Tra fuochi e lacrimogeni i No Tav raggiungono il cantiere

post — 23 luglio 2017 at 02:37

Si è conclusa da pochi minuti la passeggiata serale in Clarea organizzata dal campeggio di lotta No Tav.

In oltre trecento si è partiti dal presidio di Venaus con una carovana di macchine per raggiungere Giaglione e da li ripartire in direzione cantiere.

Ci si è divisi in diversi gruppi e mentre una parte è rimasta sul sentiero principale, altri hanno preso la via dei boschi salendo in alto per poi ridiscendere, altri ancora sono scesi più in basso guadando il Clarea per arrivare alle spalle del cantiere.

Da subito la polizia ha mostrato di non gradire la presenza dei No Tav, lanciando lacrimogeni per non far avvicinare al cancello di sbarramento e far desistere chi percorreva i sentieri tra i boschi. Il risultato da loro sperato non è stato minimamente raggiunto: in risposta alla loro arroganza ore di cori, battiture e fuochi d’artificio che hanno illuminato il cielo sopra il cantiere hanno regalato alla Clarea una nuova luce di Resistenza.

Mentre il fronteggiamento continuava, alcuni No Tav sono riusciti a raggiungere il cantiere, tagliarne le reti di protezione ed issare la bandiera del movimento, come monito a chi crede di poter continuare indisturbato l’opera di devastazione del territorio della valle.

Questa sera si è dimostrato che nessuna pacificazione è alle porte e che i No Tav non si stancheranno mai di lottare per liberare la propria terra e conquistare la possibilità di un presente e futuro diversi.

Avanti No Tav!

Esposito (Pd) difende i torturatori del G8: sono stati attaccati, hanno risposto

http://www.globalist.it/news/articolo/2009320/esposito-pd-difende-i-torturatori-del-g8-sono-stati-attaccati-hanno-risposto.html

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Il senatore dimentica che Bolzaneto e la Diaz furono rappresaglie a freddo per le quali la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per tortura

diaz genova

Un manifestante ferito durante l’assalto alla Diaz a Genova

globalist 22 luglio 2017

Povero Pasolini che (oltre ad aver dovuto sopportare anni di bugie e depistaggi sul suo omicidio) adesso deve anche subire le citazioni fuori contesto di uno di questi fenomeni del Pd, un tempo erede (in parte) della tradizione progresstista italiana e ora diventato marmellata neo-liberista e neo-autoritaria con una spruzzata di diritti civili per darsi un tono.
Così a citare a sproposito Pier Paolo Paolini è arrivato un renziano doc come il senatore Esposito: 
“Sono pasoliniano: tra un gruppo di incappucciati violenti e le forze dell’ordine sotto attacco, sto senza se e senza ma con le seconde. A Genova carabinieri e poliziotti non erano il nemico, rappresentavano lo Stato. Sono stati attaccati, hanno risposto”.
Così il senatore del Pd Stefano Esposito ha parlato del G8 del 2001,commentando le polemiche sollevate dal consigliere provinciale di Ancona dem Diego Urbisaglia che ha ricordato su Facebook la morte del manifestante no global Carlo Giuliani, immaginando un immaginario figlio al posto del carabiniere Placanica, al quale raccomandare di “prendere bene la mira”.
“Quando si copre un ruolo pubblico – ha detto Esposito – non si possono lanciare messaggi come fossimo al bar sport. Trasmettere poi a un figlio l’idea di sparare contro qualcuno non mi piace: deve essere l’ultima opzione. Il che, ben inteso, non significa che le forze dell’ordine debbano fare le vittime sacrificali: se ci sono frange violente, è giusto che la polizia reagisca. Non dovrebbe essere un concetto difficile da capire, eppure c’è ancora qualcuno che sta, a prescindere, con chi devasta le città. Il diritto a manifestare c’è per tutti, quello alla violenza, no”.
A proposito di bar dello sport e cariche pubbliche, c’è un particolare grande come una voragine che lo pseudo-pasoliniano dimentica: alla Diaz prima fu organizzato un depistaggio facendo ritrovare una molotov e altri oggetti messi dagli agenti per incolpare i manifestanti (come solo le polizie sudamericane sapevano fare) poi inventarono la storia (risultata falsa e costruita ad arte) dell’aggressione di un manifestante armato di coltello contro un poliziotto. Poi ci fu una vera e propria rappresaglia nella quale la polizia massacrò di botte chiunque passasse a tiro di manganello facendo irruzione notturna nella scuola dove le persone dormivano.
Idem a Bolzaneto: torture e violenze contro i manifestanti arrestati. O ci vuol far credere che la polizia si doveva difendere da ragazxi e ragazze ammanettate?
A Genova andò in scena una vergogna. Una vergogna per la quale molti “servitori dello Stato” sono stati condannati. Dimentica anche, Esposito, che il 7 aprile 2015 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato all’unanimità che era stato violato l’articolo 3 sul “divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti. Sia per la Diaz che per Bolzaneto.

