maltusiani Rothschild, Warburg, Goldman Sachs, Rockefeller, Bill Gates, tutta la lobby talmudista.

A dirci dello stato del mondo basta vedere come agli ordini e al servizio della suddetta consorteria si siano congiunti in unico blocco di cemento, da appendere al collo del popolo venezuelano, sinistre radicali, sinistre moderate, destre moderate, destre radicali, i grandi media e la manovalanza tipo “manifesto”, violenti e nonviolenti, lobby ebraica, cristiani integralisti e cattolici detti progressisti (un controsenso). In testa a tutti, svettante di bianco, il nonviolento par excellence, il caudillo del Vaticano con tutti i suoi cacicchi locali. Dismessa la maschera del “mediatore”, si è trovato con naturalezza dalla parte dei suoi: “Non riconosco la Costituente di Maduro!” ha tuonato. Segue scomunica? I suoi sono quelli stessi con i quali ha serenamente convissuto e collaborato quando torturavano e ammazzavano gli oppositori, ne passavano i figli ai carnefici e, al largo delle coste argentine, facevano volare dagli aerei migliaia di chavisti ante litteram. Dalla Siria al Venezuela, dai divorziati, pur sempre peccatori, al diavolo, pur sempre tra noi: è l’infallibilità del pontefice.

Intanto, dalla pioggia di merda fake news piovutaci addosso da questi facilitatori di imprese kissingeriane, estraiamo e buttiamo subito quel pacco di melma dei presunti brogli nelle votazioni per la Costituente. Il risultato certificato dalla Commissione Nazionale Elettorale di 8.089.320 è stato certificato dopiamente dalla scheda e dal controllo delle impronte digitali di ogni elettore. I documenti sono a disposizione dell’opposizione e di qualunque verificatore. Cosa mai verificatasi per la farsa del plebiscito del MUD del 16 luglio: elettori senza documenti, voti ripetuti a volontà dagli stessi votanti, tutti i registri bruciati una volta conclusa la buffonata. Verifiche impossibili.

I Black Bloc delle manifestazioni europee, additati dai benpensanti al ludibrio e all’ostracismo, anatemizzati come violenti fascistoidi, bastonati e carcerati dalle forze dell’ordine democratico (che, così provocate, possono magari anche trascendere, come a Genova), rispetto a quanto s’è visto in piazza in Venezuela a partire dal 2014, sono angeli del mutuo soccorso. Qui una vetrina infranta è vandalismo, un cassonetto di traverso un attentato all’ordine costituito. Lì, fili di ferro attraverso la strada per tagliare teste di poliziotti, assalti all’arma bianca, alla bottiglia incendiaria, alla rivoltella, agenti incendiati, sedi chaviste, negozi, edifici istituzionali dati alle fiamme, cecchini infilati tra i dimostranti (come li avevo visti al tempo del golpe del 2002). Si tratta di democratica protesta di popolo contro la dittatura. E chi difende l’ordine legittimo con idranti e pallottole di gomma, di quella dittatura è il custode.

Sono i classici due pesi e due misure cui siamo abituati dai primordi della lotta di classe. E anche da prima, quando bruciare pagani era buono e fare martiri cristiani era cattivo. Ma non è questo il punto. Il punto è che ogni schierarsi con la manovalanza sanguinaria che l’oligarchia sconfitta 18 anni fa spedisce in piazza (si parla di 15mila teppisti bene addestrati) equivale a far fare all’umanità tutta un passo indietro. Che poi equivale a un passo avanti verso l’abisso. E questo dovrebbe essere pacifico. Il punto è anche che una mattanza orrenda come quella del Messico dei 130mila ammazzati sotto gli ultimi due presidenti, delle 30mila sparizioni forzate, del giornalista ammazzato al giorno, degli innumerevoli femminicidi, del narcostato che, con la supervisione anche armata Usa, finge la guerra alla droga per massacrare contadini, lavoratori, studenti e sterminare oppositori, non solleva un ciglio. E neppure l’Honduras, che dopo il golpe di Obama e Hllary, è diventato il nuovo hub della droga per i mercati Usa e il mattatoio dei difensori del popolo e dei suoi diritti, come la grandissima Berta Caceres. E neppure la Colombia. Dove dall’inizio dell’anno sono stati uccisi 46 leader di movimenti sociali, mentre tra il 2012 e il 2017 ne sono stati eliminati 678. Sono specialisti dello sguardo orbo le sedicenti sinistre. Il PC argentino ha preferito stare con Videla piuttosto che con Peron.