ZANOTELLI, ZITTO E VERGOGNATI – PRIMA LUI POI NETANIAHU

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/07/zanotelli-zitto-e-vergognati-prima-lui.html

MONDOCANE

SABATO 22 LUGLIO 2017

Interrompo il mio impegno monotematico sul nuovo documentario “O la Troika, o la vita”, che mi sta tenendo lontano da blog, facebook, youtube e un sacco di amici e interlocutori, perché sopraffatto dall’indignazione rispetto al solito energumeno delle distrazioni di massa e disinformazioni imperialiste che si fa, e vien fatto, passare per modello di pacifismo e solidarietà per gli oppressi e sfruttati.

Occuparsi del prete Zanotelli, quando quello che Israele sta facendo da settant’anni e di nuovo oggi ai palestinesi rende il massacro nazista di Varsavia, o la strage Usa di civili vietnamiti a My Lai, o le carneficine dei decapitatori wahabiti, Isis o sauditi, in Siria, Iraq o Yemen,  delle sporadiche intemperanze, parrebbe spaesante, quasi depistante, certo sproporzionato. Gli è che delle nefandezze del post-nazista  Netaniahu, delle sue SS travestite da coloni, della sua corte mediatica e spionistica talmudista, grazie ai nuovi massacri compiuti intorno ad Al Aqsa e alla spianata delle moschee, dove gli invasori talmudisti vorrebbero ricostruire uno storicamente fantasmatico Tempio di Salomone, se ne stanno occupando già in tanti.

Tutti con i palestinesi, finchè non si muovono.

Dato che da qualche anno il popolo, la resistenza palestinesi dalla simbiosi Autorità Palestinese-regime necrofago israeliano sono stati fatti a brandelli, con le sinistre emasculate, disintegrate eticamente e politicamente dalla scelta anti-Assad e Hamas ridotto a meri schiamazzi dalla connivenza talmudisti-Fratelli Musulmani di Qatar e Turchia, la “causa palestinese” ha sempre raccolto più sostenitori, più apologeti, più prefiche che quella dell’altro riscatto arabo negato, in Iraq, Libia, Siria, Yemen. Le cause innocuizzate, ridotte a istanze di poveretti, di vittime inoffensive, sono compatibili, non turbano nessuno, vi si può dispiegare per intero la propria autocoscienza e compiere rigeneranti lavacri della propria ipocrisia.

Aspettate che, magari, stavolta, grazie all’innesco  dell’Oberstummbannfuehrer, con i suoi provocatori ostacoli alla frequentazione dei palestinesi musulmani di ciò che è loro, come a suo tempo il boia di Sabra e Shatila, Sharon, quando trascinò il suo apparato psicofisico, tanto lardoso quanto corrotto, per la Spianata delle Moschee, i palestinesi rispondano a tono. Magari con quella violenza che l’ONU e il diritto internazionale legittimano contro nazifascismi e occupazioni. E vedrete come si assottiglieranno le file dei corifei devoti della non-violenza. Difficile, mi pare, oggi come oggi, che si vada oltre alla sacrosanta esplosione di rabbia e alle davidiane fionde e pietre. Prima i vari Abu Mazen e sue mafie andrebbero processate per altro tradimento. Non c’è chi dirige, coordina, organizza. C’è solo chi rinnega, tradisce e colpisce alle spalle. Quelli giusti stanno nelle celle della Gestapo sionista.

I santi apripista di Cortez e della Compagnia delle Indie

Si parlava di Alex Zanotelli. Missionario  e guru del pacifismo da due lire al chilo. L’uomo che già per essere un missionario, cioè un militante degli storici squadroni di apripista dei colonialismi e genocidi attraverso l’alienazione coatta delle menti dei colonizzandi, sollecitata dal ricatto  “sanità, istruzione e paradiso”, mi risultava sospetto. Ma poi missionario addirittura comboniano, cioè di quel ramo dei facilitatori dell’eurocentrismo militare, economico e culturale cristiano, che deteneva il controllo totale sull’evoluzione della società del più grande stato africano, il Sudan. Ne gestivano in monopolio privato scuole, università e ospedali fino a quando, negli anni ’70, il nasseriano presidente Nimeiry non completò l’indipendenza della nazione e li espropriò e nazionalizzò ogni cosa.

Sudan e Sud Sudan: i regali dei comboniani all’Africa

Da allora i comboniani, forze speciali del Vaticano come non mai, in stretta collaborazione con gli Usa e Israele e relative multinazionali del petrolio, del legno e di altre risorse, presero a brigare per impartire al Sudan statizzato e poi anche islamizzato una lezione  epocale: la secessione del sud a maggioranza nera e cattolica. L’hanno ottenuta e il Sud Sudan, interessante solo perché grande serbatoio di energia fossile, è da allora qualcosa rispetto alla quale la Libia post-Nato, dilaniata, come il Sud Sudan, dai conflitti interetnici e tribali, come sempre gestiti da opposti interessi nazional-multinazionali, è solo una partita un po’ dura di football americano. Un ininterrotto Niagara di sangue da quando comboniani e potenze coloniali se ne sono impadroniti nel 2011.

Per diffidare di Padre Zanotelli ce n’era. Diventato monumento sul piedistallo eretto sulle baracche del ghetto keniano di  Korogocho (come Saviano con Gomorra), si è assicurato un pulpito che, ahinoi, è ascoltato, oltreché dai compari amici del giaguaro, anche da una massa considerevole di utili idioti. E’ da questo pulpito che il monaco ha lanciato ai giornalisti  italiani (e, data la caratura del personaggio. del mondo) un appello tonitruante in favore della pace, contro la vendita di armi a Stati belligeranti e in perfetta linea con tutte le considerazioni con le quali l’attuale imperialismo necroforo va accompagnando e agevolando le sue operazioni d sterminio e predazione nel Sud del mondo. Linea che con l’imperialismo della menzogna, delle sanzioni e delle guerre già si sposava perfettamente nella rivista comboniana “Nigrizia” diretta dallo Zanotelli.

Spianata la strada a chierichetti, adepti, nonviolenti vari, con le geremiadi, per noi del tutto sorprendenti(!) sull’asservimento dei giornalisti che tengono famiglia ai potentati mediatici, il missionario, stavolta addentratosi tra rotative e telecamere, implora tali servi di sfidare rampogne e financo cacciate in strada (non è il martirio suprema virù cristiana?) “tentando di far passare ogni giorno qualche notizia per aiutare il popolo italiano a capire…”  Da capire soprattutto – il comboniano non smentisce le sue priorità – il Sud Sudan, dove ci ricorda che c’è una “paurosa guerra  civile” e, in coerenza con tutti coloro che ci mascherano da “guerre civili”, aggressioni, maneggi e complotti colonialisti e imperialisti, chiude nel silenzio della sua limpida coscienza  i mandanti del conflitto, che è tutto intorno al petrolio e che sono tutti gli stessi delle analoghe “guerre civili” in Congo, in Somalia, Libia, Siria, Iraq….

Sarkozy, Hollande, Macron, George Clooney e… Zanotelli

Con profondo rispetto per gli ordinamenti statali e sociali che si danno altri paesi, altre storie, altre culture, altre necessità, a preferenza sui modelli praticati a Roma o New York, o nella monarchia assoluta del Vaticano, Zanotelli unisce la sua voce al coro con cui l’imperialismo inneggia al rinnovato assalto all’Africa. E’ il coro che, dagli arnesi politici delle banche e multinazionali giù giù fino ai loro sguatteri mediatici a cui s’appella Zanotelli, rappresenta all’opinione pubblica i governi e i paesi da frantumare e derubare. Quello del Sudan, già bombardato da Clinton con la distruzione della più grande fabbrica farmaceutica dell’Africa (forse perché Bashir aveva cacciato il fidato Osama bin Laden) e relative 10mila vittime da mancanza di medicinali, non è un presidente, ma il solito “dittatore”, con sulla coscienza  i popoli martiri della Nubia e del Darfur (cari a George Clooney e ad altre spie assoldate da Hollywood e Amnesty International). Profonda analisi. Il dettaglio della desertificazione avanzante, che in quelle regioni ha contrapposto agricoltori sedentari ad allevatori nomadi, offrendo agli specialisti della destabilizzazione di nazioni l’occasione di soffiare sul fuoco santificando gli uni e demonizzando gli altri, è dettaglio che al prete non interessa.