Colpetto al cerchio, mazzata alla botte

Ma il punto vero è ancora un altro ed è l’immonda complicità dei cerchiobottisti in malafede e l’ottusità di quelli che, in buonafede, vanno lì a misurare col bilancino torti e ragioni. Tanto sono democratici i capi della sedizione venezuelana, Ledezma, Capriles e Lopez, da essere stati tra i promotori del colpo di Stato contro Chavez nel 2002 e dei successivi pochi giorni di dittatura vera. Sono gli stessi che per i loro pogrom di oggi godono del sostegno dei presidenti dei paesi neocolonizzati dagli Usa: Macri, Temer, Santos e Pena Nieto. E basterebbe per prendere posizione.

Il nemico principale di una sinistra che si ponga a difesa delle masse da riscattare o da difendere sono le destre reazionarie e l’imperialismo. Schiacciarli è la priorità assoluta. Allende sbagliò su diversi piani, ma come non stare dalla sua parte contro Pinochet? Quando si intravvede un golpe è essenziale individuare i responsabili della crisi: coloro che provocano un disastro non sono gli stessi che non sanno risolverlo. Vale per l’economia. Gli errori compiuti da Maduro e che Geraldina Colotti dovrebbe illustrarci con maggiore severità, sono numerosi e gravi. Ma i colpevoli della situazione attuale sono gli oligarchi teleguidati dagli Usa, del cui mostruoso tasso di criminalità sarebbe cecità dubitare. Non si devono confondere responsabilità di diversa natura.

Errori hanno riguardato gli andirivieni incerti su valuta, cambio e circolazione monetaria, su ricerca di consenso negli ambienti strutturalmente ostili (grande distribuzione, proprietà terriera, finanza), l’inaccettabile debito esterno causato in gran parte dal mancato sviluppo manifatturiero e agricolo e dalla dipendenza dal petrolio, gli insufficienti controlli sui prezzi e contrabbando e su chi li manipolava e gestiva, su chi non tagliava gli artigli a coloro che, utilizzando i non nazionalizzati circuiti privati, imboscavano e creavano penurie artificiali. La crescita di una cosiddetta bolibourgeoisie all’ombra di Chavez e Maduro ha prodotto inefficienze e corruzione, connivenza con miliardari travestiti da chavisti.

Ma il collasso della produzione, l’inflazione che ha comportato (insieme alla caduta del prezzo del petrolio) il taglio a interventi sociali, i limiti alla redistribuzione della ricchezza, insomma una frenata al più grandioso processo di emancipazione mai visto in America Latina dopo i primi anni della rivoluzione cubana, sono opera dell’oligarchia spodestata. Opera finalizzata a rovesciare Maduro, bloccare il processo bolivariano, recidere i legami, già insufficientemente curati, tra masse e istituzioni.Tornare al prima di Chavez. Cioè a quella diseguaglianza spaventosa, quella totale soppressione di diritti sociali e democratici, la miserabile dipendenza dal padrone yankee, che ha caratterizzato l’America Latina quando gli Usa ne avevano fatto il cortile di casa e che ora si è riaffermata in Honduras, Argentina, Brasile, Cile.

Nel bene e nel male che sta facendo, tipo riuscire a mobilitare la stragrande maggioranza del popolo, invisibile ai media occidentali; tipo non smantellare la burocrazia che ha soffocato la marcia verso il socialismo, Maduro non cede. Non è Tsipras. Non è Raul. Il chavismo non si arrende. Non è Syriza. La Costituente è una sacrosanta risposta al golpismo: fa emergere quello che vuole il popolo. Costituisce un’espressione democratica rispetto a un parlamento delegittimato, non solo dal golpismo endemico, quando dall’aver rifiutato di annullare l‘elezione di deputati segnata da crimini. Che le “sinistre”, se conservano un briciolo di onestà intellettuale e di integrità morale (non parlo del “manifesto”), piuttosto che con un Maduro, aggredito da tutti i fronti e da tutto il peggio del mondo, come Gheddafi, come Saddam, come Assad, come Milosevic, se la prendano con gli stronzissimi ricchi del Venezuela (infestati di predatori italiani), con i razzisti anti-indigeni e anti-proletari di Plaza Altamira, con la Cia e sue dependances, Amnesty International e Ong varie.