Com’è che si chiamano le ingerenze colonialiste nel Terzo mondo? Guerre civili.

Il monaco insiste poi sulla via delle mistificazioni imperial-coloniali, lamentando i silenzi mediatici sulle solite guerre “civili” nel Sahel, Ciad, Centrafrica, Mali, e doverosamente oscurando gli abbaglianti lampi del ritorno di fiamma neocoloniale della Francia con Sarkozy, Hollande, Macron, cui i surrogati jihadisti trasferiti in loco servono da pretesto per spedizioni militari che garantiscano il controllo sui più grandi giacimenti di uranio del mondo. Per questo serve che le popolazioni si sbranino tra loro con l’immissione di un po’ di Isis. Sarà la Legione a sistemare tutto. Sono queste, per il monaco pacifista, analisi da complottisti.

Rincuorati i fedeli con la condanna del silenzio “sulla vendita di armi pesanti e leggere a questi paesi che non fanno che incrementare guerre sempre più feroci da cui sono costretti a fuggire milioni di profughi” (guerre mica innescate qua e là dagli occidentali che, tra Usa e Francia e Israele (ora anche la Germania), hanno basi o presidi militari in 52 paesi africani su 53. Mica per controllare l’obbedienza dei governi, o, nel caso, innescare turbolenze “civili” nel quadro della strategia del caos, utile alle depredazioni e disutile alla saldezza  e autonomia degli Stati! Macchè, è tutto fatto nel segno della reciproca sicurezza e dello sviluppo.

Eritrea? Satana! L’ha detto Obama, non lo può non ripetere Zanotelli

Qual è il 53° paese africano, l’unico, che non ospita basi americane e, per sovrappiù, non chiede crediti dal Fondo Monetario Internazionale , né accetta diktat dalla Banca Mondiale, da Bruxelles, o da Washington e, orrore! persegue con determinazione una politica di equa distribuzione della ricchezza, ha alfabetizzato tutto il suo popolo nei 10 anni dopo i 30 della guerra di liberazione condotta contro l’Etiopia, sicario prima degli Usa, poi dell’URSS e poi, di nuovo, degli Usa? Che assicura sanità e istruzione a tutta la popolazione? E inopportunamente sta seduto sul nodo geopolitico, geostrategico e geoeconomico cruciale tra sud e nord, est ed ovest, sullo stretto di Bab el Mandeb, tra Mar Rosso e Mare arabico, Golfo Persico e Oceano indiano? E’ da lì deve essere rimosso perché serve agli Usa?  E perciò ogni due per tre subisce l’attacco di un’Etiopia, vera tirannia che annega nel sangue le rivolte delle minoranze depredate, ma pro-occidentale e dunque sfuggita agli anatemi del missionari? Quale è il paese africano che, senza aver mai mosso un dito contro nessuno, ma deve spendere somme preziose per difendersi dal mandatario etiopico di Usa-UE-Israele,  è alle solite sanzioni Usa. Onu e UE che ne vogliono sabotare lo sviluppo?

Chi ha buona volontà di seguirmi, mi ha letto, ha sentito qualche mia conferenza, ha visto il mio documentario “ERITREA, UNA STELLA NELLA NOTTE DELL’AFRICA”,  sa di chi parlo. E capirà perchè a leggere l’appello del comboniano mi si è rivoltato lo stomaco.

Il Premio Nobel per la pace e per le sette guerre genocide condotte, Obama, aveva detto: ”I due regimi più criminali del mondo sono la Corea del Nord e l’Eritrea”. Alex Zanotelli, accomunandosi con robusta nettezza alle diffamazioni del caporione bellico imperialista e arrivando al diapason delle sua addolorata indignazione, scrive:”E’ inaccettabile il silenzio sull’Eritrea, retta da uno dei regimi più oppressivi al mondo, con centinia di migliaia di giovani in fuga verso l’Europa”. Notate la perfetta sintonia, la meravigliosa armonizzazione, tra i due coristi della restaurazione colonialista in Africa (e ovunque)?