O vogliono Kiev a Caracas?

 

FIN DE PARTIE EN SYRIE POUR LES SAOUDIENS !

SYRIA COMMITTEES/ COMITES SYRIE/

КОМИТЕТЫ СИРИИ/ 2017 08 07/

SYRIA - Syrie perdue pr les saouds (2017 08 07) FR

Syrie: Riyad hisse le drapeau blanc !

L’Arabie saoudite reconnaît son échec en Syrie !!!

Les “rebelles syriens” (comme Riad Hijab coordonnateur du Haut comité des négociations ou HCN) avaient tout misé sur Riyad, croyant à la lettre les officiels saoudiens quand ils disaient vouloir “mettre à la porte” Bachar Assad, de gré ou de force.

Les voilà tombés des nues depuis qu’Adel al-Jubeir leur a affirmé qu’ils n’avaient plus de choix et qu’il leur faudrait se faire à l’idée d’une présidence Assad.

Au lendemain de cette annonce, Riyad a choisi la voie du déni, affirmant que les propos de Jubeir avaient été tirés de leur contexte. Mais le mal était fait. Le journal Raï al-Youm revient dans son éditorial sur ce coup de tonnerre provoqué par le ministre saoudien des AE et écrit: “Ce fut avec une extrême férocité que le chef de la diplomatie saoudienne a annoncé au chef de la délégation de l’opposition anti-Assad, venue à Riyad évoquer la crise, ceci: Bachar Assad restera président de la Syrie. Il vous faut une approche nouvelle de la crise sinon nous allons trouver une solution à la crise sans la participation de l’opposition !” 

L’onde de choc provoqué par ce message au sein de l’opposition syrienne fut énorme. Cependant on s’y attendait puisque la donne a bien changé sur le champ de bataille en faveur de l’État syrien. En effet, il n’appartient plus aux grandes puissances de décider du sort du président syrien vu que son armée avance sur tous les fronts et gagne du terrain perdu. Mais l’opposition syrienne a eu tort d’avoir fondé tout espoir en Arabie saoudite. D’ailleurs, elle aurait dû sentir le vent tourner quand Trump a décidé sous le conseil du chef de la CIA, Mark Pomepo, de cesser d’envoyer les armes aux rebelles de l’Armée syrienne libre (ASL). C’était là une décision qui ne pouvait que renforcer Assad dans sa fonction de président, et c’est vrai que le président syrien est plus fort qu’en 2011.

MAIS QUEL SORT EST-IL RESERVE AUX REBELLES SYRIENS?

Tout au plus celui que les Américains ont réservé aux Contras: après l’arrivée à la présidence de Ronald Reagan, en 1981, les États-Unis coupent l’aide économique au Nicaragua et commencent à financer les Contras, des opposants au régime sandiniste. Cette politique a entraîné une guerre civile qui a duré 10 ans et qui a fait plus de 30 000 morts, mais les miliciens ont fini par rendre des armes.

Or, c’est cette connaissance historique qui semble manquer à l’opposition syrienne: en réalité, ce qu’a fait Riyad n’a rien de surprenant puisque ce n’est pas lui, le décideur. Les Saoudiens n’ont ni l’autorité ni la capacité de décider de leurs moindres agissements sans concerter au préalable avec les Américains.

CETTE ALLIANCE SYRIE/RUSSIE/IRAN QUI A MILITAIREMENT LE VENT EN POUPE ET QUI CUMULE LES SUCCES MILITAIRES …

Jubeir ne l’a pas annoncé publiquement mais tout le monde le sait: en Syrie, les États-Unis ont abandonné la partie au profit de la Russie qui s’occupe désormais de tout en compagnie de ses alliés que sont l’Iran, le Hezbollah et l’armée syrienne. C’est cette alliance Syrie/Russie/Iran qui a militairement le vent en poupe et qui cumule les succès militaires: la prise d’al-Sokhna, ultime bastion de Daech à Homs, constitue d’ailleurs son dernier gain, laquelle lui permet de faire marche sur Deir ez-Zor, cette province stratégique qui se trouve dans l’est et le sud de Raqqa.

On ignore quelle est l’approche que Jubeir propose à l’opposition anti-Assad. Mais une chose est sûre: Riyad veut que les “rebelles” négocient avec le président syrien dans le cadre d’une trêve généralisée. Quiconque refuserait de voir cette réalité en face, ferait du tort à lui-même. La Syrie de 2017 n’est pas celle de 2011. Tout comme l’Arabie saoudite qui n’est plus le royaume qu’elle était il y a six ans.

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DAMAS REJETTE TOUTE DEMEMBREMENT DE LA SYRIE AU PROFIT D’UN PSEUDO-ETAT KURDE !

SYRIA COMMITTEES/ COMITES SYRIE/

КОМИТЕТЫ СИРИИ/ 2017 08 07/

La détestation des djihadistes ne doit pas nous faire oublier que les milices kurdes (celles du PYD-PKK – unités de protection du peuple kurde – comme celles de la Région autonome du « Kurdistan irakien » de Barzani) ne sont que des mercenaires des USA ! Il faut prescrire tout « romantisme kurde », notamment envers les unités féminines du PYD. Nous, COMITES SYRIE, nous défendons l’unité nationale de la Syrie ba’athiste …

SYRIA - Damas vs pyd (2017 08 07) FR

DAMAS DÉCONSEILLE LES KURDES D’ORGANISER DES ÉLECTIONS

Le vice-ministre syrien des Affaires étrangères, Fayçal Mokdad a insisté sur l’intégrité territoriale de la Syrie avant de qualifier d’une blague la décision des Kurdes du nord syrien censée organiser des élections. Les Kurdes du nord syrien ont fixé la semaine dernière des dates pour l’élection de conseils locaux et d’une assemblée régionale, dans les régions où ils en ont repris le contrôle, une mesure qui a apparemment vu le jour en vue de cimenter l’autonomie en pleine croissance du Kurdistan syrien.

Lors d’une interview accordée à Reuters Fayçal Mokdad s’est penché sur cette décision des Kurdes pour dire :

« La Syrie ne cédera le moindre centimètre de son territoire et ne permettra jamais le démembrement du pays. La décision des Kurdes censée organiser des élections n’est qu’une blague ». « Le gouvernement consolidera enfin ses pierres angulaires sur les régions étant sous l’emprise des Kurdes », a-t-il rassuré.

Plus loin dans ses propos le vice-ministre syrien des Affaires étrangères a tenu à réitérer :

«  Nous croyons que les citoyens syriens, habitant dans le Nord du pays, ne mettront pas en péril la situation du pays et qu’ils ne se dirigeront jamais dans le sens du démembrement de leur patrie. Ceux qui s’acheminent sur cette direction paieront le prix de leurs actes ».

À la question de savoir si Damas s’intéresse ou pas à “destituer” aux Kurdes des régions étant sous leurs contrôles, ce diplomate de haut rang syrien  a réaffirmé :

« Il n’est pas question de volonté et de désir. Mais il est préférable que les kurdes n’organisent pas ces élections car il est hors de question de transiger sur l’intégrité territoriale syrienne ».

Il a appelé les États-Unis à cesser leurs activités à l’intérieur du territoire syrien et mettre fin à leurs mesures illégales débouchant sur le massacre des milliers de civils.

LES ÉTATS-UNIS DE TRUMP SEMBLENT AVOIR DÉCIDÉ DE JOUER SUR LES DEUX TABLEAUX, TURC ET KURDE …

Les Kurdes de Syrie et leurs alliés contrôlent une grande partie du Nord de la Syrie. Les Unités de protection du peuple constituent les forces militaires des Kurdes considérées comme colonne vertébrale d’une coalition intitulée les Forces démocratiques syriennes qui sont soutenues par les États-Unis dans la lutte contre Daech. Ce soutien est toutefois bien opaque et change de façon conjoncturelle : inquiets de froisser la Turquie, les États-Unis semblent avoir décidé de jouer sur deux tableaux, ne pas aller jusqu’au bout de son soutien aux kurdes et faire semblant de les soutenir pour inciter la Turquie à intervenir militairement dans le nord syrien.