E a proposito della balla delle centinaia di migliaia di giovani in fuga (da un paese che vent’anni fa aveva 5 milioni di abitanti e oggi ne ha altrettanti!), particolarmente sporca è l’operazione del religioso cattolico che, da eccellenza della competenza africana, pretende di ignorare che un paese povero, sottoposto a sanzioni, isolato dagli scambi, possa avere problemi di occupazione (ma non di fame e miseria come tutti i vicini filo-occidentali). Pretende di non sapere che poderoso pull factor sia la concessione automatica dell’asilo politico a tutti i migranti eritrei e solo a loro (spopolare!), e quanti migranti dell’Etiopia, devastata dal land-grabbing e dalle dighe Impregilo, o dalla Somalia, affidata al caos perpetuo e ai bombardamenti Usa, si fanno passare per eritrei per rientrare nel privilegio. E si fa passare per voce del Signore. Bisogna vedere di quale signore.

L’appello del mentitore ai mentitori

Il missionario avrà fatto quel che ha fatto in Sudan e poi in Kenya, ma in Eritrea non ha mai messo piede e quindi, come sulle altre questioni su cui pontifica disinformando, il suo appello non è altro che un invito all’informazione come manipolata e spurgata dalle voci del padrone. Il missionario è anche giornalista. Per anni,su “Nigrizia”, organo catto-colonialista, come “il manifesto” è sinistro-imperialista, ha lastricato di cattive intenzioni e falsa informazione la via all’inferno neocolonialista. Viva la deontologia, Alex, viva le deformazioni della verità sui paesi che le malformazioni necrofile occidentali destinano al saccheggio e alla distruzione.

Accogliamoli tutti e svuotiamo l’Africa

Assicuratosi altri meriti imperialisti e la munifica benevolenza di George Soros con l’invocazione all’accoglienza universale dei migranti, come auspicano coloro che non vedono l’ora di succhiarsi l’Africa dopo averla spopolata delle sue migliori energie, per poi  destabilizzare l’Europa periferica e contribuire  con questi nuovi schiavi a radere al suolo i diritti di tutti i lavoratori, Zanotelli sollecita la Federazione Nazionale della Stampa a smuovere la Commissione di Vigilanza sulla RAI e le grandi testate nazionali.  Ha scelto quelli giusti. Quelli visti in piazza per Giulio Regeni, collaboratore in Inghilterra di spioni e macellai di popoli (“Oxford Analytica”), e per tutte le bufale e False Flag che l’Impero dissemina sul suo tragitto di morte.

Non potendo mancare il riferimento che gli assicura la simpatia della più potente delle lobby, il frate blatera di “un’altra Shoah (ma non era unica?) che si sta svolgendo sotto i nostri occhi e che ci costringe tutti a darci da fare perché si rompa questo maledetto silenzio sull’Africa”.

Bravo, Padre Zanotelli, sembra quasi che queste parole siano dedicate all’AFRICOM, al comando centrale per l’Africa degli Usa che nei prossimi anni governerà la corsa dell’Occidente alla nuova rapina del continente delle grandi ricchezze. La shoah africana c’è già stata. Ne sono un bel pezzo i 20 milioni di vittime congolesi di Leopoldo II, benedetto dai missionari. O i 600mila libici fatti ammazzare dal nostro connazionale Mussolini.  O i 65mila ascari eritrei che i marescialli Graziani e Badoglio hanno mandato a morte per allargare l’Impero. Cittadini di un paese che occupammo, depredammo e che tu, senza vergogna,  continui a calpestare. E un’altra shoah africana è avviata, delle tante della storia dei padroni. Tu  hai fatto quanto serve.

Ora però l’Africa ti chiede un ultimo favore: il tuo di silenzio. Che noi, più pii di te, chiameremo benedetto.