* Photo :

Al-Malikiyah (Syrie), le 25 avril 2017. Un officier américain, de la coalition dirigée par les États-Unis, parle avec des combattants des unités de protection du peuple kurde.

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LA VERITABLE GUERRE CONTRE LE TERRORISME (II): L’ARMEE ARABE SYRIENNE LIBERE RAQQA !

 

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КОМИТЕТЫ СИРИИ/ 2017 08 07/

Alors que les médias de l’OTAN nous désinforment en permanence sur les soi-disants exploits à Raqqa – la capitale du « Kalifat » de Daech – de la « Coalition américano-occidentale » et de ses mercenaires kurdes des soi-disants « Forces démocratiques arabes » (sic), l’Armée Arabe Syrienne libère, elle, la ville.

 SYRIA - Damas libère raqqa (2017 08 07) FR

* Voir sur PCN-TV/

LUC MICHEL : POUTINE – ASSAD – DEBY ITNO.

LES TROIS PRESIDENTS QUI COMBATTENT VRAIMENT LE DJIHADISME !

sur https://vimeo.com/210829901

 LIBERATION DE TOUS LES BATIMENTS GOUVERNEMENTAUX DE RAQQA !

Après que le ministre saoudien des Affaires étrangères Adel al-Joubeir a fini par se soumettre à l’idée du maintien au pouvoir du président syrien Bachar al-Assad, l’information faisant état de la libération de nouveaux quartiers de la ville de Raqqa et de celle de tous les bâtiments gouvernementaux de la ville nous est parvenue. Il faut aussi ajouter que l’armée syrienne continue de progresser dans le sud-est de la province de Raqqa.

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LUTTE ANTI-DAECH: L’ARMEE LIBANAISE N’EXCLUT PAS UNE EVENTUELLE COOPERATION MILITAIRE AVEC DAMAS

SYRIA COMMITTEES/ COMITES SYRIE/

КОМИТЕТЫ СИРИИ/ 2017 08 07/

 Le ministre libanais de la Défense Yaacoub Al-Sarraf, n’a pas exclu une éventuelle coopération militaire de l’armée libanaise avec Damas dans le cadre de la lutte anti-Daech.
SYRIA - Armée libanaise ctre daech (2017 08 07) FR

Bien que le ministre libanais ait toujours rejeté une coordination militaire entre l’armée libanaise et celle du gouvernement syrien, il n’exclut pas aujourd’hui une éventuelle coopération entre les deux pays. Dans une interview accordée à l’une des radios locales du pays, le ministre libanais a déclaré: «La coopération militaire avec Damas ne poserait aucun problème si elle allait dans le cadre des intérêts nationaux du Liban.»

Revenant sur l’échange négocié de prisonniers entre le Front al-Nosra (actif à la frontière libano-syrienne) et le Hezbollah libanais (qui soutient militairement le gouvernement syrien face aux terroristes), cette haute autorité militaire libanaise a exhorté l’opinion public de son pays à ne pas mettre sous pression l’armée et à ne pas saper ses plans antiterroristes. Les cinq combattants du Hezbollah récemment libérés étaient en captivité pendant deux ans en Syrie.

À cette fin, le ministre libanais de la Défense a appelé le peuple et les responsables libanais, à soutenir unanimement l’armée qui se prépare pour une offensive militaire dans les villes de Ras Baalbek et d’al-Qaa, près des régions libanaises sous contrôle des terroristes.

YAACOUB AL-SARRAF A REJETE TOUTE DEMANDE D’AIDE AUX ÉTATS-UNIS

Interrogé sur une éventuelle aide militaire américaine à l’armée libanaise dans sa lutte contre Daech, dans les hauteurs à l’Est du Liban, Yaacoub al-Sarraf a rejeté toute demande d’aide aux États-Unis. Au Liban, la décision militaire revient à l’armée, mais la politique de défense est décidée par le gouvernement, ce qui met parfois l’armée dans l’embarras en ce qui concerne ses objectifs opérationnels, et cela malgré les multiples menaces proférées dernièrement par des terroristes aux portes du Liban.

Dimanche 6 août, l’armée libanaise a pilonné les positions des rebelles armés dans les hauteurs de Ras Baalbek et d’al-Fakiha. Les détonations se sont fait entendre jusqu’à Baqaa, une région périphérique du Liban, frontalière de la Syrie.

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