Facciamo parlare questi:

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 17:23

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REGIONE PIEMONTE – CHIAMPARINO: IL VALORE EFFETTIVO DELLA TORINO-LIONE E’ PROSSIMO A QUELLO SIMBOLICO …

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REGIONE PIEMONTE

Gentile Direttore de La Repubblica,

e, p.c. : Egr. Sig. Sergio Chiamparino – Presidente della Giunta Regionale del Piemonte

Lettera Aperta – La Francia deve chiarire la sua posizione sulla Torino-Lione: ha un margine di ambiguità e non va bene.

Nell’articolo apparso oggi su La Repubblica – Torino la giornalista Maria Chiara Giacosa riporta che il Presidente della Giunta Regionale del Piemonte  Sergio Chiamparino ha affermato che “La Francia deve chiarire la sua posizione sulla Torino-Lione: ha un margine di ambiguità e non va bene. La Francia ha iniziato prima, è più avanti noi sui cantieri, e adesso ci ripensa?”.

Ci permettiamo di credere che il Presidente Chiamparino non sia ben informato: sono anni che l’Alta Amministrazione della la Francia (dalla Corte dei conti, alla Direzioni del Tesoro, al Presidente della Commission Mobilité 21, il deputato Philippe Duron) allerta il potere politico dell’insostenibilità di molti progetti ferroviari, tra i quali la Torino-Lione.

Sulla scia delle allerte che l’Alta Amministrazione francese aveva inviato al Presidente precedente, il nuovo inquilino dell’Eliseo, nell’ambito di una profonda ristrutturazione delle spesa pubblica, ha affermato a Rennes il 1° luglio (dunque 3 settimane fa, ma nessuno se n’era accorto…): “La Francia deve oggi concentrare di più i suoi investimenti sul rinnovamento della rete esistente… questo è l’orizzonte del quinquennato.”

Non crediamo che la posizione della Francia sia quindi ambigua. Siamo invece certi che la Francia ha il diritto di ripensarci.

Siamo di fronte ad un processo decisionale che è iniziato da tre settimane e che, al termine delle Assise della Mobilità previste  per il mese di settembre 2017 e ampiamente partecipate, si concluderà nel 2018 con l’approvazione da parte del Parlamento francese del Piano di Mobilità che conterrà la qualità e la quantità degli investimenti per la mobilità delle persone e delle merci in Francia nel prossimo quinquennio.

Forse il Presidente Chiamparino non è al corrente che la vera ambiguità del progetto Torino-Lione, al di là della sua inutilità, è l’iniqua ripartizione dei costi (ex art. 18 Accordo del 2012) che impone all’Italia di pagare per i suoi 12 chilometri del tunnel transfrontaliero di 57 chilometri, la maggior parte dell’investimento.

La Francia dovrebbe pagare il 42,1% per i suoi 45 km in Francia, mentre l’Italia pagherebbe il 57,9% di tutti i costi per i suoi 12,2 km che insistono sul territorio nazionale italiano.

Salvo il probabile aumento del costo certificato di €8,6 miliardi, l’Italia pagherebbe €2,99 miliardi (costo al km per 12,2 km: €245 milioni), mentre la Francia dovrebbe versare €2,17 miliardi (costo al km per 45 km: 48 milioni di €). L’Unione Europea dovrebbe investire €3,44 miliardi di € (60 milioni al km). http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=9871

Ebbene la Francia, nonostante questa generosità italiana, dimostra oggi la sua libertà di decisione. Ci auguriamo che Chiamparino, nel momento in cui discuterà del progetto con i suoi amici francesi, Gentiloni e Delrio, si ricordi di citare questa verità incontestabile: l’Italia ha ceduto una parte della sua sovranità alla Francia.

Sulla perdita della sovranità dell’Italia ci aspettiamo una dichiarazione ufficiale da parte del Presidente Chiamparino.

Qui abbiamo riportato alcuni articoli dai media francesi che offrono ampie spiegazioni sul processo di ristrutturazione della spesa ferroviaria (e non solo) francese. La Pausa : Dossier dalla Francia

Cogliamo l’opportunità per rallegrarci con il Presidente Chiamparino che finalmente pare cominci a capire l’inutilità di quest’opera, dato che afferma che “il suo valore effettivo è prossimo a quello simbolico” che è immateriale per definizione.

Qui sotto trovate tre post attraverso i quali è possibile formarsi un giudizio più approfondito sulla questione “Pausa francese della Torino-Lione”.

Grazie per l’attenzione e cordiali saluti.

PresidioEuropa No TAV